#la macchinetta del caffè era stata presa un anno fa
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oggi ci siamo evoluti non solo come individui ma anche come umanità (abbiamo comprato un bollitore elettrico da tenere in ufficio)
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Filippo è un bimbo di 18 mesi che barcolla sui suoi primi passi. Ora è intento a giocare con due vaschette di plastica che in origine contenevano un miscuglio cremoso (che solo lui riesce a gustare!) ed un bicchierino per il caffè della macchinetta. Filippo sta preparando il caffè e lo offre al papà, anche con una certa insistenza, accompagnando i gesti con le parole-frasi (olofrase) adeguate a questo preciso contesto ludico. Filippo fa finta di preparare una bevanda perché l’ha visto fare più volte e, ripetendo quasi all’infinito il suo gioco del fare finta di, imprime nella sua memoria una traccia. Verso i 15/18 mesi nel bambino emerge una qualità nuova, la riflessività (la funzione riflessiva). Grazie a questa funzione il bambino comprendere la differenza tra comportamenti reali e finti. La capacità simbolica (self-reflexivity, Fonagy, 2001), altro modo di intendere la nuova funzione di cui Filippo orgogliosamente fa mostra, è accompagnata dalla comparsa del linguaggio, dal gioco simbolico e da quella specifica presa di coscienza che porta Filippo e tutti i suoi coetanei a toccarsi il nasino, davanti allo specchio, sporcato a loro insaputa da un pennarello rosso. PRIMA La fase precedente i 15/18 mesi era stata caratterizzata dalla coscienza percettiva: Filippo ha esplorato l’ambiente, l’ha fatto liberamente, ha toccato, annusato, gustato gli oggetti, ne ha riscontrato differenze e similitudini, alla fine ha iniziato a classificare le cose nella sua mente dentro categorie. Un “cesto dei tesori” fatto di materiale ludico rigorosamente destrutturato, un tappeto in cui sono accumulati oggetti di vario tipo, bambole, cappellini, copertine, biberon con coperchio, telefoni-giocattolo con i tasti, sonagli, conchiglie, macchinine, pettini, costruzioni, pentole con coperchio, posate giocattolo, palette, piatti, utensili per la cucina, tazzine con relativi piattini, mollette, cerchi di plastica spessi con un foro al centro di varia grandezza, insomma un mondo di cose che il bambino vede e che riconosce anche nella loro versione per adulti e che sperimenta imitando movimenti e gesti che hanno un fine, quando usati dai grandi di casa. Gli stessi gesti, ripetuti nella versione bambina, si connotano di ben altre funzioni. Quando un bambino manifesta importanti difficoltà nell'esplorazione degli oggetti, ha minori opportunità di conoscerli e di interiorizzarne le proprietà. Per lui sarà più difficile ordinarli nelle categorie (le posate, i cerchi, le pentole, i bicchieri, i mattoncini, ecc.) e probabilmente il suo sviluppo cognitivo e linguistico non sarà pienamente armonico. Infatti, la qualità e la complessità del comportamento esplorativo e ludico possano essere considerate dei validi indicatori del livello cognitivo e linguistico raggiunto dal bambino. È per questo motivo che istintivamente il bambino cerca, esplora, scopre, si muove e crea caos attorno a sé. Ed è per lo stesso motivo che gli adulti glielo devono consentire creando le occasioni, infinite occasioni ludiche ed esplorative, in casa e fuori dal contesto domestico, accompagnando le azioni con le parole. DOPO Dopo i 15/18 mesi, fa capolino finalmente la capacità riflessiva o intellettiva di Filippo che gli permette di riprodurre con maggiore padronanza la realtà e ancor più di replicarla facendo finta che. Crescendo, gioca con modalità e intenti sempre nuovi, integrando attività semplici in comportamenti più complessi, che corrispondono allo sviluppo progressivo di funzioni cognitive sempre più elaborate. Attraverso, quindi, le due fasi del prima e dopo, che si realizzano lungo il secondo anno di vita di un bambino, possiamo classificare il tipo di gioco che ha coinvolto Filippo prima di arrivare a far finta di fare il caffè al suo papà. Gioco funzionale: il bambino preme i tasti di un telefono-giocattolo o fa correre un carretto con le ruote o ancora agita un sonaglio. In questo modo, guidato dalla vista, manipola in modo appropriato e specifico oggetti da cui trae informazioni;
Gioco transizionale: il bambino mette in relazione due oggetti in modo inappropriato ed appropriato dando vita ad un’attività di finzione approssimativa come quando porta la tazzina giocattolo alle labbra senza alcun suono oppure avvicina il ricevitore all’orecchio senza vocalizzare; Gioco di finzione semplice: il bambino avvicina la tazzina alla bocca e finge di bere oppure offre il biberon alla bambola; Gioco di finzione complessa: il bambino gioca in modo più complesso e astratto. È capace di combinare diverse azioni simboliche (fa finta di bere e poi fa bere la bambola), collega più schemi di finzione all'interno di un unico evento di gioco (versa da un contenitore nella tazza un liquido che poi beve) ed infine produce sequenze di atti di finzione in cui compaiono diversi intenzioni simboliche, tutto ciò quando finalmente il papà di Filippo berrà il caffè (il migliore mai bevuto!) preparato per la prima volta da suo figlio. È pacifico (nonché obbligatorio per l’adulto) che il papà farà finta che … altrimenti che gioco è?
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Stamattina ero ancora a letto quand'ecco la sua chiamata "visto che non lavori e anche io sono libero, ti va di andare al centro commerciale?" dico che va bene dai, anche se non mi hanno ancora pagata e sono a corto. Faccio colazione e mi sistemo, parto. Arriviamo, ci facciamo un giro e poi mangiamo al McDonald's, era da una vita che non ci mangiavo e seppur non ci vada matta ogni tanto ci mangio con il cuore.
Ho comprato:
tre vasetti, che in realtà sarebbero bicchieri ma ognuno ci vede quel che vuole nelle cose, dentro cui ho messo tre piantine grasse
dei sassolini blu con cui ho riempito i succitati vasetti
uno smalto che ho appena messo e boh, forse troppo rosa principessa ma ok
due candele profumate
Lui ha visto un cappotto, gli è piaciuto ma gli mancava una parte di soldi. Non ci saremmo arrivati nemmeno con i miei ma gli ho detto che potevamo provare con la mia carta anche se non sapevo quanti soldi avessi effettivamente. Spieghiamo la situazione alla cassiera e carta rifiutata, insomma non ho nemmeno 24 miseri euro. Mi sono mortificata, vergognata a morire, il cuore ha fatto una crepa e l'ho udita benissimo dai timpani ovattati.
Ci sono stata male.
Mentre eravamo in macchina che stavamo tornando ecco che, parlando di mia sorella che ha iniziato alla grande il primo anno di università non solo a livello didattico ma anche e soprattutto sociale, esce il discorso laurea e stavo quasi per piangere, ho sentito proprio il mento farsi a cucchiaio come succede ai bimbi poco prima che scoppino in lacrime.
Ci sono stata male.
Siamo arrivati, io devo passare a lasciare una cosa ad una ragazza in un bar del paese, passiamo con la macchina e io vedo che dentro, al bancone che aspetta da bere, c'è lui. Lui che non riesco a capire perché non mi passa. Lui resta in macchina perché non è parcheggiata bene, io entro ed ecco che era proprio lui. Divento scema, lui mi saluta per nome intero come mai nessuno fa ed io ricambio, divento idiota. Non posso rimanere lì ferma perché tra me ed il barista c'è una macchinetta del caffè e data la mia statuaria statura non mi vede così mi sposto in modo millimetrico e mi trovo con gli occhi negli occhi con lui ed entrambi idioti ce ne usciamo con un come va? in contemporanea. Faccio la mia consegna e vado via. Sarà passato nemmeno un minuto ma per me è sembrata un'eternità. Tremavo ed avevo il cuore a mille, sentivo dentro un fuoco.
Ci sono stata male.
Ci sto ancora male per così tanti motivi che boh...
Mi è presa a male, di nuovo.
Mi sento in colpa ma non è colpa mia... Come si fa a bloccare le emozioni e le sensazioni? Si può? E soprattutto, è bene farlo?
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Ciao a tutti!
Torniamo sul blog Tea Biscuit con l’ultima fatica lavorativa realizzata da Claire Piece nella stimolante e amichevole atmosfera dello studio tattoo di Mos Qito – Ye Olde Parlour. Oggi approfitterò di questo articolo per parlare un po’ della mia esperienza vissuta nel suo studio per quasi un anno e che mi è rimasta nel cuore sia artisticamente, sia professionalmente, sia affettivamente; tanto che ormai mi piace andare a fare “un’ospitata” in uno spazio settimanale per disegnare, ispirarmi e imparare sempre qualcosa. Non si smette mai di imparare… ma ve ne parlerò qui sotto, prima presento la tavola e il suo correlato posticino nel mio store Live Heroes.
Come potete notare negli ultimi tempi ho aggiunto dei watermarks sui miei lavori illustrativi; tutelare la propria attività e quella altrui è importante, soprattutto nel caso ci sia in ballo un altro brand come ad esempio la Handover F&C ed anche perché per la mia tutela artistica e del mio marchio-firma devo per forza proteggere il mio lavoro e il costo che ci ho messo per realizzarlo. Internet è un luogo bellissimo e pieno di possibilità, ma possiede anche un lato oscuro di cui fa parte lo sciacallaggio artistico purtroppo, per cui qualcosa per preservare l’arte di deve pur fare.
Ed ecco qua la versione sia black che in white del mio Crystal Skull. Trovo che su sfondo nero risalti e sia più accattivante rispetto al bianco, ma è una questione di gusti, per cui scegliete il tipo di modello che più vi intriga e indossatelo o fatelo indossare al vostro cellulare.
La colorazione della tavola è completamente realizzata con Copic Maker (www.copic.it) offerti gentilmente da Mos Qito – chi conosce il mondo dei manga saprà già di che tipo di colori io stia parlando. Si presentano come pennarelli a due punte, un po’ come i pantoni, ma nel caso dei copic la punta a pennello, adatta a far particolari e utile per far anche sfumature, è migliore rispetto a quella che troviamo sui pantoni, che rimane rigida e poco flessibile. La seconda punta è molto più quadrata, adatta a far sfondi o ampi spazi da colorare. Questi colori mimano perfettamente l’effetto acquerellato, sono l’apoteosi della colorazione; versatili, potete portarli sempre con voi ed utilizzarli dove volete a seconda delle vostre esigenze artistico-lavorative – .
Benvenuti allo studio tattoo Ye Olde Parlour di Mos Qito: dove la qualità della vita è altissima.
Ed ora veniamo a Mos Qito. La storia è lunga, ma proverò a render l’idea anche in questo modesto spazio blog.
Era il settembre del 2014, avevo alle spalle un’estate passata ad un corso estivo con bambini pestiferi – non tutti grazie a Dio! – ed ero intenta a cimentarmi con il contest “Reinterpreta lo Studio Ghibli” dell’associazione Dimensione Fumetto (www.dimensionefumetto.it) e mia sorella aveva intenzione di fare il suo ennesimo tatuaggio con un mio disegno – una scimmietta per la precisione, essendo lei la personificazione dispettosa e simpatica di una bertuccia –. Così ci presentiamo il giorno dell’appuntamento per la sua seduta e ci troviamo davanti un ragazzone con fare vichingo, tattoo sulle braccia e mani, occhiali con lente tonda un po’ retrò sul naso e con una irta barba bionda; ma nonostante il suo aspetto metta un po’ soggezione, si scopre poi essere un orso buono, professionalissimo, calmo e metodico in quel che fa. Da Mos Qito si parla, si parla tanto e così proprio mentre tatua mia sorella, conversando del più e del meno, mi fa la proposta di andar a disegnare da lui in studio. E da quel momento ogni singolo particolare della mia vita, non solo professionale, ma affettiva e sociale si è trasformata, evoluta, movimentata e mitigata al tempo stesso. Sono stata guidata ed ho cominciato un resettaggio della mia tecnica di disegno. Mos Qito è stato (e lo è ancora) un insegnante preciso, attento e soprattutto mi ha fatto star sopra quei primissimi disegni da “sviziamento” dalla tecnica manga fino allo sfinimento – o vomito, a seconda dei punti di vita –! Mos Qito possiede una preparazione accademica pratica e teorica pienissima, mi ha dato quel qualcosa che mi è sempre mancato negli studi del disegno, dato che, per quanto bella sia la tecnica manga, – come avevo accennato in un mio precedente articolo – mi “limitava” ed ho capito che non potevo aprirmi al resto del mondo, canalizzandomi solo e soltanto in quel modo di disegnare. Lavorando all’interno dell’ambiente del tatuaggio, pur non avendo l’aspirazione di un tatuatore ed avendo instaurato questa collaborazione artistico-lavorativa in questo ambito, dovevo esser all’altezza del contesto e di quello che mi veniva richiesto di fare. Ed ho iniziato ad innamorami dello stile versatile, grafico-illustrativo del tatuaggio, ho iniziato a volerlo inserire almeno un po’ come parte di un mio stile di vita singolare e personale.
Ho adorato fin da subito l’ambiente e l’atmosfera che si respirava nello studio Ye Olde Parlour – tradotto dall’attempato inglese: il vecchio salotto –. Cominciando a disegnare le prime pin up, finisci così a conoscere clienti che diventano nuovi amici, amici bikers che ti portano a strade che biforcano in altre nuove amicizie e personalità diverse ed affini, scopri una cultura o sottocultura quasi misteriosa che vive di un’indipendenza e menefreghismo per regole puramente concepite per non uscire fuori dalle righe o dalla linea prestabilita dalla società odierna che vuole tutti uguali ed omologati… ma voi ci avreste creduto che in un piccolo locale si nascondesse un microcosmo che ti libera e ti emancipa ad uno stile di vita coraggioso vero e proprio?
Da subito ho capito che la specialità e peculiarità di questo studio di tatuaggi è la cordialità, la confidenzialità gioviale presa con l’estrema spontaneità e con il modo di fare di chi non giudica mai e che vuol mettere a proprio agio. Per un cliente dello studio Ye olde Parlour non c’è dolore mentre viene tatuato, o meglio quello lo si sente è inevitabile, ma c’è la distrazione, il divertirsi tra i discorsi filosofici, multiargomentati che rassicurano e che fanno volare i minuti e le ore mentre si è sotto i ferri. Mos Qito tiene banco, è professionale e al contempo esilarante; io mi son trovata con altri colleghi-amici a far da spalla, si regge e si mantiene vivo tutti insieme il microcosmo che solo questo studio possiede. Perché bisogna ricordare, che sì, tutto deve esser pulito, sterile per il lavoro pratico, un po’ ambulatoriale, come è giusto che debba essere; ma il disegno, l’arte, le persone, le loro paure, passioni ed i loro entusiasmi sono cibo per chi glieli imprime sopra la pelle e di conseguenza, a mio parere come cliente, come allieva, assistente, segretaria-aiuto, illustratrice e persona, credo che sia questo bagaglio umano che rende ancora più affidabile chi realizza la meraviglia che desideri sulla tua pelle. Io credo che questo insieme di caratteristiche debbano rimanere custodite e che – ancora a mio giudizio – nessun altro potrebbe mai offrire una combinazione così perfetta di contesto, humus empatico-artistico umanamente fervido e impeccabile, pari a quello che si può trovare quando vai a farti un tatuaggio da Mos Qito.
È vero, siamo in uno studio tattoo, ma l’anticamera prima di arrivare a tatuarsi è un salotto fatto di artisti che si cimentano nel disegno, pittura e pronti al confrontarsi, a condividere. Prima dello stencil, della poltrona e Mos Qito all’opera, ci sono le stimolanti chiacchiere, i pettegolezzi, le battute tra un caffè e l’altro e la cosa più accattivante è proprio la naturalezza di come si crea tutto questo meccanismo unico ed imbattibile. Quando mi son allontanata dallo studio per via dei miei progetti ed esigenze professionali da “solista”, ne ho sentito la mancanza; mi mancava la componente dinamica che dava e da spunto a quello che faccio, mi mancavano le facce amiche, mi mancavano le scene che si ricreavano manco fossimo in una sceneggiatura da telefilm! Mi mancavano i “pranzi aziendali” del sabato – il giorno di fuoco per lo studio, per me anche il più bello; e molto probabilmente proprio in quei sabati con “pranzi aziendali” ho messo su dei chiletti –. Mi mancava l’odore dei pennarelli, delle matite, dello sterilizzante spray neo sterixidina e mi mancava il rumore della macchinetta da tatuaggio mescolato alla musica funk, blues, rock e jazz, mentre sono intenta a disegnare e intrattenere le persone manco fossi una “anchor-womansoubrettehostessassistentesupportopsicologico” della situazione.
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Ora che sono ritornata a respirare un po’ di quell’aria, anche solo una volta a settimana, ripercepisco la sferzata d’entusiasmo e mi sento bene, anche se sono semplicemente un’illustratrice, mi sento sempre nel posto giusto; perché una volta che entri nella tana di Mos Qito che tu sia un cliente, amico o collega la qualità della tua vita diventa davvero alta – e secondo questa sua filosofia, Mos Qito ne andrebbe fiero –.
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Sembrerà sciocco affermarlo, ma scoprire questo mondo e lo studio di Mos Qito, è stato un colpo di fortuna, uno dei più graditi che la vita potesse offrirmi. Ha completato molti aspetti di me e di quello che ho attorno. La mia riconoscenza è persistente, perché Mos Qito è una di quelle persone che – non so per quale irragionevole motivo – ha visto in me qualcosa di buono. Che sia perché sono una sottospecie di comica o perché in me abbia visto buone potenzialità artistiche, lo ringrazio e lo ringrazierò sempre per avermi instradato in una nuova, ed anche attuale, vita-dimensione.
Credo di aver parlato, raccontato e narrato esaustivamente la mia esperienza e l’influenza stilistico-artistica che è nota a tutti voi che seguite il mio attuale lavoro. Effettivamente solo negli ultimi tempi, recandomi di nuovo allo studio Ye Olde Parlour, mi sono accorta che in tutto questo tempo, non avevo mai parlato approfonditamente della mia reale trasformazione e cosa l’avesse innescata. Ed ecco qui la spiegazione e spero che la possiate apprezzare. Inoltre se vi verrà in mente di far un tatuaggio e siete stati stuzzicati dall’idea di provare personalmente il brivido di venire allo studio di Mos Qito, ecco qui che vi lascio tutti i contatti e link da seguire di Ye Olde Parlour Studio Tattoo.
Potete contattare Mos Qito sui suoi social Facebook – https://www.facebook.com/yeoldeparlour/ Instagram – https://www.instagram.com/yoptattoo/ oppure trovarlo in studio in via salaria 230 – Castel di Lama (AP), tel.0736811582 e in via monte San Michele 7 – Ancona (AN).
Al momento è tutto per quanto riguarda questo inizio di settimana e nei prossimi giorni con tutta probabilità avremo anche una delle mie recensioni make up, per cui rimanete in contatto con http://www.teabiscuitblog.wordpress.com.
Un abbraccio e al prossimo articolo
Claire
Crystal Skull in Ye Olde Parlour Ciao a tutti! Torniamo sul blog Tea Biscuit con l'ultima fatica lavorativa realizzata da Claire Piece nella stimolante e amichevole atmosfera dello studio tattoo di…
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FACCIAMO FINTA CHE ...
Filippo è un bimbo di 18 mesi che barcolla sui suoi primi passi. Ora è intento a giocare con due vaschette di plastica che in origine contenevano un miscuglio cremoso (che solo lui riesce a gustare!) ed un bicchierino per il caffè della macchinetta. Filippo sta preparando il caffè e lo offre al papà, anche con una certa insistenza, accompagnando i gesti con le parole-frasi (olofrase) adeguate a questo preciso contesto ludico. Filippo fa finta di preparare una bevanda perché l’ha visto fare più volte e, ripetendo quasi all’infinito il suo gioco del fare finta di, imprime nella sua memoria una traccia. Verso i 15/18 mesi nel bambino emerge una qualità nuova, la riflessività (la funzione riflessiva). Grazie a questa funzione il bambino comprendere la differenza tra comportamenti reali e finti. La capacità simbolica (self-reflexivity, Fonagy, 2001), altro modo di intendere la nuova funzione di cui Filippo orgogliosamente fa mostra, è accompagnata dalla comparsa del linguaggio, dal gioco simbolico e da quella specifica presa di coscienza che porta Filippo e tutti i suoi coetanei a toccarsi il nasino, davanti allo specchio, sporcato a loro insaputa da un pennarello rosso.
PRIMA La fase precedente i 15/18 mesi era stata caratterizzata dalla coscienza percettiva: Filippo ha esplorato l’ambiente, l’ha fatto liberamente, ha toccato, annusato, gustato gli oggetti, ne ha riscontrato differenze e similitudini, alla fine ha iniziato a classificare le cose nella sua mente dentro categorie. Un “cesto dei tesori” fatto di materiale ludico rigorosamente destrutturato, un tappeto in cui sono accumulati oggetti di vario tipo, bambole, cappellini, copertine, biberon con coperchio, telefoni-giocattolo con i tasti, sonagli, conchiglie, macchinine, pettini, costruzioni, pentole con coperchio, posate giocattolo, palette, piatti, utensili per la cucina, tazzine con relativi piattini, mollette, cerchi di plastica spessi con un foro al centro di varia grandezza, insomma un mondo di cose che il bambino vede e che riconosce anche nella loro versione per adulti e che sperimenta imitando movimenti e gesti che hanno un fine, quando usati dai grandi di casa. Gli stessi gesti, ripetuti nella versione bambina, si connotano di ben altre funzioni. Quando un bambino manifesta importanti difficoltà nell'esplorazione degli oggetti, ha minori opportunità di conoscerli e di interiorizzarne le proprietà. Per lui sarà più difficile ordinarli nelle categorie (le posate, i cerchi, le pentole, i bicchieri, i mattoncini, ecc.) e probabilmente il suo sviluppo cognitivo e linguistico non sarà pienamente armonico. Infatti, la qualità e la complessità del comportamento esplorativo e ludico possano essere considerate dei validi indicatori del livello cognitivo e linguistico raggiunto dal bambino. È per questo motivo che istintivamente il bambino cerca, esplora, scopre, si muove e crea caos attorno a sé. Ed è per lo stesso motivo che gli adulti glielo devono consentire creando le occasioni, infinite occasioni ludiche ed esplorative, in casa e fuori dal contesto domestico, accompagnando le azioni con le parole.
DOPO Dopo i 15/18 mesi, fa capolino finalmente la capacità riflessiva o intellettiva di Filippo che gli permette di riprodurre con maggiore padronanza la realtà e ancor più di replicarla facendo finta che. Crescendo, gioca con modalità e intenti sempre nuovi, integrando attività semplici in comportamenti più complessi, che corrispondono allo sviluppo progressivo di funzioni cognitive sempre più elaborate. Attraverso, quindi, le due fasi del prima e dopo, che si realizzano lungo il secondo anno di vita di un bambino, possiamo classificare il tipo di gioco che ha coinvolto Filippo prima di arrivare a far finta di fare il caffè al suo papà. Gioco funzionale: il bambino preme i tasti di un telefono-giocattolo o fa correre un carretto con le ruote o ancora agita un sonaglio. In questo modo, guidato dalla vista, manipola in modo appropriato e specifico oggetti da cui trae informazioni; Gioco transizionale: il bambino mette in relazione due oggetti in modo inappropriato ed appropriato dando vita ad un’attività di finzione approssimativa come quando porta la tazzina giocattolo alle labbra senza alcun suono oppure avvicina il ricevitore all’orecchio senza vocalizzare; Gioco di finzione semplice: il bambino avvicina la tazzina alla bocca e finge di bere oppure offre il biberon alla bambola; Gioco di finzione complessa: il bambino gioca in modo più complesso e astratto. È capace di combinare diverse azioni simboliche (fa finta di bere e poi fa bere la bambola), collega più schemi di finzione all'interno di un unico evento di gioco (versa da un contenitore nella tazza un liquido che poi beve) ed infine produce sequenze di atti di finzione in cui compaiono diversi intenzioni simboliche, tutto ciò quando finalmente il papà di Filippo berrà il caffè (il migliore mai bevuto!) preparato per la prima volta da suo figlio. È pacifico (nonché obbligatorio per l’adulto) che il papà farà finta che … altrimenti che gioco è? Read the full article
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