#la macchia umana
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Ma il pericolo dell'odio è che, una volta cominciato a coltivarlo, hai cento volte più di quanto ti aspettassi. Una volta cominciato, non ti fermi più. Non conosco nulla di più difficile da controllare dell'odio.
È più facile smettere di bere che smettere di odiare.
Philip Roth / La macchia umana
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Noi lasciamo una macchia, lasciamo una traccia, lasciamo la nostra impronta. Impurità, crudeltà, abuso, errore, escremento, seme: non c’è altro mezzo per essere qui. Nulla a che fare con la disobbedienza. Nulla a che fare con la grazia o la salvezza o la redenzione. È in ognuno di noi. Insita. Inerente. Qualificante. La macchia che esiste prima del segno. Che esiste senza il segno. La macchia così intrinseca non richiede un segno. La macchia che precede la disobbedienza, che comprende la disobbedienza e frusta ogni spiegazione e ogni comprensione. Ecco perché ogni purificazione è uno scherzo. Uno scherzo crudele, se è per questo. La fantasia della purezza è terrificante. È folle. Cos’è questa brama di purificazione, se non l’aggiunta di nuove impurità?
Philip Roth - La macchia umana
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Pastorale americana
Pastorale americana è un romanzo di Philip Roth scritto nel 1997 e che gli fece vincere il Pulitzer nell’anno successivo.
E’ il primo della trilogia di Zuckerman, protagonista dei romanzi e alter ego di Roth; poi arriveranno “Ho sposato un comunista” e “La macchia umana”.
Struttura del romanzo
E’ strutturato in 3 parti, ogni parte ha 3 capitoli. Le tre parti sono: “paradiso ricordato”, “la caduta”, “paradiso perduto”. Ha circa 450 pagine. Le tre parti evidenziano i tre atti del romanzo.
Personaggi
Nathan Zuckerman. Voce narrante, è l’alter ego di Roth. E’ un uomo in là con gli anni, scrittore, si è appena operato alla prostata e ha ricordi brillanti dello svedese alla high school.
Seymour Levov “lo svedese”. Protagonista del romanzo. Fin da ragazzo è stato “perfetto”; fisicamente era alto, biondo, robusto, bellissimo; riusciva in tutti gli sport senza particolare fatica; era gentile, educato, in gamba, altruista, era ammirato da tutta la scuola; poi diventa un imprenditore di successo, sposato con la Miss New Jersey.
Dawn Levov. Miss New Jersey (aspetto cruciale) e moglie dello svedese.
Meredith “Merry” Levov. Figlia dello svedese. Intelligente, vispa, molto testarda. Ha un unico difetto: la balbuzie.
Jerry Levov. Fratello dello svedese. Sempre in secondo piano rispetto al fratello maggiore. Sviluppa un carattere completamente diverso, molto tagliente e diretto. Diventerà il miglior cardiochirurgo della Florida. Divorziato 4 volte.
Lou Levov. Padre dello svedese, guantaio e ossessionato dai guanti e dall’industria dei guanti. Personalità ingombrante e netta. Conservatore nei modi, ebreo fino al midollo.
Rita Cohen. Ragazza misteriosa, amica di Merry, stessa età. Aiuterà lo svedese a ritrovare Merry.
Sheila Salzaman. Logopedista di Merry. Diventerà importante.
Contesto
Il romanzo è ambientato nel New Jersey, soprattutto a Newark e nei paesini attorno, tra gli anni quaranta e gli anni settanta.
L’ambiente culturale è quello bianco ebreo della classa medio alta. Come sempre, per Roth.
Si sente fortissimo il contesto culturale di due specifici periodi: intorno agli anni della guerra, quando Zuckerman e lo svedese erano all’high school e la fine degli anni ‘60 e inizio anni ‘70, quando oltre alle rivolte culturali e sociali, ci fu la guerra del Vietnam (che scatenò proteste violentissime), la crisi del Watertgate e i disordini a Newark, città dove i Levov hanno la fabbrica.
Intanto i tempi stanno cambiando, la società statunitense sta cambiando. Sono questi sconvolgimenti, questa confusione, questa ricerca di risposte che fa crollare tutto.
Trama
Prima parte.
Zuckerman ricorda la vita perfetta e il grande successo avuto da giovane dallo svedese. Incontra il fratello dello svedese, Jerry, e altri compagni al raduno del quarantacinquesimo anno della high school.
Nel frattempo lo svedese lo contatta, che emozione!, per fargli scrivere la storia di successo di suo padre; si incontrano, quella è una scusa, ma lo svedese non si sbottona e non fa altro che raccontare la sua vita perfetta.
Poi Zuckerman scopre che lo svedese è morto ma che, soprattutto, sua figlia è responsabile di un attentato terroristico in cui è morta una persona.
Seconda parte.
La voce in terza persona non si occupa più di Zuckerman. Ripercorriamo il dramma dello svedese. Una vita perfetta da ogni punto di vista che si interrompe con la tragedia della figlia. Merry una volta compiuto l’attentato si dà alla macchia e non viene più ritrovata. I Levov vivono con questo enorme e insondabile peso. Soprattutto lo svedese si chiede come sia potuto succedere.
Incontra per la prima volta Rita Cohen, ragazza misteriosa, che gli chiede oggetti di Merry da portarle in clandestinità e soldi.
Terza parte.
Continua il racconto dello svedese negli anni di scomparsa di Merry. Ogni cosa, pagina dopo pagina, crolla.
Alcuni temi
Zuckerman o lo svedese Il protagonista è Zuckerman, tecnicamente. Il libro lo apre lui raccontando dello svedese. Ma poi, con l’andare delle pagine, scompare sullo sfondo, non si rifarà mai più vivo. L’unico e solo protagonista è lo svedese. Roth avrebbe potuto impostare il romanzo in modo completamente diverso.
I colpi di scena So che un romanzo può non vivere di trama e che la trama non sempre è rilevante; conta spesso di più lo stile. Quando ho approcciato Roth mi aspettavo un maestro di stile senza trama, alla “Stoner” o alla “Rumore bianco”. Invece la trama c’è. O meglio, non è solo questione di trama: ci sono i colpi di scena e i capovolgimenti. Roth si dimostra maestro nel prendere il lettore alla sprovvista per sorprenderlo e colpirlo inaspettatamente. Sa che il suo potere è immenso ma è bravissimo a dosarne la forza: sa che potrebbe esagerare e destare ancora più stupore ma a discapito della coerenza e della credibilità, quindi si tiene al margine perfetto.
Ritmo Ha un ritmo stranissimo, esattamente come l’unico altro romanzo (grosso) che io abbia letto di Roth, La macchia umana. Il lamento di Portnoy è simile ma di un’altra categoria, è più fresco e leggero. Una dimensione quotidiana e reale. In questa dimensione ci sono fatti come il ritrovo degli ex alunni o il racconto della giovinezza dello svedese, o ancora il loro incontro. Non ci sono riflessioni particolari ma è un racconto descrittivo, puntuale, lineare. Una seconda dimensione introspettiva. Pagine e pagine di introspezione dello svedese che si dilania di dubbi e angosce. Sono pagine più lente, viscose, che vanno avanti anche parecchio e sembrano davvero non portare a nulla. Sono pagine necessarie perché Roth rende perfettamente i moti dell’animo umani. Una terza dimensione teatrale. Teatrale nel senso che in questa dimensione ci sono i racconti dei drammi: Merry che fa esplodere il negozio, lo svedese che incontra Rita Cohen, lo svedese che ritrova Merry, o anche la cena finale. Sono sprazzi di azione e dialoghi tragici, assurdi. Il ritmo cambia ancora e si fa più serrato, pur rimanendo dentro la testa dello svedese, con tutti i suoi dubbi e angosce.
Rita Cohen Il personaggio di Rita Cohen mi ha disturbato. Mi ha ricordato i personaggi disturbati di Dostoevskji in quanto ricercatori del male e manipolatori. La sua presenza esaspera lo svedese. Ma non ho capito se è reale o no, e anche questo è un tocco di genio di Roth.
È un bel romanzo? È bellissimo. Non riesco a capire se sia meglio della macchia umana o no però io cedo completamente davanti a libri simili di Roth. Densi di introspezione, di fatti umani, di colpi di scena.
È scritto bene? Ritengo Roth il miglior scrittore che abbia mai letto insieme a Dostoevskij. Sto elaborando cosa vuol dire "bella scrittura", al momento dico solo che Roth è precisissimo, puntuale, tagliente, gestisce benissimo il ritmo e usa le parole in modo magistrale.
Frasi/Stralci P 41 “Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e,dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di avere ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite…Beh, siete fortunati.”
P 69 “”Comunque, era tutto quello che avevo per non farmi sommergere dalla merda. -Merda? Che vuoi dire? -L’immagine che abbiamo l’uno dell'altro. Strati e strati d’incomprensione. L’immagine che abbiamo di noi stessi. Vana. Presuntuosa. Completamente distorta. Ma noi tiriamo diritto e viviamo di queste immagini.””
P 88 “Aveva imparato la lezione peggiore che la vita possa insegnare: che non c’è un senso.”
P 141 “Questa si chiama lustrina e quello si chiama palizzone e tu ti chiami dolcezza e io mi chiamo papino e questo si chiama vivere e l’altro si chiama morire e questa si chiama follia e questo si chiama piangere qualcuno che è morto e questo si chiama infermo, inferno pur ee semplice, e devi essergli molto legato per resistere, e questo si chiama sforzarsi-di-tirare-avanti-come-se-niente-fosse e questo si chiama pagare-il-prezzo-intero-ma-perché-in-nome-di-Dio?, questo si chiama vorrei-essere-morto-e-vorrei-trovarla-e-ucciderla-e-salvarla-da-tutto-quello-che-starà-passando-ovunque-sia-in-questo-momento, questo sfogo incontrollabile si chiama cancellare-tutto, e non funziona, sto perdendo la testa, troppo grande è la forza devastante di quella bomba…”
P 188 “E, nella vita di tutti i giorni, nient’altro da fare che continuare rispettabilmente ad avere l’enorme pretesa di essere se stesso, con tutta l0inta di essere, invece, solo la maschera di uomo ideale”
P 245 “Sì, siamo soli, profondamente soli, e in serbo per noi, sempre, c’è uno strato di solitudine ancora più profondo. […] Puoi cercare di tirar fuori tutto quello che hai dentro, ma allora non sarai altro che questo: vuoto e solo anziché pieno e solo.”
P 257 “Come potevano, i loro innocui difetti, aver contribuito a produrre questo essere umano?”
P 300 “La vita è solo un breve periodo di tempo nel quale siamo vivi. Meredith Levov, 1964”
P 304 “Nulla di tutto questo è vero. Cause, risposte chiare, a chi dare la colpa. Ragioni. Ma non ci sono ragioni. Merry è costretta a essere ciò che è. Come tutti noi. Le ragioni si trovano nei libri. […] Nessuno ne sa niente. Non è razionale. È il caos. È il caos, dall’inizio alla fine”
P 385 “Il cervello di tutti era dunque infido come il suo? E era lui l’unica incapace di vedere cosa stava macchinando la gente? Sgattaiolavano tutti qua e là come faceva lui, dentro e fuori, dentro e fuori, cambiando cento volte al giorno, ora intelligente, ora abbastanza intelligente, ora stupido come tutti gli altri, ora il più stupido bastardo che fosse mai vissuto?”
P397 “Sua figlia era una folle assassina che si nascondeva sul pavimento di una stanza di Newark, sua moglie aveva un amante che fingeva di scoparla sopra il lavandino della cucina, la sua ex amante aveva portato coscientemente la sua famiglia al disastro e lui stava cercando d’ingraziarsi suo padre spaccando il capello di quattro.”
P 410 “L’unica cosa a cui poteva aggrapparsi mentre la sua grande impresa che era stata la sua vita continuava a sfrecciare verso la distruzione: una cena. E alla terrazza illuminata dalle candele fece doverosamente ritorno, sempre portando con sé tutto ciò che non riusciva a capire”:
P 443 “Era una dote o una capacità che non possedeva. Non aveva, semplicemente, la combinazione di quella serratura. Prendeva per buono chi lanciava i segnali della bontà. Prendeva per leale chi lanciava i segnali della lealtà. Prendeva per intelligente chi lanciava i segnali dell’intelligenza. E fino a quel momento non era riuscito a vedere dentro sua figlia, non era riuscito a vedere dentro sua moglie, non era riuscito a vedere dentro la sua unica amante: forse non aveva neppure cominciato a vedere dentro di sé. Cos’era, lui, spogliato di tutti i segnali che lanciava? La gente, dappertutto, si alzava in piedi urlando: -Questa persona sono io! QUesta persona sono io! - Ogni volta che li guardavi si alzavano e ti dicevano chi erano, e la verità era che non avevano, non più di quanto l’avesse lui, la minima idea di chi o che cosa fossero. Credevano anche loro ai segnali che lanciavano. Avrebbero dovuto alzarsi e gridare: -Questa persona non sono io! Questa persona non sono io! - L’avrebbero fatto, se avessero avuto un minimo di pure. -Questa persona non sono io! - Allora forse avresti saputo come procedere tra quei segnali, tra le innumerevoli stronzate di questo mondo.
#philip roth#roth#american pastoral#pastorale americana#libro#letteratura#la macchia umana#recensione#libri
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Sta sera incontro l'uomo del deserto, chiamato così perché l'ho conosciuto quando era in missione in Afghanistan, bloccato là un anno, a causa del covid
È un soldato infatti , e sì ho un debole per le divise 😅 e non solo perché sono eccitanti ma perché volevo fare il soldato e per una serie di ragioni..
niente, sono un civile.
Comunque, torniamo a noi
Ci siamo scritti per anni e divenuti amanti per qualche mese, poi finita per mio volere
Nessuna mira godereccia mi ha pervasa per questa serata perché siamo rimasti buoni amici, o almeno così me la racconto
Il soldato ha fatto tutto il normale percorso per l'elaborazione del lutto/rottura/separazione :
negazione, rabbia, elaborazione , depressione e accettazione
Da manuale proprio!
Ricordo ogni singolo passaggio e se non fosse che capisco e conosco a memoria sto merdoso travaglio, credo che avrei organizzato una spedizione punitiva con tutti i peggiori ceffi che conosco, per fracassare ogni suo singolo ossicino.
E io qualcuno lo conosco eh!
Mi ha fatto paura in un paio di occasioni e infinita tenerezza in altre, ma ho avuto ragione ad attendere pazientemente : era solo chiacchiere e distintivo e adesso è nella fase in cui dice "... come ero scemo eh, mi redo conto di aver esagerato, ma sai la mente umana..." E attacca con dei soliloqui che ascolta solo lui, appunto, dove cita nomi di pensatori sepolti da anni.
Da Eraclito a Kant fino ad arrivare a Galimberti, che si starà toccando le palle visto che è vivo 😅
Ha una laurea in filosofia che mi fa venire il mal di testa..
Bla bla bla..
Comunque, nonostante tutto io voglio bene all'uomo del deserto, si era innamorato e mi aveva fatto sentire speciale o ricordato come ci si sente quando lo si è per qualcuno
Vabbè, provo a non divagare eh!!
E quindi, tutta sta manfrina?
Perché sta notte, tanto per cambiare non dormivo, e ho pensato, non al soldatino e a come sarà rivederlo dopo 2 anni,
ma a Lui
Lui, chi?
Lui Lui
l'Oreste, dal nome inventato più brutto del mondo, se pur nome mitologico, figlio di Clitennestra e Agamennone ( ma andrò a controllare, potrebbe essere una gran cazzata )
Ok, ok, adesso le divagazioni sono davvero insopportabili
Cazzo c'entra Lui? Eeeh c'entra! perché ho pensato/sognato che sarebbe stato fico scrivergli e chiedergli di vederci nel parcheggio sotto il suo ufficio, dove una delle tante volte gli ho succhiato il cazzo così poeticamente che quando ho alzato la testa dalle sue gambe ero Beatrice e lui Dante ❤️
Lo so, cazzata pure questa , infatti mai succhiato un cazzo poeticamente, anzi, i versi che gli piaceva farmi fare sembravano piu quelli dell'Idraulico Liquido dentro allo scarico intasato
Presente?
Altro che poesia!
Comunque! L'idea era quella di vederlo un po' prima dell'incontro , ma solo per fagli strofinare il cazzo in mezzo alle mie cosce, frugando tra il pelo, senza nemmeno entrare, solo sfregarlo, sul pube, sul clitoride, con il rischio di incendiare tutto e guardargli mettere la bocca a forma di piccola "o", come fa ogni volta che sta godendo ( magari è uno dei falsi ricordi che ho, ma chiessenefrega, è il mio sogno lucido, ci faccio un po' che cazzo mi pare )
Il membro turgido infilato lì al calduccio, con le mutandine leggermente abbassate e poi guardarlo godere ed esplodere sulla stoffa interna, e lasciare una bella macchia biancastra e appiccicaticcia
Madonna, mi bagno come una puttanella
Poi risistemo le mutande e dall'esterno schiaccio bene il tutto sul pelo nero
Piccoli movimento circolari per fare in modo che la sua essenza arrivi alla mia pelle e gli odori si mischino a creare la fragranza che mi accompagnerá tutta la sera.
Lui sarà con me, sentirò le mutandine bagnate, l'umido ad ogni movimento, e penserò
"perché nn mi sono fatta sborrare in culo che così mi colava tutto giù per le cosce ad ogni passo... " e cristodio, adesso vado a prendere vibrox e me lo pianto anche nelle orecchie perché con sti pensieri, all'uomo del deserto, gli tocca buttarmelo e non si può, che poi mi devo sorbire altri 2 anni di colpe e angoscia con Heidegger e compagnia bella!
Dai, vado.. Sarà una giornata faticosa
Cià.
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— nell'euforia di una delle loro serate, quando sembravano avere tante cose in comune. Coleman le aveva detto: – Questo non è soltanto sesso, è qualcosa di più, – e in tono reciso lei rispose: – No, non è vero. Hai semplicemente dimenticato cos'è il sesso. Questo è sesso. E basta. Non rovinarlo con la pretesa che sia un'altra cosa.
Philip Roth, La macchia umana
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Io voglio dire solo una cosa:
il fumetto di W - della serie W - è uno dei fumetti peggio scritti che io abbia mai letto.
Mentre guardo la serie, certe volte, mi chiedo come sia possibile che quest'opera abbia così tanto seguito tra il finto pubblico della serie.
Prima di tutto il protagonista è stato creato da una tredicenne. Con tutte le caratteristiche che una adolescente troverebbe affascinanti che si riassumono quindi in un essere perfetto. Il protagonista di W infatti è un super uomo. Bello, ricco, intelligente, simpatico, gentile, amorevole, fedele. Non ha un caz...o di difetto manco se lo cerchi! Lo stereotipo perfetto!
E io qui mi domando: ma nella letteratura che crea protagonisti sfaccettati, umani, sbagliati, fallaci, complessi, pieni di dubbi ed errori, a tratti grigi...come può questo tizio senza macchia e senza paura piacermi? Ma soprattutto perché l'autore del fumetto non ha sfaccettato il protagonista ma a preso pari pari dall'idea della figlia adolescente?
In secondo luogo gli altri personaggi, oltre ad essere pochi per 33 volumi, sono piatti come tavole. Nessuno di loro ha una storia a sé stante ma vivono unicamente per il lead. Non sono interessanti e se al posto della guardia del corpo/migliore amico del protagonista ci mettevi un cartonato, non sarebbe cambiato nulla.
Bocciati tutti i personaggi del fumetto, veniamo alla trama.
La storia parla di questo adolescente figo come non mai che vince le Olimpiadi di tiro con la pistola risultando un vero e proprio fenomeno, l' orgoglio della nazione. Giustamente. L'impianto da tredicenne si sente potente. Tuttavia la gioia a vita breve quando poco dopo la vittoria, un tizio a volto coperto entra in casa del giovane atleta e ammazza TUTTA LA SUA FAMIGLIA. Fratellini compresi. Compiuta la mattanza, l'assassino butta la pistola in un vicolo. Pistola che si rivelerà essere quella dello stesso lead e che lo porterà ad essere accusato dello sterminio della sua famiglia. Mandato in carcere - senza prove sufficienti - viene scaglionato per mancanza di prove - ma dai!. Tuttavia la sua vita è ormai allo sbando: la sua famiglia è morta e viene visto come un reietto dalla comunità. Decide quindi di farla finita e ammazzarsi ... ma mentre sta per compiere l'insano gesto, ci ripensa e decide di dedicare la sua vita a cercare l'assassino della sua famiglia ed ottenere giustizia. Non si sa bene come, diventa ricco, compra un emittente televisiva che collabora con la polizia nel ricercare i criminali e si trasforma in un eroe cittadino. Un personaggio così in vista che viene invitato a cene di Stato, per dire.
Fine.
Dico fine perché a partire da questo momento la trama prende una piega più "umana", diciamo. XD
Ora, questa trama ha una caterva di problemi per me:
Prima di tutto la storia copre 33 volumi. Trentatré volumi sono - più o meno - la saga dell'Est Blue, Arabasta e la Saga dell'Isola del Cielo di One Piece. Se confronti questi numeri con altri fumetti ti rendi conto che ad esempio con One Piece, copre tre saghe e più.
Mi riesce quindi difficile capire come l'autore abbia spalmato questa storia, fondalmentalmente basic, in 33 volumi rendendola così avvincente da essere un successo strepitoso. Soprattutto se consideri che il villain, dopo la mattanza, sparisce nel nulla.
Il secondo problema inizia a venire fuori quando la storia continua e si ci avvicina al finale ed i nodi vengono tutti al pettine:
Nei 10 anni che passano nel fumetto da quando la famiglia del lead è morta, al suo divenire l'eroe della città, l'assassino non si è mai fatto vedere. Mai. Sparito dalla circolazione. Non ha lasciato un indizio, una pista, una mollica di pane...nulla.
Ed è parlando con l'autore del fumetto che viene fuori il vero motivo del perché quest'opera è terribile per me:
Il cattivo non lascia tracce semplicemente perché non esiste. Lo scrittore infatti ha ammazzato la famiglia del lead per dare un trauma al protagonista.
E basta.
E per farlo ha scritto il delitto perfetto. Un uomo senza volto che appare quando deve apparire e scompare senza lasciare traccia rendendolo impossibile da catturare.
E se posso essere d'accordo con il trauma mi chiedo se è una scelta giusta trasformare il trauma nell'evento, nel punto centrale della storia, impossibile da superare.
Prendiamo le Nozze Rosse di GOT. Quelle sono state un trauma che è servito a tutti i ragazzi Stark ma non è stato mai il punto focale tramite cui si risolve tutta la storia.
Ma se dai al cambiamento emotivo il valore di risoluzione finale rischi in credibilità. Ed infatti, quando nel 9° episodio l'autore spiega come intende finire il fumetto, tira fuori un finale che - cito testuale dall'autore del fumetto: è pieno di buchi - e non ha senso.
Il tizio che ammazza la famiglia del lead perché geloso del padre del protagonista ha un movente che cozza con il voler incastrare il lead a tutti i costi, usando la sua pistola appositamente. Da come è andata la vicenda si vede subito che il colpevole voleva che il protagonista fosse accusato. L' assassino che ha in casa tutte le prove del suo crimine - venisse mai la polizia a bussare non hanno manco bisogno di frugare tra la roba - dopo che ha compiuto il delitto perfetto, è una presa per il culo. Così come il politico cattivo che complotta per mettere nei casini il lead ma che viene convenientemente tradito dai suoi uomini ed incarcerato. Concludendo con la storia d'amore tra il lead e la segretaria che per 33 volumi non hanno mai dato segno di essere innamorati ma nel finale lui le fa intendere- cosi a caso - che gli piacerebbe tanto uscire con lei.
Ora, mi si potrebbe contestare che questo finale è stato scritto in fretta e furia dall'autore per via delle circostanza poco piacevoli che sta passando nella serie.
Ma dopo averci pensato bene, questo è l'unico finale possibile. Perché per come è stata scritta la morte della famiglia del lead -dando valore emotivo e non narrativo - non c'è modo che il protagonista risolva il crimine se non in questa maniera. D'altronde come catturi un tizio che è stato scritto per non esistere?!
E sapete qual è la cosa che lo rende ancora peggiore? Avere la certezza che lo scrittore non avesse idea di come finire il fumetto. Non ha mai avuto idea di come finirlo, scrivendo in base alla giornata o in base all'umore. Se è felice, il protagonista ha successo. Se è triste e depresso, il lead tenta il suicidio. Semplice.
Che ce frega della logica narrativa, della coerenza, del realismo e credibilità.
Tutto questo si evince ancora di più nella storia d'amore prevista per il fumetto: quella tra il lead e la sua segretaria.
MAI, per tutta la storia si è notato un qualche interesse da parte del lead per questa donna. Sono amici d'infanzia e lei è palesemente innamorata del protagonista. Amore chiaramente non ricambiato visto che non ci sono state parole, sguardi, momenti che facessero pensare a qualche interesse....
Però l'autore pensa di finire il fumetto con una scenetta di 5 secondi dove, una volta che il lead ha catturato il colpevole, s'incontra con la segretaria, si sorridono e si mettono insieme. Così. A membro de cane!
Mi rendo conto che sono cazzate... ma io ci penso di continuo ogni volta che vedo la puntata: come può piacere e avere tutto sto successo un fumetto così?!
Ma oh, il problema sono chiaramente io che mi faccio pippe mentali sulla cosa meno importante di tutta la serie. XD
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Mai come ora, in tutta la storia umana, il mondo è stato pieno di dolore e di angoscia. Eppure ogni tanto incontriamo individui intatti, senza macchia, come preservati dalla lebbra comune. E non si tratta di individui privi di sensibilità, anzi! Sono esseri emancipati. Per loro il mondo non è quello che appare a noi. Loro lo vedono con altri occhi.
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Nessuno sa nulla. Le cose che sai...non le sai. Intenzioni? Motivi? Conseguenze? Significati? Tutto ciò che non sappiamo è stupefacente. Ancor più stupefacente è quello che crediamo di sapere.
(Philip Roth, La macchia umana)
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La sua suscettibilità, cogliendolo alla sprovvista, lo umiliò, lanciando un Sos, un segnale squillante che era un invito a sorvegliarsi e a tornare all'efficienza di prima.
- Philip Roth, La macchia umana
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Perché è quando ami qualcuno - quando lo vedi giocare di fronte al peggio. Non coraggioso. Non eroico. Solo gioco.
― Philip Roth, La macchia umana
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Perché appartiene a questa cultura di ebeti. Bla, bla, bla. Appartiene a questa generazione che è fiera della propria superficialità. La performance. La performance sincera è tutto. Sincera e vuota, completamente vuota. La sincerità che va in tutte le direzioni. La sincerità che è peggio della falsità e l'innocenza che è peggio della corruzione. Tutta l'avidità che si nasconde sotto la sincerità. E sotto il gergo. Questo splendido linguaggio che hanno tutti - in cui sembrano credere -, queste chiacchiere sulla loro "mancanza di autovalorizzazione", quando l'unica cosa di cui sono sempre convinti, in realtà, è di avere diritto a tutto. L'impudenza la chiamano tenerezza, e la crudeltà è camuffata da "autostima" perduta. Anche Hitler mancava di autostima. Era il suo problema. E' una truffa, quella che questi ragazzi hanno messo in piedi. L'iperdrammatizzazione delle emozioni più insignificanti. Relazione. La mia relazione. Chiarire la mia relazione. Devono solo aprire bocca per mettermi con le spalle al muro. Il linguaggio che usano è una summa della stupidità degli ultimi quarant'anni. Conclusione. Eccone una. I miei studenti non sono capaci di stare in quel posto dove deve svolgersi il ragionamento. Conclusione! Sono fermi al racconto tradizionale, con il suo principio, la sua parte di mezzo e la fine: ogni esperienza, per quanto ambigua, per quanto intricata o misteriosa, deve prestarsi a questa normalizzazione, a questo cliché formalizzante da anchorman televisivo. Ogni ragazzo che dice "conclusione", lo boccio. Vogliono la conclusione? L'avranno.
-Philip Roth -La macchia umana
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MILANO DA ROMANTICA A SCAPIGLIATA (II parte)
(Segue) Ma il percorso della “geostoria” comprende naturalmente anche episodi importanti per la storia di Milano, ma anche d’Italia, come quelli descritti dai quadri di Carlo Canella, in particolare quelli con episodi delle Cinque giornate di Milano o il magnifico “Carlo Alberto al balcone di Palazzo Greppi” del 1849. Vale la pena soffermarsi anche sui volti patetici o trasognati di Domenico induno, con quella che il mio professore di figura disegnata al liceo artistico amava definire “la pittura dei bulbi oculari rovesciati”. È certo che pur con qualche sospiro di troppo o con una eccessiva inclinazione al “pittoresco”, i fratelli Induno (l’altro è Gerolamo) sono sempre godibili, pur nella loro minuta retorica,qualche volta un po’ troppo stucchevole. Con i dipinti di Filippo Carcano (non a caso allievo di Hayez), si incomincia ad intravedere una deviazione dai canoni pittorici tradizionali che rileva uno spiccato interesse per luce, per il colore e la loro modulazione sulla figura umana. Con lui una serie di artisti come Eleuterio Pagliano e Giuseppe Bertini (gli ultimi due messi opportunamente a confronto con due opere parallele), Federico Faruffini (di raffinata bellezza la sua “Toletta antica” del 1865), che danno la stura alle vibrazioni e ai moti dell’animo della pittura scapigliata. Sempre del Faruffini la “Saffo”, coloristicamente e luministicamente molto rilevante, sembra in realtà alludere già al Simbolismo. Dove invece è palpitante e necessaria, oltre che tangibile, l’innovazione formale è nel quasi modiglianesco “Ritratto di giovane donna” di Daniele Ranzoni del 1863-1864. Di lì a poco, sarà Tranquillo Cremona (magnifica la “Visita al collegio” del 1877-78) a sfaldare la pennellata, a trasformarla in macchia e ad impastarla di luce, come nelle mani della pianista in “Melodia”. Siamo nel 1877 e tre anni prima a 800 chilometri da Milano qualcuno aveva parlato di “Impression”. Milano rincorre Parigi (succede spesso), ma in questo caso l’Italia rincorrerà Milano…
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Altare all’Immacolata Concezione nella Chiesa del Purgatorio di Gravina in Puglia.
Nella festa dell’Immacolata Concezione celebriamo Maria, capolavoro di bellezza voluto da Dio. “La vide bella, la volle più bella, la fece Immacolata!”.
Colei che doveva generare Cristo non poteva essere sottoposta al peccato: per questo Dio l’ha voluta senza macchia.
Un tale modello può risultare incomprensibile nella nostra società. Banalità, volgarità, stupidità ci assediano: è il segno che abbiamo perso non solo il senso del bene, ma anche del bello.
Ha detto bene Benedetto XVI: “La spazzatura non c’è solo in diverse strade del mondo. C’è spazzatura anche nelle nostre coscienze e nelle nostre anime".
E con la caduta dello stile, assistiamo anche a un calo di valori e della dignità umana. I nostri occhi sono sporcati da immagini brutte e volgari. La cronaca di tutti i giorni, ormai, con tutte le sue brutture ci ha abituati al brutto e al male.
“Non sarà l’economia che risolverà i problemi dell’uomo, ma la bellezza”.
Siamo tutti avidi di bellezza e felicità, e tuttavia ci attacchiamo alle cose banali e passeggere.
Chiediamo a Maria di essere capaci di dare a questa povera vita il senso, il giusto, il desiderio della bellezza. “Questo mondo in cui viviamo ha bisogno di bellezza per non oscurarsi nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che mette la gioia nel cuore degli uomini, è il frutto prezioso che resiste all’usura del tempo, che unisce le generazioni e le congiunge nell’ammirazione” (Messaggi del Concilio Vaticano II).
Festa dell’Immacolata! Festa della nostalgia. Nostalgia di un passato strappato al peccato e congiunto alla Grazia. Nostalgia di un avvenire possibile. Nostalgia di ciò che potremmo essere e non siamo!
Solennità dell’Immacolata! Festa che ci fa rallegrare per Maria che non ha conosciuto la colpa. Ma festa per noi, peccatori perdonati!
Cioè amati.
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— Quando ero giovane, – mi disse Coleman, – non sono mai andato con donne brutte. Ma in marina avevo un amico, Farriello, e le brutte erano la sua specialità. Giù a Norfolk, se andavamo a ballare all'oratorio, se la sera andavamo all'Uso. Farriello puntava direttamente sulla ragazza più brutta. Quando lo sfottevo, mi diceva che non sapevo che cosa perdevo. Sono frustrate, diceva. Non sono belle, diceva, come le principesse che scegli tu, perciò sono pronte a fare tutto quello che vuoi. La maggior parte degli uomini sono stupidi, diceva, perché non lo sanno. Non capiscono che basta abbordarla perché la donna più brutta diventi la più straordinaria. Se riesci a farla aprire, cioè. Ma se ci riesci? Se riesci a farla aprire, in principio non sai cosa fare, tanto vibra. E tutto perché è brutta. Perché non viene mai scelta da nessuno. Perché deve starsene in un angolo quando tutte le altre ballano. Ed essere vecchi è così. E' essere come quella ragazza brutta. Starsene in un angolo durante il ballo.
Philip Roth, La macchia umana
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Muore dopo morso ragno violino, il calvario di Giuseppe: un mese in ospedale, poi torna a lavoro e si sente male Una notizia che “toglie il respiro”. Giuseppe Russo, 23 anni, è morto all’ospedale Policlinico di Bari in seguito ad una serie di complicanze legate al morso di un ragno violino avvenuto un mese fa. Il giovane, originario di Collepasso in provincia di Lecce, era stato morto il 13 luglio scorso e, dopo aver manifestato febbre alta, è stato ricoverato per diverse settimane all’ospedale Panico di Tricase. Morso ragno violino, Giuseppe morto per shock settico e insufficienza multiorgano Le condizioni di salute di Russo sarebbero migliorate nei giorni scorsi, tanto da spingere i sanitari a dimettere il 23enne. Tornato a casa, Giuseppe ha ripreso la vita di sempre, tornando anche a lavorare. E qui, mentre era intento in alcuni lavori di giardinaggio per conto della sua ditta, che c’è stata una ricaduta tanto da spingere i medici, a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni, a trasferirlo al Policlinico di Bari dove il suo cuore ha smesso di battere nella mattinata di sabato 17 agosto. Era ricoverato nel reparto di rianimazione e il decesso sarebbe riconducibile a shock settico e insufficienza multiorgano. “Ci sono notizie che tolgono il respiro ed è difficile trovare le parole giuste per esprimere vicinanza e cordoglio ad una famiglia che improvvisamente e troppo presto perde un figlio” le parole della sindaca di Collepasso, Laura Manta. “Tutta la nostra comunità si stringe commossa al dolore che ha colpito Antonio e Rosaria per la perdita del caro Giuseppe. Un angelo di soli 23 anni che da oggi veglierà su di voi. Le più sentite condoglianze da parte mia e da parte di tutta la nostra comunità ai familiari e ai parenti”. Come riconoscere il ragno violino Il ragno violino, noto scientificamente come Loxosceles rufescens, è una delle specie di aracnidi più velenose presenti in Italia. A causa del suo aspetto apparentemente innocuo, spesso passa inosservato, ma è importante saperlo riconoscere. Questo piccolo ragno può raggiungere una lunghezza massima di 4-5 cm, comprese le zampe. Può raggiungere i 7 mm di dimensione. Il ragno violino è timido, non aggressivo, e di solito si allontana quando percepisce la presenza umana. Per questo motivo, i morsi di ragno violino sono rari e avvengono solo quando il piccolo aracnide si sente attaccato. Ha un colore marrone-giallastro e presenta una macchia distintiva sul prosoma che ricorda la forma di un violino, da qui il nome. Preferisce ambienti caldi e attivi di notte. In inverno, tende a rifugiarsi nelle case in cerca di temperature più miti, mentre in estate può essere trovato anche nei giardini e negli spazi aperti. Cosa fare in caso di morso del ragno violino Non è una specie aggressiva e, alla presenza dell’uomo, tende ad allontanarsi. Ma può pungere nel caso in cui si senta minacciato: ad esempio se schiacciato involontariamente dentro scarpe, lenzuola o abiti. Il suo morso è indolore, ma dopo qualche ora sulla parte della pelle punta può comparire una piccola arrossatura. Tutto dipende dalla quantità di veleno che rilascia. La puntura può provocare prurito e bruciore e il morso può necrotizzarsi in 48-72 ore. Nei casi più gravi, possono verificarsi febbre, rash curtanei ed ecchimosi. In caso si riscontri ciò si consiglia di chiamare il centro antiveleno per essere valutati.
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N.E. 01/2023 - "Labirinto", poesia di Cinzia Demi
Sono così i labirinti, hanno vie, traverse e vicoli ciechi, e c’è chi dice che il modo più sicuro di uscirne è di continuare a camminare e girare sempre dallo stesso lato, ma questo, come siamo obbligati a sapere, è contrario alla natura umana. L’anno della morte di Ricardo Reis, Josè Saramago quando si sceglie una direzione e la macchia del sole ci accompagna nuda di raggi appena…
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