#la fine di internet
Explore tagged Tumblr posts
Text
SDENG!
Mi chiedo se si stanchino mai di pensare sempre le stesse cose: che i neri votano per i neri, gli ispanici per gli ispanici, che chi crede in Dio è un fesso, che il progresso sia quello definito e promosso solo da una parte politica, e gli altri sono tutti misoneisti. A ogni catastrofe democratica (vale a dire quando non vincono, che in democrazia è un fatto possibile), tirano in ballo la fine dei tempi e della civiltà. Il guaio grosso è che gli slogan del progresso sono per loro natura discutibili, quello che si ritiene civile o non civile è oggetto di disputa, e nella disputa si vince e si perde. Anche il progresso è una fede, non appare se non nelle speranze dei progressisti e non lo si può quantificare sulla presenza o meno di internet in un dato momento storico, pensare che gli antichi fossero per questo arretrati è un pregiudizio da moderni, una misera consolazione da mortali: ehi, sfigati, siamo davanti a tutti!... SDENG!
44 notes
·
View notes
Text
Al di là della notizia che si commenta da sola, provate a fare un test. Provate a ricercare su internet questa vicenda di ordinaria follia nel cuore della capitale e cronometrate il tempo che impiegate a imbattervi nella nazionalità del delinquente arrestato.
Quando finalmente troverete nella penultima riga dell'articolo di qualche testata un riferimento alla nazionalità nigeriana, segnatevi il tempo e confrontatelo con i millisecondi che avete impiegato per leggere l'espressione "disoccupato italiano" riportata nei titoli di tutti i giornaloni che hanno rilanciato la notizia dell'arresto di Moussa Sangare, l'assassino di Sharon Verzeni.
Alla fine di questo esperimento, avrete ottenuto un'ottima misura del grado di ideologizzazione della nostra stampa.
👉 Segui PRO ITALIA
Telegram | X | Facebook | Instagram | YouTube | Sito ufficiale
44 notes
·
View notes
Text
Tre metri. Sette passi. Tanto è lungo il corridoio. Il corridoio che separa la mia dalla camera di mio figlio.
Appena sette passi. Così pochi da fare. Così pesanti come macigni, se quello che pensi è contro la natura, contro la morale, contro ogni convenzione.
Quante volte la notte, ho osservato la sua porta chiusa, dalla soglia della mia stanza. Agitata da pensieri immorali. E quei maledetti sette passi, che separavano il mio essere una brava ed amorevole mamma dall’essere una madre snaturata. Una distanza così piccola, una differenza enorme.
Ci sono state notti in cui alcuni di quei passi li ho fatti. Sono arrivata a metà. A volte sono arrivata anche fin dietro la porta. Ho poggiato l’orecchio, ho sentito il suo respiro addormentato. Una notte ho messo anche la mano sulla maniglia. Non l’ho abbassata, è i sette passi li ho fatti a ritroso, tornando nel mio letto.
Letto, dove non riesco a chiudere occhio. Il divorzio da mio marito. La sua fuga con un’altra. Io che resto sola e che giuro che mi dedicherò solo a mio figlio. Lui che diventa rapidamente così bello al miei occhi, così attraente, così sexy, così desiderabile.
E quei tre metri che separano l’amore dal vizio, che mi dico di non percorrere mai, ma nel frattempo mi accarezzo nel mio letto, e raggiungo l’orgasmo, usando uno i quei giochi che già possedevo quando mio marito c’era ancora e la notte mi ignorava.
Sono solo tre metri, ma sono una montagna che sembra impossibile scalare.
Fino a certe letture, certe storie su internet, certe chat con donne sole come me. Non sei la sola a voler fare quei passi.
E alla fine quei sette passi, stanotte, li percorro leggera. Decisa. Mi sono fatta bella, come altre notti in cui poi non ho avuto il coraggio. Ma stanotte ho la voglia e il coraggio. Mi sono fatta arrapante, pronta a sedurlo.
Sette passi percorsi con passo fermo, il tacco che non mi importa che faccia rumore sul parquet.
La maniglia che cigola. Entrare, vedere la luce fioca dell’abat-jour ancora acceso, anche se la notte è alta. Vedere le coperte aggrovigliate ai piedi del letto. Lui nudo, che si masturba.
Non ero la sola a pensare a quei tre metri che ci separavano.
- Mamma….sussurra immobilizzandosi. Le dita della mano si aprono, da essere strette intorno al suo pene vanno a coprirlo a cercare di nasconderlo.
Ma io, che ho fatto quei sette passi, non ho paura di farne ancora due, fino al suo letto. Sdraiarsi accanto a lui, guardarlo negli occhi, fiera per aver percorso quei metri, spostargli la mano, sostituirla con la mia. Averlo, finalmente.
22 notes
·
View notes
Text
CENTRALINI DEGLI OSPEDALI
I centralini degli ospedali sono scogli durissimi.
Telefoni. Devi assolutamente parlare con un reparto per una faccenda burocratico-sanitaria. Una voce registrata femminile con ottima dizione fa una lunga introduzione sul trattamento dei dati personali, che tu accetterai senza discutere premendo un tasto. Accetterai perché non hai scelta, un po' come per i cookie dei siti internet. Sai che la privacy è importante, ma in questo momento del trattamento dei dati non ti importa nulla. L'alternativa è terminare la chiamata.
Poi la voce registrata ti spiega il ventaglio delle scelte.
Se desideri fare una certa cosa, devi premere 1.
Se desideri farne un'altra, devi premere 2.
Tu vuoi parlare col centralino per farti passare un reparto. Attendi la spiegazione di ogni opzione. Quella che ti serve è sempre l'ultima. Finalmente è arrivato il tuo momento. Premi 4. Ti mettono in attesa. Ci sei quasi.
Ma l'attesa è più lunga del previsto.
Poi torna quella voce registrata, inspiegabilmente allegra. Ti dice: "Ci spiace, a causa dell'elevato traffico la invitiamo a richiamare più tardi".
FINE
[L'Ideota]
20 notes
·
View notes
Text
tutto ciò che leggo sulle relazioni dai social viene sovrapposto alla mia situazione e usato da una parte del mio cervello per trovare le prove della mia colpevolezza. secondo le logiche dell’internet, se non hai un glow up dopo la fine di una relazione significa che eri tu la parte marcia della coppia. sempre secondo internet se a un certo punto hai deciso di terminare la relazione perché non amavi più l’altra persona e l’altra ti prega di riprovarci ma tu non vuoi, ecco, questo significa che hai uno stile di attaccamento evitante e che da bambino non eri ascoltato e una serie di altre dinamiche davvero triste e incresciose che ti hanno portato a essere il cattivo della storia. una parte della mia testa ritaglia e colleziona tutte queste parole, insieme ai commenti sotto i video/post che trattano questi argomenti e dice: brutta brutta brutta. l’altra parte bestemmia.
8 notes
·
View notes
Text
“Quanti anni hai?”
La domanda che ciclicamente mi viene rivolta, qui e su altre piattaforme virtuali, è sempre la stessa: “Quanti anni hai?”. Da una parte la comprendo: la curiosità è donna, pertanto è normale che una donna sia portata a chiedermi quanti anni ho. Peraltro non è mica un segreto, eh, se una mi scrive in privato glielo dico. Ma non è questo il punto: quello su cui voglio soffermarmi è il ben poco significato di questo quesito. Peggio: la superficialità che ne permea la richiesta. Io negli anni mi sono confrontato con tante ragazze su Internet. Non centinaia, ma comunque parecchie. L’ho fatto perché mi piace studiare la psiche umana, mi piace conoscere, approfondire, ragionare, far lavorare la mente. La richiesta dell’età anagrafica è quasi sempre avvenuta, da parte di ambo le parti, in una fase successiva. Prima s’è iniziato a parlare, a confrontarsi, a raccontarsi. E poi tutto il resto. Cosa voglio dire? A volte sembra di stare su Tinder (che io non ho e non voglio avere). Purtroppo il pensiero che trasmettete, di solito, è: “Cerco un compagno e voglio vedere quanti anni ha, così se ne ha troppi o troppo pochi passo direttamente oltre”. È un po’ squallido come ragionamento, se posso. Lecito, ma squallido. Alla fine dipende tutto dalle intenzioni. Ma io l’ho detto subito, però: prendete questo blog come un libro, anche se dietro c’è una persona, in carne e ossa. Mi si dovrebbe contattare per uno scambio di opinioni, non per cercare la storia d’amore della vita. Anche perché io, all’amore, nemmeno ci credo più come prima. Vi interessa approfondire un concetto? Va benissimo, eccomi. Volete fare una critica? Vi ascolto. Ma chiedermi a caso quanti anni ho, alla ricerca di chissà cosa, è molto sciocco. Non mi offendo, ci mancherebbe. Dico solo che si potrebbero porre domande più interessanti, secondo me. Credo che l’obiettivo primario debba essere quello di trovare una forma di comunicabilità rispettosa e matura. E questo lo si può fare a qualsiasi età. Qualche anno fa parlavo amabilmente con una ragazza, andò avanti per un po’ di tempo. Poi, una volta scoperto che ero più grande di lei, scappò via. Ammetto che ci rimasi male. E vi giuro che non c’era reale motivo. Non v’erano scambi di foto e cose strane, ma discorsi molto normali, puliti. Eppure, nulla. Cerco sempre di comprendere tutto, ma l’amaro in bocca rimase per del tempo. Ecco, oramai io invito a priori le ragazze a non contattarmi, se tanto poi deve andare a finire così. Non mi piace essere abbandonato (a chi piace?), specialmente se mi comporto molto bene. Probabilmente l’opzione per porre domande in anonimato, qui, l’ho attivata proprio per questo: per mettervi più a vostro agio, per consentirvi di scrivere e chiedere qualsiasi cosa senza portare il peso dello svelamento, e quindi l’imbarazzo che può derivarne. È un blog particolare il mio, dedicato a un pubblico adulto pur non essendoci traccia di foto o video pornografici. Ma così, diciamo che avete mano libera. E io la libertà la amo sempre.
20 notes
·
View notes
Text
COSA RAPPRESENTA L’URLO DI MUNCH?
L’Urlo è certamente uno dei dipinti più famosi al mondo, infatti anche se non conosci l’artista o l’anno di creazione, sono quasi certo che almeno una volta, in TV o sui giornali o internet, hai visto questa opera d’arte.
Ma ti sei mai chiesto cosa rappresenta questo dipinto o meglio dipinti? Già, perché è bene subito chiarire che quando parliamo dell’Urlo, non ci si riferisce ad un singolo dipinto ma ad una serie di dipinti e precisamente quattro, tutti realizzati tra il 1893 e 1910 dall’artista norvegese Edvard Munch.
Dipinti che trasmettono angoscia e dolore che non solo si percepiscono nel volto del soggetto, ma anche nella scelta dei colori e del paesaggio con cui l’artista volle ricordare la sua infanzia tragica e dolorosa. Da bambino infatti, dopo la morte della madre e la sorella, visse solo con il padre, un uomo severo ossessionato dalla religione.
Dunque è lui che urla nel dipinto? No, a dire il vero nessuno, o meglio, l’Urlo non raffigura una persona che urla ma al contrario, una persona che sente urlare. Un grido senza fine che attraversa la natura e che lo lascia tremante di paura.
In questo dipinto dunque non si vede ciò che sembra e quindi l’apparire, ma ciò che in realtà sentiamo dentro di noi, una sorta di angoscia esistenziale, la stessa che segue l’uomo contemporaneo nella sempre più spesso quotidiana disperazione.
13 notes
·
View notes
Text
La fine di ICQ - Il Post
Una app che mi ha cambiato la vita, senza di lei oggi le cose non sarebbero andate come sono andate, e chissà dove sarei.
L'UIN 74913362 ti ringrazia, di tutto.
12 notes
·
View notes
Text
Ho finito Naruto
Ringrazio Amazon Prime per aver messo a disposizione Naruto e Naruto Shippuden, ci ho messo mesi per vedere tutte le... boh? Seicento? Millequattrocento? puntate dell'anime, ma ne è valsa la pena.
Qualche considerazione.
OVVIAMENTE SPOILER.
Prima di tutto, c'è una domanda che mi assilla da tempo e che ho trovato scritto da qualche parte su internet: qual è il tuo personaggio preferito? Non lo so.
Ho motivi per adorare Sasuke, Sakura, Gai, Rock Lee, Negi, Hinata, Kakashi, persino Orochimaru. I tre ninja leggendari, tutti e tre, sono stati una colonna portante di tutta la storia, inseriti magistralmente. Naruto no, paradossalmente - non so nemmeno quanto paradossalmente in realtà, mi capita spesso con i protagonisti - non è tra i miei preferiti.
Ho pianto e ho riso per mesi dietro a dei pupazzetti (come diceva mia nonna) e tutti hanno contribuito a questo.
Pain. La saga di Pain è stato il momento più alto e più devastante dal punto di vista emotivo. La morte di Jiraiya apre la saga e fa da sfondo alle vicende di Naruto che, lontano per gli allenamenti, spera in continuazione di poter far vedere all'"eremita porcello" quanto sia migliorato. Decine di puntate in cui Naruto non vede l'ora di rivederlo e lui è già morto. La lotta contro Pain e la distruzione del villaggio, la conseguente morte di Kakashi e Hinata (poi riportati in vita, ma tant'è...)... nemmeno con Kenshiro ho pianto così tanto. Credo che dopo Pain io sia pronto anche a vedere storie di tre ore di cani abbandonati e mangiati dalla fame e dagli insetti (forse no... forse). Potrei rivedere Buffy. Potrei rivedere Futurama. Piango anche ora solo a ripensarci.
Capitolo filler. Troppi. Per fortuna la maggior parte delle volte aggiungevano informazioni interessanti alla storia, ma altre volte mi veniva voglia di skippare la puntata.
Ho tifato per Hinata fino alla fine, comunque, e il matrimonio con Naruto mi ha pienamente soddisfatto.
Sono contento di averlo visto.
EDIT: nell'edizione italiana, Naruto dice in continuazione "e che cavolo" nei sottotitoli, ma mai nel doppiaggio. Era una frase che lo collega direttamente alla mamma, e secondo me era importante, e nel frangente in cui si parla della mamma si inventano un modo di dire per lei e lui che mai è stato detto prima e mai verrà detto dopo, solo per creare questo collegamento raffazzonato. Secondo me è stato un grave errore di adattamento.
7 notes
·
View notes
Text
Si può provare orrore per una data?
No. Altrimenti dovremmo provare orrore per l'intero calendario.
Oggi è un anno da quella che i nazisti islamici di Gaza hanno chiamato عملية طوفان الأقصى, Operazione Alluvione di AlAqsa.
Operazione: considerano "operazione militare" stuprare donne e uomini, sventrare donne incinte, estrarre il nascituro e metterlo nel forno, massacrare a mani nude bambini terrorizzati, riempire di chiodi il pube di ragazzine facendole morire dissanguate, portare in trionfo corpi di donne seminude insanguinati, per offrirli agli sputi del pubblico in un gran festeggiamento popolare. E tutto il resto dell'orrore che piano piano sta venendo a galla.
L'orrore non è la data del 7 ottobre. L'orrore è quella gente, la loro ideologia religiosa che mette al primo posto dei suoi "valori" l'uccisione degli ebrei, come prescritto dal Corano, "farli vivere nel terrore".
L'orrore è la massa disumana di Gaza che ha avuto 18 anni di tempo per potersi riscattare da quell'ossessione.
Il 22 agosto del 2005 furono deportati dalla striscia di Gaza gli ultimi degli 8600 ebrei presenti, nell'ennesima illusione che ciò potesse servire a costruire una convivenza di pacifica separazione.
Ma questi 18 anni sono stati un incubo continuo per l'intero sud di Israele. E nessuno dei vari governi che si sono succeduti ha preso atto dell'unica cosa che era fin troppo chiara già dall'agosto 2005, quando i selvaggi di quella regione distrussero le serre e tutte le strutture agricole che Israele gli aveva lasciato in dono, per trasformare quell'area in un poligono di lancio per missili.
Chiedete agli abitanti di Sderot, di Ashkelon, di Ashdod, di Be'er Sheva, di Netivot ecc.
Quante tonnellate di missili si sono accumulati! Per non parlare degli oggetti incendiari che sono stati inviati, dei danni al patrimonio boschivo, agli allevamenti e alla fauna selvatica. Per non parlare della vita da incubo scandita da continui allarmi e corse al rifugio! Per non parlare dei morti.
Il 7 ottobre 2023 era nell'aria già il 22 agosto 2005.
Oggi circa 1.500 israeliani insieme alle famiglie dei rapiti e degli atleti olimpici hanno percorso in bicicletta il tratto dal parcheggio bruciato di Takuma fino al sito del festival Nova.
Un'iniziativa che definirei sinistramente petalosa.
Oggi la gente di Gaza dovrebbe essere bombardata di musica tekno assordante a tutto volume e senza sosta, intervallata solo dagli urli di orrore delle vittime, estratti dai video che loro stessi hanno postato su internet per vantarsi, dagli urli di gioia delle loro mamme, dalle loro benedizioni di risposta all'annuncio vittorioso dei loro figli urlanti: "MAMMA, HO UCCISO UN SACCO DI EBREI!" "ALLAH TI BENEDICA, FIGLIOLO!"
La gente di Gaza meriterebbe questo, senza sosta, notte e giorno, sempre più forte, da far tremare la terra. Per disperazione dovrebbe desiderare la sordità, la morte.
Ma non accadrà nulla di tutto ciò. Israele continuerà a farsi colpire, dal nemico, continuerà a farsi bacchettare in coro dal mondo che odia gli ebrei, con l'Europa in prima fila, grande esperta in campi di sterminio per ebrei e oggi guidata dalla figlia di un nazista.
Sembra che qualcuno sia in attesa dell'esito delle elezioni americane di novembre, nella speranza che quelle pongano fine al supporto di zio Sam al terrorismo islamico, agli infiniti doni al suo sponsor principale dell'area, il regime degli ayatollah.
Inoltre, a Washington stanno facendo di tutto per incrinare quell'equilibrio fragilissimo di rapporti Israele-Russia, che vede la Russia, legata dall'alleanza con Damasco ereditata dall'URSS, e legata ai numerosi cittadini israeliani di origine russa.
Ma nessuno ci assicura che a novembre l'Asse del Male di stampo DEM verrà sconfitto. Nessuno ci assicura che Trump non venga ucciso, una volta eletto, né che sia messo in condizioni di poter tenere fede alla proprie promesse.
L'ebreo che non conta solo sulle proprie forze è un ebreo morto. Israele questo non lo dimentica.
Fulvio Del Deo, 7 ottobre 2024
5 notes
·
View notes
Text
Ammazzatine
La storia non è finita e ce lo comunica attraverso ammazzatine generali che sono il segno tangibile della sua vitalità. Dove non c'è più conflitto c'è fine della storia, uomini e donne annoiati che si danno allo scambismo su internet, ma per fortuna la storia ancora stimola il sistema nervoso centrale organizzando periodicamente delle simpatiche ecatombi al solo scopo di tenere vivo negli uomini il senso e la proporzione delle cose. L'obiettivo è arrivare a una guerra a CO2 interamente compensata entro il 2035.
(Lo scrupoloso occidentale che come una formichina separa diligentemente la carta pulita dalla carta leccata mentre alle sue spalle il fungo di un'esplosione colossale oscura il cielo mandando all'aria dieci anni di certosina riduzione dell'impronta ecologica)
50 notes
·
View notes
Text
Oggi una delle mie nipotine ha finito le elementari e mentre ascoltavo le canzoni e le parole che hanno scelto per chiudere questo percorso mi sono un po' commossa *_* Probabilmente ero più emozionata di lei, che ridacchiava con le sue amiche e anche dopo ci ha salutato rapidamente, senza l'entusiasmo che ci riserva quando non siamo nel "suo" mondo u_u
Sta crescendo in fretta e spesso ormai mi viene da pensare a quando avevo la sua età, ai primi ricordi che ho conservato più nitidamente, tra quelli della mia infanzia e della mia adolescenza. Spero che riesca ad essere serena come lo sono stata io, che la sua autostima sia forte quanto lo è stata la mia, che la sua curiosità e la sua prudenza vadano di pari passo. La vedo grande e piccola allo stesso tempo e mi ricordo di quanto mi sentivo grande e piccola io, in quegli anni. Chissà se anche lei si sente così, che pensieri inediti le passano per la testa quasi undicenne. Beata gioventù *_*
Chissà come sarebbe stata per me un'adolescenza con internet nel paesino in cui abitavo all'epoca, chissà come sarebbe stata col fast-fashion, con lo streaming e i cellulari, con i trucchi e i tutorial a portata di mano e di portafogli. La mia ignoranza di certi aspetti della femminilità era ed è rimasta vasta per inziale mancanza di stimoli e possibilità e poi per pigrizia mista a testardaggine e fortuna. Ma per altri aspetti ricordo di essere cresciuta molto in fretta, molto libera e molto sfacciata, e anche in questo caso una grande fortuna è stata davvero provvidenziale nel traghettarmi fino alla stabilità sentimentale senza troppe preoccupazioni. Spero che lei ne abbia altrettanta e anche di più, spero si diverta un sacco.
E onestamente spero che le scuole medie rivitalizzino la sua curiosità di imparare cose nuove anche in ambito strettamente scolastico, perché queste elementari non le hanno fatto amare molto lo studio T_T
Chissà come sarà per lei l'impatto con le scuole medie sotto questo profilo. Per me è stato strano avere tanti compagni e diversi prof dopo aver passato 5 anni in dodici con una sola maestra, mi è sembrato quasi che ogni materia avesse la sua "personalità", che la scuola fosse una metropoli, aveva addirittura 5 sezioni! Mi sono abituata in fretta, comunque. Spero che anche lei riesca ad adattarsi a tutto ciò che la aspetta e che la matematica le sia più congeniale di quanto lo sia stata finora.
Vedremo. In famiglia c'è chi minimizza e chi si aspetta tempesta, il portone dell'adolescenza in ogni caso sta proprio di fronte alle porte che chiudono le elementari e ormai siamo arrivati. È davvero la fine di un'epoca o è una mia impressione dovuta al mio personale vissuto? Credo lo sapremo solo col senno di poi, quando ne parleremo tra qualche anno. Intanto c'è la prima estate senza la preoccupazione dei compiti, ed è già un bel traguardo.
10 notes
·
View notes
Text
Non succede nulla di nuovo, cioè succede, ma sono cose già viste, già vissute. Un giorno farò una storia su IG in cui scriverò "AAA cercasi persona con cui andare a eventi mondani l'inverno, morire sul divano sotto le coperte, parlare male di qualunque cosa, bersi la bottiglia di vino a random, fumare spesso alla finestra, andare a vedere i Post Nebbia, giocare a geoguesser e perdersi nel magico mondo di internet tra twitch, live di tiktok e YouTube. Ricambio con dolci, cene e boh, non mi sono mai saputo valorizzare", tipo in preda alla disperazione. Tipello sarà l'unico a rispondere e conterrà tre lettere precise "gay" che nella sua testa di cazzo vale come un insulto, poi lo bloccherò per qualche giorno come al solito e la vita continuerà come sempre. Vivo questo magico momento di solidarietà verso me stesso (pare brutto chiamarlo solitudine) da 2 anni almeno, non mi dispiace, c'è di meglio come c'è di peggio, questo mezzo ha un buon calore al momento.
Qualche giorno fa mi sono annoiato a una serata, la tipa aveva organizzato un evento e mi aveva invitato, pensavo a una cosa con gente, musica, vino e cibo, invece era una cena (aperitivo con buffet e tanto vino) tra me e lei. Spero di averla annoiata terribilmente. Settimana scorsa invece c'era un concerto, in macchina accanto c'era una tizia, parliamo, fa il medico, le dico che è cancro di fine giugno, urla, mi chiede come abbia fatto, si fa mille complessi perché è risultata prevedibile, mi sono messo a giocare a pokemon pocket, ho sbustate un garyados full art, bello.
6 notes
·
View notes
Text
Natale, non tornerà più quello degli anni passati, quando a Natale puzzavi ancora del fritto dell'Immacolata. Quando i regali andavi a farli nei negozi e non li ordinavi su internet.
Entravi dentro casa il 24 e usciva il 27 solo chi doveva andare a lavorare.
Quando trovavi un bicchiere sul tavolo e dicevi: di chi è questo?!
E tutti ti dicevano bevi tanto stiamo tra di noi, non avevi paura di virus inventati dal potere che il potere non lo toccano.
C’era la tombola, il mercante in fiera e le carte per giocare a briscola sempre appoggiate sul tavolo insieme ai vari giochi di società.
Manca pure quel parente che quando giochi a tombola, al primo numero dice “ambo”.
Quando per giorni si mangiavano i resti della vigilia e di Natale.
Si mangiava allo stesso tavolo pure in venti, e c'era il tavolo dei piccoli, adesso la tavola è sempre più piccola e alla fine si è sempre di meno...
Quando arrivavano gli ospiti bussavano con i piedi perchè avevano le mani piene di cibo e di regali per tutti. Nessuno doveva rimanere senza regalo. Oggi i parenti si dimenticano di chi resta da solo alle feste, al posto di una telefonata mandano a tutti gli stessi auguri su WhatsApp...
La tovaglia era la stessa da Natale a capodanno, dentro casa c’era sempre qualcuno che masticava, dalle noci al torrone.
A Santo Stefano tutti volevano stare leggeri con il brodo.... E tutto il resto non te lo mangi? E le persone care, quelle che non ci sono più? Come può essere un "felice" Natale se sei triste nel cuore? A chiunque chiedi del Natale ti risponde "non lo sento che è Natale". Perché il Natale si sente... Si deve sentire nel cuore prima che nell'aria. Come essere felici in un paese che è di tutti meno che il nostro? In un paese invaso, stuprato, ferito...cosa c'è da festeggiare? Ci hanno strappato l' anima con le feste e tradizioni!
Buon Natale a tutti, ma un Natale di tanti anni fa...un Natale italiano: con Gesù e la Madonna. Difendiamolo quel Natale non solo perché è la nostra storia ma è l' unica civiltà: un bambino che nasce e una mamma che lo tiene tra le braccia, con un papà che li protegge entrambi dagli Erodi che attaccano: da sinistra a destra e da est a sud del mondo.
12 notes
·
View notes
Text
Te lo mereces
Fantastic Four: Life Story #4 Mark Russell (Guionista), Sean Izaakse (Dibujante)
— Bartender: Qué elegante. ¿Vas a un funeral? — Ben Grimm: Cita a ciegas. — Alicia Masters: ¿Eres… Ben? Soy Alicia. — Bartender: Vaya, lo decías en serio. — Alicia Masters: Vaya. Esa no la había oído nunca. — Ben Grimm: Lo siento, es un imbécil. Un amigo, pero imbécil. — Alicia Masters: Bueno, un amigo no es más que un extraño al que aún no has ofendido. ¿Me invitas una copa, Rocky? — Bartender: Esta me cae bien. Invita la casa.
— Alicia Masters: ¿Así que cabreaste a un montón de adolescentes en Internet? — Ben Grimm: Oye, que Internet tenía como una semana de vida, pero sí, fue un error. Como tirarle una piedra a un mono. — Ben Grimm: ¡Tenías razón, Doc! ¡Las computadoras son increíbles!
— Ben Grimm: «¿Alguna vez has sentido que acabas de conocer a alguien que conoces de toda la vida? Yo, tampoco… hasta esa noche. Nos quedamos allí durante horas, hablando. Me fui a casa sintiéndome como si me hubiera tocado la lotería. Casi había olvidado qué era sentirse feliz. Sentirse humano. Y eso me preocupaba. Había sido una cosa durante tanto tiempo… que nada de aquello me parecía real. No tenía claro si me daba miedo sufrir o perder el dolor… pero, durante un tiempo, dejé de llamarla»
— Alicia Masters: ¿No podemos al menos hablarlo? — Ben Grimm: Vale, nos vemos allí. Hay algo que creo que deberías saber.
— Ben Grimm: Me ocurrió algo. Cuando era piloto en la Guerra de Corea. Íbamos en misiones de vuelo sobre territorio ocupado, bombardeando las líneas de suministro enemigas. Lo que no nos dijeran era que esas líneas solían pasar por pueblos. Civiles. Eran demasiado educados para decirnos qué bombardeábamos en realidad. Serví con algunos buenos tipos. Los fines de semana, solíamos ir a un orfanato cercano. Tony y yo llevábamos caramelos a los huérfanos. Jugábamos con ellos un rato. Para hacerles sentir que todo iría bien. Y quizá, sentirnos nosotros también así. Un día había niños nuevos, todos vendados y rotos. De repente, aquel lugar parecía un hospital. Cuando pregunté qué ocurría, el tipo que dirigía el orfanato me dijo que los críos eran de un pueblo cercano al frente. Cuando regresé a la base, busqué el pueblo en el mapa. Descubrí lo que ya sabía, pero no quería admitir. Era uno de los lugares que acabábamos de bombardear. Uno de los lugares que yo acababa de bombardear.
— Alicia Masters: Pero no fue culpa tuya, no lo sabías. — Ben Grimm: Ya, así es cómo se montan las guerras: un montón de masacres que no son culpa de nadie.
— Ben Grimm: Los niños no sabían quién los había bombardeado, y yo jamás se lo dije, aunque nunca fue igual que antes. Cuando me di cuenta de que todos los niños tenían que comer algo que llamaban - siendo muy generosos - sopa, hablé con el tipo a cargo. Dijo que, para cubrir la cantidad adicional, el orfanato había tenido que reducir la comida de todos a la mitad. Los críos me adoraban. Y fui lo peor que les había ocurrido jamás. Era una guerra, explicaban. En la guerra, todos tienen un deber y nadie, responsabilidad. Pero seguíamos siendo personas. Y que Dios me ayude. Decidí actuar como una. Al día siguiente, me sometieron a consejo de guerra. Licenciado sin honores. No volví a ver a aquellos chicos.
— Ben Grimm: Sigo sin saber qué esperaba encontrar aquel día. ¿Redención? No pude compensar ni de lejos lo que les había hecho, así que ¿quién soy para ser feliz? — Alicia Masters: Oye, no puedo decirte qué sentir por mí, ni por tu pasado, pero sí que sé una cosa: hagamos lo que hagamos, nos convirtamos en quienes nos convirtamos, dentro de nosotros sigue habiendo una persona. Y nuestro trabajo es encontrarla.
— Ben Grimm: Nunca le había contado esa historia a nadie, ¿sabes? — Alicia Masters: Ben, lo único que sé es que hay tan poca alegría y amor en el mundo que, cuando tienes la suerte de encontrar un poco… no deberías convencerte de que no te lo mereces. A veces, lo que más miedo da de enamorarse… es sentir que lo mereces. Pero te lo mereces, ¿sabes? Tú y yo.
#comics#comic books#comic book panels#marvel comics#superheroes#fantastic four#fantastic 4#4 fantásticos#ben grimm#benjamin grimm#the thing#thing#alicia masters#mark russell#sean izaakse
10 notes
·
View notes
Text
Uno dei miei viaggi dei sogni è l'Egitto, con tanta voglia di andare a Siwa. L'idea mi è scaturita quando giocavo ad Assassin's Creed Origins. Poi sono andata a vedere Siwa su internet e niente, ora voglio andarci.
Ieri sera stavamo proprio parlando di Africa in generale e tra discorsi politici etc ho espresso il mio desiderio di voler partire per stare con i bimbi in qualche paese come il Kenya o la Namibia oppure virare totalmente altrove e partire per la Cambogia a fare volontariato.
Ci sto pensando da mesi, ma vedremo più avanti. Sicuramente tra poco parto per la Norvegia e sto pensando di partire per la Grecia a fine luglio per fare volontariato un paio di settimane
14 notes
·
View notes