#la felicità degli altri
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Non c’è mai un piano generale quando scriviamo qualcosa. Le parole riflettono piuttosto lo stato emotivo di chi le pensa, sperando di trasmetterle a chi le legge.
Chiarito questo, non so, mi sembra che siamo felici.
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La gomma chiese alla matita: – Come stai, amico mio?
La matita rispose arrabbiata: – Non sono tuo amico, ti odio.
La gomma, sorpresa e triste, replicò: – Perché?
La matita rispose: – Perché cancelli quello che scrivo.
E lei rispose: – Io cancello solo gli errori.
– E perché lo fai? – domandò la matita.
– Sono una gomma, e questo è il mio lavoro.
– Questo non è un lavoro – ribatté la matita.
La gomma rispose: – Il mio lavoro è utile tanto quanto il tuo.
La matita, con tono duro, disse: – Ti sbagli e sei arrogante, perché chi scrive è migliore di chi cancella.
La gomma replicò: – Rimuovere ciò che è sbagliato equivale a scrivere ciò che è giusto.
La matita rimase in silenzio per un po', poi, con un velo di tristezza, disse: – Ma ti vedo ogni giorno più piccola.
La gomma rispose: – Perché sacrifico un po' di me ogni volta che cancello un errore.
La matita, con voce rauca, disse: – Anche io mi sento più corta di prima.
La gomma lo consolò dicendo: – Non possiamo fare del bene agli altri, se non siamo pronti a sacrificare qualcosa di noi stessi.
Poi guardò la matita con affetto e chiese: – Mi odi ancora?
La matita sorrise e rispose: – Come potrei odiarti, quando ti sacrifichi così tanto?
Ogni giorno ti risvegli, e ti rimane un giorno in meno.
Se non puoi essere una matita per scrivere la felicità degli altri, sii una buona gomma che cancella i loro dolori e semina speranza e ottimismo nelle loro anime, ricordando loro che il futuro è più bello.
Sii sempre grato.
- Curiosando si impara
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Non c'è persona più nobile di quella che riesce a gioire per la felicità degli altri, pur avendo la tristezza nel cuore.
Antonio Curnetta
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Lettere e Latino
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Anna frequentava l'ultimo anno del liceo classico. Era stata eletta Reginetta d'Istituto per la sua bellezza prorompente. Alta 1,75 per 55 kg di peso; forme distribuite da uno scultore, grazia assoluta nelle movenze e nel porsi con gli altri. Nessun problema con compagne, compagni o altri al mondo. Ma il prof. Sasso, suo insegnante di Lettere e Latino, le stava sulle palle da sempre: inflessibile, distante e asettico. Incorruttibile. Al punto di dare agli allievi del 'lei' durante ogni possibile forma di contatto, interrogazione od occasionale che fosse. Quell'anno fu per lei particolarmente duro, non solo per gli esami di stato, ma soprattutto perché proprio poco prima degli esami perse il padre. Tra tutti, il più comprensivo e cruciale inaspettatamente per lei fu proprio lui: il prof. Sasso.
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Che la prese da parte in più occasioni. Cercò di indirizzarla verso un percorso psicologico di recupero e autoanalisi, al fine di re-instradarla su un binario di minima, ritrovata serenità. Il prof. Sasso: cinquantenne, un pizzico di stempiatura e di grigio sulla testa. Bassino: 1,65 di vitalità e con regolare pancetta dell'appagamento, malgrado il molto sport ancora praticato con assiduità. Scapolo riservatissimo: pochi ed esclusivi hobby. Le parlò tra una lezione e l'altra spesso di cose alte e belle. Le consigliò alcuni testi buddisti, tra cui riteneva il più essenziale "The Buddha in daily life" di R. Causton. Non gliene parlò per farle cambiare religione, ma perché sono quelli che ti sussurrano direttamente all'anima. E poi tu metabolizzi. Qualcosa di bello e buono ti resta comunque dentro.
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Le indicò poi altri testi fondamentali: “Il Palpito dell'Uno” e “Nel nome dell'Uno” di Angelo Bona. Da confrontare in un secondo tempo con “Molte vite, un'anima sola” e “Molte vite, molti maestri” di Brian Weiss. E altro ancora, di questi e altri autori. Le aveva dato l'incarico, a tempo perso, di fare un parallelo tra l'approccio europeo all'argomento trasmigrazione delle anime, alto e filosofico, rispetto a quello decisamente più terapeutico e concreto, pragmatico del collega americano. Sapeva che poi degli autori suggeriti sicuramente la giovane avrebbe acquistato anche altri titoli. E che così avrebbe allargato molto i suoi orizzonti.
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Avrebbe imparato a guardarsi dall'alto. Invitandola a leggere, le parlò a lungo dei percorsi delle anime e le garantì che avrebbe ritrovato il suo papà, prima o poi. Lei bevve letteralmente le parole del prof. Sasso e vi si aggrappò con tutta sé stessa. Iniziò le letture e divorò i libri: era tutto come lui le aveva detto ed era ansiosa di parlargli ogni giorno. Le anime sono assetate di reminiscenza e captano al volo le oasi di pace lungo il percorso terreno, quando le trovano. Sentiva ora per il prof. Sasso un sentimento misto tra attrazione e gratitudine ed era perciò molto sorpresa. Doveva vederlo, toccarlo, parlargli, sorridergli. Voleva affascinarlo. Si recò quindi un pomeriggio a casa sua.
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Lui fu molto lieto della visita e gli occhi gli sorrisero, nel vederla. Era oggettivamente un esemplare di donna spettacolare, seppur molto giovane. La fece accomodare in salotto e andò in cucina a prendere qualcosa da bere; quando tornò la trovò come una fiera selvaggia: bellissima e nuda, accovacciata sul divano. Col sesso in bella evidenza! Rimase interdetto e bloccato: “signorina Anna, ma cosa fa… si rivesta immediatamente…” però non mostrava troppa convinzione. Era stupito ma ipnotizzato ed estasiato.
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Non poteva credere a un regalo così bello proprio per lui. Non l'avrebbe mai confessato, ma quella ragazza era stata spesso oggetto delle sue fantasie, durante i suoi privatissimi momenti di felicità solitaria. L'aveva desiderata intensamente. Fu lei a sbloccare l'impasse e gli diede del tu: “ma che dici, Sasso: sei matto? Ti sto offrendo la cosa più bella e dolce che ho, qualcosa per cui tutti i ragazzi dell'Istituto farebbero la fila e tu mi dici di rivestirmi? Ti dico io cosa farai: ora ti inginocchierai subito, me la mangerai finché vorrò e poi forse ti regalerò qualcos'altro che gradirai moltissimo…”
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Il prof. Sasso come un automa si inginocchiò e non poté fare a meno di obbedire, da studente modello, alla neo-professoressa. Promossa sul campo per meriti erotici. Ella godette dell'uomo e del suo scrupoloso leccarle la passera, ma forse ebbe maggior piacere per il potere che finalmente aveva su di lui. Comunque, dopo una mezz'ora si alzò e lo trascinò in camera da letto. Si fece montare come lei preferiva: a pecorina. Lo fece godere, godere e godere: voleva sinceramente ricambiarlo delle cure avute per la sua anima. Lo rese esausto ma felice. Lo accolse anche nel suo stupendo culo e lui una volta entrato lì dentro, in quel piccolo antro delle delizie, pensò sinceramente di aver così toccato il paradiso. Anche perché mentre la inculava teneva le mani a coppa su quei piccoli seni morbidi e perfetti.
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La sorreggeva delicatamente. Subito a seguire, mentre la baciava e scopava in modo più tradizionale, di quelle mammelle acerbe ne avrebbe assaggiato il dolce sapore e annusato l'odore meraviglioso, cose che gli si sarebbero conficcate nell'anima per la vita. Il giorno dopo tutto tornò uguale a prima. Anna finalmente, grazie al prof. Sasso aveva ritrovato un po' di pace e speranza nel domani. L'uomo di converso aveva capito, dopo averlo soltanto studiato e quasi al tramonto del proprio percorso esistenziale, cosa vuol dire veramente innamorarsi. Provava la sensazione frizzante di sentire il cuore che impazzisce dalla voglia di dirle continuamente che lei era la cosa più bella mai capitatagli. E tramite messaggi ringraziava la sua giovane insegnante.
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Era lacerato dentro, dalle esigenze del suo cuore, dalla sua brama di possederla nuovamente e dalla paura che qualcosa potesse incrinare la sua rispettabile, integerrima facciata di serio professore mostrata pubblicamente. Quindi, le chiedeva ogni volta di non contattarlo più: non sta bene, la differenza d'età, il decoro, la reputazione, l'etica. Lei se lo rigirava con sapienti capriole di parole e infine concludeva invariabilmente con: "a che ora ci vediamo stasera per… l'ultima volta? Me la vorrai concedere, no?"
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E il gioco del "rimorso che fa a tira-la-corda col desiderio" ricominciava uguale il giorno dopo. Ma era il secondo a vincere. Sempre. E la storia andò avanti. Non avrebbero più smesso, fino a che lei non si trasferì in un'altra città per l'università. Però anche Anna sentiva dentro il profondo bisogno del Prof. Sasso e quando tornava a casa, la prima persona che andava a trovare era sempre lui.
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Quei due si amavano veramente. Scherzavano di continuo, come sedicenni. Due anime probabilmente legate da secoli, peregrinano nello spazio e nel tempo. Cercandosi inconsciamente. E perciò quando si ritrovano nella contemporaneità di un periodo non si lasciano più. A dispetto di convenzioni, età anagrafica e ostacoli vari che si frappongano sul cammino dell'amore.
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RDA
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A te, che sai darti la felicità da sola, ma la cerchi ancora negli occhi degli altri.
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Dicono che quando una persona ha compiuto la sua missione su questa terra, se ne va. Come se non avesse più nulla da fare qui. Siamo noi, che siamo ancora vivi, che dobbiamo trovare un senso al dolore, affinché non ci imprigioni e non ci faccia perdere di vista il nostro compito. Ma per ora dobbiamo avere pazienza. Prima di tutto, con noi stessi. Non esiste un manuale su come attraversare il nostro lutto. È personale e unico. E cercare di incasellarlo per la comodità degli altri non farà altro che prolungare indefinitamente la sofferenza e bloccarci in un pantano dal quale sarà difficile uscire. È necessario appoggiarsi alle persone che ci vogliono bene, come se fossimo bambini di nuovo. Abbiamo bisogno di loro per attraversare con fiducia questo sentiero sconosciuto, questo cammino misterioso che prima o poi tutti dovremo percorrere. Senza dimenticare, come disse C.S. Lewis dopo la perdita di Joy, che il dolore che ora sentiamo è parte della felicità di allora. Attraversare un lutto profondo è come rinascere. Ci sembra di attraversare un canale di parto oscuro, scivoloso, in cui ci sentiamo compressi, spaventati. In cui a volte non possiamo vedere la luce alla fine del tunnel. Ma un giorno sporgiamo la testa, vediamo il sole, altre facce ci sorridono. Ci rendiamo conto che non siamo soli. Che non siamo gli unici nell'universo ad aver sofferto una perdita. E, soprattutto, che i nostri cari che sono morti continuano a vivere nel nostro cuore. Il miglior omaggio che possiamo fare loro è vivere la nostra vita pienamente. Grati per il tempo che li abbiamo avuti accanto a noi e fiduciosi che un giorno saremo di nuovo insieme. Mi sarebbe piaciuto dirti addio.
(dal web)
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Ogni giorno, perdo tutto
e tu con me
e te;
e si sfuocano
le colazioni,
si induriscono
i biscotti al burro;
perdo il quadro
che ride e vive,
la cornice delle tende,
le verità stupende
che non ho detto e
la stupidità
di avere paura.
Perdo tutto, ogni giorno;
la pelle nuova,
la ruga che ho sorriso,
la ruga che ho pianto,
la voce,
la mia e la tua,
il coro che sono,
l’assolo.
Perdo parole
che avremmo potuto dirci, non dirci,
dire meglio.
Perdo possibilità
e una possibilità,
il ritmo del respiro,
la pazienza,
le sementi di un’idea.
E perdo le facce degli altri
in strada,
la mia su una vetrina buia.
Ogni giorno perdo uno scorcio
carico di sole,
e la mia età
salda,
che mi ancora alla terra
come un macigno
o una nascita,
che mi seduce
e trascina,
che tracima;
perdo la speranza
che esonda sulla mia fretta,
sulla mia calma.
Perdo
il miracolo di un giorno,
l’elemosina del tempo,
lo scialacquio degli attimi,
con la risacca magra
di qualche
felicità.
Ogni giorno perdo tutto:
il significato,
la velleità del buio
e gli abbagli,
la vastità sul bivio
e l’ombra lunga
degli sbagli,
le rime,
le rime per te,
l’amore,
la bambina che crede,
la bambina in cui credi,
e un’ansia del petto
che può fremere
e domandare
e guardare
e regnare ogni giorno,
mentre perde.
E perde tutto.
Perdo giurisdizione
ed emozione;
si consuma,
si annebbia,
sbraita come un fumo
la mia vita,
che ogni giorno perde me,
mentre perdo tutto.
Perdo il timpano dolce
sotto le voci affettive
che sono un’ala,
a curarmi,
o macerie.
Ogni giorno,
poi,
mi sveglio –
se mi sveglio –
e tutto,
tranne te
e tu con me,
ritrovo.
- Beatrice Zerbini
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Volgi lo sguardo dentro di te. C'è un universo intero che aspetta di essere esplorato, fatto di sogni inespressi, di emozioni sopite, di speranze che attendono la luce del giorno. In un mondo che corre veloce, che ti travolge con mille voci e colori, fermati un istante. Ascolta il sussurro del tuo cuore, quel delicato battito che racconta la tua storia. Non è un atto di egoismo, ma un viaggio necessario: conoscere te stessa per vivere appieno ogni istante. Sfiora con la mente i ricordi che ti hanno portata fin qui, abbraccia le gioie e le ferite che hanno forgiato la tua anima. Ogni cicatrice è un racconto di coraggio, ogni sorriso un fiore sbocciato nel deserto delle difficoltà. Non temere le ombre del passato; sono ombre solo perché c'è una luce che le proietta. E quella luce sei tu. Nutri i tuoi pensieri di ciò che ti fa vibrare, lascia che le passioni guidino i tuoi passi. Il mondo esterno è un teatro di mille riflessi, ma la vera essenza risiede nel tuo sguardo, nel modo in cui scegli di vedere e di essere. Sii la pittrice della tua vita, scegli i colori più vivi, dipingi senza timore di uscire dai bordi prestabiliti. Concediti il tempo per sognare ad occhi aperti, per assaporare il silenzio che lenisce le ferite, per ridere senza motivo apparente. Scoprirai che la felicità non è una meta lontana, ma una compagna di viaggio che attende di essere riconosciuta. È nelle piccole cose, nei gesti semplici, nell'autenticità di un momento vissuto con consapevolezza. Lascia cadere le maschere che il mondo ti ha imposto, libera la tua voce. Canta la tua melodia, anche se il ritmo è diverso da quello degli altri. C'è poesia nella diversità, forza nell'essere se stesse. Le stelle brillano senza chiedere permesso al cielo; così dovresti fare tu, illuminando la notte con la tua presenza. Ricorda che ogni percorso è unico, e il tuo valore non si misura con il confronto. Accogli le sfide come opportunità di crescita, trasforma le cadute in passi di danza. La vita è un'avventura straordinaria, e tu sei la protagonista di questa storia. Ritrova te stessa nel silenzio dell'alba, nel fragore del mare, nel battito del tuo cuore. E quando avrai riscoperto la meraviglia che si cela dentro di te, il mondo ti apparirà sotto una nuova luce.
Empito
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I bambini sono bambini dello Stato, così pensa lo Stato e si comporta di conseguenza, provocando da secoli danni devastanti. È lo Stato in realtà che partorisce i bambi-ni, vengono partoriti soltanto bambini di Stato, la verità è questa. Non esiste un solo bambino libero, c'è soltanto il bambino di Stato, di cui lo Stato può fare quello che vuole, è lo Stato che mette al mondo i bambini, alle madri vien solo dato a intendere che siano loro a mettere al mondo i bambini, ma è dal ventre dello Stato che nascono i bambini, la verità è questa. Sono centinaia di migliaia i bambini che ogni anno escono dal ventre dello Stato sotto forma di bambini di Stato, la verità è questa. I bambini di Stato vengono messi al mondo dal ventre dello Stato e vanno alla scuola di Stato, dove sono istruiti dagli insegnanti di Stato. Lo Stato partorisce i suoi bambini nello Stato, la verità è questa, lo Stato partorisce i suoi bambini di Stato nello Stato e non li lascia più uscire. Ovunque ci guardiamo intorno, non vediamo altro che bambini di Sta-to, scuole di Stato, lavoratori di Stato, funzionari di Stato, anziani di Stato, morti di Stato, la verità è questa. Lo Stato produce e autorizza soltanto esseri umani di Stato, la verità è que-sta. Lessere umano secondo natura non esiste più, è rimasto soltanto l'essere umano di Stato, e dove l'essere umano secondo natura esiste ancora, esso viene braccato e perseguitato a morte e/o trasformato in un essere umano di Stato. La mia è stata un'infanzia bella ma nello stesso tempo crudele raccapricciante, penso, un infanzia nel corso della quale quando ero dai nonni potevo essere un essere umano secondo natura, mentre a scuola ero tenuto a essere un essere umano di Stato, a casa dai miei nonni ero un essere umano secondo natura, a scuola ero un essere umano di Stato, per mezza giornata ero secondo natu-ra, per mezza giornata di Stato, per mezza giornata, e cioè di pomeriggio, ero secondo natura e quindi felice, per mezza giornata, e cioè di mattina, ero di Stato e quindi infelice. Di pomeriggio ero l'essere umano più felice che si possa immaginare, di mattina il più infelice. Per molti anni fui di pomeriggio l'essere umano più felice in assolu-to, di mattina il più infelice in assoluto, penso. A casa, dai nonni, ero un essere secondo natura e felice, a scuola, giù nella cittadina, ero un essere innaturale e infelice. Quando scendevo giù nella cittadina andavo nell'infelicità (dello Stato!), quando tornavo a casa dai miei nonni in mon-tagna, andavo nella felicità. Quando andavo dai nonni in montagna, andavo nella natura e nella felicità, quando scendevo giù nella cittadina, a scuola, andavo nell'artificio e nella infelicità.
Entravo, di prima mattina, direttamente nell'infelicità e per mezzogiorno o nel primo pomeriggio ritornavo nella felicità. La scuola è una scuola di Stato, dove i giovani vengono trasformati in esseri umani di Stato, vale a dire in galoppini dello Stato e nient'altro. Quando andavo a scuola andavo nello Stato, e poiché lo Stato annienta gli esseri umani, andavo nell'istituto per l'annientamento degli esseri umani. Per molti anni io sono uscito dalla felicità (dei nonni!) per andare nell'infelicità (dello Stato!) e ritornare, sono uscito dalla natura per andare nell'artificio e ritornare, la mia infanzia è consistita in questo andirivieni e nient'altro. Sono cresciuto in questo andirivieni dell'infanzia. Ma in un simile diabolico gioco, non ha vinto la natura ma l'artificio, la scuola e lo Stato, non la casa dei miei nonni. Lo Stato ha costretto me, come tutti gli altri, a entrare al suo interno e mi ha asservito, lo Stato ha fatto di me un essere umano di Stato, un essere umano irreggimentato e registrato e addestrato e diplomato e pervertito e depresso come tutti gli altri. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani di Stato, servi dello Stato, come giustamente si dice, non vediamo esseri umani naturali, ma esseri umani di Stato sotto forma di servi dello Stato che sono ormai in tutto e per tutto innaturali, e per tutta la vita rimangono al servizio dello Sta-to, il che significa per tutta la vita al servizio dell'artificio. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani di Stato sotto forma di esseri umani innaturali, immolati all'ottusità dello Stato. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani in balia dello Stato e al servizio dello Stato, ormai vittime dello Stato. Gli esseri umani che vediamo sono vittime dello Stato e l'umanità che vediamo non è altro che il foraggio dello Stato, con cui lo Sta-to, sempre più ingordo, viene appunto foraggiato. L'umanità non è altro, ormai, che un'umanità di Stato, e già da secoli, e cioè da quando esiste lo Stato, essa ha perso, penso, la propria identità. L'umanità oggi non è altro, ormai, che una disumanità, che poi è lo Stato, penso.
Thomas Bernhard
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MODELLE E VESTITI DOLCE E GABBANA SECONDO AI
Ti cerco anche negli occhi delle altre, studio i loro volti, nei miei silenzi, cerco il mare, nelle loro parole, osservo la luce dei loro sguardi misuro la dolcezza dei loro sorrisi usando per metro, il tuo sorriso. Molte hanno la perfezione fredda e inutile delle statue, altre sono prati senza fiori alla fine, non sei nessuna di loro. Il tempo, giorno dopo giorno ci ha cambiato negli occhi degli altri, ma tu, nei miei occhi, sei sempre quella che eri, per questo resti dentro di me unica, preziosa, assoluta. Eppure, abbiamo visto gli altri disamorarsi e perdersi abbiamo visto il loro amore, diventare una stella cadente brillare prima di scomparire nell’oscurità dell’indifferenza. Per questo, mi sono chiesto cosa c’era di sbagliato in noi se il nostro fosse ancora amore, malgrado tutti questi anni in cui la tua mano ha stretto la mia la mia ombra era la tua ombra. Dov’è che abbiamo sbagliato per vivere ancora d’amore malgrado lo scorrere dei giorni, il continuo appassire e fiorire di stagioni sempre diverse dove ogni mattino sei accanto a me per essere il mio giorno la sua unica certezza. Ancora non l’ho capito, ma forse non importa. Non importa Anche se gli anni più difficili, siano qui di fronte a noi con i nostri corpi gelati dall’età da sofferenze e abbandoni da un mondo sempre più veloce da stanze sempre più vuote. Non importa. Importa che sarai ancora con me, la tua mano stretta alla mia, il tuo sorriso nei miei sogni, il tuo respiro nei miei silenzi. Ancora come ieri con me, la stessa bambina che eri imperfetta, insicura, innocente, per come ti sei donata a me imperfetto, insicuro ed ingenuo Per questo, non importa. Importa solo che insieme abbiamo attraversato il nostro tempo i dolori e le felicità di questo mondo e alla fine questa sola è stata l’unica, vera ricchezza che vi abbiamo trovato.
I also look for you in the eyes of others, I study their faces, in my silences, I look for the sea, in their words, I observe the light of their glances, I measure the sweetness of their smiles using your smile as a yardstick. Many have the cold and useless perfection of statues, others are meadows without flowers in the end, you are none of them. Time, day after day has changed us in the eyes of others, but you, in my eyes, are always who you were, for this reason you remain inside me, unique, precious, absolute. And yet, we have seen others, fall out of love and get lost, we have seen their love, become a shooting star, shine before disappearing, in the darkness of indifference. For this reason, I asked myself what was wrong with us, if ours was still love, despite all these years in which your hand held mine, my shadow was your shadow. Where did we go wrong, to still live in love, despite the passing of days, the continuous withering and blooming, of ever-changing seasons, where every morning you are beside me, to be my day his only certainty. I still haven't understood it, but maybe it doesn't matter. It doesn't matter. Even if the most difficult years are here in front of us, with our bodies frozen by age, by suffering and abandonment, by an ever-faster world, by ever-emptier rooms. It doesn't matter. What matters is that you will still be with me, your hand held tight to mine, your smile in my dreams, your breath in my silences. Still like yesterday with me, the same little girl you were, imperfect, insecure, innocent, for how you got me, imperfect, insecure and naive. For this, it doesn't matter. It only matters that together, we have gone through our time, the pains and happinesses of this world, and in the end this alone, was the only, true wealth, that we found there.
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Scritto da una donna di 90 anni: 42 lezioni che la vita mi ha insegnato
Questo elenco, scritto da Regina Brett, 90 anni, del Plain Dealer di Cleveland, Ohio, è una raccolta di saggezza che dovremmo tutti leggere almeno una volta a settimana!
1. La vita non è giusta, ma è comunque bella.
2. Quando hai dei dubbi, fai semplicemente il prossimo piccolo passo.
3. La vita è troppo breve: goditela.
4. Il tuo lavoro non si prenderà cura di te quando sei malato. I tuoi amici e la tua famiglia sì.
5. Paga sempre le tue carte di credito ogni mese.
6. Non devi vincere ogni discussione. Rimani fedele a te stesso.
7. Piangi con qualcuno. È più terapeutico che farlo da solo.
8. Inizia a risparmiare per la pensione con il tuo primo stipendio.
9. Quando si tratta di cioccolato, la resistenza è inutile.
10. Fai pace con il tuo passato, così non rovinerà il tuo presente.
11. Va bene che i tuoi figli ti vedano piangere.
12. Non confrontare la tua vita con quella degli altri. Non hai idea di cosa sia il loro viaggio.
13. Se una relazione deve essere segreta, non dovresti viverla.
14. Fai un respiro profondo. Calma la mente.
15. Liberati di ciò che non è utile. Il disordine ti appesantisce in tanti modi.
16. Ciò che non ti uccide davvero ti rende più forte.
17. Non è mai troppo tardi per essere felici. Dipende solo da te.
18. Quando si tratta di ciò che ami nella vita, non accettare un no come risposta.
19. Accendi le candele, usa le lenzuola migliori, indossa la lingerie più bella. Non aspettare un'occasione speciale. Oggi è speciale.
20. Preparati oltre il necessario, poi lasciati trasportare dal flusso.
21. Sii eccentrico ora. Non aspettare di invecchiare per vestirti di viola.
22. L’organo sessuale più importante è il cervello.
23. Nessuno è responsabile della tua felicità, tranne te stesso.
24. Inquadra ogni cosiddetto disastro con queste parole: "Tra cinque anni, importerà ancora?"
25. Scegli sempre la vita.
26. Perdona, ma non dimenticare.
27. Ciò che gli altri pensano di te non sono affari tuoi.
28. Il tempo guarisce quasi tutto. Concedigli tempo.
29. Per quanto buona o cattiva sia una situazione, cambierà.
30. Non prenderti troppo sul serio. Nessun altro lo fa.
31. Credi nei miracoli.
32. Non esaminare troppo la vita. Vivi e sfruttala al massimo ora.
33. Invecchiare è meglio dell’alternativa: morire giovani.
34. I tuoi figli vivono un’infanzia sola.
35. Alla fine, ciò che conta davvero è che hai amato.
36. Esci ogni giorno. I miracoli ti aspettano ovunque.
37. Se gettassimo i nostri problemi in una pila e vedessimo quelli degli altri, riprenderemmo i nostri.
38. L'invidia è uno spreco di tempo. Accetta ciò che hai già, non ciò che pensi di aver bisogno.
39. Il meglio deve ancora venire.
40. Qualunque sia il tuo stato d’animo, alzati, vestiti e fatti vedere.
41. Cedi.
42. La vita non è confezionata con un fiocco, ma è comunque un dono.
Da leggere e rileggere per trarre ispirazione ogni giorno. ❤
Autore sconosciuto
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👵 Scritto da una 90enne!! ❤️ 🤙
41 lezioni che la vita mi ha insegnato 💖
Dovremmo leggerle almeno una volta a settimana! Assicurati di leggere fino alla fine! Scritto da Regina Brett, 90 anni, del Plain Dealer di Cleveland, Ohio.
Per celebrare l'invecchiamento, una volta ho scritto le 41 lezioni che la vita mi ha insegnato. È la colonna più richiesta che abbia mai scritto. Il mio contachilometri è arrivato a 90 ad agosto, quindi ecco di nuovo la colonna:
1. La vita non è giusta, ma è comunque bella.
2. Quando sei in dubbio, fai semplicemente il prossimo piccolo passo.
3. La vita è troppo breve – goditela.
4. Il tuo lavoro non si prenderà cura di te quando sarai malato. I tuoi amici e la tua famiglia lo faranno.
5. Paga le tue carte di credito ogni mese.
6. Non devi vincere ogni discussione. Rimani fedele a te stesso.
7. Piangi con qualcuno. È più curativo che piangere da soli.
8. Risparmia per la pensione a partire dal tuo primo stipendio.
9. Quando si tratta di cioccolato, resistere è inutile.
10. Fai pace con il tuo passato, così non rovinerà il presente.
11. È OK lasciare che i tuoi figli ti vedano piangere.
12. Non confrontare la tua vita con quella degli altri. Non hai idea di quale sia il loro viaggio.
13. Se una relazione deve essere segreta, non dovresti esserci dentro.
14. Fai un respiro profondo. Calma la mente.
15. Liberati di tutto ciò che non è utile. Il disordine ti appesantisce in molti modi.
16. Ciò che non ti uccide davvero ti rende più forte.
17. Non è mai troppo tardi per essere felici. Ma dipende tutto da te e da nessun altro.
18. Quando si tratta di inseguire ciò che ami nella vita, non accettare un no come risposta.
19. Accendi le candele, usa le lenzuola belle, indossa la lingerie elegante. Non riservarlo per un'occasione speciale. Oggi è speciale.
20. Preparati in modo eccessivo, poi lascia scorrere le cose.
21. Sii eccentrico adesso. Non aspettare la vecchiaia per indossare il viola. 💖
22. L'organo se*suale più importante è il cervello.
23. Nessuno è responsabile della tua felicità tranne te.
24. Inquadra ogni cosiddetto disastro con queste parole: "Tra cinque anni, avrà importanza?"
25. Scegli sempre la vita.
26. Perdona, ma non dimenticare.
27. Quello che gli altri pensano di te non sono affari tuoi.
28. Il tempo guarisce quasi tutto. Dai tempo al tempo.
29. Per quanto buona o cattiva sia una situazione, cambierà.
30. Non prenderti troppo sul serio. Nessun altro lo fa.
31. Credi nei miracoli.
32. Non fare il revisore della vita. Presentati e sfruttala al massimo ora.
33. Invecchiare è meglio dell'alternativa: morire giovani.
34. I tuoi figli hanno solo un'infanzia.
35. Tutto ciò che conta davvero alla fine è che tu abbia amato.
36. Esci ogni giorno. I miracoli ti aspettano ovunque. (Adoro questa)
37. Se tutti buttassimo i nostri problemi in una pila e vedessimo quelli degli altri, riprenderemmo i nostri.
38. L'invidia è una perdita di tempo. Accetta ciò che hai già, non ciò di cui hai bisogno.
39. Il meglio deve ancora venire...
40. Non importa come ti senti, alzati, vestiti e presentati.
41. La vita non è legata con un fiocco, ma è comunque un dono.
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Tempus fugit
Il tempo è veloce, subdolo, e già è volato un altro anno. Se non fosse per i botti e lo spumante, se non fosse per tutta questa forzata allegria, nemmeno te ne accorgeresti. Eppure ogni secondo che passa è un secondo in meno a disposizione. Un battito di ciglia, qualcosa che se ne va e non ritornerà più. Ciò che vivi accade una volta sola. Pensaci, ora, e afferra il momento. Potrebbe essere la peggiore tragedia o il miglior capolavoro. Non importa. Godi la vita, stringila e succhiala, ingoiala come un'ostrica e troverai la perla più preziosa. La consapevolezza del tempo che passa e del significato di questa folle corsa regala la bellezza di esistere, al di là di orizzonti e destini più o meno fortunati. Danza il tempo e avvolgiti in un tango, scuotiti, sorridi, agita i fianchi. Vivilo con coraggio e umiltà. Non ne sei padrone, non puoi aggiungere un solo istante a quelli che hai a disposizione, ma solo accogliere, grato, responsabile del miracolo di un respiro o di un'idea, di un'azione o di una scelta. Ama le persone che hai accanto, e quelle che non ci sono amale più forte, perché vivono in una dimensione di pace e di gioia, così lontane dai nostri guai ma così vicine a noi, in modo sottile e meraviglioso. Non smettere di sognare, di credere nell’incredibile, di tentare l’impossibile. Desidera, attendi, spera. Tre azioni per un unico scopo, tre tinte che insieme generano un colore capace di trasformarsi in magia. Sii responsabile di una speranza, come il contadino che semina e si prepara all’attesa, con la certezza che sarà la terra a prendersi cura del seme e a cullare il miracolo. Ama e impara la pazienza, rispetta i ritmi della tua felicità e di quella degli altri. Ogni cosa si rinnova solo se sei capace di attendere, solo se ne hai la forza e il coraggio. Non esiste paura o pigrizia, non c’è noncuranza nell’attesa. Nel silenzio più puro si accende il sorriso del saggio, quello di chi tace aspettando una musica che annienti il frastuono del mondo, sapendo che presto o tardi arriverà. A chi mi ha cercato, voluto, tenuto. A chi mi ha perduto e rimpianto. Buon 2025. Che sia un anno nuovo, ma nuovo davvero. Auguri.
-Guido Mazzolini-
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Un professore ha regalato un palloncino ad ogni studente, che ha dovuto gonfiarlo, scriverci sopra il proprio nome e gettarlo nel corridoio. Il professore ha poi mescolato tutti i palloncini.
Agli studenti sono stati quindi dati 5 minuti per trovare il proprio palloncino. Nonostante una frenetica ricerca, nessuno ha trovato il proprio palloncino.
A quel punto, il professore ha detto agli studenti di prendere il primo palloncino che avessero trovato e di consegnarlo alla persona il cui nome fosse scritto su di esso. In 5 minuti, ognuno aveva il suo palloncino.
Il professore ha detto agli studenti: "Questi palloncini sono come la felicità. Non la troveremo mai se tutti cercano la propria. Ma se ci preoccupiamo della felicità degli altri, troveremo anche la nostra".
Di Danilo Beltrante.
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Non temere mai di essere felice, di lasciarti andare alle emozioni più intense, ai momenti di pura gioia e di libertà assoluta. Non lasciare che le preoccupazioni o le opinioni degli altri ti fermino dal vivere appieno ogni istante di felicità.
La vita è fatta di momenti, alcuni brevi come un battito di ciglia, altri lunghi come un viaggio nello spazio. Ma ognuno di questi momenti è prezioso e merita di essere vissuto a pieno. Non lasciare che la tua felicità sia ostacolata da qualsiasi cosa, perché la felicità è la tua vera essenza.
©Consiglia
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" Io credo aver trovato il senso della vita generale. L'individuo non può esser felice per se stesso, perché in fondo a tutto ciò è la morte. Il segreto dunque della felicità anche per l'individuo mortale è di sentirsi immortale, di sentirsi cioè vivere dentro gli altri, dentro l'umanità, dentro l'Essere universale. La morte dunque non m'importa: ripugna a tutta la compagine che forma il mio essere, ripugna alla vaga coscienza che hanno tutte le mie molecole, tutte le unità elementari che formano di me una colonia; esse anzi mi faranno sentire tutta la loro forza coesiva al momento dell'atto: ma non ripugna alla mia coscienza superiore. Vivere è per me troppo doloroso: ogni sofferenza altrui si ripercuote ora in me con troppa violenza. Io potrei essere il più sfortunato dei miei simili e non soffrirei un millesimo di quello che soffro ora, che mi sento penetrato, inebriato da tutta la sofferenza degli uomini. Fuggire l'agglomeramento, la città, il contatto dei miei simili e rifugiarmi nei campi, isolarmi in mezzo alla natura sana e serena? Ma ora anche le lande, ove gli eremiti si seppellivano, sono proprietà d'alcuno e in nessuna parte tace l'eco della miseria… D'altronde è troppo tardi. "
Giovanni Cena, Gli ammonitori, a cura di Folco Portinari, Einaudi (collana Centopagine n° 43, Collezione di narratori diretta da Italo Calvino), 1976¹; pp. 186-187.
NOTA: l'unico romanzo del poeta di Montanaro Canavese fu pubblicato per la prima volta nell'estate del 1903 sulla prestigiosa rivista «Nuova Antologia», della quale Cena era redattore capo.
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