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paoloxl · 6 years ago
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(via Il secolo di Rosa)
Nella notte tra il 15 e il 16 gennaio 1919, esattamente un secolo fa, i FreiKorps di Noske soffocarono nel sangue i moti spartachisti di Berlino.
Rosa Luxemburg fu arrestata assieme a Karl Liebknecht, entrambi assassinati e i loro corpi gettati in un canale.
Il lascito teorico, politico, morale di Rosa Luxemburg ha vissuto però nel corso di questi 100 anni e vale proprio la pena, nell’occasione, riprendere alcuni passaggi.
Rosa Luxemburg non si sforzò mai –come scrive Nettl – di dare forma a un sistema completo o addirittura logicamente compiuto.
Non solo, infatti, esprimeva le sue idee quasi invariabilmente sotto forma di critiche e polemiche di ci�� che essa considerava erroneo, ma, soprattutto, non avrebbe mai organizzato la sua visione del mondo sotto forma di sistema, giacché in tal modo avrebbe contravvenuto alla sua concezione dialettica della realtà, insofferente a ogni cristallizzazione.
Tuttavia, dai suoi scritti, da quelli teorici come da quelli militanti, da quei testi, cioè legati alla necessità di intervenire sulla situazione presente, traspare la profondità del suo pensiero, pari a quella, ad esempio, di Lenin o di Luckas.
Rosa Luxemburg s’impone come una “pensatrice politica autonoma” che ha influenzato il marxismo rivoluzionario e che, nello stesso tempo, ha innervato con le sue intuizioni e le sue riflessioni il pensiero critico del ‘900.
Senza la riflessione e l’azione della Luxemburg (come di Gramsci) forse non si potrebbe parlare propriamente di un’altra visione del comunismo diversa da quella che nella storia si è affermata.
Colpiscono, in particolare, per la lucidità e la perspicuità dello sguardo, l’analisi del capitalismo e della sua ineliminabile, ininterrotta e feroce vocazione espansionistica: un elemento di grande attualità proprio adesso in una fase nella quale l’innovazione tecnologica estende il quadro delle contraddizioni ben oltre a quelle individuate classicamente come “materialiste” modificando l’intreccio determinato tra struttura e sovrastruttura.
D’altro canto Luxemburg fornisce un contributo essenziale alla riformulazione del rapporto tra masse e organizzazione e ridefinisce, in termini inediti rispetto alle concezioni prevalenti all’interno del movimento operaio, del nesso rivoluzione e democrazia.
In Luxemburg prende corpo un nuovo modo di intendere e costruire l’organizzazione che, del partito, non fa il presidio di un gruppo di militanti di professione, detentori e indiscussi della linea: il partito secondo Luxemburg diventa lo strumento per costruire sempre nuove forme di lotta.
Della rivoluzione proletaria, infatti, si sottolinea la tensione ad auto criticarsi costantemente ritornando sull’apparentemente già compiuto per ricominciarlo di nuovo.
Non esiste alcuna ricetta pronta da applicare con energia affinché il socialismo finalmente si realizzi.
Il socialismo allora non coincide semplicemente con la costruzione di un sistema economico, sociale e giuridico ma comporta, e in questo risiede la sua “qualità morale” la liberazione dell’intera umanità dal Capitale e dallo Stato.
Compito dei rivoluzionari, allora, è riannodare il legame inscindibile tra democrazia “necessaria” e “imprescindibile” e la rivoluzione socialista.
Scrive Luxemburg in “Riforme sociali o rivoluzione”La democrazia è una necessità imprescindibile non perché renda superflua la conquista del potere politico da parte del proletariato, ma al contrario perché la fa necessaria e a un tempo ne rappresenta l’unica possibilità”.
Se come scrive Benjamin “ per la storia nulla di ciò che è avvenuto deve essere mai dato per perso” allora Rosa Luxemburg e gli spartachisti debbono continuare a rappresentare nella memoria uno di quei passaggi che è indispensabile non considerare perduti.
Luxemburg va considerata parte di “quel tesoro perduto” che ogni generazione dovrebbe avere il compito di riportare alla luce, sottraendolo alla dimenticanza cui il nemico lo ha consegnato.
In particolare colpiscono le sue analisi del capitalismo e la sua intuizione dell’atto rivoluzionario come di un evento chiamato a investire l’umano intero brutalizzato dal dominio.
Rimangono fondamentali le sue valutazioni sulla pervasività del capitale, spinto, per salvaguardare la propria sopravvivenza, a espandersi senza requie a danno, ormai dello stesso vivente, o, ancora, l’interpretazione della guerra quale struttura costituiva dello Stato e suo elemento fondante.
Di grande attualità la critica luxemburghiana ai nazionalismi e ai rischi legati alle rivendicazioni identitarie.
Rimangono, dal pensiero di Rosa Luxemburg problemi per noi ancora aperti efficacemente riassunti da Gian Andrea Franchi nel suo saggio “Il secondo pensiero di Rosa Luxemburg” (L’altro novecento: comunismo eretico e pensiero critico. “L’età del comunismo sovietico, Europa 1900- 1945, a cura di Pier Paolo Poggio, Jaca Book 2010.)
Riassunto che qui si riprende per sommi capi:
1)      Il rapporto tra pensiero ed emozioni, che rimandano dunque in maniera complessa al corpo: un pensiero incarnato;
2)      Una particolare attenzione alla singolarità unica di ogni vita non solo umana, alla sua fragilità;
3)      Da cui discende la questione della “democrazia proletari” intesa come rapporto fra i molti singoli che compongono l’insieme della “massa proletaria” e l’unità dell’insieme. Rapporto che, secondo Luxemburg, non può darsi come prevalenza autoritaria dell’unità sulla molteplicità;
4)      La percezione non elaborata e non elaborabile nello spazio categoriale del marxismo primovocentesco e anche posteriore del dato che la mancanza di tale attenzione per il singolo vanifica nel suo fondo ogni pratica rivoluzionaria;
5)      Quindi un diverso rapporto tra mezzi e fini, cioè tra presente e futuro, rispetto al pensiero rivoluzionario dominante nella sua epoca.
Queste problematiche, a lungo trascurate, si trovano nel cuore vivo del pensiero e dell’opera di Rosa Luxemburg: quel che ancora oggi ci indica come ricerca da esplorare.
Bibliografia:
Scritti Politici, a cura di Lelio Basso, Editori Riuniti, Roma 1967
Scritti Scelti, a cura di Luciano Amodio, Einaudi, Torino, 1976
Lettere 1893- 1919 Editori Riuniti, Roma 1979
L’accumulazione del capitale e anticritica, Einaudi, Torino 1960
Introduzione all’economia politica, Jaca Book, Milano 1970
FRANCO ASTENGO da: https://delegati-lavoratori-indipendenti-pisa.blogspot.com
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fluidsberlin · 3 years ago
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#inmemoriam - Show up for the end of Bourgeois! #rosaluxemburg #karlliebknecht #spartakusaufstand #generalstrike #rotepfanne #spartacistuprising #januaraufstand #freeallpoliticalprisoners #ddrstamps #arbeiterbewegung #partidodostrabalhadores #antimilitarismus #proletarischeninternationalismus #antifa https://www.instagram.com/p/CYwYKV7MMoQ/?utm_medium=tumblr
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gazetarevolu · 4 years ago
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102 anos do assassinato de Rosa Luxemburgo e Karl Liebknecht (15 de Janeiro)
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Em 1915, quando o  Partido Social-Democrata da Alemanha (SPD) aprovou os créditos para Alemanha ir à guerra, dois dirigentes, Rosa Luxemburgo e Karl Liebknecht, resolveram pelo rompimento com o SPD e fundaram a Liga Espartaquista que em 1919 se transformou no Partido Comunista da Alemanha (KPD). Os espartaquistas defendiam que os soldados alemães deveriam abandonar a guerra, voltar as armas contra a própria burguesia, para fazer a revolução. Tanto Rosa Luxemburgo como Karl Liebknecht tinham rejeitado o “revisionismo” do socialismo científico, o “marxismo”, realizado por Eduard Bernstein, que buscava impor ao Partido que somente devia-se lutar por reformas ao capitalismo e abandonar a revolução, a expropriação dos grandes capitalistas, e tornar-se eternos colaboradores da burguesia. Essa política era fruto da pressão da burguesia no contexto de relativa estabilização no capitalismo alemão unificado no último quarto do século XIX. Bernstein, que tinha sido secretário pessoal de Friedrich Engels, acabou se convertendo num agente infiltrado da burguesia junto com a burocracia sindical que tinha se desenvolvido no SPD. Rosa Luxemburgo analisando a Revolução Russa de 1905, defendeu a greve das massas como instrumento da luta revolucionária contra a política reformista de Bernstein e o “centrismo” de August Bebel e Karl Kautsky. Ela escreveu: Reforma ou Revolução? (1900); Greve de massas, partido e sindicatos (1906). Read the full article
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fritz-letsch · 5 years ago
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Thule, der Tiefe Staat in der Revolutionszeit Bayern
Bild: Begräbniszug Ministerpräsident Kurt Eisner am 26.2.1919 von der Theresienwiese zum Ostfriedhof Die Thule-Gesellschaft München residierte im Hotel Vier Jahreszeiten, dem besseren Hotel aus besseren Zeiten, war also den Räten und revolutionären ArbeiterInnen nicht so sehr bekannt, auch wenn es durchaus später Polizei-Durchsuchungen gab. Feme-Morde gab es schon in der Räte-Zeit, nicht nur an Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht und Kurt Eisner:
Arische Geheimgesellschaft mit Hakenkreuz
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Die Mitglieder der geheimen Gesellschaft, die ab 1917 dort fast jeden Samstag feierliche Aufnahme-Rituale oder Vorträge veranstaltete, hatte zwei Ebenen, wie so manche Burschenschaften, Freimaurer-Logen und ähnliche Geheimbünde auch heute noch: Der Kreis der Eingeweihten, in diesem Fall nur Männer, die drei Generationen "judenrein" waren, also im Stammbaum nachweislich arisch ... (später, unter Hitler, wirken die Nürnberger Rassen-Gesetze) Der Kreis der einfachen Mitglieder, hier auch Frauen und ein Frauenchor, der feierliche Anlässe gestalten durfte, Mitarbeitende und Bürokräfte, die auch bei den Räten als "ArbeiterInnen" die Spitzeldienste leisteten. Sie führten bei den Räte-Versammlungen bereitwillig die Protokolle, sie klauten Ausweis-Formulare und Stempel, Formulare für Regierungs- Bahn-Freifahrscheine, sie stellten sogar Leute mit roter Arbeiterrat-Armbinde vor ihr Einfahrtstor in der Marstall-Straße, den Lieferanten-Eingang seitlich vom Hotel.
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Das Waffenlager war unter der Tribüne oder hinter der Tür gut getarnt. Durch Anzeigen in Zeitungen wurde Werbung gemacht. Der "Münchner Beobachter", eine Sport-Zeitung, die weder die Arbeiter noch die Intellektuellen lasen, war ihr "Fachblatt": Später wurde daraus der Völkische Beobachter.
Der tiefe Staat
Wenn wir heute die Geheimdienste betrachten, und ihr durch zahlreiche V-Leute betreutes Morden im NSU, haben wir es mit der Fortsetzung zu tun: Ein Geheimdienst-Chef, der mit den Rechten zusammen arbeitet und ihnen Nachrichten zu schiebt: Das hatte es auch damals gegeben. Nachrichtendienst Kraus war es genannt. Von der etwas später entstehenden Gestapo, noch später die Organisation Gehlen der Ost-Aufklärung, die zum BND wurde, und dann ein bayrischer Verfassungsschutz mit Mitarbeitenden aus den Reihen der Polizei, damit die nach ihren jungen Jahren im Außendienst ein sicheres Pöstchen bekommen. Damit haben die Geheimen die besten informellen Verbindungen überall vor Ort, auch mit "Ehemaligen", die alle kollegialen Arbeitsfelder und die Verantwortlichen kennen.
Der Eisner-Mord
Aus katholisch-monarchischer Burschenschaft Rhaetia durch den Kardinal motiviert, so weit ist es nachweisbar, denn der 21jährige  Jura-Studierende war dort Mitglied, (und wurde bis vor Jahren auf der Webseite verehrt) denn mit jüdischer Mutter kam er nicht weit in die antisemitischen Kreise der Thule-Gesellschaft, aber der tiefe Staat ist in den adeligen und katholischen Kreisen ebenso existent und wollte später die Monarchie wieder herstellen. Kardinal Faulhaber, im Krieg "königlicher Feldkaplan", wurde als noch als königlicher Hofkaplan geadelt, damit er unter den Hofschranzen bestehen konnte, verlor mit der Flucht des Königs "seinen Kopf"! Er bekam Angstzustände mit Herzrasen, wie er in seinem unlängst veröffentlichten stenografischen Tagebuch schreibt.
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Voll Angst vor den Revolutionären, die er auch auf keinen Fall empfangen wollte, schottete er sich ab und hetzte in den Hirtenbriefen über die Kanzeln des Landes vom "betlehemitischen Kindermord" und der Abschaffung des Zwangs zum Religionsunterricht als Untergang seiner Welt ... gegen die Regierung "von Jehovas Zorn". Sein damals "normaler" katholischer Antisemitismus sprach noch in den Liturgien bis in die 1970er Jahre von der "Unbelehrbarkeit der Juden", bis der Skandal in den Passionsspielen in Oberammergau deutlich wurde. Aber auch Ratzinger war unbelehrbar geblieben ... Die Hetze gegen die Juden bezog sich nicht nur auf die Regierung, die er nicht anerkennen wollte: Er empfahl dem päpstlichen Botschafter, dem Nuntius, in die Schweiz und nach Rom zu fliehen ...  Durch das Konkordat kaufte Hitler, den er verehrte, sein Schweigen zu den Judenverfolgungen, er setzte sich auch kaum für die bis zu 100 Priester im Konzentrationslager Dachau ein. Ausrufung der ersten Räterepublik 07.04.1919 Am 6. April sprach sich ein außerordentlicher Parteitag der SPD Oberbayerns in München mit 240 gegen 13 Stimmen für die Räterepublik aus – „unter der Voraussetzung, dass die drei sozialistischen Parteien (Mehrheitssozialisten, Unabhängige und Kommunisten) sich an der Durchführung der Räterepublik beteiligen.“ Als Tollers Zustimmung vorlag, wurde am Abend des 6. April auf einer von Niekisch geleiteten Sitzung im Wittelsbacher Palais die Proklamation der „Räterepublik Baiern“ – mit Wirkung zum 7. April, 12 Uhr mittags – und die Bildung eines neben dem weiter bestehenden Zentralrat agierenden Rates der Volksbeauftragten beschlossen. Die Verwendung des „i“ statt des „y“ war als antimonarchistische Spitze gegen die seinerzeit von Ludwig I. angeordnete Schreibweise gedacht. „Die Diktatur des Proletariats ist Tatsache! Eine Rote Armee wird sofort gebildet! Eine Verbindung mit Rußland und Ungarn wird sofort aufgenommen. Eine Gemeinschaft zwischen dem royalistischen Bayern und dem Kaiserdeutschland mit dem republikanischen Aushängeschild kann nicht mehr sein! Ein Revolutionsgericht wird jeden Versuch reaktionärer Machenschaften rücksichtslos ahnden. Die Lügenfreiheit der Presse hört auf. Die Sozialisierung des Zeitungswesens sichert die wahre Meinungsfreiheit des revolutionären Volkes.“ – Erich Mühsam und Gustav Landauer (1919) Die Menschen strömen am Tag der Ausrufung der ersten Räterepublik (wikipedia) am 7.04.1919 auf dem Stachus zusammen. Ausrufung-der-ersten-Räterepublik-07-04-1919 Stadtarchiv DE-1992-FS-REV-039 https://stadtarchiv.muenchen.de/scopeQuery/detail.aspx?ID=614374 "Die einflussreichsten Persönlichkeiten der neubegründeten Räterepublik waren neben dem 26-jährigen Toller (der die von Niekisch abgegebene Leitung des Zentralrats übernahm und damit formell „Staatsoberhaupt“ war) die Anarchisten Gustav Landauer (als Volksbeauftragter für Volksaufklärung), Erich Mühsam (der sich selbst als Volksbeauftragter für Äußeres ins Gespräch gebracht hatte, aber von Toller und Landauer abgelehnt worden war) und Silvio Gesell (als Volksbeauftragter für Finanzen)." wikipedia.org/wiki/M%C3%BCnchner_R%C3%A4terepublik Der Aufruf zum Palmsonntags-Putsch am 13. April 1919 ging noch schief: Aus der Thule-Gesellschaft mit Kontakt und Unterstützung der Mehrheits-SPD- Regierung, die nach Bamberg geflohen war, weil sie in München die Macht der Räte fürchtete. Die Räte-Mitglieder sollten festgenommen und entführt werden, so wie Erich Mühsam, den sie erwischten, und "Dreizehn Personen, darunter der Volksbeauftragte Soldmann, und die Mitglieder des Zentralrats Dr. Wadler ... und Kandlbinder" Die weiteren Räte konnten gewarnt werden, denn Zenzl Mühsam telefonierte herum ... "Am Palmsonntag, dem 13. April 1919, kam es unter der Führung von Alfred Seyffertitz (1884–1944), einem Kommandanten der zur Bamberger Regierung loyalen Republikanischen Schutztruppe, zu einem Putschversuch gegen die Räterepublik, bei dem einige Mitglieder des Zentralrats, darunter Erich Mühsam, verhaftet wurden. Dieser so genannte Palmsonntagsputsch wurde von der sich im Aufbau befindenden „Roten Armee“ unter Soldatenrat Rudolf Egelhofer (KPD), der als Matrose Ende Oktober 1918 schon am Kieler Aufstand beteiligt gewesen war, noch am selben Tag niedergeschlagen, da sich die meisten Münchner Truppenverbände dem Umsturzversuch nicht anschlossen. Die Republikanische Schutztruppe unterlag gegen 21 Uhr nach Kämpfen am Münchner Hauptbahnhof, die 21 Todesopfer forderten." Die Verbindungen zum Polizei-Chef waren Bestens, denn er gehörte zu den eigenen Thule-Reihen ... wie auch etliche Richter und Staatsanwälte, und die Thule-Berichte sind in dem Fall sicher glaubwürdig: Bevor H. kam ... ein von Hitler abgelehntes und vernichtetes Buch. Verbindungen in der Justiz Nach der Räte-Zeit: Die haarsträubendsten Urteile, Freispruch für alle heldischen Mitkämpfer, beginnend bei Arco Valley, aber auch die späteren Mörder: Zuerst angebliches Kriegsrecht, Standrecht, die üblichen "Befehle von oben", dann fehlen die Akten, wissen die Zeugen nichts mehr,  ... Verbindungen im Militär Die Organisation der Übernahme München durch Freikorps, die arbeitslosen Soldaten und arische Kämpfer Verbindungen zum Geld Heute ist es der Enkel August von Finck, in den 30er Jahren war es der Großvater August von Finck, der dem Führer die Sammel-Aktion für seinen Wunsch, das "Haus der Deutschen Kunst", organisierte, unter Siemens und Co ... der heute aus der Schweiz und über Leute den Goldhandel der Degussa die Finanzierung der AfD organisiert. Die Ideologen Ein Herr Lehmann, mit Geld aus einem Medizin-Verlag, aber auch diverser gekränkter Adel, die bisher Reichen, die sich und ihr Vermögen gefährdet sahen, dazu ein geschickter Organisator mit Häuschen (der Frau) in Bad Aibling, wo sie eine Entführung von Kurt Eisner sogar mit der örtlichen Polizei geplant und angezettelt hatten, die aber durch den robusten Einsatz des Bauernbundes verhindert wurde ... Alldeutsche - bis zum lutherischen Pfarrer in Perlach und die Ermordung eines Dutzend sozialdemokratischer Handwerker am Hofbräukeller Freiherr von Gagern schlägt Gustav Landauer und gibt ihn damit den Soldaten zur Mißhandlung und Ermordung frei, verhandelt und verurteilt wird nur das Klauen seiner Taschenuhr ... NSU und die Dienste und die Verflechtung in der Polizei im Osten Die Verbrüderung der Polizisten und der V-Leute in den neuen "führungslosen Gruppen" ist breit dokumentiert: Vor allem als Akten-Schreddern, Aussage-Verweigerung, angebliche Unkenntnis,
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wird noch ausgebaut - und Mitwirkende werden gerne eingebunden: und viel mehr dazu - etwas versteckt - in www.raete-muenchen.de Read the full article
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abraxas-libris · 5 years ago
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Spartacus et la commune de Berlin 1918-1919, le Congrès de Spartacus, discours sur le programme, testaments politiques de Rosa Luxembourg et de Karl Liebknecht par André et Dori Prudhommeaux aux éditions Spartacus en 1949. #spartacus #berlin #révolution #rosaluxemburg #karlliebknecht #andreprudhommeaux #1918 #1919 (à Librairie Abraxas-Libris) https://www.instagram.com/p/B50ZYZZIFb2/?igshid=z1as59epdd4o
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aktionfsa-blog-blog · 5 years ago
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Die nachträglichen Verschärfungen des "Migrationspakets"
Die Liste der Grausamkeiten
Von Asylkompromiss war die Rede. Da erwartet man, dass sich in dem Gesetzespaket der (kleinen) GroKo Positionen der CDU/CSU und der SPD finden müssten. Das Gegenteil ist der Fall.
Wenn es in der SPD mit den Grundrechten in Einklang stehende menschenrechtsunterstützende Positionen gegeben hat, dann haben die SPD-Innenpolitikerinnen der Bundestagsfraktion in ihren Verhandlungen mit der Union kläglich versagt. Ausgehende von dem Gesetzentwurf vor einigen Wochen, sind nun in den sogeannten "Kompromiss" fast nur noch Positionen der CDU/CSU hineinverhandelt worden.
Die SPD verkauft dies nun allen Ernstes als „guten Kompromiss“ und bittet die Bundestagsabgeordneten in einem zehnseitigen „Liebe Freundinnen-Brief“  um Zustimmung: „Es ist uns gelungen, ein Gesamtpaket zu schnüren, das die richtige Balance findet zwischen Humanität und Realismus, Idealismus und Pragmatismus, Chancen geben und klaren Regeln, wer bleiben kann und wer unser Land verlassen muss.“
Der Flüchtlingsrat Berlin stellt fest: Das Gegenteil ist der Fall! Schon die Kabinettsbeschlüsse waren ein mieser Kompromiss. Wie nun aus einem ursprünglich miesen Kompromiss mit noch vielen zusätzlichen Verschlechterungen und Verschärfungen wundersamerweise ein „guter Kompromiss“ geworden sein soll, bleibt schleierhaft. Es deutet einiges darauf hin, dass die sozialdemokratischen Verhandlungsführerinnen entweder den Wesensgehalt des Begriffs „Kompromiss“ nicht wirklich verstanden haben oder unter einem erheblichen Schwund an Urteilsvermögen leiden. Oder – schwer vorstellbar: Sie halten tatsächlich für richtig, was da nun beschlossen werden soll. Dann aber würde die SPD sich dem Weg der dänischen Genossinnen anschließen und auf eine offen reaktionäre Migrationspolitik einschwenken.
Was steht un in dem Gesetzespaket?
Zwingende Lagerunterbringung von Asylsuchenden bis zu 18 Monatein Landeseinrichtungen, nach Ablehnung des Asylantrags und in vielen anderen Fällen auch unbefristet (Ausnahme: Familien mit Kindern sechs Monate).
„Ausreisegewahrsam“ (also Abschiebungshaft) bereits dann, wenn die Ausreisepflicht um 30 Tage überschritten worden ist (das betrifft fast alle).
Verlängerung der eingeschränkten AsylbLG-Grundleistungen von 15 auf 18 Monate.
Ausschluss aller Geduldeten von der Beschäftigungsduldung, die nach 1. August 2018 eingereist sind.
Drei Monate Wartezeit für die Ausbildungsduldung, in denen die Abschiebung versucht werden soll. Ursprünglich waren sechs Monate geplant, daher verkauft die SPD die „Verkürzung“ als Erfolg – und vergiss dabei, dass dies dennoch eine Verschlechterung zur aktuellen Rechtslage ist.
Als weiteren Erfolg verkauft die SPD die Einführung einer „unabhängigen“ Asylverfahrensberatung. Im Gesetz steht aber: „freiwillige, unabhängige, staatliche Asylverfahrensberatung durch das BAMF“. Nach Belieben darf auch Wohlfahrtsverbänden der Auftrag für die Beratung erteilt werden. Das ändert nichts am Status quo, ist also keine Verbesserung.
Für über 45jährige Fachkräfte wird im Fachkräfteeinwanderungsgesetz eine Mindesteinkommensgrenze eingeführt, die bei ungefähr 44.000 Euro liegen wird. Dies kommt einem faktischen Einreiseverbot für viele ältere Fachkräfte gleich.
Bereits im Kabinettbeschluss hatte die SPD sich auf folgende Verschärfungen eingelassen (ohne Anspruch auf Vollständigkeit):
Vollständige Leistungsausschlüsse für in anderen EU-Staaten anerkannte international Schutzberechtigte, die in Deutschland „vollziehbar Ausreisepflichtig“ sind und denen rechtswidrig eine Duldung verweigert wird – ein Aushungern ohne Leistungen für Essen, Unterbringung usw. Dies betrifft auch Familien mit Kindern und andere Schutzbedürftige, die somit in Deutschland in die Obdachlosigkeit gezwungen werden sollen. Damit wird Deutschland sich an einem Unterbietungswettbewerb mit den anderen Unionsstaaten wie Ungarn, Italien, Bulgarien, Griechenland im Hinblick auf die größtmögliche soziale Entrechtung beteiligen. Wer dort im Elend gelebt hat, soll auch in Deutschland im Elend leben und gezwungen werden, in das ihm zugewiesene europäische Elend zurückzukehren.
Drastische Ausweitung der Sanktionstatbestände im AsylbLG auf zahllose Fälle,
Verweigerung des menschenwürdigen Existenzminimums für große Personengruppen.
Einführung einer „Duldung light“für Personen, die aus Sicht der ABH nicht an Identitätsklärung und Passbeschaffungspflichten mitwirken. Es handelt sich um einen Status der weitgehenden Entrechtung mit zwingenden Arbeitsverboten, Residenzpflicht, Integrationsverboten.
Inhaftierungsprogramm durch maßlose Ausweitung der Abschiebungshaft
Erfindung eines „Notstands“ und mit dieser Begründung europarechtswidrig gemeinsame Unterbringung von Abschiebungsgefangenen mit Strafgefangenen.
Kriminalisierung von gesellschaftlicher Solidarität durch Erklärung von Abschiebungsterminen zum „Dienstgeheimnis“, deren Weitergabe für Behördenmitarbeitende eine Straftat darstellen würde. Auch die Beihilfe zum Geheimnisverrat durch NGOs könnte darunter fallen.
Bußgeld von bis zu 5.000 Euro bei Verletzung der Mitwirkungspflichten bei der Passbeschaffung
Ausweitung der Arbeitsverbote
Verunsicherung des Status auch anerkannter Flüchtlinge durch Verlängerung der Widerrufsfristen
Verhinderung von Integration und Selbstbestimmung anerkannter Schutzberechtigter durch Entfristung und Verschärfung der Regelungen zur Wohnsitzauflage
Leistungskürzungen für alle AsylbLG-Berechtigten in Gemeinschaftsunterkünften um 10 Prozent
Gesetzlich vorgeschriebene Ausschlüsse von Sozialleistungen für arbeitsuchende ausländische Fachkräfte,
Streichung des Kindergelds für arbeitsuchende und nicht erwerbstätige Unionsbürgerinnen.
Die Mitteilung des Flüchtlingsrats und des GGUA Münster schließt mit den Worten: Es scheint, die SPD war vor über 100 Jahren schon mal weiter, denn ein Blick in die Geschichte zeigt uns, dass Karl Liebknecht bereits im Jahr 1907 in einer Rede beim SPD Parteitag in Essen forderte "die Abschaffung aller Beschränkungen, welche bestimmte Nationalitäten oder Rassen vom Aufenthalte im Lande und den sozialen, politischen und ökonomischen Rechten der Einheimischen ausschließen." Vielmehr müsse das Ziel sein die "völlige Gleichstellung der Ausländer mit den Inländern auch in Bezug auf das Recht zum Aufenthalt im Inlande. Fort mit dem Damoklesschwert der Ausweisung!"
Wir stellen fest - so was kommt dabei raus, wenn die SPD nicht mehr auf ihre eigenen Genossen hört ...
Mehr dazu bei http://fluechtlingsrat-berlin.de/news_termine/06-06-2015-liste-der-grausamkeiten-was-ist-fuer-die-spd-ein-kompromiss und http://fluechtlingsrat-berlin.de/recht_und_rat/asylg-2018/
und https://www.aktion-freiheitstattangst.org/de/articles/6910-20190609-die-nachtraeglichen-verschaerfungen-des-migrationspakets.htm
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stuffmtuff · 6 years ago
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#rosaluxemburg #karlliebknecht (at Tiergarten, Berlin, Germany) https://www.instagram.com/p/BuL7gW6Aibo/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=1u4wde9umx6d6
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99quotes · 5 years ago
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Long live the liberation of the workers off all countries from the infernal chasm of war, exploitation and slavery! —Karl Liebknecht
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piratennrw · 8 years ago
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In Gedenken an Karl Liebknecht - unermüdlicher Kämpfer für Frieden und Freiheit. #KarlLiebknecht #Liebknecht #LLDemo #ZitatDesTages #zitate #zitat #zitateundsprueche #zitateundsprüche #quotes #quote #dailyquote #dailyquotes #quoteoftheday #SpruchDesTages #smartgerecht #piraten #piratenpartei #politik #ltnrw #landtag #landtagswahl #ltw17 #ltwnrw17 #wahl2017 #nrw #nordrheinwestfalen #instagood #ig_nrw Link zum Instagram-Beitrag: http://ift.tt/2jkMOHD January 15, 2017 at 10:34AM
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kpd-hessen-blog · 6 years ago
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Die Leninisierung Karl Liebknechts und Rosa Luxemburgs – Zum 100. Jahrestag der Gründung der KPD und des Spartakusaufstandes
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Der Artikel kann hier auch als PDF heruntergeladen werden. Unsere Partei hat ihren 100. Jahrestag, so auch der Spartakusaufstand, der unter der Führung der KPD stattfand und in dessen Folge Karl und Rosa von Freikorps-Faschisten im Auftrage Noskes ermordet worden sind. Statt hier die allseits bekannte Geschichte dessen darzulegen, möchte ich mich eher auf das konzentrieren, was den allermeisten noch unbekannt ist: Der Leninisierungs-Prozess von Karl und Rosa. Dieser Artikel wird sich also in drei Teile gliedern: Die Leninisierung Karl Liebknechts; Die Leninisierung Rosa Luxemburgs; Die Auswirkungen auf die KPD. Vorab möchte ich noch sagen etwas sagen, bevor es wegen der Überschrift zu einem Missverständnis kommt: Ich behaupte nicht, dass Karl Liebknecht und Rosa Luxemburg zu vollwertigen Leninisten geworden sind bis zu ihrem Tode, sondern viel mehr noch auf dem Weg dahin waren. Ich möchte hier also den Prozess darlegen, der seit der Oktoberrevolution bei ihnen ablief (bei Rosa sogar unter sehr krassen Widersprüchen anfangs), und durch ihren Tod abgebrochen wurde. Die Leninisierung Karl Liebknechts Es ist wenig bekannt, dass Karl Liebknecht auch ein durchaus beachtenswerter Theoretiker des Marxismus war. Meist sind bloß „Militarismus und Antimilitarismus“ oder sein letzter Artikel „Trotz alledem“ im Fokus und sonst liegt vieles im Dunkeln verborgen. Man kann sagen, im Dunkel der Gefängniszelle verborgen, denn Liebknechts Gefängnisschriften sind sehr interessante Quellen für seine Ansichten, welche sonst wohl verborgen geblieben wären, und natürlich für den Prozess der Leninisierung ab der Oktoberrevolution. Von der Februarrevolution bis zur Oktoberrevolution Schon zum Russland der Februarrevolution stellte Liebknecht fest: „Ein revolutionäres Rußland durfte für die preußisch-deutsche Reaktion auch heute so wenig stark sein wie eine revolutionäre Macht in Deutschland selbst: Es bedroht die innerpolitische und soziale Position der herrschenden Klassen des Deutschen Reichs.“1 Natürlich mag die Februarrevolution auch in Deutschland den Drang zur Revolution verstärkt haben, aber es war eben noch keine „Bedrohung der herrschenden Klassen“ aufgrund dessen bürgerlichen Charakters. Auch schrieb er, wohl noch zur Russischen Republik, das hier: „Das zarische Rußland war uns gewiß zu groß – ein freies, ein revolutionäres Rußland kann uns nicht groß genug sein.“2 Spätestens im September 1917 war ihm klar, dass die Menschewiki keine Diktatur des Proletariats errichtet haben, das Proletariat die Macht erst noch erobern musste. Er schrieb dazu: „Nur eine Ganzheit, keine Halbheit, kein achseltragender Kerenski, nur eine Diktatur des Arbeiter- und Soldatenrats, eine Diktatur des Proletariats kann die russische Revolution für die Massen retten; retten vor dem – noch immer – lauernden Zarismus, retten vor den Hohenzollern und Habsburgern, retten vor dem russischen Imperialismus und vor dem Imperialismus der Entente. Bisher fehlte dazu die Kraft – wenigstens die Kraft des Entschlusses. Im Juli (!) noch lehnte Tschcheidse die Übernahme der vollen Regierungsgewalt durch den Arbeiter- und Soldatenrat ab. Heute brennt das Feuer unter den Nägeln, daß sich das russische Proletariat anders entscheide und in kühnem Selbstvertrauen das Steuer in die Hand nehme.“3 Im November 1917 geschah durch die Oktoberrevolution unter Lenins Führung genau das. Die Zeit von der Oktoberrevolution bis zur Novemberrevolution Über einige ideologische Fehler Karl Liebknechts während seiner Haftzeit Wenige Tage nach dem Beginn der Oktoberrevolution schrieb Karl Liebknecht an seine Frau: „Nirgends empfinde ich die Abgeschiedenheit meiner heutigen geistigen Lage so, wie in der russischen Frage.“4 Das war Ausdruck der schwierigen Quellenlage aufgrund seiner Haft. Durch diese Situation und gewisse falsche Anschauungen kam er zu Fehlschlüssen. Liebknecht fand für sich keine Lösung, den „Massenwillen unverfälscht zu realisieren und zu erhalten“5. Deshalb sah er wohl in den Bolschewiki anfangs bloß „parlamentarische Vertreter statt der Massen selbst“6. Richtig war jedoch sein Gedanke, dass die Vertretung der Massen „im Rahmen eines traditionellen Wahl- und Parlamentssystems wohl unlöslich“7 ist; darauf, dass der demokratische Zentralismus die Lösung ist, kam er im Gefängnis nicht. Auch vertrat er dort unter anderem Ansichten, wie Trotzki mit seiner „permanenten Revolution“, was Liebknecht genauso nannte: „Die proletarische Revolution in Rußland ´permanent zu machen´ - bis die polit., soz., wirtsch. Emanzipation der arbeitenden Massen vollzogen ist – in Rußland selbst, aber zugleich in den wichtigsten andren Ländern, ohne deren Revolutionierung ein sozialistisches Rußland nicht bestehen kann.“8 Später, November 1918, änderte er seine Meinung dazu zum Leninschen Standpunkt des „Sozialismus in einem Land“; darauf werde ich an anderer Stelle zurückkommen. Jedoch schrieb er noch im Oktober 1918, dass sich das „Schicksal der Weltrevolution in Deutschland“ entscheide9, was seinen im Gefängnis bestehenden Unglauben an die Möglichkeit des Sieges des Sozialismus in einem Land ein letztes Mal zum Ausdruck brachte. Auch sah Liebknecht Ende 1917/Anfang 1918 einen Friedensschluss mit Deutschland negativ und meinte, dass man solche Verhandlungen „scheitern lassen“ müsse.10 Noch im Gefängnis kam er jedoch einige Monate später zur leninistischen Erkenntnis, dass ein Friede, egal wie er aussehen mag, das Überleben der Revolution temporär sichert und dass dieser natürlich nach Möglichkeit revidiert wird. Karl Liebknecht schrieb dazu: „Jede Friedensverhandlung, die jetzt gepflogen wird, jeder Friede, der jetzt abgeschlossen wird, ist nur eine Etappe auf dem Wege zur Weltrevolution, in ihrer endlichen Bedeutung abhängig von der weiteren revolutionären Entwicklung, die zu ihrer Revision und Superrevision führen wird, zu einer allgemeinen gesellschaftlichen Verschmelzung und Neuformung.“11 Damit korrigierte er die begangenen Fehler. Er war sich aber auch bewusst, dass Sowjetrussland „in hohem Grade Geduldete des deutschen Imperialismus; nicht viel mehr“ sind und Deutschland nach einem Sieg an der Westfront wieder angreifen würde.12 Unter eine umfangreiche Notiz von Ende 1917, in der Liebknecht Lenins Friedenspolitik kritisierte, schrieb er schon zu diesem Zeitpunkt: „Nicht zum Druck! Mit allem Vorbehalt – wegen Unorientiertheit! Nur zur Aussprache bestimmt. Vor dem prinzipiellen Anti-Leninismus müssen wir uns hüten! Höchste Vorsicht und aller Takt ist für die deutsche Kritik an dem russischen Proletariat geboten!“13 Wenn Karl Liebknecht heute von Revisionisten und Renegaten verschiedener Couleur, allen voran die Trotzkisten, missbraucht wird um den Marxismus-Leninismus zu attackieren, so stets mit der Berufung auf seine Fehler als „wahre Erkenntnisse“. Wie jedoch besonders dieses Zitat zeigt, war er jederzeit bereit seine Ansichten mit der Realität abzugleichen und entsprechend zu korrigieren, was man von den heutigen Renegaten nicht sagen kann, die ihn missbrauchen. Natürlich hat Liebknecht vom Gefängnis aus nicht bloß falsche Einfälle, die er später korrigierte, sondern gelangte auch selbst zu leninistischen Denkweisen. Dies wird nun thematisiert. Die leninistische Entwicklung von Karl Liebknechts Denken während seiner Haftzeit Nach der Korrektur einiger elementarer Fehler Anfang 1918 schien Liebknecht im Grundsatz durchaus auf der richtigen Spur gewesen zu sein. Er wies beispielsweise die menschewistische Theorie zurück, dass man in Russland keine sozialistische Revolution durchführen könne aufgrund „unzureichender Reife“ und erst sich zu einem Lakai der Bourgeoisie machen müsse, nannte die Menschewiki aber nicht namentlich. Er nannte diejenigen, die diese menschewistischen Ansichten vertraten „oberflächliche Schematiker“14. Seine Begründung ist folgende: „Jene Reife der Gesellschaft ist keine absolute Größe, sondern eine relative, und zwar auch in wirtschaftlich-technischer Hinsicht. Wann die Gesellschaft für die sozialistische Ordnung reif ist, hängt nicht nur vom Grade ihrer wirtschaftlichen Entfaltung ab, sondern von ihrer gesamten sozialen Entwicklung im weitesten Sinne, vor allem auch von dem Grade, den das Bewußtsein, die Einsicht, der Wille, die Entschluß- und Aktionskraft des Proletariats erreicht hat, von der geistigen, moralischen, psychischen Stufe der arbeitenden Massen.“15 Auch maß er dem russischen Beispiel eine sehr große Bedeutung für die Werktätigen aller Länder bei für die Durchführung ihrer Revolution. Karl Liebknecht nannte Sowjetrussland „Vorbild und Pionier für das Proletariat der anderen Länder“16. Damit ist die Behauptung von heutigen Renegaten hinfällig, dass Liebknecht „keinesfalls das russische Modell wollte“; das Gegenteil ist wahr. Überraschend ist, dass Karl Liebknecht in einer Notiz das Grundkonzept des Bündnisses mit der nationalen Bourgeoisie in Kolonien und Semikolonien beschreibt. Er nennt dies „Ausnahmesituation“ und definiert diese so: „Solidarität gewisser Teile der Bourgeoisie mit dem Prolet. gegen den auswärtigen Bedrücker u. Ausbeuter – bei überwiegen der sozialen Gefährdung durch diesen.“17 Mao Tsetung kam fast 10 Jahre später auf den gleichen Gedanken und führte diesen detailliert aus18. Karl Liebknecht war sich offenbar des Unterschieds zwischen nationaler Bourgeoisie und Kompradorenbourgeoisie bewusst, wusste aber noch nicht recht, wie man diesen Widerspruch richtig ausnutzt. Im Juni 1918 schrieb er zu den deutschen Proletariern „Mögen sie sich endlich aufraffen, russisch zu handeln!“19, was ein eindeutiger Aufruf zur Revolution ist nach Leninschem Vorbild. Auch erkannte Liebknecht, dass die Aussage Tschitscherins zur Ermordung des deutschen Botschafters in Moskau Mirbach, dass dieser „für die Sache des Friedens gestorben“ sei und der „Dank“ an die deutsche Regierung für die Einmischung in die russisch-finnischen Friedensverhandlungen bloß Taktik waren. Liebknecht merkte dazu an: „Nur Äußerlichkeiten – aber verwirrende, peinliche.“20 Ähnliche Situationen, die manchen Genossen genauso in Verwirrung brachten, gab es beispielsweise bei Nichtangriffspakt zwischen Nazideutschland und der Sowjetunion, nachdem Großbritannien und Frankreich die Schaffung eines Bündnisses zur kollektiven Sicherheit in Europa ablehnten und versuchten Hitler zum direkten Krieg gegen die Sowjetunion zu bewegen oder auch bei der Normalisierung der Beziehungen zwischen China und den USA, wobei China die Wirtschaftskrise sich zunutze machte, wie schon 1933 die Sowjetunion bei ihrer Normalisierung der Beziehungen mit den USA. Angesichts dessen muss man es Karl Liebknecht hoch anrechnen, dass er in der Lage war zwischen taktischen Manövern und Kapitulieren vor der Bourgeoisie zu unterscheiden; wie die aktuelleren Beispiele zeigen, ist offenbar nicht jeder Genosse dazu in der Lage. In einem Flugblattentwurf, einem der letzten Schriften vor seiner Entlassung aus dem Gefängnis, rief Karl Liebknecht die deutschen Werktätigen zur Revolution auf. Ein Auszug daraus: „Nieder mit der pseudosozialistischen Regierung des Massenbetrugs! Nieder mit Scheidemann und den Hohenzollern, Hindenburg! Nieder mit Scheidemann und dem Imperialismus! Nieder mit Scheidemann und dem Krieg! Werdet ihr euch nasführen lassen? Die russischen Arbeiter jagten mit Fug den pseudosozialistischen Kerenski zum Teufel, obwohl er turmhoch das Scheidemann-Gelichter überragt. Nun wohl – folgt ihrem Beispiel – vollzieht euer Verdikt gegen diese ungetreuen Arbeiterführer von einst, die verräterische Söldlinge des Imperialismus geworden sind – vollzieht euer Verdikt – schonungslos – denn kein schnöderer Verrat kann sein, als zur Zeit der grausigsten Gut- und Blutaussaugung der Volksmassen mit den Todfeinden der Volksmassen zu paktieren, um ihnen die Volksmassen zu überantworten. Ihr verkauft das Erstgeburtsrecht des Proletariats. Euer Ziel ist nicht ein neuer Burgfrieden für die Gewalthaber! Ist nicht eine pseudosozialistische Leibwache der herrschenden Klassen in der Regierung! Ist nicht Aufrechterhaltung der kapitalistischen Fron, der politischen Knechtung. Euer Ziel ist die Republik und der Sozialismus – die sozialistische Volksrepublik!“21 Wenige Wochen später erhoben sich die Massen tatsächlich. Bevor ich jedoch darauf eingehe, komme ich auf den relativ kurzen Zeitraum zwischen der Entlassung Liebknechts aus der Haft und dem Ausbruch der Novemberrevolution zu sprechen. Die Zeit von der Gefängnisentlassung bis zum 9. November 1918 Am 23. Oktober 1918 wurde Karl Liebknecht aus dem Gefängnis entlassen. Als unmittelbare Reaktion darauf ließen Lenin, Swerdlow und Stalin Karl Liebknecht grüßen über den Botschafter der RSFSR in Berlin: „Übermitteln sie unverzüglich Karl Liebknecht unseren heißesten Gruß. Die Befreiung des Vertreters der revolutionären Arbeiter Deutschlands aus dem Gefängnis ist das Zeichen einer neuen Epoche, der Epoche des siegreichen Sozialismus, die sich jetzt Deutschland wie auch der ganzen Welt eröffnet.“22 Als eine Art Antwort darauf verfasste Karl Liebknecht ein Grußschreiben an den VI. Sowjetkongress. Dort schrieb er unter anderem das hier: „Wir stehen an einem Wendepunkt der Geschichte. Die Revolution ist für die Werktätigen und Unterdrückten aller Völker zum Appell und zum Kampfruf geworden. Die russische Sowjetrepublik wurde zum Banner der kämpfenden Internationale, sie rüttelt die Zurückgebliebenen auf, erfüllt die Schwankenden mit Mut und verzehnfacht die Kraft und Entschlossenheit aller. Verleumdungen und Haß umgeben sie. Doch sie erhebt sich hoch über diesen ganzen schmutzigen Strom – ein großartiges Werk voll gigantischer Energie und edelsten Idealen. Eine neue, bessere Welt nimmt ihren Anfang.“23 Das ist der wohl eindeutigste Ausdruck seiner Unterstützung Sowjetrusslands. Am 8. oder 9. November 1918 rief Karl Liebknecht in einem Flugblatt zur Revolution auf: „Arbeiter und Soldaten! Jetzt, da die Stunde gekommen ist, darf es kein Zurück mehr geben.“24 Und die Arbeiter und Soldaten erhoben sich, schufen Räte. Deputierte von diesen übten Druck auf Liebknecht aus, dass er in eine Regierung mit der SPD eintreten solle25. Deshalb stellte er sechs Bedingungen zum Eintritt in die Regierung, welche faktisch die Forderung der Verwirklichung der Diktatur des Proletariats sind: „1. Deutschland soll eine sozialistische Republik sein. 2. In dieser Republik soll die gesamte exekutive, legislative, jurisdiktionelle Macht ausschließlich in den Händen von gewählten Vertrauensmännern der gesamten werktätigen Bevölkerung und der Soldaten sein. 3. Ausschluß aller bürgerlichen Mitglieder aus der Regierung. 4. Die Beteiligung der Unabhängigen gilt nur für drei Tage, als ein Provisorium, um eine für den Abschluß des Waffenstillstandes fähige Regierung zu schaffen. 5. Die Ressortminister gelten nur als technische Gehilfen des eigentlichen und entscheidenden Kabinetts. 6. Gleichberechtigung der beiden Leiter des Kabinetts.“26 Diese Punkte wurden natürlich von sozialdemokratischer Seite abgelehnt. Zwar stimmte man den organisatorischen Punkten zu, selbst dem Punkt, dass Deutschland eine sozialistische Republik sein soll, aber lehnte die Punkte ab, die den Klassencharakter dieses Staates proletarisch machen würden. Man stimmte also den Punkten 1, 4, 5 und 6 zu, lehnte aber den 2. Punkt ab, weil er den „demokratischen Grundsätzen“ der SPD nicht entspräche und den 3. Punkt unter dem Vorwand, dass das angeblich „die Volksernährung erheblichen gefährden würde“27. Damit verriet die SPD, dass ihr Klassenstandpunkt eben ein reaktionärer war, der Standpunkt der Bourgeoisie. Wilhelm Pieck schrieb zu den Intentionen dieser Forderungen: „Für Liebknecht kam es darauf an, die ihn bedrängenden Arbeiter und Soldaten durch die aufgestellten Bedingungen, deren Ablehnung durch die Regierungssozialisten sicher war, zu überzeugen, daß eine gemeinsame Regierung mit den Scheidemännern nicht möglich sei, da dies eine Unterstützung der Konterrevolution bedeuten würde.“28 Diese Rechnung ging jedoch nur teilweise auf, wie sich später zeigte. Liebknecht blieb seinem Standpunkt treu, in keine bürgerliche Regierung einzutreten. In einem Brief an Paul Eckert vom 15. November 1918 bekräftigte er diese Ablehnung29. Nun komme ich zur Zeit ab dem 9. November. Von der Novemberrevolution bis zu seiner Ermordung Der Klassencharakter der Novemberrevolution Da es zu keiner Übereinkunft mit der SPD in Hinsicht der Regierung und somit auch des Staatswesens kam, rief Karl Liebknecht am 9. November 1918 am Berliner Schloss die Freie Sozialistische Republik Deutschland aus30. Dies blieb letztendlich eine bloße Proklamation ohne Folgen, denn die alte bürgerliche Staatsmacht, der kaiserliche Staatsapparat, wurde nicht vollständig beseitigt, sondern bloß etwas umgebaut. Schrieb Liebknecht noch am 6. November 1918 an den VI. Sowjetkongress „Die Revolution des deutschen Proletariats hat begonnen.“31, so war ihm schon wenig später bewusst, dass der Klassencharakter der Revolution bürgerlich-kapitalistisch und nicht proletarisch-sozialistisch ist. Am 21. November 1918 charakterisierte er die Novemberrevolution resümierend folgendermaßen: „Ihre politische Form ist die einer proletarischen Aktion, ihr sozialer Inhalt der einer bürgerlichen Reform.“32 Diese richtige Einschätzung behielt er von da an bei und wiederholte sie in mehreren seiner Werke33. Schon am 10. November 1918 sagte er in der Vollversammlung der Berliner Arbeiter- und Soldatenräte im Zirkus Busch, an der auch unter anderem Friedrich Ebert und Hugo Haase teilnahmen, über die sozialdemokratischen Führer: „Die Gegenrevolution ist bereits auf dem Marsche, sie ist bereits in Aktion! Sie ist bereits hier unter uns!“34 Als notwendige Maßnahme, um die Revolution für das Proletariat zu retten, führte er an: „Der Triumph der Revolution wird nur möglich sein, wenn sie zur sozialen Revolution wird, nur dann wird sie die Kraft besitzen, die Sozialisierung der Wirtschaft, Glück und Frieden für alle Ewigkeit zu sichern.“35 Resümierend über all die Taten der SPD-Führer, die er in einer Rede vom selben Tag offen „Verräter“36 nannte, aber sehr wohl auch der Zentristen der USPD, schrieb Liebknecht in einem Artikel vom 19. November 1918: „Die Einigkeitsapostel, sie wollen die ´Revolution´, die noch kaum begonnen, schon heute liquidieren; sie ollen die Bewegung ´in ruhige Bahnen´ lenken, um die kapitalistische Gesellschaft zu retten; sie wollen dem Proletariat durch Wiederherstellung des Klassenstaates und Erhaltung der ökonomischen Klassenherrschaft die Macht wieder aus den Händen winden, während sie es durch die Einigskeitsphrase hypnotisieren. Sie fallen über uns her, weil wir dieses Vorhaben durchkreuzen, weil wir es ehrlich und ernst meinen mit der Befreiung der Arbeiterklasse, mit der sozialistischen Weltrevolution.“37 Damit meinte er wohl Hetze über ihn, wie sie Rosa Luxemburg in einem Artikel widerlegte38 oder auch den Aufruf der Konterrevolution ihn zu ermorden39. Er wies in einer Rede vom 23. Dezember 1918 darauf hin, dass einzig die Bourgeoisie den Bürgerkrieg will, um ihre Macht zu erhalten40 und dass die Diktatur des Proletariats aufgerichtet werden muss, um die Menschheit vom „Fluche der Knechtschaft“ zu befreien41. Schon einen Monat zuvor sagte er klar: „Eine Arbeitermiliz und eine Rote Garde müssen sofort geschaffen werden, soll die Gegenrevolution nicht siegreich und die soziale Revolution nicht schwer gefährdet sein.“42 Es war ihm auch dies bewusst: „Die Ausrottung des Kapitalismus, die Durchführung der sozialistischen Gesellschaftsordnung ist nur international möglich – aber sie setzt sich naturgemäß nicht gleichzeitig in allen Ländern durch.“43 Aber die Novemberrevolution wurde letztendlich nicht zur sozialistischen Revolution. Von der Gründung der KPD bis zum Spartakusaufstand Auf dem Gründungsparteitag der KPD sprach er davon, dass „Russland die Geburtsstätte der deutschen Revolution“ sei und man sich mit dem russischen Proletariat zu verbünden habe, damit die Weltrevolution siegen könne44. In einer Rede auf dem Parteitag vertrat er falsche Auffassungen zur Frage der Bauernschaft. Er sprach sich zwar für die Vergenossenschaftlichung der Kleinbauern aus, aber nannte diese „verkappte Proletarier“, die bloß eine „eigentümliche Psychologie“ und „einen Scheinbesitz“ haben würden45. Aber immerhin sah er die Notwendigkeit, den Klassenkampf aufs Land hinaus zu tragen46. In einem Grußschreiben an den Gründungsparteitag der KP Ungarn vom 2. Januar 1919 schrieb er über die KPD: „Die Kommunistische Partei Deutschlands, die am 30. Dezember 1918 gegründet wurde, ist dazu berufen, den Vortrupp der deutschen sozialen Revolution zu bilden.“47 Also sah auch Liebknecht die Notwendigkeit einer Avantgardepartei. Karl Liebknecht rief mehrere Male zur sozialistischen Revolution auf. So am 15. Dezember 1918: „Wir rufen das Proletariat zu einer neuen Revolution auf, zu der wirklichen Revolution, die die Sozialpatrioten zerschmettern wird.“48 Und am 21. Dezember 1918: „Wenn sie heute sich noch sicher fühlen, so wird diese Macht morgen zusammenbrechen unter den wuchtigen Schlägen des Proletariats.“49 Und am 6. Januar 1919 sprach er: „Der heutige Tag wird hinausrufen, daß die sozialistische Revolution endlich begonnen hat “50 Das war der Spartakusaufstand. Aber dieser wurde von der Konterrevolution niedergeschlagen. Darüber schrieb Liebknecht in seinem letzten Artikel „Trotz alledem!“: „Für die lebendigen Urkräfte der sozialen Revolution, deren unaufhaltsames Wachstum das Naturgesetz der Gesellschaftsentwicklung ist, bedeutet Niederlage Aufpeitschung. Und über Niederlage und Niederlage führt ihr Weg zum Siege.“51 Das bedeutet lernen aus der Praxis; aus begangenen Fehlern lernen, um in Zukunft die gleichen Fehler nicht wieder zu begehen. Ich möchte damit enden, was Wilhelm Pieck einmal über Liebknecht schrieb: „Karl Liebknecht gab uns das Beispiel eines kühnen, unerschrockenen Kämpfers für die Befreiung des werktätigen Volkes, für die Erhaltung des Friedens und für den Sturz der Herrschaft des Kapitalismus.“52 Die Leninisierung Rosa Luxemburgs Die Werke von Rosa Luxemburg sind generell bekannter und auch relevanter, als die von Karl Liebknecht. Ihre ideologische Positionierung wurde bisher schon tiefgreifender betrachtet und dabei primär das Falsche an die Oberfläche befördert, zumeist als Selbstlegitimierung von Opportunisten und Revisionisten. Ernst Thälmann sagte einmal: „ in all den Fragen, in denen Rosa Luxemburg eine andere Auffassung als Lenin vertrat, war ihre Meinung irrig, so daß die ganze Gruppe der deutschen Linksradikalen in der Vorkriegs- und Kriegszeit sehr erheblich an Klarheit und revolutionärer Festigkeit hinter den Bolschewiki zurückblieb.“53 Das ist prinzipiell durchaus nicht falsch, aber an für sich nicht genug. Es betrachtet nur die negative Seite, aber es gibt auch eine positive Seite, die nicht verschwiegen werden sollte, welche nach der Oktoberrevolution mehr und mehr herausstach, trotz der verbliebenen Fehler. Wilhelm Pieck, für diesen und Hugo Eberlein Rosa Luxemburg am 28. November 1918 eine Vollmacht im Namen des Spartakusbundes54 ausstellte, schrieb im Jahre 1951 darüber: „ unter dem Einfluß der Großen Sozialistischen Oktoberrevolution und der revolutionären Kämpfe in Deutschland setzte bei Rosa Luxemburg und den Linken die Entwicklung zum Leninismus ein.“55 und „Ihre Ermordung hat dieser Entwicklung zur konsequenten Marxistin-Leninistin ein vorzeitiges Ende gesetzt.“56 Noch engere Kontakte zu Luxemburg als Wilhelm Pieck hatte Clara Zetkin, welche diese Entwicklung auch beobachtete und Ähnliches schrieb: „Ganz selbstständig hatte ihr freier, stolzer Geist den Weg der Revolution gesucht. Doch siehe da! Er führte sie auf Lenins Spuren.“57 Bis Rosa Luxemburg jedoch soweit kam machte sie einige Wendungen durch, auf welche ich nun zu sprechen kommen werde und abschließen werde mit ihren Sichtweisen von November 1918 bis Januar 1919. Aus der Entwicklung bis zur Oktoberrevolution – Die Spontanitätstheorie Da das Thema die Leninisierung Rosa Luxemburgs ist, werde ich nicht im Detail auf die Fehler eingehen, welche allen voran Lenin und Stalin bereits kritisierten und welche Rosa Luxemburg bis zu ihrem tragischen Lebensende nicht mehr in ihren Werken korrigierte. Es möge genügen zu erwähnen, dass Luxemburg einige falsche Ansichten in der Ökonomie, ganz besonders der Ökonomie des Imperialismus, vertrat, wie auch in der nationalen Frage. Die Sichtweisen zur Ökonomie erschienen vor dem Ersten Weltkrieg; ob sie ihre Ansichten darüber später nochmals überdachte, war mir nicht möglich nachzuprüfen. So viel vorweg. Die Spontanitätstheorie ist wohl ihre bekannteste falsche Anschauung, die sie später revidierte. Es gibt Beweise dafür, dass Rosa Luxemburg diese vertrat, dennoch wird diese Tatsache von manchen Genossen negiert. Einer davon ist Hermann Duncker, der sagte, dass sie nicht an eine Spontanität geglaubt habe, die bloß aus Abwarten bestehen würde, dennoch sagte er nicht wenig zuvor, dass „sie in gewissen Situationen den Gedanken gehabt“ habe, dass „sich die Masse spontan erheben wird“58. Als Beweis dafür führt er ein Zitat aus Luxemburgs „Das Offiziösentum der Theorie“ an, welches im Sommer 1913 verfasst wurde: „Die Aufgabe der Sozialdemokratie und ihrer Führer ist nicht, von den Ereignissen geschleift zu werden, sondern ihnen bewußt vorauszugehen, die Richtlinien der Entwicklung zu überblicken und die Entwicklung durch bewußte Aktion abzukürzen, ihren Gang zu beschleunigen.“59 Diese Aussage klingt durchaus sehr nach Avantgarde; aber betrachtet man andere Werke aus dieser Zeit, so sieht man, dass Luxemburg alles andere als konsequent diese Position zu dieser Zeit vertrat. So attackierte sie mit Härte die Abspaltung der Bolschewiki von den Menschewiki in der Reichsduma in einem Artikel vom 21. November 1913, wo sie vom „systematischen Schüren der Spaltung seitens der Leninschen Gruppe“60 sprach und somit faktisch die revisionistischen Menschewiki in Schutz nahm. Diese Beschuldigungen wiederholte sie im Dezember 1913.61 Das, was dieses Zitat jedoch beweist, ist, dass sie sich von der falschen Ansicht trennte, dass man die „Revolution nicht propagieren“62 könne, welche sie noch 1906 in der Broschüre „Massenstreik, Partei und Gewerkschaften“ vertrat. Auch ihre Hoffnung auf „tief verborgene Sprungfedern der Geschichte“, welche sie im Februar 1917 in einem Brief an Marta Rosenbaum zum Ausdruck brachte, ist wohl wieder ein Ausdruck der Spontanitätstheorie, wenn sie auch einen „bequemen Fatalismus“ ablehnt und von „bewußter Einwirkung auf die Massen“ spricht63; wie das praktisch wirken beziehungsweise umgesetzt werden soll, davon findet sich in diesem Brief kein Wort. In einem Artikel vom April 1917 schrieb sie: „ ohne Organisation kann die Arbeiterklasse nicht lange aktionsfähig sein.“64 Es brauchte noch bis Ende 1918, damit Rosa Luxemburg die Spontanitätstheorie vollständig verwarf. Wohl veränderte sie gewisse falsche Anschauungen mit der Zeit, die sie als falsch auch erkannte, da sie sich folgendem bewusst war aufgrund des dialektischen Materialismus: „Wir sind an geschichtliche Entwicklungsgesetze gebunden, und diese versagen nie, wenn sie auch manchmal nicht just nach Schema F gehen, das wir uns zurechtgelegt haben.“65 Die Entwicklung von der Oktoberrevolution bis zur Novemberrevolution Welch große Wirkung die Oktoberrevolution auf Rosa Luxemburg hatte, bringt wohl dieser Satz in einem Brief von November 1917 am besten zum Ausdruck: „Seit einer Woche etwa sind natürlich alle meine Gedanken in Petersburg “66 Und tatsächlich beschäftigte sie sich ab diesem Zeitpunkt, so sehr es ihr möglich war vom Gefängnis aus, mit den Geschehnissen in Sowjetrussland. Im selben Brief schrieb sie über Kautskys Ablehnung der russischen Revolution: „Kautsky allerdings weiß nichts Besseres, als statistisch zu beweisen, daß die sozialen Verhältnisse Rußlands für die Diktatur des Proletariats noch nicht reif sind! Ein würdiger ´Theoretiker´ der Unabhängigen Sozialdemokratischen Partei! Er hat vergessen, daß ´statistisch´ Frankreich im Jahre 1789 und auch 1793 noch viel weniger reif war zur Herrschaft der Bourgeoisie… Zum Glück geht die Geschichte schon längst nicht nach Kautskys theoretischen Rezepten, also hoffen wir das Beste.“67 Auch Luise Kautsky hielt sie diese Sichtweise ihres Ehemanns vor, zweifelte aber auch daran, dass Sowjetrussland siegen könnte ohne Hilfe von Außen. Rosa Luxemburg schrieb: „Freust Du Dich über die Russen? Natürlich werden sie sich in diesem Hexensabbath nicht halten können – nicht weil die Statistik eine so rückständige ökonomische Entwicklung in Rußland aufweist, wie Dein gescheiter Gatte ausgerechnet hat, sondern weil die Sozialdemokratie in dem hochentwickelten Westen aus hundsjämmerlichen Feiglingen besteht und die Russen, ruhig zusehend, sich werden verbluten lassen. Aber ein solcher Untergang ist besser als ´leben bleiben für das Vaterland´, es ist eine weltgeschichtliche Tat, deren Spur in Äonen nicht untergehen wird. Ich erwarte noch viel Großes in den nächsten Jahren, nur möchte ich die Weltgeschichte nicht bloß durch das Gitter bewundern…“68 Diese Ungläubigkeit an die Möglichkeit des Sieges des Sozialismus in einem Land drückte sie auch in anderen Briefen aus. An Franz Mehring schrieb sie: „Es ist ja leider fast ausgeschlossen, daß sich die Lenin-Leute bei diesem furchtbaren Chaos und bei der Gleichgültigkeit der Massen im Westen an der Macht halten.“69 Und gegenüber Clara Zetkin schrieb sie: „Die Dinge in Rußland sind von wunderbarer Größe und Tragik. Gegen dieses unentwirrbare Chaos können natürlich die Lenin-Leute nicht aufkommen, aber ihr Anlauf allein ist eine welthistorische Tatsache und ein wirklicher ´Markstein´ “70 Das ist eine der fehlerhaften Ansichten Rosa Luxemburgs zur Oktoberrevolution, die Renegaten gerne aus dem Kontext reißen und für ihre konterrevolutionären Zwecke missbrauchen, als sei Rosa Luxemburg ein Feind der Russischen Revolution gewesen. Auf Rosa Luxemburgs Sichtweise auf die Russische Revolution komme ich nun zu sprechen. Die Sicht Rosa Luxemburgs auf die Russische Revolution während ihrer Haftzeit Wie bereits dargelegt, begrüßte Rosa Luxemburg die Oktoberrevolution als diese begann, wenn sie ihr auch keine große Lebensspanne zusprach aufgrund der außenpolitischen Verhältnisse. Im Sommer 1918 schrieb sie das unvollendete Werk „Zur Russischen Revolution“, worin sie Ansichten vertrat, die sie später auf Basis neuer Informationen korrigierte und nicht veröffentlichen wollte71. Möglicherweise fing Rosa Luxemburg Ende Juli 1918 an am Manuskript zu schreiben, als sie von der Hinrichtung von Sozialrevolutionären erfuhr, welche am 6. Juli 1918 den deutschen Botschafter in Moskau ermordeten und damit anfingen gegen Sowjetrussland zu putschen. Rosa Luxemburg schrieb dazu an Luise Kautsky: „Vielleicht sind es speziell die 200 ´Sühne-Hinrichtungen´ in Moskau, von denen ich gestern in der Zeitung las, die es mir angetan haben…“72 Im Werk „Die russische Revolution“ kam Rosa Luxemburg genau darauf zu sprechen und sagte dazu: „Aus dieser Lage ergaben sich Terror und die Erdrückung der Demokratie.“73 Clara Zetkin schrieb in „ Um Rosa Luxemburgs Stellung zur russischen Revolution“ über diesen Abschnitt: „Gerade in der Zeit, als die bolschewistische Diktaturpolitik Rosa Luxemburgs Bedenken wachrief, konnten die bürgerlichen Feinde wie die menschewistischen und sozialrevolutionären Gegner nicht mit Sammethandschuhen angefaßt werden. Wahrscheinlich war die proletarische Staatsmacht, war die proletarische Revolution in Sowjetrußland nie von schwereren Gefahren bedräut als damals. Zu allen anderen Erscheinungen des Bürgerkriegs trat der Tschechoslowakenaufstand. Die Verschwörung der Sozialrevolutionäre, die dem Grafen Mirbach das Leben kostete, war in Wirklichkeit gegen die Sowjetmacht gerichtet. Sie sollte durch die Ermordung des deutschen Gesandten den Blut- und Schwertfrieden von Brest-Litowsk zerreißen und die Regierung stürzen, die ihn geschlossen. Die todsichere Wirkung des Erfolges – von den russischen Imperialisten gewollt – wäre der Wiederausbruch des Krieges mit den Zweibundmächten gewesen.“74 Es ist also ein Beispiel von Rosa Luxemburgs Fehlern bei der Beurteilung der russischen Revolution im Sommer 1918. Nun zum Werk „Zur Russischen Revolution“ an sich. Dieses Werk, das heute so sehr missbraucht wird, indem der historische Kontext und somit die dürftige Quellenlage im Gefängnis ignoriert wird und sehr gerne ins Feld geführt wird von Trotzkisten und Reformisten, um die Oktoberrevolution beziehungsweise Revolution an sich zu verdammen, enthält nicht die Verdammung der Russischen Revolution, die dem attribuiert wird. Es stimmt, dass dort, aufgrund der weitgehenden Unkenntnis über die reale Lage in Sowjetrussland, schwerwiegend falsche Auffassungen enthalten sind, auf welche hier auch eingegangen wird. Dennoch ist es insgesamt eine kritische Würdigung, trotz aller inhaltlicher Fehler, und keine Totalverdammung, als die es missbraucht wird. Dazu seien einige Beispiele angeführt. Zu Beginn des Werkes weist Rosa Luxemburg die menschewistische Theorie zurück, dass in Russland nur eine bürgerliche Revolution möglich sei mit der Bourgeoisie an der Spitze und charakterisiert die Menschewiki richtigerweise als Opportunisten75, die sie auch als „Kautskys russische Gesinnungsgenossen“ bezeichnete76. Sie hatte auch recht damit, dass die „Lenin-Partei“ die einzige Partei war, die „wirklich sozialistische Politik trieb“77 und nannte sie eine „wirklich revolutionäre Partei“78. Genauso lag sie richtig, dass man nicht vor der Revolution eine parlamentarische Mehrheit erringen kann, um von dieser aus dann Revolution zu machen, sondern dass man die Massen anführen müsse und in der Revolution die Mehrheit der Massen hinter sich scharen müsse79. Ein Gedanke von ihr, der durchaus schon in Richtung Avantgarde ging: „Nur eine Partei, die zu führen, d. h. vorwärtszutreiben versteht, erwirbt sich im Sturm die Anhängerschaft.“80 Luxemburg maß auch große Bedeutung der Losung „Alle Macht in die Hände des Proletariats und der Bauern!“ bei, die sie „die einzige vorwärtstreibende Losung“ nannte81. Insgesamt war ihre Einschätzung positiv. Trotz all dieser richtigen Aussagen beging Rosa Luxemburg auch schwerwiegende Fehler. Ein allgemeiner Fehler von ihr ist, dass sie stets von „Lenin-Trotzki“82 schreibt, als hätten Lenin und Trotzki die gleichen Auffassungen und vor allem die gleiche ideologische Bedeutung für die russische Revolution gehabt. Allgemein nennt sie zwar beide, aber kritisiert tendenziell mehr Trotzki. Wie bereits oben angeführt, warf sie den Bolschewiki vor, dass sie „die Demokratie erdrücken“83 würden. Letztendlich nahm sie eine ähnliche Stellung wie Kautsky in diesem Punkt ein, den Lenin in „Die proletarische Revolution und der Renegat Kautsky“ widerlegte. Zum einen begreift sie den demokratischen Zentralismus nicht und sah deshalb das Wahlrecht als „Phantasieprodukt“84 an, weil Trotzki und Lenin „demokratische Institutionen“ an sich kritisieren würden85. Dabei führte sie zwei Seiten vorher bloß Trotzki zu diesem Thema an, der von der vom „schwerfälligen Mechanismus der demokratischen Institutionen“ sprach86. Rosa Luxemburg kritisierte dort zurecht, dass Trotzki bei seiner Kritik an der Konstituierenden Versammlung, von der auch das oben angeführte Zitat stammt, versucht demokratische Maßnahmen (auch für die Werktätigen) an sich zu diskreditieren. Wie bereits angeführt, legte sie diese Demokratieverachtung auch Lenin in den Mund, wobei dieser sowas nie von sich gab. Daraus folgten weitere falsche Ansichten zu Sowjetrussland, auf die ich an anderer Stelle eingehen werde. Auch erkannte Luxemburg nicht an, dass eine Wahl, die nicht auf Grundlage des demokratischen Zentralismus mit seiner Rechenschaftspflicht und jederzeitigen Abrufbarkeit von Abgeordneten stattfand, eben nur ein „Spiegelbild der Masse vom Wahltermin“ ist und sagte dazu, dass das „jede dauernde Wechselwirkung zwischen beiden leugnen“ würde87. Wie diese „Wechselwirkung“ aussieht, wenn Abgeordnete nicht abberufen werden können und einem nicht Rechenschaft pflichtig sind, kann man in jeder x-beliebigen bürgerlichen Republik sehen: Vor der Wahl großes demagogisches Getöse, nach der Wahl werden Wähleranfragen völlig ignoriert. Es handelt sich bei Rosa Luxemburg dabei um einen formal-demokratischen Standpunkt, der das formelle Wahlrecht über den politischen Willen der Massen stellt. Da die bürgerlichen Wahlen eben nur höchstens das „Spiegelbild“ des Bewusstseins des Wahltermins abbilden, kam es, dass „die Kandidatenlisten der Parteien von Mitte Oktober 1917 mit der Wirklichkeit vom Dezember 1917 nicht übereinstimmten“88, wie Lenin schon Kautsky wegen ähnlicher Anschauungen in die Schranken wies. Auch zeigt Lenin im selben Werk in einer Statistik über die Zusammensetzung der Sowjets auf den Gesamtrussischen Sowjetkongressen bis dato auf, wie die Sowjets, die eben auf Grundlage des demokratischen Zentralismus funktionierten, eine Fluktuation der Zusammensetzung auf Grundlage des politischen Bewusstseins der Massen zulassen – nachdem die Menschewiki im Juli 1917 sich offen als Reaktionäre entlarvten, zugunsten der Bolschewiki89. Luxemburg nahm auch einen Kautskyanischen Standpunkt ein bei der Entziehung des Wahlrechts für die Ausbeuterklassen90 und scheint zu glauben, dass man dies als Vorwand nutzen würde, um „breite und wachsende Schichten des Kleinbürgertums und Proletariats rechtlos“ zu machen91. Letzteres ist eine völlig falsche Annahme, den sie ohne den Hauch eines Beleges anführt. Vielleicht kam sie aus Furcht vor Trotzkis Ausführungen zu diesen Schlussfolgerungen, denn diese sind das Einzige im Text, das in diese Richtung weist. In diesem Kontext sagt sie auch, dass „alle Gegner der Sowjetregierung für vogelfrei“ erklärt worden seien, wo sie im Anschluss ebenfalls nochmals Trotzkis These von der „Schwerfälligkeit der demokratischen Wahlkörper“ kritisiert92. Deshalb stellt sie auch diese Behauptung auf: „Der Grundfehler der Lenin-Trotzkischen ist eben der, daß sie die Diktatur, genau wie Kautsky, der Demokratie entgegenstellen. ´Diktatur oder Demokratie´ heißt die Fragestellung sowohl bei bei den Bolschewiki wie bei Kautsky.“93 Letztendlich ist dieser Standpunkt Rosa Luxemburgs ihre Version von Kautskys „reiner Demokratie“, auch wenn sie das sich nicht eingestehen möchte. Lenin schrieb in „Die proletarische Revolution und der Renegat Kautsky“ wie die Fragestellung wirklich war: „Ist die Diktatur des Proletariats ohne Verletzung der Demokratie gegenüber der Klasse der Ausbeuter möglich?“94 Lenin bestand zwar ein, dass die Entziehung des Wahlrechts für die Ausbeuterklassen nicht notwendigerweise nötig ist95 (immerhin können die Werktätigen, die die absolute Mehrheit bilden, diese ja die Ausbeuter bei weitem überstimmen können), aber dass eben die proletarische Diktatur über die Ausbeuterklassen an sich eine notwendige Bedingung ist. Lenin schrieb dazu: „Notwendiges Merkmal, unerläßliche Bedingung der Diktatur ist die gewaltsame Niederhaltung der Ausbeuter als Klasse und folglich eine Verletzung der ´reinen Demokratie´, d. h. der Gleichheit und Freiheit, gegenüber dieser Klasse.“96 Egal ob mit oder ohne Entzug des Wahlrechts für die Ausbeuter, diese werden unterdrückt, sei es dadurch, dass man sie offen bekämpft durch Enteignung und Kampf gegen ihre Söldner und ihnen als Befehlshabern an der Spitze oder indem man sie eiskalt überstimmt unter Beibehaltung des „Wahlrechts für alle“. Wie Lenin auch aufzeigte gibt es nur Demokratie für das Proletariat, wenn es für die Bourgeoisie keine Demokratie gibt. Nur wenn man der Bourgeoisie ihre ökonomischen Mittel und politischen Rechte, primär das Recht auf Privateigentum an den Produktionsmitteln, aus der Hand schlägt, kann das Proletariat seine demokratischen Rechte entfalten; man verbietet der Bourgeoisie letztendlich Bourgeoisie zu sein, liquidiert ihre Klasse. Gerade darin drückt sich die diktatorische Seite der Diktatur des Proletariats aus. Dass sich deren Bewusstsein nicht analog dazu verändert ist eine andere Frage, auf die ich hier nicht eingehen werde aufgrund mangelnden Themenbezugs. Noch einer von Rosa Luxemburgs schweren Fehlern war ihre feindselige Haltung zu der werktätigen Bauernschaft, da diese eben Privateigentümer waren, wenn auch kleine, die auf der Grundlage eigener Arbeit leben. Zur Bodenreform sagte sie: „Gewiß war die Losung der unmittelbaren, sofortigen Ergreifung und Aufteilung des Grund und Bodens durch die Bauern die kürzeste, einfachste, lapidarste Formel, um zweierlei zu erreichen: den Großgrundbesitz zu zertrümmern und die Bauern an die revolutionäre Regierung zu binden.“97 Das deckte sich mit Lenin absolut.98 Auch das hier war Lenin bewusst: „Als politische Maßnahme zur Befestigung der proletarisch-sozialistischen Regierung war dies eine vorzügliche Taktik. Sie hatte aber zwei Seiten, und die Kehrseite bestand darin, daß die unmittelbare Landergreifung durch die Bauern mit der sozialistischen Bewirtschaftung gar nichts gemein hat.“99 Lenin war der radikal-bürgerliche Charakter der Bodenreform bewusst und betonte dies auch gegenüber Kautsky, der in dieser Reform „etwas von Sozialismus“ erkennen wollte, obwohl er sonst immer von sich gab, dass in Russland sowieso nur eine bürgerliche Revolution möglich sei100. Rosa Luxemburg erkannte auch nicht die Nationalisierung des Bodens an, aber immerhin, im Gegensatz zu Kautsky101, die Nationalisierung der Industrie usw. Sie schrieb: „Lenins Rede über notwendige Zentralisierung in der Industrie, Nationalisierung der Banken, des Handels und der Industrie. Warum nicht des Grund und Bodens? Hier im Gegenteil Dezentralisation und Privateigentum.“102 Sie verstand nicht, dass der Grund und Boden verstaatlicht wurde, um ihn den werktätigen Bauern, die diesen dann auch bewirtschafteten, zur Verfügung zu stellen. Das beseitigte immerhin die Grundrente. Um die Massen der Bauernschaft zu gewinnen teilte man den Boden auf, zeigte ihnen damit aber auch, dass die Warenproduktion auch unter für sie optimalen Bedingungen sie der Konkurrenz aussetzt und primär auf Grundlage veralteter Technik arbeiten lässt, da ein relativ kleiner Hof nicht genug akkumulieren kann, um sich die modernsten Maschinen anzuschaffen103. Es war also bloß eine taktische Maßnahme, die Strategie war von Anfang an die Kollektivierung. Lenin sagte dazu: „Nachdem die Bauernschaft den Zarismus und die Gutsbesitzer abgeschüttelt hat, steht ihr der Sinn nach der ausgleichenden Bodennutzung, und keine Macht hätte sich den von den Gutsbesitzern wie von dem bürgerlich-parlamentarischen, republikanischen Staat erlösten Bauern in den Weg stellen können. Die Proletarier sagen den Bauern: Wir werden euch helfen, zum ´idealen´ Kapitalismus zu kommen, denn ausgleichende Bodennutzung ist eine Idealisierung des Kapitalismus vom Standpunkt des Kleinproduzenten. Und gleichzeitig werden wir euch die Unzulänglichkeit dieser Maßnahme und die Notwendigkeit des Übergangs zur gemeinschaftlichen Bodenbestellung beweisen.“104 Und Lenin betonte, dass „die Kommunen und Genossenschaften gesetzlich bevorzugt und an die erste Stelle gesetzt“ werden105. Rosa Luxemburg jedoch verstand das nicht. Sie sagte zwar, dass sie es Lenin nicht zum Vorwurf machen würde, dass man die Landwirtschaft noch nicht in eine sozialistische verwandelt hat106, schrieb jedoch an anderer Stelle: „Die Leninsche Agrarreform hat dem Sozialismus auf dem Lande eine neue mächtige Volksschicht von Feinden geschaffen, deren Widerstand viel gefährlicher und zäher sein wird, als derjenige der adligen Großgrundbesitzer war.“107 Das Gesagte ist natürlich falsch. Sie betrachtet die Bauernschaft als Feinde des Sozialismus, verkennt die Möglichkeit der Vergenossenschaftlichung, wie sie eigentlich schon spätestens seit Engels´ Werk „Die Bauernfrage in Frankreich und Deutschland“ bekannt sein dürfte108. Diesen prinzipiellen Fehler hat sie bis zu ihrem Lebensende nicht korrigiert, im Gegensatz zu den anderen hier dargelegten. Dies waren die ideologischen Kernfehler Rosa Luxemburgs in ihrem Werk „Zur russischen Revolution“. Sie schrieb zum Schluss dieses Werkes, dass die Bolschewiki „das unsterbliche geschichtliche Verdienst“ haben, „mit der Eroberung der politischen Gewalt und der praktischen Problemstellung der Verwirklichung des Sozialismus dem internationalen Proletariat vorangegangen zu sein und die Auseinandersetzung zwischen Kapital und Arbeit in der ganzen Welt mächtig vorangetrieben zu haben“ und „in diesem Sinne“ gehöre „die Zukunft überall dem ´Bolschewismus´“109. Lobende Worte trotz ihrer (sachlich falschen) Kritik! Was vielen unbekannt ist, sind einige weitere Werke Rosa Luxemburgs von Sommer 1918, die ebenfalls die russische Revolution zum Thema hatten. Auch dort gibt es zwar Kritik und Befürchtungen zu lesen, die sich als unbegründet herausstellten, aber auch eindeutig positive Bekenntnisse zur russischen Revolution. Sie schrieb in einem Fragment: „Die russische Revolution mit der von ihr hervorgebrachten Bolschewiki-Herrschaft hat das Problem der sozialen Revolution auf die Tagesordnung der Geschichte gestellt.“110 Und gegen Ende schrieb sie: „Worauf es ankommt, ist, das eigentliche Problem dieser Periode zu begreifen. Dieses Problem heißt: die Diktatur des Proletariats, Verwirklichung des Sozialismus.“111 Ist das etwa kein Bekenntnis zu russischen Revolution und dessen großer Bedeutung? Natürlich machte sich Luxemburg auch ernsthafte Sorgen um die russische Revolution, so beispielsweise im Artikel „Die russische Tragödie“. Sie erkannte die Notwendigkeit und Richtigkeit eines „Friedens um jeden Preis“ mit den Mittelmächten als eine „Atempause“ an, und sah, dass dieser von „zwei revolutionären Gesichtspunkten“, nämlich dem Glauben an Revolutionen in Europa und der Verteidigung der errungenen Macht, aus notwendig war112. Dennoch befürchtete sie, dass Sowjetrussland scheitern könnte aufgrund der imperialistischen Umkreisung113, wohl durch eine Invasion. Deshalb rief sie am Ende des Artikels zum Aufstand in Deutschland auf, um Sowjetrussland zu retten und ein Zeichen für das internationale Proletariat zu setzen114. Außerdem kritisiert sie im angeführten Artikel Trotzki, welcher sagte, dass er die deutsche Okkupation einer japanischen Okkupation bevorzugen würde, weil Deutschland „reifer für die Revolution“ sei115. Rosa Luxemburg schrieb dazu: „Das Gequälte dieser Spekulation liegt auf der Hand. Es handelt sich ja nicht allein um Japan als Gegner Deutschlands, sondern um England und Frankreich, von denen niemand heute zu sagen vermag, ob ihre inneren Verhältnisse der proletarischen Revolution günstiger sind als in Deutschland oder nicht. Das Räsonnement Trotzkis ist aber überhaupt insofern falsch, als gerade die Aussichten und Möglichkeiten einer Revolution in Deutschland durch jede Stärkung und jeden Sieg des deutschen Militarismus verschüttet werden.“116 Letzteres ist nicht unbedingt richtig, Ersteres aber durchaus. Trotzki zog eine Analogie von der technologischen Entwicklung dieser Länder auf die Besatzung, trat also schon prinzipiell undialektisch an den Sachverhalt heran. Er ließ völlig außer Acht, dass eine Okkupation und Kolonisation letztendlich die Rückständigkeit des okkupierten Volkes aufrechtzuerhalten sucht, um es in ein Anhängsel mit billigen Arbeitskräften des imperialistischen Landes zu verwandeln. Deshalb ist es letztendlich aus Sicht des kolonisierten Volkes egal, von wem man okkupiert worden ist, außer in Kriegszeiten von verschiedenen imperialistischen Ländern, welche ihre Kompradoren im kolonisierten Land haben. Diese kann man unter gewissen Umständen taktisch gegeneinander ausspielen. In allen dieser Fälle ist der Primärwiderspruch der zwischen der imperialistischen Bourgeoisie des kolonisierenden Landes samt deren Kompradorenbourgeoisie vor Ort und der des unterdrückten werktätigen Volkes und dessen nationaler Bourgeoisie (Mittelbourgeoisie).117 Bevor ich nun zur Zeit nach der Novemberrevolution übergehe, möchte ich noch Clara Zetkins Ausführungen zum bisherigen Subthema darbieten, da diese eine gute Zusammenfassung bilden: „Rosa Luxemburg sah besorgt und nachsinnend aufziehende Gefahren für die proletarische Revolution. Ihre klaren Augen schlossen sich, ehe sie schauen konnten, mit welchem Ernst und welcher Energie Sowjetrußland unter bolschewistischer Führung diese Gefahren zurückzuschlagen sucht. Aber Rosa Luxemburg lebte lange genug, um ihre grundsätzliche Auffassung zu den Hauptproblemen: Diktatur des Proletariats, Rätesystem, Konstituante, bürgerliche oder proletarische Diktatur, klar herauszustellen. Wenn darüber die Stimme der russischen Revolution noch nicht laut, überzeugend genug durch die Mauern des Breslauer Gefängnisses zu ihr gedrungen war, so redete davon bald unzweideutig die deutsche Revolution. Ungehinderte Studien und Aussprachen mit gut unterrichteten Freunden waren sicherlich wichtige Förderer ihrer raschen Selbstverständigung. Allein, mehr noch als sie war der Ausbruch der deutschen Revolution maßgebend dafür, daß Rosa Luxemburg den vollen Anschluß an die russische Revolution fand und damit ihre grundsätzliche Einstellung zu den wichtigen Wesenszügen der proletarischen Revolution überhaupt. Die Zeit heischte von ihr revolutionäres Handeln, und bei Rosa Luxemburg stand die Tat stets vor dem Gedanken.“118 Von der Novemberrevolution bis zur Niederschlagung des Spartakus-Aufstandes Am 8. November 1918 wurde Rosa Luxemburg aus dem Gefängnis entlassen und machte sich am 10. November auf den Weg nach Berlin. Leider liegen mir für die Zeit unmittelbar um die Novemberrevolution nur einige Briefe vor, in denen zu ideologischen Fragen keinerlei Aussagen enthalten sind119. Deshalb gibt es hier einen größeren Zeitsprung an dieser Stelle. Ansichten Rosa Luxemburgs zur proletarischen Diktatur während der Zeit der Novemberrevolution bis zur Gründung der KPD Zuerst ihre Ansichten zur Diktatur des Proletariats. Bereits wenige Tage nach der Revolution, am 18. November 1918, sah Luxemburg schon, dass die Revolution trotz ihrer Form eben keine proletarische gewesen ist. Sie schrieb: „Die Revolution hat begonnen. Nicht Jubel über das Vollbrachte, nicht Triumph über den niedergeworfenen Feind ist am Platze, sondern strengste Selbstkritik und eiserne Zusammenhaltung der Energie, um das begonnene Werk weiterzuführen. Denn das Vollbrachte ist gering, und der Feind ist nicht niedergeworfen.“120 Deshalb trat sie dafür ein, dass die „ganze Macht in die Hände der arbeitenden Masse, in die Hände der Arbeiter- und Soldatenräte“121 übergeben werde. Einen Monat später wiederholte sie dies im Artikel „Auf die Schanzen“: „Alle Macht den Arbeiter- und Soldatenräten!“122 Allein das sind klare Bekenntnisse zur Diktatur des Proletariats nach Leninschem Vorbild, unter den gleichen Parolen. Aber es gibt noch mehr Materialien dazu aus dieser Zeit. Sie nahm auch Stellung gegen parlamentarische Illusionen: „ Bürgerkrieg ist nur ein anderer Name für Klassenkampf, und der Gedanke, den Sozialismus ohne Klassenkampf, durch parlamentarischen Mehrheitsbeschluß einführen zu können, ist eine lächerliche kleinbürgerliche Illusion.“123 Diese Worte dürften den heutigen reformistischen Verfälschern und Missbrauchern von Rosa Luxemburg, wie in der Couleur der Linkspartei, gefallen, wie ihr Wort, dass der „parlamentarische Kretinismus“ ein „Verrat am Sozialismus“ ist124. Und sie sagte ebenfalls: „Der Diktatur des Proletariats, dem Sozialismus, gehört der Tag und die Stunde. Wer sich dem Sturmwagen der sozialistischen Revolution entgegenstemmt, wird mit zertrümmerten Gliedern am Boden liegenbleiben.“125 Damals wie heute sind das dieselben, die dem Sozialismus in durch und durch bürgerlicher Manier Mordgelüste und weitere Schreckenstaten vorwerfen; außer natürlich der zum Götzenbildnis verunstalteten Rosa Luxemburg. Dabei warf man schon im November 1918 dem Spartakusbund, zumeist mit Liebknecht als pars pro toto („Teil, der für das ganze steht“), eben solche Taten bereits vor, ohne die Erbringung von Beweisen. Luxemburg schrieb im Artikel „Das alte Spiel“ dazu: „Gegen Putsche, Morde und ähnlichen Blödsinn schreit man, und den Sozialismus meint man.“126 Heutige Beispiele sind zum Beispiel der Antistalinismus oder der Antimaoismus, denen ähnliche Schreckenstaten vorgeworfen werden, ohne Beweise und ohne Kontext (beispielsweise das Anlasten der Opfer von Hungernöten als „beabsichtigt“, ohne die Hintergründe zu untersuchen). Gegenüber solchen Heucheleien an Empörungen über „bolschewistischen Terror“ erwiderte Clara Zetkin in ihrer Arbeit über Rosa Luxemburgs Stellung zur russischen Revolution: „Dem Goldstrom des kapitalistischen Profits parallel läuft tagaus, tagein auch im Frieden ein Blutstrom.“127 Auch der „Friedenszustand“ im Kapitalismus enthält Klassenkampf, bei dem Menschen, Werktätige, sterben, ob sie als Obdachlose im Winter auf der Straße erfrieren oder von der Polizei erschlagen oder erschossen werden, wenn sie für ihre Klasseninteressen einstehen. Auch im Dezember 1918 betonte Rosa Luxemburg die Notwendigkeit, die begonnene Revolution fortzuführen zum Sozialismus, indem die Arbeiterklasse die Macht übernimmt128. Und nochmals wenige Tage vor der KPD-Gründung schrieb sie: „Die ganze Macht in der Hand der arbeitenden Masse als revolutionäre Waffe zur Zerschmetterung des Kapitalismus – das allein ist wahre Gleichberechtigung, das allein wahre Demokratie!“129 Nun komme ich zu den letzten Wochen des Wirkens Rosa Luxemburgs. Die Gründung der KPD und der Spartakusaufstand Noch bevor die KPD gegründet worden ist, sendete Rosa Luxemburg am 20. Dezember 1918 einen Brief an Lenin, als der Spartakusbund Eduard Fuchs zu Gesprächen mit Lenin über die III. Internationale entsandte. Dieser Brief besagt: „Teurer Wladimir! Ich benutze die Reise des Onkels , um Ihnen allen einen herzlichen Gruß von unserer Familie, von Karl , Franz und den anderen zu übersenden. Gebe Gott, daß das kommende Jahr alle unsere Wünsche erfüllen wird Alles Gute! Über unser Leben und Treiben wird der Onkel erzählen. Einstweilen drücke ich Ihnen die Hände und grüße Sie. Rosa“130 Damit erfüllte der Spartakusbund den Punkt ihres Programms, dass man mit den ausländischen Bruderparteien Kontakt aufnehmen und die internationale Erhebung des Weltproletariats fördern wolle131. In den Dezembertagen von 1918 war die USPD Luxemburg zufolge, deren Teil der Spartakusbund bis dato noch formell gewesen ist, „in voller Auflösung“132. Auch war die USPD dabei sich mit den „Scheidemännern zu verschmelzen“133, die Zentristen gingen also offen auf konterrevolutionäre Positionen über. In einem Brief an Clara Zetkin schrieb sie am 11. Januar 1919, dass die „Trennung von der USP absolut unvermeidlich“ geworden sei „aus politischen Gründen“134. Diese waren wohl, dass die USPD „eine Politik von Fall zu Fall, ohne geschlossene Weltanschauung“135 betrieb, wie sie bereits Ende November 1918 feststellte. Dem stellte der Spartakusbund wohl sein Programm entgegen, wo dieser sich zur sozialistischen Revolution bekannte. Darin bekannte dieser sich dazu, der „zielbewußteste Teil des Proletariats“ zu sein, der „die ganze breite Masse der Arbeiterschaft bei jedem Schritt auf ihre geschichtliche Aufgaben hinweist“136, also sich der Avantgarderolle mittlerweile bewusst geworden ist. Clara Zetkin hatte nicht gelogen, als sie schrieb, dass man eben von „bolschewistischen Auffassungen und Methoden“137 gelernt hatte. Rosa Luxemburg sagte offen in einer Rede auf einer Versammlung der USPD Groß-Berlin am 15. Dezember 1918: „Wir müssen aber von ihnen lernen. Die Bolschewisten mußten erst Erfahrungen sammeln. Wir können uns die reife Frucht dieser Erfahrungen aneignen.“138 Hier wird ihre Leninisierung offensichtlich, auch wenn das Renegaten nicht wahr haben wollen. Als dann der Gründungsparteitag der KPD durchgeführt wurde, brachte sie dort bedeutsame Beiträge. In einer Rede fragte sie „Habt Ihr vielleicht heute schon eine sozialistische Regierung, eine Trotzki-Lenin-Regierung?“ und weist darauf hin, dass der Weg zur Oktoberrevolution eigentlich bereits 1905 begonnen habe und dass die Novemberrevolution im Gegensatz dazu eine „halbe Revolution“ sei.139 Auch wies sie auf diesem Parteitag das von Eduard Bernstein verfälschte Vorwort von Friedrich Engels zu „Klassenkämpfe in Frankreich 1848 bis 1850“ von Karl Marx, worauf sich die Revisionisten gerne beriefen, zurück und erkannte im Gesamtkontext von Engels´ Werken, dass es sich dabei um eine Verfälschung handelte140. In der gleichen Rede sagte sie zwar „Es wäre ein Wahn, den Sozialismus ohne Landwirtschaft zu verwirklichen. Vom Standpunkt der sozialistischen Wirtschaft läßt sich überhaupt die Industrie gar nicht umgestalten ohne die unmittelbare Verquickung mit einer sozialistisch umorganisierten Wirtschaft.“141, was revisionistische Konzepte der „vertikalen Integration“ und andere, gegen die Kollektivierung gerichtete Anschauungen von Gomulka bis Deng. Wie bereits in ihrem Werk „Zur Russischen Revolution“ macht sie den Fehler, die Klein- und Mittelbauern als reaktionär zu betrachten142 und deren revolutionäres Potential zu leugnen; wie bereits aufgezeigt, war sie in diesem Punkt noch weit hinter Lenins Erkenntnisstand zurück. Zu guter Letzt verfasste sie eine Protestresolution für den Parteitag, welche auch einstimmig angenommen worden war, wo sie den Kampf deutscher Truppen im Baltikum gegen Sowjetrussland als „niederträchtigen Verrat an den russischen Proletariern und an der russischen Revolution“143 bezeichnet, somit nochmals ihre Solidarität mit Sowjetrussland bekundete. Als Resümee des Parteitags schrieb sie in einem Artikel vom 3. Januar 1919: „Der revolutionäre Vortrupp des deutschen Proletariats hat sich zu einer selbstständigen politischen Partei zusammengeschlossen.“144 Sie vertrat dort ganz klar leninistische Auffassungen der Avantgarde145, die sie noch wenige Jahre und gar Monate zuvor noch ablehnte. Sie nannte die KPD in diesem Artikel ganz offen „Stoßtrupp der proletarischen Revolution“ und „Totengräber der bürgerlichen Gesellschaft“146. Auch war sie sich bewusst, dass das Proletariat revolutionäre Führungsorgane braucht, damit die Sache des Sozialismus zum Siege geführt werden kann147, was Lenins Parole entspricht: „Das Proletariat besitzt keine andere Waffe im Kampf um die Macht als die Organisation.“148 Auch deshalb sind Behauptungen von Paul Levi und Arthur Crispien falsch, dass Rosa Luxemburg den Spartakusaufstand abgelehnt habe, welche auch heute noch Verbreitung finden. Clara Zetkin zufolge lehnte sie lediglich die falsche Zielsetzung ab149. Dort geschah das, was Rosa Luxemburg schon im Oktober 1918 vorhersah: „Die Scheidemann und Bauer, die jetzt mit einem Kuß auf die Hand der deutschen Monarchie beginnen, werden noch mit blauen Bohnen gegen streikende und demonstrierende Arbeiter enden.“150 In einem Brief vom 11. Januar 1919 schrieb Rosa Luxemburg an Clara Zetkin, dass die Kämpfe in Berlin andauern, aber sprach nicht negativ über sie151. Sie schrieb zwar, dass „heftige politische Krisen“ die Organisationsarbeit „stark hemmen“, aber sie seien dennoch „eine großartige Schule für die Massen“152. Außerdem schrieb sie: „ schließlich muß man die Geschichte so nehmen, wie sie laufen will.“153 Hier zeigt sich wieder das, was Rosa Luxemburg stets vertrat: Richtige Erkenntnisse kommen aus der Praxis154. Schon in einem Artikel vom 29. Dezember 1918 schrieb sie: „Die Geschichte ist die einzige wahre Lehrmeisterin, die Revolution die beste Schule des Proletariats.“155 Sie kam also auf Leninsche Erkenntnisse durch die eigene revolutionäre Praxis, trotz der verbliebenen Fehler. Lenin schrieb über Luxemburg: „Wohl traf´s sich, daß des Adlers Flug ihn niedriger, als Hühner fliegen, trug, doch fliegen Hühner nie auf Adlershöh'n. Rosa Luxemburg irrte in der Frage der Unabhängigkeit Polens; sie irrte 1903 in der Beurteilung des Menschewismus; sie irrte in der Theorie der Akkumulation des Kapitals; sie irrte, als sie im Juli 1914 neben Plechanow, Vandervelde, Kautsky u. a. für die Vereinigung der Bolschewiki mit den Menschewiki eintrat; sie irrte in ihren Gefängnisschriften von 1918 (wobei sie selbst nach der Entlassung aus dem Gefängnis Ende 1918 und Anfang 1919 ihre Fehler zum großen Teil korrigierte). Aber trotz aller dieser ihrer Fehler war sie und bleibt sie ein Adler; und nicht nur die Erinnerung an sie wird den Kommunisten der ganzen Welt immer teuer sein, sondern ihre Biographie und die vollständige Ausgabe ihrer Werke (mit der sich die deutschen Kommunisten in unmöglicher Weise verspäten, was nur teilweise mit den unerhört vielen Opfern in ihrem schweren Kampf zu entschuldigen ist) werden eine sehr nützliche Lehre sein bei der Erziehung vieler Generationen von Kommunisten der ganzen Welt.“156 Die Herausgabe der Gesammelten Werke stieß schon am 18. Januar 1919 Clara Zetkin in einem Brief an Mathilde Jacob an157. In den 20er Jahren gab es dann auch tatsächlich eine Ausgabe von Gesammelten Werken und später, ab den 70er Jahren, die Dietz-Ausgabe, aus der auch ich hier zitiere. Dies hier nur am Rande. Zur Kritik an Rosa Luxemburg sei hier ein Zitat von Fred Oelßner als Schlusswort dargeboten: „Kleinbürger mögen meinen, die scharfe Kritik der Fehler Rosa Luxemburgs beeinträchtige ihre revolutionären Verdienste, schmälere das liebevolle Andenken an die große Revolutionärin. Wirkliche Marxisten ist dieser Spießerstandpunkt fremd.“158 Schlussfolgerungen für die KPD heute Was ergibt sich angesichts dieser historischen Tatsachen? Ganz im Vordergrund, dass man das revolutionäre Erbe von Karl und Rosa wachhält, nicht nur in Worten, in alljährlichen Erinnerungsbekundungen, sondern auch in der Praxis unserer Partei. Zum einen ist das allgemein die Aneignung und Umsetzung des Marxismus-Leninismus in die Tat, durch die Organisierung der Arbeiterklasse für die sozialistische Revolution. Konkret könnte man so manches Werk von Karl und Rosa als Studienmaterial verwenden, ganz besonders von ihren späten Werken, um aufzuzeigen, dass die Entwicklung zum gebildeten Marxisten eben nicht ohne Widersprüche abläuft und man durchaus Fehler macht anfangs, welche man zumeist korrigiert bei weiterer marxistischer Bildung. Man muss aufzeigen: Nicht das begehen von Fehlern ist das Hauptproblem, sondern das festhalten an Fehlern, auch wenn einem die Wahrheit bekannt ist. Und natürlich liefern ihre späten Werke auch genügend lehrreiches Material am positiven Beispiel. Dies dürfte uns und unseren Anhängern ebenfalls „Munition“ gegen die Vereinnahmung dieser beiden großen Vorgänger unserer Sache geben und so manches prägnante Zitat liefern, so manchen Sachverhalt erklären. Bei Ersterem gilt, was Mao Tsetung einmal sagte: „Tatsachen sprechen lauter als Worte und die Wahrheit ist allem überlegen.“159 Wachhalten alleine ist jedoch nicht genug. Es gibt auch zuhauf Trotzkisten, Sozialdemokraten und andere Arbeiterverräter, welche vorgeben Karl und Rosas Vermächtnis „wachzuhalten“, aber in Wahrheit bloß ihre Fehler wiederkäuen, um mit pseudosozialistischen Phrasen die Werktätigen von der revolutionären Arbeiterbewegung abzuhalten. Lenin schrieb schon im Jahre 1922: „´Die deutsche Sozialdemokratie ist nach dem 4. August 1914 ein stinkender Leichnam´ - mit diesem Ausspruch Rosa Luxemburgs wird ihr Name in die Geschichte der internationalen Arbeiterbewegung eingehen. Auf dem Hinterhof der Arbeiterbewegung aber, zwischen den Misthaufen, werden Hühner von der Art Paul Levis, Scheidemanns, Kautskys und dieser ganzen Sippschaft, wie es sich versteht, über die Fehler der großen Kommunistin in ganz besondere Verzückung geraten.“160 Das gilt natürlich heutzutage ganz besonders für die heuchlerischen Trauerbekundungen von Sozialdemokraten, Trotzkisten und anderen Renegaten zu den Jahrestagen der Ermordung von Karl und Rosa. Diese suchen sich auf den „Misthaufen“ der Arbeiterbewegung die Stellen aus jeglichem historischen Kontext gerissen heraus, in denen Karl und Rosa falsch lagen, um ihr Renegatentum in „rote Gewänder“ zu hüllen. Aus der Mordhetze der Freikorps unter SPD-Führung, die sich gegenüber dem Spartakusbund so ausdrückte „Schlagt ihre Führer tot! Tötet Liebknecht!“161 und auch Horrormärchen, die die Konterrevolution verbreitete, wie beispielsweise „Liebknecht hat in Spandau 200 Offiziere ermordet.“162, wurden Lippenbekenntnisse zu Karl und Rosas Vermächtnis. Zur Zeit nach der Ermordung von Karl und Rosa schrieb Clara Zetkin über die Heuchelei der Sozialdemokraten: „Sie alle hatten auf einmal ihr Herz entdeckt für die ´geistig hochstehende Frau´, für die ´Schärfe ihres Geistes´, die ´Wissenschaftlichkeit´ ihres geschichtlichen Denkens, und sie würdigen ´das Vermächtnis´, das sie dem Proletariat gelassen.“163 Solche heuchlerischen Bekundungen finden auch heute ihre Parallele, sei es von Seiten eines Teils der SPD, der PdL, Trotzkisten und anderen Gruppierungen, deren Vorgänger Karl und Rosa damals bestialisch ermordeten. Von ihnen kommt dann oftmals das „Argument“, dass es doch Freikorps gewesen seien, die Karl und Rosa töteten und „nicht die SPD“. Dass Noske der Auftraggeber war, wird gerne unterschlagen. Auch das hat bereits eine jahrzehntealte Tradition. Hermann Matern sagte im Jahre 1962 zu Willi Eichlers „Hundert Jahre Sozialdemokratie“, das genau diesen Fakt unterschlägt: „Es ist darum ein Hohn, wenn Eichler über die Morde an Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg, Leo Jogiches und anderen wehklagt. Denn die Mörder dieser Arbeiterführer kamen zwar, wie Eichler schreibt, aus dem Lager der Rechtsradikalen. Aber wer ermöglichte es denn der Reaktion, so rasch wieder das Haupt zu erheben? Das waren doch die Ebert, Noske und Scheidemann, die mit diesen Kräften paktierten.“164 Letztendlich war dies nichts anderes als die Geburtsstunde des Sozialfaschismus. Sozialfaschismus ist die Unterstützung des Faschismus von Seiten sozialdemokratischer und pseudosozialistischer Parteien, hauptsächlich deren Parteiführer, da die Basis zumeist von der Demagogie der Parteiführung betrogen wurde. Walter Ulbricht sagte zum 30. Jahrestag der Ermordung von Karl und Rosa: „Die bürgerlich-demokratische Republik mit Ebert, Scheidemann, Noske an der Spitze begann ihre Existenz im Zeichen der Ermordung der großen Friedenskämpfer Karl Liebknecht und Rosa Luxemburg. Die Mörder, die Pflugk-Harttung, Killinger, von Epp und wie sie alle hießen, wurden später die Gründer der SS und die Organisatoren des Hitlerkrieges. Das damalige Bündnis Ebert mit Hindenburg, des Gewerkschaftsführers Legien mit dem Konzernherren Stinnes, des Sozialdemokraten Noske mit den weißgardistischen Truppen und Mördern der Gardekavallerie-Schützendivision war die Grundlage für den späteren Weg zum Faschismus.“165 Das stimmt voll und ganz. Die Sozialdemokraten agierten und agieren noch heute als Verteidiger des Kapitals und schrecken nicht davor zurück faschistische Brutalität an den Tag zu legen und die Faschisierung aktiv zu unterstützen. Am 1. Mai 1929 ließ die SPD auf Arbeiter schießen, das Massaker von Altona am 17. Juni 1932 und die Unterstützung der Faschisierung unter Brüning gehen auf das Konto der SPD-Führung, wie auch das Ignorieren der Angebote der KPD zum Generalstreik vom 20. Juli 1932 beim Preußenschlag und vom 30. Januar 1933, um die Errichtung des Faschismus zu verhindern. Auch die Unterstützung der NS-Außenpolitik durch Wels, der davor in heuchlerischer Weise sich gegen das Ermächtigungsgesetz aussprach und der Aufruf des ADGB zum 1. Mai 1933 zusammen mit den Nazis aufzumarschieren sind Zeugnisse des Sozialfaschismus. Ganz besonders am 2. Mai 1933, bei der Zerschlagung der Gewerkschaften, passt wohl der Spruch „Ich liebe den Verrat, aber hasse den Verräter!“. Dies waren nur Beispiele, und noch längst nicht alles. Aber dies dürfte genügen, um die historische Gefahr des Sozialfaschismus darzulegen. Und auch heute ist eben diese Gefahr nicht gebannt. Unterstützt nicht auch heute die SPD die Faschisierung? Hat man nicht brutalen Sozialabbau beschlossen, dessen Folgen, die Verarmung breiter Teile der Werktätigen, zunehmends mit dem Polizeiknüppel und einer Gestapo-haften Überwachungsmaschinerie „gelöst“ werden? Das brutale Vorgehen der Polizei bei G20 und Gesetze mit euphemistischen Namen, wie beispielsweise das Netzwerkdurchsetzungsgesetz, gehen mit auf die Kappe der Sozialdemokratie. Auch die Militarisierung der Polizei, wie beispielsweise in Sachsen geschieht auf Geheiß einer Koalition aus CDU und SPD166. In Berlin kann man an der Praxis ganz deutlich erkennen, dass die Linkspartei keinen Deut besser sind als die SPD, mal abgesehen von ihrer reformistischen, den Klassencharakter der BRD negierenden Programmatik. Aus diesem Grunde müssen wir unseren Klassengenossen der bürgerlichen Parteien, darunter auch die SPD und PdL, klarmachen, dass die BRD kein „Staat des ganzen Volkes“ ist und die bürgerlichen „Volksparteien“ keine Parteien des Volkes sind. Anhand der Ermordung von Karl Liebknecht und Rosa Luxemburg, sowie das Paktieren mit Faschisten durch die SPD, ganz zu schweigen von den anderen bürgerlichen Parteien, sollte man die Massen über den Klassencharakter des bürgerlichen Staates und der Parteien der Bourgeoisie aufklären, sowie aufzeigen, dass sich daran bis heute nichts prinzipielles geändert hat. Nicht durch verwässerte „Linksfronten“, wie bei der Demonstration „Unteilbar“, bei der, um die SPD mit ins Boot zu holen, der Aufruf so verwässert wurde, dass dort nur noch reine Zustandsbeschreibungen fast ohne Kausalitäten drinstanden, werden wir mit der werktätigen Parteibasis der bürgerlichen Parteien in Kontakt kommen, um für unsere Klasseninteressen einzustehen. Wir müssen klare, annehmenbare Forderungen stellen, welche unseren Klasseninteressen entsprechen, um auf dieser Grundlage die Einheit zu suchen und für diese auch zu kämpfen gegen die willigen Lakaien der Bourgeoisie an der Spitze ihrer Parteien. Auch nur so konnte der Spartakusbund zur KPD werden, durch den harten Kampf gegen bürgerliche Handlanger und die Vereinigung mit allen wirklich marxistisch, wahrlich revolutionär gesinnten Arbeitern. Nur so ist der Kampf um den Sozialismus möglich. An den revolutionären Prinzipien des Marxismus-Leninismus festhalten und bürgerliche Anschauungen, den Opportunismus und Revisionismus bekämpfen! Möge unsere Partei das Vermächtnis von Karl Liebknecht und Rosa Luxemburg im Kampf um die Einheit der Arbeiterklasse und den Sozialismus erfüllen! Hinfort mit den Verrätern an der Sache der Proletariats und des werktätigen Volkes! 1„Deutschland und die russische Revolution“ (Mitte 1917) In: Karl Liebknecht „Gesammelte Reden und Schriften“, Bd. IX, Dietz Verlag, Berlin 1971, S. 339. 2Notiz ohne Titel (1917) In: Ebenda, S. 340. 3„Fluch der Halbheit“ (September 1917) In: Ebenda, S. 357/358. 4„An Sophie Liebknecht“ (11. November 1917) In: Ebenda, S. 371. 5Notiz ohne Titel (Ende 1917/Anfang 1918) In: Ebenda, S. 385. 6Ebenda. 7„Diktatur des Prol. u. Demokratie“ (Ende 1917/Anfang 1918) In: Ebenda. 8„Aufgabe“ ( Ende 1917/Anfang 1918) In: Ebenda, S. 386. 9Vgl. „Das russische Beispiel zündet“ (Oktober 1918) In: Ebenda, S. 577. 10Vgl. „Taktische Situation der beiden Parteien bei den jetzigen Friedensverhandlungen“ (Dezember 1917/Januar 1918) und „Revolutionierung in Deutschl. durch russische Taktik“ (Dezember 1917/Januar 1918) In: Ebenda, S. 397 und 398. 11„Friede und Revolution“ (Anfang 1918) In: Ebenda, S. 404. 12Vgl. „An Sophie Liebknecht“ (6. Juli 1918) In: Ebenda, S. 545. 13Zit. nach: „Vorwort zum Band IX“ In: Ebenda, S. *27/*28. 14Vgl. „Die auswärtige Politik des Sozialismus“ (April 1918) In: Ebenda, S. 488. 15Ebenda, S. 488/489. 16Vgl. „Zu Rußland“ (Mai 1918) In: Ebenda, S. 503. 17Notiz ohne Titel (Mai 1918) In: Ebenda, S. 507. 18Vgl. „Über die Klassen der chinesischen Gesellschaft“ (März 1926) In: Mao Tse-tung „Ausgewählte Schriften“, Bd. I, Dietz Verlag, Berlin 1957, S. 12. 19„Wirkung des Krieges auf die innerpolitische Freiheit der Volksmassen“ (Juni 1918) In: Karl Liebknecht „Gesammelte Reden und Schriften“, Bd. IX, Dietz Verlag, Berlin 1971, S. 540. 20„Zur Lage der russischen Revolution“ (August 1918) In: Ebenda, S. 561. 21„Deutsche Arbeiter! Deutsche Soldaten!“ (September 1918) In: Ebenda, S. 567. 22„Fernspruch an den Vertreter der RSFSR in Berlin“ (23. Oktober 1918) In: W. I. Lenin „Über Deutschland und die deutsche Arbeiterbewegung“, Dietz Verlag, Berlin 1960, S. 457. 23„An den VI. Allrussischen Sowjetkongreß“ (6. November 1918) In: Karl Liebknecht „Gesammelte Reden und Schriften“, Bd. IX, Dietz Verlag, Berlin 1971, S. 588/589. 24„Die nächsten Ziele eures Kampfes“ (8./9. November 1918) In: Ebenda, S. 591. 25Vgl. „Erinnerungen an die Novemberrevolution in Berlin“ (1920) In: Wilhelm Pieck „Gesammelte Reden und Schriften“, Bd. I, Dietz Verlag, Berlin 1959, S. 429. 26„Bedingungen zum Eintritt in die Regierung“ (9. November 1918) In: Karl Liebknecht „Gesammelte Reden und Schriften“, Bd. IX, Dietz Verlag, Berlin 1971, S. 593. 27Vgl. „Erinnerungen an die Novemberrevolution in Berlin“ (1920) In: Wilhelm Pieck „Gesammelte Reden und Schriften“, Bd. I, Dietz Verlag, Berlin 1959, S. 430. 28Ebenda. 29Siehe: „An Paul Eckert“ (15. November 1918) In: Karl Liebknecht „Gesammelte Reden und Schriften“, Bd. IX, Dietz Verlag, Berlin 1971, S. 598. 30Siehe: „Für die freie sozialistische Republik Deutschland“ (9. November 1918) In: Ebenda, S. 594 f. 31„An den VI. Allrussischen Sowjetkongreß“ (6. November 1918) In: Ebenda, S. 589. 32„Das, was ist“ (21. November 1918) In: Ebenda, S. 604. 33Vgl. dazu u.a.: „Klarheit über Weg und Ziel“ (27. November 1918), „Leitsätze“ (28. November 1918), „An den Gründungsparteitag der Kommunistischen Arbeiterpartei Polens“ (13. Dezember 1918) und „Was will der Spartakusbund?“ (23. Dezember 1918) In: Ebenda, S. 617, 630, 640 und 649. 34„Feinde ringsum!“ (10. November 1918) In: Ebenda, S. 596. 35Ebenda, S. 597. 36„Klarheit über die Ziele schaffen“ (19. November 1918) In: Ebenda, S. 600. 37„Der neue Burgfrieden“ (19. November 1918) In: Ebenda, S. 603. 38Siehe: „Das alte Spiel“ (18. November 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 401. 39Siehe: Fred Oelßner „Rosa Luxemburg – Eine kritische biographische Skizze“, Dietz Verlag, Berlin 1952, S. 131. 40Vgl. „Was will der Spartakusbund?“ (23. Dezember 1918) In: Karl Liebknecht „Gesammelte Reden und Schriften“, Bd. IX, Dietz Verlag, Berlin 1971, S. 653/654. 41Vgl. Ebenda, S. 662. 42„Leitsätze“ (28. November 1918) In: Ebenda, S. 634. 43„Klarheit über Weg und Ziel“ (27. November 1918) In: Ebenda, S. 622/623. 44Vgl. „Rußland ist die Geburtsstätte der deutschen Revolution (Zeitungsbericht)“ (30. Dezember 1918) In: Ebenda, S. 679. 45Vgl. „Zum Programmentwurf; Solidarität mit dem revolutionären Rußland“ (31. Dezember 1918) In: Ebenda, S. 687. 46Ebenda. 47„An den Gründungsparteitag der Kommunistischen Partei Ungarns“ (2. Januar 1919) In: Ebenda, S. 706. 48„Der Konterrevolution entgegentreten!“ (15. Dezember 1918) In: Ebenda, S. 643. 49„Die Toten Mahnen“ (21. Dezember 1918) In: Ebenda, S. 647. 50„Wir sind der tatbereite Teil“ (6. Januar 1919) In: Ebenda, S. 708. 51„Trotz alledem!“ (15. Januar 1919) In: Ebenda, S. 710/711. 52„Karl Liebknecht“ (15. August 1936) In: Wilhelm Pieck „Gesammelte Reden und Schriften“, Bd. V, Dietz Verlag, Berlin 1972, S. 376. 53„Der revolutionäre Ausweg und die KPD“ (19. Februar 1932) In: Ernst Thälmann „Reden und Aufsätze 1930 – 1933“, Bd. I, Verlag Rote Fahne, Köln 1975, S. 440. 54Siehe: „Vollmacht“ (28. November 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Briefe“, Bd. 5, Dietz Verlag, Berlin 1987, S. 419. 55„Das revolutionäre Erbe Rosa Luxemburgs und die deutsche Arbeiterbewegung“ (1951) In: Wilhelm Pieck „Reden und Aufsätze“, Bd. III, Dietz Verlag, Berlin 1954, S. 68. 56Ebenda, S. 61. 57„Um Rosa Luxemburgs Stellung zur russischen Revolution“ (1922) In: Clara Zetkin „Ausgewählte Reden und Schriften“, Bd. II, Dietz Verlag, Berlin 1960, S. 424. 58Vgl. „Über die deutschen Linken“ (9. - 10. Dezember 1955) In: Hermann Duncker „Einführungen in den Marxismus“, Bd. I, Verlag Tribüne, Berlin 1958, S. 357. 59 „Das Offiziösentum der Theorie“ (Sommer 1913) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 3, Dietz Verlag, Berlin 1980, S. 321. 60Vgl. „Zur Spaltung der sozialdemokratischen Dumafraktion“ (21. November 1913) In: Ebenda, S. 356. 61Siehe: „Bemerkung zur Sitzung des Internationalen Sozialistischen Büros am 13. und 14. Dezember 1913 in London“ (23. Dezember 1913) In: Ebenda, S. 360 ff. 62Vgl. „Massenstreik, Partei und Gewerkschaften“ (1906) In: Ebenda, Bd. II, Dietz Verlag, Berlin 1974, S. 100. 63Vgl. „Brief an Marta Rosenbaum“ (Zwischen 4. und 9. Februar 1917) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Briefe“, Bd. 5, Dietz Verlag, Berlin 1987, S. 168. 64„Russische Probleme“ (7. April 1917) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 257. 65„Brief an Marta Rosenbaum“ (Zwischen 4. und 9. Februar 1917) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Briefe“, Bd. 5, Dietz Verlag, Berlin 1987, S. 168. 66„Brief an Marta Rosenbaum“ (Nach dem 12. November 1917) In: Ebenda, S. 319. 67Ebenda. 68„Brief an Luise Kautsky“ (24. November 1917) In: Ebenda, S. 329. 69„Brief an Franz Mehring“ (24. November 1917) In: Ebenda. 70„Brief an Clara Zetkin“ (24. November 1917) In: Ebenda, S. 332. 71Vgl. „Erklärung“ (20. Dezember 1921) und „Um Rosa Luxemburgs Stellung zur russischen Revolution“ (1922) In: Clara Zetkin „Ausgewählte Reden und Schriften“, Bd. II, Dietz Verlag, Berlin 1960, S. 381 und 385. 72„Brief an Luise Kautsky“ (25. Juli 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Briefe“, Bd. 5, Dietz Verlag, Berlin 1987, S. 404. 73„Zur Russischen Revolution“ (Sommer 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 352. 74„Um Rosa Luxemburgs Stellung zur russischen Revolution“ (1922) In: Clara Zetkin „Ausgewählte Reden und Schriften“, Bd. II, Dietz Verlag, Berlin 1960, S. 412. 75Vgl. „Zur Russischen Revolution“ (Sommer 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 333. 76Vgl. Ebenda, S. 340. 77Vgl. Ebenda, S. 338. 78Ebenda, S. 341 79Vgl. Ebenda. 80Ebenda. 81Vgl. Ebenda. 82Siehe dazu bspw.: Ebenda, S. 349. 83Vgl. Ebenda, S. 352. 84Ebenda, S. 357. 85Vgl. Ebenda, S. 356. 86Vgl. Ebenda, S. 354. 87Vgl. Ebenda. 88„Die proletarische Revolution und der Renegat Kautsky“ (Oktober/November 1918) In: W. I. Lenin „Ausgewählte Werke in sechs Bänden“, Bd. IV, Dietz Verlag, Berlin 1973, S. 592. 89Siehe: Ebenda, S. 596. 90Siehe: „Zur Russischen Revolution“ (Sommer 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 356. 91Vgl. Ebenda, S. 357. 92Vgl. Ebenda, S. 358. 93Ebenda, S. 362. 94„Die proletarische Revolution und der Renegat Kautsky“ (Oktober/November 1918) In: W. I. Lenin „Ausgewählte Werke in sechs Bänden“, Bd. IV, Dietz Verlag, Berlin 1973, S. 579. 95Vgl. Ebenda, S. 578. 96Ebenda, S. 579. 97„Zur Russischen Revolution“ (Sommer 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 342. 98Vgl. „Die proletarische Revolution und der Renegat Kautsky“ (Oktober/November 1918) In: W. I. Lenin „Ausgewählte Werke in sechs Bänden“, Bd. IV, Dietz Verlag, Berlin 1973, S. 641. 99„Zur Russischen Revolution“ (Sommer 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 342. 100Vgl. „Die proletarische Revolution und der Renegat Kautsky“ (Oktober/November 1918) In: W. I. Lenin „Ausgewählte Werke in sechs Bänden“, Bd. IV, Dietz Verlag, Berlin 1973, S. 639. 101Siehe dazu: Ebenda, S. 644 f. 102„Zur Russischen Revolution“ (Sommer 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 344. 103Siehe dazu auch: „Die proletarische Revolution und der Renegat Kautsky“ (Oktober/November 1918) In: W. I. Lenin „Ausgewählte Werke in sechs Bänden“, Bd. IV, Dietz Verlag, Berlin 1973, S. 640. 104Ebenda, S. 638. 105Vgl. Ebenda. 106Vgl. „Zur Russischen Revolution“ (Sommer 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 343. 107Ebenda, S. 345. 108Siehe dazu: Friedrich Engels „Über die Bauernfrage in Frankreich und Deutschland“ (November 1894) In: Karl Marx/Friedrich Engels „Ausgewählte Werke in sechs Bänden“, Bd. VI, Dietz Verlag, Berlin 1974, S. 444. Dort schrieb er: „Unsre Aufgabe gegenüber dem Kleinbauer besteht zunächst darin, seinen Privatbetrieb und Privatbesitz in einen genossenschaftlichen überzuleiten, nicht mit Gewalt, sondern durch Beispiel und Darbietung von gesellschaftlicher Hilfe zu diesem Zweck.“ 109Vgl. „Zur Russischen Revolution“ (Sommer 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 365. 110„Fragment über Krieg, nationale Frage und Revolution“ (Sommer 1918) In: Ebenda, S. 370. 111Ebenda, S. 373. 112Vgl. „Die russische Tragödie“ (September 1918) In: Ebenda, S. 385. 113Vgl. Ebenda, S. 391. 114Vgl. Ebenda, S. 392. 115Vgl. Ebenda, S. 389. 116 Ebenda. 117 Siehe dazu: „Einige Erfahrungen aus der Geschichte unserer Partei“ (25. September 1956) In: Mao Tsetung „Ausgewählte Werke“, Bd. V, Verlag für fremdsprachige Literatur, Peking 1978, S. 369 – 371. 118 „Um Rosa Luxemburgs Stellung zur russischen Revolution“ (1922) In: Clara Zetkin „Ausgewählte Reden und Schriften“, Bd. II, Dietz Verlag, Berlin 1960, S. 418. 119 Siehe: Rosa Luxemburg „Gesammelte Briefe“, Bd. 5, Dietz Verlag, Berlin 1987, S. 412 – 415. 120 „Der Anfang“ (18. November 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 397. 121 Ebenda. 122 „Auf die Schanzen“ (15. Dezember 1918) In: Ebenda, S. 454. 123 „Die Nationalversammlung“ (20. November 1918) In: Ebenda, S. 408. 124 Vgl. Ebenda, S. 410. 125 „Ein gewagtes Spiel“ (24. November 1918) In: Ebenda, S. 414. 126 „Das alte Spiel“ (18. November 1918) In: Ebenda, S. 403. 127 „Um Rosa Luxemburgs Stellung zur russischen Revolution“ (1922) In: Clara Zetkin „Ausgewählte Reden und Schriften“, Bd. II, Dietz Verlag, Berlin 1960, S. 413. 128 Vgl. „Die Sozialisierung der Gesellschaft“ (4. Dezember 1918) In: Ebenda, S. 431. 129 „Nationalversammlung oder Räteregierung?“ (17. Dezember 1918) In: Ebenda, S. 463. 130 „Brief an Lenin“ (20. Dezember 1918) In: Rosa Luxemburg „Ausgewählte Reden und Schriften“, Bd. II, Dietz Verlag, Berlin 1951, zwischen S. 624 und 625. Aus unerklärlichen Gründen fehlt dieser Brief in Band 5 der „Gesammelten Briefe“ von Rosa Luxemburg, obwohl dieser Brief vom Zeitraum her genau in diesen Band hätte aufgenommen werden müssen; bekannt war dieser Brief damals (80er Jahre) schon seit Jahrzehnten. 131 Vgl. „Was will der Spartakusbund?“ (14. Dezember 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 447. 132 Vgl. „Brief an Clara Zetkin“ (25. Dezember 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Briefe“, Bd. 5, Dietz Verlag, Berlin 1987, S. 422. 133 Vgl. Ebenda. 134 Vgl. „Brief an Clara Zetkin“ (11. Januar 1919) In: Ebenda, S. 427. 135 „Parteitag der Unabhängigen SP“ (29. November 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 424. 136 Vgl. „Was will der Spartakusbund?“ (14. Dezember 1918) In: Ebenda, S. 448. 137 Vgl. „Um Rosa Luxemburgs Stellung zur russischen Revolution“ (1922) In: Clara Zetkin „Ausgewählte Reden und Schriften“, Bd. II, Dietz Verlag, Berlin 1960, S. 456. 138 „Korreferat zur Politik der USPD“ (15. Dezember 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 456. 139 Vgl. „Rede für die Beteiligung der KPD an den Wahlen zur Nationalversammlung“ (30. Dezember 1918 – 1. Januar 1919) In: Ebenda, S. 480. 140 Vgl. „Unser Programm und die politische Situation“ (30. Dezember 1918 – 1. Januar 1919) In: Ebenda, S. 488 – 490. 141 Ebenda, S. 508. 142 Siehe ebenda. 143 Vgl. „Protestresolution gegen das Vorgehen der deutschen Regierung im Osten“ (30. Dezember 1918 – 1. Januar 1919) In: Ebenda, S. 511. 144 „Der erste Parteitag“ (3. Januar 1919) In: Ebenda, S. 512. 145 Siehe dazu bspw.: „Ein Schritt vorwärts, zwei Schritte zurück“ (Mai 1904) In: W. I. Lenin „Werke“, Bd. 7, Dietz Verlag, Berlin 1956, S. 255. 146 „Der erste Parteitag“ (3. Januar 1919) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 514. 147 Vgl. „Das Versagen der Führer“ (11. Januar 1919) In: Ebenda, S. 525/526. 148 „Ein Schritt vorwärts, zwei Schritte zurück“ (Mai 1904) In: W. I. Lenin „Werke“, Bd. 7, Dietz Verlag, Berlin 1956, S. 419/420. 149 Vgl. „Um Rosa Luxemburgs Stellung zur russischen Revolution“ (1922) In: Clara Zetkin „Ausgewählte Reden und Schriften“, Bd. II, Dietz Verlag, Berlin 1960, S. 444. 150 „Die kleinen Lafayette“ (Oktober 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 396. 151 Vgl. „Brief an Clara Zetkin“ (11. Januar 1919) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Briefe“, Bd. 5, Dietz Verlag, Berlin 1987, S. 427. 152 Vgl. Ebenda. 153 Ebenda. 154 Siehe dazu auch: „Über die Praxis“ (Juli 1937) In: Mao Tse-tung „Ausgewählte Werke“, Bd. I, Verlag für fremdsprachige Literatur, Peking 1968, S. 349. 155 „Die Reichskonferenz des Spartakusbundes“ (29. Dezember 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 478. 156 „Notizen eines Publizisten“ (Ende Februar 1922) In: W. I. Lenin „Werke“, Bd. 33, Dietz Verlag, Berlin 1977, S. 195. 157 Siehe: „Karl Liebknecht und Rosa Luxemburg müssen für die Massen lebendig bleiben“ (18. Januar 1919) In: Clara Zetkin „Ausgewählte Reden und Schriften“, Bd. II, Dietz Verlag, Berlin 1960, S. 72. 158 Fred Oelßner „Rosa Luxemburg – Eine kritische biographische Skizze“, Dietz Verlag, Berlin 1952, S. 216/217. 159 „Willkommen, Waffenbrüder der Beobachtungsgruppe des US-Militärs“ (15. August 1944) In: Mao Zedong „On Diplomacy“, Foreign Languages Press, Beijing 1998, S. 27, Englisch. Eigene Übersetzung. 160 „Aus: Notizen eines Publizisten“ (Ende Februar 1922) In: W. I. Lenin „Über Deutschland und die deutsche Arbeiterbewegung“, Dietz Verlag, Berlin 1960, S. 619. 161 Zit. nach: Fred Oelßner „Rosa Luxemburg – Eine kritische biographische Skizze“, Dietz Verlag, Berlin 1952, S. 131. 162 Zit. nach: „Das alte Spiel“ (18. November 1918) In: Rosa Luxemburg „Gesammelte Werke“, Bd. 4, Dietz Verlag, Berlin 1979, S. 401. 163 „Um Rosa Luxemburgs Stellung zur russischen Revolution“ (1922) In: Clara Zetkin „Ausgewählte Reden und Schriften“, Bd. II, Dietz Verlag, Berlin 1960, S. 384. 164 „Das geschichtliche Versagen der Führer der SPD“ (27. Juni 1962) In: Hermann Matern „Im Kampf für Frieden, Demokratie und Sozialismus“, Bd. II, Dietz Verlag, Berlin 1963, S. 451. 165 „Rosa Luxemburg und Karl Liebknecht – Vorkämpfer für den Frieden“ (15. Januar 1949) In: Walter Ulbricht „Zur Geschichte der deutschen Arbeiterbewegung“, Bd. III Zusatzband, Dietz Verlag, Berlin 1971, S. 629/630. 166 Siehe: https://www.morgenpost.de/politik/article214324161/Sachsen-will-Polizei-Panzer-mit-Maschinengewehren-ausstatten.html Read the full article
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fluidsberlin · 3 years ago
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#karlliebknecht #demoberlin #stadtkind #antifaschismus #modernrevolution #builtonsand #aufsandgebaut #antifa #klassegegenklasse #internationalistischerblock https://www.instagram.com/p/CYbBBX8seCZ/?utm_medium=tumblr
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xtausendineinemx · 9 years ago
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Nie wieder Faschismus!
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fritz-letsch · 5 years ago
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Thule, der Tiefe Staat in der Revolutionszeit Bayern
Bild: Begräbniszug Ministerpräsident Kurt Eisner am 26.2.1919 von der Theresienwiese zum Ostfriedhof Die Thule-Gesellschaft München residierte im Hotel Vier Jahreszeiten, dem besseren Hotel aus besseren Zeiten, war also den Räten und revolutionären ArbeiterInnen nicht so sehr bekannt, auch wenn es durchaus später Polizei-Durchsuchungen gab. Feme-Morde gab es schon in der Räte-Zeit, nicht nur an Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht und Kurt Eisner:
Arische Geheimgesellschaft mit Hakenkreuz
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Die Mitglieder der geheimen Gesellschaft, die ab 1917 dort fast jeden Samstag feierliche Aufnahme-Rituale oder Vorträge veranstaltete, hatte zwei Ebenen, wie so manche Burschenschaften, Freimaurer-Logen und ähnliche Geheimbünde auch heute noch: Der Kreis der Eingeweihten, in diesem Fall nur Männer, die drei Generationen "judenrein" waren, also im Stammbaum nachweislich arisch ... (später, unter Hitler, wirken die Nürnberger Rassen-Gesetze) Der Kreis der einfachen Mitglieder, hier auch Frauen und ein Frauenchor, der feierliche Anlässe gestalten durfte, Mitarbeitende und Bürokräfte, die auch bei den Räten als "ArbeiterInnen" die Spitzeldienste leisteten. Sie führten bei den Räte-Versammlungen bereitwillig die Protokolle, sie klauten Ausweis-Formulare und Stempel, Formulare für Regierungs- Bahn-Freifahrscheine, sie stellten sogar Leute mit roter Arbeiterrat-Armbinde vor ihr Einfahrtstor in der Marstall-Straße, den Lieferanten-Eingang seitlich vom Hotel.
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Das Waffenlager war unter der Tribüne oder hinter der Tür gut getarnt. Durch Anzeigen in Zeitungen wurde Werbung gemacht. Der "Münchner Beobachter", eine Sport-Zeitung, die weder die Arbeiter noch die Intellektuellen lasen, war ihr "Fachblatt": Später wurde daraus der Völkische Beobachter.
Der tiefe Staat
Wenn wir heute die Geheimdienste betrachten, und ihr durch zahlreiche V-Leute betreutes Morden im NSU, haben wir es mit der Fortsetzung zu tun: Ein Geheimdienst-Chef, der mit den Rechten zusammen arbeitet und ihnen Nachrichten zu schiebt: Das hatte es auch damals gegeben. Nachrichtendienst Kraus war es genannt. Von der etwas später entstehenden Gestapo, noch später die Organisation Gehlen der Ost-Aufklärung, die zum BND wurde, und dann ein bayrischer Verfassungsschutz mit Mitarbeitenden aus den Reihen der Polizei, damit die nach ihren jungen Jahren im Außendienst ein sicheres Pöstchen bekommen. Damit haben die Geheimen die besten informellen Verbindungen überall vor Ort, auch mit "Ehemaligen", die alle kollegialen Arbeitsfelder und die Verantwortlichen kennen.
Der Eisner-Mord
Aus katholisch-monarchischer Burschenschaft Rhaetia durch den Kardinal motiviert, so weit ist es nachweisbar, denn der 21jährige  Jura-Studierende war dort Mitglied, (und wurde bis vor Jahren auf der Webseite verehrt) denn mit jüdischer Mutter kam er nicht weit in die antisemitischen Kreise der Thule-Gesellschaft, aber der tiefe Staat ist in den adeligen und katholischen Kreisen ebenso existent und wollte später die Monarchie wieder herstellen. Kardinal Faulhaber, im Krieg "königlicher Feldkaplan", wurde als noch als königlicher Hofkaplan geadelt, damit er unter den Hofschranzen bestehen konnte, verlor mit der Flucht des Königs "seinen Kopf"! Er bekam Angstzustände mit Herzrasen, wie er in seinem unlängst veröffentlichten stenografischen Tagebuch schreibt.
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Voll Angst vor den Revolutionären, die er auch auf keinen Fall empfangen wollte, schottete er sich ab und hetzte in den Hirtenbriefen über die Kanzeln des Landes vom "betlehemitischen Kindermord" und der Abschaffung des Zwangs zum Religionsunterricht als Untergang seiner Welt ... gegen die Regierung "von Jehovas Zorn". Sein damals "normaler" katholischer Antisemitismus sprach noch in den Liturgien bis in die 1970er Jahre von der "Unbelehrbarkeit der Juden", bis der Skandal in den Passionsspielen in Oberammergau deutlich wurde. Aber auch Ratzinger war unbelehrbar geblieben ... Die Hetze gegen die Juden bezog sich nicht nur auf die Regierung, die er nicht anerkennen wollte: Er empfahl dem päpstlichen Botschafter, dem Nuntius, in die Schweiz und nach Rom zu fliehen ...  Durch das Konkordat kaufte Hitler, den er verehrte, sein Schweigen zu den Judenverfolgungen, er setzte sich auch kaum für die bis zu 100 Priester im Konzentrationslager Dachau ein. Ausrufung der ersten Räterepublik 07.04.1919 Am 6. April sprach sich ein außerordentlicher Parteitag der SPD Oberbayerns in München mit 240 gegen 13 Stimmen für die Räterepublik aus – „unter der Voraussetzung, dass die drei sozialistischen Parteien (Mehrheitssozialisten, Unabhängige und Kommunisten) sich an der Durchführung der Räterepublik beteiligen.“ Als Tollers Zustimmung vorlag, wurde am Abend des 6. April auf einer von Niekisch geleiteten Sitzung im Wittelsbacher Palais die Proklamation der „Räterepublik Baiern“ – mit Wirkung zum 7. April, 12 Uhr mittags – und die Bildung eines neben dem weiter bestehenden Zentralrat agierenden Rates der Volksbeauftragten beschlossen. Die Verwendung des „i“ statt des „y“ war als antimonarchistische Spitze gegen die seinerzeit von Ludwig I. angeordnete Schreibweise gedacht. „Die Diktatur des Proletariats ist Tatsache! Eine Rote Armee wird sofort gebildet! Eine Verbindung mit Rußland und Ungarn wird sofort aufgenommen. Eine Gemeinschaft zwischen dem royalistischen Bayern und dem Kaiserdeutschland mit dem republikanischen Aushängeschild kann nicht mehr sein! Ein Revolutionsgericht wird jeden Versuch reaktionärer Machenschaften rücksichtslos ahnden. Die Lügenfreiheit der Presse hört auf. Die Sozialisierung des Zeitungswesens sichert die wahre Meinungsfreiheit des revolutionären Volkes.“ – Erich Mühsam und Gustav Landauer (1919) Die Menschen strömen am Tag der Ausrufung der ersten Räterepublik (wikipedia) am 7.04.1919 auf dem Stachus zusammen. Ausrufung-der-ersten-Räterepublik-07-04-1919 Stadtarchiv DE-1992-FS-REV-039 https://stadtarchiv.muenchen.de/scopeQuery/detail.aspx?ID=614374 "Die einflussreichsten Persönlichkeiten der neubegründeten Räterepublik waren neben dem 26-jährigen Toller (der die von Niekisch abgegebene Leitung des Zentralrats übernahm und damit formell „Staatsoberhaupt“ war) die Anarchisten Gustav Landauer (als Volksbeauftragter für Volksaufklärung), Erich Mühsam (der sich selbst als Volksbeauftragter für Äußeres ins Gespräch gebracht hatte, aber von Toller und Landauer abgelehnt worden war) und Silvio Gesell (als Volksbeauftragter für Finanzen)." wikipedia.org/wiki/M%C3%BCnchner_R%C3%A4terepublik Der Aufruf zum Palmsonntags-Putsch am 13. April 1919 ging noch schief: Aus der Thule-Gesellschaft mit Kontakt und Unterstützung der Mehrheits-SPD- Regierung, die nach Bamberg geflohen war, weil sie in München die Macht der Räte fürchtete. Die Räte-Mitglieder sollten festgenommen und entführt werden, so wie Erich Mühsam, den sie erwischten, und "Dreizehn Personen, darunter der Volksbeauftragte Soldmann, und die Mitglieder des Zentralrats Dr. Wadler ... und Kandlbinder" Die weiteren Räte konnten gewarnt werden, denn Zenzl Mühsam telefonierte herum ... Die Verbindungen zum Polizei-Chef waren Bestens, denn er gehörte zu den eigenen Thule-Reihen ... wie auch etliche Richter und Staatsanwälte, und die Thule-Berichte sind in dem Fall sicher glaubwürdig: Bevor H. kam ... ein von Hitler abgelehntes und vernichtetes Buch. Verbindungen in der Justiz Nach der Räte-Zeit: Die haarsträubendsten Urteile, Freispruch für alle heldischen Mitkämpfer, beginnend bei Arco Valley, aber auch die späteren Mörder: Zuerst angebliches Kriegsrecht, Standrecht, die üblichen "Befehle von oben", dann fehlen die Akten, wissen die Zeugen nichts mehr,  ... Verbindungen im Militär Die Organisation der Übernahme München durch Freikorps, die arbeitslosen Soldaten und arische Kämpfer Verbindungen zum Geld Heute ist es der Enkel August von Finck, in den 30er Jahren war es der Großvater August von Finck, der dem Führer die Sammel-Aktion für seinen Wunsch, das "Haus der Deutschen Kunst", organisierte, unter Siemens und Co ... der heute aus der Schweiz und über Leute den Goldhandel der Degussa die Finanzierung der AfD organisiert. Die Ideologen Ein Herr Lehmann, mit Geld aus einem Medizin-Verlag, aber auch diverser gekränkter Adel, die bisher Reichen, die sich und ihr Vermögen gefährdet sahen, dazu ein geschickter Organisator mit Häuschen (der Frau) in Bad Aibling, wo sie eine Entführung von Kurt Eisner sogar mit der örtlichen Polizei geplant und angezettelt hatten, die aber durch den robusten Einsatz des Bauernbundes verhindert wurde ... Alldeutsche - bis zum lutherischen Pfarrer in Perlach und die Ermordung eines Dutzend sozialdemokratischer Handwerker am Hofbräukeller Freiherr von Gagern schlägt Gustav Landauer und gibt ihn damit den Soldaten zur Mißhandlung und Ermordung frei, verhandelt und verurteilt wird nur das Klauen seiner Taschenuhr ... NSU und die Dienste und die Verflechtung in der Polizei im Osten Die Verbrüderung der Polizisten und der V-Leute in den neuen "führungslosen Gruppen" ist breit dokumentiert: Vor allem als Akten-Schreddern, Aussage-Verweigerung, angebliche Unkenntnis,
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wird noch ausgebaut - und Mitwirkende werden gerne eingebunden: und viel mehr dazu - etwas versteckt - in www.raete-muenchen.de Read the full article
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fraumaja · 9 years ago
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#karlliebknecht #kunst #potsdam #lustgarten (hier: Lustgarten)
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dominicarizona · 11 years ago
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Sheltered against the storm on #KarlLiebknecht Strasse #BerlinCathedral #Berlin @lonelyplanet
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piratennrw · 8 years ago
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In Gedenken an Karl Liebknecht - unermüdlicher Kämpfer für Frieden und Freiheit. #KarlLiebknecht #LLDemo http://pic.twitter.com/FysXpB0bNs
— Piratenpartei NRW (@PiratenNRW) January 15, 2017
Link zum Tweet: http://twitter.com/PiratenNRW/status/820554840292126720 January 15, 2017 at 09:54AM
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