#ipnosi di strada
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drclaudiosaracinodcsworld · 2 years ago
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susieporta · 3 months ago
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Sette di Bastoni
"Da burattini a Uomini d'Onore"
Le Energie di Settembre ci portano a rivedere il nostro Passato.
E mentre ricostruiamo interiormente a fatica "i torti e le ragioni", le "occasioni perse o lasciate", "le vittorie e le sconfitte", ci rendiamo conto che quella storia "non siamo più noi", da tempo.
I personaggi sembrano marionette che si muovono dinoccolate su un palco, incoscienti di essere tirate da un filo e governate dalle "sapienti" mani di un burattinaio.
E tutta la narrazione sembra "uguale a se stessa".
Stesso film, stesso copione, stessa dinamica.
E' commovente assistere alla scena di Pinocchio che diventa Bambino.
Ma ci dispiace per quel "pezzo di legno".
Era stato creato con tanta dedizione da Geppetto, padre materiale e spirituale di Pinocchio, che insieme alla sua creazione, matura il senso della Genitorialità come funzione evolutiva.
Nell'incoscienza, Geppetto offre il dono della Vita ad un "figlio surrogato", un burattino parlante, per riempire il proprio vuoto d'Amore. E sempre nell'inconsapevolezza, si ritrova catapultato nel viaggio verso la propria Rinascita interiore.
Per riconquistare "il diritto all'incarnazione" Pinocchio si perde tra le contraddizioni dell'Esistenza, sbattuto qua e là, nella mancanza assoluta di connessione interiore, di direzione, di radicamento, disperso nella dolorosa degenerazione dell'Io.
Ancora oggi è così.
Molti individui vivono la Vita senza provare l'Amore. Appiattiti nell'inedia, nella ipnosi del piacere compensativo fine a se stesso.
O esasperati dalla radicata mancanza di punti di riferimento, dalla ribellione, dall'autosabotaggio, dalla solitudine e dal vuoto interiore, dalla rabbia e dall'insofferenza, governati da fili invisibili che li incatenano ad uno schema disfunzionale invisibile, ma più potente di qualsiasi altra gabbia interiore.
Pinocchio incontra la Fata Turchina. Un Entità che da bambina, matura il proprio spazio energetico femminile e diventa "madre interiore".
Essa lo pone di fronte alla Menzogne che racconta a se stesso per non maturare, per non crescere nella Verità.
Lo pone di fronte alle sue scelte distruttive.
Pinocchio poi matura. E matura attraverso l'affettività e l'empatia.
Il "donarsi" all'altro con Amore e Verità, lo rende finalmente "Umano".
Rompe l'incantesimo della prigione di legno e lo trasforma in un Maschile responsabile ed "energeticamente vitale".
E' questa la Strada.
E' la Strada che ci propone di percorrere Settembre.
La Via della Responsabilità e della Maturità affettiva.
Per divenire Uomini e Donne integri, emozionalmente presenti, onesti e non più schiavi dei "fili del burattinaio".
Per divenire Maschili e Femminili energeticamente potenti e sani e "genitori interiori" consapevoli e abbondanti nell'accoglienza e nell'Amore.
Mirtilla Esmeralda
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be-appy-71 · 2 years ago
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Ora ti svelo un segreto. Da quando ti conosco, ho una strana abitudine.
Ogni notte, prima di addormentarmi, chiudo gli occhi e ripenso al nostro primo incontro.
Per quanto possa provarci, anche a distanza di tempo, è impossibile spiegarti che gran casino hai combinato. Come faccio a spiegarti la forza di un uragano?
Tremavo all'idea di doverti vedere.
Avevo il terrore che mi dicessi: "no guarda, mi sono sbagliato...sei simpatica, ma non sei il mio tipo!!" ( che tradotto significa: sei brutta, ma non posso dirtelo perché sono gentile).
Non sapevo come salutarti. Ciao? Troppo banale! Una stretta di mano? Troppo formale!
Cosa ti avrei detto? Se non avessi trovato argomenti?
Tu lo sai che le parole non mi mancano,eppure le avevo perse completamente.
Poi, ti ho visto e il mondo  si è fermato! Esistevamo solo io e te.
Esistevano solo i tuoi occhi e il tuo sorriso.
Credo di aver sperimentato, inconsapevolmente, gli effetti dell' ipnosi.
Fortunatamente,hai fatto tutto tu, io sembravo imbalsamata!!
Hai aperto le braccia e io mi ci sono letteralmente  tuffata. Un abbraccio mi è bastato per sentirmi a casa.
Il nostro primo bacio, lo ricordi? Io si... è stato un assaggio di Paradiso.
Ricordo  il cuore che andava a mille e il tuo profumo. Ricordo che , parlando a me stessa, ho detto a voce  troppo alta: " ho paura, non ricordo più come si fa". Cavolo!!! Avrai pensato che fossi una demente.
Poi...poi credo che siano esplose un miliardo di supernova nell'universo!!!
Eravamo persi... l'uno dell'altra, l'una nell'altro.
Abbiamo camminato per la città come due ubriachi.
Chi ci ha visti in quello stato, avrà  pensato che lo fossimo davvero ...ma loro non sapevano che l'amore ubriaca più del vino.
Lo sai?
Da quella sera,non ho più ritrovato la strada.
Da quella sera,non  mi è passata ancora la sbornia!!!
Corinna Aghelopulos
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coach4y · 2 months ago
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Astrologia Karmica e Ipnosi per ritrovare la tua strada
Astrologia Karmica e Ipnosi: Come Capire e Superare i Blocchi Che Impediscono la Tua Evoluzione Molte persone si sentono intrappolate in schemi ripetitivi di vita, relazioni difficili o sfide che sembrano impossibili da superare e questo potrebbe essere il risultato di blocchi karmici accumulati nel corso delle vite passate. L’astrologia karmica e l’ipnosi offrono un percorso per comprendere…
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charlievigorous · 3 years ago
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"Il professore belga Mattias Desmet, il principale esperto psicologo di tirannia, di totalitarismo e di come si forma l’ipnosi di massa, spiega:
“I genitori che fanno punturare così avidamente i loro figli entrano nella coscienza della folla che si chiama ‘formazione di massa’. Questo cambiamento sociale avviene quando c’è o c’è stato un periodo di paura fluttuante, ed è un passo sulla strada verso uno stato totalitario. Il totalitarismo inizia sempre con una formazione di massa all’interno della popolazione.
Non è la stessa cosa di una dittatura. In una dittatura, la gente obbedisce per paura fondamentale del dittatore al vertice, ma il totalitarismo è l’opposto. Le persone sono ipnotizzate per obbedire “al bene della collettività”. (…) non sono più razionali o critiche come una volta, non seguono piu' la logica".
È per questo motivo che tutti conosciamo amici che una volta erano molto intelligenti e compassionevoli, ma che sono diventati piuttosto stupidi e non vogliono più ascoltare altre voci.
Sono intolleranti, a volte persino meschini o crudeli.
In ipnosi, il focus dell'attenzione si restringe sempre di più fino a quando la persona non riesce più a vedere o sentire, al di là della sua visione molto ristretta, ciò che è reale. E' stato provato che in un profondo stato di ipnosi e' possibile subire un intervento chirurgico senza provare il minimo dolore. In questo stato neanche il dolore o il disagio provato dalla minoranza dissenziente viene piu' percepito.
Come sostiene Desmet, l’ipnosi di massa richiede alcune condizioni in contemporanea per avere luogo. Queste condizioni sociali purtroppo sono state gia' raggiunte. La paura e l’isolamento che molti hanno provato prima e durante la pandemia ha trovato il suo perfetto “oggetto della paura” e tale oggetto è saldamente incorporato nella narrazione della pandemia e dei vaccini. Gli ipnotizzati non possono tollerare o permettere il dissenso o una voce diversa e non vogliono nemmeno sentire domande. A loro sfugge totalmente il principio della logica, della razionalita' e della coerenza.
Ma quando si sveglieranno, la loro “terribile paura” ritornerà e i leader delle masse non possono nemmeno permettere che le masse si sveglino, perché quando le masse si sveglieranno e vedranno i veri danni e le perdite subite, si arrabbieranno con coloro che hanno causato il danno e probabilmente cercheranno di perseguitare quei leaders.
Nella storia, gli organizzatori di addestramenti di massa vengono sempre perseguitati una volta che le masse si svegliano ed escono dallo stato di ipnosi.
Il 30% delle persone sono profondamente ipnotizzate.
Il 40% non lo è, ma segue le masse. Sono i cosiddetti "conformisti". Quando il 40% smetterà di sentire il dissenso della ragione, si unirà purtroppo agli ipnotizzati e li seguirà. Credo che adesso ci troviamo precisamente a questo punto.
Poi c'e' l’ultima parte: il 30% che non può essere ipnotizzato, e il che non ha niente a che vedere ne' col grado di cultura, ne' con l'educazione, e neanche con lo status sociale o la capacita' intellettuale. Semplicemente sono persone che per motivi del tutto soggettivi sono refrattarie allo stato di ipnosi. Questo 30% e' l'unica via d'uscita da questa drammatica situazione, ma solo se continua ad opporsi ed a parlare.
Nel totalitarismo, quando le ultime voci dissenzienti si arrendono e vengono messe a tacere, le masse iniziano a commettere atrocità abominevoli in nome della solidarietà e del collettivo.
Il 30% dei non ipnotizzati è un misto di diversi gruppi e di diverse religioni, tendenze politiche o status sociali.
Se questi gruppi non trovano un terreno comune per unirsi, perdono, e senza le voci coraggiose e persistenti dei dissidenti, anche il 40% cade.
Il professor Desmet dice che l’ipnosi e l’addestramento di massa che sta osservando in questo momento storico è uno stato che porta chiaramente al totalitarismo.
In uno stato totalitario, persone un tempo normali commettono assurde atrocità nella convinzione di essere nel giusto.
Se teniamo unito il 30% che è ancora sveglio e razionale, e parliamo tutti insieme e ogni giorno a tutti quelli che incontriamo di questo fenomeno, cioe'del fenomeno della formazione delle masse, contro la narrazione dominante, le masse si dissolveranno e la crisi finirà.
Non c’è bisogno di dire molto. Basta dire piccole cose, come:
“Niente di tutto questo ha senso”,
“I dati dicono qualcos’altro”,
"In tutto questo non esiste logica ne' coerenza".
Dillo al laureato, dillo al cassiere, dillo al benzinaio dillo al riparatore... fai di tutto per dirlo.
Questa è l’arte della "resistenza"; piantare semi di dubbio, parole di disaccordo.
E che l'infinita e buona coscienza dell'Universo ci aiuti. Coloro che non imparano dalla storia sono condannati a ripeterla." CORAGGIO, FACCIAMOLO!
Piantiamo ovunque i semi tenaci e testardi del DUBBIO! Possiamo farlo in casa e fuori, a tutte le età e in qualsiasi condizione fisica noi possiamo essere!
BBB💪❤️🇮🇹🙏👍
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scillame-skinofmysoul · 5 years ago
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DAL CORONAVIRUS ALLA EGREGORA
Cosa sta succedendo realmente in Italia? Siamo di fronte ad una vera emergenza sanitaria, o ci stanno prendendo ancora una volta per il didietro?
Siamo veramente ad un passo dalla fine della civiltà umana, o il virus dagli occhietti a mandorla rientra nella classica manovra di controllo economico e sociale? Una cosa è certa: sono bastati pochi casi qua e là per innescare, come un effetto domino, la paura più recondita dell'essere umano. Per essere onesti, il “qua e là” non è proprio corretto, visto che stranamente ne sono state interessate le due locomotive economiche del Paese: la Lombardia con 47 casi e il Veneto con 12. L'analisi della distribuzione dei focolai indica che le comunità cinesi si sono stanziate solo al Nord. Ma se sono i cinesi (e le persone andate in viaggio in Asia) a portare il virus, è molto strano che non ci siano casi a Roma o in altre grandi città ben compartecipate da lavoratori cinesi e/o viaggiatori...
La gente è letteralmente terrorizzata dagli avvoltoi che lavorano nei media maistream, squallidi esseri abituati a sguazzare nella melma emotiva ogni giorno. Ma altri problemi si affiacciano all'orizzonte per l'uomo moderno: i social e gli smartphone. Basta infatti accedere a Facebook o avere un semplice account Whatsapp per essere letteralmente infettati da messaggi terroristici della peggiore specie. Quello che sta girando sotto forma di byte è sicuramente molto più pericoloso del virus stesso! A buttare benzina sul fuoco e alimentare la paura ci hanno pensato le amministrazioni comunali e regionali facendo chiudere attività commerciali, negozi e addirittura scuole.
PENSIERI ED EGREGORA Quando molti pensieri si focalizzano in una unica direzione, e quando questi pensieri sono associati e potenziati da forti emozioni, come per esempio la paura, si viene a generare una “forma-pensiero” che va sotto il nome di “Egregora” o “Eggregora”. L'Egregora è assai ben conosciuta sia dalla massoneria che da tutte le religioni e i movimenti spiritualisti del globo. E' una specie di “creatura immateriale” che può crescere se viene alimentata costantemente dall'attività psichica. Il nutrimento d'eccellenza che il Sistema ha scelto è ovviamente la paura! Pensieri ed Egregora sono creatori a loro volta... Quale mondo si potrà mai creare se vengono nutriti costantemente? La paura è una emozione funzionale importantissima e vitale, ma quando viene usata fuori dal suo contesto naturale e fisiologico, induce una cascata di problemi tra cui l'immunodepressione che rende l'uomo più fragile e cagionevole di salute. Miliardi di persone fragili o facilmente predisposte alle patologie sono grasso che cola per chi vuole ridurre la popolazione globale, guadagnando montagne di soldi dalla riduzione stessa...
INCIDENZA E MORTALITA' DEL CORONAVIRUS Cerchiamo di capire cosa sta realmente succedendo a livello globale. Secondo i dati del Worldmeter sul Coronavirus, costantemente aggiornati, ci sarebbero in totale:
- 78.880 contagiati - 2.466 morti.
Se su 79.000 persone infette 2.400 sono morte, stiamo parlando di un virus la cui mortalità è pari al 3% circa. Ricordo che la Sars viaggiava attorno al 9%!
Mortalità del coronavirus: 3%
Come mai viene decretato per sei mesi in Italia lo stato di “Emergenza sanitaria”, vengono isolati ospedali e intere città, chiuse scuole, per una banale influenza? Come mai non è stato fatto per la sars, l'aviaria, la mucca pazza? Ovviamente ci devono essere altre spiegazioni... Sembreranno queste delle eresie per chi si informa solo tramite la televisione. Forse a chi sta arraffando nei supermercati scatolette di tonno pinna gialla e fagioli borlotti; a chi sta riempiendo il carrello di acqua in bottiglia e confezioni di pile tripla A per la nuova torcia acquistata su Amazon assieme all'immancabile best seller: “Come sopravvivere ad un conflitto nucleare”, sfugge un piccolo particolare. Nessuno ha detto loro che ogni anno muoiono in Italia per influenza stagionale moltissime persone. Ma tutti quanti stanno attendendo con trepidazione il vaccino! Secondo il dottor Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università di Milano, “in Italia i virus influenzali causano direttamente all'incirca 300-400 morti ogni anno, con circa 200 morti per polmonite virale primaria. A seconda delle stime dei diversi studi, vanno aggiunti tra le 4.000 e le 10.000 morti 'indiretti', dovute a complicanze polmonari o cardiovascolari, legate all'influenza”.
OGNI ANNO IN ITALIA MUOIONO 10.000 PERSONE PER COMPLICANZE DA VIRUS INFLUENZALE
Se teniamo conto che ogni anno muoiono 10.000 persone anche per infezioni prese in ospedale, il quadro assume una connotazione paradossale. Quindi in Italia ogni anno più di 20.000 persone se ne vanno al creatore per un virus stagionale o per una infezione ospedaliera e per UN morto in Veneto siamo quasi alla Legge Marziale? Qualcosa sfugge alla logica, anche perché il morto in questione, come la maggioranza delle persone interessate da infezioni simili, non era proprio un giovanotto: aveva 78 anni e non godeva proprio di perfetta salute. Infatti l'altro tassello che manca a quelli che girano disperati per i centri commerciali alla ricerca dell'ultima bottiglia di Amuchina, è che nessuno muore per un virus, ma sempre per l'aggravamento di patologie pregresse. Una persona in perfetta salute può morire per un virus? Assolutamente si, se il patogeno è appiccicato al paraurti del camion che la investe!
LA PAURA ALIMENTA LA PAURA Per essere mantenuti in uno stato di terrore e ipnosi oltre alla televisione ci hanno messo a disposizione Whatsapp, una app sicuramente utile, il cui rovescio della medaglia però è inquietante... I messaggi sulla diffusione del coronavirus che viralmente girano in tutti i cellulari sono molto pericolosi, sicuramente più del virus stesso (se mai esistesse), sia per la pervasività che per la carica e forza creatrice del nostro pensiero, che se come detto diventa collettivo (eggregora), rafforza e amplifica ulteriormente la paura.
La Paura alimenta la Paura
Per accendere la televisione, normalmente, bisogna trovarsi a casa; mentre Facebook e WhatApp sono sempre con noi, perennemente con noi. Il cellulare ce lo portiamo sia in cesso che a letto, e a breve non potremo separarlo dal corpo perché lo avremo impiantato come protesi potenziatrice. Quindi i dispositivi digitali sono onnipervasivi...
FISIOLOGIA DELLA PAURA Vediamo ora cosa accade all'organismo quando si è in preda della paura. Quando respiriamo e mangiamo paura da mattina a sera, il Sistema Nervoso Simpatico istantaneamente e istintivamente produce una cascata ormonale, liberando catecolamine come «noradrenalina» e «adrenalina» e ormoni come «estrogeno», «testosterone» e «cortisolo». L'organismo reagisce con l'aumento del tono muscolare per l’azione (attacco o fuga) e con l'aumento della frequenza cardiaca (per far scorrere più velocemente il sangue) e del ritmo respiratorio per aumentare l’apporto di ossigeno. Il fegato genera lo zucchero (leggasi diabete) partendo dal glicogeno, il tutto per avere energia per l'attacco o la fuga. Aumenta perfino il fattore di coagulazione del sangue per minimizzare eventuali perdite da ferite, e i vasi si restringono nell’apparato gastro-intestinale (non dobbiamo digerire se stiamo rischiando la vita).
Questo sconvolgimento elettro-chimico-fisico è totale e assolutamente funzionale in natura (per gli animali) cioè quando si vive realmente un pericolo. Ma tutto torna alla normalità quando il pericolo è finito. L'uomo rispetto agli animali è dotato della mente: uno straordinario strumento che se viene usato male, lo inguaia. Gli animali per esempio non hanno paura dei virus, perché non sanno cosa siano; i bambini piccoli non hanno paura della morte perché non la conoscono! La mente dell'uomo invece è in grado di generare i problemi semplicemente pensando e vedendo un messaggio al cellulare. Poi la mente continua ad alimentarli rimuginandoli... Oltre a quanto detto, una delle prime cose che il cervello dell'uomo attiva quando c'è paura sono i Tubuli Collettori dei reni! Lo scopo è trattenere il liquido più importante e prioritario per la Vita umana: l'acqua. Quindi ci gonfiamo e potenziamo gli edemi, anche quelli cerebrali.
Infine l'ultimo tassello da conoscere è che nel cervello esiste una piccolissima ghiandola detta ipofisi (pituitaria) che svolge un ruolo centrale in tutto questo. La sua parte anteriore si chiama “adenoipofisi”, quella posteriore “neuroipofisi” L'adenoipofisi secerne: FSH e LH (ormoni mestruali), TSH (ormone tiroideo), GH (ormone della crescita), Prolattina, ACTH (cortisolo). Mentre la neuroipofisi secerne solo due ormoni: Ossitocina (l'ormone dell'amore) e ADH (l'ormone della paura). L'Ossitocina viene prodotta durante l'atto sessuale, durante il parto e l'allattamento, ecc. e viene chiamata l'ormone dell'Amore, perché indica che si sta provando piacere. L'ADH è invece l'ormone della paura, e funge da antidiuretico, cioè fa trattenere liquidi. La cosa interessantissima è che la neuroipofisi può secernere SOLO UNO dei due ormoni contemporaneamente. Il significato di questo è molto profondo: l'uomo può scegliere se vivere nell'Amore e nel piacere (ossitocina), oppure nella paura (ADH). Contemporaneamente, queste due condizioni sono impossibili: da qui possiamo comprendere che il contrario dell'amore è proprio la paura!
PAURA E AMORE SONO IN ANTITESI!
In quale stato d'animo vogliamo vivere? Quale mondo vogliamo lasciare ai nostri figli? La strada imboccata sta alimentando l'egregora, cioè quel mostro che a sua volta fomenterà il terrore per autoalimentarsi, se invece si vuole un mondo migliore allora è arrivato il momento di cambiare! Piuttosto che far girare video e/o messaggi che abbassano il livello e la vibrazione delle coscienze - partecipando de facto al gioco del Sistema - facciamo girare materale utile al risveglio delle coscienze. Messaggi che illustrano per esempio che i microrganismi non sono esseri demoniaci pronti a sterminare il pianeta, ma esseri viventi che popolano la Terra da milioni di anni, ben prima che il bipede chiamato uomo facesse la sua apparizione. Oggi questi vivono all'interno e all'esterno dell'uomo nel cosiddetto Microbiota, e il loro numero è 10 volte superiore a quello di tutte le cellule organiche. Da questo punto di vista la guerra al microbo è follia allo stato puro: combattere i microbi significa uccidere l'uomo stesso. Ecco perché la parola chiave non dovrebbe essere guerra ma simbiosi. Messaggi quindi che spiegano che il microbo non è nulla a confronto del terreno biologico dell'uomo. Se il suo terreno è in salute non c'è trippa per gatti! E se siamo nell'amore e nel piacere, non possiamo avere paura, e se non si ha paura si è fuori dal Sistema: si è Uomini Liberi...
PS: per questa breve analisi non importa sapere se il virus è uscito accidentalmente dal laboratorio cinese di Wuhan per un errore umano, o se è stato ingegnerizzato e messo in circolazione dall'America come atto di guerra economica alla Cina, o se invece si tratta delle prove generali di una futura pandemia, con l'intento di verificare le reazioni delle masse... Cambiano gli scenari (addendi) ma il risultato non cambia: lo scopo è sempre il controllo dell'uomo! Il Sistema si nutre di odio, paura e terrore, per cui se interrompiamo questo circolo vizioso e perverso lo faremo morire d'inedia... Tratto da www.disinformazione.it 
_ Marcello Pamio
“abbracciamoci subito o rischiamo di non incontrarci più o solo da dietro un vetro”
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pangeanews · 4 years ago
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Quando Mick Jagger e David Bowie si appropriarono di “Arancia meccanica”. Storia di un romanzo sfuggito al controllo del suo autore
Un testo con la “fedina penale” sporca. È difficile separare il romanzo di Anthony Burgess del 1962, Arancia Meccanica, con la notorietà acquisita dall’adattamento cinematografico di Stanley Kubrick del 1971. La brutale rappresentazione del delinquente Alex e della sua banda che violentano e saccheggiano la futuristica Londra sulle note di Elgar, di Purcell e della nona sinfonia di Beethoven, faceva parte della nuova violenza cinematografica emersa dopo un allentamento della censura avvenuto a fine anni ’60. Subito dopo l’uscita, l’incriminazione di un quattordicenne accusato di omicidio colposo alludeva all’influenza di Arancia Meccanica sul crimine. Il film è stato inoltre collegato a un altro omicidio adolescenziale e a uno stupro di gruppo, poiché si riteneva venissero recitate scene del film. Corroso da una forte pressione, il regista ha ritirato il film dalla circolazione nel Regno Unito, e ha osservato questo divieto con severo vigore giuridico fino alla sua morte, avvenuta nel 1999. Si poteva vedere il film solo in proiezioni illegali o, in seguito, per 27 anni, su copie video abusive. Per tutto quel tempo, Arancia Meccanica ebbe il fremito di ciò che turba, una implacabile suggestione.
*
Burgess detestava il film (come Stephen King detestava ciò che Kubrick aveva fatto a Shining). Burgess pensava che Kubrick avesse completamente frainteso la premessa del libro. Ma già dai primi anni ’70, l’autore deve aver iniziato a capire che la lettura errata del libro gli avrebbe garantito, per paradosso, l’unica narrativa intramontabile in una ricca e variegata carriera editoriale. Già Mick Jagger dei Rolling Stones (una band che Burgess disprezzava quasi quanto i Beatles) aveva espresso interesse per le riprese cinematografiche del libro. Burgess ha riportato che Jagger era apparso come la “quintessenza della delinquenza”. David Bowie si appropriava di elementi del libro per i suoi spettacoli teatrali fino al 1971. Eppure questa era la cultura pop che il conservatore ed elitario Burgess intendeva castigare. Il modo in cui la lingua e l’iconografia del libro continua a saturare la cultura popolare oggigiorno, avrebbe davvero spaventato l’autore.
*
Origini e primi contesti. Arancia Meccanica ha le sue origini in un orribile incidente durante la Seconda guerra mondiale, quando la moglie di Burgess, Lynne, fu aggredita e violentata da quattro disertori americani a Londra durante un’incursione aerea nel 1940. Il romanzo è ambientato in un futuro distopico – genere che ribalta la lunga tradizione dell’utopia idealizzata e che sarebbe potuto nascere solo durante le atrocità del XX secolo. L’immediato futuro è presentato in una città triste e anonima in cui le bande di giovani vagano alla ricerca di possibilità di “ultra-violenza”; pertanto l’opera tratta di una serie di ansie postbelliche.
La superficie del mondo che è rappresentata contiene echi di 1984 di George Orwell, con il suo sistema sociale per blocchi abitativi standard in rovina, uniforme, vagamente comunista con rigide politiche sociali. Al contrario della rappresentazione del controllo totalitario di Orwell, Burgess riprende il discorso sulla delinquenza giovanile e sul collasso generazionale tipico del panico morale che conquistò la stampa e i politici negli anni ’50. Mentre gli Stati Uniti erano preoccupati per i giovani cittadini che indossavano lo zoot suit e per le bande di motociclisti che creavano disordini sociali, l’Inghilterra aveva cresciuto i Teddy Boys e gli scontri perenni tra Mod e Rocker. Sociologi e psicologi hanno ampiamente discusso di cosa significassero queste rivolte: questi furono i primi sintomi dell’eruzione della cultura giovanile degli anni ’60, in cui Arancia Meccanica prosperò inaspettatamente, poiché non solo derise la conformità socialista, ma anche le indulgenze delle democrazie occidentali liberali.
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Teologia di fronte alla questione criminale. In effetti, nonostante la sua reputazione, il nucleo del libro è in realtà un dibattito religioso piuttosto serio sul destino dell’anima nella modernità del dopoguerra. A differenza degli inquietanti e ambigui pensieri cattolici obsoleti di Graham Greene, Arancia Meccanica è un’opera relativamente ortodossa e incontestabile. Questo è un didattismo che sorge spesso con i generi di utopia e distopia.
La figura centrale, il delinquente Alex, è una creatura bestiale che vediamo nella sua ostentazione immorale nella Prima parte. Alex è propriamente malvagio per Burgess, non è mai scusato come prodotto del suo ambiente. Nella Seconda parte, Alex viene imprigionato e scelto come soggetto sperimentale per un nuovo trattamento, la “cura Ludovico”, progettata attraverso tecniche di ipnosi e condizionamento per cancellare la sua capacità di commettere un crimine. Questo materiale si basa sulle teorie comportamentiste dello psicologo Burrhus Frederic Skinner, allora molto in voga. Come gli esperimenti di Ivan Pavlov sui cani nell’Unione Sovietica negli anni ’20, Alex è addestrato ad associare nausea e disgusto ai sentimenti violenti e sessuali: questo correggerà la sua devianza sociale. Eppure per Burgess, questo avviene solo per forzare l’anima. L’autore attacca la teoria del comportamento per la sua mancanza di interesse per i sentimenti dell’uomo, la vita personale, l’anima. Il comportamentismo, come suggerisce il nome, è interessato solo all’atto esterno, considerando l’interiorità come un semplice errore di proiezione psicologica. Mentre gli psichiatri di Alex vengono derisi, Burgess ha poca pazienza con i liberali che difendono i diritti umani. Alex viene liberato come cittadino modello alla fine della Seconda parte, solo per essere umiliato e tormentato dalle complete restrizioni che la moderna scienza comportamentale ha posto sulla sua anima.
In un saggio che Burgess ha scritto per The Listener nel 1972, l’autore ha messo in rilievo l’assenza di teologia nell’adattamento cinematografico fatto da Kubrick. Burgess ha sostenuto con forza che il comportamentismo era “in termini di etica giudaico-cristiana, e che Arancia Meccanica cerca di esprimere… un’eresia grossolana”. “Il desiderio di diminuire il libero arbitrio”, ha concluso lo scrittore, “è, dovrei ritenere, il peccato contro lo Spirito Santo”. Nella Terza parte la cura Ludovico viene ribaltata, ma questa non è una celebrazione dell’umanesimo liberare sul socialismo. Per Burgess quello che conta è la scelta morale e infine teologica di Alex se essere un criminale o meno. Che la prima edizione americana abbia eliminato l’ultimo capitolo, in cui Alex rinuncia alla violenza, ha danneggiato la narrazione teologica di Burgess mettendo in rilievo soltanto i timori della giovinezza non redenta. E questo è un altro esempio molto importante in cui Burgess ha perso il controllo del suo testo.
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Inventare la lingua: il Nadsat. Da quando il romanzo è stato oggetto di studio, il suo significato religioso è stato trattato a stento. In parte, ciò è dovuto al fatto che l’elemento più sorprendente di Arancia Meccanica sono le sue innovazioni linguistiche, e non i dibattiti filosofici. La lingua di strada di Alex e dei suoi ‘droog’ è scritta in un gergo inventato che deriva principalmente da influenze del cockney e della lingua tedesca, ma principalmente da quella russa (droog = amico, deng = denaro, veck = uomo, viddy = vedere e nadsat stesso, che qui significa adolescente, richiama l’uso del suffisso inglese “-teen” che sta per teenager). Burgess disse di aver sentito per caso la frase “un’arancia meccanica” in un pub dell’East End di Londra e pensò che catturasse perfettamente la collisione tra anima umana e controllo cibernetico.
L’esperimento nel linguaggio futuro non è radicale come La veglia di Finnegan di James Joyce (un libro che Burgess ha ammirato, studiato e desiderato emulare con le sue abilità di poliglotta), ma ha effetti più alienanti sul lettore rispetto alla Neolingua di Orwell in 1984, chiaramente uno dei modelli per pensare a come il linguaggio possa influenzare la trasformazione sociale e politica. Il lettore di Arancia Meccanica deve lavorare sodo per mettere insieme il significato in base al contesto. L’introduzione di un romanzo linguistico è una tattica comune di diffamazione nella fantascienza. Questo è forse il motivo per cui è stato criticato così fortemente, tanto che nella prima edizione americana è contenuto in fondo al libro un elenco di traduzioni: ha reso le cose troppo facili.
Attraverso la scelta del russo, Burgess suggerisce che il futuro, dal 1962, avrebbe potuto essere più sovietico che socialista, o che almeno i giovani si sarebbero rivolti al fascino di una completa rivoluzione sociale. In una certa misura, ha avuto ragione, dato che il dominio del partito conservatore in Gran Bretagna terminò nel 1964 e gli studenti radicali si ribellarono contro l’establishment nel 1968 in tutta l’Europa occidentale.
L’uso del Nadsat era di nuovo qualcosa che Burgess non poteva necessariamente controllare o prevedere. Nel 2016, uno dei brani dell’ultimo album di David Bowie, “Girl Loves Me”, è composto principalmente nella lingua inventata in Arancia Meccanica. Se si ascolta attentamente, viene il sospetto che si riesca a sentire in sottofondo il suono di Anthony Burgess che si rivolta a poco a poco nella tomba.
Roger Luckhurts
*L’articolo è pubblico sul sito della British Library come “An introduction to A Clockwork Orange”; la traduzione è di Caterina Rosa
L'articolo Quando Mick Jagger e David Bowie si appropriarono di “Arancia meccanica”. Storia di un romanzo sfuggito al controllo del suo autore proviene da Pangea.
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focusilmisterodellavita · 2 years ago
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Focus 3.0 Il mistero della vita
Diretta Facebook E YouTube
Mercoledì 13 luglio 2022 ore 21,30
“Nel Salotto di Anna” con Anna Tamburini Torre, Fernando Sinesio e Susi Gallesi.
Una serata dedicata alla ricerca e agli studi sui medium insieme a Fernando Sinesio, al suo ultimo libro “Al di là del conosciuto vol.2”…e a Susi Gallesi, una delle medium presenti nel volume. Ben arrivati “Nel Salotto di Anna!”
Focus 3.0 sempre vicino a voi…
Fernando Sinesio
Nato a Napoli,vive a Genova. Laureato in psicologia dello sviluppo, è esperto in ipnosi regressiva e in psicologia transpersonale, oltre che assiduo ricercatore nell'ambito delle cosiddette scienze "di confine" fra fisica e spiritualità.
È il coordinatore del GRUPPO ITALIANO DI RICERCA SULLA MEDIANITÀ . È autore di “Al di là del conosciuto” (Amrita Edizioni) e “Al di là del conosciuto” Volume 2.
Susi Gallesi
Autrice di diversi libri "testimonianza" che raccolgono le esperienze trascendentali più emozionanti dell'autrice e delle persone incontrate nel suo percorso tra cui: “Ali d’Angelo sul mio cammino”, “Semplicemente Angeli, la mia esperienza con loro”, “Ho visto un Angelo” ecc…
“Sono Susi Gallesi nata a Finale Emilia. Divorziata da diversi anni ho un figlio,Andrea. Sono una persona molto semplice amo gli animali ho tanti gatti raccolti per strada, amo la vita, ridere di qualsiasi cosa e credo a quelle meravigliose creature che sono GLI ANGELI.”
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sophiaepsiche · 3 years ago
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Aham Sphurana
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Spesso mi hanno chiesto se ci sono risultati falsi o illusori in cui si può incappare nella ricerca della realizzazione. La via della conoscenza di sé è una delle vie più sicure in assoluto, perché restiamo sempre attaccati alla consapevolezza ed è difficile sbagliarsi. Bhagavan la chiamava ‘la via della luce’, proprio per questo. Però non esistono soltanto ‘risultati falsati’, esistono anche risultati genuini ma parziali, fasi avanzate e poi lo stato finale. Per evitare delusioni, è bene sottolineare la differenza tra le esperienze che potremmo avere e i cambiamenti effettivi che hanno luogo insieme o, anche, dopo queste esperienze.
Vi prego di non iniziare da qui, se non siete effettivamente qui. Iniziate sempre dove siete realmente, non volate con la fantasia e non pretendete miracoli all’inizio. Nulla può sostituire la paziente e perseverante dedizione alla conoscenza di sé. Pretendere risultati o stati mentali all’inizio può portare all’auto-ipnosi. Quando le tendenze del desiderio non sono state ripulite a sufficienza e l’ignoranza è ancora molta, la mente può ingannarci dandoci surrogati di ciò che desideriamo, degli stati ipnotici piacevoli che però non hanno potere di portare alla realizzazione. Se siete sinceri e il vostro scopo è onesto, anche vi capitasse, sarete corretti e prenderete la strada giusta, senza perdere troppo tempo. L’aiuto arriva sempre se il nostro impegno è sincero e profondo. Non dobbiamo cercarlo fuori ‘all’impazzata’, senza riferimenti solidi, ma richiamarlo proprio con l’impegno. Allora arriverà. Un altro passo falso iniziale, infatti, è quello di pretendere di poter riconoscere le fonti affidabili, quando siamo ancora pieni di condizionamenti che non ci permettono di valutare l’affidabilità di quanto tentiamo di sondare. Se l’intento è di attivarci solo dopo aver scelto la strada ‘giusta’, potremmo non cominciare mai. Direi che l’interpretare la via della conoscenza come una sorta d’ingordigia teorica e di curiosità sterile, è il rischio più diffuso nella via della conoscenza ed è un blocco all’inizio pratico del cammino. Alcuni nel leggere auto-censurano le parti in cui si descrive la pratica, così da non iniziare mai. Anche in questo caso, si può ovviare grazie all’auto-conoscenza umile. Nel guardare dentro le proprie resistenze, mano a mano si sciolgono e la censura svanisce. Potreste rileggere un libro e trovarvi parti che avevate ‘saltato’ nel primo tentativo. Metterci a lavoro da subito, indagando la nostra interiorità direttamente, tenendoci saldi alla consapevolezza, con l’ausilio di un insegnamento che sentiamo affine è, secondo me, sempre il metodo migliore, il resto viene quasi da sé.
Quando il cammino avanza, il conosci te stesso lo riconosciamo e lo ritroviamo un po’ in ogni tradizione ed è bello poter unire le conoscenze per chiarire punti comuni. Una fortuna simile mi è capitata da poco. Nonostante abbia sentito molte spiegazioni sull’aham sphurana di Bhagavan Ramana Maharshi, e nonostante le abbia sempre ritenute vere e valide, non mi erano mai sembrate complete. Nell’ascoltare un approfondimento dei versi della Bhagavad Gita Sara (i 42 versi della Bhagavad Gita scelti da Bhagavan) ho sentito accennare all’aham sphurana sotto una luce diversa. Ho mandato alcune domande per approfondire e dalle risposte è nata finalmente una comprensione completa che combacia con la mia esperienza. Ringrazio con tutto il cuore Raghav Kumar Dwivedula, un devoto di Bhagavan, che ha anche una conoscenza molto profonda degli insegnamenti di Adi Shankara e ha studiato sotto la guida di diversi acharya del lignaggio di Shankara. Lui è certo che la via di Bhagavan e quella di Adi Shankara siano uguali, ed è alla luce dell’unione di queste conoscenze, che spiega che l’aham sphurana di Bhagavan equivale al bramhakara vritti di Shankara. Vi spiegherò a breve. (Per chi parla inglese questo è il link al video di Raghav Kumar Dwivedula, ma vi consiglio di guardare l’intera serie)
In questo post vorrei portarvi a capirlo con un discorso più ampio che includerà spunti anche da altre tradizioni. Tali riflessioni sono mie, ci tengo a scagionare Raghav da miei eventuali errori e a spronare voi ad usare discernimento nel considerarle. Spero queste riflessioni vi possano aiutare a capire le diverse fasi finali in cui potreste ritrovarvi, con una certa flessibilità interpretativa. Spero inoltre vi facciano capire le diverse fasi finali in cui potreste trovare altri ricercatori avanzati, che magari miticizzate come illuminati ma che in effetti non lo sono ancora. Non mi concentro invece sulle controversie interpretative sull’aham sphurana tra i vari studiosi esperti di Bhagavan, sperando che, nel mio modo spicciolo di esprimermi, vengano incluse e risolte anche tali discordanze.
Partiamo con la perfetta realizzazione nel ‘conosci te stesso’.
L’auto-indagine, svolta perfettamente, è il pieno distacco dal desiderio (Vairagya) e la piena conoscenza di sé (Jnana). La perfetta e incrollabile conoscenza di sé, che è anche perfetta devozione (al sé) e totale distacco (dai fenomeni esterni), fiorisce nella realizzazione piena, lo stato naturale in cui si dimora stabilmente nel sé. Scompare l’ego e la sua triade: conoscitore, conosciuto, conoscenza, per non riapparire mai più e non poterci più confondere. L’auto-resa e l’auto-indagine, come spesso viene sottolineato, sono infatti la stessa identica cosa e, se la pratica è svolta con successo, non può che portare alla resa definitiva e alla stabile conoscenza. 
Finché c’è un ego, però, benché piccolo, può esserci un’inclinazione naturale che, in alcuni casi, può sbilanciarsi più da una parte che dall’altra. Ciò non costituisce un problema se l’intento è sincero e se l’impegno è intenso. Vediamo cosa può succedere nei casi in cui non ci sia una perfetta ‘centratura’ ma ci si avvicini parecchio alla conoscenza prima che al distacco e viceversa. Parliamo di fasi molto avanzate, ma un tantino sbilanciate.
Chi è portato alla conoscenza diretta, può arrivare ad un grande picco d’intensità nella ricerca, una necessità impellente di Dio, della verità o della liberazione. Questo caso credo sia di particolare interesse per alcuni lettori che, passando spesso di qui, mostrano proprio tale inclinazione alla conoscenza diretta e potrebbero in futuro incappare in questa situazione (o esserci già). Il ricercatore intenso può ricevere per grazia una conoscenza diretta, (sebbene parziale e ancora in realtà ‘indiretta’) in cui gli viene mostrata la realtà. È come fosse una ‘visione’, è una manifestazione dualistica in cui c’è soggetto e oggetto, quindi non è la jnana, eppure la stessa ‘visione’ gli mostra che non c’è differenza tra soggetto e oggetto. Gli viene fatta capire l’unione. Non ha bisogno di un guru in vita per riceverla perché si è già avvicinato molto al sé (il guru interiore) o ha un contatto mentale col suo guru molto forte. Non può approdare alla vera jnana, perché non ha finito di ‘fare i compiti’, di praticare, ossia non ha sufficientemente purificato la sua mente dalle tendenze contrarie, esse dunque rispunteranno, ma la sua intensità non passa inosservata, il suo sforzo viene premiato. Proprio perché un po’ sbilanciato verso la ricerca della Verità, si avvicina a Lei prima che i tempi siano del tutto maturi. Questo causerà il riapparire delle famose vasana, ‘che sono come i ragazzi dispettosi che non permettono loro di aggrapparsi velocemente al sé’ (Guru Vachaka Kovai 155). Nello stesso momento in cui vede la realtà, però, gli viene data anche la capacità di praticare il più alto assorbimento, per poter finalmente distruggere le tendenze contrarie.
Il bramahkara vritti è il nome che dà Adi Shankara a questa modificazione mentale, in tale modificazione si resta solo nell’‘io sono’, cade la triade: conoscitore, conoscenza, conosciuto. L’unione di questa apparente triade è la realtà precedentemente ‘vista’ dal ricercatore, nell’esperienza ‘diretta’, egli ha ora l’opportunità di immergersi nell’unione, nell’’io sono’, per distruggere le tendenze contrarie (le viparita bhavana nel linguaggio di Shankara), che cercano di riportarlo lontano da se stesso e riformare l’ego.
Nel linguaggio di Bhagavan questa fase è chiamata aham sphurana e sorge proprio con questa parziale conoscenza diretta. Aham significa proprio ‘io sono’, sphurana ha infinite traduzioni, la più generica è ‘chiarezza’ ma un altro significato importante è ‘manifestazione’. L’aham sphurana è la fase che precede la realizzazione per colui che arriva ad avere prima la visione della realtà che il completo distacco dalle tendenze contrarie. L’aspirante dovrà continuare quest’assorbimento come ultima pratica per sconfiggere il visaya vasana: l’inclinazione che estroflette l’attenzione e che dà all’ego opportunità di rispuntare e riformare la triade. Deve praticare affinché non si riformi più. La volontà di praticare, di tornare all’‘io sono’* e restare assorto nell’aham per arrendersi totalmente, rimane una responsabilità personale.
Tutto questo cammino della via della conoscenza è riassunto nel verso 16 della Bhagavad Gita Sara: ‘Solo con incrollabile devozione posso essere conosciuto e visto realmente in questa forma, o Arjuna, e persino compenetrato’ [Bhagavad Gita xi:54]. Come spiega Raghav, tutto il percorso dell’atma vichara è racchiuso in queste tre fasi: la conoscenza indiretta (‘essere conosciuto’), la conoscenza diretta (‘visto realmente’) e la realizzazione (‘compenetrato’ ossia l’aspirante dimora stabilmente nel suo sé). L’aham sphurana o il bramakara vritti nascono nel secondo momento: la conoscenza diretta (da non confondere con la jnana che è la terza ed ultima meta).
A mio avviso, non tutti devono passare nella fase dell’aham sphurana, proprio perché non tutti hanno questa sorta di fervore nella ricerca della verità, accompagnato da uno scarso zelo nelle pratiche che purificano la mente. Il rispuntare dell’ego può deludere e confondere l’aspirante, inizialmente, ma in realtà egli non deve far altro che sfruttare la capacità che gli è stata data in dono e restare più immerso possibile nell’aham (ossia nel silenzio in cui non c’è differenza tra soggetto e oggetto).
Arrivare all’assorbimento per lui è semplice, basta facilitarlo con l’atma vichara, a volte basta anche solo leggere o ascoltare gli insegnamenti. Si arriva al punto che quasi ogni cosa ci ricorda di entrare in unione col sé.
Vediamo brevemente anche il caso in cui ci si dedica con gran fervore a pratiche dualistiche, ma non si è abbastanza dediti alla conoscenza. Non credo riguardi molti di noi, ma lo cito per eliminare apparenti contraddizioni che spesso sembrano esistere tra gli stessi devoti diretti di Bhagavan. In questo secondo caso si è molto bravi a ‘fare i compiti’ e l’intento è certamente sincero. Se si arriva, in tal modo, molto vicini al completo vairagya, la pratica raggiunge una sorta di capolinea, si arriva a non poterla più praticare. Anche questa non è una vera crisi, è piuttosto un’eccellenza nella pratica accompagnata da una carenza nell’aspetto della conoscenza. Uno sbilanciamento opposto al primo. In questo caso la conoscenza dell’unione può essere ricevuta da un guru e questa grazia basta a fare la magia. La differenza sta nel fatto che il guru dev’esser fisico, perché solitamente la visione duale del praticante è ancora tenace, questo è il segno dell’ignoranza ancora troppo viva. Chi è passato in questa fase, anche una volta realizzato, dirà che il guru fisico è assolutamente necessario, mentre i primi diranno l’esatto contrario.
Ognuno di loro vi sta dicendo la verità.  Voi, conoscendo voi stessi, darete naturalmente retta a chi è più simile a voi e quindi imboccherete la strada del consiglio più adatto alla vostra inclinazione. Vedete la bellezza di tutto questo? Non è confusione, è la verità che vi cerca in ogni modo e vi cerca proprio per come siete voi, è come Gesù che cerca la pecorella smarrita. Conoscere voi stessi vi darà un vantaggio immenso, qualsiasi strada prendiate.
I migliori in assoluto potrebbero non passare per una di queste due fasi ma ottenere la conoscenza diretta e la pace interiore nello stesso momento. Hanno completo distacco e perfetta intensità nella conoscenza. Per arrivarci così, devono essere molto bilanciati nella pratica. Non passando per questi lidi, saranno portati a scartare la validità di molte manifestazioni che accompagnano la fase dell’aham spurana, che interpretano invece solo come una chiarezza sempre crescente che nasce nella pratica dell’atma vichara. Ebbene anche il loro indizio è valido. Nell’aham si è solo nell’‘io sono’. Le altre manifestazioni sorgono quando l’ego ha la forza di risorgere, ma risorge come devoto innamorato: vibrazioni, locuzioni, estasi, forte nostalgia dell’aham. Una di queste o tutte queste manifestazioni sono una sorta di rassicurazione dualistica che tengono l’ego vicino, nei pressi dell’aham, gli fanno ritrovare la strada. Fanno parte di un tipo di fase finale, ma dato che non è la realizzazione ultima, qualora riconosceste d’essere da queste parti, seguite il consiglio dei secchioni bilanciati e tornate nell’aham il più possibile, perché anche le estasi sono una fase e il nostro scopo è l’unione stabile nel sé. Le estasi comunque purificano, non siate troppo duri con voi stessi, vedrete che anche loro vi condurranno al samadhi.
Come vedete, se l’impegno è sincero, che siamo perfetti o meno, che pendiamo più da una parte o dall’altra, il nostro ribilanciamento avverrà comunque, per grazia e per la nostra perseveranza.
Un ego che si è impegnato non farà l’errore di cadere in facili illusioni, neanche dopo le esperienze dirette, poiché si è comunque in parte arreso; anche se non perfettamente, si è dedicato, si è prestato, si è messo a dieta, ha sviluppato discernimento. Ha purificato la sua mente quanto basta per ricevere la conoscenza diretta parziale. Ha fortemente smaltito o la visione duale o il desiderio egoistico. Capisce la portata della grazia che riceve direttamente e si biasima se non ha saputo cogliere l’opportunità a pieno, si sente immeritevole e pratica con sollecitudine l’assorbimento. Prova forte nostalgia se si allontana, è portato quindi a riavvicinarsi in fretta. Stessa cosa vale per il duale che invece ha sconfitto con più zelo il desiderio, ma un po’ ciecamente, ed è ancora molto affezionato alla dualità. Egli, nel gioire della compagnia di un guru fisico, non solo farà un buon uso di tale grazia, ma avrà praticamente finito! Entrambi capiscono il valore di ciò che ricevono ed è solo una questione di tempo il poterne godere a pieno i frutti. C’è chi  il lavoro lo finisce prima e chi dopo, l’importante è capire che l’impegno personale e perseverante non può essere saltato. Il mito che l’esperienza dell’illuminazione sia da sola sufficiente è superficiale: la caduta dell’attaccamento e della visione duale condizionata sono essenziali. La realizzazione ultima non è neanche un’esperienza, ma la fine di ogni esperienza. Potete chiamare la visione della verità  ‘illuminazione’ e la seconda ‘realizzazione’. Oppure ancor meglio la prima ‘comprensione’, ‘realizzazione’ e la seconda ‘liberazione’ dall’ego... non ha alcuna importanza, sono solo parole, l’importante è capire la differenza. Questa distinzione, in un modo o nell’altro, è chiara e presente in ogni tradizione che parla della liberazione, che sia buddismo, advaita vedanta, yoga, ecc. ed è presente anche nel misticismo come vedremo a breve.
Riflettiamo ora su un aspetto: perché la conoscenza può esser ricevuta in dono (con o senza tramiti) ma non la distruzione dei visaya vasana? Perché il non attaccamento dev’essere un atto spontaneo. Nessuno forzerà l’ego a staccarsi dai suoi desideri, né ad arrendersi. L’ego deve donarsi spontaneamente e tornare a casa quando non ha più nessuna voglia o tendenza a vagare tra i piaceri terreni. Questo è il ritorno del figlio prodigo al padre. È la nostra parte di responsabilità, l’esercizio della nostra volontà! È nostro compito! L’altra parte è pertinenza della grazia. Come diceva Sri Ramakrishna ‘la grazia di Dio c’è sempre, la grazia del Guru c’è sempre, quella che manca è la grazia dell’ego’ (è una parafrasi, non ho la citazione esatta ma è troppo attinente per non scriverla).
Alla luce di quanto detto, possiamo anche capire perché la via della conoscenza è sempre stata chiamata la via più diretta. Se avete letto di casi d’impegno intenso nella pratica duale, sapete che si dedicano in modo a dir poco sovrumano. La pratica duale richiede tantissimi anni e un impegno davvero impressionante. Parliamo di migliaia e migliaia di ripetizioni al giorno o di una meditazione continua, ‘come un flusso d’olio’. Dato che ‘la pace mentale non è un tuo diritto di nascita, ci devi lavorare’ (Ramana Maharshi), ne consegue che ‘la meditazione è un lavoro duro’ (J.Krishnamurti), non può bastare meditare mezz’ora al giorno.
Al contrario, la conoscenza della tua vera natura è un tuo diritto, basta impegnarsi molto intensamente, anche per poco tempo, se hai purificato abbastanza la mente. Ovviamente se non si purifica la mente a sufficienza non si prova neanche tale necessità di trovare la verità o Dio. Infatti vale la stessa cosa per Dio; se è tuo padre, hai diritto di conoscerlo; se è la tua fonte, devi poterci arrivare di diritto. L’intensità di questa ricerca attira la grazia automaticamente. Ramakrishna Paramahansa chiama questa forte intensità, che richiama la conoscenza diretta, ‘vyàkulata’. Ma Sri Sarada Devi ci avverte che, anche se questa conoscenza ‘può essere ottenuta in ogni istante, per grazia di Dio, c’è una differenza tra questa è ciò che arriva in tempi maturi’. Questo sembra confermare la tesi esposta, per cui se otteniamo la visione prima di aver raggiunto la piena maturità, non possiamo gioire della pace perpetua che gode chi distrugge le tendenze che riformano la triade. Dobbiamo lavorarci intensamente.
Una descrizione della stessa fase viene anche data da Santa Teresa D’Avila e tantissimi altri mistici che dopo un lungo rapporto duale con Dio arrivano all’unione con Dio. Ecco, nella mia traduzione spicciola, direi che l’esperienza diretta in cui sorge l’aham sphurana può equipararsi all’esperienza mistica in cui il devoto vede l’unità della trinità. Dopo avrà anche la capacità di immergersi nell’unione con Dio e questa diventerà la sua unica pratica finale. Vedete, questa devozione può esserci per la verità, per Dio, per la liberazione, in ultima analisi tutti questi devoti cercano la stessa cosa: la loro fonte. Krishna parla di costoro come la più alta classe di devoti.
Essendo un nostro diritto, la conoscenza è più velocemente accessibile e porta con sé, come detto, il grandissimo bonus, il brahmakara vritti/l’aham sphurana, nel linguaggio non duale è chiamato il più alto nidhidyasana, il più alto assorbimento in sé, in altre tradizioni lo stesso stato è chiamato samadhi. Ciò che si vive è un assorbimento, un ritiro molto profondo, in cui si è totalmente consapevoli, consci e vigili ma non c’è divisione tra conoscitore, conoscenza e conosciuto, perché la mente, il fattore divisivo, è assente. Il modo in cui ci si arriva può variare, ma non la vera sostanza della pratica, perché questo è l’unico modo di arrendere l’ego e dissolverlo permanentemente. Come dice Bhagavan nel ‘chi sono io?’: ‘Soltanto essere fermamente stabiliti in sé, è donare se stessi a Dio’.
Nel Viveka Chudamani questa pratica finale è definita migliaia di volte più potente delle altre e ci permette di finire i nostri compiti più in fretta. ‘Avendo guadagnato la conoscenza, giunge presto alla Pace Suprema’ (Bhagavad Gita).
Se siete giunti ad avere il grande onore di praticare il più alto assorbimento, vi prego di capire l’urgenza dei tempi che viviamo, in questo momento storico critico, noi abbiamo l’enorme responsabilità di portare la pace nella sua forma più pura. Pratichiamo più che mai!
 *(la frase‘io-io’, negli insegnamenti di Bhagavan, vuol dire ‘io sono io’; è stato tradotto ‘io-io’ per errore ed è rimasto così. Michael James spiega spesso che il verbo essere può essere sottinteso in tamil. Proprio come ‘nan ar?’è ‘chi io?’ ma lo traduciamo appropriatamente ‘chi sono io?’)
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drclaudiosaracinodcsworld · 2 years ago
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jafethmariani · 3 years ago
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I miei clienti, prima di venire da me, o quando già siedono nel mio studio, spesso mi dicono che non sono sicuri se l'ipnosi funzioni per loro. Allora io cerco di spiegare loro: hai mai guidato l´automobile dal punto A al punto B senza problemi, pensando a qualcosa d´altro e non ricordi ogni cosa vista in strada ? Hai mai pianto o sei mai stato triste o spaventato vedendo una scena di un film pur sapendo che non era altro che finzione? Non ti è mai successo di essere sicuro che il tuo partner sia un essere impossibile, quasi di odiarlo e 5 minuti dopo sentendo una canzone in radio avresti fatto di tutto per abbracciarlo? Se fumi, non senti quella voce in te che dice: devi fumare? L´ipnosi è tutti i giorni qui, nella nostra vita. Qualcuno disse che : tutto è ipnosi. Usiamo questa capacità di perderci in qualcosa o di concentrarci o credere in qualcosa nel bene e nel male. Bene può essere quando ci immedesimiamo in un film e godiamo le emozioni come se fossero reali, ma spesso in modo poco salutare come per esempio per il fumo. L´unica domanda da farsi è: ti aiuterà l´ipnosi a stare meglio? Come terapeuta, questa domanda non posso risponderla al telefono. Posso risponderla solo conoscendoti, aprendomi al tuo mondo, cercando di capire chi sei e di cosa hai bisogno.. e tu stesso puoi risponderla solo se decidi di utilizzare questa tua capacità per farti del bene e se decidi che io sono la persona adatta ad accompagnarti in questo percorso.
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💕Conosco delle streghe che mettono i jeans, pagano le bollette e mangiano d'asporto. Conosco delle maghe che hanno dei figli, un lavoro e le smagliature. Conosco degli angeli che hanno un domicilio, un numero civico accanto al cancello e un campanello a cui suonare. Conosco donne che praticano la guarigione parlando, mentre bevono un caffè; o che mettono balsami su ferite antiche in un lunedì pomeriggio qualunque. Che danno sperenza ai cuori più infranti con la loro presenza di donne assolutamente comuni. Camminano per la strada e chissà quante ne incontrerai ogni giorno. Non sono state dotate di poteri particolari, ma hanno dato spazio, dedizione e coraggio alla magia che è in loro e che risiede in ognuno di noi. Puoi dormire sogni tranquilli - se lo desideri - perché per ogni esistenza lì fuori pronta a dividere, inasprire, impaurire: ci sono almeno cento donne dell'amore che si prodigano ininterrottamente per ammorbidire, illuminare, riunire e guarire. La magia bianca è più comune e a portata di mano, di quanto tu pensi. Abbi fede. 🙏 Gloria Momoli www.emanuelamagnoni.com #streghe #magia #alchimia #karma #ipnosi #IpnosiRegressiva #Astrologia #astrologiaEsoterica #guarigione #esoterica #anima #halloween #portale #halloween2021 #medianità #sciamanesimo #sciamana #donne #forza #Lugano #Ticino #Svizzera https://www.instagram.com/p/CVrw4j_qI9Y/?utm_medium=tumblr
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elcinelateleymickyandonie · 4 years ago
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HILDEGARD KNEF.
Filmography
1945 The Noltenius brothers
1945 Frühlingsmelodie
1946 Under the bridges
1946 Killers Among Us
1947 Between yesterday and tomorrow
1948 Untitled Film
1948 Fahrt ins Glück
1951 The Sinner
1951 Miracles still happen
1951 Decision Before Dawn
1952 Nights on the road
1952 Diplomatic Mail
1952 The Snows of Kilimanjaro
1952 Sleepless Night
1952 Alraune
1952 Henriette
1952 Illusion in a minor key
1953 The Man Among
1954 Eine Liebesgeschichte
1954 Bei Dir war es immer so schön
1954 Geständnis unter vier Augen
1954 Svengali
1958 Escape from Sahara
1958 La Fille de Hambourg
1959 Subway in the Sky
1959 The Man Who Sold Himself
1960 La strada dei giganti
1962 No orchids for Lulu
1962 Ipnosi
1963 Caterina di Russia
1963 Landru
1963 Die Dreigroschenoper
1963 Ballade pour un voyou
1963 Das große Liebesspiel
1964 Gibraltar
1964 Waiting room for the afterlife
1964 Verdammt zur Sünde
1964 Mozambique
1967 The Dirty Dozen
1968 The Lost Continent
1976 Everyone dies alone
1978 Fedora
1980 Warum UFOs die unseren Salat klauen
1982 Der Gärtner von Toulouse
1984 Emily's Future
1988 Witchery
1995 Pocahontas
1999 Eine fast perfekte Hochzeit.
Créditos: Tomado de Wikipedia
https://en.wikipedia.org/wiki/Hildegard_Knef
#HONDURASQUEDATEENCASA
#ELCINELATELEYMICKYANDONIE
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cirifletto · 4 years ago
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Armonia Con La Natura: I 3 Passi Da Seguire Per Ristabilirla
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La crisi ci offre una nuova opportunità. Ritroviamo con 3 passi legati alla nostra interiorità, la giusta armonia con la Natura. Al di là delle cause esterne e delle responsabilità che ci hanno portato a questa crisi, possiamo concentrarci sul cogliere l’opportunità di cambiamento che offre. E possiamo farlo attivando il contatto con l’interiorità. Dal mio personale punto di vista, una grande opportunità che si apre, è quella di creare lo spazio per ristabilire un ordine perduto: l’armonia dell’uomo con la Natura. L’anima è una lingua, ma è raro trovare chi la parla.LilaSchon, Twitter Le civiltà antiche si sono sempre curate di rispettare l’ordine della Natura. Prima di operare un intervento, un consiglio di anziani, si consultava per valutare, se potesse rappresentare una minaccia o meno per il suo equilibrio. Quelle civiltà avevano sicuramente meno conoscenza, ma non mancavano di saggezza.
La nostra civiltà, è più grezza, ha accumulato molta conoscenza, senza accompagnarla a saggezza, rendendosi così pericolosa. Non solo ha perso la relazione e l'armonia con la natura, ma ha indotto lo scompiglio del suo ordine.
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Abbiamo creato una società che non ha più bisogno di anziani, né di Dio, né di gratitudine. Una società che risponde solo ai bisogni del consumo e del guadagno esponenziale. Fino a considerare il pianeta come usa e getta. La consapevolezza e i meeting ecologici, non sono stati in grado di trovare una via efficace per fermare questo andamento. In questo senso la crisi è utile. Una pandemia di questa portata ha saputo fermarci. Secondo la visione epigenetica siamo creatori della realtà in cui viviamo. Ognuno di noi ha avuto bisogno di creare questo drastico arresto di movimento, per fermarsi ad ascoltare. La saggezza è insita nella memoria delle nostre cellule, occorre risvegliarla, concedendosi il tempo dell’ascolto. Il tempo dedicato ad ascoltare se stessi, e ciò che ci circonda. L’ascolto e la saggezza sono fondamentali per la crescita umana, per la sua evoluzione.
Il primo passo ci parla di come onorare il dolore
Secondo la eco-psicologia, è doveroso fermarsi ad ascoltare IL DOLORE DEL PIANETA, per costruire il ponte relazionale con la Natura. La prima cosa essenziale che ci permette questa crisi è quella di ONORARE IL DOLORE. Nella visione taoista siamo parte dell’universo, il micro nel macro e viceversa. Se il pianeta soffre, anche i suo abitanti ne risentono inevitabilmente. Abbiamo messo in sordina il dolore planetario. Come quando il corpo si ammala e curiamo solo il sintomo, anziché ascoltare il messaggio che il corpo ci rimanda. Questo atteggiamento umano si definisce, nella psicologia essenziale, "fase di compensazione". E’ più facile trovare compensazioni alle nostre mancanze, piuttosto che guardare da dove provengono. Riflettere su cosa raccontano di noi, e quanto in profondità ci possono portare. Il desiderio di stare bene, di essere felici, ci fa bypassare le tappe che ci porterebbero a un più autentico benessere, ad essere armoniosi, fino all’autoconoscenza.
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Cogliendo l’opportunità di onorare il dolore, si apre l’opportunità di entrare in connessione, in armonia con la natura in un modo autentico. Rappresenta il primo passo per costruire quel ponte tra l’umanità e la natura. La psicologia essenziale ci dice come gira il ciclo dell’ego. Nella prima fase nega il proprio dolore, o le proprie mancanze. Le compensa nella seconda. Nella terza trova un boia esterno da incolpare. Poi reagisce e infine, nella quarta fase, si separa. Riconoscere la propria sofferenza significa cessare il ciclo dell’ego. Per poi andare nella propria essenza per entrare in una visione più elevata. Onorare il dolore, prendersene la responsabilità e la cura. Attraverso questo processo è possibile salire nel ciclo dell’anima, la nostra realtà autentica.
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Il secondo passo è ristabilire la saggezza perduta.
Se parliamo di armonia con la Natura, la saggezza dell’umanità nella relazione con la Natura stessa è fondamentale.
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Essa è necessaria alla conoscenza affinché non diventi pericolosa. La saggezza non è qualcosa che si acquisisce sui libri, ma è basata su un’educazione all’ascolto e una paura fisiologica. Come sappiamo dalla medicina cinese la paura alloggia nei Reni, dove per altro alloggiano anche la Fiducia e la volontà. La funzione della paura fisiologica è quella di mantenere gli equilibri della natura, di non mancare di rispetto alle persone. Potremmo chiamarla timore. Il timore misurato che porta un codice di gentilezza autentica, senza negare se stessi e gli altri. La pandemia ha indotto una grande paura. Possiamo cogliere la possibilità di trasformare questa paura “terrorizzante” in un’emozione costruttiva. Cessiamo il terrore che blocca la creatività e riportiamolo ad uno stato di timore.
Il terzo passo riguarda centratura e armonia.
Cercare l’armonia esistenziale. Oggi molte persone sono costrette a ridefinirsi sul piano professionale. Prendiamo il coraggio di ascoltare chi siamo. Essere in armonia con noi stessi significa essere centrati. Ed essere centrati significa riuscire a trovare la nostra funzione, il lavoro che ci corrisponde, quello che ci soddisfa, perché ci nutre non solo materialmente, ma anche spiritualmente.
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Esseri umani armonici esprimono gioia. E anche un sistema immunitario forte capace di resistere alle minacce esterne. Uomini e donne infelici, che non risuonano con quello che fanno, hanno inevitabilmente condotto la Terra ad uno stato infelice.
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Scentratura significa debolezza della forma, della direzione e di conseguenza anche del sistema immunitario. Centratura significa armonia, forza, e una buona energia difensiva.
Possiamo parlare di alimentazione, di movimento, di tante pratiche la cui validità è indiscutibile. Ma senza un’interiorità attiva non sarebbero così efficaci. Dalla medicina cinese sappiamo che ogni organo risuona. Può risuonare con un sapore, un colore, una stagione, un’emozione e una parte dello spirito (shen). Ciò che nutre la salute del corpo è lo spirito. Ciò che nutre lo spirito degli organi è il risveglio della saggezza. La saggezza si acquisisce con un’educazione all’ascolto interiore, per questo dal 2014 guido meditazioni, durante le sessioni di agopuntura, che riportano all’interiorità. Lavoro con IPNOSI TAOISTA. Uno strumento antico che favorisce la trasformazione e il radicamento di nuove consapevolezze della coscienza. Si tratta di un viaggio interiore trasformativo dello spirito. Quando ascoltiamo e acquisiamo nuove informazioni, queste si depositano temporaneamente nella memoria di breve termine. Occorreche vengano decantate prima di essere, comprese e integrate. La nuova consapevolezza deve percorrere il tragitto ipotalamo corticale. Questo non è l’unico meccanismo su cui agisce l’ipnosi taoista. Essa induce gli emisferi cerebrali ad emettere onde di bassa frequenza (4-7 Hz), onde theta, tipiche del dormiveglia. Queste onde fanno strada ad uno stato profondo, collegato al subconscio. E governano la mente tra il conscio e l’inconscio. In questo stato, “theta”, avviene il bilanciamento della secrezione di adrenalina e dopamina, la generazione di nuove cellule, di nuove connessioni cerebrali. Le membrane cellulari liberano potassio e sodio, favorendo un reset emotivo che cancella i microtraumi. Questa tecnica può essere un supporto per la trasformazione delle emozioni traumatiche e le malattie che ne derivano. Attivando e guidando l’ascolto profondo dell’interiorità. Le cose sono unite da legami invisibili. Non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella.Galileo Galilei La consapevolezza collettiva è urgente, se continuiamo a girare nel ciclo dell’ego, rimaniamo separati, perdendo l’opportunità di evolvere. Ciao da Amal! Vieni a visitarci sulla nostra pagina Facebook e Metti il tuo MiPiace! Condividi il nostro articolo sui tuoi social >> Read the full article
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autobus24 · 5 years ago
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10. IPNOFOBIA: PAURA DI DORMIRE
Ho più volte immaginato di poter essere una paziente di Freud, e ancora più di avere la possibilità, se non il privilegio, di scoprire come avrebbe trattato il mio caso nello specifico.
A volte immagino che tutta la mia storia gli avrebbe permesso di sviluppare più velocemente la prima forma di psicoterapia concettualizzata e formalizzata nella storia moderna, che forse sarei stata un secondo, o addirittura un primo caso “Emmy Von N.”, o che il mio trascorso lo avrebbe portato a formulare diversamente tutte le teorie nell’ambito del motore dei sogni.
Ma, per quanto io possa fantasticare, il passato è andato e, questo tempo a me contemporaneo che sento stringermi troppo addosso, come se non pennellato alla mia anima, mi permette comunque di godere di quello che posso considerare un certo privilegio, perché in quei tempi lontani Breuer curava i casi di isteria attraverso tecniche ipnotiche, avvalendosi del presupposto che il sintomo isterico fosse espressione di una profonda conflittualità repressa, che riusciva a sfogarsi solo manifestandosi in forma nevrotica; nel frattempo, Freud portava avanti atroci sperimentazioni, cancellando, tramite ipnosi, i ricordi umani.
La cara signorina Emmy Von N. dimostrò il suo dissenso quando Freud le cancellò alcuni ricordi dolosi, in modo pacato, seppur doloroso: io, se fosse ancora vivo, non mi sottrarrei dal dargli due schiaffi in faccia, pur nel rispetto degli sviluppi cui è arrivato il suo lavoro.
I ricordi, per me, sono fonte preziosa. Non vanno toccati. E sono in continua lotta con l’effetto Mandela, che tende a distorcere pensieri e memorie, e mi crea quella confusione che sfocia nella paura di dimenticare, di perdere tracce importanti della mia storia.
In fondo, la mente lavora sempre in modo strano, incontrollato e incontrollabile, e talvolta i suoi giocosi scherzi incutono terrore e serrano lo stomaco, distorcendo la percezione che si ha del mondo esterno.
E non dimentico quel periodo in cui le allucinazioni erano così forti da farmi vedere la gente morta.
Ero in quell’autobus, ero apparentemente calma, e all’improvviso un flash, qualcosa, una visione di pochi secondi, tutte quelle persone che si avvicinavano all’ultimo respiro. Non vivevo liberamente i miei stessi pensieri, soffocati da visioni incontrollate di catastrofi. Non riuscivo a pensare normalmente. Se pensavo a qualcuno, arrivava quell’allucinazione. E così, come nel peggiore degli incubi, ecco una macchina, un incidente, il sangue, la proiezione di un’altra dimensione, di un mondo parallelo in cui quella macchina investiva quella persona, la trucidava, la spezzava sotto le sue ruote.
Possiamo aver il controllo del nostro corpo, e poi possiamo perderlo e farcela comunque, ma quando la tua mente è controllata dai tuoi demoni, quando provi a chiudere gli occhi per non vedere, ma vedi lo stesso qualcosa di oscuro, come fai a vivere? Come respiri?
Dopo un periodo piatto, senza visioni, ma ricco di avvenimenti catastrofici, il sonno è passato dall’essere un luogo di pace a un labirinto di morte e orrori.
Ho sempre sognato molto, fin da piccola, e la cosa risultava piacevole fin quando si trattava di enormi navi pirata e il tutto si concludeva con la vittoria di tutti e il vissero per sempre felici e contenti.
E fin da piccola ho sperimentato gli incubi ma, per fortuna, si materializzavano nella mia mente di rado.
Il primo semi-incubo lucido l’ho vissuto da piccola. E uso il termine “vissuto” perché in individui come me i sogni e gli incubi tendono sempre più, con lo scorrere del tempo, ad essere delle esperienze lucide, nitide, sveglie e consapevoli.
Una notte, da piccola, ho sognato un incendio, o meglio un’esplosione, ma non paurosa, non terrificante, solo l’interno di una vecchia casa dove i muri all’improvviso smisero di esistere, il cielo si trasformò in un intenso tramonto, ed io mi sdraiai a terra improvvisamente, sentendo la necessità di proteggermi dal calore che iniziava ad emanarsi. Un’esplosione? Una fuga di gas? L’inizio di un’apocalisse? Non lo so. Ma l’unica cosa che conosco bene è la sensazione che provai, una sensazione lucidissima, come se la dimensione del sonno e quella del reale si stessero compenetrando, come se si stessero sfumando i contorni di due realtà e non esistesse più il reale o l’immaginario, ma una dimensione altra, che andava oltre, oltre me stessa.
Il calore, quel calore così vero, quella sensazione di sentire tutto, come se fosse vero, come se non fosse un sogno, ma la realtà quotidiana. E il vento, il vento che spingeva verso di me quel calore. Un vento che nell’immagine era forte, ma nella sfera sensoriale piacevole, come era piacevole quel calore che mi soffondeva insieme ad una forte luce.
Fu allora che capii che forse i sogni e gli incubi potevano non essere solo fenomeni psichici mossi da meccanismi diversi dai processi coscienti del pensiero, e negli anni mi resi conto di essere in grado di vivere pienamente e manipolare a mio piacimento, ma con determinati limiti, le esperienze che potevo vivere in quella realtà paranormale.
Me ne accorsi quando iniziai ad avere i primi disturbi del sonno. Non ho mai dormito bene, ho spesso sofferto di insonnia, e avuto difficoltà a prendere sonno. Di notte, infatti, mi stendo sul letto, ma prendo sonno dopo tantissime ore.
È per paura, è per l’ansia, è per traumi che ho vissuto e che non ho mai metabolizzato e interiorizzato nel modo corretto.
Ho smesso di dormire “normalmente” molti anni fa, quando dormire ha iniziato ad essere una paura, matrice di forti ansie e pensieri oscuri.
Che io sia a casa mia, a casa degli altri, o in albergo, non dormo se non c’è pieno silenzio. O meglio, non dormo se non ho il controllo dei rumori della notte. L’unico rumore che voglio sentire è quello della televisione, che fin da piccola mi cullava il sonno, e nei primi anni in cui ho vissuto da sola mi aiutava a sentire meno il peso della solitudine. Per il resto, ho bisogno di sentire silenzio.
E così la notte, se sono in casa con qualcuno, giro per i corridoi e le stanze, assicurandomi che tutti dormano, che tutti stiano bene, che nessuno sia in grado di disturbare il mio sonno.

Ma poi non dormo. Resto con gli occhi sgranati a sentire i rumori notturni, i cani che abbaiano, gli oggetti che cadono dal mobile perché erano già in una posizione precaria. E così i rumori della natura, delle macchine che sfrecciano per strada alle due di notte.
Il sonno. Quel sonno in cui mi chiudevo quando ero fatta, per non pensare, per non vivere il giorno. E ricordo le settimane intere passata nel letto, imponendomi di dormire anche quando non volevo, perché nel sonno trovavo la pace.
Ma poi quella pace è svanita, ho iniziato ad avere incubi su incubi, che si sono fatti sempre più tetri e contorti, arricchendosi di dettagli, mostri, persone reali e immaginarie, violenze, sangue, e soprattutto rielaborazioni delle mie paure e di tutte quelle ansie dettate dalla bassa autostima, quelle stesse ansie per cui mi sono sempre sentita inferiore al resto del mondo, alle altre ragazze, e non meritevole dell’amore altrui.
“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole è tramontato e improvvisamente il cielo si è fatto rosso sangue. Ho sentito un soffio di malinconia. Mi fermai, esausto, mi appoggiai alla staccionata contemplando le nubi sospese come sangue e lingue di fuoco sul fiordo di un blu quasi nero e sulla città. I miei compagni proseguirono il cammino - io restai lì immobile tremando per la paura e per l’angoscia. E sentii che un grido infinito pervadeva tutta la natura”. Se non ho mai trovato le parole giuste per descrivere quelle sensazioni, credo che Munch, elaborando il suo famoso Urlo, sia stato in grado di farlo per me.
Demoni, porte rotte, luoghi oscuri, scantinati, boschi, morte, tanta morte, alieni che invadono il mio spazio, che tentano di prendere sempre e solo me, forme sconosciute che tentano di portarmi via, e soprattutto la sofferenza del mondo che mi circonda, il grido di disperazione di tutta la natura, quegli elementi che analizzo, quelle vite che assimilano e poi ritornano di notte, come lo spirito dei morti che di notte ritorna. Sento, sento emozioni, sento dolori altrui, li sento nelle ossa, li sento dentro mentre dormo.
Sento le grida, il calore o il gelo come se non fossi in un incubo, come se non fossi in una rielaborazione della realtà, perché quella è realtà. Non è una dimensione fittizia in cui vorresti ricordarti di darti un pizzicotto ma non lo fai mai. Perché è tutto vero, le sensazioni e le emozioni sono vere. Percepisco al tatto il caldo, il freddo, la spigolosità dei frammenti delle bottiglie di vetro, il sapore e l’odore del sangue, la ruggine, il vento sulla mia pelle. I miei sogni non sono finzione, e la cosa più strana di tutta questa connessione mentale con il mondo è che io sono in grado di decidere.
Nei sogni e negli incubi dormi, dormi e basta, guardi, agisci, ma è tutto passivo. Nei miei invece io sono sveglia, e a volte ho anche gli occhi aperti. Sono consapevole di cosa sta succedendo, di cosa sto sognando, e soprattutto sono sempre consapevole di essere nel sogno. Ma è così reale che non capisco, che faccio difficoltà. E mi dimeno mentre sto dormendo, mi urlo addosso che devo cambiare ciò che i miei occhi stanno guardando, mi urlo che devo svegliarmi. Perché so che sono in quella dimensione, sono completamente cosciente.
Ma non mi sveglio, mi urlo di farlo ma non riesco a svegliarmi. E quando sono completamente cosciente, non salto come fanno gli altri. Perché si sfuma. Si sfuma tutto. Il sogno o l’incubo sono così vicini alla realtà che si sfumano tra di loro, e in questo sfumarsi la sensazione del tutto si addolcisce, perché a differenza degli altri, svegliandomi, non divento cosciente, resto cosciente. Perché nel sonno sono completamente cosciente.
È come essere nella realtà di un mondo parallelo. Come se fossi sempre nello stesso posto, ma in due dimensioni che nel sonno riescono a incontrarsi. È come una parentesi, un varco, tra la nostra terra e la terra di una delle tante dimensioni che si sono sviluppate parallelamente alla nostra.
Sento, sento tutto, sento perfettamente le mani addosso, e ogni sogno mi lascia con quella sensazione. A volte faccio anche fatica a distinguere le due dimensioni, mi chiedo quale sia reale e quale, tra virgolette, fittizia. Sto sognando? Sta accadendo? Non sta accadendo? Sono sveglia di qui o sono sveglia dall’altro lato? E per me i sogni sono come esperienze di vita, è come se vivessi nel sonno, perché ciò che vivo in quell’altra dimensione mi consuma energie, quelle stesse energie che poi nella giornata mi mancano e mi portano a voler dormire ancora, ad essere stanca.
Perché gli incubi mi consumano tutte le forze. Perché se nell’incubo corro, è come se avessi davvero corso, è come se poi le gambe fossero davvero stanche. Io mi sveglio stanca dopo gli incubi, i miei demoni utilizzano il sonno per esaurire le mie energie, perché forse così posso decidermi a farla finita definitivamente.
E quindi non posso contare nel sonno, mi stendo sul letto con già la paura di fare un brutto sogno, di sentirmi soffocare o, ancora peggio, vivere una paralisi nel sonno.
E una volta stavo morendo a causa di una paralisi. Questa paralisi ipnagogica, questo disturbo del sonno che ti prende all’improvviso e ti irrigidisce i muscoli, dovrebbe preservare quasi perfettamente l’attività respiratoria.
Ma quella notte, a casa di mia nonna, ero malata.
E si bloccò anche la respirazione, e dovetti lottare con l’ansia e la paura, senza riuscire a muovere nessun muscolo, senza poter urlare, senza poter fare niente. Vidi esattamente la morte in faccia, sentii di essere arrivata completamente, stavo soffocando lentamente, senza poter chiedere aiuto o aiutarmi da sola. Vicina alla morte, così vicina alla morte. Quella stessa morte che pochi mesi dopo mi fece meno paura.
Perché quando svieni, quando ti svegli in una pozza di sangue, quando non sai com’è successo, allora provi un atipico orgasmo sensoriale, perché non ricordi nulla, perché non ricordi nessun tipo di dolore fisico, solo il vuoto, il buio.
E lì capisci che forse la morte non è dolorosa, che non si sente niente, che non si vive la paura. Che scivoli lentamente via. E provi piacere. Provi quell’amaro e perverso piacere che ti porta a volerlo fare ancora, e ancora. A voler cadere di nuovo giù, a terra, a sbattere la testa, e magari questa volta senza risvegliarti. Perché in quel modo la morte non fa paura, non ti fa male, non soffri, non senti niente. Sei solo morta, sei solo andata altrove o forse da nessuna parte. Ma non ti fa più paura. Perché non è niente, non ricordi nulla di te stesso.
La morte, il sonno, e la morte nel sonno. Il sonno in cui cerchi protezione e invece diventa un mattatoio. E la ricordo esattamente quella notte, la notte in cui, a casa di mia nonna, mi raggiunse uno dei peggiori incubi della mia vita, quello che fu seguito da notti e notti di incubi, incubi su incubi, incubi molteplici nella stessa notte, incubi che non riesci a scrollarti da dosso.
Eppure, per qualche strano motivo, gli incubi sono finiti, e le paralisi nel sonno sono diventare sempre più rare.
A un certo punto, ogni piccolo ingranaggio di me ha iniziato a rimettersi a posto, a guarirsi da solo, forse per spirito di sopravvivenza, forse perché era arrivato il momento giusto per crescere ed evolversi.
Per ergersi, rinascere da quelle ceneri tanto citate, e spiccare il volo. Un’ulteriore volta.
Dalla mia tesi “IGNORAMI - Conversazione derealizzata con la paura placebo”
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brucioredistomaco-blog1 · 7 years ago
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Le solite opinioni impopolari
Il Natale mi intristisce. L’aspettativa che si monta da novembre per un giorno come un altro che alla fine arriva e se ne va senza grande scalpore ma solo con grandi rotture di palle, che aspetti da settembre le vacanze per poter fare le cose che vuoi con i tempi che vuoi, invece ti ritrovi incastrato in un miliardo di impegni con persone che non ti interessa di vedere. Ci sono le pubblicità dei panettoni con i finti gospel vagamente offensivi, quelle sulla pace nel mondo che in qualche modo riescono a dipingere il consumismo come una soluzione e non come un problema, quest’anno c’è pure quella della tizia che partorisce nel magazzino di una Conad con una musichetta allegra di sottofondo senza senso che mi chiedo che cazzo avesse in circolo il pubblicitario che l’ha inventata, perché la prima volta che l’ho vista mi si è un po’ accapponata la pelle per sta povera donna costretta a sfornare un bambino fra casse di Tavernello e carrelli della spesa rischiando la setticemia, che magari era al supermercato solo per comprare un tubo di dentifricio ed è andata in travaglio, e lungi da me avere a cuore la sensibilità dei religiosi, ma al di là di tutto come pubblicità è blasfema in modo proprio squallido, preferivo una bestemmia creativa nella pubblicità di modellini per un presepe, di quelli con le casette da montare, con protagonista un sedicente amante del bricolage esasperato e con le dita coperte di colla a caldo in procinto di dar fuoco a Gesù bambino e di entrare a far parte di una setta satanista un momento prima di scoprire la marca top di presepi montabili stile Ikea, e anche quest’anno il Natale è salvo. Poi abbiamo quelle per i bambini con cui preserviamo la loro illusione nell’esistenza di Babbo Natale che sono in grado di scatenare le peggiori ondate di malinconia miste all’insorgere di questioni esistenziali senza risposta che ci metti dieci minuti a ricacciarle giù per non starci troppo male, c’è quella della Vodafone che ha già rotto tre quarti di minchia entro i primi due secondi di spot che ancora non sai di cosa si tratti ma sei sicuro di non voler pagare per averla,  fosse anche la certezza di una vita migliore, ci sono quelle dei concerti di Natale che fomentano la speranza di un istante di comunione spirituale che tanto se arriva è solo ipnosi collettiva, le lucine ovunque e i vicini che esagerano con led potentissimi sui toni del blu che quando arrivi a casa in macchina alle tre del mattino perdi un paio di battiti convinta stiano facendo una retata nel tuo condominio o che alla fine abbiano arrestato quelli del terzo piano per disturbo alla quiete pubblica o peggio, perché a Natale si è tutti più buoni ma quei due si scannano con tale pathos a dispetto del periodo dell’anno che il dubbio di un efferato omicidio si fa certezza mentre inchiodi in mezzo alla strada, poi realizzi che si tratta solo di un eccessivo sfoggio di spirito festivo sulla ringhiera di un balcone al primo piano. E la vera domanda è dove tengono il reattore nucleare per illuminare tutta quella merda.   Mi intristisce questa sfavillante ostentazione di superficialità, perché non solo è moralmente ambiguo crogiolarci nella convinzione che sia cosa buona e giusta farci trascinare in questo circolo di benessere artificiale dato dallo spendere soldi e accumulare oggetti senza curarci degli sprechi, ma anche e soprattutto perché io non ci riesco, non ci riesco proprio a farmi cullare, e quindi sono lì a scartare pacchetti e a ringraziare ad oltranza pensando che tanto niente di tutto questo sarà in grado di colmare il vuoto che sentiamo, che niente di tutto questo potrà sopperire alle nostre carenze affettive e alla nostra mancanza di rapporti reali. Che a Natale stiamo in famiglia solo per illuderci di stare davvero bene insieme, ma quando finisce tiriamo tutti un sospiro di sollievo prima di tornare a chiuderci in stanze diverse e a scambiarci monosillabi solo quando serve. Io non biasimo voi amanti del Natale, anzi, in fondo siete carini nel vostro aggrapparvi a ciò che c’è di positivo anche quando è praticamente indifendibile, però ecco. Non vi capisco. Non ci riesco proprio a prendere le cose con leggerezza, anche se di certo non mi impegno a prenderle seriamente. Quindi niente, lo sproloquio lo scrivo per non parlarne che nessuno ha voglia di starmi a sentire, giustamente, che poi si sentono tutti attaccati nel profondo e già sono la cugina problematica della famiglia, ci manca solo di far incazzare dieci persone in un colpo solo criticando la sacra tradizione. Così sorrido, rispondo alle solite domande del cazzo poste da parenti invadenti, e mentre mangio faccio in modo di scolarmi discretamente il maggior volume d’alcol che mi riesca di intercettare sulla tavolata. Spero di non ricevere troppi messaggi di auguri che l’anno scorso mi sentivo le dita ipocrite a furia di digitare ringraziamenti cortesi per persone ben intenzionate che di certo non si meritano tutto questo disagio mentale. Insomma, Buon Natale. 
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