#io non trattengo nessuno
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Io non trattengo nessuno, ti lascio libera di scegliere cosa veramente vuoi
“Give people time. Give people space. Don’t beg anyone to stay. Let them roam. What’s meant for you will always be yours.”
— Reyna Biddy
#reyna biddy#time#space#ti lascio il tempo#ti lascio lo spazio#sei libera#venire#andare#io non trattengo nessuno#ultimi romantici#romanticismo#romantic crew#romanticrew#disperato amore#figli di un disperato amore#mi manchi#tu mi manchi#i miss you#miss you
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Io non trattengo nessuno nella mia vita. Lascio la porta aperta, a chi vuole restare e a chi ha voglia di andarsene. Voglio la certezza che nessuno si senta obbligato, che sia un piacere vivermi. Non é nella mia natura supplicare, rincorrere, pregare. Ho lasciato libero di andare via anche chi amavo di più. E chi torna trova la porta ancora aperta. Conosco la comprensione e il perdono. Ma il tempo cambia le forme. Chi esce dovrebbe farlo con lentezza e girarsi almeno una volta a guardare indietro... Avere la garanzia di ritrovarmi non garantisce lo stesso cuore.
Letizia Cherubino
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Molti mi definiscono “diversa”, io semplicemente, penso di essere “rara”; ho dei difetti, ne ho parecchi, ma ho anche dei pregi, forse pochi.
Sono una persona di cuore, lo sono troppo. Non do mai tanto quanto gli altri danno a me, se posso e se voglio do tutta la mia vita. E no, non me ne pento mai, se c’è una cosa che voglio lasciare dentro una persona è il mio bel ricordo. Amo lottare per chi penso possa valerne la pena, e non mi tiro indietro al primo problema, anzi, abberei muri e cancelli.
Lascio agli altri la libertà di farmi del male, non sono stupida e nemmeno una fifona, purtroppo vedo del buono anche nelle brutte persone provando a tirar fuori il loro meglio, vorrei davvero che le persone fossero come realmente le vedo io. Sono un’ingenua, basterebbe solo aprire un po’ di più gli occhi. Le brave persone, quelle che ti amano soprattutto, non ti farebbero mai lo sgambetto.
Sono testarda, quando mi impunto non c’è verso che io cambi idea, ho bisogno di sbattere contro un palo e di cadere 1000 volte, per far sì che ascolti i consigli degli altri. Non ho paura del giudizio altrui, anzi non mi tocca minimamente, ma voglio sbagliare e camminare con le mie gambe, voglio poter capire da sola quali sono le cose che ostacolano il mio cammino e non mi lasciano passare.
Sono impulsiva, maledettamente impulsiva. Se c’è qualcosa che odio sono le bugie e le doppie facce. Ho bisogno di dire tutto ciò che penso, non riesco a trattenermene una. A volte questo mio lato viene “condannato”, non a tutti piace la verità sbattuta in faccia, eppure penso si vivrebbe meglio. Viviamo in un mondo fatto di menzogne.
Odio il grigio, o è bianco o è nero, le mezze misure non mi piacciono. Quando chiudo una porta, butto via la chiave, non torno indietro, tendo a farmene una ragione sin da subito.
Sono la persona più paziente al mondo in assoluto, sopporto fino a quando non scoppio, ma quando mi incazzo non mi trattengo.
Sono una romanticona, mi piace l’amore, io amo l’amore. Odio le sdolcinatezze, non mi si addicono per niente (sono quasi una scaricatrice di porto). Preferisco il cinema alla discoteca, un film con una pizza piuttosto che una cena a lume di candele al ristorante. CHE IMBARAZZO!! Sono passionale, mi piace fare l’amore con la persona per la quale mi batte il cuore. Sono una sognatrice, mi piace immaginare cose che per la maggior parte delle volte non accadono, però mi fanno star bene, meglio di niente, no?
Mi chiudo a riccio quando non conosco qualcuno, sono sfiduciosa verso il genere umano, ma quando prendo confidenza divento logorroica e inizio a parlare di tutto il mio albero genealogico e della mia vita dalla mia prima parola.
Sono insicura, non sempre mi convincono le decisioni che prendo e spesso, tendo a cambiare idea facilmente anche mentre la sto cambiando, mi sento una pazza!!
Sono folle, mi piacciono le pazzie, d’amore...
Sono una persona gelosa, non morbosa ma controllata, so cosa è giusto e cosa è sbagliato, nei limiti.
Sono complicata, è vero, ma non chiedo né pretendo nulla da nessuno, sono questa PRENDERE O LASCIARE
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La camera oblunga
È a digiuno che comincio le mie battaglie più feroci, lo stomaco vuoto mi rende più leggero e veloce, la fame mi rende ferino.
Ci sono altri come me, alcuni cercano coraggio in fondo ad un bicchiere, altri pregano, la realtà è che non abbiamo scampo.
Siamo vittime delle nostre stesse decisioni, possiamo solamente incolpare noi stessi per essere qui, ma molti, come spesso accade devono fare cadere le colpe su altri, ma questo non li salverà.
Io non giudico nessuno, la natura umana agisce così, facciamo quello che siamo programmati per eseguire.
Una angusta e traballante camionetta ci trasporta nel luogo della nostra punizione, la tensione comincia a salire ,qualcuno cede di schianto e scoppia in lacrime, qualcuno lo consola, i soliti meccanismi umani.
la mia anima avvolta dalle fiamme urla inferocita, ma trattengo la bestia. non perderò il controllo, oggi non darò spettacolo per nessuno.
Mi hanno legato saldamente ad una sedia, gli altri sono nella mia stessa situazione, sono seduto a circa metà di questa camera oblunga, posso scorgere un centinaio di teste rivolte nella mia stessa direzione, quanti altri siano alle mie spalle non mi è dato saperlo.
Al centro della parete che mi è dato vedere c'è la porta dietro la quale il nostro aguzzino sta già muovendo chi sa quali strane manopole, al centro della porta uno stilizzato simbolo in acciaio che sembra richiamare un timone.
Dei figuranti in maschera cominciano una strana liturgia, una specie di danza che dovrebbe darci coraggio, che dovrebbe aiutarci nei momenti peggiori, delle icone raffigurate davanti ai miei occhi riproducono i movimenti principali di quella strana danza.
La tortura comincia, la camera comincia a scuotersi violentemente, le luci lampeggiano, la stanza pare allungarsi, la porta del bastardo si allontana, la struttura in qualche modo si sta spaghettificando, le luci si abbassano, il peso della testa aumenta e sembra potermi fracassare le vertebre, vorrei urlare, ma la pressione mi toglie il respiro, la mente come impazzita cerca disperatamente una via di fuga...ma qui non esistono vie di fuga.
Gli scossoni mi tolgono di senno, le icone raffigurate di fronte a me prendono vita e mi urlano "scappa!", ma dove? Il mio destino è già segnato.
Il tizio ai comandi ci regala un po' di tregua, ma noi guerrieri siamo già stremati, ma non cederemo, siamo già pronti alla prossima scarica "fai del tuo peggio bastardo".
C'è una cosa che mi sorprende, come fanno gli altri a rimanere così calmi? Come fanno a leggere e ad ascoltare musica? Non si rendono conto che rischiamo la vita? Ma non ho tempo per questo. il volo durerà altre 2 ore e siamo solamente alla partenza.
Normalmente per calmarmi comincerei a camminare in su e giù per il corridoio ripetendo forsennatamente "moriremo tutti", ma oggi no, oggi la popa dorme attaccata al mio braccio, ritraggo gli artigli, oggi è bello volare.
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Io non trattengo nessuno.
Non perchè non ci tenga, anzi.
Ne soffro, ma lascio agli altri, la libertà di scegliere se starmi accanto o andar via.
Semplicemente perchè credo che chi vuol esserci c'è, senza neanche che tu glielo chieda ♡
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Voglio leccarti il cervello.
Rifletto sempre, continuamente, perfino quando gioco a “Balatro” o “Euro Truck Simulator 2”. Ma ieri, in particolare, riflettevo sull’origine della mia ricerca. Sulla ricerca di quella ragazza unica, particolare, speciale. Succube, come amavo definirla un tempo, nel precedente blog. Aggettivo che fu introdotto peraltro da Alice, da quella piccola grande meraviglia che chissà dove è finita ora. Quella voglia di dominio, di avere il controllo, di dettare la linea, risponde in realtà probabilmente solo all’esigenza di essere ascoltato. Perché allo stato attuale non lo sono, dagli altri, nella vita reale. E intendiamoci, non mi metto in un angolino a piangere, affatto. Ma ci penso. E al contempo diminuisco sempre più la quantità di parole, quasi a diventare muto. Trattengo il fiato, non lo spreco. Mi limito, in mezzo agli altri, a qualche battuta ogni tanto. Così, per non sembrare troppo estraneo, per non mettere in imbarazzo nessuno (soprattutto gli altri, appunto). Ma in linea generale non sono ascoltato, non lo sono davvero, nel profondo. Si fa, piuttosto, finta di ascoltarmi. Ma mi rendo poi conto che le mie parole volano via nell’aria troppo in fretta, incapaci di essere accolte, assimilate, introiettate. Un sottofondo, un passatempo, ma nulla più. È un peccato, sinceramente. È un peccato perché ritengo che le mie parole abbiano un valore. Che i miei pensieri, non siano sempre così banali o vuoti. Che i miei ragionamenti, abbiano una loro logica. Ma a cosa è dovuto questo? Forse, in generale, nessuno ascolta più nessun altro? Difficile rispondere a questa domanda. Certo, ci sono le varie scuole di pensiero a dire che è calata la soglia di attenzione, che è colpa dei social network e dei video brevi, e bla bla bla. Le solite cose. Io non posso limitarmi a credere questo, ci dev’essere qualcosa di più profondo. Qualcosa che si è rotto, uno spartiacque, un momento preciso che ha eretto un muro. Sono io il problema? No, non lo sono. Il problema è semmai il mondo. Ma alla fine di tutto ciò, ecco, quella ragazza tutta per me la vorrei in modo così potente proprio per questo, credo. Per contare qualcosa per lei, in modo totale, esclusivo, assoluto. Un’ispirazione, una guida, un punto di riferimento insostituibile. È come se vorrei che lei compensasse tutto quello che là fuori non posso ricevere. Nel senso che non me ne frega niente di essere ascoltato (a trecentosessanta gradi) dagli altri, ma solo da lei. Voglio lei e solo lei. Voglio vivere, umanamente, per lei. E voglio al contempo che lei diventi la schiava del mio cuore, dei miei desideri, delle mie voglie, delle mie ossessioni. Al mio cospetto e nuda di ogni freno, di ogni remora, di ogni vestito. Completamente nuda, fresca, pulita e depilata di ogni dubbio. Pura. Il regalo più grande della mia vita, l’unico a parte la vita stessa. Una ragazza da amare in modo viscerale, distorto, malato, irrazionale, ma anche lucidissimo. A cui poter quasi leccare perfino il cervello. Annegando tra le sue gambe.
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E poi... io non trattengo nessuno, potete togliervi dalle amicizie se non gradite la sottoscritta, è pieno di Harley.
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Io non trattengo nessuno. Non perchè non ci tengo, anzi. Ma lascio agli altri la libertà di scegliere se starmi accanto o andare via, semplicemente perchè credo che chi vuole esserci c'è. Senza neanche che tu glielo chieda.
(Cit.)
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Ci sono giorni in cui
ho un disperato bisogno di parole.
Sussurrate.
Scritte.
Gridate.
Giorni in cui i silenzi diventano assordanti.
E allora mi trattengo.
Mi chiudo.
Cerco di indossare un sorriso
che dia una parvenza di normalità,
in modo che gli altri non mi chiedano
cosa c’è che non va.
E faccio di tutto per mostrarmi forte
come ero una volta.
Tanto da sembrare aggressiva.
Quasi arrabbiaita.
Tanto nessuno capirà
che quella non è rabbia.
E che questa non sono io.
Perché basterebbe
guardarmi un po’ meglio per capire
quanto sono stanca di questa maschera.
Di questa solitudine
che fingo di aver scelto,
ma che a volte mi pesa
come un macigno sul cuore.
Sono sempre stata così coerente
con me stessa
che non ammetterò mai
che qualche volta non mi basta.
Che a volte non mi basto.
Riccardo Bertoldi
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non riesco a scrivere di te
tu che mi hai accarezzato il viso con lo sguardo ogni sera, che passavi le giornate nella preoccupazione continua senza dare spiegazione. non so cosa pensare della tua esistenza se non che se non l’avessi conosciuta, mi sarebbe mancato qualcosa.
ti ho visto al lume di una luna che non voleva lasciarti solo su quella spiaggia, ti ho seguito quando non volevi altro che abbracciare te stesso in un atto di solitudine necessario. tutta questa oscurità che ti aggira, quel silenzio eterno che attiravi, quella luce immensa che illuminava i tuoi occhi ogni volta che alzavi il viso verso il cielo, mi feriva l’animo poiché provavo invidia e impotenza nei tuoi riguardi; il desiderio di rimpiazzare quella luna mi tormentava come tormentava anche a te inizialmente.
vorrei che mi concedessi una mano sul cuore, un respiro, una parola e un pianto. vorrei tutto ciò che non vorrai mai fare. nessuno verrà a cercarti, nemmeno io in realtà, perché sai bene che se succedesse ti perderesti nuovamente nell’oscurità.
ho dovuto assaporare un veleno che non mi era destinato, facendolo colare a controvoglia dentro di me, ho dovuto ucciderti per darti un’altra vita. mi hai chiesto se fosse tutto finito, mi hai già supplicato con gli occhi di farla finita, mi hai chiesto di amarti in un gesto spontaneo per collassare in mezzo alla strada con il casco ancora sulla testa.
trattengo il respiro ogni qualvolta che penso che abbiamo riso istericamente per paura, abbiamo sospirato di piacere, urlato per odio e smesso di parlare per rassegnazione.
non credo di amarti, credo di non aver mai amato nessuno a questo punto, tuttavia, sono certa che quel sentimento che ti riservo rimarrà fino a quando non ci abbandoneremo a quel veleno che abbiamo deciso di bere.
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25/12/2024
Oggi ho battuto la testa per l'ennesima volta. Oggi il sangue è fuoriuscito. Oggi ha fatto più male di sempre. Le fitte al cuore e il macigno che provavo in questi mesi sul petto non sono niente in confronto. Il sangue è fuoriuscito al posto delle mie solite lacrime. Credevo di essere più forte di tutto questo, credevo di poter sopportare tutto quello che mi porto dentro, ma come sempre mi sbagliavo.
Mai mi ero immaginato di dover passare un Natale così di merda. Un Natale da dimenticare, da strappare e cancellare dai miei ricordi più tristi. Un Natale passato a camminare senza meta al freddo e al gelo in un migliaio di strade che avrei voluto percorrere con te e che mai percorrerò.
Mai mi sarei immaginato di guardare i fuochi d'artificio sù nel cielo e di provare un senso di angoscia e disperazione, mentre sul cellulare ti guardavo felice con gli altri senza di me. Perchè la realtà dei fatti è questa: non sarò mai la tua felicità, non sarò mai un tuo amico e sopratutto non sarò mai la persona per la quale perderai la testa. Non sarò mai quella persona per la quale ne vale veramente la pena lottare.
Non sarò mai quella persona alla quale scriverai gli auguri di Buon Natale, non sarò mai quella persona per la quale vale veramente perdere due minuti da dedicare per un messaggio carino o per una chiamata. Non sarò mai nel tuoi pensieri, non sarò mai nessuno, non sarò mai la persona giusta dalla quale accettare un regalo, non sarò mai la persona che combacerà perfettamente a te in un abbraccio.
Anche se il Natale non è finito continuo ad aspettare il tuo messaggio, ad illudermi, nonostante tutto, nonostante il sangue che cola ovunque. Nonostante la dura realtà che mi guarda a braccia conserte.
Mentre scrivo le lacrime cercano di sgorgare, ma le trattengo perchè so che non ne vale più la pena, perchè non ci sarebbe nessuno ad asciugarle, non ci sarebbe nessuno ad abbracciarmi per tranquillizzarmi.
Ti chiedo solo un ultimo favore. Quando ti rivedrò, perchè so che accadrà, smettila di farmi soffrire, smettila di videochiamarmi dal cellulare dei tuoi amici, smettila di mandarmi messaggi vocali, smettila di guardarmi, smettila di toccarmi, smettila di ridere alle mie battute, smettila di ascoltare la mia voce, semplicemente smettila. Smetterò anche io di farlo, troverò il coraggio, perchè ormai ho deciso di smetterla di provarci, in tutto e per tutto.
Buon Natale a me.
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Il mio cuore meccanico - Parte 2
“Sente male?” La donna soffice mi ha fatto sedere sul lettino ed è in piedi davanti a me. Indossa guanti spessi e bianchi e stringe una porzione della pelle del mio petto tra l’indice e il pollice della sua mano destra.
È il quinto pizzicotto che mi dà. Non mi è ben chiaro lo scopo di quella visita, ma mi fido di lei.
“No. Cioè, non è neanche piacevole, ma… Beh, è sopportabile.”
“Bene.”
Si allontana, estrae dal cassetto un… Cielo, che diavolo è? Sembrerebbe la bacchetta di un rabdomante, ma è di metallo nero. Torna verso di me e lo punta verso il mio addome, oscillandolo a destra e a sinistra. Non capisco se sia lei a dirigerlo o se quel coso si stia muovendo da solo.
“Posso farle una domanda, signor Manna?”
“Certo.” Vorrei me ne facesse mille. Non sono uno a cui piace parlare chissà quanto, ma lei mi tranquillizza. È una di quelle persone davvero intenzionate ad ascoltare le risposte alle domande che pongono. Almeno, dà quell’impressione, con i suoi occhioni e le fossette che si formano nelle sue guance quando parla.
“Come era sua moglie?” Ecco, forse quella è l’unica domanda che avrei evitato volentieri. Mi coglie di sorpresa e trattengo il respiro mentre lei continua a muovere quella roba metallica strana vicino alla mia pancia. Mi domando se domande di quel genere siano previste dalla procedura medica. Forse servono a valutare le mie reazioni fisiche, o roba così.
“Miriam era…” come era Miriam? Difficile a dirsi. Io lo so, lo so come era. Lo sento. Lo sentivo, quando era ancora viva. Sapevo perché l’amavo e perché era la mia compagna di vita. Lo sentivo e basta, non era un qualcosa che avevo mai dovuto spiegare a voce a nessuno, neanche a me stesso. Era come il sangue che scorre nelle vene: è così, senza un motivo. Ed è vita.
“… lei era gentile. Amava le cose semplici. Forse era quello il motivo per cui mi aveva scelto. Non aveva tante pretese, ma non perché fosse una persona banale, tutt’altro. Ma sapeva di preferire la semplicità. Per esempio, le piaceva il caffè. Un buon caffè. Senza orpelli o variazioni o aggiunte strambe o alternative con nomi improbabili. Un caffè, fatto bene. E la pasta al pomodoro, per dire. Non era tipa da cose complicate. Pochi ingredienti, ma buoni, trattati con amore. E questo valeva un po’ per tutto.”
“Capisco.” La donna soffice fa un sorriso dolcissimo e annuisce, senza però aggiungere altro o commentare in qualche modo le mie parole. Nulla. Continua a muovere la bacchetta e sorride. Forse ho detto delle stupidaggini? Diamine, è la prima volta che qualcuno mi fa una domanda così personale e diretta dalla morte di Miriam; rispondere non è stato facile. Un po’ come cercare di rimettere insieme i pezzi di un puzzle senza sapere da dove iniziare. Alla fine magari viene fuori una schifezza, anche se le intenzioni erano buone. Forse ho dato alla donna soffice un’immagine di Miriam troppo pacchiana e semplicistica? Miriam era tanto altro. Forse-
Un ronzio infastidito arriva dalla bacchetta metallica. La dottoressa la allontana e mi guarda negli occhi. Sono così belli, i suoi.
“Oh? Ho fatto qualcosa di strano? Dunque, ho provato a rispondere, ma non so se era la cosa giusta da dire…” Balbetto quelle parole senza sapere bene dove andrò a parare.
“Non si preoccupi. Non è colpa sua.” Si alza e ripone quella roba nel cassetto.
“E non credo ci sia un modo giusto o sbagliato di rispondere a quella domanda. Solo il modo che viene dal cuore. Quello era il suo, direi.”
Se non fosse terribilmente sbagliato, mi alzerei e la abbraccerei. Scelgo consapevolmente di ignorare il fatto che una professionista come lei parli di cuori di carne e dei sentimenti che arrivano da essi.
“Posso farle io una domanda, dottoressa?”
“Ma certo.” Con un gesto mi fa capire che la visita è finita e che possiamo tornare nell’altra stanzetta, quella piena dei suoi ninnoli. Mi rimetto la camicia e la seguo.
“Come mai ha così tanti oggetti e oggettini? Sia qui sia nella sala d’attesa.” Lei mi guarda perplessa, alzo le mani per chiedere preventivamente scusa e continuo.
“Intendo, è una scelta… particolare, per uno studio come questo. Non che mi dispiaccia, ma non mi aspettavo di trovare così tanto calore e personalità qui dentro.”
La donna soffice mi regala una risata meravigliosa. Piena, sincera, genuina, dolce. Non c’è scherno in quella risata, né arroganza o commiserazione. Solo, serenità. Mi accorgo che lei mi piace molto. E mi accorgo anche che non posso controllarlo, per quanto vorrei - è inadatto, per una persona nel mio stato.
“Non posso darle torto, in verità,” mescola quelle parole al finale della sua risata dolce, “ma sono fatta così. Lo so, probabilmente tutti si aspettano più… freddezza e asetticità da chi fa un lavoro come il mio, ma alla fine tutti si dimenticano che io lavoro con i cuori. Veri o meccanici che siano, sempre di cuori si tratta.”
Allunga la mano per dare un buffetto al nasino del gatto bianco e nero di ceramica. Adorabile. Miriam l’avrebbe trovato un gesto adorabile. E anche io.
“Il tempo che passo con i miei pazienti prima dell’operazione è più lungo del dopo. E prima, il loro - il vostro - cuore è ancora di carne. E i sentimenti sono ancora lì. Mi piace che le persone stiano in un ambiente caldo e accogliente finché possono goderselo.”
“… Ahi.” Dico.
“Non mi fraintenda, signor Manna. Non giudico niente e nessuno. La scelta è vostra e io faccio quello che devo. Non c’è pietismo nelle mie parole.”
Scelgo di crederle e annuisco. Vengo spedito a casa dopo poco, con l’invito a tornare per un’ultima visita la settimana seguente. Dopo di quella, avremmo fissato la data dell’operazione. Il tempo trascorso in solitudine a casa a pensare e ripensare alle parole della donna soffice unito alla dolcezza che la dottoressa riversa su di me durante il successivo appuntamento sono sufficienti a fare il patatrac: sono cotto di lei.
Passiamo la visita a ridacchiare e scambiarci considerazioni sul meteo, sulle nuove uscite al cinema, sull’ultima canzone ascoltata alla radio, sulle nostre famiglie e sui rispettivi animali domestici. Scopro così che la donna soffice ha una coppia di inseparabili - Danny e Sandy - e un pesce rosso chiamato Truman Capote. E che preferisce l’autunno all’estate, proprio come me. E che non trova nulla di strano nell’andare al cinema da soli, di tanto in tanto, proprio come me.
Per il resto, la visita è del tutto indolore. La solita roba; qualche pizzicotto, un po’ di aggeggi appoggiati su di me alternati alle mani della dottoressa, qualche ‘tossisca’ e ‘trattenga’ e ‘inspiri, espiri’. Ma a questo punto, sarei stato contento anche di ricevere una botta in testa, se fosse arrivata da lei.
“Signor Manna,” la donna soffice rimette tutti gli strumenti al loro posto e si lava le mani nel lavabo, “è tutto regolare, ovviamente, come pensavamo. Non c’è alcun motivo per non proseguire con l’operazione finale. È contento?”
“Molto.” Il che è vero a metà. Voglio proseguire, voglio liberarmi di tutta quella faccenda del cuore e della sofferenza. Perché sì, certo, sono cotto della donna soffice, ma questo non significa che Miriam non sia più sotto terra. La donna che amavo è morta, io sono un uomo distrutto dal dolore e questo non può cambiare. Ma è anche vero che la donna soffice esiste e mi fa sentire come non mi sentivo da parecchio tempo. I due fatti coesistono: sofferenza e speranza.
La sofferenza è arrogante, però. Ha piantato bandiera da più tempo e la fa da padrona. Difficile che lasci spazio a qualche nuovo arrivato.
“Dunque. Mi lasci guardare l’agenda, così prendiamo appuntamento per l’operazione.” La dottoressa mi porta nell’altra stanza e si dirige verso la sua scrivania.
Toc toc.
“Sì?” La ragazza con l’alito che sa di menta apre la porta e fa capolino, con la sua vaporosa pettinatura bionda.
“Mi scusi dottoressa, la signora Tira ha appena chiamato. È caduta dalle scale e si è rotta un braccio.”
“Oh poveretta!”
“Sì, poveretta. Non riuscirà a venire per il suo appuntamento di oggi. Glielo tolgo dall’agenda.”
“Aspetta un attimo,” la donna soffice sposta il suo sguardo dolce e profondo su di me, “signor Manna, ho il pomeriggio libero. Se vuole, possiamo anche farla oggi l’operazione. Che ne dice?”
La ragazza con l’alito di menta rimane lì in attesa della mia risposta, come se fosse certa che la questione si sarebbe risolta in un paio di secondi. E forse dovrebbe essere proprio così, visto che ho scelto io di essere lì. Ho già pagato l’acconto, ho fatto le visite, non ho mai manifestato alcun segno di resistenza o di titubanza. Quando avevo chiamato per essere inserito nella lista d’attesa avevo specificatamente chiesto di velocizzare i tempi e di non farmi aspettare troppo.
Tu-tum. Faccio attenzione al ritmo del mio cuore per la prima volta da che quell’organo è nel mio petto, quindi da sempre. Lo sento, ora, lo sento davvero. Batte più forte e con più insistenza, mi sembra pure più pesante del normale: forse ha capito che sta per andarsene. Ma io voglio davvero che se ne vada? È davvero la soluzione giusta? Schermarsi dietro un pezzo di metallo e far finta che il dolore non esista e non sia parte del gioco?
Tu-tum.
“Dico che ci sto. Possiamo farla adesso.” Le parole escono dalla mia bocca prima che io possa fermarle. Quella è la mia mente che agisce per conto suo, a tutela dei suoi interessi e della sua sanità. È la mia mente che mi dice ‘oh, ma che diamine, non ti ricordi di quanto stai soffrendo e di quanto hai sofferto? Finiamola, non fare cavolate’. E io l’ascolto.
La donna soffice annuisce. Potrei giurare di aver visto una sfumatura di delusione attraversarle gli occhi, ma so bene che non è così in realtà: è il mio cuore, che le tenta tutte pur di salvarsi. La dottoressa mi spedisce all’ingresso con la ragazza dall’alito di menta per saldare il mio pagamento. Lei intanto prepara la sala operatoria.
“Tuo cugino, quello di cui mi hai parlato, ha animali?” Chiedo alla ragazza mentre aspetto di essere richiamato per l’operazione.
“Eh?”
“Dico, sai se ha animali domestici? Cani, gatti?”
“Uhm, sì. Ha un coniglio nano. Si chiama Nocciolino, se non ricordo male.”
A Miriam sarebbe piaciuto. “Ok. Sai se Nocciolino sta bene? Voglio dire, lui ha continuato a prendersi cura del coniglio, anche dopo l’operazione, vero? Non è che il cambiamento gli ha fatto perdere la voglia di accudire il suo animale.”
“Non saprei. Nessuno mi ha parlato di conigli morti o altro durante le ultime cene in famiglia, quindi immagino che stia bene.” Prende i miei soldi e mi restituisce uno scontrino, con alcuni documenti da firmare.
“Non diventerai un mostro o roba del genere, se è quello che ti stai chiedendo. Semplicemente, non avrai sentimenti veri. Ma continuerai a fare ciò che facevi anche prima. Se eri abituato a dare da mangiare a un animale, che ne so, continuerai a farlo.”
“Bene.”
Lei si disinteressa a me e io mi disinteresso a lei. Rimaniamo in silenzio fino a che la voce musicale della donna soffice non arriva di nuovo alle mie orecchie.
“È tutto pronto!”
“Bene.” La seguo e mi faccio portare in un’altra stanza, una che non ho mai visto durante gli appuntamenti precedenti. È in fondo a un altro corridoio ed è grande, tutta bianca. Sembra quasi irreale. Al centro, un lettino operatorio circondato da tavolini metallici colmi di coltellini, forbici, pinze e altre diavolerie. Ed eccolo lì, pronto ad aspettarmi: il mio cuore meccanico. Se ne sta tutto solo sopra uno dei tavolini, come se fosse appoggiato a un piedistallo. È dorato, proprio come l’avevo chiesto, ed è grosso, elegante, ben fatto. Ha un aspetto quasi retrò, come se fosse uscito dalla mente di un artigiano orologiaio di altri tempi.
“Le piace?” La dottoressa si accorge del mio sguardo e sorride.
“Molto. Sì, sì. Molto.”
“È nervoso? Andrà tutto bene, sono qui con lei.”
“Sto bene, grazie.”
Seguò con attenzione le istruzioni che mi dà subito dopo; mi spoglio, indosso un camice bianco, mi sdraio e aspetto che arrivi il momento dell’anestesia. La donna soffice intanto prepara gli strumenti e si assicura di avere tutto ciò che le servirà per prendersi il mio cuore di carne e sostituirlo con quel bel pezzo di metallo. Io fisso il soffitto bianco, in attesa.
Tu-tum.
A cosa dovrei pensare? A cosa si pensa di solito, prima di perdere il cuore e di diventare dei perfetti automi senza sentimenti? Avrei dovuto informarmi meglio, forse. Faccio la cosa più banale di tutte e penso a Miriam. Cerco di richiamare alla memoria un momento specifico, non solo un’idea generica di Miriam. Penso a quando mi ha detto ‘ti amo’ per la prima volta. Era Natale, avevamo appena finito di fare l’albero. Avevamo ascoltato musica natalizia commerciale per tutta la mattinata - Feliz Navidad! Feliz Navidad! Feliz Navidad, prospero año y felicidad! - e avevamo riso insieme quando Romeo aveva iniziato a giocare con una delle palline rosse. Che pasticcione. Avevo fatto una tisana calda per entrambi ed ero spuntato dalla porta della cucina per chiederle se volesse anche dei biscotti o se era a posto così.
“Ti amo,” aveva detto.
“Oh!” Non me l’aspettavo. Per poco non avevo fatto cadere le tazze.
“Ti amo,” l’aveva ripetuto, ridendo.
Avevo appoggiato le tazze per terra, stordito e imbambolato, ed ero corso verso di lei.
Tu-tum.
E ora era morta. Non c’era più. Il bianco del soffitto davanti ai miei occhi viene coperto dal volto della donna soffice. Sorride, gentile e accogliente. È bella, lo è davvero. Con un po’ di tempo in più e un po’ di sofferenza addosso in meno, mi potrei anche innamorare di lei e iniziare da zero. Mi piace, e non è una bugia.
“Tutto pronto,” indica con lo sguardo la siringa che stringe nella mano, “mi dica lei quando procedere. Faccia con calma.”
La guardo per qualche secondo, senza dire nulla e senza sbattere le palpebre. Mi godo il suo volto mentre completo nei miei pensieri il ricordo di quella mattina di Natale con Miriam. È un bel momento, tutto sommato. Sento un po’ di piacevolezza scorrere nello stomaco. Quando il ricordo si interrompe, i miei occhi iniziano a seccarsi e il dolore torna a pulsare dentro di me, annuisco.
“Sono pronto.”
Tu-tum.
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“Io non trattengo nessuno nella mia vita, perché se uno ci tiene non se ne va neanche se gliene dai l’occasione.”
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Cosa ho visto - puntata 2
Mi avvicino all'oratorio con passo tranquillo ma deciso. Lo sento mio l'oratorio, per tutto il tempo che ci ho passato ma sento anche che per lui sono un estraneo.
Entro con un velo di ansia, gestibile, e con molti desideri che mi frullano in testa.
Cammino lentamente lungo il percorso in discesa guardandomi in giro per vedere se in mezzo a tutta quella gente sarò in grado di trovarlo. Ed invece d'un tratto è lui che trova me. Lo vedo che mi corre incontro, si arrampica sulle gradinate e mi saluta tranquillamente.
Cominciamo a parlare e a raccontarci di come sta andando ma mi accorgo che oltre ad ascoltare le sue e le mie parole, vedo anche chiaro come il sole che è contento di essere lì a parlare con me.
Si trastulla, mi sorride, prende le mie mani e ci giochicchia. Non ha fretta di andare e non è imbarazzato a mostrarsi che parla con suo padre, circondato da tutta quella gente. Due parole ancora poi mi saluta, mi dà un bacio delicato sulla guancia e si dilegua felice in mezzo ai suoi amici.
Ho visto mio figlio sereno e felice e questo mi dona una calma indescrivibile.
La serata passa veloce, sempre attento con la coda dell'occhio per vedere se c'è anche lei. È ora di andare e faccio un ultimo giro per vedere se lo vedo, per poterlo salutare e ne approfitto ancora per cercare anche lei.
Maledetto! Si è proprio dileguato...
Sto camminando sulla salita che porta all'uscita e d'istinto mi fermo e mi giro. Non ho sentito nessuno chiamarmi ma quando mi volto vedo lei che mi sta correndo incontro.
Tutto quello che riesco a vedere è mia figlia che si avvicina con un sorriso che più raggiante non si può. Un sorriso che può significare solo una cosa: felicità.
Si avvicina, si ferma e mi saluta.
Io resto interdetto per un'istante, poi ritorno in me e arretro leggermente perché sento fortissimo l'istinto di abbracciarla, abbracciarla così forte da farle mancare il fiato ed esplodere la testa. Non voglio sporcare tutto intorno di sangue e brandelli di cervello per cui mi sforzo e mi trattengo.
Parliamo tranquillamente, due parole e poi ci salutiamo.
E ancora precipita dentro di me tutta la calma del mondo. E ogni pensiero svanisce. E ogni problema scompare.
Riprendo a camminare verso l'uscita, felice e in pace.
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Basement - Promise Everything, traduzione testi
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E le lettere che hai scritto le ho conservate Non ho intenzione di leggerle perché non ho tutto quel coraggio Però le tengo per poter dire che io ci tenevo
(da: Brother’s Keeper)
1. Basement – Brother’s Keeper, traduzione
Custode del fratello Sto seduto ad aspettare e a contare il mio odio
Ne ho da sommare per giorni interi
I sentimenti vanno e vengono, ti faccio sapere
I sentimenti vanno e vengono, ti faccio sapere
Uno più uno non è mai divertente
Tira il filo e mi disfo Vedo i numeri che scompaiono
E le lettere che hai scritto le ho conservate
Non ho intenzione di leggerle perché non ho tutto quel coraggio
Però le tengo per poter dire che io ci tenevo, che io ci tenevo I sentimenti vanno e vengono, ti faccio sapere
I sentimenti vanno e vengono, ti faccio sapere
Uno più uno non è mai divertente
Tira il filo Io sono il fratello Caino
Non mi tengo nessuno vicino o al sicuro
Nego, nego
Rispondo, rispondo sulla tua tomba
Io a te devo tutto quanto 2. Basement – Hanging Around, traduzione
Trattenersi Mi trattengo qua in attesa di un rumore o di una luce che mi guidi la vista
Lontano da terra
Apro la mente e scopro che devo aver perso il costo aspettando in fila
Dammi pure la notizia, io me la caverò Aiutami a essere me lontano da te
Segnali stradali, la mente scorre, andava fatto da tempo Trovami un segno che mi faccia brillare e far finta di comprendere perché ho sprecato il mio tempo
Passami un indizio che possa perdere e scambiare per la mia fuga dal vecchio e dal nuovo
Uomo o ragazzo, nero o blu Aiutami a essere me lontano da te
Segnali stradali, la mente scorre, andava fatto da tempo, andava fatto da tempo, da tempo 3. Basement – Lose Your Grip, traduzione
Perdi la presa La corda a cui sono appeso si sta assottigliando, corta e lisa
Spero che quando rinasco ci siano delle lame dove dovrebbero stare le braccia Lo so, lo so, lo so che l’ho scritto io
Non mi faccio sballottolare
E quindi, e quindi, e quindi spero che questa cosa ti faccia sentire meno oberato
La mano trema nel tempo, mi prendo quello che mi spetta Aspetta che ti faccio vedere una cosa, mio vecchio amico
Un nome che adesso è infangato Lo so, lo so, lo so che l’ho scritto io
Non mi faccio sballottolare
E quindi, e quindi, e quindi spero che questa cosa ti faccia sentire meno oberato
La mano trema nel tempo, mi prendo… Ci sto mettendo una pietra sopra o mi sto dando per vinto?
Possiamo mettere fine a questa conversazione? 4. Basement – Aquasun, traduzione
Aquasun E allora scappo da tutto quello che vedo di fronte a me
Mi metto steso a parlare delle mie speranze e dei miei sogni
Per dare l’impressione che una luce possa brillare e rischiarare le cose più buie
Ma non c’è luce che possa brillare abbastanza da illuminare questi ricordi Tuffati dentro di me, tuffati dentro di me
Ci vediamo sull’acqua lì prima o poi E allora di’ quelle parole prima di andartene
Strappami il cuore di mano
E dimmi che tu credi in me, in me, in me Tuffati dentro di me, tuffati dentro di me
Ci vediamo sull’acqua lì prima o poi E nuoto fino a metà se tu nuoti fino a metà
Le parole mi aiutano a credere, ma questa cosa mi uccide Tuffati dentro di me, tuffati dentro di me
Ci vediamo sull’acqua lì prima o poi 5. Basement – Submission, traduzione
Sottomissione Ho sbagliato
Tu dai, io prendo
Ci provo per il nostro bene
Troppo poco, troppo tardi Io vado, tu resti
Tu ti pieghi, io mi spezzo
Sii forte, salva la faccia
Troppo poco, troppo tardi Staresti ad ascoltare anche se dicessi che mento?
Me lo diresti anche se sapessi che ci ho provato?
Smuovi le montagne solo per aiutarmi a vedere
Ci sono cascato in pieno 6. Basement – Oversized, traduzione
Troppo largo Nascondo biglietti in un posto segreto – lo so così
Chiudo gli occhi e vedo aeroplani – e che ci vuoi fare
Segno le X sui numeri e conto i giorni – da farti vedere
Le dita si muovono e pregustano – mi viene un colpo Passami i tuoi occhi
Troppo largo
Non ci casco al mio travestimento Sono con te quando sono da solo
Quantomeno ho l’impressione che sia vero con un aiutino
E tu ti accorgi che il cuore mi batte più forte quando parli?
E tu lo sai che il paradiso viene soltanto per una settimana e poi va via? Passami i tuoi occhi
Troppo largo
Non ci casco al mio travestimento
Mostrami la tua mente
Ipnotizza
Copri il tuo umore
Bugie pesanti 7. Basement – Blinded Bye, traduzione
Accecato addio Voglio essere l’unico sepolto nel verde sotto un sole
Spero di vedere cosa divento Voglio essere l’unico sepolto nel verde sotto un sole
Spero di vedere cosa divento
Felice di soddisfare e di scolpire nella pietra Hey, voglio vedere la via d’uscita
Accecato da come ho i piedi per terra Nuoto controcorrente per trovare la mia anima
Dietro le quinte, un altro ruolo
Dormo con le urla fino a quando sarò vecchio
Spingimi per farmi perdere il controllo Hey, voglio vedere la via d’uscita
Accecato da come ho i piedi per terra
Scendi giù adesso
Ti porto in giro adesso
Ti faccio vedere come si sta giù 8. Basement – For You the Moon, traduzione
Per te la luna Vicino, lontano, io starò dove ci sei tu
Non penso in modo chiaro mai
La pelle fatta per climi più bui Chiedimelo e cerco di arrivare a un cielo ulteriore
Per volare ho solo bisogno di una sensazione da dentro Vecchio, nuovo, resta proprio vero
Forse qualcosa che desidero
Tipo il fiammifero per scatenare l’incendio Chiedimelo e cerco di arrivare a un cielo ulteriore
Per volare ho solo bisogno di una sensazione da dentro Chiedimelo e cerco di arrivare a un cielo ulteriore
Per volare ho solo bisogno di una sensazione da dentro 9. Basement – Promise Everything, traduzione
Prometti ogni cosa Conquistami con un sorriso
Bruciami con gli occhi
Vivere solo per accontentare
Girati e fammi andare via Quando sono sù di giri sono sù di giri
Quando sono giù di corda sono giù di corda
Caldo o freddo si vedrà per forza Prometti ogni cosa finché non arriva di nuovo domani
Io non chiedo amore
So che c’è e che è solo coperto Quando sono sù di giri sono sù di giri
Quando sono giù di corda sono giù di corda
Caldo o freddo si vedrà per forza, si vedrà Mi sento come un bambino
Tremo di notte
Io ti amo, ma tu cerchi di uccidermi ogni volta Quando sono sù di giri sono sù di giri
Quando sono giù di corda sono giù di corda
Quando sono sù di giri sono sù di giri
Quando sono giù di corda sono giù di corda
Quando sono sù di giri sono sù di giri
Quando sono giù di corda sono giù di corda
Girati dall’altra parte e finisci come inizi
Non promettere nulla 10. Basement – Halo, traduzione
Aura Aura così bassa, avrei dovuto saperlo che eri tu
Giù in fondo, in un posto che sappiamo, io scapperò via da te
Aura che cade così in basso, ho paura di fallire alla grande Saluti e mi accechi passando
Sei dolce, dolcissima
E la tua aura risplende su di me 11. Basement – Cloud, traduzione
Nuvola Stavo in piedi su una nuvola
Sperando di cadere e di atterrarti sotto i piedi, in modo da calpestarmi
E seguire da vicino la linea con ogni passo lungo la mia colonna vertebrale
Così posso subire il dolore per aiutarmi a respirare Piano piano sollevami se puoi
Tienimi al centro della tua mano
Fammi vedere cosa significa essere uomo
Piano piano richiudi le dita ora
#basement#promise everything#brother's keeper#hanging around#lose your grip#aquasun#submission#oversized#blinded bye#for you the moon#halo#cloud
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Alla fine, torno sempre qui...quando tutto sembra andare a rotoli, quando piangere è impossibile perché gli altri non capirebberro: torno qui.
La mia piccola valvola di sfogo, la mia bolla, un porto sicuro...
Pensavo sarebbe stato diverso questa volta, pensavo sarebbe stato per un po'...pensavo il mio cuore non si sarebbe rotto così in fretta...
Eppure, sono qui: con le lacrime che trattengo; con un dolore sordo al petto che non se ne va; con il cuore che sembra sempre sull'orlo di un buco nero in cui si sente trascinare, ma che resiste, perché deve battere.
Qui.
Qui perché parlare ad alta vollce sarebbe solo una conferma; qui, perché a lui non posso dirlo.
28 ore, solo 28 ore che non lo sento perché per lui è un brutto periodo.
28 ore da quando mi ha detto "ci risentiamo appena sto un po' meglio"...
Ma se così non fosse? Se non ci sentissimo più? Se decidessi che per te, io non valgo più la pena?
E se ti dimenticassi di me?
Non mi sorprederebbe...non sarebbe la prima volta che qualcuno si dimentica di me...e lo capirei sai? Anche se farebbe male, lo capirei...
Può un kilometro sembrare anni luce? Questa è la distanza fra me e te...eppure sembra aumentare ogni minuto che passa...
E mi chiedo se quello che mi hai detto, non fossero altro che bugie...non lo so. Non sono mai sicura di nulla, ho costante bisogno di certezze, che ora però non ho...
Vorrei un tuo abbraccio, o anche solo guardarti negli occhi ancora prima di andare via: vorrei rivedere quel bellissimo azzurro che mi guarda con dolcezza, ilarità e affetto. Vorrei ancora quello sguardo in cui mi sono persa infiniti momenti, e imprimerlo meglio nella mia mente.
Non voglio scordare niente...ma sembra tutto un ricordo sbiadito che il mare continua a cancellare...
Mi manchi, ma non te l'ho detto, e non posso dirtelo, perché mi hai chiesto del tempo in cui non vuoi sentire nessuno, e io non voglio andare contro ciò che mi hai chiesto...ma mi manchi, da morire...
Mi viene da piangere sempre, e sempre devo trattenermi...non voglio spiegare alle persone ciò che sento, perché verrebbe sminuito. Non voglio chi mi sta attorno sappia quanto mi fa male non sentirti, anche se solo con un "ciao".
In doccia, acqua e lacrime si mescolano, e sembra portino via un po' di dolore...o forse sono solo io che lo spero.
Sanguino dentro, è una ferita che fa male...non ha mai fatto così male...
Vorrei venire da te, dirti e mostrarti che ci sono, anche se rotta, per te ci sono...
Ma tu lo vorresti?...
-Diana Cavarzan
03 Marzo 2024
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