#io decisamente reazione
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lumioluna · 27 days ago
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che poi pensando al fatto che i miei sono divorziati e più di una volta e che sono cresciuta con coppie problematiche/sfasciate tutto intorno a me, mi viene da dire che è proprio vero che crescendo o sei la continuazione dei tuoi genitori o ne sei la reazione lol
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kon-igi · 1 year ago
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Ciao Doc,
partendo dal mio post scherzoso mi è poi saltata ai neuroni una riflessione più seria, con tanto di domanda.
Mi ricordo che tempo fa facesti un post relativo alle risposte intestinali dovute a carichi emotivi, tipo ansia, paura, stress e robe simili, mo' non ricordo i dettagli, ma credo che tutto ciò abbia ovviamente una importante spiegazione dal punto di vista evolutivo, e ci sta.
Quello che però mi incuriosisce è perché sia anche questo il caso. Mi spiego.
Stamattina ho ripreso i miei studi sulla AI, dopo la pausa estiva, e ho passato mezza mattinata sul WC, perché ogni due per tre, tra sigmoidi, derivate di ogni ordine e calcoli di probabilità, me scappava. La domanda è: perché evolutivamente parlando si è formato lo stesso meccanismo? Stamattina non avevo alcun carico emotivo, nessuna pena d'amore, nessuna ansia per il domani, nessuna paura per il futuro, eppure due funzioni in croce hanno funzionato meglio di una endovena di Guttalax. Francamente non capisco perché evolutivamente io abbia questo meccanismo, visto che leggermi le formule sul WC non mi aiuta a capirle meglio che stare alla scrivania, quindi mi chiedo se ci sia lo stesso pattern delle emozioni e quindi il cervello le processa come se fosse una paura o una emozione con lo stesso effetto, oppure c'è qualcosa di più misterioso che mi sfugge.
Adesso scusami, ma dopo aver scritto questo ask ho bisogno di un nuovo rotolo e me devo alza'.
Quando ho citato in modo tranchant serotonina e sistema serotoninergico sapevo che questo avrebbe dato adito a dubbi e fraintendimenti.
Intanto chiariamo una cosa: non tutto quello che si sviluppa con l'evoluzione è utile.
Alcuni tratti evolutivi 'deviati' dalla norma possono risultare utili, altri addirittura disfunzionali ma la maggior parte di essi ci sono e basta. Potrebbero risultare utili per sopraggiunta necessità - vedi la falena Biston betularia nella forma typica (bianca) e carbonaria (nera) - e a volte decisamente svantaggiose (vedi i geni 'neanderthaliani' della Val Seriana che ti fanno ammalare in forma grave di Covid-19).
Sai qual è il problema del sistema serotoninergico, di quello adrenergico e in genere di tutti i neurotrasmettitori?
Che fanno davvero un casino di cose molto diverse tra loro.
E noi siamo un sistema così tanto complesso - mi piacerebbe farti un paragone 'informatico' ma non ne capisco - che alla fine noi conosciamo solo a grandi linee le interazioni causa-effetto organiche ma non sappiamo mai veramente cosa succede nel nostro organismo a un dato input esterno.
Se poi aggiungiamo che la nostra psiche è unica e irripetibile perché somma delle nostre esperienze emozionali passate e che è questa a decidere come il cervello fisico gestisce ogni singolo input esogeno, viene fuori che la tua reazione cerebro-colica può essere tanto una risposta da tratto genetico non utile/dannoso (per adesso) quanto una risposta organica personale dettata da episodi trascorsi che hanno rinforzato questa tua reazione psico-organica che si ripresenta a ogni ripetersi di contesto.
P.S.
Comunque il Guttalax contiene sodio picosolfato,(C18H13NNa2O8S2) una molecola che esplica il suo effetto lassativo per contatto diretto col microbioma che lo trasforma in 4,4'-diidrossifenil-(2-piridil)metano e che - come si deduce dalla formula - funge da potente procinetico sulla muscolatura liscia del colon e quindi promuove una brusca peristalsi intestinale.
Se lo inietti per endovena uccidi la persona.
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sisif-o · 1 year ago
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io lo so che il discorso che sto per fare è razzista, ma è figlio di un ripetersi di costanti, osservate e vissute quotidianamente a lavoro; un'insieme di statistiche empiriche che si sommano nella mia mente e mi portano alla conclusione, soggettiva e personale, che un'insieme di etnie di extracomunitari sia decisamente tossica per la nostra società, o quantomeno per la società in cui vivo io
sono loro ad essere maleducati, sono loro ad essere aggressivi, sono loro ad essere cattivi, genuinamente cattivi e incattiviti
sono i meno integrati, i più violenti, i più maschilisti
ogni volta che c'è un evento violento so già di che nazionalità si tratta
appena sento l'accento so già che verrò insultato, nella mia lingua o nella loro, e che mi renderanno il lavoro inutilme difficile
e questa è solo la punta dell'iceberg, le sensazioni più forti che mi vengono in mente, ma potrei continuare citando tante altre sfumature più sottili
vivo quotidianamente esperienze di questo tipo, esperienze molto negative con una determinata cultura, e la mia reazione di pancia è quella di nutrire odio nei loro confronti, di averne paura e di esserne sospettoso
la ragione cerca di frenare questi pensieri e queste emozioni, cerca di dare un senso ed una spiegazione, nonché una giustificazione a queste persone
mi ripeto che il mio sia un bias cognitivo, che sto cadendo nella trappola del luogo comune
e probabilmente è vero
ma per una volta mi sento di capire che il fenomeno del razzismo è più complesso di quello che appare, che non è solo frutto della bassa scolarizzazione, che non ne fanno parte solo i mostri e i fascisti
il modo in cui si comportano le persone nei nostri confronti genera in noi dei sistemi di difesa
mi accorgo di capire chi è razzista, ma mi impongo di non condividere né appoggiare il razzismo
ma quanto è difficile mettere un freno all'odio, mettere un freno all'istinto
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m2024a · 9 months ago
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Fedez a Belve, Chiara Ferragni a casa con la mamma e i figli: la reazione dopo l'intervista dell'ex e il dettaglio notato dai fan Fedez a Belve parla della moglie e si commuove. Chiara Ferragni, chiusa nel silenzio sui social da giorni, appare solo nelle storie di mamma Marina. Sia ieri, martedì 9 aprile, che oggi l'influencer è stata immortalata dalla mamma, che si è trasferita a casa della figlia per starle vicino in questo momento non facile della sua vita. Nella prima storia un abbraccio emozionante con i figli Vittoria e Leone, appena tornati da una lunga vacanza con il papà a Miami. E nell'ultima, sdraiata sul divano, abbracciata alla piccola di casa. Non è sfuggito ai fan lo sguardo apparentemente triste di Chiara, che mentre abbraccia la sua bambina fissa il vuoto. Un'immagine decisamente inusuale per Ferragni, sempre sorridente e felice nei suoi contenuti social. Chiara sparita dai social, cosa succede? Un'assenza così lunga dai social per Chiara Ferragni si era registrata solamente nei giorni successivi all'esplosione del caso Balocco. Un segno che, probabilmente, la situazione per lei in questi giorni non sia facile. Ha la mamma vicino e i suoi figli, che adesso si stanno dividendo tra mamma e papà in questa situazione nuova per loro e sicuramente complicata da gestire. Con loro anche Paloma, che durante la vacanza di Chiara a Dubai era rimasta dalla sorella Francesca. Cosa ha detto Fedez a Belve «Cosa l’ha fatta innamorare di Chiara?». «Il sesso. La connessione sessuale tra noi è stata una cosa che raramente ho sperimentato», confida a Francesca Fagnani. Poi arriva il momento in cui si commuove: «Io e Chiara abbiamo passato tanti momenti difficili, la mia malattia. Sono stati tre anni molto complicati e purtroppo non abbiamo retto». «Tradimenti? Mi fa ridere, fino a che ero sposato ero gay, quando mi mollo allora mi piacciono le donne». «Io non sono gay. Ma a me stupisce la leggerezza con cui viene trattato l'argomento. In questo momento si vocifera che io sia stato con una ragazza, che ha un lavoro... ma con che leggerezza le si dà della sfasciafamiglie?», ha detto.
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tempi-dispari · 1 year ago
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IMO: la musica 'colta' esiste ancora?
C’era una volta la musica colta.
Un tempo la differenza tra musica colta e quella popolare, era decisamente più sentita. Se vogliamo vedere, fin dagli albori. La musica classica era per i ricchi e gli stornelli per i popolani. Ma oggi, quasi alla fine del 2023, ha ancora un senso questa categorizzazione? Non possiamo negare che in taluni ambiti sia ancora molto sentita. Parliamo, fuori da equivoci, del jazz. La musica colta per eccellenza. Anche se va notato un aspetto. Non sono i musicisti a metterla in evidenza.
Piuttosto sono gli ascoltatori. ‘Io ascolto jazz’ lo si dice con un po’ di supponenza a volte. Come se il resto della musica fossa robetta, canzonette. Per non parlare della reazione quando si parla di rock o metal. Orrore! Ma davvero è così? Se andassimo ad analizzare il motivo per cui la musica colta si chiama così, noteremmo che ciò che la caratterizza sono le strutture e la parte teorica.
Oltre ad un ascolto, di conseguenza, non immediato. E nel resto del mondo musicale? È lo stesso. Prendiamo una manciata di brani smaccatamente pop e analizziamoli. A livello armonico e melodico, senza scendere in tecnicismi, non sono poi né semplici né banali. Sono costruiti per piacere, per essere orecchiabili. Ma chi ha detto che questo vuol dire che debbano essere banali e semplici? L’orecchiabilità non è banale. Stiamo poi tralasciando un altro aspetto non secondario.
In ogni caso, che sia complessa o immediata, la musica ha una funzione predominante: emozionare. Senza questa, non ha senso di esistere. Ergo, quello che conta è ciò che trasmette più che il come. Ovvio, esistono le dovute eccezioni, i distinguo e i sacrosanti gusti personali. Resta il fatto che prima di ‘giudicare’ un brano o un artista etichettandolo come banale e buono solo per chi non capisce nulla di musica, conosciamolo.
Poi potrà non piacerci quello che fa, ma almeno saremo oggettivi e criticheremo a ragione veduta e non per partito preso. Questo apre un altro dilemma: abbiamo abbastanza apertura mentale anche solo per ascoltare ciò che non ci piace? Allo stato attuale e, soprattutto, da una certa età in poi, la riposta è no. Non siamo così elastici. Se una volta il ‘dimmi che ascolti e ti dirò chi sei’ era quasi legge, oggi non le è più. Lo stesso teorizzatore della musica pop (inteso come popular), il buon Bob Dylan, era tutto tranne che banale.
Ad iniziare dai testi, alla musica. Certo, il periodo acustico, da menestrello, non permetteva grandi costruzioni armoniche. Tuttavia, anche allora, la banalità era evitata. Quanti brani di Dylan sono orecchiabili ma poco ‘cantabili’ perché hanno delle metriche non lineari? Moltissimi. E come lui mille altri. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensano gli estimatori della musica colta. Se anche Dylan è da scartare o qualcosa può essere tenuto.
Soprattutto, mi piacerebbe conoscere i criteri secondo i quali oggi vengono decisigli artisti che appartengono alla categoria. Nel rock e nel metal sono moltissimi gli esempi di band che hanno scritto dischi intricatissimi o tecnicamente complessi. Eppure non mi pare siano stati inseriti nello spazio colto. No, il rock, inteso in senso ampio, è ancora una musica di semplice intrattenimento. Non parliamo poi del nostro mondo. Se già il mainstream è puro business, l’underground è il regno dell’inutilità.
Quello che maggiormente preoccupa di chi fa di questa chiusura un vanto, è la regressione. SI chiudono talmente tanto da non accettare nulla che sia diverso da quello che ascoltano. Ed è una strada che, purtroppo, spesso, hanno preso molti ascoltatori di rock. Quanti proggers definiscono la loro musica quella migliore mentre il resto sono solo bazzecole? O anche chi ascolta grindcore. I gruppi grind si che sanno suonare. Mica come le band glam o classic metal… e cia discorrendo.
La conclusione qual è? Come sempre, la chiusura, il voler etichettare a tutti i costi, il ritenere un genere di musica inutile, insulso o superfluo fa male a noi e al nostro ambiente. Certo, essere di mentalità aperta non è facile. Tuttavia è necessario. Se non per restare al passo con in tempi, almeno per sopravvivere. Diversamente, la strada è già tracciata.
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melancomine · 2 years ago
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BREATHE | peter parker x lettrice
trama: sei ad un'importante cena di famiglia quando peter parker, il tuo amico d'infanzia, si siede vicino a te e la cena passa in secondo piano.
pairing: peter parker x lettrice y/n (mi riferisco a tasm ma può essere qualsiasi peter se lo desideri)
avvertenze: smut esplicito, sesso non protetto, cose in luogo pubblico
word count: 2,3k
masterlist | wattpad
"È il compleanno di Tim, devi venire. Sai quanto ci tiene." ti rimprovera tua mamma mentre si mette il rossetto, un banalissimo color rubino che svanirà al primo boccone di cibo. "Ci saranno tutti."
Le cene in famiglia. Sempre così caotiche, ti ritrovi ogni volta a dover mangiare con un falsissimo sorriso sul volto e a rispondere a domande scomode. Tim è un lontano cugino che vedi pochissimo, infatti non ricordi neanche quanti anni compie.
Sbuffi e ti dirigi in camera tua. Hai aspettato fino all'ultimo per prepararti nella speranza che potessi rimanere a casa. Il vestito nero delle occasioni lo trovi in fondo all'armadio e ci abbini dei semplici collant. Ai piedi un paio di anfibi.
Dopo il sollecito di tua madre, prendi la borsa e scendi rapidamente le scale. Siete in ritardo, la cosa non ti sorprende.
Arrivate al ristorante e al tavolo sono già tutti seduti, vi stavano aspettando. Scruti attentamente l'intera sala, riservata a voi solo per l'occasione, per trovare il posto vuoto che occuperai. Le luci sono soffuse per regalare a chi mangia l'idea confortevole di casa. Il lungo tavolo occupa un'intera parete e visto che siete in molti, continua e fa angolo con l'altro muro. Il tuo corpo si congela improvvisamente quando scopri che ti siederai vicino a Peter Parker. Lui sembra avere la stessa reazione appena ti vede.
Sorridi e vedi che il gesto è ricambiato. Peter è il tuo amico d'infanzia, purtroppo lo vedi solamente una volta ogni paio di anni perché abita lontano. Ricordi che sua zia, May, è una cara amica di tuo zio, il padre del festeggiato. 
Ringrazi il cielo, insieme sapete sempre come divertirvi. Come quella volta che a dieci anni siete saliti in cima ad una pila di balle di fieno. Il povero Tim vi urlava dal basso di scendere ma voi non gli davate ascolto. Vi sentivate come Jack e Rose, i re del mondo. Oppure come quella volta in cui, a sedici anni, siete spariti per un paio di giorni. Avevate semplicemente trovato una casa abbandonata e deciso di rimanerci.
Ti accomodi, "Sono felice che ci sia anche tu." Le uniche occasioni che avete per vedervi sono appunto queste riunioni di famiglia.
Peter ti appoggia una mano sulla spalla. "Anche io. Sei stupenda, comunque."
Arrossisci e lo ringrazi. L'ultima volta che hai visto Peter, aveva gli occhiali e un corpo esile. Non sai cosa sia successo in due anni, ma ora non solo non porta più gli occhiali, ma sembra persino più alto. Il suo fisico è decisamente cambiato. La sua camicia verde scuro risulta più stretta sulle braccia evidenziando i suoi muscoli.
Di certo non ti aspetti che un ragno radioattivo lo abbia morso donandogli i super poteri.
Anche tu sei cambiata, sei cresciuta, e Peter non riesce a toglierti gli occhi di dosso. Le tue spalle sono scoperte e lo scollo del vestito è profondo il giusto da non risultare volgare. Le tue gambe armoniose sono coperte dal leggero strato dei collant, accavallate per comodità mentre aspetti la prima portata.
Durante l'antipasto avete parlato di tutte le novità della vostra vita, riso e scherzato. Tutti sono occupati con il proprio vicino oppure con il festeggiato e come previsto tu e Peter vi siete completamente isolati. C'è solo lui, tutto il resto è scomparso.
All'arrivo del primo, batti le mani contenta, un piatto fumante di lasagne ti sta fissando. Lo stesso per Peter, che in un batter d'occhio divora e finisce, mentre tu stai gustando ogni boccone. Sei troppo concentrata ad assaporare la buonissima lasagna quando all'improvviso senti qualcosa che ti tocca il ginocchio, ti spaventi e il pezzo di cibo cade dalla forchetta. Tiri su la tovaglia per vedere che Peter ti aveva appoggiato una mano proprio lì. Lui sembra far finta di nulla quando ti giri per vederlo e sorridergli. Lo trovi un gesto dolce, quasi a ricordarti che il tuo amico è lì e di non preoccuparti.
Sussulti quando la sua mano inizia ad accarezzarti la coscia, dopo averti spostato leggermente la gonna. Trovi conforto in quel tocco ma la mano si sta alzando, dirigendosi sempre più vicino alla tua zona proibita. Il tuo respiro è diventato più pesante e il cuore sta battendo come non ha mai fatto prima. Ti piace, non riesci a fermarlo. Peter si attacca all'interno coscia e te lo stringe. Il dolore muta in piacere. Hai capito le sue intenzioni e allarghi le gambe per facilitargli l’arrivo alle mutande, coperte dai collant. Riesce a sentire il calore che emani, sei bagnata, tanto da inumidire entrambe i tessuti. Peter ammicca un sorriso alzando solo un lato della bocca e continua a non rivolgerti lo sguardo.
Hai la forchetta in pugno, ma non riesci a mangiare. Ti guardi intorno, tutti i parenti sono impegnati in chiacchiere e nessuno si accorge del tuo cuore che sta per uscire dal petto. Le tue guance sono arrossate e con la mano libera strizzi il tovagliolo sul tavolo.
Lasci scappare un gemito silenzioso appena il ragazzo seduto affianco a te inizia a muoversi sotto la gonna. Sta creando movimenti circolari sul tuo clitoride e stai facendo di tutto per mantenere un’espressione seria.
“Peter...” sussurri. Quello che state facendo è sbagliato sotto ogni punto di vista ma è proprio questo che rende la cosa ancora più eccitante di quanto non lo sia già. 
Peter avvicina il suo volto a te, le sue labbra sfiorano il tuo orecchio, “Respira.” bisbiglia e ti lascia un bacio veloce sul collo. Torna seduto composto e i movimenti circolari mutano in su e giù. Quelle maledette calze velate stanno impedendo il diretto contatto con la tua intimità. 
Non resisti un minuto di più. Afferri il suo polso, fermandolo. Ti alzi dalla sedia e i parenti che sono seduti nelle vicinanze si accorgono di questa improvvisa azione. “Qualcosa non va?” qualcuno chiede.
E ora cosa ti inventi?
Guardi Peter in cerca di aiuto. Per fortuna il ragazzo è bravissimo ad improvvisare. “Y/N mi stava dicendo che non si sente tanto bene. L’accompagno al bagno.” afferma e si alza anche lui. Tu stai al gioco, ti accarezzi la pancia e assumi un’espressione sofferente. 
“Infatti ti vedo un po’ sconvolta. Andate, andate.” dice un tuo zio.
Vi allontanate entrambi dalla tavolata vagando in cerca di non sapete bene cosa, ma che sia privata. Camminando, Peter si sistema il cavallo dei pantaloni che nel frattempo erano diventati stretti. Te ne accorgi e nascondi un ghigno divertito.
Una porta con scritto “Solo Personale” e con le chiavi attaccate alla serratura vi sembra il luogo perfetto. Entrate e chiudete a chiave. Si tratta di un piccolissimo sgabuzzino con un armadio aperto contenente le divise dei camerieri e dei cuochi.
Non fai in tempo a dire qualcosa che Peter ha già le sue labbra sulle tue, un bacio pieno di foga e passione, eccitazione repressa. Le tue mani finiscono tra i suoi capelli mentre le sue sono avvinghiate sui tuoi fianchi. Peter si stacca dal tuo viso per concentrarsi sul tuo collo, poi sul seno che, abbassandoti le spalline del vestito libera ed espone all’aria. Si inginocchia e ti sfila gli stivali. Abbassa insieme alle mutandine i collant, fino a sfilarteli completamente. Le sue dita stanno tracciando linee invisibili sulle tue gambe nude. La sua testa finisce sotto la gonna del vestito e la sua lingua trova dimora in mezzo al tuo sesso. Assaporandoti dolcemente, spalanchi la bocca e abbassi le sopracciglia. È così bravo.
Peter si alza e ricomincia a baciarti. Lo aiuti a sbottonarsi la camicia che lascia aperta ma non toglie. Ti piace accarezzare il suo torso scoperto, è liscio e muscoloso. Gli abbassi la zip dei jeans ed esibisci la sua possente erezione pulsante. Un gemito esce dalla sua bocca: la stava tenendo prigioniera da troppo tempo.
Senza alcuna fatica, Peter Parker ti solleva e ti sbatte contro la parete libera dagli scaffali. Ti stupisci della sua forza e avvinghi le gambe intorno a lui. Peter avvicina la punta del suo pene sulla tua entrata bagnata e lentamente lo inserisce. Lo guardi negli occhi e, gemendo per il piacere e per la sensazione di riempimento che stai provando, ti accorgi di quanto sia bello e attraente. I suoi capelli sono sempre arruffati e senza una forma precisa ma adesso hanno motivo di esserlo e quel motivo siete voi due, dentro lo sgabuzzino, uniti dalla stessa eccitazione che invade i vostri corpi accaldati. Le sue gonfie labbra sono umide e rosee, non si toccano, sono leggermente aperte per far uscire i silenziosi sospiri che si mischiano ai tuoi quasi all’unisono.
“Non faccio altro che- che pensare a te. Esci dalla mia testa.” afferma appoggiando la sua fronte alla tua.
Le spinte sono violente e piene zeppe di passione. Ognuno cerca l’altro disperatamente come se non vi aveste già in pugno. Peter stringe talmente forte il tuo culo che sta lasciando dei segni violacei a forma delle sue dita. 
Peter si ferma un attimo e in un batter d’occhio ti gira. Con il suo aiuto sollevi una gamba che poi mantiene da sotto il ginocchio, ti pieghi leggermente e ricomincia a scoparti in quella nuova posizione. Volti la testa quel tanto che serve per guardarlo con la coda dell’occhio, non esiste che tu perda quella celestiale visione che è Peter Parker mentre ti fotte. Il lato destro del tuo viso �� incollato al muro e rischi di sfondarlo per via della foga che il ragazzo dietro di te ci sta mettendo. La tua schiena è coperta dal vestito ma la gonna è alzata per mettere il tuo culo tondo in bella vista. 
Usi tutte le forze che possiedi per non urlare, Peter porta una mano al tuo collo e stringe leggermente, soffocando i gemiti che minacciano di uscire rumorosamente. I tuoi occhi ruotano all’indietro.
Il tessuto dei suoi jeans, che non aveva abbassato, sfrega contro la tua pelle nuda mentre gli scaffali che vi circondano colmi di divise piegate tremano, come il tuo corpo per colpa dell’orgasmo che, piano piano, è sempre più vicino. Lo senti nella pancia, farfalle in preda ad un attacco epilettico si rivoltano nel tuo stomaco. Lo senti nei palmi delle mani, nelle punte delle dita dei piedi, nudi e che toccano il pavimento. Lo senti persino nei capelli e Peter sembra rendersene conto perché li afferra dalla base della nuca e ti tira verso di sé. Ora la tua schiena è a contatto col suo petto e riesci perfettamente a sentire il suo battito accelerato. Le vostre figure sono legate in una sola e vi sentite entrambi al settimo cielo.
Qui non serve il senso sviluppato da ragno per sapere che sei nel bel mezzo dell’orgasmo più potente della tua vita.
“Cazzo, io sto per-” Peter ti avverte e fa per allontanarsi ma tu glielo impedisci, avvolgendo un braccio intorno alla sua schiena e obbligandolo a rimanere dov’è. 
“Non provare a fermarti.” ti imponi e Peter obbedisce. 
l suo caldo respiro contro il tuo orecchio, il suo naso sfrega sulla tuo zigomo colorato di rosso. Peter ti riempie di baci sul collo, talmente tanti che è impossibile contarli. Mordicchia e lecca un punto particolare sotto al lobo, ma è bravo e non ti lascia il segno. Per tenerlo più vicino, appoggi una mano sulla sua guancia e provi a baciarlo nonostante la posizione a sfavore.
I suoi movimenti diventano sempre più veloci, i suoi fianchi sbattono contro i tuoi rumorosamente e armoniosamente con un ritmo accelerato e con un’ultima spinta raggiunge il suo apice dentro di te. Le tue umide pareti si imbrattano del suo liquido seminale e riesci a sentire che cola lentamente lungo le gambe non appena si toglie da te. 
Siete sfiniti, la parte del tuo corpo sotto la gonna è ricoperta di segni vivaci. Il mascara è sfumato intorno ai tuoi occhi dopo che qualche lacrima era scesa tanto era la lussuria che hai provato. Non ti aspettavi tutta questa potenza da parte del tuo amico. A dire il vero, non ti aspettavi neanche di finirci in intimità dentro lo sgabuzzino di un ristorante. Non c’è tempo per riposare, i vostri parenti saranno in pensiero per voi. La vostra assenza sta durando anche troppo. Peter prende una delle divise nell’armadio e si pulisce, poi te la passa per far sì che tu possa fare lo stesso.
I vostri fiati si stanno regolarizzando. Vi guardate e sorridete. Peter si avvicina per baciarti di nuovo mentre ti rivesti dei collant e degli anfibi. Ti stringe più vicino a sé in un abbraccio diverso da prima e privo di foga, ma ami questo tipo ti contatto e ti accorgi che la cosa che più ti piace è che lo stai ricevendo da Peter Parker. Questa cosa ti fa aprire gli occhi su tutto quello che avete passato, da quando vi siete conosciuti fino ad oggi. C’è sempre stata questa connessione fra voi due e finalmente avete scoperto cos’è.
Lui si riabbottona la camicia e si sistema i pantaloni.
“Secondo te è già arrivata la torta? Ne ho una voglia matta.” domandi a Peter e gli sorridi calorosamente. Con un po’ di fretta ti sistemi, per quel che puoi, i capelli.
“A chi lo dici.” Peter ridacchia mentre apre la porta. Vi fermate di colpo quando “E voi cosa state facendo lì?” vi chiede un cameriere che proprio in quel momento sta passando con un vassoio vuoto in mano. Vi guarda un po’ perplesso, squadrandovi dalla testa ai piedi.
“Ehm... Noi-” provi a dire, ma “Stavamo cercando un bagno. Possibile che tutte le porte siano uguali?!” ti interrompe Peter, salvandovi dall’imbarazzante momento.
“È proprio là.” vi indica il cameriere.
“Grazie!” risponde facendo il finto offeso. Prendendoti la mano, Peter ti porta via di lì. Trattenete una fragorosa risata e tornate nella sala privata che ospita i vostri parenti.
Con un tempismo perfetto, tornate ai vostri posti, come se non fosse successo nulla.
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ma-pi-ma · 4 years ago
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Vi siete inventati il fluid gender e, di conseguenza, l'omofobia. Io vengo dalla generazione che ascoltava e amava David Bowie, Lou Read e non si è mai posta il problema di che preferenze sessuali avessero, fregava niente, anzi, contenti loro e, in qualche caso, beati loro , Elton John e Freddy Mercury, George Michael.
Siamo anche la generazione che amava i Led Zeppelin o i Deep Purple o Neil Young o gli Eagles, senza porsi il problema dei testi che oggi sarebbero giudicati sessisti.
Quando arrivò Boy George non ci chiedemmo se gli piacesse il maschio, la femmina o tutti e due, ci godemmo semplicemente la sua musica e quando Jimmy Sommerville ci raccontò la sua storia di ragazzo di una piccola città, ci commuovemmo e cantammo insieme a lui.
E non c'erano leggi a costringerci a essere solidali o quantomeno partecipi.
Non c'erano minacciose commissioni o attenti guardiani a censurarci se ci usciva una battuta.
C'era Alyson Moyet, allora decisamente oversize ma bellissima e bravissima, e nessuno pensava valesse meno di una Claudia Schiffer. Anzi.
Vorrei capire che è successo nel frattempo, perché secondo me tutti questi censori hanno l'unico effetto di creare quello che censurano, di generarlo per reazione.
Secondo me eravamo tanto più avanti senza imposizioni, perché le imposizioni, si sa, spesso generano l'effetto contrario.
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corallorosso · 3 years ago
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Cara Palombelli è #tuttacolpamia, noi le legnate ce le chiamiamo Mia cara, quando ho ascoltato le tue parole giuro che sono stata un po’ felice. Felice di sapere che mi ricordi mia nonna e le tante madri che ho conosciuto in una Sicilia che ora immagino fosse decisamente all’avanguardia per essere alla tua altezza. Mia nonna mi diceva “occhi ‘nterra e muru muru” (occhi bassi e rasente al muro) quando uscivo di casa e lei sapeva di quanti pericoli altrimenti avrei corso. Non bisogna mai andare in giro con la testa alta, lo sguardo fiero, come di chi vuole decisamente provocare la reazione di uomini tanto delicati da sentirsi subito minacciati da atteggiamenti simili. E non bisogna porgere il corpo in posizione di centralità, passeggiando, perché potrebbe apparire un invito al tocco, quel dannato tocco cui certi uomini non sanno resistere. Se ti esponi troppo basta un niente e ti ritrovi una mano sul culo o sul seno a constatare la tua femminea voluttà. Quando l’uomo di casa tirava su il pugno minaccioso mia madre diceva “tu sei troppo risputera“ (rispondi troppo!), perché se un Lui accenna un qualunque insulto alla tua intelligenza non bisogna mai replicare, rispondere a tono, altrimenti noi femmine mostriamo di essere aggressive, troppo provocatorie e “ce le chiamiamo” le legnate. Infatti io di legnate me ne sono chiamate parecchie ma non è di questo che voglio parlare. Voglio raccontare di questi gioiosi ricordi che mi ha risvegliato il tuo monologo. Quando il figlio della vicina di casa provò a mettermi al muro per farmi immagina tu cosa e io riuscii a sfuggirgli allora lei, la vicina, disse a mia madre che avevo dimostrato di essere una ragazza seria. “Sembra tutta disponibile perché è troppo socievole, ma è timida”, così disse. E sono cresciuta con la convinzione che quello fosse un complimento, tu pensa! La socievolezza indice di disponibilità deve essere stata visibile sul mio corpo per molto tempo perché quando dissi a mia nonna che un ragazzino mi aveva intrappolata, tirandomi i capelli, per poi appiopparmi la sua lingua vischiosa sulla faccia, lei rispose che una donna che si rispetti deve essere dura e quasi arcigna nell’espressione, un po’ vecchia strega delle favole, per capirci, così da non trasmettere questo senso di sicurezza a coloro i quali vogliono approfittarsi di te. E quando sono salita sul motorino di un compagno di scuola, con l’offerta di un passaggio da un luogo all’altro, e lui invece mi trascinò in un bosco con amichetti pronti a farmi vedere quanto fossero giusti e forti, non fui in grado di dire niente né a mia nonna né a mia madre o mio padre perché mi avrebbero detto che era tutta colpa mia. Perché qualunque cosa facessi o dicessi, in vita mia, dato che ero nata con una vagina in mezzo alle cosce, sarebbe stata certamente colpa mia. Poi arrivò il momento in cui il mio ex mi trasformò la faccia in un cumulo di lividi e sua madre disse che era perché “rispondevo” e ancora non capivo perché non avrei dovuto dare risposte quando mi si ponevano domande. E giuro che questa cosa mi ha messo in difficoltà per tutta la vita. Come fossimo addestrate a far parte dei servizi segreti. Mai rispondere neanche sotto tortura. Potrei raccontarne molte altre ma lascio che ti dicano tutte le donne di cui sulla pagina facebook di “Abbatto i Muri” stiamo raccogliendo le storie per una campagna che putacaso si chiama proprio #tuttacolpamia perché tu sappia che sì, certo, siamo consapevoli di questa colpa che ci portiamo dietro fin da quando Eva raccolse quella dannata mela e la mangiò. Mai mangiare un frutto anche se stai crepando di fame. Perciò, cara Palombelli, ti ringrazio e ringrazio quelle come te che hanno collaborato ampiamente alla costruzione di una cultura che ci rende più sicure e protette, più capaci di girare per le strade senza armi di distruzione di massa e più consapevoli del fatto che se un uomo ci picchia e infine ci uccide è perché ce la siamo cercata. In fondo, cara, potevamo starcene in silenzio, occhi n’terra e muri muru, per l’appunto. O no? di ERETICA
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francesca-fra-70 · 4 years ago
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On Facebook.
#iostoconorban #pentapidioti #noddlzan
Il testo è di una persona che come me ha vissuto gli anni 70/80.
Concordo e non aggiungo altro.
"VI siete inventati il fluid gender e, di conseguenza, l'omofobia. Io vengo dalla generazione che ascoltava e amava David Bowie, Lou Reed e non si è mai posta il problema di che preferenze sessuali avessero, fregava niente, anzi, contenti loro e, in qualche caso, beati loro , Elton John e Freddy Mercury, George Michael .Siamo anche la generazione che amava i Led Zeppelin o i Deep Purple o Neil Young o gli Eagles, senza porsi il problema dei testi che oggi sarebbero giudicati sessisti. Quando arrivò Boy George non ci chiedemmo se gli piacesse il maschio, la femmina o tutti e due, ci godemmo semplicemente la sua musica e quando Jimmy Sommerville ci raccontò la sua storia di ragazzo di una piccola città, ci commuovemmo e cantammo insieme a lui.
E non c'erano leggi a costringerci a essere solidali o quantomeno partecipi. Non c'erano minacciose commissioni o attenti guardiani a censurarci se ci usciva una battuta. C'era Alyson Moyet, allora decisamente oversize ma bellissima e bravissima, e nessuno pensava valesse meno di una Claudia Schiffer. Anzi. Vorrei capire che è successo nel frattempo, perché secondo me tutti questi censori hanno l'unico effetto di creare quello che censurano, di generarlo per reazione. Secondo me eravamo tanto più avanti senza imposizioni, perché le imposizioni, si sa, spesso generano l'effetto contrario."
Per non parlare di Renato Zero ..😏
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tergestin · 4 years ago
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Questa l'ho copiata da un altra pagina, la incollo perché parla della mia generazione!
“Vi siete inventati il fluid gender e, di conseguenza, l'omofobia. Io vengo dalla generazione che ascoltava e amava David Bowie, Lou Reed e non si è mai posta il problema di che preferenze sessuali avessero, fregava niente, anzi, contenti loro e, in qualche caso, beati loro , Elton John e Freddy Mercury, Michel Jackson, George Michael .Siamo anche la generazione che amava i Led Zeppelin o i Deep Purple o Neil Young o gli Eagles, senza porsi il problema dei testi che oggi sarebbero giudicati sessisti. Quando arrivò Boy George non ci chiedemmo se gli piacesse il maschio, la femmina o tutti e due, ci godemmo semplicemente la sua musica e quando Jimmy Sommerville ci raccontò la sua storia di ragazzo di una piccola città, ci commuovemmo e cantammo insieme a lui.
E non c'erano leggi a costringerci a essere solidali o quantomeno partecipi. Non c'erano minacciose commissioni o attenti guardiani a censurarci se ci usciva una battuta. C'era Alyson Moyet, allora decisamente oversize ma bellissima e bravissima, e nessuno pensava valesse meno di una Claudia Schiffer. Anzi. Vorrei capire che è successo nel frattempo, perché secondo me tutti questi censori hanno l'unico effetto di creare quello che censurano, di generarlo per reazione. Secondo me eravamo tanto più avanti senza imposizioni, perché le imposizioni, si sa, spesso generano l'effetto contrario.”
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kon-igi · 2 years ago
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PENSIERI SPARSI SUL MOTIVO PER CUI PARLO POCO DI VIOLENZA SULLE DONNE
Perché è difficile.
Perché ho vissuto decenni senza rendermi conto della reale portata del problema.
Perché per quanto io non abbia mai tenuto comportamenti irrispettosi o prevaricanti, non sono mai riuscito a mettermi veramente nei panni di chi queste violenze le vive ogni giorno.
E ho sempre trovato complicato individuare il confine tra mentalità da macho e comportamenti predatori o violenti.
Perché dobbiamo poter distinguere, pur riconoscendo nel comportamento maleducato il segno di una certa mentalità maschilista tossica che poi può condurre - e a volte giustificare - comportamenti ben peggiori.
Ne parlo poco perché, come @nusta ha ben detto, la mia prima reazione viscerale sarebbe quella della risposta violenta - MOLTO violenta - ma adesso come adesso i media sono focalizzati dal trend ‘violenza sulle donne’ e per quanto sia il minimo sindacale che un problema ENORME come questo sia emerso, le notizie sono appositamente confezionate e sparate dritte nella pancia delle persone, imponendo una polarizzazione forzata dalla risposta emotiva forte.
Quindi cerco di capire.
Io reputo La Russa un individuo abietto dal pensiero razzista, classista, maschilista e decisamente fascista, quindi la sua boutade in difesa del figlio non poteva che seguire questo miserevole copione.
Nessuno, però, conosce il figlio, anche se ovviamente alcuni giornali di un certo orientamento politico si sono subito prodigati a dipingerlo come un fascistello prepotente e viziato.
Può darsi... ma non è questo il punto.
Il problema è che molte di quelle persone che dicono di lasciare fare corso alla giustizia in realtà lo hanno già condannato e questo è molto pericoloso perché si risponde alla terribile pratica della colpevolizzazione della vittima ribaltando l’equazione e supponendo una colpevolezza automatica dell’uomo. 
D’altro canto, abbiamo finalmente capito che non è violenza sessuale solo quando la donna arriva in pronto soccorso coi vestiti strappati, malmenata e sanguinante.
Ma davvero questo processo sarà equo, per ambo le parti?
Io vedo un opinione pubblica divisa nettamente in due tra chi vorrebbe strappare le palle al figlio di La Russa (purtroppo non ci si sceglie il cognome... e se per quello neanche il nome, evidentemente) e chi pensa che la ragazza sia una poco di buono cocainomane che vuole fare il colpo grosso... e, mi spiace dirlo, se mettete il naso fuori dalla vostra bolla i primi sono decisamente meno dei secondi.
Dobbiamo per forza dire la nostra a ogni costo?
Sì, se volete... ma c’è da pensare bene e a lungo, fino a quel momento in cui può darsi ci si renda conto che si tratta di un discorso ben più grande della singola notizia. 
E allora magari preferiremo zittire le nostre pance e continuare a riflettere.
Io ci provo, poi chissà che sarà.
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ferro5 · 4 years ago
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Vi siete inventati il fluid gender e, di conseguenza, l'omofobia. Io vengo dalla generazione che ascoltava e amava David Bowie, Lou Reed ed Alice Cooper e non si è mai posta il problema di che preferenze sessuali avessero, fregava niente, anzi, contenti loro e, in qualche caso, beati loro , Elton John e Freddy Mercury, George Michael .Siamo anche la generazione che amava i Led Zeppelin o i Deep Purple o Neil Young o gli Eagles, senza porsi il problema dei testi che oggi sarebbero giudicati sessisti. Quando arrivò Boy George non ci chiedemmo se gli piacesse il maschio, la femmina o tutti e due, ci godemmo semplicemente la sua musica e quando Jimmy Sommerville ci raccontò la sua storia di ragazzo di una piccola città, ci commuovemmo e cantammo insieme a lui. E non c'erano leggi a costringerci a essere solidali o quantomeno partecipi. Non c'erano minacciose commissioni o attenti guardiani a censurarci se ci usciva una battuta. C'era Alyson Moyet, allora decisamente oversize ma bellissima e bravissima, e nessuno pensava valesse meno di una Claudia Schiffer. Anzi. Vorrei capire che è successo nel frattempo, perché secondo me tutti questi censori hanno l'unico effetto di creare quello che censurano, di generarlo per reazione. Secondo me eravamo tanto più avanti senza imposizioni, perché le imposizioni, si sa, spesso generano l'effetto contrario.
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solo-stef · 3 years ago
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La nostra generazione era tollerante. E non lo sapeva.
Vi siete inventati il fluid gender e, di conseguenza, l’omofobia.
Io vengo dalla generazione che ascoltava e amava David Bowie, Lou Read e non si è mai posta il problema di che preferenze sessuali avessero. Fregava niente, anzi, contenti loro e, in qualche caso, beati loro. Elton John e Freddy Mercury, George Michael.
Siamo anche la generazione che amava i Led Zeppelin o i Deep Purple o Neil Young o gli Eagles. Senza porsi il problema dei testi che oggi sarebbero giudicati sessisti.
Quando arrivò Boy George non ci chiedemmo se gli piacesse il maschio, la femmina o tutti e due. Ci godemmo semplicemente la sua musica. E quando Jimmy Sommerville ci raccontò la sua storia di ragazzo di una piccola città, ci commuovemmo e cantammo insieme a lui. E non c’erano leggi a costringerci a essere solidali o quantomeno partecipi.
Non c’erano minacciose commissioni o attenti guardiani a censurarci se ci usciva una battuta.
C’era Alyson Moyet, allora decisamente oversize ma bellissima e bravissima, e nessuno pensava valesse meno di una Claudia Schiffer. Anzi.
Vorrei capire che è successo nel frattempo, perché secondo me tutti questi censori hanno l’unico effetto di creare quello che censurano, di generarlo per reazione.
Secondo me eravamo tanto più avanti senza imposizioni, perché le imposizioni, si sa, spesso generano l’effetto contrario.
(NICCOLÒ NESI)
(Via fb)
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merrowloghain · 4 years ago
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02.02.77 Lago Nero -Hogwarts
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[ Il 25 mattino, un pacchetto di piccole dimensioni, avvolto in carta verde scuro e nastro argento, verrà consegnato a casa Loghain (?).. All'interno, una scatolina imbottita in velluto scuro e sullo stesso adagiata una collana che sembra risplendere quasi di luce propria. ] Le chiamano 'lacrime di sirena'. La leggenda narra di una Sirena che andando contro gli ordini di Poseidone e condannandosi alla sua ira, salvò la nave del suo amato deviando le correnti in una tempesta. Si dice che il Dio la esiliò sul fondo dell'oceano, per separarla dall'umano, lasciandola a piangere tutte le sue lacrime che da quel giorno abbelliscono i fondali con i ricordi di un amore vero e puro. Ma infondo, il senso vero per quanto mi riguarda è che forse alle volte hai bisogno di ricordarti quanto le tue lacrime valgano di più delle persone per cui lei piangi. Buon Natale, Merrow. Tris
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H: « Faccio io » a bassissima voce, cercando di farsi sentire esclusivamente da lui. (...) 
« Petrìficus Totàlus »
T: Concentrato sulla figura di Xavier, ancora distante ma riconoscibile, affiancato da una che può cominciare ad immaginare a quale nome possa rispondere. Concentrato su loro abbastanza da non notare subito come una delle figure da lui ignorata precedentemente scelga di tornare rapidamente indietro e assumere un volto piuttosto familiare. « Torni dentro? » Curioso per il solo gusto di esserlo, una volta che sarà abbastanza vicino per farsi udire, lo sguardo che si concentra sul suo volto, a discapito della coppia più indietro. « Non stavi andando? » Dove non lo sa, ma sicuramente nella direzione opposta a quella che sta percorrendo al momento.
(...) qualcosa la raggiunge alle spalle, pietrificandola sul posto senza nemmeno darle la possibilità d`accorgersi di cosa o chi sia stato, visto che era giusto in procinto d`andarsene. Resta quindi con quel passo a metà, l`espressione vagamente disgustata in viso e gli occhi rivolti in direzione del compagno di classe che sta probabilmente cercando di raggiungere a sua volta il lago. Il respiro le si ferma a metà, le mani dentro le tasche s`irrigidiscono in una sorta di pugno rilassato, la bocca vagamente schiusa e le orecchie che immobili percepiscono la voce della Hazaar raggiungerla, scusarsi e pronunciare altre cose di cui avrà modo di farla pentire dopo. Perchè la Loghain resta come una statua eppure la pelle del collo le si chiazza di rosso in maniera inesorabile, e così anche le guance e le labbra che fino a quel secondo erano rimaste perfettamente bianche. Pessimo, pessimo segno per chi l`ha vista anche solo una volta, esplodere.
X: Ora che lo sguardo è su di lei non può fare a meno di notare il colore della sua pelle, come questa diventi a macchie rosse, presumendo una rabbia che scorre internamente e che può quasi sentire su di sé- « Quanto sei disposta a difendere il tuo animaletto? » no, quella è una delle tante retoriche che riferisce, mentre il catalizzatore finisce ad essere utilizzato come tocco leggero sulla pelle di lei, appena sopra il suo petto. « Il tuo crup mi deve un bisogno. » pipì per l’esattezza. E’ ciò che si erano detti, no? Se l’avesse vista ancora in giro. « Ma a parte questo, se ci tieni tanto a quel coso nei sotterranei non deve più finirci. » il crup. « O potrei fare del male a te e a lei. » entrambe, insomma. Ma per ora, è rapido il movimento della propria mano sinistra a finire in direzione della collanina che ha potuto notare più volte su di lei, aggrappando le proprie dita a questa e tirandola con forza all’indietro con l’intenzione di strappargliela, buttandola a terra con nonchalance. Ed è con la stessa nonchalance che un «Redùcto. » viene pronunciato, scandendo con chiarezza l’incanto, permettendo al polso di compiere una stoccata in avanti, lì dove la punta del catalizzatore passa da lei, alla collana, con l’intenzione che si focalizza ben chiara nella sua mente. Intenzione che si concretizzerebbe con il voler polverizzare quella collanina e quindi il suo ciondolo, riducendolo in mille e mille pezzi, da non poterlo nemmeno più raccogliere, lasciando che quella leggerissima pioggerellina possa nascondere il tutto e mischiarla al terriccio. E’ mai esistita una collanina, dunque, sul collo della Loghain? E se tutto fosse andato secondo i piani « Ci siamo capiti, secondo me. » facendo un rapido occhiolino, mostrando un semplice sorriso sulle labbra, rimanendo lì dinnanzi a lei con il mento alto.
H: Incrocia le braccia al petto e lascia che sia il Prefetto a ricoprire il suo ruolo in maniera impeccabile, difendendo il loro territorio – sì, proprio quei sotterranei che gli appartengono di diritto – un po’ come Merrow difenderebbe Ophelia, probabilmente. E sebbene si trovi concorde, addirittura divertita per certi versi, su ogni parola che esce dalla bocca di Xavier, ben diversa sarebbe la sua reazione qualora quella collanina venisse realmente polverizzata, senza nessun impedimento a concorrere con la volontà del Serpeverde. Di certo, difendere Merrow esula dai suoi compiti e non prenderà parte ad una guerra che non le appartiene e neanche le interessa, a dirla tutta. Al contrario si limita ad osservare, per quanto il suo sguardo si faccia esterrefatto nel captare le reali intenzioni di Xavier, con un cipiglio un po’ interrogativo a lui rivolto. Criptica, in conclusiva. Non è ben chiaro se approvi questi modi o meno, per quanto potrebbe aver fatto peggio a sua volta.
Non ha la possibilità di reagire come vorrebbe, come dovrebbe, ritrovandosi ad assistere al volto di Tristan che sembra volere da lei risposte che al momento non è in grado di dare. Come non può commentare ciò che gli altri si dicono mentre lei resta immobile, almeno finchè il Prefetto non si mette dinnanzi a lei, per sfiorarla con la punta del Catalizzatore altrui che oramai riconoscerebbe anche ad occhi chiusi per quante volte se l`è sentito addosso: lui la sua rabbia, lei il legno della sua Bacchetta. Non lo può nemmeno guardare, dal momento in cui lo sguardo è fisso in direzione della persona di Tristan, ultimo inquadrato da lei prima della Pastoia Totale. Nessuna parola fuoriesce dalle sue labbra in risposta alle domande retoriche di Gutierrez, e nulla può contro la presa di lui sulla propria collanina che viene strappata, buttata a terra ed infine, polverizzata. C`è un lungo istante dove lei comincia a riprendere una sensibilità scarsa e formicolante agli altri, ed il primo vero movimento che si concede, è un chiudere di palpebre a nascondere le iridi grigio-verdi dall`esame altrui. Non fa ancora nulla, ancora bloccata nella posa, fino a che mano a mano l`incanto non scema, con lei che prima di riprendere possesso completo dei movimenti del proprio corpo, ha un alzarsi ed abbassarsi irregolare del petto, segno d`un respiro montante che assieme alle chiazze rosse sul volto, non presagiscono nulla di buono. C`è quasi una sensazione di calore palpabile nell`aria, un metaforico ondulare pari a quello d`una lavica temperatura, che sembra provenire a sensazione, dalla Loghain: gli occhi si riaprono, letargici, puntandosi un solo istante verso Tristan, con uno sguardo che è talmente criptico da risultare indecifrabile, se non fosse per una sorta di tristezza atavica che risiede costantemente nel colore del suo sguardo. Non pronuncia ancora nulla. Non può, ma è vicina alla fine di quell`incantesimo. Pronta probabilmente alla detonazione.
T: Ascolta, le mani ancora infilate nelle tasche dei jeans, ben lontane dal catalizzatore riposto nel suo fodero assicurato al fianco e lo sguardo, fisso, sul profilo del prefetto. Non commenta, non interferisce. Se ne tiene fuori ed attende, cosa non è dato saperlo, così come non è dato sapere, al momento, il perché di quel lampo di fastidio che gli piega i lineamenti per un momento, quando la Lacrima di Sirena viene strappata dal collo della Grifondoro per trovare distruzione sotto il Reducto dell’amico. Ne rimane polvere luminescente e poco altro, e su ciò rimane fisso lo sguardo dell’inglese per un attimo, lasciando che l’altro concluda ciò che deve, prima di parlare, ignorando Merrow e Heaven, con una leggerezza che mal s’adatta alla situazione, un sopracciglio inarcato e le iridi fisse sul volto del prefetto. « Geloso che non l’abbia regalata a te? » Quella collana sì, regalo del Natale passato da poco, un simbolo più che un ninnolo di bellezza.
X: E perché? Perché così distruttivo? Si prende la chiusura delle palpebre di Merrow, osserva la reazione di lei, mentre un passo viene fatto all’indietro e le labbra vengono strette. Consapevole di ciò che ha fatto e voluto, consapevole di molte altre cose al quale dovrà fare i conti quando sarà il momento, ma non del tutto consapevole di come le parole di Tristan riescano a spiazzarlo in una maniera a dir poco sconvolgente per uno che è capace di nascondere ogni singola reazione dietro una patina di ghiaccio e letteralmente impassibile. Mandibola che viene rapidamente stretta in una morsa, occhi che sfrecciano in direzione dell’amico e che finiscono per essere assottigliati, non si sa se per la pioggerellina di troppo o per quel leggero fastidio che lo inonda come acqua gelata, la sua stessa acqua che ogni volta si butta addosso. (...) Catalizzatore che viene stretto ancora nella mancina, prima di fare un passo lateralmente senza mai degnare le spalle a tutti loro, quanto più un cenno alla serpeverde «Rientriamo noi due? » ti va? Il tono decisamente più moderato, apparentemente gentile, persino nei suoi riguardi, tanto che le labbra riescono così a spiegazzarsi in un semplice sorrisetto, forse anche soddisfatto. Per cosa, però? Senza più degnare di uno sguardo a Tristan o ancora di più a Merrow, seppur con la coda dell’occhio rimane pronto per eventuale reazione da parte di lei, consapevole che lì a momenti il proprio incanto verrà a meno. Non è un caso che l’impugnatura del catalizzatore si faccia ancora più salda. Ma forse è proprio qua che si affida su una sicurezza che potrebbe decretare tutto e niente.
H: Al che porterebbe anche una mano sul suo braccio, a congratularsi ulteriormente, nonostante l’intermezzo di Tristan le tolga la possibilità di aggiungere altro, lasciandola con le labbra socchiuse. Scuote il capo divertita mentre le sopracciglia si sollevano per la sorpresa nello scoprire che beh, Tristan fa (bei) regali a Merrow. La sua libera interpretazione della risposta che Xavier dà all’altro Serpeverde è semplice: nessuna. « Ovviamente » le va di tornare dentro, quasi non ci fosse più alcuna attrattiva qui fuori. Di fatti stringe la presa delle dita intorno al braccio altrui (l’altro rispetto a quello in cui stringe il catalizzatore), pronta a riprendere la loro promenade un po’ da coppietta, forse di proposito per dar fastidio – ancora, sì – agli altri due.
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Era un regalo. Era suo, un dono gentile, un simbolo di qualcosa che si era ripromessa di tenere ben a mente e di non dimenticare mai più: perchè le parole che hanno accompagnato quel regalo erano vere, e per qualche tempo le era addirittura sembrato che potesse andare diversamente. Che potesse smettere d`essere quella che soffre. Come invece sta facendo in quel momento, dove non riesce più a sostenere lo sguardo di Tristan, dove non può nemmeno guardare la polvere luminosa si confonde un poco con la sabbia ed i sassi sotto i loro piedi, presa in un limbo che si riflette nella postura del corpo che lentamente ritorna completamente libero, voltandosi lentamente in direzione di Gutierrez che pare aver capito solo adesso a chi appartenesse quella collana prima che venisse data a lei. Se lei coglie il suo fastidio o meno, non è dato sapere, ma è con uno scatto della mancina, nel tentativo d`afferrargli la manica destra, che s`allunga quando l`altro fa per dire alla Hazaar di rientrare, totalmente incurante della bacchetta che ancora stringe in mano. «Guardami.» è un ordine perentorio, pronunciato con un tono così basso e caldo, che pare per un attimo un Drago pronto a sputare fuoco dalle fauci: guardami, Xavier. E sono i suoi occhi che lo cercano, con una forza inaudita, penetranti come forse non lo sono mai stati, mentre la sinistra stringerebbe ancora il tessuto di lui in un artigliare di dita che si fa più pressante un attimo solo, a non volerlo far fuggire, a costringerlo ad affrontare almeno in parte le conseguenze di quel momento: iridi plumbee, in un grigio-verde brillante da un velo pesante di lacrime che s`è conquistato l`affaccio in quei occhi grandi ed affusolati, mentre l`intero viso è d`un gelo inquietante 
«Sei un`Anima orribile.» sono le prime parole che gli rivolge, con una durezza che non pare volergli lasciare scampo «Tu non hai bisogno di un`amica. Non sai nemmeno cosa questo voglia dire.» ardente nel dire di fiele quanto immobile è in tutto il resto, ora per volontà e non per costrizione «Non metto le mani addosso a lei o non affatturo te, solo per rispetto a quello che per me è valso fino a questo momento.» breve pausa mentre il respiro si fa profondo e lei inclina appena il volto verso il basso, alzando sempre lo sguardo ai suoi occhi che non abbandona «Non ti azzardare mai più a toccarmi.» questo viene pronunciato con un fare corrosivo montante, tanto che potrebbe essere addirittura imminente una manifestazione magica incontrollata «Per me sei morto.» chiude così, incurante se l`altro si sia sottratto alla sua presa o meno, perchè è solo ora che li supererebbe tutti, dando si, di nuovo le spalle, come se avessero smesso d`esistere tutto in un solo istante. Basta sguardo a Xavier rivolto, allontanando da lui le iridi colme di sofferenza liquida, una volta per tutte, basta espressione incredibilmente immobile, basta ogni cosa. Rimette le mani in tasca e se ne va, con passo veloce e nervoso, senza soffermarsi su nulla e nessuno. Il fodero con la bacchetta che sbatacchia appena contro la coscia destra a dettare ritmo al suo fare. Solo una scia di pepe nero e cannella a testimoniare che sia stata davvero lì.
X: Per poi rilasciare un respiro piuttosto sentito, apparentemente nervoso, fino a quando non è Merrow a richiamare la sua attenzione, non concedendogli alcun passo, perché ora deve ascoltarla. L’unica cosa che le concede è proprio quella stretta che raggiunge la manica destra, ritrovandosi così appena a sollevare di conseguenza il catalizzatore. Ma tra tutte le cose che avrebbe dovuto fare, guardare Merrow è tra le cose in programma da non fare. Eppure lo fa, rivolge le sue iridi cristalline in sua direzione e incrocia quello sguardo penetrante come se volesse in un qualche modo perforarlo, non solo con le parole che arrivano di conseguenza. Ma se le aspettava, tutte. Una dopo l’altra. Quel fiume di lacrime che non fuoriescono, scelgono semplicemente di arrivare a sgorgare rapidamente a parole. Parole che penetrano come se nulla fosse concretizzando maggiormente quella che è la propria natura. Parole dure e forti, che realizzano ciò che al termine dell’incantesimo ha capito. Quel filo che li teneva uniti non si sa ancora come né perché si è spezzato nell’esatto momento in cui lui ha polverizzato la collana. Quel filo ormai polverizzato insieme a questa. Iridi chiare che rimangono ferme e salde sul volto di lei, il mento alto, il petto ancora trionfo di ciò che ha appena fatto, senza volerlo in un qualche modo ricacciare. Non ci sono scuse, non ci sono parole, non c’è dispiacere che fuoriesce dalle sue labbra, c’è soltanto quella continua sicurezza che non c’è nemmeno il bisogno di spiegare. E sostiene quello sguardo, incantandosi così come se in quel modo riuscisse a non soffermarsi su quel velo di lacrime, ma semplicemente a trapassarlo. Non si lascia coinvolgere, non raggiunge quel dolore, rimane distante. Così come distante è l’espressione che mostra, ferma e apparentemente indifferente. Poi quell’invito che sussegue in direzione della Serpeverde, facilitandole di conseguenza la stretta sul proprio braccio inarcandolo appena, indirizzando così gli occhi su di lei come se niente fosse successo e chissà, in quell’entrata verso il castello, probabilmente prendere una conversazione che nemmeno riguarda quanto accaduto.
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corneliaharris · 4 years ago
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Saint Valentine's Day.
« Senti ma » inizia mordicchiandosi un po` il labbro e puntando lo sguardo sui suoi anfibi che calpestano la neve « Ceh secondo te è stato strano stare lì in mezzo agli altri? » le pone così quella domanda ma non la guarda ancora in viso. « Tipo che adesso lo sanno tutti tutti » non si sa bene cosa voglia dire con questo, ma sicuramente vuole sapere cosa ne pensa lei, infatti torna pure a voltare un po` la testolina nella sua direzione per osservarla.
Quel “senti ma” la mette forse un po’ in allerta, gli occhi si posano sul profilo dell’altro e il fatto che non la stia guardando la agita un pochettino ma non dice nulla, lasciando che la domanda le venga posta. « Mh, strano… » ripete piano e poi seguono un paio di secondi di silenzio che si concede per articolare una risposta, evidentemente, con scarsi risultati visto che la prima cosa che dice è un « Non lo so » e ora è lei che distoglie lo sguardo. « Cioè io non so nemmeno cosa siamo » visto che non ne hanno mai parlato « Ma non m’interessa se lo sanno gli altri » su questo pare sicura « Anzi non m’interessa proprio degli altri, cioè che lo sappiano o meno… chissene » e quella è la loro filosofia, no? E torna pure ad alzare lo sguardo, cercando quello di Wes perché alla fine gli interessa solo di lui e infatti, dopo un po’ d’esitazione, chiede « Per te è stato strano? » e la voce esce sporcata da un velo di preoccupazione nonostante faccia di tutto per dissimulare.
Se inizialmente non trova tanto il coraggio di guardarla, alla fine il suo silenzio lo costringe a puntare di nuovo gli occhi sul suo viso per vedere la sua reazione. Resta in silenzio e la lascia parlare, i denti impegnati a mordicchiarsi un po` il labbro nervosamente e la mano che stringe un po` di più la sua. A quel "non so nemmeno cosa siano" rimane zitto, perché neanche lui lo sa e forse per ora neanche ci si è interrogato troppo. Ma sono le parole seguenti di Cornelia a fargli tirare un piccolo sospiro di sollievo, mentre al sentire quel "chissene" sul viso torna a spuntare un sorriso. Ancora non parla ma rallenta i passo, allungando l`altra mano per poggiarla sulla guancia altrui. E non risponde ancora neanche a quell`ultima domanda, preferendo allungarsi un po` con il tocco e avvicinare le labbra alle sue per stamparle un altro bacio decisamente meno sbrigativo e leggero rispetto a quello che le ha dato prima. « Chissene » le soffia sulle labbra, perché se a lei non frega nulla degli altri neanche a lui frega niente.
Parla ma l’altro non risponde e la cosa finisce per agitarla ancora di più e solo il sorriso che si allarga sul viso altrui al suo “chissene” finale ha il potere di farla tornare a respirare mentre imita lui, rallentando il passo. Il bacio non era qualcosa che si aspettava di ricevere ma lo accetta ben contenta con la mancina ancora stretta alla mano di lui e la mano destra che risale fino a poggiarsi sul collo altrui. E quel contatto ha il potere di rilassarla e quell’unica parola soffiata sulle sue labbra finisce per farla sorridere. Chissene rimane la loro filosofia.
« E non lo so che cosa siamo, so solo che ci sto bene con te » rivela allontanandosi un po` e alzando le spalle. « Però non come con gli altri » come con i suoi amici « In modo diverso » aggiunge tornando a mordicchiarsi un po` il labbro. « Però sì un po` è stato strano » alla fine risponde anche a quella domanda che aveva lasciato in sospeso. « Ma non per te, capito? » e questo ci tiene a farglielo capire, tornando a sorriderle. « E` che io ste cose non le ho mai fatte » ammette stringendosi un po` nelle spalle.
Gli rimane vicina e lascia che sia lui ad esprimersi, non lo interrompe perché la nota la difficoltà altrui, che alle fine è anche la sua e solo a quel “però non come gli altri” annuisce appena perché lo capisce, non lo sa spiegare ma sa a cosa l’altro sta facendo riferimento, probabilmente, perché prova lo stesso anche lei. E poi, alla fine, arriva anche la risposta alla sua domanda e la fronte si cruccia appena perché strano non è una bella sensazione e si preoccupa. Muove la testa in cenno d’assenso a quella domanda retorica « Lo so, ha senso » e non è ben chiaro se vuole rassicurarlo o se l’abbia capito davvero. « Nemmeno io le ho mai fatte » perché quel poco che ha avuto prima non è paragonabile « Forse è normale sentirsi strani all’inizio » ipotizza « Se vuoi.. » esita appena, distogliendo lo sguardo « quando siamo con gli altri…non so, ci comportiamo normali » ossia non come oggi « Cioè se preferisci » e nella voce non c’è nessuna inflessione strana, gli sta lasciando la scelta. E ancora non torna a guardarlo ma non ha comunque intenzione di allontanarsi.
Però quando si allontana, rimanendo comunque a pochi centimetri da lei, prova anche a rispondere a quella sua domanda. Con tutta la sincerità del mondo e mostrandogli che forse un po` per lui è stato strano. Cerca però di farle capire che quella sensazione di certo non è dovuta a lei, più che altro all`inesperienza che ha. Perché fino a qualche mese fa non si immaginava neanche minimamente di stare così con lei. « Penso di sì » concorda con lei per quanto riguarda il fatto che quella sensazione di stranezza sia dovuta forse al fatto che nessuno dei due sa bene come comportarsi. Però le parole che seguono gli fanno corrucciare un po` la fronte, gli occhi tutti su di lei mentre nota quell`espressione altrui un po` più preoccupata. « No » risponde subito togliendo la mano dall`intreccio con la sua per portare anch`essa sull`altra guancia di lei. Le alza un po` il viso guardandola più serio adesso. « Che significa normali? » chiede forse un po` stranito. « Non voglio fare così » non vuole comportarsi diversamente quando ci sono gli altri. « Se voglio stare con te o ti voglio baciare, lo voglio fare sempre » fa serio, anche con una certa enfasi. « E` stato strano sì, però abbiamo detto chissene degli altri » le ricorda, perché è stata lei la prima a tirare di nuovo fuori la loro filosofia. « Magari domani già non sarà più strano. Ci facciamo l`abitudine » torna a sorriderle, anche se un po` incerto perché quel cambio di umore altrui ora l`ha messo in allerta e ha paura di aver detto qualcosa di sbagliato.
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Ma la reazione dell’altro la stupisce e le iridi tornano sul suo viso dopo quel “no” pronunciato con una certa sicurezza, le palpebre sbatacchiano e le labbra vengono appena schiuse quando anche l’altra mano si poggia sulla sua guancia. Alza lo sguardo e cerca i suoi occhi ma non risponde a quella domanda, non subito. E le parole seguenti hanno il potere di farla sorridere, senza possibilità di controllare quel sorriso « Anch’io. » mormora ancora un po’ stranita da tutto quel discorso « A me non interessa degli altri » glielo ripete « Solo che non volevo ti sentissi a disagio a causa mia » mormora, tentando di spiegare il comportamento di poco prima « Volevo facilitarti le cose, ecco. » un po’ a disagio nel dire tutto quello ma non per questo meno sicura. E sorride anche lei « Ma se a te non importa e a me nemmeno » e sembra sia così « Allora saremo solo noi » qualsiasi cosa siano « E ci abitueremo » perché tanto chissene degli altri, no? Attenderebbe un minimo cenno di riscontro prima di farsi più vicina e sussurrargli davvero vicina alle sue labbra « E comunque ora voglio fare questo » cosa è abbastanza intuibile ma nel caso Wesley avesse bisogno di un aiutino per capire, lei un attimo dopo lo sta già provando a baciare.
Le mani sono entrambe sulle sue guance a tenerle su il viso così da poterla guardare negli occhi mentre ammette che tutto vorrebbe fare tranne che nascondersi. E solo quando la vede tornare a sorridere, si permette di rilassarsi. « No Coco » scuote un po` la testa utilizzando un tono decisamente più morbido. « Non mi fai stare a disagio » ammette sollevando le sopracciglia quasi a voler sottolineare l`assurdità della cosa. « Tutto il contrario se mai » e qua torna un po` a sorridere avvicinando il viso solo per sfiorarle il nasino con il suo. Ma una conclusione alle loro paranoie adolescenziali la trovano e lui torna a sorridere contento mentre prende ad annuire. « Solo noi va bene » perché l`importante è quello. E l`ultima frase gli fa spuntare un sorrisetto più divertito sulle labbra mentre pronuncia un « Che vuoi fare? » fintamente ingenuo. Ma non c`è tanto da rispondere dato che, mentre Cornelia si avvicina, lui fa lo stesso andandole incontro per accettare più che volentieri quel bacio.
Menomale, un attimo dopo, ci pensa Wesley ad essere chiaro e bastano quelle frasi a far sparire il peso che aveva sul petto, facendole anche nascere un sorrisone più rilassato sulle labbra, che si amplia alle precisazioni successive. « Ci credo » quasi in un sussurro « E scusa se ho detto quella cosa, solo che boh » una pausa piccolissima « non sapevo cosa fosse meglio » e poi sorride a quel dolcissimo naso contro naso « Ed è meglio così… » e quelle parole sono leggermente calcate con la voce « Non sono sicura che avrei saputo comportarmi normale » ridacchiano appena perché vabbè, è ovvio che si siano spinti troppo in là per far finta di nulla. Ma basta poco per scacciare le paturnie che entrambi hanno e dopo tutto quel parlare c’è solo una cosa che vuole fare. E no, non glielo anticipa al finto ingenuo Wesley quali sono le sue intenzioni, va invece incontro al suo viso, inclinando appena la testolina, dando finalmente vita a quel bacio particolarmente sentito, a cui concede tutto il tempo del mondo  mentre le mani sono poggiate sulla nuca altrui in un tocco leggero. E quando, per forza di cose, è costretta a separarsi dal ragazzo mormora ancora troppo vicina alle sue labbra « Ora lo sai cosa volevo fare » e sul viso ha il ghignetto furbo di una che la sa lunga mentre le ciglia sfarfallano e gli sorride. Ma un attimo dopo si fa appena appena più seria, allontanandosi un poco da lui « Cioccolata? » perché è quello che serve dopo una chiacchierata a cuore aperto ma ancora non si allontana da lui, né riprende a camminare.
Sorride a quelle scuse scuotendo la testa e lasciandole una carezzina sulla guancia con il pollice. « Così è normale » decreta alla fine perché ormai è abbastanza palese. Lo sanno loro, anche se faticano a dare un nome a tutto ciò, e lo sanno pure i loro amici. Fa il finto tonto poi quando lei ammette di voler fare una cosa, ma poi è il primo ad andarle incontro in quel bacio a cui dedicano tutto il tempo del mondo. Che è giusto così. Quando si allontanano lui fatica a togliersi il sorrisetto dalle labbra e le parole di lei gli fanno subito sbuffare una risatina. Troppo impegnati con le loro paranoie, si sono pure scordati che prima si stavano dirigendo in qualche locale per prendere qualcosa di caldo. Menomale che Cornelia glielo ricorda. « Assolutamente sì » accetta quindi allontanandosi a sua volta ma solo per tornare ad afferrarle una mano così da riprendere quella camminata verso la strada principale di Hogsmeade.
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acciowesleyino · 4 years ago
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meglio così
« Ti ho fatto una cosa » e nel mentre si ferma per frugare nelle tasche alla ricerca di qualcosa. [...] « Tieni » è decisamente più imbarazzato adesso mentre glielo porge, per poi rimettersi le mani nelle tasche con le spalle che si piegano un po` in avanti. Nell`aprirlo Cornelia troverà un paio di orecchini raffiguranti niente popo di meno che... due pezzi della scacchiera: un re nero e una regina bianca. « Mi sembravano adatti » per uscire un po` dal disagio la butta sul ridere. « Questi sono per la principessa dentona in realtà, però diciamo che puoi metterli anche tu » e chiaramente la sta un po` prendendo in giro, anche se poi lo sguardo si fa tutto concentrato a guardarla un po` in ansia per vedere se le piacciono.
Lo guarda frugare con aria a metà tra il confuso e il curioso e quando l’altro le porge il sacchettino, lei sbatacchia appena le palpebre. «Per me?!» palesemente sorpresa mentre alza gli occhi sul coetaneo. E dopo aver scorto il regalo, la prima cosa che fa è sorridere, forse anche lei un po’ imbarazzata da quel gesto inaspettato. «MA Weeeesley!» e sembra rimbeccarlo per aver scelto proprio due pezzi della scacchiera ma subito dopo, a quella precisazione del Tassorosso, la pianta di fare la sostenuta e ammette «Beh, erano effettivamente adatti» alla principessa dentona, intende «Ma se non ti dispiace li metterò io» tutta allegra nel dirlo, sfoderando un sorrisone. Gli occhi che si alzano dagli orecchini al ragazzo «Grazie davvero» sincera nel dirlo «Ma non dovevi…» e ora è lei quella imbarazzata anche se cerca di dissimulare.
« Sono perfetti dai » e non perché si vuole fare i complimenti da solo, ma perché l`idea di regalargli proprio degli orecchini con i pezzi della scacchiera gli è sembrata abbastanza divertente. Per sdrammatizzare. « Mhh sisi puoi metterli » finge pure di fare un po` il sostenuto solo per continuare un po` la presa in giro, però deve mordersi il labbro inferiore per trattenere un sorriso esagerato nel vedere che le sono piaciuti.
Prende, quindi, a frugare nella sua borsa, sicuramente adducata visto che quello che tira fuori è una scatola di medio-grande dimensioni di un bel giallo accesso con una coccarda nera sopra e un bigliettino annesso, che recita “Buon Natale al miglior cavaliere e ad Artie, la star di Hogwarts – Coco”. Ed infine, glielo porge «Ecco» mentre lo sguardo si abbassa perché nonostante sia curiosa della reazione è anche imbarazzata visto che non aveva previsto di assistere alla scena ma niente è andato secondo i piani, quindi. Una volta aperta la scatola, Wesley troverà un maglione di lana, di un bel rosso acceso, dallo stile palesemente natalizio con tanto di neve animata che scende verso il basso e al centro c’è una grande “W” bianca. Oltre a questo primo maglione ce n’è uno identico per colore e decorazioni ma decisamente più piccolo e con un “A” al centro. Palese che sia la versione per il fidato amico del Tassorosso. Conclude il regalo un sacchettino di velluto rosso pieno zeppo di caramelle e dolci di Mielandia. Attaccato a questo un ennesimo biglietto con su scritto “Non finirli tutti” e pure una faccina animata che fa l’occhiolino.
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« Comunque ti devo dire tipo una cosa » sarà l`entusiasmo o sarà il Natale imminente ma lui c`ha qualcosa da dire. Ma non lo dice mica subito seh. Si stringe la scatola sul fianco accantonando pure per un attimo i dolcetti.
Quell’annuncio su una cosa da dire la sorprende, alza lo sguardo sull’altro «Eh» sembra il suo permesso a parlare ma poi aggiunge anche «Cosa? Dimmi tutto» interessata, curiosa ma senza mettergli fretta. Per ora.
« C`hai presente che ti ho detto che non volevo baciare nessuna al gioco della bottiglia? » inizia così, sul vago mentre il piede inizia a battere un po` per terra in un gesto un po` nervoso. « Beh in realtà una c`era » continua questo suo racconto girando ancora un po` intorno alle parole che vuole dirle. Però quelle parole ancora non gli escono e nel frattempo la guarda sollevando le sopracciglia, quasi a volerle far capire qualcosa. Infondo Cornelia è una Corvonero, potrebbe arrivarci sicuramente. « Vabbe vaffangramo lo faccio adesso » con le parole non gli riesce quindi si fa prendere da un impeto più coraggioso, sicuramente a Grifondoro sarebbero fieri di lui. E quindi, con ancora le guanciotte un po` rosse e i regali in mano, sposta il sacchetto sopra la scatola contenente i maglioni che tiene con la mano sinistra per lasciare la destra libera. Fa giusto un passettino in avanti alzando il braccio libero per far fermare la mano sulla guancia di lei e poi le si avvicina col viso quel tanto che basta per riuscire a stamparle un bacio sulle labbra. Non le dà neanche modo di capire cosa sta facendo forse, ma l`altra avrà comunque il tempo di scansarsi in caso. Il bacio che le dà comunque non ha nulla di complicato, è già tanto che sia riuscito a provare a stamparle quel bacetto casto sulle labbra senza morire di imbarazzo.
Non dice nulla nemmeno quando lui s’interrompe e sembra girare intorno a quello che vuole realmente dire. E probabilmente ha già capito ma non fa niente per togliere l’altro dalla situazione difficile ma increspa le labbra in un mezzo sorriso ma non fa niente, rimane in attesa. Finché non arriva quel bacetto leggero, veloce che lei accetta senza nemmeno pensare di tirarsi indietro. Gli occhi che sfarfallando appena e quando quel piccolo contatto d’interrompe mormora solo «Meglio così che per il gioco della bottiglia» lo afferma ma c’è anche una vena interrogativa nella voce.
La frase di lei lo lascia in silenzio per qualche secondo, mentre distoglie momentaneamente lo sguardo perché mantenere tutto quel contatto visivo è un po` too much per lui. « Mhh si decisamente meglio » alla fine ribatte e lui non c`ha nessuna vena interrogativa nella voce. « Un sacco meglio » anzi continua a ribadire mentre fatica a trattenere quel sorrisetto che vuole spuntargli sulle labbra. [...] Il sorrisetto di sicuro non gli si leva dalla faccia per un bel po`.
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