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Una Maledetta Notte d'Autunno di Pietro Bertino – Il Monaco Indaga. Un Thriller Tra Mistero e Spiritualità nella Genova Oscura. Recensione di Alessandria today
Una Maledetta Notte d'Autunno di Pietro Bertino è un thriller che ci trasporta in una Genova cupa, dove il protagonista, un monaco zen, si muove tra spiritualità e intrighi per svelare una verità scomoda.
Una Maledetta Notte d’Autunno di Pietro Bertino è un thriller che ci trasporta in una Genova cupa, dove il protagonista, un monaco zen, si muove tra spiritualità e intrighi per svelare una verità scomoda. Nella città ligure, avvolta da corruzione e poteri occulti, il monaco cerca il proprio equilibrio interiore, ma viene presto travolto da eventi inquietanti. Un attentato terroristico sconvolge…
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Particella 426 - Performance del collettivo Synap(see)
evento promosso in collaborazione con il Comune di Prato - Prato Urban Jungle
Il collettivo Synap(see) sabato 8 maggio 2021, alle ore 17.00 in via Galileo Galilei (parcheggio Porta Al Serraglio) realizza una performance artistica “a favore della giungla”. Gli artisti del collettivo saranno a Prato per piantare un “corniolo” come prima tappa di una nuova progettualità avviata simbolicamente lo scorso 21 novembre nella Giornata Nazionale degli Alberi che ha posto il tema “L’albero padre del cibo: verso una alimentazione sostenibile”. Prendendo in parola tale obiettivo il collettivo Synap(see) ha scelto di adottare simbolicamente il corniolo (Cornus mas) come albero rappresentativo del proprio agire nel territorio pratese. Pianta da frutto autoctona, generosa di bacche, e “autosufficiente”, essa cresceva copiosa tra i prati di queste zone.
La cura della terra, il rapporto con la natura, la vita del pianeta, la responsabilità ambientale sono tematiche di riferimento nella pratica fotografica del collettivo Synap(see). Dopo aver concluso un ciclo progettuale e di investigazione pluriennale raccolto nella trilogia ‘Parco, Fiume, Agro’, invitando a ripensare gli impatti e le contraddizioni della postura antropocentrica, oggi il collettivo ha avviato una nuova stagione di ricerca dedicata agli alberi. Quello tra albero e l’essere umano è un rapporto molto antico, sacro, fondante e testimoniato già in pitture rupestri e pietroglifi. Alberi le cui radici affondano nella terra e la cui corona si perde nel cielo. Alberi che rinascono ogni primavera e trasmettono il ciclo della vita e la sua caducità. Riconoscendo nella figura archetipa dell’albero un tramite significativo di riappacificazione con il mondo, la vita organica, e la madre natura, Synap(see) intende realizzare un programma di azioni esemplari tese a riaffermare la dignità dell’albero nella società.
Per queste ragioni il collettivo ha scelto di iniziare questa campagna in un luogo che negli ultimi anni si è distinto per la grande attenzione ai temi della riforestazione urbana e dello sviluppo sostenibile. Prato, primo Comune d’Italia ad aver adottato estensivamente specifiche norme tecniche nel Piano Operativo, coinvolgendo vari esperti nel tratteggiare una visione di crescita “bio-diversa” per il futuro. E il Comune collaborerà all’evento promuovendo la performance tramite i canali di Prato Urban Jungle, l’intervento partecipativo dalla concezione innovativa che impiega gli elementi naturali come strumenti attivi per favorire un ambiente urbano più sostenibile, più confortevole più attento alla salute dei cittadini.
A seguito della piantumazione simbolica Synap(see) ha avviato un’indagine sugli alberi monumentali presenti nel territorio pratese con il fine di realizzare un “censimento artistico” da condividere con la città e gli abitanti nella forma di installazione diffusa. Un modo per riportare attenzione su questi straordinari reduci e testimoni ambientali.
Collettivo Synap(see)
Il collettivo Synap(see) riunisce i fotografi Andrea Buzzichelli, Paola Fiorini, Antonella Monzoni, Stefano Parrini e Giovanni Presutti. In passato altri autori hanno “militato” nel gruppo ad esempio: Francesco Comello, Emanuela De Luca, Simone Mizzotti. Dal 2014 il collettivo ha scelto di farsi accompagnare nelle proprie attività dal curatore italo-belga Steve Bisson. Il collettivo Synap(see) si distingue per un deciso impegno per lo studio di conflitti territoriali, e per una forte capacità di iniziativa e di divulgazione indipendente. Nel 2018 ha concluso la mostra antologica ‘Un triennio di investigazione tra ambiente e fotografia’, che ha raccolto gli esiti di un ciclo progettuale di indagini fotografiche ambientali iniziato nel 2015, e che ha interessato uno spaccato significativo dell’Italia, passando per oltre 9 Regioni (dal Veneto, alla Campania, dall’Abruzzo alla Lombardia), 30 casi studio e decine di incontri pubblici.
Si ringraziano per il supporto: Vannucci Piante e Andrea Foligni videomaker !
Se ti interessa scoprire le novità sul progetto, puoi seguire il nostro ‘Diario degli Alberi’.
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João Álvaro Rocha Architectures 1991-2001*
*testo pubblicato in Archit (2002)
Con grande discrezione João Álvaro Rocha si presenta in questa monografia. Si possono qui osservare i progetti più significativi di un breve ma intenso percorso che ha portato l’opera di Rocha a delimitare parte dell’intricato e controverso disegno oggi definito architettura contemporanea portoghese.
Francesco Craca, curatore del testo, suddivide l’eclettico lavoro dell’architetto in differenti sezioni:
Percorrendo le differenti destinazioni funzionali, Rocha appare immediatamente come costruttore coerente e deciso, il cui manifesto critico mette insieme i termini di tradizione, precisione, pratica e tecnica.
È il risultato di un lavoro silenzioso, notturno, tra la tenue luce di una lampada Naska Lux e numerosi fogli per schizzi sparsi sopra un tecnigrafo; non è un caso, infatti, imbattersi in Rocha, solitario e a qualunque ora del giorno, intento a terminare un dettaglio o a ragionare attentamente su come risolvere nel modo più “semplice” i complessi compromessi propri della tettonica del progetto. Jose Manuel Pozo, nella sua introduzione al testo, sembra interpretare i gesti di Rocha: silenziosi, calmi, apparentemente semplici. Rispettare il territorio e riconoscere il ruolo protagonista del luogo, formano le premesse di un‘attività che sembra sempre ispirarsi all’anonimato. Il progetto cerca di dissimularsi ed entrare a far parte del paesaggio attraverso l’uso dei materiali reperiti all’intorno. I dettagli sono semplici ma efficaci e il disegno nell’insieme appare privo di strane novità e virtuosismi, in perfetta armonia con il contesto.
È questa ricerca a semplificare, a tralasciare il superfluo che contraddistingue coerenza e tecnica nel suo lavoro. Tecnica quindi, e non tecnologia, come rileva Francisco Mangado: un dialogo attraverso materiali e forme, senza l’uso di prodotti standard o da rivista specializzata; i dettagli costruttivi non sono mai casuali, ma interagiscono con il progetto differenziandosi nelle distinte necessità formali e funzionali. Infissi, porte, scale, sempre scrupolosamente disegnate, trovano risposta al massimo numero di problemi con la minima elaborazione. Minimalismo forse, ma inteso come sinonimo di decantazione, investigazione e processo finalizzato a risolvere problemi complessi con l’uso di sensibilità e cultura.
Opere e progetti si alternano dimostrando tutti i presupposti tipici di un percorso definito inizialmente dalla Scuola di Porto. Mi riferisco in particolare alle opere più antiche (Case I e II a Vermoin, Maia) in cui il “moderno portoghese” orientato dall’entusiasmante opera di Siza, professore all’epoca di "Costruzioni", influenza inevitabilmente il giovane architetto. Ma, a parte queste giustificabili inflessioni, fin dal principio è sempre chiara una specifica ricerca d’identità. È con l’edificio ICP e con il Complesso veterinario LNIV di poco successivi che Rocha acquista maggiore libertà espressiva e autonomia stilistica, mantenendo invariate tutte le prerogative tipiche della Scuola, ma stabilendo una posizione di compromesso tra luogo, tecnica e linguaggio europeo contemporaneo. Le numerose case e ville sparse per il Portogallo cercano indistintamente di raccogliere gli elementi della loro composizione dal paesaggio circostante. Colori, forma, ambiente sviluppano condizioni che insieme ad esigenze specifiche di programma e forte capacità critica determinano forme già note alle pubblicazioni internazionali come la Casa a Carreço, o Casa da Marina. La Casa a Varzea III chiude un capitolo, marcando con la stessa logica di coerenza e discrezione la piccola area abitata di Vermoim a Maia.
PER - Case Popolari Gemunde, Maia (1996). La diversità in termini di risultato partendo dagli stessi presupposti, dà alle tre case, oltre alla chiara successione temporale, un grado di maturità costantemente evidente. Il tema dell’abitazione collettiva e in particolare economica, è trattato da Rocha attualizzando scrupolosamente i principi dettati dall’antico programma SAAL a cui parteciparono le prime generazioni della Scuola di Porto.
Importanza al contesto, economia dei mezzi, attenzione agli aspetti sociali fanno dei numerosi edifici del programma PER di Maia un esempio finalizzato a comprendere principi come modularità, rigore, e precisione. La contrapposizione di ampie finestre in banda su un lato e piccole aperture puntuali nel retro, evidenziano oltre all’immediata distribuzione interna, anche la relazione tra piccola scala di dettaglio e il corrispettivo riflesso in facciata con il conseguente peso nella scala urbana.
Il Parco a Moutidos, il recupero di Quinta da Gruta con il suo giardino, oltre ad inquadrare Rocha in ambito urbano, vede il giovane architetto impegnato a trattare problemi direttamente legati al paesaggio e al trattamento del verde. Architettura, dettaglio e comprensione del luogo sono strumenti che fanno già parte del linguaggio di Rocha e, anche una sfida apparentemente difficile, è egregiamente vinta grazie a valori come discrezione e cultura artistica. Interventi puntuali, oggetti quasi caduti dall’alto, e percepibili in modo diverso a seconda dei differenti percorsi, compongono un ulteriore eccellente esempio di Land Art europea.
La numerosa quantità di opere e progetti nei diversi ambiti funzionali citati in questo libro, definiscono le basi di un lavoro recentemente cominciato, ma che per numero, impegno, e coerenza, denotano una matura capacità critica. I testi all’interno sono di Antonio Ravalli, Antonio Armesto, José Manuel Pozo, José V. Vallejo Lobete, Val K. Warke, Francisco José Mangado, e del fotografo, Luis Ferreira Alves.
Joao Alvaro Rocha (1959-2014)
http://www.joaoalvarorocha.pt/
http://www.skira.net/en/books/joao-alvaro-rocha
http://architettura.it/books/2003/200310025/index.htm
Stefano Ferracini
Stefano Ferracini (Treviso 1974), Architetto. Dopo anni di formazione e lavoro tra Italia e Portogallo, si stabilisce in Belgio. Insegna architettura d’interni a Esa Saint Luc Bruxelles.
https://sfarchitecture.tumblr.com/
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SAN BENEDETTO – Il problema della sicurezza in città è stato sollevato dal senatore Giorgio Fede e dal consigliere regionale Peppe Giorgini del Movimento Cinquestelle con un comunicato stampa che riportiamo integralmente.
“Il comparto sicurezza -scrivono i rappresentanti pentastellati- è paralizzato da anni e riorganizzarlo richiederà del tempo. Nonostante questo le forze dell’ordine continuano a svolgere un lavoro encomiabile pur essendo costantemente sottorganico. Eppure in un contesto aggravato dalla sovrapposizione di competenze tra forze di polizia, il buonsenso porterebbe a credere che gli organici almeno dello stesso corpo siano organizzati in base a criteri oggettivi. Evidentemente nel Piceno non è così, tanto che il personale sembra distribuito con logiche ottocentesche. L’Autorità Provinciale di P.S. infatti malgrado gli appelli dei locali sindacati di polizia continua a ignorare i cambiamenti socio-economici avvenuti sulla costa dove l’evoluzione urbana, la straordinaria densità di popolazione, le infrastrutture strategiche e la dinamicità imprenditoriale oltre ad attirare flussi e interessi hanno aumentato le criticità.
Tuttavia l’organico costiero delle FF.OO., come se nulla fosse, è rimasto incredibilmente ancorato a trenta anni fa. Non a caso le piante organiche degli uffici di Polizia sono ferme al 1989 mentre la distribuzione nazionale sembra sia ispirata a un Regio-Decreto del 1927 in cui si stabilì che i maggiori comandi fossero nei capoluoghi di provincia con il risultato che le forze dell’ordine di Ascoli sono il doppio, se non il triplo, rispetto a S.Benedetto. Ad esempio pare che la questura di Ascoli sia composta da oltre 160 unità mentre il commissariato di S.Benedetto non raggiunga 50 persone.
E neppure la riclassificazione generale avviata nel 2016 migliorerà la situazione soprattutto dopo la scissione con Fermo. Una beffa considerando gli imminenti pensionamenti e i nuovi arruolamenti. In poche parole l’organizzazione criminale è dinamica, la disposizione della polizia picena è statica e poco reattiva allo sviluppo del Medio-Adriatico. La lettura “per valle”, tra Ancona e Pescara, infatti ha ignorato ben venti comuni minori che però nel frattempo si sono sviluppati intorno alle infrastrutture adriatiche (ferrovia, autostrada, statale) tanto che se fosse una provincia sarebbe ottava in Italia per densità di popolazione e tra le prime per incidenza delittuosa.
Pensandoci bene certe ostinazioni hanno contribuito nel tempo a penalizzare proprio i comuni costieri con il capoluogo di provincia all’interno. Ad ogni modo paradossale constatare ancora ritardi per la riorganizzazione dei reparti di polizia di Fermo che avendo acquisito un nuovo status dovrebbe quantomeno triplicare gli organici.
Densità imprenditoriale. A proposito di crescita, San Benedetto rimane pur sempre la città marchigiana con la più alta densità abitativa, quattro volte Ascoli, ed è il comune con il maggior consumo di suolo per via della eccessiva urbanizzazione che oramai ha assunto rilevanza nazionale.
E nonostante la crisi, in una recente analisi del Consorzio Aaster: “S. Benedetto per densità imprenditoriale si colloca al 49° posto tra i 522 comuni italiani con oltre 20mila abitanti e il numero delle imprese è cresciuto del 4% negli ultimi 5 anni mentre la percentuale di imprese locali per abitanti è del 16%; il 10% in più rispetto al dato italiano”. In effetti la città delle palme registra la densità imprenditoriale più alta tra le maggiori città marchigiane e non a caso S.Benedetto, Grottammare e Monteprandone concentrano il 50% delle aziende in appena il 5% del territorio provinciale (Unioncamere), e la sproporzione potrebbe salire in base all’andamento degli indici di vecchiaia, al ricambio generazionale e allo spopolamento in atto ad Ascoli e nel cratere.
Densità delittuosa. Significativa anche la statistica dei delitti – “i reati più gravi” – che rimangono pur sempre gli indicatori più diretti forniti dalle questure. E per la prima volta andando oltre alla consueta lettura provinciale li abbiamo considerati su base comunale, comprensoriale e interregionale in modo da rappresentare in termini reali la particolare conformazione dell’hinterland Sambenedettese. Ne deriva che i delitti consumati nell’anno 2016, anche se generici, sono clamorosamente concentrati sulla costa. Per esempio solo a S.Benedetto T. viene commesso il 37% dei delitti di tutta la provincia. A S.Benedetto e Grottammare (2.898) i crimini sono il doppio rispetto ad Ascoli Piceno (1.491) in una superficie quasi quattro volte più piccola e considerando anche Monteprandone i delitti accertati sono oltre il 50% in appena il 5% del territorio provinciale. Analoghe dinamiche nella provincia di Teramo dove nelle vicine e funzionali Martinsicuro e Alba Adriatica si registrano più crimini (oltre 1.500) che nel singolo comune di Ascoli P.
E dai dati a disposizione non sembra che la questione sia soltanto balneare. E comunque nonostante la sola S.Benedetto arrivi a un milione di presenze e Ascoli a 200mila i rinforzi estivi non sempre appaiono sufficienti.
Confische. Anche se le Marche non sono certamente una regione a vocazione mafiosa piuttosto indicativa anche la situazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. L’ANBSC, l’Agenzia Nazionale riporta che, tra immobili e aziende, a San Benedetto sono state eseguite tre confische mentre nella più piccola Grottammare addirittura dieci, più di Rimini (otto).
Grottammare è seconda nelle Marche solo a Fano (undici beni) e inoltre preoccupa constatare che nella vicina Martinsicuro siano stati confiscati undici beni! Più in generale S.Benedetto T. e Grottammare sono le uniche in provincia colpite da confische per mafia. Tanto per avere un’idea, nelle province di Macerata e di Ancona le espropriazioni sono complessivamente “soltanto” otto.
Gli uffici. E nonostante alcune indagini di Polizia possano essere seguite a distanza, attività funzionali ad esse come il controllo del territorio e il pronto intervento necessitano della polizia di prossimità. Per non parlare dell’ufficio immigrazione di S.Benedetto, un servizio al pubblico che invece di essere potenziato è stato smantellato nonostante il 40% circa dei cittadini stranieri della provincia risieda soltanto nel 5% del territorio nei soliti comuni di S.Benedetto, Grottammare e Monteprandone. E in prospettiva i disagi si acuiranno in ragione dei migliori indici di natalità degli immigrati.
Come se non bastasse sembra che perfino la Polizia Giudiziaria stia per essere smantellata. Gravissime carenze di organico anche per la Polizia Stradale che già in passato è stata dirottata in autostrada lasciando l’onere di rilevare gli incidenti al commissariato cittadino essendo la Polizia Locale afflitta a sua volta da storiche carenze.
In conclusione non possiamo escludere che continuando ad applicare consuetudini istituzionali, la criminalità potrebbe avvantaggiarsene mettendo a rischio l’incolumità dei poliziotti, dei carabinieri e dei finanzieri a discapito della sicurezza dei cittadini e dell’economia locale.
E nel frattempo che le iniziative governative si sviluppino compiutamente, i 5 Stelle di S.Benedetto del Tronto chiedono al Ministro dell’interno, ai Viceministri, ai Sottosegretari e al Questore di Ascoli Piceno di distribuire adeguatamente gli organici delle forze dell’ordine in rapporto alle caratteristiche reali del territorio, al fine di realizzare una più efficace attività di prevenzione, investigazione e contrasto alla criminalità”.
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Today is the day - Via Egnatia17
Via Egnatia - @FuoriVia
This city is not found Step one: initial study to mapping the unknown
Quest’estate Ormeggi decide di mettersi in marcia e sostare in un tratto parziale dell’antica via Egnatia. Il viaggio si presterà a fare si allontana dal concetto di vacanza, dal tradizionale relax che segue un lungo periodo lavorativo, rappresentando, al contrario, l’inizio di un progetto di ricerca in progress. L’obiettivo sarà la mappatura di ciò che si può ritenere NOT FOUND, termine che si riferisce a quella fase di ricerca nel web in cui un qualcosa non viene trovato. Ciò che sia andava cercando però, sebbene i parametri di ricerca non siano stati in grado di rintracciarlo, esiste o è reperibile attraverso altre modalità d’esplorazione. Inoltre, la definizione in questione mette in luce una situazione in cui Ormeggi si è trovato: la ricerca di informazioni nel web sulle città meta del suo percorso ha dato risultati scarsi, se non effettivamente nulli.
A questo punto sorgono una serie di punti interrogativi. Se la piattaforma di Google maps ci presenta le città in questione (Lagyna, Lagkadikia, Nea Apollonia, ecc.) come piccoli punti sulla grande rappresentazione geografica della Terra, perché il resto della rete ci offre invece solo quella che metaforicamente potremmo definire una pagina bianca, a blank space? Com’è possibile considerando che Internet ad oggi è la grande enciclopedia mondiale a cui tutti fanno riferimento? E probabilmente, anzi sicuramente, queste città e villaggi non saranno gli unici. Mentre gli orizzonti dalla cartografia appaiono, grazie a strumenti come Google Earth, gps, droni e satelliti, in continua espansione, tanto che è possibile mappare cose che non hanno nemmeno un’esistenza materiale (la distribuzione del traffico stradale, la materia oscura delle stelle), l’esigenza del contatto ravvicinato si dimostra ancora evidente. Il progresso tecnologico ha certamente dato il via, quindi, ad una rivoluzione dei sistemi d’informazione, tale da farci affidare interamente noi stessi agli strumenti informatici, ma che ne è stato invece di quell’antiquato approccio analogico dal linguaggio fortemente descrittivo? Che ne è dell’incontro, delle scoperte fornite dalla dialettica, dall’incontro tra corpi che non siano senza organi come quelli dei computer?
Ormeggi non perde il forte legame con il tema del camminare già affrontato nel suo punto zero (#0) e procede per 200 km a piedi in una modalità di investigazione urbana tesa a sperimentare e costruire relazioni. Se il passaggio migliore è quello che suscita il moto verso uno scopo socialmente utile, lo spazio dello stare e della condivisione, sia esso costituito dagli abitanti dei luoghi o dello stesso paesaggio, saranno il nostro luogo di sosta temporanea. Camminando per riattualizzare il tempo e lo spazio, camminando per dare vita ad una nuova mappa decifrando i luoghi e leggendone i loro indizi.
Mappare un contenitore mobile, costruire una narrazione per orientarsi, trasformare un’utopica esplorazione marcata da un desiderio di derivazione romantica in un reticolo rizomatico tra emittenti tutti diversi ma adiacenti, in contatto l’uno con l’altro. Realizzare una politica autonoma che significhi comunità proliferante. Una comunione di esperienze per riflettere sul concetto di identità nell’instabilità delle presenze in un luogo fisso e nel movimento continuo della rappresentazione. Consci del fatto che una carta geografica non è mai supporto neutro d’informazione, cosci che il mappare rappresenta un gesto politico e la rinuncia a una rappresentazione onesta (qualche parte della superficie deve essere sempre distorta per farla rientrare nel tutto della carta), consci che le mappe finiscono per rispecchiare il modo in cui le culture che le realizzano percepiscono il paesaggio e le loro vite. In questo primo step basato sull’interazione e la raccolta d’informazioni ci prefissiamo l’obiettivo di costruire un atlante di ciò che ancora ci è ignoto, di quel NOT FOUND che gli eccellenti parametri di ricerca non sono stati in grado di individuare.
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Paesaggio con Ombre di Nora Venturini: Un nuovo caso per Debora Camilli tra arte e mistero. Recensione di Alessandria today
Nora Venturini ci porta ancora una volta a Roma, con la tassista Debora Camilli alle prese con un caso intricato nel mondo dell'arte.
Nora Venturini ci porta ancora una volta a Roma, con la tassista Debora Camilli alle prese con un caso intricato nel mondo dell’arte. In Paesaggio con Ombre, Nora Venturini ci regala una nuova avvincente indagine della tassista investigatrice Debora Camilli. Ambientato nella suggestiva Roma, il romanzo mescola mistero, arte e intrighi personali, dando vita a una storia che tiene il lettore…
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