#interventi governativi
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Investe un anziano con un monopattino, provocandogli gravissime lesioni.
Carabinieri e Polizia Locale indentificano il fuggitivo e lo denunciano per lesioni personali stradali e omissione di soccorso.
Carabinieri e Polizia Locale indentificano il fuggitivo e lo denunciano per lesioni personali stradali e omissione di soccorso. Alessandria – Incidenti, violazioni, soste selvagge e molti altri problemi nati con la diffusione dei monopattini elettrici nelle città italiane hanno indotto il Governo a un intervento stringente per contenere il dilagare di nuovi malcostumi spesso causa di gravi…
#Alessandria#Alessandria cronaca#Alessandria Principale#Alessandria today#analisi dati traffico#anziano investito#Carabinieri#Codice della strada#Codice rosso#controllo urbano#fuga dopo incidente#georeferenziazione#giovani e sicurezza#Google News#incidenti pedonali#Incidenti stradali#indagini Alessandria#indagini incidenti#interventi governativi#interventi Polizia Locale#italianewsmedia.com#leggi sui monopattini#lesioni personali stradali#malcostumi urbani#marciapiedi pericolosi#monopattini pericolosi#monopattino elettrico#norme sui monopattini#omissione di soccorso#pedoni investiti
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NON LO CONSULTI, TI PIGLI UN'INSOLAZIONE, TI ACCASCI, MUORI.
Poi non andate in giro a dire che siete morti per colpa dei vaccini.
* (non ho ancora cliccato sul link, ma credo che ci sia scritto anche di bere molta acqua e di non uscire nelle ore più calde. Non chiedetemi come faccio a saperlo: sono una sensitiva)
Occhi spalancati sugli avvisi governativi e tutto andrà bene!
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☀️🌡 È attiva la pubblicazione giornaliera dei bollettini sulle #OndateDiCalore per prevenire i rischi per la salute e promuovere interventi a favore delle persone più vulnerabili.
Rimani informato e proteggi la tua salute! Consulta i bollettini online 👉 www.salute.gov.it/caldo
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Rafforzare la Tutela Ambientale: Il Ruolo Chiave del Servizio Ambientale Civile
Nel panorama della conservazione ambientale e della sostenibilità, il Servizio Ambientale Civile emerge come un punto di riferimento fondamentale. Con una dedizione alla protezione e alla salvaguardia del nostro ecosistema, incarna l'essenza del dovere civico verso la tutela ambientale.
Il Servizio Ambientale Civile opera tra strategie governative, partecipazione comunitaria e promozione della sostenibilità, affrontando problematiche ambientali con misure proattive e interventi mirati, dal controllo dell'inquinamento alla tutela della biodiversità.
Promuovendo iniziative che favoriscono lo sviluppo sostenibile, collabora con enti governativi, organizzazioni non-profit e comunità locali. Questo approccio integrato include azioni di sensibilizzazione, educazione e riforme normative per affrontare le sfide dei cambiamenti climatici e della gestione ambientale.
In una recente analisi condotta da Stradenuove.net, il Servizio Ambientale Civile è stato riconosciuto per l'impegno proattivo nella gestione delle questioni ambientali, diventando una risorsa fondamentale per decisori, esperti del settore e cittadini interessati.
La tutela ambientale è una responsabilità condivisa che necessita di collaborazione e azione collettiva. Il Servizio Ambientale Civile dimostra l'importanza della sinergia nel fronteggiare le sfide ambientali contemporanee, contribuendo a costruire un futuro più sostenibile e resiliente.
Per ulteriori dettagli su iniziative ambientali e ultime notizie, visitate stradenuove.net.
Per maggiori informazioni:-
Notizie Turismo Italia
Servizio Civile Ambiente
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Salario minimo garantito: un dibattito cruciale per l'equità economica
Il salario minimo garantito è da sempre un argomento di grande rilevanza nel dibattito economico e politico. Rappresenta un importante strumento di tutela dei lavoratori e di lotta alle disuguaglianze. Ma cosa si intende per salario minimo e perché è così dibattuto? Cos'è il salario minimo garantito? Il salario minimo garantito è il livello di retribuzione oraria stabilito da leggi o accordi collettivi, al di sotto del quale un datore di lavoro non può pagare i suoi dipendenti. L'obiettivo principale del salario minimo è quello di garantire una remunerazione dignitosa e un livello minimo di benessere economico ai lavoratori. Ciò si traduce in una migliore qualità della vita, una maggiore sicurezza economica e un sostegno alle fasce più vulnerabili della società. La voce di chi è a favore Uno dei principali argomenti a favore del salario minimo è che contribuisce a ridurre la povertà e l'ineguaglianza economica. Garantendo un livello minimo di retribuzione, si mira a evitare che i lavoratori vivano al di sotto della soglia di povertà. Ciò favorisce una maggiore equità sociale, in quanto tutti i lavoratori, indipendentemente dal settore o dalla posizione, ricevono una retribuzione adeguata per il loro lavoro. I contrari e le loro ragioni Tuttavia, il salario minimo è anche un argomento controverso. I critici sostengono che può avere effetti negativi sull'economia, in particolare per le piccole imprese. Alcuni sostengono che un salario minimo elevato possa portare alla riduzione del numero di posti di lavoro disponibili, in quanto le aziende potrebbero non essere in grado di sostenere i costi salariali più alti. Ciò potrebbe comportare una minore assunzione di personale o persino la chiusura di alcune attività. Inoltre, i detrattori del salario minimo sostengono che il mercato del lavoro dovrebbe essere lasciato libero di determinare i salari, in base alla domanda e all'offerta. Secondo questa prospettiva, i salari dovrebbero essere negoziati tra lavoratori e datori di lavoro senza interventi governativi, in modo da rispecchiare il valore del lavoro sul mercato. In quali stati esiste il salario minimo garantito? La questione del salario minimo varia notevolmente da paese a paese. Alcuni paesi, come il Lussemburgo e la Svizzera, non hanno un salario minimo legale, ma i lavoratori sono comunque protetti da contratti collettivi che garantiscono retribuzioni adeguate. Al contrario, altri paesi, come il Regno Unito e la Francia, hanno implementato salari minimi nazionali per garantire una base economica per i lavoratori. Nel corso degli anni, il dibattito sul salario minimo si è intensificato, con richieste di aumenti per adeguare la retribuzione alla crescita dei costi di vita. I sostenitori sostengono che un salario minimo più elevato possa stimolare la domanda interna, ridurre la povertà e promuovere una maggiore equità economica. Allo stesso tempo, i critici sollevano preoccupazioni sulle conseguenze per le piccole imprese e la possibilità di un aumento della disoccupazione. E in Italia? In Italia, il salario minimo rimane un argomento di grande importanza e dibattito nella sfera economica e politica. Per la sinistra, questo è uno strumento cruciale per proteggere i lavoratori e combattere le disuguaglianze. Per la destra ed il governo attuale, la questione non è di primaria importanza e dovrebbe essere messa da parte in favore di una discussione legata alle singole categorie di lavoratori per un contratto generale che dichiari un salario minimo. La discussione sul salario minimo continua a evolversi, riflettendo le dinamiche sociali, economiche e politiche di ogni paese. Foto di Emilian Robert Vicol da Pixabay Read the full article
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L’Etat c’est Lui, di Marco Travaglio, FQ
22 GIUGNO 2022
Putin ha già vinto. Non tanto in Ucraina, dove purtroppo continua ad avanzare. Quanto in Italia, dove il Parlamento è ormai ridotto a una parodia della Duma. Ci si attendeva un soprassalto di dignità del fu Potere Legislativo dinanzi a un governo che lo bypassa sistematicamente e lo degrada ad aula sorda e grigia, anzi a bivacco di manipoli. Dinanzi a un premier che pensa di dover informare le Camere di quel che fa, anziché chiedere alle Camere cosa deve fare. E dinanzi al sottosegretario Amendola che, alla richiesta di M5S e Leu al governo di presentarsi alle Camere prima di decisioni importanti (come Conte a ogni Dpcm), risponde: “Impossibile: vorrebbe dire che il governo è commissariato dal Parlamento” (salvo poi cedere sul punto). La versione moderna di L’Etat c’est moi del Re Sole. I pieni poteri sognati da Salvini sono cosa fatta e a tutti (o quasi) sta bene così.
L’aspetto più avvilente del presunto “dibattito” parlamentare, insieme alla distanza siderale dalla realtà dell’Ucraina e dal comune sentire degli italiani, era proprio il mantra dei governisti: non vorremmo essere qui, ci scusiamo di disturbare il manovratore, promettiamo di non farlo più. A parte rari interventi raziocinanti, era il campionato mondiale di adulazione al Capo, un sequel della saga di Fantozzi. Casini ricordava che i dittatori sono più svelti dei governi democratici, ergo il Parlamento non rompa: Draghi parla, le Camere applaudono e tutti a casa. Monti sosteneva che non è il momento di dar voce al Parlamento (che sull’Ucraina non si riuniva dal 3 marzo) perché il premier ha altro da fare. Richetti, l’altro calendiano oltre a Calenda, esortava Draghi a “resistere” non si sa bene a chi, dipingendolo come un San Sebastiano trafitto “h 24” da feroci quanto imprecisati oppositori (forse gli uomini invisibili che stringono la mano a Biden). Infatti il fratello d’Italia, teoricamente oppositore, era più governativo dei governativi. I cui interventi – M5S, Leu e Lega esclusi – erano un coro di vestali del culto mariano e servi encomi ai trionfi diplomatici del premier, peraltro mai visti. Alcuni davano una leccatina pure a Di Maio che, conscio dell’ora grave, era impegnatissimo a reclutare truppe per il nuovo Partitino della Poltroncina dopo Udeur, Ncd e Iv. Le sole deviazioni dal discorso unico del partito unico erano gli insulti a chi vuol ridiscutere l’invio a casaccio di armi e agli analisti non allineati (“prezzolati da Mosca”), non bastando le liste di proscrizione. Ma alla fine anche quel penoso dibattito, impensabile in una democrazia ma perfetto per la Russia e la Corea del Nord, ha avuto la sua utilità. Ci ha svelato il nuovo articolo 11 della Costituzione, ancora secretato come i bollettini del Dis: “L’Italia ripudia la Costituzione”.
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Clima, impossibile puntare alla crescita infinita in un mondo finito. Ma non per il negazionismo neoliberista (...) Il negazionismo climatico non è un fenomeno nato dal nulla: sarebbe stato largamente finanziato e diffuso da industrie petrolifere come Exxon Mobil, think tank neoliberiste come American Enterprise Institute, oltre che da potenti figure politiche ed economiche come i Koch Brothers e giornali come Wall Street Journal. Per ulteriori approfondimenti, i contributi Merchants of Doubt: How a Handful of Scientists Obscured the Truth on Issues from Tobacco Smoke to Global Warming di Naomi Oreskes e Climate Cover Up: the Crusades to Deny Climate Change di James Hoggan. Alla radice dell’incremento incontrollato di gas serra a livello globale esiste un modello di sviluppo che mira alla crescita economica infinita, spinge alla globalizzazione e a un mercato globale che deve essere lasciato “libero” perché si autoregola e non necessita quindi di interventi di governi nazionali e transnazionali. Come un gregge di pensatori indipendenti, ci hanno abituati a credere che non ci sono alternative a questo modello di sviluppo che calpesta l’ambiente sull’altare dell’economia e dei mercati globalizzati che si autoregolano. I critici, visionari di un modello di sviluppo alternativo, sono tacciati di scarso realismo. Ma sono proprio i sostenitori acritici di questo approccio al progresso a non essere realisti: la crescita infinita e incontrollata in un pianeta finito è impossibile. La vera utopia, lo scollamento totale dalla realtà, è illudersi che l’economia e il mercato non possano essere regolati da vigorosi interventi governativi a livello nazionale e transnazionale per frenare la catastrofe climatica. In altre parole, un’alternativa a questo modello di sviluppo non è più solo desiderabile, ma anche necessaria per evitare il collasso ecologico. Ammesso che questo sia davvero “il migliore dei mondi possibili,” perché secondo gli evangelisti del neoliberismo globale le alternative sarebbero perfino peggiori e irrealizzabili, rimarrebbe in ogni caso un mondo impossibile. E’ inutile girarci attorno, si tratta di una vera e propria rivoluzione, una trasformazione radicale della nostra società, non di una timida “transizione ecologica”. E “se non faremo l’impossibile” come spiega Murray Bookchin “ci aspetterà l’impensabile.” Roberto De Vogli
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Prima di applaudire però dovremo capire meglio quanto i dati di giugno siano influenzati dalle nuove metriche Eurostat, che sono influenzate dalla riduzione delle casse integrazioni a zero ore. Per sintetizzare si può dire che c’era la sensazione che il secondo trimestre avesse rimesso in moto i servizi (l’industria in fondo non si è mai fermata) ma le proporzioni dell’incremento hanno spiazzato gli analisti.
Veramente non c’è una mazza da festeggiare. Non solo perché nel 2020 il PIL è crollato del 9% circa e se anche quest’anno salisse del 5% o 6%, cosa difficile, saremmo sempre sotto ma anche perché:
La crescita per ora sembra influenzata significativamente dai generosi ecobonus governativi (in un semestre hanno generato 24 mila interventi di ristrutturazione per un valore di 3,5 miliardi) che rafforzano di nuovo la componente immobiliare del funzionamento della nostra economia reale
In pratica si va perché alla BCE hanno acceso la stampante. Soprattutto:
Nel secondo semestre dovrebbe cominciare poi a dispiegarsi “la potenza di fuoco” degli investimenti pubblici legati al Pnrr. Ma anche in questo caso un paio di domande si impongono: che interazione si stabilirà tra di essi e un modello industriale centrato sulla forte specializzazione produttiva e l’export? E quegli investimenti pubblici riusciranno, con la burocrazia che abbiamo, a scaricarsi a terra in tempi ragionevoli?
E la domanda più importante: ma davvero stiamo qui ad aspettare la “Bodenza di Fuogo” (cit.)? E poi questa in cosa cavolo consiste? Quando si cita il “chi non conosce la storia è destinato a ripeterla” di solito si va a pensare ai nazisti, ma sul serio qualcuno è convinto che si possa annientare la classe media e poi tornare a crescere sistemando tutti in qualche carrozzone statale?
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Giulio Andreotti «Alla visita medica militare, il medico responsabile mi diede sei mesi di vita; quando diventai ministro della difesa lo chiamai per dirgli che ero ancora vivo, ma era morto lui!» Andreotti è stato il politico con il maggior numero di incarichi governativi nella storia della repubblica. Fu infatti: sette volte presidente del Consiglio e per 32 volte Ministro della Repubblica considerando anche gli incarichi ad interim: otto volte Ministro della difesa; cinque volte Ministro degli affari esteri; tre volte Ministro delle partecipazioni statali (tutte ad interim); tre volte Ministro del bilancio e della programmazione economica (una volta ad interim), tre volte ministro dell'industria, del commercio e dell' artigianato, due volte Ministro delle finanze, due volte Ministro dell'interno (il più giovane della storia repubblicana) a soli trentacinque anni, mentre la seconda volta lo fu ad interim nel suo 4º governo, due volte Ministro per i beni culturali e ambientali (ad interim), due volte Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno (Governo Moro IV e Governo Moro V), una volta Ministro del tesoro, una volta Ministro delle politiche comunitarie (ad interim). Nella storia della Repubblica Italiana Andreotti è il secondo Presidente del Consiglio per numero di giorni in carica, superato solo da Silvio Berlusconi. A cavallo tra XX e XXI secolo fu imputato in un processo per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Fu assolto in primo grado dal Tribunale di Palermo. La Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 2 maggio 2003, lo assolse per i fatti successivi al 1980 e dichiarò il "non luogo a procedere" per quelli anteriori a tale data per intervenuta prescrizione. L'organo giudicante ravvisò che Andreotti dimostrava "un'autentica, stabile, ed amichevole disponibilità verso i mafiosi" sino al 1980, mentre, da quell'anno in poi, portò avanti un "incisivo impegno antimafia condotto nella sede sua propria dell'attività politica". Muore il 6 maggio 2013 nella sua casa di Roma. C'ero anch'io ... https://casatepa.it 🇮🇹 Made in Italy dal 1952 #tepasport #calcio #saldi #sneakers #casatepa #sconti #madeinitaly
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Aumento del debito per la volatilità del mercato globale
Recessione e crisi: non illudetevi, ora arriverà il brutto. Finora abbiamo assistito ad una dicotomia fra vita reale dei cittadini schiacciati dall’inflazione e dalla caduta della propria capacità di acquisto, e dall’altro il mondo delle statistiche ufficiali e della finanza, che ancora sembra aver risentito poco della situazione attuale, al punto da far pensare a una crisi “Virtuale”. In realtà siamo probabilmente nella fase di preparazione alla grande crisi. Le remunerazioni reali in tutto il mondo sono in calo. Perfino negli USA, il paese che ancora sembra vivere un momento di gloria, le paghe reali sono in riduzione, come si può notare da questa tabella del BLS:
Nell’arco della settimana appena trascorsa, il CEO di Goldman Sachs David Solomon ha messo in guardia da “tempi difficili” e da un ambiente economico più duro, mentre il CEO di JPMorgan Jamie Dimon ha previsto una “recessione da lieve a dura”. Affermazioni banali per chi legge, ma che sui mercati sono state colte con una certa sorpresa. La recessione sarà diversa da paese a paese: ad esempio la Cina, che è parte di uno dei paesi con l’inflazione più bassa, verrà colpita in modo diverso rispetto a paesi, come quelli Occidentali, con un’inflazione più alta. La caduta dei mercati finanziari avrà degli effetti diversi caso per caso, ma indubbiamente si trasmetterà globalmente. La crisi è imminente, ma intanto tutti gli investitori, gli analisti di mercato e persino i politici ufficiali stiano nascondendo la testa sotto la sabbia o non sono stati abbastanza a lungo in giro per rendersi conto che tutte le azioni, buone o cattive, hanno delle conseguenze e che queste conseguenze richiedono un po’ di tempo per manifestarsi.
La capacità di vedere oltre le azioni e di valutarne l’impatto sembra essere venuta meno. Questo potrebbe essere un prodotto dell’era digitale e dell’estrema dipendenza dai dati. O come chiedeva il poeta T.S. Eliot: “Dov’è la saggezza che abbiamo perso nella conoscenza? Dov’è la conoscenza che abbiamo perso nell’informazione?”. Oggi in teoria tutti hanno le informazioni, ma a che servono, se non sanno più coglierne le conseguenze? Da tempo era chiaro che l’economia globale era destinata ad avere problemi, sicuramente fin dalla crisi finanziaria globale del 2008 (senza nemmeno considerare gli eccessi del sistema finanziario che hanno portato a quel disastro). Il grande esperimento dell’allentamento monetario è iniziato proprio allora. Sono arrivati il quantitative easing e il qualitative easing, insieme a tassi di interesse storicamente bassi. Questi interventi sono stati concepiti per salvare il sistema finanziario e per scongiurare la recessione. Non hanno innescato l’inflazione perché il denaro è stato pompato nel sistema bancario piuttosto che direttamente nell’economia reale. Il denaro a buon mercato ha tuttavia innescato un’ondata di indebitamento da parte di aziende, famiglie e governi, ponendo le basi per i problemi quando i tassi di interesse hanno iniziato a salire, come inevitabilmente sarebbe accaduto. Quel momento è arrivato quando i governi hanno iniziato a convertire lo stimolo monetario in stimolo fiscale. L’impatto della Covid-19 sull’attività economica e sulle catene di approvvigionamento è stato affrontato con massicci trasferimenti diretti di denaro pubblico alle famiglie. In altre parole, la “liquidità” del sistema bancario è stata convertita in denaro spendibile e, una volta che il Covid-19 si è attenuato, i consumi alimentati da questi trasferimenti governativi sono decollati. La domanda si è impennata, ma l’offerta di beni, colpita da interruzioni della catena di approvvigionamento dovute a motivi commerciali e politici e al Covid, non è riuscita a tenere il passo. Con la guerra in Ucraina in corso, i prezzi dell’energia si sono uniti a quelli di altri beni in una spirale ascendente. L’inflazione era davvero “arrivata”, “presente” e non “transitoria”. Le banche centrali hanno reagito in preda al panico aumentando i tassi di interesse in modo aggressivo, per compensare la loro passata insensibilità ai rischi di inflazione, senza valutare le cause dell’inflazione stessa, con una risposta pavloviana. Questo avrebbe dovuto scuotere i mercati – soprattutto quello azionario – ma non è stato così, o meglio non è ANCORA stato così. Eppure i segni della crisi imminente ci sono tutti, anche perché ORA scoppierà l’enorme problema del debito globale.
Lo stock di debito ammonta oggi a circa 290.000 miliardi di dollari e la parte prevalente è quella del debito privato, di famiglie e aziende. Questo debito è molto più pericoloso perché gli aumenti dei tassi di interesse delle banche centrali si ribaltano immediatamente su questo tipo di debito, senza la “Mediazione moderatrice” che comunque le banche centrali ancora esercitano sul debito pubblico, salvo eccezioni europee. Il debito provato no, taglia i redditi dei mutuatari, porta in crisi le aziende e l’impatto dell’aumento dei tassi sarà quindi devastante. E questo non solo nei paesi in sviluppo, come sembra ricordare il FMI, ma anche nei paesi a noi più vicini. L’inflazione calerà, anzi sta già calando, ma questo sarò un segno negativo, accompagnato dalla caduta dei redditi personali dei consumi, del lavoro e dei valori finanziari. Paesi diversi risentiranno diversamente del fenomeno, ma il risultato sarà sempre quello, anche se di dispiace dirlo nel periodo natalizio: crisi, disoccupazione e povertà. Read the full article
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L'inflazione alimentare in Italia: Famiglie in difficoltà e prospettive di intervento di Pier Carlo Lava. Alessandria today
Un’analisi sul continuo aumento dei prezzi alimentari, che sta mettendo a dura prova il potere d’acquisto delle famiglie italiane, e sulle possibili soluzioni per arginare questa crisi.
Un’analisi sul continuo aumento dei prezzi alimentari, che sta mettendo a dura prova il potere d’acquisto delle famiglie italiane, e sulle possibili soluzioni per arginare questa crisi. Un fenomeno in crescita Negli ultimi mesi, l’inflazione alimentare ha raggiunto livelli preoccupanti in Italia. Secondo i dati dell’Istat, i prezzi dei beni alimentari sono aumentati mediamente del 10,5%…
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Parità di genere, un’opportunità per creare valore nell'impresa
Coltivare la diversità all’interno delle imprese crea valore. Open-es mostra come tradurre ciò in realtà attraverso il confronto diretto tra le aziende della sua community ed esperti di ESG
(Rinnovabili.it) - Parità di genere e inclusione delle diversità possono rendere le imprese più competitive. Un’azienda più equa ed inclusiva può contare, infatti, su un patrimonio diversificato e sfaccettato, in grado di determinare non solo un arricchimento interno ma anche un vantaggio economico sul lungo periodo migliorando la reputazione. Tradotto in termini di strategie ESG (Environmental, Social and Governance) ciò può significare un riposizionamento aziendale e una maggiore appetibilità nei confronti degli investitori. Questi i temi al centro dell’ultimo degli incontri “Competenze ESG: la community incontra gli esperti”, appuntamenti mensili organizzati della piattaforma digitale Open-es.
Nata a marzo 2021 dalla partnership tra Eni, Boston Consulting Group e Google Cloud, Open-es ha creato per le aziende uno spazio dove crescere e migliorare le rispettive performance economiche seguendo i principi ESG, con l’obiettivo ultimo di dar vita ad un ecosistema virtuoso basato sulla collaborazione, la valorizzazione e la condivisione delle esperienze. Come? Mettendo a disposizione servizi finanziari e una serie strumenti per misurare l’impatto ambientale, supportando l’implementazione di strategie che coniughino sostenibilità e business, organizzando incontri gratuiti con esperti ESG.
L’evento di giugno si è focalizzato su una tematica chiave per il mondo del lavoro: il miglioramento della competitività e dell’innovazione aziendale attraverso la valorizzazione sociale e la parità di genere.
“Le politiche aziendali che riguardano le persone e la governance giocano un ruolo fondamentale per il posizionamento della sostenibilità di un’impresa – ha spiegato Letizia Macrì, Vice Presidente di ESG European Institute – e sono oggi sempre più centrali nelle valutazioni effettuate da investitori e grandi clienti nei propri processi di procurement”. D’altra parte diversi studi hanno provato l’esistenza di un solido legame tra la diversità, definita come una percentuale maggiore di donne e una composizione etnica e culturale mista nella leadership delle grandi aziende, e la sovraperformance finanziaria delle stesse. Poter valutare e misurare questi aspetti diviene, pertanto, fondamentale. Ecco perché Open-es Competenze ESG ha permesso di approfondire l’argomento, descrivendo i modelli di valutazione e certificazione presenti sul mercato. A partire dalla recente UNI/PdR 125:2022, la prassi di riferimento che definisce le linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere.
L’incontro ha anche evidenziato i vantaggi offerti dai recenti interventi governativi in materia, in particolare il nuovo Sistema nazionale di certificazione della parità di genere che incentiva le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre l’attuale gap. “Gli interventi sono stati pensati per fornire una linea guida ed uno strumento utile per tutte le imprese, dai grandi gruppi aziendali alle piccole e medie imprese” ha sottolineato l’avvocato l’Avvocato Ciro Cafiero, Giuslavorista ed Esperto di diritto del lavoro della Presidenza del Consiglio presso il Ministero delle Pari Opportunità, spiegando che “le imprese che intraprendono il percorso di certificazione possono usufruire di diversi vantaggi, tra cui benefici contributivi e punteggi premiali non solo ai fini dell’aggiudicazione degli appalti pubblici in forza delle modifiche al Codice degli Appalti, ma anche dell’ottenimento di aiuti di Stato e cofinanziamenti da parte delle Autorità europee”.
“All’interno della piattaforma – spiega Stefano Fasani, Program Manager di Open-es – le imprese possono trovare tutto il necessario per intraprendere questo percorso di consapevolezza, miglioramento e certificazione, grazie all’area di collaborazione e all’hub di sviluppo, un nuovo e fondamentale spazio, dove sono disponibili numerosi servizi e prodotti offerti da provider o realtà innovative in ambito ESG, tra cui proprio il percorso di valutazione e certificazione sulla parità di genere e sulla diversità e inclusione nelle politiche aziendali”.
Link: https://www.rinnovabili.it/green-economy/green-market/imprese-competenze-esg-parita-di-genere-inclusione/
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Quelli di openpolis hanno tradotto l’opuscolo/pamphlet “Towards a fairer gig economy” di Meatspace Press.
Lettura interessante anche se (tanto per cambiare) un poco deprimente, perché a fronte di una descrizione puntuale di sfruttamenti ben assestati le possibili prospettive per l’uscita sono (banalizzo) ascrivibili principalmente a sindacalizzazione, cooperazione e interventi regolatori governativi, tutte strade non nuove ma al momento un poco in salita.
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In principio fu la Legge della cd. “Sicurezza Urbana” (l. n°48 del 2017) e la relativa circolare attuativa del 18 luglio 2017, siglate dall’allora Ministro dell’Interno Marco Minniti.
Tante parole si sono spese all’alba della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale: finalmente avremmo avuto la ‘sicurezza integrata’ mescolata alla ‘sicurezza urbana’, in parole meno criptiche potremmo osare sintetizzarlo in «pugno duro e più vigilanza». Lo scopo? Approdare in città, centri e strade che fossero gradevoli all’apparenza; poco importava se in realtà si trattasse di una calma apparente. Diveniva necessario celare la polvere sotto il tappeto.
Un vero e proprio provvedimento volto a colpire le fasce più deboli, le situazioni marginali, la penuria di risorse economiche; una sorta di velo di Maya ipocrita e arretrato, tutt’altro che compatibile coi principi di solidarietà e di uguaglianza sostanziale che anche la nostra Costituzione formale sancisce.
Il citato decreto legge, targato governo Gentiloni, disponeva già di misure «contro le occupazioni arbitrarie di immobili», attribuendo al Prefetto il compito di impartire, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, disposizioni per prevenire, in relazione al numero degli immobili da sgomberare, il pericolo di possibili turbative per l'ordine e la sicurezza pubblica e per assicurare il concorso della Forza pubblica all'esecuzione di provvedimenti dell'autorità giudiziaria concernenti i medesimi immobili.
Un anno dopo aver dato il La, non c’era che aspettarsi la diretta e sincera prosecuzione giallo-verde di un lavoro già avviato, che, in comparazione a quanto scaturito dalla mente del nuovo ministro Salvini, sembrerebbe addirittura pacifico, essendo precipuamente orientato alla prevenzione di nuove occupazioni.
La Circolare del Ministro dell’Interno del 1° settembre 2018, rubricata “Occupazione arbitraria di immobili. Indirizzi.”, fin dall’incipitapproda al nocciolo della questione: «l’occupazione abusiva costituisce una delle principali problematiche che affliggono i grandi centri urbani del Paese, conseguenze a volte della difficoltà di porre in essere politiche territoriali, urbanistiche e sociali, finalizzate alla riqualificazione delle aree periferiche e alla riduzione dei fattori di marginalità sociale».
È lapalissiano ai critici che fin dalla premessa emergerebbe una contraddizione in termini: stigmatizzare la conseguenza (l’occupazione abusiva di immobili), senza porre in essere reali misure per sconfiggere, a monte, le cause, quali disoccupazione, precarizzazione del lavoro e della vita, assenza di welfare, marginalità sociale, assenza di edilizia popolare, per dirne alcune.
La nuova Circolare vuole prevedere, accanto alle iniziative specificatamente orientate alla prevenzione, ulteriori precisazioni ai fini dell’esecuzione degli sgomberi. Una necessità che, ad avviso del Viminale, si è manifestata per via di «un orientamento giurisprudenziale volto a condannare il Ministero dell'Interno a risarcimenti molto gravosi, sulla base di una asserita inerzia che avrebbe determinato una illegittima compromissione dei diritti fondamentali di proprietà e dell'iniziativa economica». Nient’altro che un riferimento a quanto stabilito dal Tribunale di Roma nella sentenza n. 13719/2018, che ha condannato lo Stato e il Ministro dell'Interno a risarcire i danni a una società proprietaria di un immobile che, a causa della perdurante occupazione abusiva degli edifici acquistati, non ebbe la possibilità di iniziare i lavori. Secondo il giudice capitolino, infatti, spetta agli organi di pubblica sicurezza usare la forza quando il privato da solo, nonostante abbia intrapreso le vie legali messe a disposizione dell'ordinamento, non riesca a rientrare nel possesso dell'immobile.
Il primo passo, sancito dalla Circolare, consterebbe nel censimento degli occupanti, che deve essere condotto, anche in forma speditiva, sotto la regia dei Servizi sociali dei Comuni e, laddove occorra, con l'ausilio dei soggetti del privato sociale, nelle forme ritenute più adeguate in relazione alle singole fattispecie. Il censimento si assocerà ad una serie di accertamenti che saranno volti a controllare le situazioni reddituali e familiari degli occupanti affinché, nel caso in cui quest’ultimi non versino in situazione di difficoltà, siano spinti a trovare sistemazione alternativa. Qualora gli accertamenti rilevassero che i soggetti interessati dall'esecuzione dello sgombero siano privi della possibilità di soddisfare - autonomamente o attraverso il sostegno dei loro parenti - le prioritarie esigenze conseguenti alla loro condizione, i Servizi sociali dei Comuni dovranno attivare gli specifici interventi. Si tratta di interventi che, nella misura in cui siano ritenuti sufficienti e adeguati dai competenti uffici comunali, sulla base di una ponderata valutazione, avuto riguardo anche alle possibilità in concreto dell'Ente, non potranno essere considerati negoziabili. Della serie: zitto e vai.
Nella fase successiva allo sgombero, si sottolinea ancora nella Circolare, «sarà cura degli enti preposti compiere valutazioni più approfondite e individuare le soluzioni che possano permettere via via di sostenere i percorsi d'inclusione sociale delle persone in situazioni di fragilità, anche all'interno di complessive strategie di intervento condivise con le Regioni». Un vero e proprio scarico di responsabilità presso gli enti locali, che non solo sono sprovvisti di strumenti adeguati per farsi carico di quanto detto, ma che già versano in profonda crisi economica successiva all’incudine scaricata sui conti dal Fiscal Compact.
Si denota una vera prevaricazione del diritto di proprietà sui diritti della persona, legati indissolubilmente al diritto all’abitare; una folle distorsione regressiva del diritto vivente che, normalmente, è volto il più possibile alla tutela della famiglia e all’assicurazione di una vita dignitosa per tutti.
Se il decreto legge Minniti - Orlando, nella sua opzione preventiva, proponeva, quale cuscinetto temporaneo di accoglienza degli sfrattati, gli immobili pubblici, la Circolare Salvini manca di un quadro prospettico di insieme: né la stessa, né altri interventi governativi hanno posto in essere, né tantomeno iniziato a parlare di politiche abitative, di un piano organico di edilizia popolare, di incentivi per coloro che vivono in affitto, di agevolazioni fiscali per i proprietari con case occupate. La Circolare sembrerebbe un placebo securitario e ripristinatorio di un ordine fittizio e indecente, fautore di un esodo di migliaia di persone senza una casa.
Il Ministro dell’Interno Salvini ha l’intento di tinteggiare le occupazioni abusive quale un unicum composto da situazioni di approfittamento da parte di taluni ‘furbi’ nei confronti di inermi proprietari, scimmiottando e demansionando la problematica tanto vasta e rilevante dell’emergenza abitativa. Attualmente infatti sono 1,7 milioni le famiglie a rischio di povertà abitativa, e sono in aumento le richieste di alloggi a canone ridotto, ma le liste di attesa municipali contano circa 650 mila persone. Si contano 750.000 nuclei familiari che vivono in un alloggio pubblico, ossia un terzo dei potenziali bisognosi.
Tutt’altro che una furberia
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A pesare maggiormente sui bilanci delle famiglie è stata la bolletta del gas
A pesare maggiormente sui bilanci delle famiglie è stata la bolletta del gas
Se il prezzo dell’energia rimarrà sui livelli attuali, a parità di consumi e in assenza di ulteriori interventi governativi, a fine anno gli italiani si troveranno a pagare una bolletta complessiva che potrebbe sfiorare i 3000 euro, l’80% in più rispetto al 2021, con un aggravio di oltre 1300 euro a famiglia. Una stangata che arriverebbe dopo il salasso che già ha colpito gli italiani nel 2021…
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Aumento del debito per la volatilità del mercato globale
Recessione e crisi: non illudetevi, ora arriverà il brutto. Finora abbiamo assistito ad una dicotomia fra vita reale dei cittadini schiacciati dall’inflazione e dalla caduta della propria capacità di acquisto, e dall’altro il mondo delle statistiche ufficiali e della finanza, che ancora sembra aver risentito poco della situazione attuale, al punto da far pensare a una crisi “Virtuale”. In realtà siamo probabilmente nella fase di preparazione alla grande crisi. Le remunerazioni reali in tutto il mondo sono in calo. Perfino negli USA, il paese che ancora sembra vivere un momento di gloria, le paghe reali sono in riduzione, come si può notare da questa tabella del BLS:
Nell’arco della settimana appena trascorsa, il CEO di Goldman Sachs David Solomon ha messo in guardia da “tempi difficili” e da un ambiente economico più duro, mentre il CEO di JPMorgan Jamie Dimon ha previsto una “recessione da lieve a dura”. Affermazioni banali per chi legge, ma che sui mercati sono state colte con una certa sorpresa. La recessione sarà diversa da paese a paese: ad esempio la Cina, che è parte di uno dei paesi con l’inflazione più bassa, verrà colpita in modo diverso rispetto a paesi, come quelli Occidentali, con un’inflazione più alta. La caduta dei mercati finanziari avrà degli effetti diversi caso per caso, ma indubbiamente si trasmetterà globalmente. La crisi è imminente, ma intanto tutti gli investitori, gli analisti di mercato e persino i politici ufficiali stiano nascondendo la testa sotto la sabbia o non sono stati abbastanza a lungo in giro per rendersi conto che tutte le azioni, buone o cattive, hanno delle conseguenze e che queste conseguenze richiedono un po’ di tempo per manifestarsi.
La capacità di vedere oltre le azioni e di valutarne l’impatto sembra essere venuta meno. Questo potrebbe essere un prodotto dell’era digitale e dell’estrema dipendenza dai dati. O come chiedeva il poeta T.S. Eliot: “Dov’è la saggezza che abbiamo perso nella conoscenza? Dov’è la conoscenza che abbiamo perso nell’informazione?”. Oggi in teoria tutti hanno le informazioni, ma a che servono, se non sanno più coglierne le conseguenze? Da tempo era chiaro che l’economia globale era destinata ad avere problemi, sicuramente fin dalla crisi finanziaria globale del 2008 (senza nemmeno considerare gli eccessi del sistema finanziario che hanno portato a quel disastro). Il grande esperimento dell’allentamento monetario è iniziato proprio allora. Sono arrivati il quantitative easing e il qualitative easing, insieme a tassi di interesse storicamente bassi. Questi interventi sono stati concepiti per salvare il sistema finanziario e per scongiurare la recessione. Non hanno innescato l’inflazione perché il denaro è stato pompato nel sistema bancario piuttosto che direttamente nell’economia reale. Il denaro a buon mercato ha tuttavia innescato un’ondata di indebitamento da parte di aziende, famiglie e governi, ponendo le basi per i problemi quando i tassi di interesse hanno iniziato a salire, come inevitabilmente sarebbe accaduto. Quel momento è arrivato quando i governi hanno iniziato a convertire lo stimolo monetario in stimolo fiscale. L’impatto della Covid-19 sull’attività economica e sulle catene di approvvigionamento è stato affrontato con massicci trasferimenti diretti di denaro pubblico alle famiglie. In altre parole, la “liquidità” del sistema bancario è stata convertita in denaro spendibile e, una volta che il Covid-19 si è attenuato, i consumi alimentati da questi trasferimenti governativi sono decollati. La domanda si è impennata, ma l’offerta di beni, colpita da interruzioni della catena di approvvigionamento dovute a motivi commerciali e politici e al Covid, non è riuscita a tenere il passo. Con la guerra in Ucraina in corso, i prezzi dell’energia si sono uniti a quelli di altri beni in una spirale ascendente. L’inflazione era davvero “arrivata”, “presente” e non “transitoria”. Le banche centrali hanno reagito in preda al panico aumentando i tassi di interesse in modo aggressivo, per compensare la loro passata insensibilità ai rischi di inflazione, senza valutare le cause dell’inflazione stessa, con una risposta pavloviana. Questo avrebbe dovuto scuotere i mercati – soprattutto quello azionario – ma non è stato così, o meglio non è ANCORA stato così. Eppure i segni della crisi imminente ci sono tutti, anche perché ORA scoppierà l’enorme problema del debito globale.
Lo stock di debito ammonta oggi a circa 290.000 miliardi di dollari e la parte prevalente è quella del debito privato, di famiglie e aziende. Questo debito è molto più pericoloso perché gli aumenti dei tassi di interesse delle banche centrali si ribaltano immediatamente su questo tipo di debito, senza la “Mediazione moderatrice” che comunque le banche centrali ancora esercitano sul debito pubblico, salvo eccezioni europee. Il debito provato no, taglia i redditi dei mutuatari, porta in crisi le aziende e l’impatto dell’aumento dei tassi sarà quindi devastante. E questo non solo nei paesi in sviluppo, come sembra ricordare il FMI, ma anche nei paesi a noi più vicini. L’inflazione calerà, anzi sta già calando, ma questo sarò un segno negativo, accompagnato dalla caduta dei redditi personali dei consumi, del lavoro e dei valori finanziari. Paesi diversi risentiranno diversamente del fenomeno, ma il risultato sarà sempre quello, anche se di dispiace dirlo nel periodo natalizio: crisi, disoccupazione e povertà. Read the full article
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