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#indiani d'America
palmiz · 2 years
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Genocidi: il massacro dell'acqua azzurra
27 gennaio 2014 si celebra l'ormai noto "giorno della memoria" ricordando lo sterminio nazista degli ebrei.
Perché non se ne parla mai degli altri genocidi? Quello dei Pellerossa è stato il più infame di tutti per me.
Ma noi vogliamo ricordare questo altro genocidio volutamente dimenticato, infatti nessun telegiornale di regime ne parla, ne tanto meno si sente parlarne nei nostri libri di storia usati a scuola o sarebbe il caso di chiamarla "sQuola"..
Perché il massacro dei nativi americani non viene ricordato?
Forse perché non fa notizia? Non frutta soldi? Non sono stati scritti diari delle memorie in merito? O forse perchè gli stessi che domani verseranno lacrime per le vittime dei campi di sterminio nazisti, solo gli stessi che qualche generazione fa portarono morte, abusi e violenza, laddove regnava un popolo LIBERO? Un popolo senza prigioni ne delinquenti, un popolo in armonia con la Natura..
Vi riporto una testimonianza scioccante:
"Il massacro dell'Acqua Azzurra"
"Vedevo gli indiani che cercavano di fuggire in tutte le direzioni, trascinandosi bambini, donne sanguinanti, uomini già chiaramente morti, ma che le loro squaw non volevano abbandonare...
La Cavalleria sopravveniva alle loro spalle e li spingeva verso i soldati appiedati che tiravano su di loro con calma, caricando e ricaricando a turno i moschetti... Quelli che riuscivano a fuggire, venivano inseguiti e finiti dai dragoni a cavallo...
I guerrieri cantavano il canto di guerra e si lanciavano contro i soldati, cadendo dopo pochi passi tra pallottole che ronzavano dappertutto come vespe furiose... Cinque figure accovacciate sotto un cespuglio saltarono fuori, aprendosi le vesti sul seno per fare vedere ai soldati che erano donne, ma i soldati le inseguirono facendole a pezzi, tagliando via prima un braccio, poi una gamba e divertendosi a mozzare i loro seni con le sciabole...
Un gruppo di donne, saranno state cinquanta o sessanta, si erano rifugiate in una piccola grotta e mandarono fuori una bambina piccola con uno straccio bianco in mano per chiedere pietà... La bambina fu subito decapitata da un fendente di sciabola...
I soldati sembravano impazziti, correvano e sparavano e mutilavano...
C'era chi mutilava anche i morti, tagliando via i testicoli ai maschi e dicendo che ne avrebbero fatto una borsetta per il tabacco... Qualche ufficiale gridava basta, fermatevi in nome di Dio, siete soldati dell'esercito degli Stati Uniti, ma quegli uomini non erano più soldati, erano diventati come cani idrofobi...
(Capitano John Todd a proposito del massacro dell'Acqua Azzurra, 1855)
Sono passati ormai quasi 200 anni da quel terribile quanto inutile massacro.. L'uomo bianco è sempre lo stesso.. ignorante e criminale come allora, ora gli "indiani" sono diventati le popolazioni della Palestina, dell'Iraq, del Libano, dell'Afghanistan, della Somalia, della Siria, dell'Iran...
L'uomo bianco che conquistò l'America dei nativi con la violenza, ora uccide per il petrolio, esporta democrazia, guerre... Quell'uomo bianco ora sventola la bandiera stelle e strisce... il genocidio continua.. Eppure non ci sono giorni della memoria per tutte queste vittime innocenti.
Ora tocca a noi, figli di quell'uomo bianco tanto ignorante e violento, porre fine a questa catena.
Grazie a Scienza di Confine.
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raffaellamilandri · 30 days
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Ciao a tutte e a tutti! Ecco qui i dettagli del programma radio "Nativi Americani ieri e oggi" da me condotto su Radio Talpa con l'indice ai podcast di tutte le puntate, che sono BELLISSIME!
Come dice Maurizio Benvenuti: “Sonorità tradizionali e contemporanee, rock, country, rap, hip hop, Hawaii, Alaska, canti di guarigione, di pace e di guerra in un mix di emozioni e suoni che non conoscevamo e che hanno arricchito la nostra capacità sensoriale”.
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alessandro55 · 3 months
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Native American Indian Style
Edited by Kesaharu Imai
World Photo Press, Tokyo 2011, 208 pages, 21x28,5cm, ISBN 9784846529000
euro 50,00
email if you want to buy [email protected]
A diverse catalogue of Native American culture, including numerous artefacts from the Smithsonians National Museum of the American Indian, this book gives a detailed account through photographs, drawings and texts of the wide spectrum of peoples and customs present on the continent prior to and contemporaneous with European settlement and expansion. From historical perspectives and cultural appropriations to detailed fashion overviews and modern day photographs, the full range of Native American society and traditions is explored.
25/06/24
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designmiss · 12 years
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Totem Cups https://www.design-miss.com/totem-cups/ Rob Southcott ha realizzato Totem Cups, delle tazze per il tè in ceramica che una sopra l’altra formano un simpatico totem tribale, tipico degli Indiani d’America. Il set di 4 tazze è […]
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ragazzoarcano · 2 years
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“La velocità non giova a nulla se si corre nella direzione sbagliata.”
— Proverbio Indiani nativi d’America
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sololupojacksblog · 2 months
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Gli indiani d'America pensano che i lupi e le streghe vadano a braccetto e
che si sentano più a loro agio al buio. Significa che il nostro
lato più magico e indipendente sorge quando non siamo
esposti agli sguardi altrui.
Solo in questa situazione troviamo le migliori soluzioni
ai nostri problemi e scopriamo percorsi che prima
non vedevamo.
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mucillo · 1 year
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Triste pensare che la natura parli e
l'essere umano non ascolti.
Pensiero indiani d'america
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l-incantatrice · 10 months
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“Tieni stretto ciò che è buono,
anche se è un pugno di terra.
Tieni stretto ciò in cui credi,
anche se è un albero solitario.
Tieni stretta la vita,
anche se è più facile lasciarsi andare."
- Detto degli Indiani d'America -
BUONGIORNO ♣️
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umi-no-onnanoko · 10 months
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I colori della differenza
Tendiamo un po' tutti ad associare gli stessi colori agli stessi oggetti, agli stessi luoghi, alle stesse persone e via discorrendo.
Al cielo l'azzurro, all'erba il verde, il giallo al sole, il bianco alla neve. Il nero alla persona che proviene dall' Africa, il rosso agli indiani d'America.
La domanda da porsi tuttavia è la seguente: ma ciò che indichiamo come colore caratterizzante un oggetto, un popolo, un sentimento, è il solo colore che possiede? L'unico che lo caratterizza?
Prendiamo il cielo, il cielo è solo azzurro? Se colorassi un cielo di rosso, di nero o di rosa sarebbe sbagliato?Il cielo non si colora di rosa quando la notte lascia spazio all'alba? Non diventa grigio o nero quando si carica di nuvole temporalesche?Forse non prende un colorito porpora quando volge alla sera con il tramonto? Non è blu quando ormai è notte o biancastro perché riflette la neve nelle giornate invernali?
Il mare? Non è forse verde, blu, celeste, rosso, nero, trasparente, a seconda della temperatura delle sue acque, del micro e macro sistema che la popola, del maggiore o minore inquinamento ambientale e delle diverse stagioni?
L'erba non può bruciarsi e diventare color paglia? Non può animarsi di fiori e insetti e diventare arcobaleno o coprirsi di foglie e diventare autunnale oppure bianca perché sepolta sotto la coltre nevosa?
Il sole non può essere pallido oppure arrossire? La neve non può essere colorata dalle risate dei bambini e scurirsi per i tanti passi che l'hanno sporcata?
E l'uomo? Non siamo forse noi, gli "uomini bianchi", quelli più colorati?
Mi sovviene alla mente una bellissima poesia di Senghor, poeta senegalese che recita così:
" Caro fratello bianco
quando sono nato ero nero
quando sono cresciuto ero nero
quando sto al sole sono nero
quando sono malato sono nero
quando io morirò sarò nero.
Mentre tu uomo bianco
quando sei nato eri rosa
quando sei cresciuto eri bianco
quando vai al sole sei rosso
quando hai freddo sei blu
quando hai paura sei verde
quando sei malato sei giallo
quando morirai sarai grigio.
Allora, di noi due, chi è l'uomo di colore?"
Perciò, ogni cosa ha un solo colore oppure tutti, il mondo intero, ha milioni di sfumature? C'è solo il bianco ed il nero, il rosso ed il giallo oppure esiste il rosso corallo, il rosso porpora, il giallo canarino, il ciano e così via? È diverso chi vede il mondo con tutte le sue sfumature oppure chi solo in un unico colore?
È meglio essere un colore in una scatola di pennarelli tutti uguali oppure è meglio mischiare insieme più colori ed essere un pennarello unico al mondo?
Se coltiviamo la nostra unicità, se impariamo a vivere a colori, a conoscerne le sfumature, a proiettarle dentro di noi e proiettare all'esterno le nostre, coltivando come un dono la nostra diversità siamo prodi o siamo stolti?
Forse solo noi stessi.
-umi-no-onnanoko (@umi-no-onnanoko )
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pedrop61 · 1 year
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🇮🇱 ⚠️ "TUTTO È MOLTO PIÙ SPAVENTOSO".
KEDMI RILASCIA DICHIARAZIONI SUI LABORATORI BIOLOGICI AMERICANI
Ciò che sta accadendo nei laboratori biologici americani vicino ai confini della Russia è molto più spaventoso di quanto ha mostrato la Federazione Russa. Questa dichiarazione è stata fatta dall'esperto israeliano Yakov Kedmi.
I laboratori americani che conducono ricerche ed esperimenti biologici sono dislocati in tutto il mondo. Particolare enfasi nella scelta dei luoghi è data per la Russia e per la Cina, i cui territori gli Stati Uniti sembrano voler circondare con tali strutture. Si sa che i laboratori biologici americani si trovano in Ucraina, Kazakistan, Georgia, Uzbekistan, Azerbaigian, Indocina, Africa e Medio Oriente.
Kedmi ritiene che queste strutture siano la prova dei doppi standard americani. Ha citato l'ex capo virologo americano Anthony Fauci, che ha spiegato la nascita di bio-laboratori in tutto il mondo, che svilupparli in America sono illegali a causa della loro pericolosità per l'uomo.
"Così gli americani hanno deciso di condurre tutti questi esperimenti criminali, tutte queste ricerche, per le quali nel loro Paese sarebbero stati incriminati, in tutto il mondo. Perché a loro non importa, per loro si può trattare tutto il mondo come trattarono gli indiani d'America, si può fare quello che si vuole di loro. Questa è la loro morale. La tortura è vietata nelle carceri americani, ma la CIA può torturare persone in tutto il mondo nelle sue prigioni. Hanno un'idea distorta della giustizia. Un americano deve obbedire alle leggi sul territorio americano, ma un cittadino americano può commettere crimini al di fuori dei propri confini - e allora è immune da azioni penali. Questo vale per l'esercito, le agenzie di intelligence e i laboratori", ha detto Kedmi.
La chiusura e la mancanza di responsabilità dei laboratori biologici americani in tutto il mondo suggerisce che ciò che accade al loro interno è più pericoloso di quanto molti pensino, secondo l'esperto. La situazione è aggravata dal fatto che anche i Paesi che hanno adottato questi centri di ricerca non sono in grado di monitorare le loro attività, come ha ricordato Fauci.
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finnianson · 5 months
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La colonizzazione occidentale alla base del genocidio Palestinese
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Ovunque gli occidentali abbiano colonizzato hanno sterminato gli indigeni
Gli Indiani d'America, gli Indios, gli Aborigeni australiani..
E' soltanto l'ennesimo episodio di colonizzazione occidentale.
E sono gli stessi israeliani a dirlo..
Riporto una parte del famoso dialogo tra Goldman e Ben-Gurion molto esplicativo..
"Non comprendo il vostro ottimismo” affermò Ben-Gurion “Perché gli arabi dovrebbero volere la pace? Se fossi un leader arabo non scenderei mai a patti con Israele. E’ naturale: ci siamo presi la loro terra. Certo, Dio ce l’ha promessa, ma cosa volete che gliene importi? E’ il nostro Dio, mica il loro. Noi proveniamo da Israele, vero, ma duemila anni fa, e quindi? C’è stato anti-semitismo, i Nazisti, Hitler, Auschwitz, ma che colpa ne hanno loro? Loro comprendono soltanto una cosa: noi siamo arrivati e ci siamo presi la loro terra. Perché dovrebbero accettarlo? Forse fra una o due generazioni se ne saranno dimenticati, ma per ora non c’è possibilità. E’ così semplice: dobbiamo essere forti e mantenere un esercito potente. Questa deve essere la nostra unica politica. Altrimenti gli arabi ci stermineranno”.
“Ma come puoi dormire quando la pensi così” sono intervenuto io “ed essere allo stesso tempo il Primo Ministro di Israele?”
"Chi dice che dormo?" è stata la sua risposta.
( "Il Paradosso ebreo" , Nahum Goldman p. 99)
Molto illuminante è anche il discorso funebre del 1956 che Moshe Dayan , allora Capo di Stato, tenne al funerale di Roy Rottemberg, giovane responsabile della sicurezza di un kibbutz ucciso da una incursione armata proveniente da Gaza.
Dayan lasciò esterrefatti i suoi ascoltatori con la sua visione brutalmente sincera degli assassini di Rotenberg, della loro connessione con la terra contesa e i loro moventi.
“Ieri all’alba, Roy è stato assassinato. La quiete della mattina primaverile lo aveva accecato, e lui non ha visto coloro che nascosti dietro i fossati miravano alla sua vita. Non dedichiamoci oggi a incolpare i suoi assassini. Che cosa possiamo dire del loro odio terribile verso di noi? Da otto anni essi si trovano nei campi profughi di Gaza e hanno visto come, davanti ai loro occhi, noi abbiamo trasformato la loro terra e i loro villaggi, dove loro e i loro antenati abitavano in precedenza, facendoli diventare casa nostra”.
Ma il riconoscimento di Dayan della rabbia dei palestinesi non lo portava ancora a quel tipo di posizioni “pacifiste” che egli avrebbe adottato dopo la guerra del 1973, al crepuscolo della sua carriera.
Come osserva lo storico Benny Morris nel suo libro Israel’s Border Wars, Dayan si era domandato:
“Non è tra gli arabi di Gaza, ma proprio in mezzo a noi, che chiudiamo gli occhi e ci rifiutiamo di guardare dritto il nostro destino e vedere, in tutta la sua brutalità, il destino della nostra generazione?”.
“Dietro il fossato del confine sale una marea di odio e vendetta, di determinazione a guardare al giorno in cui la calma ottunderà la nostra coscienza, e sentiremo gli ambasciatori dell’ipocrisia maligna che ci chiederanno di abbassare le armi. A noi e noi soli fa appello il sangue di Roy che sgorga dal suo corpo straziato. Dato che abbiamo giurato mille volte che il nostro sangue non sarà versato facilmente – e tuttavia ancora ieri eravamo tentati, abbiamo ascoltato e abbiamo creduto”.
“Facciamo il punto della situazione. Siamo una generazione di insediamento e senza l’elmetto d’acciaio e il fucile puntato non saremo capaci di piantare un albero o costruire una casa. Non abbiamo paura di guardare onestamente all’odio che consuma e riempie la vita di centinaia di arabi che vivono intorno a noi. Non abbassiamo lo sguardo a meno che non si indeboliscano le armi. Questo è il destino della nostra generazione. Questa è la nostra scelta – di essere pronti e armati, bravi e duri – o altrimenti la spada cadrà dalle nostre mani e le nostre vite saranno spezzate tutt’a un tratto”.
“Il giovane Roy, che era venuto via da Tel Aviv per costruire la propria casa ai confini con Gaza perché fosse un baluardo del nostro popolo - la luce che gli illuminava il cuore l’ha accecato e lui non ha sentito la voce dell’assassino che gli tendeva l’imboscata. Le porte di Gaza si sono dimostrate troppo pesanti per le sue spalle e si sono chiuse sopra di lui”..
Da parte dei leader israeliani era dunque chiara la consapevolezza di essere dei colonizzatori.
E se era chiaro per loro, a maggior ragione dovrebbe essere chiaro per noi quando parliamo di questo conflitto.
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pettirosso1959 · 7 months
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Giornata della memoria e FALSITA' ANTISTORICHE sulla STRAGE DEGLI INDIANI D'America (cultura che, tra l'altro, mi piace molto)
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Nativi del Nordamerica ed antiamericanismo moderno
Alcune precisazioni per sfatare, anche in modo che molti troveranno antipatico, parecchi luoghi comuni sul rapporto "pellerossa e visi pallidi".
(Fabio Bozzo)
Una delle leggende storiografiche maggiormente radicate è quella secondo cui i cosiddetti indiani dei territori che oggi compongono Stati Uniti e Canada, fino all'arrivo dei bianchi, vivessero felici in un Eden a contatto con la natura.
In nome dell'antiamericanismo la storiografia di sinistra ci ha sempre presentato i pellerossa come una sorta di hippies fricchettoni, mezzi nudi in nome dell'amore libero e perennemente "in botta" di droghe naturali. A sua volta la storiografia di estrema destra (altrettanto antiamericana di quella sinistroide) nobilita i pellerossa come fieri guerrieri un po' anarcoidi e sempre mezzi nudi, ma stavolta per mostrare muscoli e cicatrici (aggiungiamo che sul "machismo nudista" di parte dell'estrema destra ci sarebbe da approfondire qualche aspetto...).
Ovviamente si tratta di due immagini false e tendenziose, che tra l'altro non rendono giustizia alle popolazioni precolombiane del Nordamerica.
Visto che i lati positivi delle genti in questione sono stati esaltati a più non posso e mostrati ad nauseam da un cinema hollywoodiano agiografico ai limiti del ridicolo, cerchiamo di valutare onestamente anche gli elementi negativi. Per molti sarà un esercizio antipatico e fuori dagli schemi, ma proprio per questo da incastrare a buon diritto nelle caselle dell'obbiettività storica.
Partiamo dal presunto ecologismo dei pellerossa, contrapposto alle devastazioni dei cattivi uomini bianchi, tema su cui sinistra ed estrema destra hanno consumato fiumi di buon inchiostro e cattive parole. Per smontare questo argomento basti ricordare che le le Grandi Pianure americane divennero tali solo dopo l'arrivo dei precolombiani, prima erano enormi foreste boreali. Perché tale trasformazione? Perché gli antenati dei pellerossa attuarono per generazioni la cosiddetta agricoltura ad incendio: bruciare un tratto di foresta per renderlo fertile grazie alle ceneri, ricavarne un raccolto e poi...passare al tratto di foresta successivo. Il risultato di secoli di tale procedimento è che la parte centrale degli attuali USA si trasformò da rigogliosa foresta ad una steppa di tipo mongolo. Tale "agricoltura", del resto, è la stessa con la quale gli aborigeni hanno desertificato due terzi dell'Australia prima dell'arrivo dei bianchi.
Passiamo alla cosiddetta nobiltà guerriera dei nativi. Decenni di bugie ci hanno inculcato che, a fronte dei bianchi crudeli e traditori, gli indiani erano leali e rispettosi del nemico. Il colmo del ridicolo s'è raggiunto con la storia che lo scalpo sia stata una pratica che i nativi copiarono dagli spagnoli. Partiamo dal presupposto che la tortura era una pratica che i pellerossa applicavano a quasi tutti i prigionieri, così come lo stupro delle donne nemiche e la loro riduzione in schiavitù. Per citare solo un paio di esempi irochesi ed uroni spesso bastonavano a morte i prigionieri, mentre gli apache amavano cospargere i loro di pece e poi bruciarli vivi. I comanches invece solevano deturpare i visi delle donne che stupravano.
Spesso si detto che tali crudeltà avvennero dopo il contatto coi bianchi, i quali trasmisero parte della loro malvagità capitalista ai pellerossa. Peccato che nel 1978, presso Crow Creek, nell'attuale South Dakota, sia stato scoperto un sito archeologico assai curioso. In breve si tratta di una fossa comune cerimoniale dove circa 500 pellerossa arikara, per lo più donne e bambini, vennero torturati, scalpati, mutilati e fatti a pezzi. Gli studi (Willey P., 1982, Osteology of the Crow Creek Massacre) datano tale scempio al 1325 circa, 150 anni prima dello sbarco di Colombo e 400 anni prima che i bianchi arrivassero in quella regione. Per chi volesse approfondire consigliamo anche Richard J. Chacon (2007) "The Taking and Displaying of Human Body Parts as Trophies by Amerindians".
Passiamo ai morti. Per decenni ci hanno raccontato che i bianchi abbiano attuato uno sterminio scientifico dei pellerossa del Nordamerica. Falso. La maggior parte degli indiani periti tra il 1492 ed il 1890 morirono a causa di malattie alle quali non erano immuni, ma che spesso uccidevano anche i bianchi. Non fu un atto deliberato, fu semplicemente una tragedia umanitaria che la scienza dell'epoca non poteva prevedere né prevenire. Ancora non è chiaro perché le patologie del Vecchio Mondo fossero più virulente di quelle del Nuovo, fatto sta che colera, vaiolo e morbillo (tra le altre) provocarono un'ecatombe. Gli amerindi dal canto loro passarono agli europei la sifilide. Se per quest'ultima malattia nessuno ha il diritto di incolpare i precolombiani il discorso deve valere anche per gli europei nel senso inverso.
Per quanto riguarda le guerre che gli indiani sostennero contro i bianchi bisogna ricordare che intere tribù vennero sterminate da altri popoli pellerossa, i quali si inserirono nelle lotte tra europei. Del resto se i bianchi francesi ed inglesi, piuttosto che inglesi e coloni americani, si combatterono tra loro risultano logiche le divisioni anche tra i pellerossa. Da ricordare che l'istituzione delle riserve indiane da parte degli Stati Uniti venne concepita per assegnare un territorio alle tribù sconfitte, con l'obbiettivo di civilizzarle nel senso occidentale del termine. Le guerre tra indiani invece, come visto, si concludevano con lo sterminio e la tortura degli sconfitti.
Concludiamo con qualche numero, freddo ed apolitico. Limitandoci solo gli USA i più recenti studi (Snow, D. R.,1995, "Microchronology and Demographic Evidence Relating to the Size of Pre-Columbian North American Indian Populations" e Bruce E. Johansen, 2006, "The Native Peoples of North America. Rutgers University Press") stimano il numero dei pellerossa "statunitensi" prima del contatto coi bianchi a circa due milioni e centomila persone. Tale numero progressivamente crollò. Secondo il censimento federale USA del 1890 i pellerossa erano 248.000. Da allora il loro numero è continuamente aumentato grazie alle cure moderne, alla maggiore istruzione ed all'inserimento dei nativi nel sistema sociale occidentale. Insomma grazie alla civiltà. Il risultato è che il censimento del 2010 ha registrato 2 milioni e 932.248 indiani purosangue, a cui vanno aggiunti altri 2 milioni e 288.331 persone di sangue parzialmente pellerossa. In breve oggi ci sono più indiani di quanti non ce ne siano mai stati. Ciò dimostra che in Nordamerica non vi stato alcun genocidio dei popoli precolombiani da parte dei bianchi, che avrebbero potuto attuarlo, ma semplicemente (e giustamente) non hanno voluto.
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raffaellamilandri · 1 year
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youtube
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bergamorisvegliata · 8 months
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L'ANGOLO DI RITA
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L'Olocausto è stata una delle forme di Paranoia e Panico Sociale-Collettivo. Prima e dopo ce ne sono state altre, alcune ancora attive nel mondo.
Sono forme di:
- COERCIZIONE
- PREVARICAZIONE ATTRAVERSO L'USO DELLA VIOLENZA E DEL RICATTO
- SEGREGAZIONE ED ESCLUSIONE delle Persone DAI GRUPPI SE NON SI DISPONE DEGLI STATUS PER FARNE PARTE
Ne ricordo SOLO qualcuna:
- la persecuzione degli Indiani d'America
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- la persecuzione del popolo Africano (attiva)
- la persecuzione delle Donne ritenute "streghe"
- la persecuzione delle Donne in generale (attiva)
- la lotta contro le classi meno abbienti
- il disprezzo per i "terroni" e gli immigranti (attiva)
- la corsa alla prostituzione minorile (attiva)
- la corsa all'arruolamento dei Bambini-soldato (attiva)
- lo sfruttamento sul lavoro di minori e adulti
- la feroce propaganda contro gli etichettati "no-vax" durante il cov-19 
La lista potrebbe continuare.
La Paranoiagenesi (termine tecnico!),
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usato per descrivere come nascono i fenomeni sociali di massa come quelli elencati sopra nei quali la folla e le masse seguono leader dittatoriali-normativi contro gruppi di persone che fungono da "capro espiatorio" di tensioni interne ed esterne le società stesse, è ben trattata da diversi autori e testi in letteratura.
Ne hanno parlato Foucalt, Kernberg, Freud, ecc.
Ciò che desidero condividere con voi è che è poco utile commemorare, se non scegliamo di CAMBIARE e TRASFORMARE la Storia, davvero.
Se teniamo gli occhi chiusi.
Se in ogni nuova occasione, compiamo gli stessi errori.
Non serve una commemorazione.
Serve Silenzio.
... Mio nonno è stato in campo di concentramento.
Alla mia famiglia è stata consegnata la medaglia al suo valore "per il servizio alla patria".
Ma NON è stata la "patria" ad averlo salvato.
Si è salvato da solo.
La "gloria" che lo stato italiano ha riconosciuto a mio nonno, NON sta nel servizio militare che ha reso.
La Gloria sta nel fatto che, NONOSTANTE le atrocità che ha visto, ha CONSERVATO L'UMANITÀ e L'AMORE.
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E lo ha TRASMESSO.
Ed è questo che io, COMMEMORO.
È questo che io, Ricordo.
Buona Riflessione.
@pedagogistarita
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tarditardi · 10 months
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09/12 Happy Birthday Dylan 30 Years fa ballare Bolgia - Bergamo
 
Sabato 9 dicembre 2023 al Bolgia di Bergamo va in scena un party imperdibile per chi ama le sonorità elettroniche più potenti: è Happy Birthday Dylan 30 Years. Si festeggiano 30 anni di vita, volti e successi di un evento leggendario. Facile, dunque, intuire che si tratta di un'altra notte memorabile, l'ennesima della stagione autunno - inverno - primavera 2023/4.
Dylan è infatti uno dei simboli dell'elettronica in Italia e non solo. Il party al Bolgia di Bergamo il 9 dicembre '23 è dedicato alle sonorità techno ed hardcore che fanno muovere a tempo il mondo. E, anche per il 30esimo compleanno, il club prediletto è il Bolgia. E qui si sceglie tra due console, entrambe con una line-up pazzesca. 
Protagonista, in Main Room, è il top dj producer Tatanka. Pioniere dell'elettronica, il suo nome d'arte, nella lingua degli indiani d'America, vuol dire bisonte. Classe '79, ligure, fa scatenare i club di mezzo mondo da oltre 25 anni e, dal '98 ad oggi, ha pubblicato decine di produzioni e remix e fatto ballare eventi di livello mondiale. "Diap", in compagnia di Roberto Molinaro, è il suo singolo più recente, manifesto di uno stile unico ed intramontabile. C'è poi in console al Bolgia anche Paolo Kighine, colonna della scena techno italiana il cui nome è legato ad Insomnia Discoacropoli d'Italia. A chiudere il cerchio in grande stile ecco Cecco Dj, Micky Vi, Juri Carrera, la voce leggendaria di Roberto Francesconi e quella di Mr Fudo. L'intro è di Pero G. 
Durante la stessa notte si balla anche nella Hardcore - Frenchcore Room con il sound scatenato dell'italiana Sakyra, classe 1998, in pista dal 2017, e già protagonista dei club dei festival più importanti d'Europa come Harmony Of Hardcore o Tomorrowland. Non può mancare Claudio Lancinhouse: in console dai primi anni '90, è un simbolo della scena techno & hardcore italiana. Al mixer anche Frenchkillerz, Monlight, Faster vs Danez, Ivan Gabber vs The Cannibal e The Game Master. Il Bolgia apre alle ore 23.30 e si balla fino alle 5 del mattino. 
L'appuntamento di sabato 9 dicembre 2023 al Bolgia di Bergamo con Happy Birthday Dylan 30 Years è solo l'ennesimo importante per il top club sull'A4. Tra gli altri, si sono esibiti qui negli ultimi mesi top dj come Chris Liebing, Len Fake, Sam Paganini, Indira Paganotto, I HATE MODELS, KLANGKUENSTLER, Nastia, Ilario Alicante, Alignment, RBX, Marika Rossail, Charlie Sparks e TRYM, Luca Agnelli, Deborah De Luca, SNTS e Regal, Tita Lau, 999999999 e Lokier o Patrick Mason + Valentinø.
09/12 Happy Birthday Dylan 30 Years @ Bolgia - Bergamo 
Bolgia - Bergamo 
via Vaccarezza 9, Osio Sopra (Bergamo) A4: Dalmine
info: 338 3624803, dalle 23.30 alle 6 del mattino
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djs-party-edm-italia · 10 months
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09/12 Happy Birthday Dylan 30 Years fa ballare Bolgia - Bergamo 
Sabato 9 dicembre 2023 al Bolgia di Bergamo va in scena un party imperdibile per chi ama le sonorità elettroniche più potenti: è Happy Birthday Dylan 30 Years. Si festeggiano 30 anni di vita, volti e successi di un evento leggendario. Facile, dunque, intuire che si tratta di un'altra notte memorabile, l'ennesima della stagione autunno - inverno - primavera 2023/4.
Dylan è infatti uno dei simboli dell'elettronica in Italia e non solo. Il party al Bolgia di Bergamo il 9 dicembre '23 è dedicato alle sonorità techno ed hardcore che fanno muovere a tempo il mondo. E, anche per il 30esimo compleanno, il club prediletto è il Bolgia. E qui si sceglie tra due console, entrambe con una line-up pazzesca. 
Protagonista, in Main Room, è il top dj producer Tatanka. Pioniere dell'elettronica, il suo nome d'arte, nella lingua degli indiani d'America, vuol dire bisonte. Classe '79, ligure, fa scatenare i club di mezzo mondo da oltre 25 anni e, dal '98 ad oggi, ha pubblicato decine di produzioni e remix e fatto ballare eventi di livello mondiale. "Diap", in compagnia di Roberto Molinaro, è il suo singolo più recente, manifesto di uno stile unico ed intramontabile. C'è poi in console al Bolgia anche Paolo Kighine, colonna della scena techno italiana il cui nome è legato ad Insomnia Discoacropoli d'Italia. A chiudere il cerchio in grande stile ecco Cecco Dj, Micky Vi, Juri Carrera, la voce leggendaria di Roberto Francesconi e quella di Mr Fudo. L'intro è di Pero G. 
Durante la stessa notte si balla anche nella Hardcore - Frenchcore Room con il sound scatenato dell'italiana Sakyra, classe 1998, in pista dal 2017, e già protagonista dei club dei festival più importanti d'Europa come Harmony Of Hardcore o Tomorrowland. Non può mancare Claudio Lancinhouse: in console dai primi anni '90, è un simbolo della scena techno & hardcore italiana. Al mixer anche Frenchkillerz, Monlight, Faster vs Danez, Ivan Gabber vs The Cannibal e The Game Master. Il Bolgia apre alle ore 23.30 e si balla fino alle 5 del mattino. 
L'appuntamento di sabato 9 dicembre 2023 al Bolgia di Bergamo con Happy Birthday Dylan 30 Years è solo l'ennesimo importante per il top club sull'A4. Tra gli altri, si sono esibiti qui negli ultimi mesi top dj come Chris Liebing, Len Fake, Sam Paganini, Indira Paganotto, I HATE MODELS, KLANGKUENSTLER, Nastia, Ilario Alicante, Alignment, RBX, Marika Rossail, Charlie Sparks e TRYM, Luca Agnelli, Deborah De Luca, SNTS e Regal, Tita Lau, 999999999 e Lokier o Patrick Mason + Valentinø.
09/12 Happy Birthday Dylan 30 Years @ Bolgia - Bergamo 
Bolgia - Bergamo 
via Vaccarezza 9, Osio Sopra (Bergamo) A4: Dalmine
info: 338 3624803, dalle 23.30 alle 6 del mattino
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