Tumgik
#indegni
themhac · 2 months
Text
i francesi never beating the antipatici rosiconi insopportabili allegations
3 notes · View notes
solidwaterworld · 3 months
Text
Cara Connie,
volevo fare l’uomo forte e non scriverti subito, ma a che servirebbe? Sarebbe soltanto una posa. Ti ho mai detto che da ragazzo ho avuta la superstizione delle “buone azioni”? Quando dovevo correre un pericolo, sostenere un esame, per esempio, stavo attento in quei giorni a non essere cattivo, a non offendere nessuno, a non alzare la voce, a non fare brutti pensieri. Tutto questo per non alienarmi il destino. Ebbene, mi succede che in questi giorni ridivento ragazzo e corro davvero un gran pericolo, sostengo un esame terribile, perché mi accorgo che non oso esser cattivo, offendere gli altri pensare pensieri vili. Il pensiero di te e un ricordo o un’idea indegni, brutti, non s’accordano.
Ti amo.
Cara Connie, di questa parola so tutto il peso – l’orrore e la meraviglia – eppure te la dico, quasi con tranquillità. L’ho usata così poco nella mia vita, e così male, che è come nuova per me. Amore, il pensiero che quando leggerai questa lettera sarai già a Roma – finito tutto il disagio e la confusione del viaggio -, che vedrai nello specchio il tuo sorriso e riprenderai le tue abitudini, e dormirai da brava, mi commuove come tu fossi mia sorella. Ma tu non sei mia sorella, sei una cosa più dolce e più terribile, e a pensarci mi tremano i polsi.
Cesare Pavese, 17 Marzo 1950
27 notes · View notes
ilblogdellestorie · 3 months
Text
Tumblr media
E senza essere pagati...indegni
14 notes · View notes
Text
Odio l’estate. Odio il mese di agosto fino al giorno di Ferragosto.
Tutti partono e ci chiedono se anche noi partiremo. Impossibile rispondere, quando siamo nel numero di quelli che non hanno voglia né di partire né di restare.
[...] io non trovavo il mondo triste, lo trovavo bellissimo, solo che a me per qualche ragione oscura era vietato di celebrarne le radiose giornate, così non potevo che cercare e amare l’autunno, l’inverno, il crepuscolo, la pioggia e la notte. Scoprirsi, in seguito, che una simile sensazione non ero io sola a provarla, che era una sensazione comune a molti, perché molti come me in qualche istante della loro esistenza si sono sentiti esclusi e mortificati dall’estate, giudicati per sempre indegni di raccogliere i frutti dell’universo. Molti come me allora hanno odiato lo splendore abbagliante del cielo sui prati e sui boschi. Molti come me ai primi segni dell’estate si sentono in angoscia come all’annuncio di una disgrazia, perché in essi risorge lo spavento del giudizio e della condanna.
Natalia Ginzburg
10 notes · View notes
scogito · 2 months
Text
La funzione del dolore - integrazione di 1 e 2
Ogni vita nasce da un trauma. Ogni uomo diventa tale nel superamento di un trauma. Ogni donna matura in seguito a un trauma. Ogni atto di crescita e di evoluzione porta con sé qualche tipo di trauma.
La mente osserva il dolore e non lo sopporta, lo nega, lo vuole distruggere, lo detesta.
L' Anima vuole invece usarlo, capirlo, progredire nell'insegnamento, passare dall'altra parte, realizzarne le qualità.
In questo processo di solito l'Anima viene sottostimata e "vince" la mente, perdendo tutto.
Questo è un Sistema di dolore e lo è per tre motivi connessi tra loro:
- l'80% degli abitanti di forma umana sono indegni di trovarsi su altri Sistemi più evoluti, a causa del loro basso livello di coscienza, per questo chi nasce qui raramente è così puro come crede di essere; - la sofferenza serve come spinta verso il Sé ed è stata qui instituita come selezione evolutiva. Non è necessaria, ma in maggioranza le persone involute non vogliono cambiare, né evolvono di mezzo centimetro senza calci nel sedere; - il dolore nutre e potenzia i controllori di questo Sistema.
Il dolore ti viene dato in automatico, facile e abbondante. La tua evoluzione viene pesata, va sudata e meritata.
La sofferenza è al contempo la catena e la chiave, ma dipende se hai compreso qual è il suo senso e quanta volontà hai per risolvere i tuoi traumi, i tuoi bisogni, o almeno vederli.
Chi ti dice che sei perfetto così, non ti fa evolvere. Chi ti dice che tutto va bene così, non fa evolvere la società. Chi ti dice tutto questo lavora per il Sistema perché è un falso spirituale, o è un maligno che lavora per i controllori in cambio di successo, o è un finto evoluto e non ha la minima idea di quello che fa e che dice.
(i commenti a questo post senza cognizione di causa verranno cancellati)
15 notes · View notes
vintagebiker43 · 1 month
Text
Trump e i suoi fanatici sostenitori che si prendono gioco del figlio neurodivergente di Tim Walz danno l'esatta misura di quanto schifosamente indegni siano i cialtroni destrorsi.
Tumblr media Tumblr media
8 notes · View notes
saayawolf · 1 month
Text
«Odio l’estate. Odio il mese di agosto fino al giorno di ferragosto.
Tutti partono e ci chiedono se anche noi partiremo. Impossibile rispondere, quando siamo nel numero di quelli che non hanno voglia né di partire né di restare.
Io non trovavo il mondo triste, lo trovavo bellissimo, solo che a me per qualche ragione oscura era vietato di celebrarne le radiose giornate, così non potevo che cercare e amare l’autunno, l’inverno, il crepuscolo, la pioggia e la notte. Scopersi, in seguito, che una simile sensazione non ero io sola a provarla, che era una sensazione comune a molti, perché molti come me in qualche istante della loro esistenza si sono sentiti esclusi e mortificati dall’estate, giudicati per sempre indegni di raccogliere i frutti dell’universo. Molti come me allora hanno odiato lo splendore abbagliante del cielo sui prati e sui boschi. Molti come me ai primi segni dell’estate si sentono in angoscia come all’annuncio di una disgrazia, perché in essi risorge lo spavento del giudizio e della condanna.»
Intervista de La Stampa in data 11 luglio 1991 dal titolo “Maledette vacanze” Natalia Ginzburg
8 notes · View notes
rideretremando · 10 months
Text
"Mi aveva colpito, al culmine dell'isteria social sul fatto del giorno, la dedica di una donna tra i miei contatti al suo compagno ovvero quanto si ritenesse fortunata ad averlo incontrato, perché lui, fra tutti i degni (cioè indegni) rappresentanti del patriarcato, si distingueva per probità e virtù. Naturalmente mi aveva fatto sorridere l'ingenuità della dichiarazione e mi aveva un po' indispettito l'arroganza, la presunzione manichea di riconoscere e sapersi accaparrare il grano, mentre il loglio toccherebbe alle altre. Queste altre, chi sarebbero. Io, per esempio. Credo di potermi dire emancipata, sono indipendente economicamente, non soffro di deficit affettivi conclamati, e vengo considerata persona dal carattere forte, a torto o a ragione. Questo anche anzi soprattutto vent'anni fa, quando ero in formazione come studiosa, cominciavo a guadagnare da poterci vivere certo senza fasti e avevo una famiglia ancora integra, genitori vivi etc. Eppure. Eppure avevo un fidanzato ossessivo, geloso, qualche volta violento. Per lo più con le cose, che usava sbalestrare sul pavimento o scaraventare contro il muro, ma qualche volta anche contro di me. Mi strattonava, per lo più. Piatti rotti, ogni tanto. Mi controllava il telefono? Sì. Mi permetteva di avere accesso al suo? No. Una volta finse di essere a Roma (abitava in un'altra città) intimandomi di tornare a casa (ero a cena con due amiche). Io gli obbedii. Non c'era nessuno ad aspettarmi al portone. Invece c'era, eccome, la volta in cui mi prese a calci. Uno solo, per la verità, ma con vistoso ematoma, formularmente. Perché lo racconto? Perché questo fidanzato non era affatto un troglodita paracadutato nella civiltà direttamente dalle caverne. Era un intellettuale, colto, raffinato, con una educazione affettiva nutrita di classici e poesia contemporanea. Ora ha un lavoro, una famiglia, figli, vedo dai social. Ma io perché sopportavo le sue scenate, ne subivo il controllo, le scariche di rabbia? Perché ero fragile, debole, vittima del patriarcato insieme a lui? La risposta è molto banale, e anche, mi rendo conto, pericolosa. Perché ero innamorata di questa persona. Non della violenza, logicamente. Non del controllo, che mi esasperava. Ma di tutti gli altri aspetti della sua vita e della nostra relazione che violenti non erano, e tutt'altro. Bianco bianco no, e nero nero nemmeno. Mi avrebbe potuto uccidere, in un accesso di ira? Non lo so, chi può dirlo. Posso dire perché me ne sono andata. Non per istinto di sopravvivenza, ma perchè le cose alle volte si aggiustano da sole, alle volte serve una spinta (una persona a me vicina con diplomazia churcilliana parlò con entrambi e ci convinse ad allontanarci perche insieme eravamo "un sistema instabile"). Lui trovò subito un'altra (che vidi, spero per puro accidente, con una stampella, in un'occasione pubblica). Con questo non voglio sostenere e rappresentare nessuna posizione e nessuna idea definita meno che mai assiomatizzare. Solo riflettere sul fatto che nessuno può dire se non in falsa coscienza ''io no''. Perché io sì, invece, e quasi tutti, nella vita affettiva, abbiamo avuto a che fare con la violenza (controllata, certo, ma forse è anche peggio perché se si ha questo potere, di tenerla sotto la soglia di rischio, si avrebbe anche quello di non lasciarle alcun margine, penso) e non necessariamente in un contesto estremo, retrogrado o patriarcale. La passione è violenta, le relazioni hanno sempre qualcosa di terrificante e patologico (citofonare Groddeck). Io, mio, tuo: moratoria anche su aggettivi e pronomi possessivi? Tutto da rifare, nel discorso soprattutto. La scompostezza, l'egolalia, l'accoramento emotivo e compulsivo. E togliersi i sassetti dalla scarpa, con la trave nell'occhio."
Gilda Policastro
Sempre bravissima.
25 notes · View notes
smokingago · 1 year
Text
Quanti amori ci sono in una vita?
Quante persone possiamo definire «nostre»?
Esistono diversi tipi d’amore nel mondo, e non tutti, ma quasi, sono meravigliosi. Alcuni fanno parte del passato, altri sono ammirevoli, altri ancora audaci. Ci sono quelli indegni e quelli deboli, che rendono tali anche noi. Alcuni sono solo un sussurro in una notte buia, altri ci fanno impazzire.
Poi ci sono quelli che non possiamo ignorare, che bruciano lentamente senza mai spegnersi del tutto, ma dei quali, per spavento, non osiamo ravvivare la fiamma. Alcuni facciamo finta di non percepirli, persino quando li sentiamo tangibili dentro di noi e potremmo abbandonarci al sentimento, persino se l’altro è il nostro primo pensiero del mattino e la luce che illumina l’oscurità in cui è avvolto il nostro cuore – perché quell’amore è intensamente doloroso, ci appesantisce come un sasso in tasca e riempie di malinconia i nostri occhi, e se il tempo ci ha insegnato qualcosa è che tutto questo non importa.
Nonostante tutto ameremo per sempre quell’altra persona.
Jessa Hastings, Magnolia Parks
54 notes · View notes
cinnamoonrolling · 8 months
Text
a me la canzone di Geolier piace, è nella mia top5, e l'ho messo pure in tutte le mie squadre al fantasanremo (e di un paio è pure capitano), però il primo posto ieri non se lo meritava.
è stata una serata molto bella, con esibizioni pazzesche e ne potrei citare almeno 10 migliori della sua. la cosa che ho apprezzato di più è che molti artisti hanno deciso di rendere omaggio alle loro origini ed è una cosa che mi commuove sempre (anche perché questo amore per la propria terra io non riesco proprio a provarlo e spero davvero di riuscirci un giorno).
il problema dei fischi a Geolier non è tanto che ci siano stati mentre c'era lo schermo abbassato e veniva rivelata la classifica (anche lì a me è scappato un "se vabbè").
il problema è stato che i fischi sono continuati anche quando l'hanno fatto tornare sul palco per cantare di nuovo. lì è stato un gesto veramente scorretto.
l'artista non c'entra niente ed è stato davvero fuori luogo mortificarlo così.
non credo nel caso specifico di ieri si tratti di antimeridionalismo, però non si può negare che gran parte dell'astio nei confronti di Geolier nasca da questo fenomeno.
non dobbiamo dimenticare le domande dei giornalisti che mettevano in dubbio la sua partecipazione in gara con una canzone in napoletano (quando ci sono sempre state canzoni in dialetto) e i vari commenti non proprio felici che girano su tutti i social che sono chiaramente antimeridionali.
perché un conto è dire che la canzone non piace, un altro è dire che la canzone non piace e che i napoletani sono indegni e che il Vesuvio debba spazzarli via tutti.
detto questo, io credo che nella serata delle cover il voto spetti all'orchestra, com'è sempre stato e non condivido questa scelta di far valere anche qui il voto del pubblico.
mi sa comunque che vince Geolier, alla fine la nave del Napoli quest'anno non la possono usare per il campionato, tanto vale che la rispolverano per questo anziché stare in garage (o dovunque stiano le navi che non si usano).
12 notes · View notes
ninfettin · 9 months
Text
Cara Connie,
volevo fare l’uomo forte e non scriverti subito, ma a che servirebbe? Sarebbe soltanto una posa. Ti ho mai detto che da ragazzo ho avuta la superstizione delle “buone azioni”? Quando dovevo correre un pericolo, sostenere un esame, per esempio, stavo attento in quei giorni a non essere cattivo, a non offendere nessuno, a non alzare la voce, a non fare brutti pensieri. Tutto questo per non alienarmi il destino. Ebbene, mi succede che in questi giorni ridivento ragazzo e corro davvero un gran pericolo, sostendo un esame terribile, perché mi accordo che non oso esser cattivo, offendere gli altri pensare pensieri vili. Il pensiero di te e un ricordo o un’idea indegni, brutti, non s’accordano. Ti amo.
Cara Connie, di questa parola so tutto il peso – l’orrore e la meraviglia – eppure te la dico, quasi con tranquillità. L’ho usata così poco nella mia vita, e così male, che è come nuova per me. Amore, il pensiero che quando leggerai questa lettera sarai già a Roma – finito tutto il disagio e la confusione del viaggio -, che vedrai nello specchio il tuo sorriso e riprenderai le tue abitudini, e dormirai da brava, mi commuove come tu fossi mia sorella. Ma tu non sei mia sorella, sei una cosa più dolce e più terribile, e a pensarci mi tremano i polsi.
Cesare Pavese – 17 Marzo 1950
16 notes · View notes
Text
Cara Connie,
volevo fare l’uomo forte e non scriverti subito, ma a che servirebbe? Sarebbe soltanto una posa. Ti ho mai detto che da ragazzo ho avuta la superstizione delle “buone azioni”? Quando dovevo correre un pericolo, sostenere un esame, per esempio, stavo attento in quei giorni a non essere cattivo, a non offendere nessuno, a non alzare la voce, a non fare brutti pensieri. Tutto questo per non alienarmi il destino. Ebbene, mi succede che in questi giorni ridivento ragazzo e corro davvero un gran pericolo, sostendo un esame terribile, perché mi accordo che non oso esser cattivo, offendere gli altri pensare pensieri vili. Il pensiero di te e un ricordo o un’idea indegni, brutti, non s’accordano. Ti amo.
Cara Connie, di questa parola so tutto il peso – l’orrore e la meraviglia – eppure te la dico, quasi con tranquillità. L’ho usata così poco nella mia vita, e così male, che è come nuova per me.
Amore, il pensiero che quando leggerai questa lettera sarai già a Roma – finito tutto il disagio e la confusione del viaggio -, che vedrai nello specchio il tuo sorriso e riprenderai le tue abitudini, e dormirai da brava, mi commuove come tu fossi mia sorella. Ma tu non sei mia sorella, sei una cosa più dolce e più terribile, e a pensarci mi tremano i polsi.
Cesare Pavese - 17 Marzo 1950
13 notes · View notes
dinonfissatoaffetto · 9 months
Text
La vita talvolta offre un’opportunità ma quando si è troppo vigliacchi o troppo indecisi per coglierla, essa si riprende le sue carte; c’è un momento per fare le cose e per entrare in una felicità possibile, tale momento dura qualche giorno, talvolta qualche settimana o persino qualche mese ma si verifica solo una volta, soltanto una, e se in seguito si vuole tornare sui propri passi è semplicemente impossibile, non c’è più posto per l’entusiasmo, la convinzione e la fiducia, rimangono una rassegnazione dolce, una pietà reciproca e rattristata, la sensazione inutile e giusta che qualcosa avrebbe potuto esserci, che ci si è semplicemente mostrati indegni del dono che ci era stato fatto.
- Michel Houellebecq
16 notes · View notes
papesatan · 1 year
Text
L'avidità è giusta (?)
Tumblr media
Oggi ho assunto una nuova dipendente. Solo pochi mesi fa pensavo che dopo Stella, la mia fidata collaboratrice e prima dipendente, non avrei assunto più nessuno, troppe rotture e sbattimenti a fronte d’un esiguo guadagno. E invece, dopo ruminanti notti insonni passate a studiare come trattenermi da vivere, sono impazzito e ho deciso di darmi a un altro investimento, che tanto lo stato è già lì che m’adunghia al varco e quindi fallito per fallito, almeno ci proviamo. Stamattina il consulente del lavoro, ben più scaltro e navigato di me, m'ha tentato con un’ampia serie di contrattini indegni, ma essere stato dall’altra parte, ora che sono io il megadirettore galattico, mi ricorda sempre di non fare troppo la merda e continuare a lottare per i diritti dei lavoratori, ché nel mio mondo nessuno merita di viver su di sé l’umiliazione d’un contratto a chiamata o cococo. Un comunista al potere. In un certo senso, essere stato dall’altra parte mi ricorda ciò che non voglio essere e mi stimola a plasmare una versione migliore dei miei ex capi, creare un’atmosfera vivibile e serena, gratificare il lavoro altrui, essere gentile, saper chiedere scusa e rispondere a quel cazzo di telefono se consultati. Mi torna in mente la parabola di Buddy Fox in Wall Street 1 e 2, magari adesso scrivo così perché ancora inviolato dalle auree lusinghe del potere, ma chissà, fra cinque anni potrei diventare lercio come loro, avido, stronzo e cattivo, a litigare ogni giorno per le ferie. Stamattina fra le altre cose ho discusso con una mamma, perché da quest’anno, per disperazione, ho aumentato le tariffe da miserrime a misere e mi sono chiesto chi mai avrebbe avuto il coraggio di parlare. Chiaramente nessuno ha osato proferir parola, perché è gente che a quanto pare sa star al mondo, a parte la furbetta che subito ha cercato il grande sconto. Forse un po’ di tempo fa, avrei ceduto alle tristi lagne e ai perfavore, ma gli affari sono affari, quindi ho tenuto fermo il punto e alla fine, incredibile, ha accettato. Sono fiero di me, tanto, ma non posso far a meno di chiedermi se in qualche modo non mi stia già trasformando in Gordon Gekko.    
33 notes · View notes
scogito · 6 months
Text
Nella mia vita ho incontrato molti uomini col desiderio più o meno inconscio di volere essere degli eroi. In larga misura non è tutta colpa loro, visto che sono cresciuti col mito di dover salvare qualche cristiana in pericolo.
Tuttavia dopo i 20 anni dovresti perlomeno entrare nella strada del "chi sei tu per te stesso" prima di occuparti di altre persone, ma di solito non accade.
Così "gli eroi" sono diventati incoscienti di sé, ma bisognosi privi di responsabilità, e la loro esigenza di salvare qualcuno è in realtà innescata da una forma di controllo e presunzione fuori dal normale.
Un ego sano ovviamente cerca autostima, riconoscimento e valore, ma lo fa secondo prospettive del tutto diverse.
Questo anche per richiamare l'imminente festa del papà, che come altre ricorrenze è una semina di ipocrisia.
Tantissimi padri sono indegni e convinti anche di essere un esempio. Sono cresciuti sentendosi importanti mentre lo sono soltanto nella loro testa.
Le maschere stanno crollando, diverse condizioni stanno portando le persone a rivelare la loro vera natura. Compresi tutti gli uomini che faranno i conti con la solitudine e diversi calci nel sedere da parte di chi fino a poco prima li ha tollerati.
Ogni singola cellula ovviamente si riversa nella società e dunque ci sarà un crollo generico anche del concetto stesso di famiglia. Per chi ha visto in questo nucleo la massima espressione di un legame affettivo, dovrà considerarlo per ciò che davvero ha causato (almeno nella maggioranza dei casi). *Aumenteranno i divorzi, molti figli si allontaneranno da usi e culture di nascita e tutti faranno i conti con quello che hanno causato agli altri.
Ciò comporta la "costrizione" alla responsabilità e il dovere di essere autentici.
* intendo dinamiche consapevoli, non il lasciare una situazione perché è arrivato altro, ma perché ci si rende conto che la condivisione di tossicità è da terminare.
.
T.me
.
8 notes · View notes
ypsilonzeta1 · 1 month
Text
Odio l’estate. Odio il mese di agosto fino al giorno di Ferragosto.
Tutti partono e ci chiedono se anche noi partiremo. Impossibile rispondere, quando siamo nel numero di quelli che non hanno voglia né di partire né di restare.
[...] io non trovavo il mondo triste, lo trovavo bellissimo, solo che a me per qualche ragione oscura era vietato di celebrarne le radiose giornate, così non potevo che cercare e amare l’autunno, l’inverno, il crepuscolo, la pioggia e la notte. Scopersi, in seguito, che una simile sensazione non ero io sola a provarla, che era una sensazione comune a molti, perché molti come me in qualche istante della loro esistenza si sono sentiti esclusi e mortificati dall’estate, giudicati per sempre indegni di raccogliere i frutti dell’universo. Molti come me allora hanno odiato lo splendore abbagliante del cielo sui prati e sui boschi. Molti come me ai primi segni dell’estate si sentono in angoscia come all’annuncio di una disgrazia, perché in essi risorge lo spavento del giudizio e della condanna.
🪶 Natalia Ginzburg (estratto da intervista a La Stampa, 11 luglio 1991, dal titolo “Maledette vacanze”).
6 notes · View notes