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Colpevoli segreti: il capitolo finale della serie Nora Cooper. Recensione di Alessandria today
Un thriller avvincente che svela verità nascoste e segreti oscuri del passato
Un thriller avvincente che svela verità nascoste e segreti oscuri del passato. Recensione:“Colpevoli segreti”, undicesimo e ultimo volume della serie Nora Cooper, si presenta come un thriller intenso e ricco di emozioni, perfetto per concludere un ciclo narrativo amato dai lettori. La storia ruota attorno alla morte di Scott Brooks, un famoso stilista affetto da Alzheimer, che riporta a galla…
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PRENDE IL VIA IN ITALIA LA GIUSTIZIA RIPARATIVA
Per la prima volta in Italia è stata applicata la giustizia riparativa, concessa ad un imputato che ha mostrato il desiderio di riparare alla sua condotta.
Regolata in Italia nel 2022 con la cosiddetta riforma Cartabia, la giustizia riparativa consiste nel tentativo di risanamento del legame tra vittime, colpevoli e comunità. La Corte ha deciso di ammettere l’imputato Davide Fontana alla giustizia riparativa con la motivazione dei giudici di averla concessa perché “l’imputato ha manifestato sin dalla fase delle indagini preliminari la seria, spontanea ed effettiva volontà di riparare alle conseguenze del reato”. “Sono disposto a fare qualsiasi cosa si possa fare anche verso i parenti di Carol” ha dichiarato l’uomo colpevole e reo confesso.
Questa forma di risoluzione del conflitto, complementare al processo, non riduce la pena ma la integra di un programma riparativo, il quale consiste nell’attuazione di azioni comportamentali private o pubbliche, accordi relativi alla frequentazione di persone o luoghi, oppure restituzioni materiali o pratiche per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato o evitare che lo stesso sia portato a conseguenze ulteriori. Questa scelta non comporta sconti sanzionatori o benefici processuali ne carcerari, né ha conseguenze sulla giustizia civile. L’articolo 42 della legge definisce la giustizia riparativa come «ogni programma che consente alla vittima del reato, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore». ___________________
Fonte: Varese News; Gazzetta ufficiale; foto di Towfiqu Barbhuiya
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28 nov 2023 18:20
LA TRATTATIVA AZIENDE-MAFIA – POTREBBE RIAPRISI LA PISTA DEI RAPPORTI TRA I COLOSSI INDUSTRIALI DEL NORD E COSA NOSTRA: OGGI SARÀ EFFETTUATO UN ACCERTAMENTO TECNICO SU UNA PARTE DELLE INTERCETTAZIONI DISPOSTE DAL PM AUGUSTO LAMA TRA 1990 E 1991, DI CUI ERA STATA ORDINATA LA DISTRUZIONE. PER LA PROCURA DI CALTANISSETTA, CHE STA ANCORA INDAGANDO SULLA MORTE DI BORSELLINO, POTREBBERO ESSERCI INFORMAZIONI FONDAMENTALI – IL RUOLO DI GARDINI E L’AMAREZZA DI LAMA: “TRA I MIEI COLLEGHI C’ERA UN MAGGIORE INTERESSE SUI PRESUNTI RAPPORTI D’AFFARI DI BERLUSCONI CON COSA NOSTRA PIUTTOSTO CHE LE RELAZIONI PERICOLOSE DI ALTRI POTENTATI …” -
Estratto dell’articolo di Giacomo Amadori per “la Verità”
La pista seguita, trent’anni fa, dal pm di Massa Carrara Augusto Lama portava in riserve di caccia suggestive. Un filone aureo che poteva condurre la magistratura a scoprire con molti anni d’anticipo gli affari della mafia con colossi industriali del Nord Italia. Uno in particolare con forti addentellati a sinistra, il Gruppo Ferruzzi, allora guidato da Raul Gardini. Quando Falcone diceva «la mafia è entrata in Borsa» pare proprio si riferisse ai rapporti di tale holding con la Piovra.
Ma le indagini di Lama a un certo punto vennero fermate e le intercettazioni, da lui disposte, inviate a Palermo. Dove un pm ordinò di distruggerle. Ma, si scopre adesso, che parte di quegli audio si salvarono e potrebbero spalancare nuovi scenari. Oggi nella caserma Salvo D’Acquisto di Roma […] verrà effettuato un accertamento tecnico non ripetibile disposto dalla Procura di Caltanissetta nell’ambito del procedimento sulle stragi palermitane del 1992 e delegato al Reparto investigativo scientifico (Ris) dei Carabinieri.
L’accertamento avrà a oggetto parte delle bobine con le intercettazioni disposte nel 1990 e nel 1991 da Lama in un procedimento poi trasmesso, il 4 aprile 1992, alla Procura della Repubblica di Palermo dove fu assegnato, dal procuratore Pietro Giammanco al pubblico ministero Gioacchino Natoli che provvide subito a farlo archiviare.
Inoltre, il 25 giugno 1992, quindi dopo l’omicidio di Giovanni Falcone e 24 giorni prima di quello di Paolo Borsellino, dispose «la smagnetizzazione dei nastri relativi alle intercettazioni telefoniche e/o ambientali disposte» e ordinando in un secondo momento, con scritta a mano, anche «la distruzione dei brogliacci».
Ma per un caso fortuito la Procura di Palermo non ha cancellato tutto. L’attuale capo dell’ufficio, Maurizio De Lucia, spiega: «Le bobine? Le abbiamo date a Caltanissetta che ce le ha recentemente chieste, infatti, non tutto quello che deve essere distrutto viene eliminato e questo accade con una certa frequenza… abbiamo fatto un approfondimento e alcune cose le abbiamo trovate». Quindi è una coincidenza? «Sostanzialmente sì».
[…] Fatto sta che per la Procura nissena che sta indagando sulle vere cause della morte di Borsellino potrebbe essere materiale davvero interessante, sebbene siano state rinvenute solo alcune bobine. L’autorità giudiziaria di Caltanisetta nel 2003 aveva archiviato il procedimento sulle stragi indicando tra le motivazioni, tra l’altro, la mancanza delle intercettazioni di Massa Carrara. Sarebbe interessante sapere se, all’epoca, qualcuno le avesse chieste e soprattutto se a Palermo le avessero cercate.
Sull’importanza del procedimento istruito da Lama e sulla particolarità dell’iniziativa adottata da Natoli, […] ha insistito anche l’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino e marito di Lucia, figlia maggiore del giudice ucciso. Trizzino ha infatti fortemente stigmatizzato la condotta di Natoli evidenziando come si tratti di un provvedimento del tutto sui generis, mai ripetuto né prima né dopo, poiché i procedimenti archiviati possono per legge sempre essere riaperti, e perché aveva a oggetto un’indagine, quella di Massa Carrara, di eccezionale importanza visto che documentava […] «presunte infiltrazioni mafiose nelle zone marmifere di Carrara attraverso il controllo della aziende Sam e Imeg».
Un interesse che non riguardava solo il marmo, ma anche i suoi scarti che venivano utilizzati in numerosi e lucrosi altri processi industriali. L’indagine di Lama era nata casualmente durante l’estate del 1990 a margine di una controversia amministrativa sorta tra il Comune di Carrara e le due società Industrie marmi e graniti Spa (Imeg) e Società apuana marmi (Sam) concessionarie di circa il 50% dei cosiddetti agri marmiferi delle Apuane, quando il segretario del Consorzio cave di Carrara Franco Ravani riferì agli inquirenti che «di fatto le due società sarebbero state controllate da personaggi siciliani vicini a un gruppo mafioso».
Le dichiarazioni di Ravani furono confermate dal ragionier Alessandro Palmucci, già funzionario della Montecatini marmi Spa e poi della stessa Imeg, il quale ha ricostruito gli eventi che avevano portato una famiglia di Cosa Nostra palermitana, quella dei fratelli Salvatore, Giuseppe e Antonino Buscemi, a controllare le cave del prezioso marmo di Carrara.
Palmucci riferì che alcune concessioni erano già state parzialmente vendute nel 1972 a un imprenditore trapanese, una cessione fortemente contestata dai sindacati e con strascichi giudiziari tanto che intervenne lo Stato con l’Iri e con la partecipata Egam. Questa costituì le già citate Imeg e la controllata Sam.
Nel 1982 l’Iri di Romano Prodi liquida l’Egam, con la sua partecipazione nelle ditte successivamente al centro dell’inchiesta, che viene trasferita all’Eni, altra azienda di Stato. Dopo pochi anni, nel 1986, l’Eni di Franco Reviglio decide di dismettere e affida ai «dirigenti di Stato» Vito Gamberale e Vito Piscicelli il compito di «privatizzare», cosa che i due fecero attraverso una massiccia svalutazione delle merci che si trovavano nei magazzini di Imeg e Sam.
A questo punto la Imeg e la Sam viene ceduto a prezzo di saldo alla Calcestruzzi Ravenna Spa, del Gruppo Ferruzzi, allora diretta dall’ex partigiano rosso Lorenzo Panzavolta, definito da Gardini «uomo d’ordine e di calcestruzzo», che nell’indagine milanese confessò una tangente da 600 milioni pagata al dirigente comunista Primo Greganti.
Dal 1987 al 1990 […] Imeg e Sam hanno quasi come esclusivo cliente della produzione marmifera la piccola società palermitana Generale impianti. Appreso ciò Lama dispose indagini con la Guardia di finanza coinvolgendo anche reparti di Bologna, Ravenna e soprattutto Palermo. Dopo oltre un anno di investigazioni, […] Lama accertò che la ditta di Palermo faceva capo alla famiglia mafiosa dei fratelli Buscemi e in parte anche alla famiglia Bonura, reggenti per conto di Totò Riina di un mandamento palermitano.
Lama interrogò personalmente il pentito Antonino Calderone che confermò la pista riconoscendo in foto i fratelli Buscemi come capimafia. Il pm accertò anche che a gestire le cave a Carrara, Cosa nostra aveva mandato il geometra Girolamo Cimino, cognato di Antonino Buscemi, nominato amministratore unico della Sam, manager che di fatto dirigeva anche la Imeg.
Nonostante questo quadro il pm palermitano Natoli l’1 giugno del 1992 chiese l’archiviazione del fascicolo originato in Toscana, istanza che fu accolta a tempo di record, nonostante il Ros di Mario Mori e Giuseppe De Donno avesse accertato in maniera del tutto indipendente gli «interessi» della Cupola nella cave di marmo di Carrara. […]
Alla fine, ed è proprio l’aspetto più significativo, l’unico magistrato a subire provvedimenti da parte del Csm fu proprio Lama, il quale per avere fatto dichiarazioni sui media sugli interessi mafiosi nelle cave di Carrara fu sottoposto dall’allora ministro della Giustizia Claudio Martelli a procedimento disciplinare.
«Per questo dovetti lasciare il fascicolo e il mio procuratore lo mandò a Palermo dove fece la fine che ha fatto» ci spiega Lama, 71 anni, romano, ma toscano di adozione. […] «Io ingenuamente pensai di rilasciare delle dichiarazioni alla stampa per far parlare, come si dice in gergo, i telefoni, cioè per stimolare le conversazioni di chi era nel perimetro dell’indagine.
Ma per questo l’avvocato del Gruppo Ferruzzi presentò un esposto e per questo Martelli inviò gli ispettori. Io dovetti astenermi per difendermi e il fascicolo mi fu tolto. Il procedimento disciplinare è durato 20 mesi e si è concluso con la mia assoluzione, anche perché le informazioni che avevo dato erano assolutamente generiche».
Pensa che Martelli sia stato sollecitato in tal senso da Gardini, all’epoca ancora potente imprenditore e finanziatore dei partiti? «Io questa circostanza l’ho appresa dalle recenti dichiarazioni dell’avvocato Trizzino davanti alla Commissione parlamentare antimafia».
Lei indagò su Gardini e su Panzavolta? «Non ebbi il tempo di farlo, quel procedimento mi fu sottratto velocemente, ma le indagini puntavano in quella direzione e naturalmente anche verso i membri di Cosa nostra, soci in affari della Calcestruzzi Ravenna Spa».
Lei non era iscritto ad alcuna corrente e aveva indagato anche su un traffico d’armi dei palestinesi dell’Olp, non è che aveva troppi nemici a sinistra? «Certo le mie simpatie politiche non andavano in quella direzione ed ero cordialmente ricambiato. Ma in quel momento stavo solo facendo il mio lavoro. Probabilmente ho toccato interessi troppo grandi».
Alla fine ha lasciato la Procura di Massa Carrara…
«Decisi di trasferirmi nell’ufficio di Lucca per allontanarmi da un clima di ostilità e diffidenza che avvertivo da parte dei miei diretti superiori nel distretto. Ho chiuso la carriera facendo per 17 anni il giudice del lavoro».
Non trova curioso che l’indagine che andava verso il gruppo Ferruzzi si sia conclusa con il suo allontanamento, mentre quelle su Silvio Berlusconi non hanno incontrato soverchi ostacoli?
«Tra i miei colleghi c’era un evidente maggiore interesse investigativo sui presunti rapporti d’affari di Berlusconi con Cosa nostra piuttosto che le relazioni pericolose di altri potentati economici di area politica diversa che potevano rientrare nell’indagine mafia-appalti, di cui la mia era una costola e che in quel momento storico non fu approfondita».
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Trascorsi ormai 6 giorni dal ricovero all'ospedale di Siena, Alessandro Corbelli, è tutt'ora curato dagli esperti primari e specialisti dell'ospedale universitario di Siena, che si adoperano con professionalità nella cura dei diffusi traumi e dolori, presenti su gran parte del proprio corpo, conseguiti per aver difeso l'incolumità propria e di quella di Irene Palacino e proprio da quegli anonimi delinquenti mafiosi, che da tempo li minacciano per cercare d'intimidirli. Questo a grave danno delle indagini in corso. Ora, dopo aver affrontato anche quest'ultimo grave episodio, Alessandro Corbelli, sempre più amareggiato dell'indifferenza del presidente della Repubblica italiana Mattarella, (neanche un telegramma di conforto ricevuto), del Procuratore della Repubblica di Grosseto, del PM incaricato Giampaolo Melchionna, del Prefetto e di tutte le altre autorevoli autorità competenti, Corbelli intenzionato più di prima a combattere tale battaglia di "civiltà e giustizia", conta sul sincero e forte sostegno dei numerosi amici e sostenitori. In tal senso, per meglio agire, lancia l'ennesima richiesta di apertura del programma di protezione e scorta per lui stesso e la Donna Irene Palacino e ricorda che a seguire la vicenda ci sono ormai più di 1,8 Mln di persone.
Alessandro Corbelli mentre riceve le cure sanitarie all’ospedale di Siena (Digital News 24) – Siena, 6/6/2023 Alessandro Corbelli ancora in cura per le lesioni e traumi riportati a seguito della pericolosa caduta avvenuta sulle pericolose scale comunali confinanti con la sua casa e da lui stesso velocemente percorse tentando di afferrare o mettere in fuga gli stessi anonimi malviventi mafiosi…
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È morta nel modo più orribile, inghiottita dall’ingranaggio dell’orditoio, in una mattina come tante, nella fabbrica tessile di Montemurlo (Prato) in cui lavorava. Si chiamava Luana D’Orazio, era giovane, giovanissima, 23 annni ancora da compiere, madre di un bambino di cinque anni, una vita intera davanti. È capitato tutto all’improvviso. Quando il collega che era con lei si è voltato e ha visto quello che era successo, non ha sentito un solo grido d’aiuto, neanche per quello ha avuto tempo Luana. E, come ogni volta, siamo qui a ripetere la stessa cosa: non si può morire in questo modo sul lavoro. Non è accettabile. Luana è solo l’ultima vittima di questa piaga silenziosa che, solo nei primi mesi del 2021, viaggia al ritmo di 50 morti al mese. E possiamo parlare quanto vogliamo di indagini, di responsabilità, tutto vero, tutto giusto. Ma c’è una parola che conta più di ogni altra in questi casi: prevenzione. Perché una fine come quella di Luana non debba essere più scritta né raccontata. Alla famiglia, ai genitori, al figlio, il nostro pensiero e la più sentita vicinanza. Non ci sono altre parole. Lorenzo Tosa *************** Ho lavorato per qualche anno come caporeparto in un'orditura: penso che siano macchine meno pericolose di tante altre. Se è successo un fatto così grave vuol dire sicuramente che non sono state rispettate le più elementari norme di sicurezza. In un lavoro successivo, tra l'altro avevamo tra i terzisti anche l'Orditura in cui lavorava Luana. La sua storia mi ha scombussolato profondamente corallorosso
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La Terra, secondo quanto scoperto da alcune sonde spaziali della NASA nel 2017, è circondata da un’enorme barriera artificiale.
Dopo aver effettuato alcuni test gli scienziati sono arrivati alla conclusione che la barriera ha effetto sulla meteorologia spaziale ben oltre l’atmosfera che avvolge il nostro pianeta.
Questa scoperta ci fa capire che non stiamo cambiando solo il nostro pianeta in maniera molto pesante, ma stiamo aprendo, secondo gli scienziati, una nuova epoca geologica che ci dovrebbe essere intitolata in quanto le nostre attività hanno effetti anche nello spazio.
Per fortuna c’è anche una buona notizia, a differenza della nostra influenza negativa sul pianeta, la barriera che abbiamo creato nello spazio sembra avere una funzione protettiva nei nostri confronti.
Nel 2012, la NASA ha lanciato due sonde spaziali che hanno lavorato in tandem incrociando la cintura di Van Allen della Terra.
Il nostro pianeta è circondato da due fasce di radiazione (e da una terza temporanea): la cintura interna si estende da un’altezza di circa 640 Km a un’altezza di circa 9.600 km, mentre la cintura esterna si estende da un’altezza di circa 13.500 km a un’altezza di circa 58.000 km, sopra la superficie terrestre
Nel 2017, le sonde in orbita nella cintura di Van Allen hanno rilevato qualcosa di strano mentre monitoravano l’attività delle particelle cariche catturate dal campo magnetico terrestre: queste pericolose particelle emesse dal Sole venivano tenute a bada da una qualche barriera o bolla di radiazioni a bassa frequenza.
Dopo una serie di indagini i ricercatori hanno scoperto che questa barriera nelle ultime decadi ha allontanato le cinture di Van Allen dalla Terra, e ora i limiti inferiori dei flussi di radiazioni sono in realtà più lontani da noi rispetto agli anni ’60. Che cosa è cambiato?
Le trasmissioni, chiamate comunicazioni radio a frequenza molto bassa(VLF), sono diventate molto più comune ora rispetto agli anni ’60, e il team della NASA ha confermato che queste radio frequenze possono influenzare la posizione e il movimento di certe particelle cariche presenti nello spazio.
VLF è l’acronimo di Very low frequency (frequenza molto bassa) è il nome che convenzionalmente è stato assegnato alle radiofrequenze comprese tra 3 e 30 kHz, cui corrispondono lunghezze d’onda tra i 100 e 10 chilometri.
In altre parole, grazie alle VLF, ora abbiamo meteorologia spaziale antropica (o prodotta dall’uomo).
“Un certo numero di esperimenti e osservazioni hanno scoperto che, nelle giuste condizioni, i segnali di comunicazione radio nella gamma di frequenze VLF possono in effetti influenzare le proprietà della radiazione ambientale ad alta energia intorno alla Terra”, ha spiegato Phil Erickson componente del team della NASA del MIT Haystack Observatory, Massachusetts, nel 2017.
Molti di noi ignorano i segnali VLF ma queste trasmissioni sono fondamentali in molte operazioni ingegneristiche, scientifiche e militari.
Le loro frequenze (comprese tra 3 e 30 kilohertz), sono troppo deboli per trasportare trasmissioni audio, ma sono perfette per trasmettere messaggi in codice su lunghe distanze o nelle profondità marine.
Uno degli usi più comuni dei segnali VLF è quello di comunicare con i sottomarini nelle acque profonde, ma poiché le loro grandi lunghezze d’onda possono diffrangere attorno a grandi ostacoli come le catene montuose, vengono utilizzati anche per ottenere trasmissioni su terreni difficili.
Le trasmissioni VLF non sono state lanciate intenzionalmente nello spazio, il loro utilizzo era pensato per la superficie terrestre, ma si è scoperto che sono giunte nello spazio che circonda il nostro pianeta e sono rimaste abbastanza a lungo da creare una gigantesca bolla protettiva.
Quando le sonde che studiano la cintura di Van Allen hanno confrontato la posizione della bolla VLF con i confini delle fasce di radiazione che avvolgono la Terra, hanno trovato quella che inizialmente sembrava una coincidenza interessante: “L’estensione della bolla VLF corrisponde quasi esattamente al bordo interno della cintura di radiazione di Van Allen”, ha detto la NASA.
Ma una volta che gli scienziati si sono resi conto che i segnali VLF possono effettivamente influenzare il movimento delle particelle cariche all’interno di queste fasce di radiazioni, hanno capito che la nostra involontaria barriera artificiale le ha progressivamente respinte.
Dan Baker, componente del team della NASA e del Laboratorio di fisica atmosferica e spaziale dell’Università del Colorado, ha definito questa bolla “barriera impenetrabile”.
Sebbene la nostra bolla protettiva creata dalle trasmissioni VLF sia probabilmente la migliore influenza che noi esseri umani abbiamo esercitato sullo spazio che circonda il nostro pianeta, non è certamente l’unica: abbiamo lasciato il nostro segno nello spazio a partire dal 19° secolo, e in particolare negli ultimi 50 anni, quando le esplosioni nucleari erano molto frequenti.
“Queste esplosioni hanno creato fasce di radiazioni artificiali vicino alla Terra che hanno provocato gravi danni a diversi satelliti”, ha spiegato il team della NASA che ha concluso: “Altri impatti antropogenici sull’ambiente spaziale includono esperimenti di rilascio chimico, riscaldamento delle onde ad alta frequenza della ionosfera e l’interazione delle onde VLF con le fasce di radiazione”.
Il compianto astronomo Carl Sagan una volta, voleva trovare indicazioni inequivocabili sulla presenza della vita sulla Terra osservando il nostro pianeta dallo spazio: oggi si scopre che ce ne sono tantissime se si sa dove guardare.
Fonte: https://www.sciencealert.com/there-is-a-human-made-barrier-surrounding-earth-and-we-can-detect-it
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Nantes, domani in piazza per Steve Maia Caniço, annegato nella Loira durante le cariche di polizia del 21 giugno. Un verbale dimostra che quell’assalto non si doveva fare
Nantes blindata dalla polizia per turbare anche i previsti omaggi di piazza, previsti anche in altre città, a Steve Maia Canico, il ragazzo ritrovato morto nella Loira dopo un violentissimo intervento della polizia nel quale diverse persone finirono nel fiume il 21 giugno scorso alla Festa della Musica. E’ uno stadio di una sorta di «incoscienza delle autorità rispetto a questa scomparsa: come ha spiegato Goulven Boudic, politologo all’Università di Nantes: «Come far sì che le vittime sembrino responsabili delle proprie ferite». In due anni di presidenza, Emmanuel Macron è riuscito a registrare il peggior numero di morti e feriti nelle operazioni di polizia dal 1968. Dopo la morte a Marsiglia di Zineb Redouane, gravemente ferito in faccia da una bombola di gas lacrimogeni mentre chiudeva le imposte il 1° dicembre, la morte di Steve Maia Caniço, il cui corpo è stato recuperato questa settimana a Nantes, porta a due in pochi mesi il numero delle vittime di pericolose ed eccessive operazioni di polizia. Con la sistematica repressione dei “giubbotti gialli”, molti francesi mediamente privi di storia hanno potuto misurare nella loro carne ciò che altri hanno vissuto per diversi anni nelle banlieu. Poche ore dopo l’identificazione formale del corpo di Steve Maia Caniço, 24 anni, il Primo Ministro, affiancato dal Ministro dell’Interno, ha premesso che, date le informazioni disponibili, la polizia non aveva nulla a che fare con esso anche se l’indagine dell’Ispettorato generale della polizia nazionale (IGPN) è caratterizzata da incoerenze e zone grigie. Il capo dell’unità CRS presente sulla scena non è stato sentito e l’IGPN non ha reso pubbliche le conclusioni di un rapporto operativo sulla valutazione dell’uso della forza.
A Nantes, il piccolo hangar sul molo è diventato un monumento alla rabbia. I graffiti artistici sono stati ricoperti da altri messaggi per Steve: “Chiediamo giustizia”, “Annegamento autorizzato dalla prefettura”….. Sulla facciata di fronte alla Loira fluente, uno stencil bianco e nero di Steve su sfondo rosso, sorridente, braccia incrociate, firmato Antiproduct. E la scritta: «Dov’è Steve? La polizia è colpevole».
Secondo l’inchiesta amministrativa interna dell’Ispettorato di polizia, al momento è «impossibile tracciare un legame» tra quanto accaduto e l’intervento degli agenti ma la controinchiesta, in particolare di Mediapart, rivela una responsabilità precisa di governo e apparati nel tragico esito di un intervento che non doveva avere luogo. Per garantire totale trasparenza, il premier Edouard Philippe ha tuttavia commissionato un’altra indagine amministrativa a cui si aggiunge quella della giustizia. Mentre sui social si moltiplicano gli appelli a scendere in piazza per ricordare il ragazzo, «gran parte del centro storico» di Nantes è stato chiuso alle manifestazioni per domani. Al momento, sui social, si invoca un primo raduno alle undici del mattino e un secondo alle ore tredici. In conferenza stampa, il prefetto di Loire-Atlantique, Claude d’Harcourt, responsabile diretto delle violenze di polizia e della morte di Steve, ha evocato il rischio che gruppi violenti di casseurs tipo black bloc o gilet gialli radicalizzati si infiltrino negli omaggi di piazza fomentando nuovi episodi di guerriglia urbana e prendendo di mira le istituzioni pubbliche.
Solo il 30 luglio il ministro Castaner ha trovato parole per i genitori di Steve. E’ stato quando l’autopsia su un corpo in stato avanzato di decomposizione ritrovato il giorno prima nella Loira ha confermato che si tratta effettivamente del ventiquattrenne fiondato nel fiume dalle cariche.
Il 21 giugno 2019, a Nantes, al molo Wilson, verso le 4:30 del mattino, la polizia ha usato gas lacrimogeni e flashball contro centinaia di ragazze e ragazzi che prendevano parte alla Festa della musica perché avevano sforato l’orario. Durante quelle cariche, quattordici persone sono cadute nella Loira e da allora era scomparso, Steve Maia Caniço, 24 anni.
La prefettura era tuttavia perfettamente informata dei rischi. Nel 2017, in una configurazione simile, al molo Wilson, la polizia aveva deciso “un ritiro tattico” senza usare la forza, come spiega un rapporto del 22 giugno alla prefettura di quell’anno. Due persone erano cadute nella Loira.
Eppure due giorni dopo la morte di Steve Maia Caniço, il prefetto della Loira Atlantica Claude d’Harcourt, ha rivendicato che gli organizzatori erano stati avvertiti che la musica doveva fermarsi e che l’intervento della polizia sarebbe quindi legittimo con l’uso della forza sproporzionato nei confronti di una popolazione sicuramente non minacciosa e, anzi, resa vulnerabile dagli effetti della festa. Da almeno due anni, questo pericolo era noto ed è stato segnalato dalla polizia in quel rapporto trasmesso alla prefettura e alla Direzione centrale della pubblica sicurezza e reso pubblico in Francia dal sito d’inchiesta Mediapart. Si può leggere che tra le 21:00, quando viene installato il dispositivo di sicurezza, e fino alle 15:00, furono effettuati diversi arresti nel centro della città. Quindi, la descrizione delle operazioni si sposta vicino alle rive della Loira. Alle 3:38, la polizia scrive che i pompieri hanno recuperato “due persone cadute nella Loira” la cui “prognosi vitale [non è] impegnata”. Alle 4:25, la polizia interviene “per fermare la musica di Quai Wilson”, Il luogo in cui due anni dopo agiranno con violenza inusitata. Nel 2017, la polizia riferisce che “le persone si rifiutano di obbedire”, che “un agente di polizia è ferito al cranio” e che la polizia valuta di “lanciare proiettili”. Nonostante ciò, la polizia non interviene e decide, alle 4.50, un “ritiro tattico” dati i rischi che quest’area rappresenta lungo le banchine non sicure. E alle 5, “la folla si disperde lentamente”.
Questo il commento dell’Npa: Basta! Basta! Basta! Basta! Steve è morto a causa di un’ingiustificabile carica di polizia, ordinata nel cuore della notte, su una banchina senza barriere, con evidenti rischi noti alla polizia, come ha rivelato Mediapart. I responsabili devono essere identificati. E il loro capo, Castaner, deve dimettersi. Oltre a ciò, è giunto il momento di porre fine al governo autoritario di Macronia: rivendichiamo il diritto di dimostrare, ma anche di festeggiare, e semplicemente di andare e venire, senza rischiare di essere colpiti dai poliziotti. La strada è nostra!
Un poliziotto, intervistato proprio da Mediapart, ammette che i «problemi sul Molo Wilson erano già noti dal 2017. E nonostante ciò, abbiamo nuovamente ordinato un intervento in un luogo che non era ancora stato messo in sicurezza. I giovani potrebbero cadere in acqua, ma siamo andati e abbiamo giocato con il fuoco. Questo dramma avrebbe potuto essere evitato. E le responsabilità della polizia, della prefettura e del municipio devono essere assunte». Tra gli “eroi” di quella notte un funzionario decorato dopo le violenze sui gilet gialli, il commissario Grégoire Chassaing. Gli stessi sindacati, come Unité SGP-FO Police, già nell’immediato, avevano definito l’ordine «aberrante». Jérémie Bécue, una delle quattordici persone cadute nella Loira, s’è detto stupito di essere stato convocato solo dopo due settimane.
Sempre negli ambienti di polizia si ammette candidamente che la festa non ha disturbato nessuno poiché non ci sono abitazioni ma solo capannoni sulle rive del fiume. «Questo rapporto mostra anche i cambiamenti nell’uso della forza. È lo stesso commissario che, nel 2017, decide di rimanere a distanza e che, due anni dopo, usa gas lacrimogeni di massa. Ha perso il senso di apprezzamento, di sfumatura, ma deve anche essere inserito in un contesto più generale di polizia più severa. La gerarchia non è ovviamente estranea e le pressioni possono essere forti». Il prefetto della Loira Atlantica non ha voluto rispondere alle domande dei giornalisti d’incheista, rifugiandosi, sorprendentemente, dietro le indagini dell’ispettorato generale della polizia nazionale (IGPN) sebbene non possa ignorare che la prefettura non dipende dall’IGPN, ma dall’Ispettorato Generale di Amministrazione (IGA), l’unico competente a controllare la sua azione e che Castaner si è guardato bene dal mettere sotto inchiesta per comprenderne il fallimento nell’azione di garanzia per la sicurezza. Il prefetto è “responsabile dell’ordine pubblico e della sicurezza della popolazione”, come specificato nel decreto del 29 aprile 2004.
Difficile non essere colpiti dalla sproporzione dell’uso della forza. Soprattutto da un rapporto del 22 giugno 2019 di un’unità di CRS arrivata “supporto” alle 4:45, dopo l’intervento della polizia. «Data la configurazione del sito e la mancanza di guardrail sul molo», il CRS ha dichiarato di aver rifiutato “l’uso dei lacrimogeni per prevenire il panico e le possibili cadute nel fiume vicino. Erano le 4 e 50. Inoltre, il canale di pubblica sicurezza ha già annunciato il recupero di molte persone cadute nel fiume e recuperate da un servizio nautico”. I giovani erano terrorizzati dalla possibilità di intervento del Crs, la celere d’oltralpe, e si sono tranquillizzati solo quando hanno avuto rassicurazioni che se ne sarebbero stati tranquilli.
La leggerezza del dispositivo, che avrebbe dovuto essere messo su dal sindaco, è dimostrata anche dal fatto che non fossero state installate ringhiere.
Il 3 luglio, più di una settimana dopo la morte di Steve Maia Caniço, il prefetto ha ricevuto le Freeform e Media’son, specializzate in eventi di musica elettronica. Samuel Raymond, coordinatore di Freeform, è rimasto sbalordito: «La prefettura ritiene che la serata sia stata illegale perché non era stata dichiarata. Ma sono passati vent’anni da quando i collettivi partecipano al festival della musica, la prefettura avrebbe dovuto assicurarsi che i locali fossero sicuri e, o vietare l’assemblea, o dirottarla in un altro luogo se avesse ritenuto che non facesse parte di del festival della musica». Le autorità, che si tratti della prefettura o del municipio, si scambiano la palla, ma ognuna di esse ha una parte di responsabilità nella mancanza di sicurezza del dispositivo e negli ordini di intervento che non avrebbero dovuto essere impartiti.
Per Cécile de Oliveira, l’avvocato della famiglia di Steve Maia Caniço, questo rapporto «è importante perché dà la visione di un altro modo di agire nel contesto non del mantenimento dell’ordine, ma della sicurezza perché è di questo che si tratta».
Sono in corso diverse indagini tra cui un’indagine aperta per le cause della scomparsa. A seguito della denuncia collettiva di 89 partecipanti per “mettere in pericolo la vita di altri e deliberati atti di violenza da parte di responsabili delle autorità pubbliche”, è stata aperta un’indagine preliminare e affidata all’IGPN. L’avvocato di una querelante ritiene che questo rapporto “dimostri di nuovo che nessun intervento di polizia avrebbe dovuto essere ordinato. Nulla giustifica l’uso di tali armi».
Quando fu ucciso Malik Oussekine nel 1986, sotto i colpi della polizia durante le manifestazioni contro il disegno di legge Devaquet, ci furono le dimissioni del segretario delegato al Ministro della istruzione. Da quando s’è insediato Macron proprio i settori meno violenti della polizia si dicono preoccupati che molti loro colleghi e dirigenti si sentano legittimati dal clima politico a sentirsi degli sceriffi.
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The Gray Man è un film di genere Thriller, Azione del 2022 diretto da Anthony Russo e Joe Russo con Ana de Armas e Chris Evans. Durata: 122 min. Distribuito in Italia da Netflix. Paese di produzione: USA.
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Genere: Thriller , Azione
Regia: Anthony Russo, Joe Russo
Attori : Ana de Armas, Chris Evans, Ryan Gosling, Jessica Henwick, Rege-Jean Page, Wagner Moura, Billy Bob Thornton, Julia Butters, Alfre Woodard, Scott Haze, Callan Mulvey, Robert Kazinsky, Deobia Oparei, Dhanush, Eme Ikwuakor, Daz Crawford, Jimmy Jean-Louis, Kate Blumberg, Nadiv Molcho, Charlit Dae
La trama di The Gray Man (2022). Court Gentry è un ex agente della CIA trasformatosi in assassino su commissione. L'uomo noto come The Gray Man, è una leggenda nel campo delle indagini sotto copertura. Dopo aver risolto una lunga serie di missioni e dopo aver colpito a segno, The Gray Man svanisce nel nulla, ma ci sono forze più pericolose di lui nel mondo che decidono di eliminarlo una volta che l'uomo cessa di essere una pedina importante.
The Gray Man, film diretto da Anthony e Joe Russo, racconta la storia dell'agente della CIA Court Gentry (Ryan Gosling), noto come Sierra Six, che è entrato a far parte dell'agenzia, dopo essere stato prelevato da un penitenziario federale e reclutato da Donald Fitzroy (Billy Bob Thornton). Inizialmente Gentry aveva un ruolo all'interno della CIA molto particolare, quello di mercenario e, con il tempo, ciò gli ha permesso di diventare un agente altamente qualificato. Quando un suo collega instabile, l'ex agente Lloyd Hansen (Chris Evans), gli mette una taglia sulla testa, Gentry si ritrova a essere il bersaglio di una caccia all'uomo aperta in tutto il mondo. Costretto a darsi alla fuga, mentre diversi assassini sono sulle tracce, l'agente Sierra Six sarà aiutatalo dalla collega Dani Miranda (Ana de Armas), ma riuscirà a sopravvivere?
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Incidente a Pozzolo Formigaro: utilitaria tampona un furgone in manovra. Carabinieri al lavoro per ricostruire la dinamica dell’impatto
Pozzolo Formigaro, pochi minuti fa, si è verificato un incidente stradale lungo via 26 aprile. Una utilitaria ha tamponato un furgone che stava effettuando una manovra.,
Pozzolo Formigaro, pochi minuti fa, si è verificato un incidente stradale lungo via 26 aprile. Una utilitaria ha tamponato un furgone che stava effettuando una manovra. A seguito dell’impatto, il conducente dell’automobile è stato trasportato in ambulanza presso l’ospedale di Novi Ligure per accertamenti. Sul posto sono intervenuti i Carabinieri, che stanno lavorando per ricostruire la dinamica e…
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'Ndrangheta in Toscana: ombre pesanti su Regione
'Ndrangheta in Toscana, la deputata di Forza Italia Erica Mazzetti: "Indagini su Capo di Gabinetto Ledo Gori lanciano ombre pesanti sulla Toscana. Mi auguro la Giustizia faccia il suo rapido corso. Serve chiarezza davanti ai toscani su questa pericolosa vicenda intrecciata con la malavita" C'è anche il Capo di gabinetto del presidente della Regione Toscana, Ledo Gori, tra gli indagati nell'inchiesta della Dda di Firenze su presunti reati ambientali, nella quale sono indagati anche imprenditori considerati contigui alle cosche di 'ndrangheta, e che oggi ha portato a sei arresti. A Gori viene contestato il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio. Questa la notizia che viene data dalle agenzie di stampa poche ore fa, che mi ha ovviamente lasciata senza parole. Sono, come esponente di un partito storicamente garantista come Forza Italia, per consentire alla Giustizia di fare il suo corso, certo è però che determinate notizie uscite con questa forza sulla politica della nostra Regione creano forti timori e pretendono rapida chiarezza nel rispetto dei cittadini toscani e delle Istituzioni che dovrebbero rappresentarli. Sempre nell'inchiesta risulta indagato, tra gli altri, il consigliere del Pd Andrea Pieroni, accusato sempre di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio. Indagato poi per abuso d'ufficio il direttore del settore ambiente e energia della Regione Toscana, Edo Bernini. Queste le altre notizie uscite oggi pomeriggio che gettano pesanti ombre da verificare sul sistema politico toscano. Il tema dei rifiuti spesso si intreccia purtroppo con quello delle vicende della malavita. Mi auguro che si possa con i giorni chiarire anche la vicenda, che come ha spiegato la stampa, ha visto un'articolata operazione dei Carabinieri e della Dda di Firenze che con 23 arresti ha stroncato in Toscana più attività criminali riconducibili alla 'ndrangheta infiltratasi nell'intera regione: dal traffico di cocaina, al controllo di lavori stradali, allo smaltimento illecito di rifiuti nelle concerie. In un filone dell'operazione sono stati eseguiti in Toscana, Calabria e Umbria - annunciano i quotidiani - sei arresti per la gestione di rifiuti reflui e fanghi industriali prodotti nel distretto conciario tra le province di Firenze e Pisa. Alcuni soggetti a capo dell'Associazione conciatori di Santa Croce (Pisa) avrebbero rappresentato, spiegano gli investigatori, il fulcro decisionale di tutto il sistema indagato. Per l'accusa, le ceneri di risulta dei rifiuti conciari classificati 'Keu', altamente inquinanti, sarebbero state miscelate con altri materiali e riutilizzate in attività edilizie. Circa 8.000 tonnellate di rifiuti contaminati sarebbero stati usati nella realizzazione del V lotto della Strada 429. Come si legge gli aspetti che caratterizzano questa vicenda, diventano ora dopo ora gravi e preoccupanti fino a coinvolgere anche un Primo cittadino quale la sindaca di Santa Croce Giulia Deidda. Troppi sono gli intrecci evidenziati dalla stampa fra la malavita e le Istituzioni regionali e locali. Il sistema dello smaltimento dei rifiuti, quale membro della VIII commissione ambiente, l'ho sempre ribadito deve basarsi su regole chiare ed impianti sicuri nel rispetto della legge e dell'ambiente. Queste notizie non fanno altro che ribadire l'esigenza di controlli della Legge sempre più forti e costanti, per evitare pericolose derive criminali. Erica Mazzetti, Deputata Forza Italia Read the full article
#AndreaPieroni#CapodiGabinetto#distrettoconciario#EdoBernini#EricaMazzetti#indagini#LedoGori#Ndrangheta#rifiuti#toscana
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Perché un criminale informatico dovrebbe scegliere proprio me?
Un nuovo post è stato pubblicato su https://www.staipa.it/blog/perche-un-criminale-informatico-dovrebbe-scegliere-proprio-me/
Perché un criminale informatico dovrebbe scegliere proprio me?
Ogni volta che un informatico prova a spiegare a qualcuno perché è bene usare password robuste, perché è bene avere il sistema operativo dello smartphone o del pc aggiornati, perché usare un browser moderno invece di uno antico e fuori supporto, perché dismettere Windows XP, Vista o Windows 7, perché attivare un buon antivirus ovunque anche sul Mac, la risposta è quasi sempre “tanto non ho nulla da nascondere”, o “perché un hacker dovrebbe attaccare me?”.
I motivi purtroppo sono moltissimi e cercherò di riassumerne alcuni dei più semplici in maniera chiara. In questo articolo ovviamente assumerò che chi legge non abbia sul computer o sullo smartphone:
informazioni delle carte di credito
foto private che non vorrebbe venissero divulgate
Informazioni, mail, comunicazioni private che non vorrebbe venissero divulgate
perché per ovvi motivi se avete qualcosa di queste, già il fatto di condividerle con uno sconosciuto dovrebbe rendervi inquieti.
Nei decenni il concetto di virus informatico, di cui magari parlerò in un altro articolo, si è estremamente evoluto. Se nei primi decenni della storia di questo genere di attacchi tendevano ad essere visibili e lampanti con messaggi, cancellazione di file importanti, danni estremi al sistema, malfunzionamenti oggi il più grande risultato che un Cracker (si, gli informatici cattivoni sono i Cracker, non gli Hacker, ma anche di questo parleremo in un altro articolo) è creare un virus che sia il più possibile invisibile, sia agli antivirus che soprattutto agli utenti. Se in un primo tempo il divertimento era soprattutto quello di diventare famosi con un’attacco che restasse nella storia o di bloccare un pc per renderlo inservibile dando fastidio all’utente ora il cracking è diventata un’operazione decisamente più su vasta scala e industrializzata.
C’è un solo caso oggi in cui il virus deve essere visibile.
I Ransomware
I Ransomware sono una categoria una categoria di virus venuti alla ribalta relativamente di recente anche se probabilmente il primo fu il trojan AIDS, scritto nel lontano 1989. I più famosi sono senza dubbio Reveton, CryptoLocker e WannaCry. Hanno diversi funzionamenti ma dal punto di vista dell’utente si possono riassumere fondamentalmente in uno.
Il virus viene ricevuto da mail, dalla connessione a una rete infetta (potrebbe essere anche il wifi di un bar, quello di un’azienda, quello del proprio vicino di casa che ha ricevuto a sua volta il virus via mail o da un’altra fonte), da messaggistica immediata, da chiavetta usb o da altre fonti.
Il virus cripta tutti i dati del vostro dispositivo e di tutti i dispositivi collegati (hard disk, chiavette usb, NAS). Per criptare o cifrare si intende rendere illeggibili se non tramite l’inserimento di una password ignota, un po’ quello che tutti abbiamo fatto da piccoli scambiando le lettere dell’alfabeto per mandare messaggi segreti a qualche amichetto, con la differenza che il sistema per cifrare i dati è decisamente più complesso
Il virus tenta di infettare altri dispositivi connessi alla stessa rete o di conoscenti presenti nella rubrica
Il virus mostra un messaggio in cui viene chiesto il pagamento di un riscatto economico per poter rientrare in possesso dei vostri dati
A questo punto, se il danno è fatto, nella gran parte dei casi non c’è più speranza. Ne il miglior antivirus del mondo, ne il vostro amico informatico di fiducia saranno più in grado di recuperare i vostri dati. Le migliaia di foto che avete raccolto negli anni, i vostri preziosissimi mp3, i vostri giga di film (sicuramente acquistati legalmente) sono perduti a meno di sottostare alle regole e inviare il pagamento online.
Non c’è modo di decrittare i dati se non usando la password (le loro sono complicate davvero) che vi potrebbe essere fornita se pagaste. Dico potrebbe, perché come è facile immaginare l’etica di un cracker non lo porta necessariamente ad essere leale, potrebbe anche non aver mai creato tale password, o non fornirvela neanche dopo il pagamento. Wannacry ad esempio ha infettato aziende come Portugal Telecom, Deutsche Bahn, FedEx, Telefónica, Tuenti, Renault, National Health Service, il Ministero dell’interno russo, l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, con oltre 230.000 computer in 150 paesi, è considerato un dei contagi da virus informatico più estesi della storia.
Esiste modo di proteggersi da questo rischio? Sì: aggiornando sempre il proprio sistema, stando attenti a cosa si scarica e a quali reti wifi ci si collega, utilizzando un robusto antivirus, ma soprattutto avendo sempre una copia periodica di backup offline. Che cosa significa una copia periodica di backup offline? Semplicemente un Hard Disk, possibilmente fisico, in cui copiare tutto quello che volete salvare da tenere attaccato al computer solamente il tempo di tale copia, in modo che in caso di attacco ransomware il virus non lo trovi collegato al pc. Google Drive, DropBox, OneDrive e altri sistemi di questo genere sono sufficienti? In genere no. A meno che non li utilizziate appunto senza collegamento diretto al vostro pc i files criptati dal virus sul disco verranno aggiornati anche su questi servizi remoti. L’unico supporto che questi sono in grado di dare, limitatamente al tipo di servizio offerto, è quello di recuperare versioni vecchie dei file e questo potrebbe aiutare, se il servizio non ha limiti di quantità, spazio, tempo di archiviazione, o un servizio (generalmente nei pacchetti a pagamento) specifico per i ransomware.
Le botnet e i computer zombie
La grande maggioranza dei virus di oggi sono invece invisibili, consumano meno risorse possibili, fanno meno danni possibili al vostro sistema, e fanno tutto il possibile per non essere visti. A questo punto vi chiederete cosa fanno. Se qualcuno volesse avere una potenza di attacco informatico tale da bloccare un sistema gigantesco e distribuito come quello di uno dei grandi big dell’informatica come Google, Amazon, Microsoft, Apple, o da bloccare la rete di un’intera nazione, in linea teorica dovrebbe possedere migliaia, meglio milioni di computer sparsi su tutto il territorio mondiale e coordinare un attacco da tutti questi computer nello stesso momento. Roba da fantascienza, no? Solo Google avrebbe abbastanza risorse per attaccare Amazon, solo Microsoft potrebbe avere abbastanza risorse per attaccare Google, eccetera. Eppure c’è chi possiede quantità di computer più che sufficienti allo scopo e ad aver subito attacchi del genere tra gli altri ci sono Twitter, Netflix, Spotify e PayPal, probabilmente il governo degli Stati Uniti (Le novità sull’attacco informatico contro il governo statunitense – Il Post – https://tinyurl.com/ybzb9noo). Chi possiede questa quantità di computer? Esistono aziende che fabbricano virus in grado di prendere il controllo in maniera silente di milioni di computer in contemporanea, se il vostro computer è affetto da questo tipo di infezione non farà assolutamente nulla di strano, soprattutto non lo farà mentre magari state usando le risorse al massimo giocando al Cyberpunk 2020 o montando un enorme video un FullMegaGigaHD, lo farà quando non lo state usando, quando state solamente navigando stancamente sui social, o mandando una mail. Il vostro pc potrebbe essere parte di una di queste botnet, reti di pc zombie, inerti che sono in realtà agenti segreti alla the bourne identity, pronti a essere svegliati e usati per un attacco magari anche per solo cinque minuti per svolgere qualche attività criminale, per far girare immagini pedopornografiche rendendo difficili le indagini e rendendovi virtualmente complici, per fare da routing (passacarte) di comunicazioni terroristiche. Il limite è solo della fantasia di chi possiede la botnet. Non serve neppure possederla tra l’altro, esistono società criminali in grado di noleggiare porzioni di botnet, e a seconda del tipo di attacco che deve essere fatto sono in grado di fornire la giusta quantità di computer posizionati nelle giuste zone. Necurs per esempio è stata una botnet composta da oltre nove milioni di computer di utenti inconsapevoli, e per essere smantellata è dovuta intervenire Microsoft collaborando con 35 nazioni diverse (https://tinyurl.com/y9qjfhmc), la rete per altro non è “cancellabile” perché non è possibile agire su ogni singolo computer, per tanto l’unico modo che si è trovato è quello di prenderne il controllo in modo che non possa più essere usata per fare danni. Di questi nove milioni di utenti probabilmente nessuno o quasi sa che il proprio computer appartiene a quella botnet.
Quanti reati potete immaginare di fare con nove milioni di computer a vostra disposizione?
La stessa cosa ovviamente è fattibile con semplici account social. Se usate una password eccessivamente semplice da scovare (qui una classifica delle più usate e rubate: https://tinyurl.com/y9trgqhs), è facile che il vostro account entri venga violato silenziosamente e utilizzato per dare, di tanto in tanto, senza esagerare per non farvene accorgere, like o recensioni a pagine che pagano per ricevere notorietà illegalmente, o-magari essere coinvolti in qualche altro genere di attività illecita. Oppure il vostro indirizzo mail può essere usato per mandare mail pericolose ma perfettamente credibili, in quanto provenienti da un indirizzo rispettabile e magari conosciuto.
Perché un criminale informatico dovrebbe scegliere proprio me?
Perché tu saresti uno in più per ingrandire un’enorme rete di complici involontari per reati gravi. Perché tu potresti essere uno delle migliaia a cui provare a spillare soldi per riavere i propri dati. Perché se tra centinaia di migliaia di tentativi anche solo un 1% va a buon fine significa che ne sono andati a buon fine migliaia. Perché se è vero che probabilmente verresti scagionato da qualunque accusa non è bello rischiare dover consegnare il propri dispositivi alle forze dell’ordine e averli sequestrati per il tempo delle indagini e con le conseguenze relative in perdita di tempo e sanità mentale.
Qui puoi trovare tutte Le Domande Semplici: Le domande semplici (www.staipa.it/blog/LeDomandeSemplici)
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Arrivare su Marte è questione di sanità mentale. Non perché avventurarsi nello spazio profondo a esplorare un pianeta lontano decne di milioni di chilometri sia da pazzi. Ma perché si rischia di diventarlo per davvero. La tecnologia per arrivarci ce l’abbiamo oppure la stiamo costruendo, manca ancora quella per proteggere i futuri pionieri durante la traversata interplanetaria. Il pericolo ha il nome di 'raggi cosmici', sono invisibili, meno ‘tosti’ di un eventuale asteroide in rotta di collisione, ma molto dannosi per il cervello umano e soprattutto: inevitabili. Possono causare danni anche seri: ansia, perdita di memoria e minare la capacità di prendere decisioni, compromettendo la missione e mettendo a rischio la vita degli stessi astronauti.
Una pioggia di neutroni
Sulla pericolosità dei raggi cosmici sono già stati prodotti diversi studi, anche con risultati contraddittori. Le agenzie spaziali sono ben consce del rischio che si corrono viaggiando per mesi fuori dallo scudo del campo magnetico terrestre sulla rotta verso il Pianeta rosso. Ma le indagini vanno avanti. L’ultima ricerca, che ha coinvolto 17 scienziati esperti in materia di radiazioni e patologie connesse, ha studiato il problema simulando le condizioni che realmente gli astronauti si troveranno ad affrontare. Secondo il loro studio coordinato dall’Università della California Irvine, e pubblicato su Society for Neuroscience, finora nessuno aveva mai riprodotto queste condizioni, cioè una lunga esposizione (diversi mesi) a un basso livello di radiazioni.
I raggi cosmici
Fuori dall’abbraccio protettivo del nostro pianeta e dallo scudo delle fasce di Van Allen, l’ambiente è piuttosto ostile. Oltre a radiazioni elettromagnetiche dal Sole come i raggi ultravioletti e X, lampi gamma provenienti da oltre i confini del nostro Sistema solare e della nostra galassia, ci si immerge in una pioggia di particelle di vario tipo. In particolare però protoni e particelle alfa (nuclei di elio, tipicamente due protoni e due neutroni). La loro origine è varia, possono provenire dai ruggiti della nostra stella (eruzioni ed espulsioni massa coronale), o ancora da molto più lontano. E sono pericolose.
Sono tutte radiazioni ionizzanti, quando colpiscono gli atomi (per esempio del nostro corpo) viaggiando a una frazione consistente della velocità della luce, con la loro energia sono in grado di liberare elettroni, causando seri danni alle cellule e provocare tumori. Ma anche danneggiare il cervello. I fisici alla Colorado State University hanno costruito un macchinario che simula questo tipo di emissioni, irradiando raggi gamma e soprattutto neutroni, che sono una radiazione secondaria, cioè prodotti dalla collisione dei raggi cosmici con le pareti di una navetta spaziale non adeguatamente schermata. “I neutroni producono radicali liberi – scrivono due degli scienziati – molecole reattive che possono danneggiare le membrane delle cellule, Dna e altre strutture fini dell’organismo”.
Problemi di memoria e sociali
I ricercatori hanno esposto per sei mesi delle cavie (topolini) a un basso livello di radiazioni di neutroni e hanno analizzato poi la risposta neurologica. Ne è risultato che le comunicazioni tra i neuroni non erano più efficienti come prima, compromessi dunque, o addirittura non più funzionanti, nell’ippocampo e nella corteccia prefrontale. E questo ha portato all’insorgere di problemi cognitivi, nel comportamento, nell’apprendimento e nella memoria. I topi hanno iniziato a evitare le interazioni con gli altri esemplari, mostrando anche livelli accentuati di ansia.
Gli effetti sugli astronauti
I risultati dovranno essere replicati ovviamente, in altri studi. Ma se proiettati sugli uomini, ci sarebbero grossi problemi per chi deve affrontare un lungo viaggio (almeno sei/otto mesi per andare su Marte, altrettanti per tornare) in uno spazio ristretto assieme ad altri membri dell’equipaggio. Sarebbe molto più difficile prendere decisioni, portare a termine i compiti essenziali per la riuscita e la sicurezza della missione, soprattutto in un contesto così delicato, mettendo a rischio la vita dell’astronauta e quella dei compagni. Secondo i loro calcoli, inoltre, almeno uno, su un equipaggio di cinque, potrebbe sperimentare questi sintomi.
Bisognerà sviluppare uno scudo spaziale che schermi queste radiazioni, come fanno l’atmosfera e il campo magnetico a noi che li aspettiamo sulla Terra. L’acqua come scudo sembra funzionare molto bene ma è molto pesante, e ogni chilo, in un’impresa del genere, conta. Una delle soluzioni che si stanno studiando è quella di proteggere gli astronauti stessi con speciali tute, per limitare pesanti apparati alle capsule. Oppure, suggeriscono gli scienziati, potrebbero essere utili una dieta appropriata e una terapia farmacologica che eviti la degenerazione dei neuroni.
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Robert Taylor
" Il diritto al profitto di un'azienda ha avuto un precedente
sul diritto delle nostre comunità di respirare aria pulita "
Robert Taylor 77 anni che ha toccato una causa
per inquinamento contro le ditte petrolchimiche
Si chiama San Giovanni Battista ed e 'una localita' della Louisiana chiamata "parrocchia". Ce ne sono tante di parrocchia, che significa parrocchia in inglese. Ma nella parrocchia della Louisiana significa piuttosto contea.
La parola deriva dal francese paroisses.
Ad ogni modo, di parrocchie qui a San Giovanni Battista c'e 'ben poco. Nel senso che la zona è piuttosto un cimitero di morte.
Ed infatti il suo soprannome e ' Cancer Alley, strada del cancro.
Quando arrivi a San Giovanni Battista la prima cosa che si vede e 'il cartello che avvisa della presenza di cloroprene nell'aria, sostanza cancerogena che arriva dritta dritta dall'industria petrolchimica. Il cartello è stato pensato dai residenti esasperati dai miasmi e dalla puzza, nonche 'dalla preoccupazione per la loro salute.
Ma tutta la riviera del Mississippi fra New Orleans e Baton Rouge è una successione di fabbriche di morte.
Non per niente si chiama Cancer Alley.
Cancer Alley e 'una strada, o un complesso di strade lunga 150 chilometri che costeggiano il fiume Mississippi e dove ci sono 150 fabbriche petrolchimiche.
Si fabbrica qui asfalto, gomma e oli sintetici. All'inizio, per essere piu 'gentili la chiamavano "Corridoio chimico".
Il limite di distanza tra le case e le ciminiere e 'di 150 metri. Chi ci vive e 'povero, spesso persone di colore.
Nel 2014 uno degli incidenti piu 'gravi della storia recente: 10 giorni di emissioni senza sosta di idrogeno solforato da un impianto Shell. Vieni da copione la popolazione si e 'lamentata di nausea, mal di testa, vomito.
In molti versi la Louisiana e 'una sorta di Basilicata agli steroidi, nel senso che il petrolio ha ingoiato natura, politica e considerazioni, con un po' di contenuti in qua e la, ma alla fine facendo sempre i suoi interessi.
La legge della Louisiana vieta di protestare contro le trivelle, gli oleodotti, le raffinerie.
E 'una legge specifica! Dicono chi chi protesta vicino una "infrastruttura critica" costruita o costruenda rischia fino a cinque anni di carcere.
E infatti c'e 'stata pura della gente che ha protestato contro petrolio e gas e nuovi oleodotti lungo il Mississippi in kayak e sono stati arrestati. In alcuni casi l'arresto è il diritto al voto.
Olio e gas e 'qui un vero cancro, non solo perche' l'incidenza dei tumori e 'alle stelle ma perche' non ne hanno mai abbastanza: c'e 'sempre un nuovo oleodotto, sempre una nuova sostanza chimica, sempre nuovi pozzi , nuovi trattamenti, nuova corruzione, nuovi scoppi.
Il registro dei tumori della Louisiana è soggetto a povertà di 16.000 abitanti.
Perche '16.000 abitanti?
Perche 'la maggior parte delle cittadine lungo Cancro Alley ha * meno * di 16.000 abitanti.
La gente pero 'ha fatto indagini e ha trovato che si, il 20% dei residenti muore di cancro, e che ci sono elevatissimi tassi di asma, aborti spontanei, e mortalita' infantile.
Ogni tanto ci sono proteste e coraggiosi cittadini che cercano di denunciare il tutto.
Esempio: Robert Taylor, un signore 77-enne che assieme ad altre tredici persone ha speso causa contro una specifica ditta: la Denka Performance Elastomer e la DuPont de Nemours che da 48 anni inquinano l'aria.
Questo è l'elastomero di Denka con sede principale in Giappone, uno strumento per la creazione di un nuovo prodotto, l'uso di cloroprene per creare, l'altro, mute subacque. Dal 2015 Denka e 'la nuova proprietaria di questa fabbrica, ma parte del sito appartiene ancora alla DuPont produttore storico.
I tredici sono un gruppo da non invidiare. Chi ha o ha avuto il cancro, problemi respiratori e circolatori, classificato come probabile cancerogeno .
Lo stesso Robert Taylor dice di essere sorpreso di essere ancora in vita.
Dadi che sua madre, suo fratello, sua sorella, suo nipote, vari cugini e suoi vicini di casa sono tutti morti di cancro. Avendo sulle spalle vari di vita, i dadi di ricordare ancora quando Cancro Alley era coperto di polvere e zucchero non troppo lungo della zona lungo il Mississippi in un viale di ferro e di fumi tossici.
Ricorda quando la raffineria - di zucchero - di Parrocchia di San Giovanni Battista chiuse, e l'arrivo nel 1969 della DuPont.
Per tanti anni Mr. Taylor ei suoi amici si sono chiesti degli effetti nefasti della DuPont sulla loro salute, ma in molti hanno pensato che si trattasse di una causa persa.
La DuPont era grande e ricca con uno stuolo di avvocati e di ingegneri.
Loro erano solo persone normali, piu 'povere che ricche, senza agganci politici e senza nessuno che davvero si interessasse alla loro causa.
E nessuno di loro sapeva cosa è successo respirando, e quanto fosse o non fosse pericoloso.
Lo stesso pero 'il signor Robert Taylor nel suo piccolo cerca di organizzarsi e di parlare con i suoi vicini, di capire per quanto gli fosse possibile. Crea una piccola organizzazione in aula Cittadini preoccupati di San Giovanni.
Finchè l'EPA, l'ente di protezione americana per la protezione delle cose sta una lista di sostanze pericolose, una volta considerato la piu 'completa del mondo, spesso usata anche in questioni legali all'estero.
Si chiama IRIS che sta per Integrated Risk Information System .
Nel 2010, l'EPA annuncia che il cloroprene e 'un potenziale cancerogeno e fisso i parametri di emissione a 0,2 microgrammi per metro cubi.
qui livelli elevatissimi di cloroprene .
E poi arriva Wilma Subra , chimico, una piccola grande eroina che cerca di aiutare i residenti di Louisiana a combattere per un ambiente piu 'sano.
Appena concluso il rapporto dell'EPA si mette in contatto con Robert Taylor. Lei ha fornito la scienza, lui l'esperienza.
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#Repost @risvoltidicopertina • • • • • • 🌷 📚 Una rapina in una elegante gioielleria di via Monte Napoleone e la rocambolesca fuga dei due rapinatori attraverso la città, costringe il vicequestore di Milano Loris Sebastiani a rinunciare al suo viaggio in Portogallo in compagnia di una bella donna. La notizia del furto e della sparatoria non può sfuggire a Enrico Radeschi giornalista, hacker e redattore del portale MilanoNera, uno dei primi a recarsi sul luogo, che viene coinvolto nelle indagini della questura in virtù delle sue conoscenze informatiche. Ma Radeschi è invischiato anche in un caso di sequestro messo a punto dalla mafia russa, del quale il vicequestore non deve sapere nulla. In sella alla sua Vespa gialla l’intraprendente giornalista scorrazza per Milano districandosi tra quartieri malfamati, dove le sue frequentazioni non proprio lecite lo trascineranno in situazioni pericolose, e le vie lussuose del salotto buono della città. Alle porte della notte di @paoloroversi è un giallo che regala belle descrizioni di angoli più o meno conosciuti di Milano, un noir ricco di colpi di scena che riesce a divertire e a sorprendere con il colpo di scena finale. Emilia 🌷 di @risvoltidicopertina . 💬 “Qualcosa non torna mentre osservo il coro alle spalle dell’altare. Sembra un soffitto a botte e invece… è dipinto! Un’illusione ottica! Una rapida ricerca in rete dissolve ogni mio dubbio: siccome la chiesa presenta una particolare pianta a “croce commissa”, il Bramante ha dipinto così il coro per trasmettere all’osservatore un senso di profondità. Non aveva lo spazio ma se l’è inventato, ci ha illuso con la prospettiva.” . . 💻 Venite a leggere e commentare la recensione sul nostro sito. Link in bio! #giallo #noir #paoloroversi #recensioni #recensionelibri #libro #libri #recensionivelocidilibri #bookblogger #libridaleggere #instalibri #lettura #leggere #librichepassione #ioleggo #leggerefabene #igreaders #libriconsigliati #amoleggere #bookstagramitalia #continuiamoaleggere #leggerelibri #romanzidaleggere #ioleggoperché #libromania #sololibribelli #bestseller #consiglidilettura ##spunti_di_lettura https://www.instagram.com/p/B-IBprDn95y/?igshid=loibga1jjnr0
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Morte Giulio Regeni, per i genitori persistono zone grigie da parte sia egiziana sia italiana
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Morte Giulio Regeni, per i genitori persistono zone grigie da parte sia egiziana sia italiana
Morte Giulio Regeni, per i genitori persistono zone grigie da parte sia egiziana sia italiana
A quattro anni dall’omicidio di Giulio Regeni è ancora buio pesto sui colpevoli. I genitori del ricercatore italiano ucciso al Il Cairo tra gennaio e febbraio 2016 si dicono molto delusi dall’operato del governo italiano sulle indagini per far luce sulla morte del figlio: “L’ambasciatore italiano a Il Cairo da molto tempo non ci risponde. Evidentemente persegue altri obiettivi rispetto a verità e giustizia”.
L’affondo è soprattutto nei confronti dell’ambasciatore Giampaolo Cantini. Intervenendo alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla vicenda, il padre di Regeni ha anche parlato di “zone grigie” da parte sia egiziana sia italiana. Parlando di ‘altri obiettivi’, i genitori hanno sottolineato anche che Cantini “porta avanti con successo iniziative su affari e scambi commerciali tra i due Paesi, come si evince dagli scambi tra Italia ed Egitto”.
Ma sotto accusa finisce anche l’ex ministro Angelino Alfano: la madre di Regeni, Paola Deffendi, ha infatti ricordato il momento del reinvio dell’ambasciatore al Cairo parlando di “fuffa velenosa” da parte dell’allora ministro Alfano. “Incontrammo Gentiloni – racconta – il 20 marzo 2017 e ci disse che ci avrebbe dovuto convincere della necessità di rinviare l’ambasciatore in Egitto. E noi gli rispondemmo che non ci avrebbe convinto. Poi ci chiamò il ministro Alfano e ci disse che avevano già deciso di rinviare l’ambasciatore al Cairo. E’ stata una fuffa velenosa quella di mandare l’ambasciatore Cantini. Vi chiedo di indagare su cosa stia facendo oggi lo studio dell’avvocato Angelino Alfano nei suoi rapporti con l’Egitto”.
I genitori di Giulio spiegano poi alla commissione di aver scoperto che Giulio era stato torturato leggendo i quotidiani italiani online. “Non ci era stato riferito probabilmente, pensiamo, anche per una forma di affetto e tutela. Siamo però nella società della tecnologia e tutto si viene a sapere”.
La madre di Giulio, ha poi chiarito di aver “collaborato con quattro governi e con diverse persone: “abbiamo incontrato Renzi, l’allora ministro degli Esteri Gentiloni poi divenuto premier. Poi Conte nel governo ‘Conte 1’ e nel governo ‘Conte 2’. Poi il ministro degli Esteri Di Maio e ancora prima l’allora ministro degli Esteri Moavero. Abbiamo incontrato anche il ministro degli Interni Alfano”.
Per il padre di Giulio, Claudio, ci sono “zone grigie sia dal governo egiziano, che è recalcitrante e non collabora come dovrebbe, sia da parte italiana, che non ha ancora ritirato il nostro ambasciatore al Cairo”. “Noi abbiamo delle aspettative, che voi smuoviate la politica. Se la politica non collabora, la Procura di roma fatica ad andare avanti”, hanno aggiunto i genitori del nostro concittadino ucciso in Egitto senza una spiegazione.
L’avvocato della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, ha chiesto di dichiarare l’Egitto ‘Paese non sicuro’: “siamo stati spiati costantemente dagli egiziani”. “Giulio non è stato preso, torturato e ucciso per la sua ricerca. È stato ucciso perché si trovava in un regime dove tutto può succedere”, ha continuato il legale. “Ci sono amici o pseudo amici di Giulio che facevano ricerche più pericolose della sua, ma che non hanno avuto problemi”, ha osservato l’avvocato.
Sulla ricerca universitaria di Giulio la madre Paola aggiunge: “doveva essere un approfondimento sul campo di una ricerca molto più ampia, storico-sindacale. L’Egitto doveva essere un focus come quello sui sindacati, sia quelli indipendenti sia quelli filo governativi. La sua ricerca era più ampia di quella che la stampa ha pensato di evidenziare”. Parlando con varie persone ed esperti, ha spiegato la mamma, è emerso che “la ricerca di per sé non era pericolosa, sono tematiche abbastanza nella norma”. “Dopo l’uccisione di Giulio abbiamo capito che l’Egitto è un paese con una forte dittatura, che potrà essere comoda” per i rapporti commerciali, “ma che ha molte paranoie”.
A quattro anni dall’omicidio di Giulio Regeni è ancora buio pesto sui colpevoli. I genitori del ricercatore italiano ucciso al Il Cairo tra gennaio e febbraio 2016 si dicono molto delusi dall’operato del governo italiano sulle indagini per far luce sulla morte del figlio: “L’…
Nadia Sessa
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