#indagine OCSE
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marcogiovenale · 1 month ago
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analfabeti eleggono analfabeti
Sull’indagine Ocse e la situazione italiana in termini di competenze linguistiche e analfabetismo funzionale:  https://www.repubblica.it/cronaca/2024/12/10/news/ocse_italiani_adulti_analfabeti_funzionali-423875393/ “Dai quindici ai venti punti sotto la media Ocse in termini di capacità di leggere e comprendere testi scritti e informazioni numeriche, come di raggiungere il proprio obiettivo in…
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Analfabetismo funzionale in Italia: un terzo degli adulti a rischio esclusione sociale
Un'analisi approfondita sul fenomeno dell'analfabetismo funzionale nel nostro Paese e le sue implicazioni socio-economiche.
Un’analisi approfondita sul fenomeno dell’analfabetismo funzionale nel nostro Paese e le sue implicazioni socio-economiche. La situazione attuale.In Italia, oltre un terzo della popolazione adulta, compresa tra i 16 e i 65 anni, è classificata come analfabeta funzionale. Questo significa che circa il 28% degli italiani ha difficoltà a comprendere testi scritti complessi o a svolgere operazioni…
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carmenvicinanza · 2 years ago
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Linda Laura Sabbadini
https://www.unadonnalgiorno.it/linda-laura-sabbadini/
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Linda Laura Sabbadini è un’eccellenza  delle statistiche per gli studi di genere di cui è stata pioniera a livello internazionale.
È autrice di più di 100 pubblicazioni scientifiche e monografie che riguardano le diverse dimensioni della vita sociale, superando l’approccio ‘gender blind’ che aveva caratterizzato la statistica ufficiale, fino agli anni ‘80.
Direttrice del Dipartimento per lo sviluppo di metodi e tecnologie dell’ISTAT, fa parte del Comitato Scientifico dell’ufficio parlamentare di bilancio e del Comitato scientifico consultivo della Scuola Nazionale dell’Amministrazione.
Ha ideato rapporti come il Benessere equo e sostenibile per avere una visione integrata tra economia, società e ambiente nell’evoluzione del Paese.
Nel 2008 è stata insignita dell’onorificenza di Commendatore della Repubblica per l’importante e fortemente innovativo apporto fornito allo sviluppo delle statistiche ufficiali sociali e di genere in Italia e a livello internazionale.
Nel 2015 è stata inserita nella pubblicazione sulle 100 eccellenze italiane.
Nel 2021 è stata nominata Grande Ufficiale della Repubblica.
Nata a Roma il 5 maggio 1956 è laureata in Scienze Statistiche e Demografiche.
Lavora all’ISTAT dal 1983 e dal 2000 ne è dirigente.
Nel 1985 ha contribuito allo studio, che è stato pioniere nel mondo, nel mostrare il valore del lavoro delle donne all’interno della famiglia.
Nel 1995 ha partecipato alla Conferenza Mondiale sulle Donne di Pechino, per cui ha curato il volume Tempi Diversi, tradotto in 4 lingue e centrato sull’organizzazione dei tempi di vita di uomini e donne in Italia che, per la prima volta, conteneva la misura della quantità di lavoro non retribuito.
All’ISTAT è stata direttrice centrale delle indagini su condizioni e qualità della vita dal 2001 al 2011, direttrice del dipartimento delle statistiche sociali e ambientali dal 2011 al 2016 e di nuovo direttrice centrale dal dicembre 2019. Da maggio 2022 è diventata direttrice del Dipartimento per lo sviluppo di metodi e tecnologie per la produzione e diffusione dell’informazione statistica.
Ha guidato il processo di rinnovamento delle statistiche sociali e di genere, dando visibilità a donne, giovani, bambini, persone con disabilità, migranti, senzatetto, anziani, persone lgbtq+, alla violenza contro le donne, le discriminazioni per orientamento sessuale, la povertà, il bullismo, il mobbing e la corruzione.
Ha diretto il processo di costruzione degli indicatori del benessere equo e sostenibile oltre il PIL a livello nazionale, contribuendo anche al dibattito a livello internazionale presso conferenze scientifiche di ONU, Eurostat e OCSE.
Ha partecipato, come esperta, alla Commissione Nazionale Parità ed è stata componente della Commissione povertà (CIES). Fa parte del Comitato scientifico dell’Ufficio parlamentare del bilancio.
È stata responsabile di numerosi progetti di ricerca dell’Istat con università italiane e enti di ricerca nel campo dell’analisi sociale, di genere e nel campo della metodologia di indagine.
Ha sempre combinato la sua attività scientifica con una intensa attività di cooperazione con l’associazionismo e il mondo delle ONG.
Editorialista per importanti quotidiani, ha pubblicato contributi sulle disuguaglianze sociali, di genere, generazionali e territoriali.
Ha guidato il processo di rinnovamento che ha dato visibilità nelle statistiche ufficiali alle persone considerate invisibili e sistematizzato la rilevazione dei principali fenomeni sociali rendendo emerso ciò che era sommerso, in un’ottica di qualità della vita.
Ha guidato il processo di modernizzazione delle indagini socio-economiche dell’Istat e delle tecniche di indagine, garantendo anche la rilevazione della mobilità sociale nel tempo.
Ha fatto parte del gruppo ristretto di coordinamento dei direttori delle statistiche sociali di Eurostat, lo Strategical Development Group.
Ha fatto parte dello Steering Group sulle statistiche sociali dei direttori delle statistiche sociali dell’ONU UNECE ed è stata componente di task force strategiche di direttori delle statistiche sociali di Eurostat tra cui Modernisation of Social Statistics, Migration Statistics Mainstreaming, e Multidimensional Measures of Quality of Life.
È stata membro dell’INEGI UNODC Advisory Committee of the Center of Excellence on Crime Statistics, il centro di eccellenza dell’ONU sulle statistiche sulla criminalità in Messico.
Ha guidato la delegazione italiana in occasione delle conferenze internazionali degli statistici sul lavoro organizzata a Ginevra dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro.
Sotto la sua direzione l’insieme delle misure di disuguaglianza e di povertà è stato notevolmente ampliato e arricchito, permettendo analisi approfondite.
Ha fatto parte della Commissione di Indagine sulla esclusione sociale (CIES), istituita dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Commissione per la revisione della metodologia per la stima della povertà assoluta, strategia innovativa a livello internazionale.
Ha diretto la progettazione e realizzazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile per i quali l’Italia ha svolto un ruolo di primo piano sul piano mondiale.
È stata attiva nel Friends of the Chair ONU on broader measures of progress sugli indicatori di sviluppo sostenibile.
L’approccio di genere si è sempre combinato con la misurazione della qualità della vita, attraverso la conduzione di numerose indagini su tutti gli aspetti della vita sociale, raccogliendo informazione sui comportamenti, le aspettative e i sentimenti degli italiani.
Prima ancora che esistessero raccomandazioni internazionali, ha diretto la progettazione e realizzazione della stima della violenza di genere anche nella sua parte sommersa. Per questo ha fornito un importante contributo all’ONU per la definizione delle linee guida per la misurazione della violenza contro le donne a livello mondiale.
Sotto la sua direzione sono state definite le misure della fecondità maschile, dei ricatti sessuali sul lavoro, le rinunce e le discriminazioni subite dalle donne, le difficoltà incontrate nel corso della vita, le forme di vita familiare sperimentate, le cause della denatalità.
Ha fatto parte della Commissione Nazionale Parità, della Commissione Interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento e della Commissione interministeriale contro le mutilazioni genitali.
Ha fatto parte di gruppi dell’ONU sulle statistiche di genere e dal 2007 è componente dell’Interagency and expert group on gender statistics delle Nazioni Unite.
Ha partecipato al G7 delle donne nel 2017 Starting from girls. Women Forum on inequality and sustainable growth e curato la parte statistica del G7 2017 a Taormina.
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raucci · 7 years ago
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È il Paese, secondo l'ultima indagine Ocse, in cui oltre un abitante su quattro è analfabeta funzionale, cioè sa leggere ma non elaborare le informazioni: legge e non capisce. Ossia, come al solito, siamo accerchiati da furfanti ma soprattutto da imbecilli
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pietroguerravideo · 5 years ago
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Indagine Ocse Pisa: divario netto tra Nord e Sud Italia
Indagine Ocse Pisa: divario netto tra Nord e Sud Italia
Fioramonti: ‘Necessario investire di più’
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L’Italia ha purtroppo registrato un peggioramento rispetto ai dati degli anni precedenti e, nella classifica complessiva dei 79 paesi coinvolti nella ricerca Ocse Pisa, si colloca tra il 23esimo e il 29esimo posto. Ancora una volta, emerge un significativo divario territoriale, a conferma di quanto già portato alla luce dai recenti test Invalsi:…
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purpleavenuecupcake · 6 years ago
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CGIA: abbiamo la peggiore burocrazia d’Europa
Nell’eurozona solo la Grecia sta peggio di noi. E questo la dice lunga sullo stato di difficoltà in cui versa la nostra Pubblica amministrazione.  Ci riferiamo al risultato emerso dalla stesura dell’indice europeo sulla qualità dei servizi offerti dagli uffici pubblici dei 19 paesi che utilizzano la moneta unica. Un’elaborazione, riferita al 2017,  che è stata realizzata dalla CGIA su dati della Commissione europea (l’ Indice della qualità della Pubblica Amministrazione è il risultato di un mix di quesiti posti ai cittadini che riguardano la qualità dei servizi pubblici, l’imparzialità con la quale questi vengono assegnati e la corruzione). E se la Finlandia, i Paesi Bassi e il Lussemburgo occupano i tre gradini del podio, Slovacchia, Italia e Grecia, invece, si collocano mestamente nelle parte più bassa della graduatoria.
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“Sarebbe comunque sbagliato generalizzare, non tutta la nostra amministrazione  pubblica è di bassa qualità. La sanità al Nord, molti settori delle forze dell’ordine, diversi centri di ricerca  e istituti universitari – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo - assicurano delle performance che non temono confronti con il resto d’Europa. Ciò nonostante, il livello medio complessivo è preoccupante. L’incomunicabilità, la mancanza di trasparenza, l’incertezza giuridica e gli adempimenti troppo onerosi hanno generato una profonda incrinatura, soprattutto nei rapporti tra le imprese e i pubblici uffici, cha ha provocato l’allontanamento di molti operatori stranieri che, purtroppo, non vogliono più investire in Italia anche per l’eccessiva ridondanza del nostro sistema burocratico”. E ad avvalorare la posizione di coloro che sostengono che per il sistema paese è imprescindibile avere una macchina statale che funziona bene, sono particolarmente interessanti anche i dati elaborati dall’Ocse. Secondo questa organizzazione internazionale,  infatti, la produttività media del lavoro delle imprese italiane è più elevata nelle zone con una più efficiente amministrazione pubblica (Ocse, “Rapporto economico Italia”, febbraio 2017). “Purtroppo, i tempi e i costi della burocrazia – afferma il segretario della CGIA Renato Mason – sono diventati una patologia che caratterizza negativamente una larga parte del nostro paese. In particolar modo le imprese italiane, essendo prevalentemente di piccolissima dimensione, hanno bisogno di un servizio pubblico efficiente ed economicamente vantaggioso, in cui le decisioni vengano prese senza ritardi e il destinatario sia in grado di valutare con certezza la durata delle procedure”. Altrettanto preoccupanti sono i risultati che emergono dalla periodica indagine campionaria condotta da Eurobarometro (Commissione europea) sulla complessità delle procedure amministrative che incontrano gli imprenditori dei 28 paesi dell’Unione. L’Italia si trova al 4° posto di questa graduatoria, con l’84 per cento degli intervistati che dichiara che la cattiva burocrazia è un grosso problema. Solo la Grecia, la Romania e la Francia presentano una situazione peggiore della nostra, mentre il dato medio dell’Unione europea si attesta al 60 per cento (Flash Eurobarometer 457, “Businesses’ attitudes towards corruption in the EU”, december 2017). Se, invece, ritorniamo alla nostra elaborazione su dati della Commissione europea, sono ugualmente impietosi anche i risultati che emergono dalla comparazione sulla qualità della Pubblica Amministrazione a livello regionale. Rispetto ai 192 territori interessati dall’analisi realizzata nel 2017, le principali regioni del Centro-Sud d’Italia compaiono per 8 volte nel rank dei peggiori 20, con la Calabria che si classifica addirittura al 190° posto. Come per il confronto a livello nazionale, il risultato finale è un indicatore che varia tra 100, ottenuto dalla regione finlandese Åland (1° posto), e zero che ha “consegnato” la maglia nera alla regione bulgara dello Severozapaden. Sebbene sia relegato al 118° posto a livello europeo, il Trentino Alto Adige (indice pari a 41,4) è la realtà territoriale più virtuosa d’Italia, seguono, a pari merito, altre due regioni del Nordest: l’Emilia Romagna e il Veneto (indice pari a 39,4) che si collocano rispettivamente al 127° e al 128° posto della classifica generale. Subito sotto troviamo la Lombardia (38,9) che è al 131° posto e il Friuli Venezia Giulia (38,7) che si attesta al 133° gradino della classifica stilata dalla Commissione Europea. Male, come dicevamo più sopra, in particolar modo le regioni del Mezzogiorno dove si registrano le performance più preoccupanti. Se la Campania (indice pari a 8,4) è al 186° posto, l’Abruzzo (6,2) è al 189° e la Calabria, il territorio in cui la Pa funziona peggio tra tutte le nostre 20 realtà regionali, è addirittura al 190° gradino della graduatoria generale, con un indice di soli 1,8 punti.
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marcoleopa · 8 years ago
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2017: analfabetismo Italia
http://www.lavocedinewyork.com/arts/lingua-italiana/2016/03/28/analfabetismo-italiano-e-la-repubblica-fondata-sullignoranza/
Tullio De Mauro è il più autorevole linguista italiano. De Mauro ha insegnato linguistica  in diverse università italiane e ha diretto il Dipartimento di Scienze del Linguaggio nella Facoltà di Filosofia, e successivamente il Dipartimento di Studi Filologici, nella Facoltà di Scienze Umanistiche dell’Università la Sapienza di Roma. Già ministro della pubblica istruzione (aprile 2000-giugno 2001, governo Amato), ha presieduto la Società di Linguistica Italiana (1969-73) e la Società di Filosofia del Linguaggio (1995-97). Nel novembre 2006 ha contribuito alla fondazione dell’associazione Senso Comune per un progetto di dizionario informatico, di cui è tuttora presidente. È socio ordinario dell’Accademia della Crusca, e dal novembre 2007 dirige la Fondazione Maria e Goffredo Bellonci. De Mauro presiede il comitato direttivo del Premio Strega. Ha scritto moltissimi libri, tra i quali il recente Storia linguistica dell’Italia repubblicana (Laterza, Bari 2014).
Professor De Mauro, nel 2010 aveva condotto uno studio sull’analfabetismo in Italia.  Ci fa il punto sui  dati raccolti allora, sulle novità e come si dividono?
“Da molti anni, perlomeno dalla Storia linguistica dell’Italia unita del 1963, ho cercato di raccogliere dati sull’analfabetismo strumentale (totale incapacità di decifrare uno scritto) e funzionale (incapacità di passare dalla decifrazione e faticosa lettura alla comprensione di un testo anche semplice) e ho cercato di richiamare l’attenzione dei miei illustri colleghi sul peso che l’analfabetismo ha sulle vicende linguistiche e, ovviamente, sociali in Italia. Avevamo dati sull’analfabetismo strumentale, ma per l’analfabetismo funzionale avevamo solo sondaggi parziali e ipotesi, a elaborare le quali abbiamo lavorato a lungo in diversi, ricordo qui almeno e soprattutto il professor Saverio Avveduto a lungo presidente dell’UNLA (Unione Nazionale per la Lotta all’Analfabetismo). Dai tardi  anni novanta dello scorso secolo per merito di Statistics Canada (il centro statistico nazionale canadese) sono state promosse accurate indagini comparative e osservative su estesi campioni statistici delle popolazioni per determinare  diversi gradi di analfabetismo nei diversi paesi del mondo. Già nel 2005 ho potuto utilizzare questi dati. Nel 2014 è giunta a compimento la terza indagine comparativa internazionale gestita dall’OCSE (l’Organizzazione di cooperazione e sviluppo economico).  L’indagine è chiamata PIAAC, Programme for International Assessment of Adult Competencies), e per quasi trenta paesi del mondo, tra cui l’Italia,  ha definito cinque livelli di alfabetizzazione in  literacy e numeracy delle popolazioni  in età di lavoro (16-65 anni), dal livello minimo di analfabetismo strumentale totale, a un secondo livello quasi minimo e comunque insufficiente alla comprensione e scrittura di un breve testo, ai successivi tre gradi di crescente capacità di comprensione e scrittura di testi, calcoli, grafici.   Dati analitici sul nostro e altri paesi possono trovarsi in un mio libro più recente, Storia linguistica dell’Italia repubblicana (Laterza, Bari 2014). Qui il nostro focus è l’Italia. Come in Spagna il 70% della popolazione in età di lavoro si colloca sotto i due primi livelli. Soltanto un po’ meno di un terzo della popolazione ha quei livelli di comprensione della scrittura e del calcolo dal terzo livello in su che vengono ritenuti necessari per orientarsi nella vita di una società moderna. Ma il fenomeno ha gravi dimensioni in tutti i paesi studiati anche se nessuno raggiunge i livelli negativi di Italia e Spagna. Più della metà della popolazione è in condizioni che potremmo dire “italo-spagnole” negli USA e (a decrescere), in Francia, Gran Bretagna, Germania ecc. Perfino in paesi virtuosi, per eccellenza dei sistemi scolastici e diffusione della lettura, si trovano percentuali di analfabeti prossime al 40%: così in Giappone, Corea, Finlandia, Paesi Bassi.
Il problema dunque, pur a diversi livelli di gravità, non è solo italiano. Anche dopo avere acquisito buoni, talora eccellenti livelli di literacy e numeracy in età scolastica, in età adulta le intere popolazioni sono esposte al rischio della regressione verso livelli assai bassi di alfabetizzazione a causa di stili di vita che allontanano dalla pratica e dall’interesse per la lettura o la comprensione di cifre, tabelle, percentuali. Ci si chiude nel proprio particolare, si sopravvive più che vivere e le eventuali buone capacità giovanili progressivamente si atrofizzano e, se siamo in queste condizioni, rischiamo di diventare, come diceva Leonardo da Vinci, transiti di cibo più che di conoscenze, idee, sentimenti di partecipazione solidale”.
L’analfabetismo fa credere che la realtà sia diversa da quella vissuta. Quali sono i problemi che il nostro paese affronta a causa dell’inconsapevolezza dei cittadini?
“I problemi sono molti. Mi limiterò qui a ricordare solo quel che illustri economisti come Luigi Spaventa o Tito Boeri hanno spiegato: il grave analfabetismo strumentale e funzionale incide negativamente sulle capacità produttive del paese e, a loro avviso, è responsabile del grave ristagno economico che affligge l’Italia dai primi anni novanta”.
Qual è la percentuale degli italiani che ha una comprensione dei discorsi politici o che capisca come funzioni la politica italiana?
“È certamente inferiore al 30%”.
Secondo Socrate “c’è un solo bene: il sapere. E un solo male: l’ignoranza”. Oggi si combatte l’analfabetismo altrui oppure si usa come arma di sfruttamento per arrivare al potere?
“Purtroppo l’analfabetismo è oggettivamente un instrumentum regni, un mezzo eccellente per attrarre e sedurre molte persone con corbellerie e mistificazioni”.
Qual è la percentuale degli italiani che ha comprensione dei vocaboli ambigui e di locuzioni straniere usati dai politici e dalla TV?
“All’interno del 30% di meglio alfabetizzati solo una percentuale modesta ha una buona conoscenza di lingue straniere e di linguaggi tecnico-scientifici. In attesa di indagini mirate e specifiche, che stiamo avviando, si può ipotizzare che solo il 10% della popolazione in età di lavoro capisce bene tecnicismi e forestierismi”.
Secondo Lei il governo italiano fa abbastanza per il mantenimento e l’insegnamento della lingua italiana all’estero?
“Ci sono da qualche tempo molte buone intenzioni, ma scarseggiano iniziative di sostegno paragonabili a quelle delle istituzioni pubbliche che promuovono lo studio delle lingue di altri paesi. British Council, Cervantes, Centre culturel français, Confucio, Japan Foundation, Goethe…. La Dante Alighieri ha nome analogo ad alcune grandi ed efficienti istituzioni straniere, ma, anche se con un  po’ di finanziamenti pubblici, è lontana per struttura e natura dal poter assolvere ai compiti della complessiva promozione della lingua e cultura dell’Italia fuori di Italia. Di più potrebbero fare i nostri Istituti di cultura se fossero più numerosi nel mondo e ben sostenuti da finanziamenti statali.  Resta da sperare (e a mio avviso non è poco) nel faidatè dei milioni di italiani e oriundi italiani sparsi nel mondo”.
http://www.corriere.it/scuola/universita/17_febbraio_04/gli-studenti-non-sanno-l-italiano-denuncia-600-prof-universitari-3db50faa-eb16-11e6-ad6d-d4b358125f7a.shtml
Possibile ritrovarsi a correggere una tesi di laurea dovendo usare la matita rossa e blu come in un temino della scuola elementare? Purtroppo sì. Basta leggere alcune delle testimonianze drammatiche dei 600 professori universitari che in pochi giorni hanno sottoscritto un accorato appello al governo e al Parlamento per mettere in campo un piano di emergenza che rilanci lo studio della lingua italiana nelle scuole elementari e medie. Ripartendo dai fondamentali: «dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano». Può sembrare un ritorno indietro ma, come spiega Giorgio Ragazzini, uno dei quattro docenti di scuola media e superiore del Gruppo di Firenze che hanno promosso la lettera, «forse stiamo risentendo anche di una svalutazione della grammatica e dell’ortografia che risale agli anni 70». E invece, come già si diceva in un film diventato di culto dopo gli anni del riflusso, «chi parla male pensa male». O, come preferisce ricordare il professor Ragazzini citando Sciascia, «l’italiano non è l’italiano, è il ragionare».
Errori da terza elementare
«E’ chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente - si legge nella lettera -. Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio, alcune facoltà hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana». La notizia non è nuova, ma non per questo è meno drammatica. Anche dall’ultimo rapporto Ocse-Pisa che misura le competenze dei quindicenni di mezzo mondo i nostri ragazzi sono usciti con le ossa rotte. E a sorpresa è soprattutto in italiano che andiamo male. Con buona pace della stanca retorica anti-crociana. Dal 2000 a oggi non abbiamo recuperato mezza posizione, mentre in matematica, dove pure eravamo molto più indietro, abbiamo fatto enormi passi avanti.
Cosa vuol dire «penultima»?
Tra i firmatari della lettera si contano (al momento) 8 accademici della Crusca, quattro rettori, il pedagogista Benedetto Vertecchi, gli storici Ernesto Galli della Loggia, Luciano Canfora e Mario Isnenghi, e poi filosofi (Massimo Cacciari), sociologi (Ilvo Diamanti), la scrittrice e insegnante Paola Mastrocola, da sempre in prima linea per una scuola severa e giusta (giusta anche perché severa), matematici e docenti di diritto, storici dell’arte e neuropsichiatri. Tutti uniti nel denunciare la condizione di semi-analfabetismo di una parte degli studenti universitari. Come racconta bene questa testimonianza di uno dei firmatari: «Mi è capitato di incontrare in treno una studentessa che non sapeva quale fosse la “penultima” lettera del codice di prenotazione del suo biglietto».
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passionevegano · 5 years ago
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Ocse: solo uno studente italiano su 20 capisce ciò che ha letto. E tu?
Ocse: solo uno studente italiano su 20 capisce ciò che ha letto. E tu?
L’indagine Ocse-Pisa 2018, indagine triennale promossa dall’Ocse, ha messo in luce la difficoltà dei ragazzi italiani a leggere e comprendere un testo, difficoltà già evidenziata in passatoda altre analisi. La media, per quanto riguarda le superiori, rimane bassa rispetto agli altri paesi ed è peggiorata nel tempo. Basti pensare che solo 1 su 20 riesce a comprendere un testo dall’argomento non…
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massimo15691 · 7 years ago
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xfiles il nuovo mondo che verrâ
Fonte di una parte dell'articolo di maurizio garbati affariitaliani. Isaac asimov il padre delle tre leggi della robotica e dei robot positronici ,fu il primo a parlare della robotica nei suoi racconti di fantascienza degli anni 40.Dalla fantascienza alla realtà il passo è breve in questo caso, infatti oggi i robot fanno parte a tutti gli effetti della nostra vita quotidiana. le macchine non hanno fattezze umane, c’è un’intera branca della scienza che sviluppa umanoidi di vario tipo. Ci sono poi i robot di servizio, educativi, d’intrattenimento ma anche militari e relativi alla domotica della casa.Utilizzo dei robot umanoidi nella quotidianità Ma secondo le stime gli umanoidi verranno utilizzati sempre di più anche nella medicina, nel commercio, nella logistica, nell’istruzione ed anche in altri settori. Quindi è facile capire perché si parla di un mercato miliardario. Attualmente le aziende che operano nel settore sono ancora concentrate soprattutto sulla ricerca. Tra le sfide più importanti c’è quella incentrata sulle abilità motorie dei robot umanoidi. Si cerca infatti di migliorare le capacità di questi androidi di camminare su qualsiasi tipo di terreno e la loro postura. Non solo, i ricercatori lavorano costantemente anche per rendere i robot sempre più intelligenti ed in grado di agire con buon senso ed in maniera immediata alle necessità che possono presentarsi. Mentre la ricerca continua, ci sono alcuni modelli che sono stati già lanciati e che hanno ottenuto un grande successo. Per esempio, Pepper, il robot realizzato dal gruppo Softbank che in Giappone lavora come receptionist, cameriere oppure commesso. A Dubai invece ha preso servizio il primo poliziotto robot, mentre al festival di Quingdao i clienti sono stati serviti da un umanoide. Mentre l’umanoide più famoso è sicuramente Sophia, il robot “donna” dalle incredibili sembianze umane che oltre ad avere una postura eretta riesce anche a conversare in maniera naturale. Sophia ormai è una star televisiva, invitata da numerose emittenti. Ed è anche il primo robot umanoide ad aver ricevuto una cittadinanza, quello dell’Arabia saudita per la precisione. Questi sono solo alcuni dei robot umanoidi diventati famosi in breve tempo, ma bastano per rendere l’idea del cambiamento che sta avvenendo nella società.Secondo uno studio effettuato da ReportsnReports, nel 2017 il mercato dei robot umanoidi valeva 320,2 milioni di USD, mentre per il 2023 si prevede una crescita che toccherà la cifra di 3,9 miliardi di dollari. In pratica significa che questo mercato è destinato a crescere del 52% circa ogni anno. Attualmente a guidare il settore della robotica sono gli USA, ma secondo le previsioni nei prossimi anni saranno la Cina ed il Giappone a segnare il livello di crescita più elevato. Importante è l’impegno che si farà di questa tipologia di robot nell’assistenza degli anziani.Siamo agli inizi del 1800 quando l’uomo ha cominciato a temere  di vedersi sottratto il lavoro dal progresso tecnologico e  il movimento dei luddisti iniziò a distruggere i nuovi macchinari nelle fabbriche, come i  telai meccanici introdotti dalla rivoluzione industriale, nel tentativo di fermare l’esclusione di manodopera dal settore tessile.e ancora il marketing con la rivoluzione industriale. .come gli algoritmi e l’intelligenza artificiale, un’automazione delle attività  con  software che sono in grado di eseguire operazioni con le caratteristiche dell’intelligenza umana.se come profetico prendiamo articoli o affermazioni che gia si domandavano o affermavano come la rivista life 1963:"l'automazione e i posti di lavoro a rischio"oppure il padre della cibernetica norbert wiener "dominio delle macchine avrebbe potuto condurre a una «rivoluzione industriale di assoluta crudeltà»."Una nuova rivoluzione industriale che porterà ad una produzione automatizzata e interconnessa con macchine sempre più “intelligenti” in grado di scambiarsi informazioni in totale autonomia facendo in modo che la produzione possa auto-controllarsi e favorendo in tal modo l’ ottimizzazione dei processi e l’incremento dell’efficienza..Per Dieter Spath ex-direttore del Fraunhofer Institute for industrial engineering “sarà possibile supervisionare, controllare e programmare a distanza migliaia di macchine in tutto il mondo da un unico luogo.”Secondo i dati  presentati dalla IFR dell'International Federation of Robotics (IFR) nel 2025 il valore di mercato della robotica mondiale sarà di 70 miliardi di euro ed è prevista una crescitamedia annua di robot venduti nel mondo  del 15%. A livello globale l’Asia rappresenta il motore della crescita con il 61% delle vendite e la Cina, con il 25% delle vendite e una crescita del 56%, è diventata il paese protagonista superando la Corea (11%)  e il Giappone (13%). Più nel dettaglio nel 2015 i robot installati nel mondo: Giappone 286.554 ( unità), America nord 260.642 ,Cina 256.463, Corea del sud 210.458, Germania 182.792, Italia 61.282 Con 6.700 robot industriali prodotti in Italia nel  2015 la posizione del nostro Paese nella robotica mondiale ha avuto un incremento del 7% rispetto al 2014, anno che aveva già avuto una crescita del 32% (39,4% secondo SIRI), confermando ancora l’Italia secondo mercato europeo dopo la Germania e settimo nel mondo ed  è una chiara conferma del segnale che esiste anche in Italia una  ripresa del settore.E veniamo alle  stime del World Economic Forum di Davos che  per le 15 economie più importanti del mondo, tra le quali è incluso il nostro Paese, prevede una perdita netta di 5 milioni di posti di lavoro nei prossimi 5 anni per colpa dei robot. Si tratta di una recente indagine che ha interpellato i dirigenti di 371 aziende che impiegano oltre 13 milioni di lavoratori in 15 diversi Paesi.Terry Gregory, Anna Salamons e Ulirch Zierahn   dello ZEW, il Centro europeo per la Ricerca Economica con sede a Mannheim in Germania hanno pubblicato un libro  Il suo titolo è “Racing With or Against the Machine? Evidence from Europe.Secondo gli analisti del Manheim Centre for European Economic Research  l’automazione ha un effetto positivo nella domanda di lavoro in Europa riduce i costi di produzione in quanto La riduzione dei costi del prodotto riduce il prezzo dei prodotti, La riduzione del prezzo del prodotto aumenta la domanda di prodotti L’aumento della domanda di prodotti aumenta l’occupazione.I robot consentono alle aziende di diventare o rimanere competitive e questo è particolarmente importante per le piccole e medie imprese (PMI) che costituiscono la spina dorsale delle economi dei paesi sviluppati. Gli investimenti in robot hanno contribuito al 10% della crescita del PIL pro capite nei paesi OCSE dal 1993 al 2016. Centre for Economics and Business Research. The Impact of Automation 2017.Secondo la Commissione Europea circa 70 milioni di europei non possiedono ancora adeguate competenze di lettura, scrittura e matematica, mentre il 40% della popolazione non dispone delle competenze digitali benché minime. Sappiamo come le nuove tecnologie digitali richiedono livelli formativi e culturali qualificati, dove il capitale  umano, comunque al centro delle dinamiche del progresso, sia in grado di integrarsi in un insieme organizzato di persone capaci sia in relazione all’adozione delle tecnologie che al loro conseguente utilizzo. Per fare innovazione a livello formativo serve tener presente che le nuove tecnologie sono supporti indispensabili da integrare allo strumento principale del docente:  le conoscenze e i saperi disciplinari.  Ma per far questo occorre,  ai diversi livelli del sistema educativo, un’attenta analisi della struttura della disciplina (di Schwab,1971).in conclusione le macchine,il robot,l'androide,l'intelligenza artificiale sostituirà il genere umano in tutti i campi della nostra vita quotidiana,nell'industria,nel campo agricolo,servizi alla persona,disabilitâ,nelle fabbriche,nel campo amministrativo.le risorse umane saranno impiegate nel controllo di questi AVATAR,a casa con il telecontrollo a distanza,con apparecchiature tecnologichele macchine senza conducente sono realtà,i droni saranno al servizio della terza etá l'immigrazione non servirá piú. Il mondo sta cambiando ma noi non ce né accorgiamo.
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effemerideitalia · 8 years ago
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Come combattere la disuguaglianza a scuola
Come combattere la disuguaglianza a scuola
I risultati dei ragazzi italiani nell’ultima indagine Ocse PISA (Literacy scientifica, lettura, matematica) osservati in dettaglio
di Vittoria Gallina
In contemporanea con la conferenza stampa dell’Ocse tenutasi a Parigi, Invalsi ha recentemente presentato i risultati italiani di PISA 2015 (Programme for International Student Assessment). Si tratta del sesto ciclo della indagine Ocse, che si…
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