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PRIMA PAGINA La Notizia di Oggi sabato, 31 agosto 2024
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sophie-blanceur · 6 days
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Perché, come suol dirsi,
la donna deve essere signora di giorno
e puttana di notte.
Ma, soprattutto,
deve essere resa puttana
(lei lo è di suo, comunque)
e se all'uomo viene meno questa voglia
e questa molla, e la rispetta troppo,
tutto il meccanismo erotico si inceppa.
Massimo Fini
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stanza707 · 1 month
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Cronache di un cuore inceppato
Sovraccarico per inutilizzo. Il più delle volte fa il suo lavoro passando inosservato. Il rumore continuo è silenzioso alle orecchie di tutti perché le cose si notano di più quando sono rotte. Così basta che sia stato messo in standby per molto tempo perché il cuore non si ricordi più come gestire le emozioni e quali impulsi mandare al cervello. Finisce spesso per intraprendere la via della non condivisione, tenendosi questi stimoli che rimbalzano all'infinito dentro di sè, facendo impazzire il petto della persona che lo custodisce. E fa di tutto per non lanciare la bomba, perché è così facile ingannare la testa e dirle che si sbaglia, non ci tremavano le mani quando lui si è presentato all'improvviso alla nostra porta. Ha molti diversivi da usare per confondere le acque già molto agitate, tira fuori le lusinghe e le attenzioni di qualcuno per cui non proviamo niente più di lusinga e divertimento e prova a rivivere i brividi che ci ha dato qualcosa che è finito e che non avremmo comunque voluto continuare. Si inceppa e sovrappone scenari fallaci all'unico di cui ci importa davvero, che anche se non ci corrisponderà mai in apparenza resterà sempre l'unico importante, che sopporta e resiste a tutto. È lì, perennemente vivo, a volte celato e mascherato. E anche se il cuore inceppato non lo sa, è impossibile dimenticarlo perché ormai non è più solo lì al suo posto nel petto. È ovunque.
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blackrosesnymph · 7 months
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Forse l'immagine delle due metà a volte si inceppa e una delle due metà paga il prezzo di essere un recipiente dell'altra e così in due si rimane comunque a metà.
Come se già non esistessero rischi nel non pensarsi due interi che si uniscono, invece che due metà che si completano in uno.
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Ci sono storie che durano anni e in questi anni magari ci s’innamora e ci si disamora. Alcuni smettono di amarsi, ma rimangono comunque insieme. Altri decidono di lasciarsi, ma per farlo hanno bisogno di tempo. Prima cercano di capire se sono veramente sicuri, o se è solo una crisi passeggera. Se poi alla fine si convincono che è veramente finita, devono comunque trovare il modo di farlo, trovare le giuste parole per lenire il dolore. Ci Sono persone che su questo punto possono anche perdere mesi, a volte addirittura anni. C’è anche chi ci ha perso una vita e quel passo non l’ha mai fatto. Molti non riescono a lasciare, semplicemente perché non sanno dove andare, oppure perché non riescono a sopportare l’idea di essere i responsabili del dolore dell’altro. Un dolore intenso, che può provare solo qualcuno con il quale abbiamo vissuto in intimità. Si ha la convinzione che un dolore improvviso sia troppo forte e faccia maggior danno di un dolore più piccolo, ma dosato giorno dopo giorno. Questi rapporti vanno avanti anche se chi sta per essere lasciato lo ha già capito. Perché preferisce far finta di niente. Quando nessuno dei due è in grado di affrontare la situazione, il meccanismo si inceppa. Entrambi sono sopraffatti dalla propria incapacità e da quella dell’altro. Allora, prendono tempo. Perdono tempo. Sfiniscono il tempo. La persona che sta per essere lasciata quasi sempre diventa affettuosa, più gentile, più consenziente; non capisce che in questo modo peggiora la situazione, perché qualsiasi persona troppo accondiscendente perde fascino. Più si ritarda, più la vittima diventa debole. C’è anche chi rimanda nella speranza che l’altro faccia un passo falso, un errore, manifesti anche solo una piccola debolezza per potersi aggrappare a quella e usarla come scusa per non sentirsi carnefice. A volte anche quando non ci si ama più e ci si rende la vita impossibile a vicenda si continua a essere gelosi. E non ci si lascia solo per impedire ad altri di avvicinarsi. Sono tanti i motivi per cui si resta insieme.
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Fabio Volo
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ypsilonzeta1 · 2 years
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"La letteratura nasce dalla difficoltà di scrivere non dalla facilità. Dove la penna ti si inceppa, dove non riesci a esprimerti, di lì e solo di lì potrai cominciare a fare letteratura. Scava in quel punto, lavoraci, rosicchia il tuo osso con pazienza. Tutto il resto puoi lasciarlo perdere: dove la penna scorre facile non nasce niente di buono".
Italo Calvino
𝐈𝐭𝐚𝐥𝐨 𝐂𝐚𝐥𝐯𝐢𝐧𝐨 𝐧𝐚𝐬𝐜𝐞 𝐚 𝐂𝐮𝐛𝐚 (𝐒𝐚𝐧𝐭𝐢𝐚𝐠𝐨 𝐝𝐞 𝐋𝐚𝐬 𝐕𝐞𝐠𝐚𝐬 𝐝𝐞 𝐋𝐚 𝐇𝐚𝐛𝐚𝐧𝐚, 𝟏𝟓 𝐨𝐭𝐭𝐨𝐛𝐫𝐞 𝟏𝟗𝟐𝟑
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erikflorence · 2 years
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Quante aspettative conficchiamo come pallottole negli altri. E quanti spari alla nostra tempia. Disinnesca la bomba. Inceppa il colpo in canna. Fai di te il tesoro da proteggere ad ogni costo. Auguri (presso Il Giova) https://www.instagram.com/p/CjaRHixswiP/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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gcorvetti · 2 years
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Che te pare?
Leggo che lo Zio Bill (Gates) quello che ce l'ha micro e soft, ovvio che la moglie lo ha lasciato va bè i soldi però troppi anni con sto micro e soft porella avrà voluto qualcosa di più macro e hard, comunque levando queste basse battute da bar, infatti me la disse un tizio in una delle antiche serate alcoliche di una volta, sembra oramai veramente un ricordo lontano quel periodo che è una grossa fetta della mia vita a pensarci, fortuna che la scorsa settimana ho "festeggiato" 3 anni ad alcol zero, si solo acqua, no no no bevande zuccherate o pseudo non alcoliche, che sono fatte per non farti perdere il vizio, non contengono alcol ma il gusto è quello, psicologico sottile. Ma torniamo allo Zio Bill, leggo che dice che le AI o IA sono una cosa buona, riporto dal post: "Le AI cambieranno il mondo e risolveranno le diseguaglianze". Link in fondo. Ora, partendo dal fatto che Bill, come dicono anche nell'articolo, non è proprio al di fuori dei giochi, si lui non ha più niente a che fare con Microsoft, incassa solo i soldi, ma diciamo che è come Mangiafuoco, questa frase "risolveranno le diseguaglianze" è più o meno la stessa che disse per internet e il lavoro online, non ho trovato il video ma in un'intervista degli anni 90 diceva più o meno che : "Pensate potrete lavorare da casa, senza dovervi spostare, risparmierete denaro e avrete una vita più tranquilla". Adesso, io c'ho lavorato online, più di una volta, ma non per la pandemia, lavori che sono concepiti così da farsi online da casa, si è vero la vita è più rilassata ma bilancia il fattore di altissimo stress di quei lavori, questa come esperienza personale, per quanto riguarda il denaro, il salario non ne fece menzione, giustamente dipende dal tipo di lavoro e dal datore, ma diciamo che questi lavori online sono più o meno come quando vai a fare una stagione estiva nel villaggio turistico, una rottura di coglioni continua e pagata male. Poi c'è anche stata la pandemia, che lui aveva anche previsto, non dico che è colpa sua come certa gente, ha semplicemente fatto una previsione con un margine di errore molto ampio, poteva anche sbagliarsi; con la pandemia si è stati costretti un pò tutti a fare le cose online, con tutte le problematiche di questo mondo, connessioni lente, computer non all'altezza, utenti non all'altezza, ecc ecc, ho letto di persone che volevano distruggere il pc perché non riuscivano a visualizzare la chat, la sentivano ma non vedevano, solo per lezioni a scuola, figuriamoci se c'è un datore di lavoro che ti dice :" LEI perché non accende la webcam, voglio vedervi in faccia tutti, su su, non sia timido" e tu sei a casa con la faccia addormentata il caffè in mano e il pigiama sporco di salsa della pasta della sera prima.
Eh i tempi sono cambiati, non siamo più schiavi di un lavoro monotono e logorante, adesso siamo schiavi di tutto, rinchiusi dentro le nostre vite miserabili e dallo spioncino guardiamo quelle degli altri, senza pensare che ognuno di noi ha la sua battaglia da combattere, ma se la battaglia è più o meno la stessa perché non la combattiamo insieme? Semplicemente perché il sistema vuole che tu ti isoli così potrà bombardarti mediaticamente a libitum, cosa se ne fanno di persone che si incontrano e parlano tra loro per ore, giornate intere; niente! Il sistema si inceppa. Zio Bill che paraculo.
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der-papero · 2 years
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Uno dei paradossi dei capitalismi aziendali è che se ti regalo qualcosa, e ti chiedo un compenso in cambio a piacere tuo, va bene anche se non mi paghi, però moralmente sarebbe corretto perché di fondo stai usando quell'oggetto e ci stai facendo del business con un profitto, allora non se po' fa', il meccanismo si inceppa, l'azienda non caccia una lira.
Se invece ti dico "PAGAMI, altrimenti ti attacchi al cazzo", tutti mettono mano alla tasca senza fiatare, anzi, sono pure contenti.
Non è la prima volta che vedo in vita mia una roba del genere, eh, però stavolta è avvenuto (ed avviene anche in questo caso specifico, nel mio lavoro) in un modo così palese da evidenziare come ci sia veramente qualcosa di incomprensibilmente malato alla radice.
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multiverseofseries · 2 months
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The Maze Runner 2: La Fuga
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In “Maze Runner – La fuga” proseguono le avventure di Thomas e i Radurai al di fuori del labirinto, ma il meccanismo avventuroso si inceppa.
Il fenomeno della letteratura cosiddetta “Young Adult” portata sul grande schermo ha avuto un boom grazie a Twilight e Hunger Games e generato negli anni una serie di pellicole dalla qualità altalenante vedi Beautiful Creatures – La sedicesima luna, l’interessante ma poco incisivo Shadowhunters dirottato in seguito sul piccolo schermo e un paio di degni successori di Hunger Games, i distopici e post-apocalittici The Divergent Series e Maze Runner – il labirinto, quest’ultimo giunto al suo secondo capitolo cinematografico dall’esplicativo titolo Maze Runner – La fuga, che potete trovare anch’esso su Netflix.
Prima di inoltrarci in pregi e difetti di questo secondo capitolo vediamo cosa è accaduto nel film precedente e cosa ci attende in questo primo sequel.
Nelle puntate precedenti…
Thomas interpretato dal Dylan O’Brien della serie tv Teen Wolf si risveglia senza memoria in una radura abitata da una gruppo di adolescenti suoi coetanei e circondata da enormi mura che celano un misterioso e letale labirinto custodito da terrificanti creature biomeccaniche. Thomas ben presto conoscerà i suoi compagni di sventura noti come “Radurai” che da tempo cercano di mappare il labirinto in cerca di una qualche via di uscita grazie ai ragazzi più veloci del gruppo noti come “corridori”. Un manipolo di sopravvissuti al labirinto riuscirà a guadagnare l’uscita solo per scoprire di essere al centro di un esperimento scientifico ordito da una nefasta organizzazione denominata WiCKeD (nei libri la C.A.T.T.I.V.O.) ma non solo, i ragazzi scopriranno che all’esterno il mondo che conoscevano non esiste più dopo che è stato desertificato da eruzioni solari che hanno carbonizzato il pianeta diversi anni prima, così si troveranno di fronte ad un desolante scenario post-apocalittico.
Comincia la fuga…
Maze Runner – La fuga inizia esattamente dove “Il labirinto” era terminato con Thomas e i suoi compagni che vengono prelevati da alcuni uomini e trasferiti in una struttura dove verranno accolti e dove scopriranno di non essere i soli ragazzi al centro degli esperimenti della WiCKeD. Thomas incontrerà colui che sembra a capo della struttura, l’ambiguo Janson (Aidan Gillen), che sembra non avere nulla a che fare con l’esperimento e sembra voler aiutare i ragazzi a trovare un rifugio sicuro. Thomas però nutre dei sospetti che lo porteranno a scoprire che la  struttura è in realtà della WiCKeD e che lui e i suoi compagni non sono altro che cavie da laboratorio sacrificabili al centro di una terrificante sperimentazione per trovare una cura ad un virus che sta trasformando il genere umano in un’orda di rabbiosi infetti noti come “Spaccati”. Scoperto il piano della WiCkeD, i radurai guidati da Thomas fuggono dalla struttura e si inoltrano nella Terra bruciata, un territorio ostile e infestato dagli Spaccati. Il piano è trovare il “Braccio destro”, un manipolo di ribelli che hanno organizzato una strenua resistenza contro gli esperimenti della WiCKeD localizzando diverse strutture di detenzione e liberando molti dei ragazzi destinati a morte certa.
Il mondo post-apocalittico di Wes Ball
Maze Runner – La fuga è il secondo film del regista Wes Ball. Ball è un esperto in effetti visivi e CG e in questo sequel si nota, tutto è visivamente immersivo e curato sin nei minimi dettagli anche laddove il regista rischia un po’ troppo, mostrando in piena luce alcuni infetti realizzati interamente in CG e sfiorando di poco un fastidioso effetto “videogame” già visto nel post-apocalittico Io sono leggenda con Will Smith. Se il mondo post-apocalittico di Ball è visivamente impeccabile, dal punto di vista meramente narrativo manca di quella “ostilità” che si era accennata nella premessa, se non fosse per un paio di incursioni degli Spaccati e una tempesta di fulmini la parte centrale del film, quella del viaggio, si dipana sonnolenta e senza regalare quell’atmosfera da “survival-movie” che ci si sarebbe attesi. Tutto il repertorio alla “Mad Max” è ammorbidito e in qualche modo addomesticato ad uso e consumo di un pubblico di adolescenti, una scelta che pone ancora una volta l’accento sul bisogno da parte dei realizzatori di rivolgersi ad un target ben preciso rischiando, come in questo caso, di edulcorare il risultato finale.
Conclusioni
Da questo sequel ci si attendeva senza alcun dubbio di più, in special modo dopo un primo film decisamente riuscito e capace di svelare e porre le basi dell’enorme potenzialità della storia. Lo scrittore James Dashner ha anticipato che ci sarebbero stati dei cambiamenti rispetto ai suoi libri per dinamicizzare il tutto e così è stato, ma queste modifiche non hanno mutato il dipanarsi della trama che parte col botto, si snoda sonnolenta e si ridesta in un finale che termina con un doveroso “to be continued” che non fa altro che accentuare un secondo capitolo dalla confezione impeccabile, ma palesemente non all’altezza delle aspettative e tutto girato con il freno a mano tirato.
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sophie-blanceur · 8 months
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Perché, come suol dirsi,
la donna deve essere signora di giorno
e puttana di notte.
Ma, soprattutto,
deve essere resa puttana
(lei lo è di suo, comunque)
e se all'uomo viene meno questa voglia
e questa molla, e la rispetta troppo,
tutto il meccanismo erotico si inceppa.
Massimo Fini
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r-roiben-r-blog · 3 months
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Cielo - L’infinito di un sogno (parte prima)
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Il colpo di fucile riecheggia nell’aria polverosa; il suono fragoroso, lentamente, si dissipa nell’azzurro slavato del cielo immenso sopra la sua testa arruffata. Dolcemente, quasi con delicatezza, le piccole ali bianche dell’aereoplano monomotore si inclinano di lato, il suo motore si zittisce, lasciando il cielo in silenzio e in pacifica contemplazione, e la corta fusoliera rossa sussulta lievemente prima di precipitarsi giù, verso la verdeggiante macchia di alberi.
Il respiro si inceppa bruscamente fra il suo petto e la sua gola. Spalanca la bocca e non gli riesce di recuperare l’ossigeno necessario per pensare. “Oh, no. L’ho ammazzato” è il pensiero fisso che gira senza sosta nella sua testa incasinata. Ma infine abbandona ogni ulteriore indugio e, mentre il fucile scivola via dalle sue dita, si precipita in una corsa disordinata e abbastanza penosa verso la distesa di rami verdi che sembrano volerlo deridere con la loro placida tranquillità.
«Plata!» non può fare a meno di urlare, nonostante si renda conto che da quella distanza non lo può sentire.
Sempre ammesso, naturalmente, che sia ancora vivo per sentire qualcosa… Oh! Questo no, era meglio non pensarlo.
Ha il fiato corto. Il suo cuore minaccia di piantarlo in asso da un istante all’altro. Gli bruciano le gambe e i polmoni. Ciò nonostante sta ancora correndo, il più velocemente possibile, perché deve assolutamente raggiungerlo e appurare che respiri ancora, che non abbia effettivamente ucciso il suo migliore amico.
Infine lo avvista, bianco e rosso sullo sfondo verde della foresta, e si permette un minuscolo sospiro di sollievo: se non altro non è un ammasso di lamiere contorte e fumanti. È già qualcosa. Poche sgraziate e traballanti falcate ancora e finalmente lo raggiunge e spalanca il portello con foga febbrile. Qualche misero istante dopo barcolla indietro, centrato dalle nocche spigolose dell’amico. Con il culo ammaccato e la mascella dolorante, risolleva la testa e lo guarda confuso. “Uhm… Non ha l’espressione granché amichevole, a ben vedere” ragiona incerto. E quel sogghigno che arriccia le sue labbra, seguito dal motteggio che fa odiosamente il verso a quel che Salud si era divertito ad affibbiargli subito dopo il loro disastroso atterraggio nella foresta, gli confermano che no, non sembra averla presa troppo bene in effetti. Ma, insomma, non lo voleva certo ammazzare per davvero! Ci mancherebbe. E con tutti i guai che ha dovuto passare lui, per colpa di Plata e dei suoi giochini malefici! Ne vogliamo parlare?
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In tutta evidenza no, non ne vuole parlare. Preferisce prenderlo a calci, questo è sicuro. Gli dovrà proprio far presente, un giorno o l’altro, che i tacchi dei suoi stivali fanno abbastanza male. Magari un’altra volta, ora gli tocca fare a botte. Eh va bè! Un po’ di movimento ci voleva per sgranchirsi, giusto?
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phys4rum · 3 months
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l'ultima seduta dall'analista è finita con "la prossima volta parleremo del fallimento"
a parte che per la psicoanalisi il fallimento è il momento in cui la verità si manifesta. il lapsus per esempio. o banalmente il motivo per cui si inizia la terapia è sempre un fallimento, un qualcosa che si inceppa. ad ogni modo ripenso a quella sera in cui conobbi una ragazza su instagram la mattina, passammo tutto il giorno assieme e finimmo a letto. quella passione ci travolse: io ebbi un attacco di panico, lei fu completamente sotto shock. mi forzavo in cose che non volevo per sentirmi amato e apprezzato e raccontarmi che non ero diverso dagli altri, che potevo avere anche io l'amore e il sesso. lei continuava a saltare da un uomo all'altro rimanendo sempre delusa dalle aspettative che poneva nei loro confronti. fu una notte epifanica, rimanemmo svegli fino a tardi in balcone a fumare e parlare della vita. sono molto legato a quel momento.
e da quelle parole io continuo a pensare incessantemente alla tana di Kafka e a come tutte le mie scelte di vita, le mie passioni, non siano altro che una personale e intricata rete di cunicoli e stanze sotterranee per nascondermi. ma anche lì si sente un sussurro, un sibilo, e ogni volta ricomincio a scavare. e più scavo e più ho paura. sono contento di aver iniziato questo percorso.
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alonewolfr · 6 months
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Il mio cervello a volte si inceppa. Si inceppa su alcune canzoni, su alcuni ricordi, su alcune persone, su alcune parole. Si incanta e non vuole saperne di cambiare musica.
|| L. Messina
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pleonastico · 6 months
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i giorni del dolore che come un'onda ritmica, calda, avvolgente si infrange a riva. sento e scrivo. è un bene stia accadendo perché lavora dentro di me solo quello che sono disposta a tradurre in parola; il resto si inceppa, rallenta. ancora devo capire se io stia dialogando con me stessa o con un fantasma – c'è poi differenza? – certamente però non con chi vorrei.
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macabr00blog · 6 months
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poema sul nuovo millennio
I suoi adepti, fuori,
a rotolarsi nel fango come porci, presto, molto presto
come un ambiente underground diventa un parco giochi
o un parco giochi che diventa
l’imitazione di un Paradiso. I suini
della performance, lui siede a capotavola:
noi, sulla luna, ci siamo già stati.
L’era dell’imitazioni, sfogliando la Settimana Enigmistica,
cercare soluzioni in mille amori,
c’è un bagno chimico alla fine della via che odora
d’estate. Dietro alla scritta Made In Vietnam c’è una
storia di venti stupri americani, io sono un agnello multiforme -
innumerevoli sono i tentativi di trasformazione,
sono troppo presto performante. Ho tredici anni di buchi
sulle mani, stigmate di sonno, mia madre che mi chiede
di tenermi in salvo. Stai attento, dice, credo che la sua bocca
sia un unico pixel, scavallo il palcoscenico dove un
politico di destra si erge a figura mitica, lo chiamavano Sansone -
si è rasato tutti i capelli per l’esecuzione di un impresario.
Si è fatto bello per la disfatta del mondo, suona ad un campanello,
lui è uno che conta. Mio nonno sostiene che il nero
edifica il divenire, perciò con nostalgia bacia la foto di vent’anni fa:
lui e il suo stemma del MSI tatuato a ricamo sulla divisa militare:
mi dice che sono troppo giovane per capire, sono troppo
dispari.
Gli spiriti dei deviati in un classico numero in serie
cinque cifre prima del precipizio, io sarei incatenato ad un letto
d’ospedale: grido il nome di mamma, il nome di Cristo, sono il figlio
cannibale di una nazione silenziosa. L’esercito di improvvisati
nazionalisti che pasteggiano con tacchino e lepre, i fucili ancora
a riposo. Dietro il nero, dietro le casacche, corpulenti strascichi demoniaci
il tempo di un tesseramento e il tenore di uno schiavo sessuale,
mi ricordo di uno di loro rimasto a bocca spalancata e una virgola
di sperma appena prima della ciglia del suo occhio celeste.
Dietro il nero, c’è una tenda che porta ad un giardino di memorie
appese, fotografie di vecchie madri chine a costruire una nazione,
la repubblica ancora giovane prima di inciampare sulle sue stesse
scarpe sfoderate, ero ancora troppo giovane, sono ancora troppo
dispari.
La Bibbia di me stesso resa universale, le mie mani che tendono verso
la fine delle sue carezze,
sono oltre le colonne, sono oltre la scuola elementare, voglio
che mi racconti della volta in cui ti hanno arrestato, perché
eri così giovane, così giovane, troppo dispari,
che fine ha fatto il labirinto? Sei troppo arrabbiato con me,
la danza degli oggetti diventa scema, il poeta senza laurea crepa,
il dottore mi apre la pancia, ci trova i resti di un disordine camerata.
Io te l’ho detto, lo ribadisco, rimarrò dispari
con questo disturbo da troppe lettere
che mi si inceppa in gola, i miei termini arcaici e la proprietà
unica dimora privata - di linguaggio
che mi porta su Marte: sulla luna ci siamo già stati, eravamo
ancora americani, eravamo ancora nazisti travestiti
da pace, eravamo ancora rivoluzionari con la divisa della Nato,
venti minuti l’uno addosso all’altro, era estate e d’altronde
non potevamo essere altro. Amarti il mattino quando
nessuno ci vede: tende chiuse, luci spente, il sole
non è il sole nel cosmo del tuo pube
reso cieco dalle scorse
venti ore di marijuana e coca zero. Il film senza spettatori,
i padri che aspettano di ridere senza riferimenti colti alle disfatte dei
figli, ora sei gay di default, sopra alle isole sconosciute della mia pancia
aspetti un figlio che chiameremo Pier Vittorio, avremmo una
pensione come ce la meritiamo, e una serie tv sui vizi del Papa
da consumare come due clandestini. Meglio fingere
di credere, che credere e poi fingere di stare bene,
io con la dolcezza di un papavero, estraggo oppio per tornare a dormire,
tu con le mie carezze, i tuoi capelli margherita, cadono a fiotti.
E’ la malattia o la primavera?
E’ un sollievo temporaneo, almeno, tane come fossimo ai domiciliari,
io latitante nei tuoi sogni di porpora, fingere di credere, fingere di
credere, il figlio di un eroinomane
e il figlio di un democristiano, ti accarezzo le palpebre perché
so che non hai paura del buio. Hai paura di Dio, sai che se non
credi è peggio, da bambino volevi fare il prete poi
la religione ti ha fatto violentare, schiavo nell’abisso del nulla,
ci sei già dentro a piè pari, ne amplifichi il bisogno.
Il liquido che aveva santità, me lo ha detto
un Angelo, nessun altro,
è urina lasciata scorrere nella gola,
mi aumenta il fetore. Così ti
lascio andare, come farebbe qualsiasi altro padrone benevolo,
come farebbe qualsiasi altro difettato senza speranza, sterile
amante dispari, come una trave di tempio al mare,
io soggetto, oggetto, forma, essenza
io mi ricordo di quella volta in cui assaggiai il sapore dell’estate
da solo
fu l’ultima, non ci voglio tornare più. Ora
il mare sa di lamponi salati, mi piace, ora il vento
sa di cenere, mi piace, ora tu di spalle di fronte alla libreria enorme
del tuo salotto,
io sto qui e immagino casa,
bene,
io sto qui e mi piace, e ora a quale autore ti impicchi
poeta?
In quale casa? Sopra quale libreria? La poesia
ti ha salvato la vita, Poeta, ora cosa ne sarà del resto
della tua esistenza? Vivrai da Martire,
bruciato a vita, bruciato vivo, un cammello senza testa e con
le mani: sei ricoperto di sabbia. Stai invecchiando, Poeta,
cosa ne sarà della tua poesia?
I vertici del tuo respiro chiusi dall’asma, le salme dei
tuoi antenati esposte a raffineria, domani succede
che fanno le primarie e io mi sparo, mi sparo in bocca,
vorrei che lo facessi tu in estrema divinazione da assenzio, ma
hai scelto la via sporca della sobrietà, ora non c’è nulla in te
che mi ricorda mio padre.
Mi rassicura ma mi uccide, mi protegge ma mi espone quando i miei
occhi indagano dettagli confusi. Io ero
dietro il nero,
io ero dietro il nero il nipote più
dispari, la mia è la mano di un diavolo qualunque, tu volevi
una ragione, una sola ragione, penso di avertela data.
Il Messia ha scordato le chiavi di casa, ma non ha
mai scordato il nome di sua madre. Tipo il richiamo degli
uomini, tipo il libro sulla droga, tipo quella foto a vent’anni dove assomigli
ad un agnello.
Hai terminato la mutazione. Tu, almeno, ce l’hai fatta, Poeta.
La vita con te come due bracconieri dell’insonnia, trascinare
anima e corpo alle porte del Paradiso, noi nudi e distratti dalla stagione
peggiore. Mi fermo e ti dico: non so se ce la faccio ad andare oltre.
Noi dentro le porte del Paradiso, qui è pieno di Santi tristi e
Eroi di guerra con le mani sporche di interiora,
assomiglia ad una terra di promesse,
io e te non siamo fatti per questo.
I morti si amano come figli,
il tuo viso scavato dal freddo, il mio reso rosso dalla ricerca di dimora,
una volta al mese scavando morti casalinghe, senza uscire di casa,
arrestati per atti indecenti o per possesso di bocca. Io
detengo la voce addomesticata dalla campagna, tu hai
una penna affilata che usi come bisturi, siamo l’uno davanti all’altro
su un altare-sala operatoria-scrivania-letto
ad aprirci i costati, si voti per eleggere il Segretario!
Punto di ritorno e via del ripristino, la domenica le case
si svuotano per dare una pista da ballo ai topi,
e il tuo naso da ratto
e i miei capelli da pulce,
bugiardi performanti cadaveri
un giorno saremo un poema.
Per oggi, solo una penna
che si lascia rotolare nel fango del nuovo millennio.
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