#in vino gravitas
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As seen on Ko-fi, now on AO3!
Characters: Fenris & Anders
Tags: Past rape, past torture, past abuse, rape/non-con mention, backstories
Rating: Mature
Summary:
Anders and Fenris have been civil to each other lately, having decent, even pleasant conversations for the last couple of weeks. One night, after too many drinks, they have an argument, and their backstories unravel in front of each other.
By some miracle, Anders and Fenris are actually getting along. While in combat, they had to watch out for each other, Fenris’ sword protecting Anders’ flank, Anders’ magic ensuring Fenris stays standing. Off the battlefield, it’s another story entirely. After four years of knowing each other and traveling with Hawke, they are still at each other’s throats.
Tonight has been especially good. Hawke spent the last month trying to convince Anders that surely there were things in common that he shared with Fenris. They might never be bosom buddies, but Hawke is certain that there are things about their histories that could help them understand each other, even if a little bit.
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#in vino gravitas#fenris#anders#da2#ocean writes#reblogs likes and comments all welcome and greatly appreciated!#thank you for reading!
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Tutto pronto a Sassari per Wine&Life 2023: tante novità tra arte, cibo e centro storico.
Tutto pronto a Sassari per Wine&Life 2023: tante novità tra arte, cibo e centro storico. Saranno tre giorni dedicati al vino di qualità, con circa 50 cantine distribuite su tutta la Sardegna ed una rappresentanza di produttori da Veneto, Toscana, Puglia, Sicilia e Abruzzo. Presenti anche quest’anno alcune aziende vinicole direttamente dalla Francia e dalla Corsica. In tutto oltre 300 etichette dei migliori vini italiani e dell’area mediterranea che gravita intorno all’Isola. Un’edizione di Wine&Life, questa quarta, caratterizzata da tante novità. Non solo vino, ma anche buon cibo. È stata allestita infatti una ricchissima area food con pietanze caratteristiche della tradizione Sarda. Sono 10 i ristoratori provenienti da ogni parte dell’isola che hanno già aderito a Wine&Life 2023. Veniamo alle novità di questa quarta edizione del Salone Vinicolo. Anzitutto la location. Visto il successo e i grandi numeri registrati nel 2022, sia a livello di cantine che di pubblico, l’appuntamento di degustazione del Salone Vinicolo Wine&Life 2023, divenuto ormai il main event della manifestazione, si svolgerà nei locali della Promocamera di Sassari, a Predda Niedda. Lungo tutto l’arco della giornata di domenica 19 novembre, a partire dalle 10, i visitatori avranno l’occasione per provare alcuni dei migliori vini della Sardegna in abbinamento ai cibi preparati con ingredienti di qualità proposti dai ristoratori dell’area food. A disposizione degli amanti del vino ci saranno migliaia di kit composti da calice in vetro, tasca a tracolla e fiches di degustazione. Inoltre, quest’anno sarà possibile acquistare le bottiglie direttamente presso lo stand delle cantine. Nelle prime due giornate del weekend il grande protagonista sarà il centro di Sassari. Non sarà infatti spezzato il forte legame che ha caratterizzato la manifestazione ed il cuore pulsante della città sin dalla prima edizione. Le giornate di venerdì 17 e sabato 18 novembre saranno interamente dedicate alle vie del centro cittadino grazie alla sinergia tra Comune di Sassari, esercenti, ristoratori ed alla Pinacoteca nazionale. Saranno proposti menù a tema nei bar e nei ristoranti aderenti, oltre al consueto appuntamento con l’aperitivo nelle “Botteghe Storiche” che gravitano nell’area compresa tra piazza d’Italia, l’Emiciclo e piazza Tola. Si tratta di una formula ormai collaudata per Wine&Life che ha lo scopo di coinvolgere gli esercenti, le istituzioni e soprattutto i cittadini che nel fine settimana frequentano il centro di Sassari. L’appuntamento è realizzato con il contributo del Comune di Sassari, che anche quest’anno ha tenuto particolarmente a mantenere un forte legame tra Wine&Life ed il nucleo storico di Sassari, insieme alle attività produttive che animano le vie più note della città. Il sabato sarà caratterizzato da una delle novità di questa quarta edizione: il legame tra vino e cultura. Il pomeriggio, dalle 16 alle 20 il vino incontra l’arte con l’aperitivo nella Pinacoteca nazionale di Sassari. Nel palazzo storico di piazza Santa Caterina, a Sassari, sarà allestita la mostra pittorica “A spasso tra le opere d'arte per parlare di uva e di vino” con opere realizzate tra il ‘500 ed il ‘900. È prevista una visita guidata ogni 30 minuti, per un massimo di 20 persone. Naturalmente ai visitatori sarà offerto un aperitivo gratuito dagli organizzatori di Wine&Life, con alcune delle etichette presenti al salone vinicolo. Ad ospitare un “aperitivo storico” saranno altri due gioielli della rete museale Sassarese, Palazzo Ducale e Palazzo di Città (ex teatro Civico). In entrambe le strutture sarà allestito un punto mescita presidiato da sommelier per una degustazione illustrata di alcune delle etichette presenti al Salone Vinicolo. Anche questa edizione 2023 del Salone Vinicolo Mediterraneo Wine&Life si svolge grazie al patrocinio della Presidenza del Consiglio della Regione Autonoma della Sardegna, dell’Assessorato Regionale al Turismo e del Comune di Sassari. Inoltre, dal 2022 la manifestazione è inserita nel programma “SALUDE & TRIGU”, il progetto di promozione della Camera di Commercio di Sassari. L’evento vanta anche la collaborazione con Federazione Italiana Pubblici Esercizi, Confcommercio nord Sardegna e le associazioni Onav (organizzazione nazionale Assaggiatori di Vino), Ais (Associazione Italiana Sommelier) e agenzia Laore. Il programma dettagliato del Salone Vinicolo Wine&Life 2023 può essere consultato sul sito www.salonevinicolowinelife.com, sulla pagina Facebook e sul profilo Instagram. Il programma Venerdì 17, a partire dalle 19:00 fino alle 23:00, i ristoratori aderenti a Wine&Life 2023 proporranno cene ed aperitivi a tema, con una vasta scelta di menù tematici in abbinamento ad alcune delle etichette presenti al salone e pensati apposta per l’occasione. L’elenco completo delle attività coinvolte è visibile sul sito salonevinicolowinelife.com. Sabato 18 invece tornano gli aperitivi nelle “Botteghe Storiche” del centro. A partire dalle 16:00, alcuni dei più iconici negozi del centro storico metteranno a disposizione di Wine&Life degli spazi ad hoc nei loro locali per offrire gratuitamente ai visitatori un aperitivo illustrato da un sommelier, con protagonisti i vini di alcune delle cantine partecipanti al salone. Sul sito salonevinicolowinelife.com è presente l’elenco delle botteghe aderenti. Nel pomeriggio, sempre dalle 16:00, inizieranno anche gli “Aperitivi nei monumenti cittadini e nella Pinacoteca nazionale” con le degustazioni gratuite presso Palazzo Ducale, Palazzo di Città e la Pinacoteca nazionale, in piazza Santa Caterina. Domenica 19 si terrà il momento più atteso della manifestazione: la giornata dedicata alla degustazione. Si svolgerà nei locali della Promocamera di Sassari, a Predda Niedda. I cancelli apriranno alle 10:00 e chiuderanno in tarda serata, alle 19:00 circa. I visitatori potranno acquistare in cassa i kit degustazione che comprendono un calice in vetro, una tasca a tracolla e 6 fiches. La formula è la stessa delle edizioni precedenti: consegnando una fiche presso una delle cantine si avrà diritto all’assaggio di uno dei vini presentati nello stand. Quest’anno sarà inoltre possibile acquistare le bottiglie direttamente negli stand delle cantine, ma per ragioni di sicurezza, all’interno della struttura coperta di Promocamera non sarà possibile consumare i vini acquistati in bottiglia. I kit degustazione possono essere prenotati anche online su Eventbrite, per saltare la fila alla casse e accedere direttamente all’area ritiro calici. Per raggiungere Promocamera, l’ATP ha potenziato il servizio di trasporto pubblico: tra via Tavolara e Predda Niedda sarà disponibile una corsa ogni 30 minuti al costo del biglietto urbano. A partire dalle 12.00 i visitatori potranno seguire le master class organizzate dall’agenzia Laore nell’area degustazione. Qui un elenco delle masterclass.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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CLASSIC POP ––––––MATÍAS RIVAS ENTREVISTA A JUAN GUILLERMO TEJEDA A PROPÓSITO DE LA EXPOSICIÓN FEROCITAS
¿POR QUÉ MUESTRAS ACUARELAS?
Cuando estudié Bellas Artes me di cuenta de que era más bueno para el dibujo que para la pintura. Tenía una facilidad natural. Incluso me retaban por ser demasiado bueno. Me entendía con los que eran más dibujantes, la Gracia Barrios, Nelson Leiva, o Reinaldo Villaseñor. Una vez trazado un dibujo, la manera de transformarlo en pintura es meterle color, lo han hecho muchos grandes maestros. Durero o Ingres por ejemplo. La acuarela sobre lápiz permite que el dibujo mande. También está el hecho de haber trabajado durante años como ilustrador, en Barcelona, entonces recurrí mucho a la acuarela. Esta serie la empecé hace como diez años. Pinté primero unas 20 acuarelas, boté 10, después hice más. Pasaron seis meses, y empecé de nuevo. Hice una muestra en Viña del Mar en la galería Modigliani de mi amigo Dino Samoiedo, y la verdad es que a la gente le gustaban, eso me pareció, miraban, se reían, comentaban... Después, con los años, fueron aparecieron más, otras más y vino el tema de los marcos, de ponerlas en marcos viejos. Entonces las acuarelas empezaron a ser una presencia en mi estudio. De repente tenían coherencia interna. Pero dudaba de hacer o no una exposición, pedía opiniones... Al final me dejé caer por el barranco.
EL NOMBRE FEROCITAS ¿DE DÓNDE LO SACASTE?
Es que entretanto me puse a leer a los clásicos, y en Cicerón, que a mi profe Rafael Otano le gustaba mucho, encontré un párrafo acerca de las edades del hombre. Distinguía la pueritas, que es la edad de los niños, la gravitas, de los viejos, y la ferocitas de los jóvenes. El varón joven, dice, tiene una cierta manera de andar achorado, medio feroz. Tiene mucho que ver con el cuerpo masculino que sale de la infancia en busca de guerra, de identidad.
YA QUE MENCIONAS A GRACIA BARRIOS Y A BALMES ¿A QUÉ PERÍODO DE TU VIDA TE REMITEN?
Para mí la Universidad de Chile fue una salvación. Ahí me recuperé como persona. Lo había pasado muy mal en el Liceo Alemán, que era una cosa espantosa, con una vida desagradable que los curas se encargaban de empeorar aún más. En cambio la Chile, la Escuela de Bellas Artes, fue para mí como estar en mi casa. Con mi padre yo había tenido una formación artística laica, éramos niños y escuchábamos hablar de Proust o de Thomas Mann, en el tocadiscos sonaban Bach, Louis Armstrong, Gardel, no quiero parecer pesado porque era algo natural, muy de mi padre, sus libros, sus penas, sus bares, sus amigos. En Bellas Artes volví a un mundo similar. Me di cuenta que había una escuela parecida en todas las grandes ciudades, éramos parte de una red mundial de artistas. Los artistas, además, se conectan muy bien con el pasado. Estudian a Velázquez o al Bosco como si fueran amigos personales.
¿QUIÉNES TE MARCARON DE ESA ÉPOCA?
Nelson Leiva fue quizás el más importante para mí, primordial. Gracia Barrios y Balmes también. Y Adolfo Couve, Marta Colvin, Carlos Ortúzar, Martínez Bonati, Iván Vial. Me siento parte de ese mundo.
¿A QUE TE REFIERES CUANDO DICES CON QUE PERTENECES A ESE MUNDO?
Sostengo que siempre he hecho arte, incluso cuando se trata de algo que no es considerado específicamente como arte. Por ejemplo, si hago una etiqueta de vino me pongo en el tema con la misma cabeza con que uno puede hacer una pintura. No todos lo entienden. Creo que me ha tocado vivir una época del arte un poco rara, un mal momento, donde hacer arte se ha ido transformando en una serie de ceremonias hechas por los artistas para los artistas, para los curadores y los críticos. En ese sentido me siento más cómodo con los sitios web o las asesorías estratégicas o el diseño. Tal vez ahí es donde está finalmente el arte de hoy, esta cosa de las bienales, de los museos, las galerías, siendo también interesante y bonita, tiene a veces un algo fracasado, son como un micromundo... Empecé a trabajar a los 16 años en revistas como Paula o Plan, o en La Nación. Me impresionaba que mis dibujos estuvieran en todos los quioscos, era emocionante.
ESA ES UNA ACTITUD POP
Es que el pop para que sea pop tiene que estar en la calle. Sin público amplio no existe el pop real.
QUÉ FIGURA CHILENA CONSIDERAS POP?
Nicanor Parra es lo pop chileno. Yo me siento muy cerca de él, hice los dibujos de los Artefactos cuando era un joven. Me gusta mucho su pretensión de estar con un pie en la calle y con el otro en el infinito artistico.
HAY ALGO EN TU CONDICIÓN QUE NO SE RINDE ANTE EL PESIMISMO NACIONAL
Para mí la energía es algo fundamental en el arte. El arte moribundo, dejado, tristón, no me atrae mucho. Claro que para ganarse un Fondart o un Premio Nobel es mejor ser lúgubre, si eres muy alegre no tienes muchos puntos. Es la vieja rivalidad de la tragedia, más elegante, con la comedia, más cercana a la gente.
ESA APUESTA TUYA TE HA TRAIDO PROBLEMAS CON EL MUNDO DE ARTE CHILENO, PERO TAMBIEN TE HA TRAÍDO SATISFACCIONES. ¿COMO DESCRIBIRIAS ESA TENSION?
Siento que me han dejado fuera, y con razón, porque yo me fui del arte propiamente tal. Además vivi 14 años de un exilio donde igual logré ser reconocido. No veo grandes fronteras entre el diseño y el arte, me da igual una cosa que otra, pero la gente necesita etiquetar, poner fronteras, establecer aduanas y peajes. A mi me gusta is donde está la acción, donde está la gente, el erotismo, el enredo. Me atraen las obras o los productos mucho más que los gestos, y los artistas de hoy se han especializado en lo gestual. Considero modestamente que lo que hago tiene una estructura interior propia, o sea no necesito arrimarme a ningún formato. Mi obra, si lo es, se sostiene sola porque está hecha desde la verdad, desde mi mismo. No trato de ser nada ni de demostrar nada. Si quiero dibujar dibujo, si no quiero no me siento obligado. Aunque no siempre lo acompañe uno la inspiración.
LA INSPIRACION PARECE HABER DO EXTINGUIDA DEL VOCABULARIO SOBRE ARTE
La inspiración tiene que ver con las emociones, con las experiencias, con el estado de ánimo, con el ser en estado puro, Es verdad, está un poco desprestigiada en el arte de hoy, donde brillan más los operadores, los instaladores, los coradores, o sea los estrategas artisticos. Es el arte como guerra, no como asunto. del corazón... Para mí que existen la felicidad y la infelicidad, ambas. Si fuésemos siempre felices no hariamos nada. Uno necesita ciertas cosas y quiere conseguirlas: eso es la vida, así existimos. Se hace arte desde la pasión, desde aquello que te atrapa. Spinoza tiene muy bien definido el funcionamiento humano. Queremos perseverar en nuestro ser, dice, y de ahí que estemos en movimiento, presos de las afecciones, o sea de la tristeza, la alegría, la incertidumbre, el odio, el amor...
EL TEMA LATINO ESTA PRESENTE EN TU OBRA POR LOS TÓPICOS QUE ABORDAS, SIENTES QUE TE HAS APROPIADO DE ESA CULTURA COMO REFERENTE PARA ESTA EXPOSICION
Desde luego, la pintura romana o latina es la primera pintura culta. Para mi ha sido una fuente de inspiración. Incluso un tiempo copié cosas romanas en Barcelona. Me gusta mucho ese espiritu, los colores, aquella especie de ligereza un poco brutal. En esa corriente precristiana hay una naturalidad entre la muerte y la vida, entre el dolor y el placer, entre la guerra y el buen vivir. El talante mediterráneo me golpeó muy fuerte: el gusto por los placeres sencillos tales como acariciarse, comer, beber, dormir la siesta... La sencillez de las cosas que parecen tan difíciles. En Chile hay en cambio una onda anglosajona y alemana. Levantarse muy temprano, ducharse con agua helada, trabajar por miedo al castigo, comer ensaladas con limón y sal, hacer todo con una finalidad... una asquerosidad de vida. Sin embargo por el lado de mi padre mi educación tenía que ver con sacarle partido al instante, no hacer grandes planes para el futuro, disfrutar de la comida, la bebida, del sentido de humor. Desde que llegó el cristianismo estamos un poco frigorizados, viviendo una post edad media muy chilena, que se basa en el horror al cuerpo, el odio al placer, la evitación de la belleza, de la inteligencia, el infinito posponer lo agradable. Lo que yo pueda hacer como artista también tiene que ver con eso, con retomar la raiz clásica que está en nuestros corazones. Vamos a morir, así es que hay que vivir.
¿CÓMO VEN TUS COMPAÑEROS DE GENERACIÓN ESE GUSTO TUTO POR LO ANTIGUO Y LO LEVE?
Formo parte de una generación destrozada por Allende, Pinochet y sus respectivos mandos medios. Quedamos dispersos para siempre. En las obras somos todos muy distintos, pero en las relaciones si tenemos una frecuencia especial. Con Nelson Leiva y con Jaime Calabacero, músico que vive en Holanda, hablamos hasta el día de hoy con un tipo de humor, de ironía ilustrada, de soltura, que la tenía también Adolfo Couve y que la reconozco ahora en sus discípulos.
¿QUE PERSONAJES FUERA DE CHILE FUERON IMPORTANTES PARA TI
Turner, o Caspar David Friedrich, los románticos la pequeñez del ser humano ante la inmensidad y amenaza de la naturaleza. He usado también a Modigliani para los ojos, o para el dibujo de los cuerpos, de los brazos. Mattise fue un ídolo para mi, por su elegancia, así como Picasso, Klee, Cezanne, y los expresionistas alemanes, por ejemplo Macke, o Max Beckmann. Ellos son los pintores de mi formación, de toda mi vida, a los que estudié dedicadamente... A lo mejor no se me nota. Otro grupo de pintores que me producía mucho interés eran los de la Neue Sachlichkeit. Hacían unos trabajos que parecían muñecos de cera, medios terribles, entre monstruitos y bellos, como retratos de la ciudad industrial. David Hockney también me importó. Tiene esa cosa entre ilustrador y pintor, muy británica, un poco alegre y un poco irónica, levemente superficial. O Saul Steinberg, que ilustraba para el New Yorker. Después, los italianos de la Transvanguardia, el grupo Memphis, los alemanes neoexpresionistas, y en Barcelona Mariscal o Tapies. La Sezessión vienesa, Egon Schiele, que también hizo mucho en el tema erótico, Peter Fendi, otro que tal, Topor, en fin...
VARIOS DE LOS QUE MENCIONAS COMO REFERENTES TIENEN ALGO EN COMÚN: EL HUMOR, QUE TAMBIÉN ESTA MUY PRESENTE EN TUS OBRAS.
Trato de que las cosas queden un poquito tiernas, cariñosas, que no sean tremebundas ni muy agresivas, y ojalá tengan ligereza. Me parece muy propio de la cultura romana, mediterránes, y de mi padre, eso de no tomarse nada tan en serio, de vivir con cierto relativismo, Creo que es también la filosofia de los jóvenes, de los que son mis alumnos. Con menos pretensiones logran más de la vida.
TIENES ADEMÁS UNA RELACIÓN PLACENTERA CON HACER CUADROS QUE GUSTEN, LO QUE ES HOY TAN DENOSTADO.
Diderot dice que el gusto borra defectos. Y después habla del genio, que es esta cosa medio explosiva. Ahora está de moda el genio, pero el gusto es relevante para un buen resultado. Yo no tengo naturalmente muy buen gusto, soy un poquito arrotado o de clase media y por eso siempre me junto para trabajar con gente con buen gusto, busco colaboradores de estética minimalista. Esto opera para todo lo que se hace, para la vida conyugal, para salir, para todo. Hay que tener estilo.
¿QUE SERIA TENER ESTILO?
Tener estilo es moverse cada cual de acuerdo con sus propios ritmos, con una gracia que sea creíble, no producida. No es fácil. Para algunos tener estilo es ser cool. El cool número uno es Clint Eastwood, la persona que se inmuta poco, no se altera, y los demás se le cuadran. Yo no soy cool, al contrario, me altero por todo, así es que debo estar atento al estilo. A Clint lo encuentro top, pero un poco fome. Finalmente uno no puede sino abandonarse a su propio estilo, aunque sea un estilo miserable.
EN LOS CUADROS HAY MUCHOS PERSONAJES QUE ESTAN EN CALIDAD DE ROCK STAR. O SEA, QUE CULTIVAN UN ESTILO.
Sí, exactamente, son rock stars. Son personajes de edades que van de la adolescencia hasta la juventud adulta. Están buscando su identidad desde el dolor, desde la pasión. La música es en este momento el único arte que es lo máximo: lo acompaña todo, genera tendencias visuales, moda, eventos, peliculas, diseño, lenguajes... y hace feliz a muchos. Es el arte más influyente.
HAY QUIZA ALGO MELANCÓLICO EN ESA POSE JOVEN DE ROCKERO, LOS ROCKSTAR TIENEN UN LADO TRISTE, REVENTADO.
A mi modo de ver el género mejor en ese sentido es el bolero, que habla de todos los vicios que tiene el amor, pero lo hace con mucha ternura. Yo he tratado un poco de ser como un bolerista, no siempre me resulta, hay que saber acertar para hacer bailable la tristeza. La gracia es que el personaje, el corazón, la cabeza o lo que sea, tengan una humanidad, una parada, una manera de llevar la piel, y en eso son muy buenos los rock stars, aunque quizá están a veces en una zona un poco más violenta que la mía. En la historia del arte los más rock stars son los personajes barrocos de Velásquez, del Caravaggio, los próceres del Mulato Gil... El barroco es grandioso.
EL TRABAJO CON LOS MARCOS DELIBERADAMENTE ESCOGIDOS POR SU BELLEZA PRECARIA AYUDA A ENCERRAR A ESOS MELANCÓLICOS EN UNA ATMOSFERA MÁS PEERTINENTE.
En este caso se trata de marcos viejos, medio llovidos, con una historia a cuestas, que convierten a la acuarela en un objeto más clásico, le dan peso. Los cuadros necesitan una especie de ritualización y los marcos aportan eso. Cada uno ha sido severamente escogido, incluso muchas de las acuarelas han sido pensadas para un marco que me gustaba, adaptando el formato, los colores, etc.
TAMBIÉN TU PINTURA ES BIOGRÁFICA, HAY AUTORRETRATOS Y ESCENAS QUE PARECEN PERTENECER A TUS INMEDIACIONES PERSONALES.
Tengo varios autorretratos. Uno que es como un animal bajo la lluvia, medio penoso cuando lo pinté, pero después lo vi de nuevo y me hizo gracia. Pero además de esos autorretratos explicitos estoy a trozos en casi cada imagen. No creo tener un yo claro y uniforme.
PODRÍAMOS CONCLUIR QUE TU OBRA PASA POR LO ANTIGUO Y LO POP
Quizás sea lógico saltar de lo clásico a lo pop, son sensibilidades que están muy conectadas, tienen mucho en común, algo terrenal, callejero, natural, materialista, abierto. La mitologia grecolatina es puro pop. Para mi lo interesante son los seres humanos en sus detalles, en cambio los programas o los diagnósticos son más rígidos, menos orgánicos. Me gusta lo callejero y también la erudición. Muchos académicos actuales citan mucho, pero no les gustan las fuentes, o sea que citan citas de otros que a su vez citan más citas, sin llegar jamás a los textos madre. Yo creo que un caballero debe ir siempre a las fuentes y además mantener cierta reserva sobre ellas, no ufanarse mucho.
TAMBIÉN HAY UN DESEO POR REVELAR LO PRIVADO EN TUS ACUARELAS.
Tengo especial preocupación por pintar lo pequeño, lo imperceptible, lo que está en los rincones de la casa o del ánimo o de la propia historia. En eso me siento cerca del talante intimista de Burchard, o de Coré, o de Nelson Leiva, o de Nicanor Parra, o de la Juanita Lecaros, o de la escultora Marcek que ahora se llama Marcela Paz González. Es algo muy chileno. Lo privado se muestra de a poco, con cautela.
¿POR QUE TRABAJAS CON ESE DESENFADO EL CUERPO HUMANO?
Mi interés por el cuerpo es algo natural, a veces me siento como un perro. En cuanto a los genitales, son una parte del organismo con mucha fuerza comunicacional, por eso han sido evitados, creo yo. La evitación visual del falo en nuestra cultura es para mi escandalosa. Aún del cuerpo femenino siempre se ha sabido más, se ha visto más. De tal manera que cuando me ha dado por ahí he dibujado lo que caigs, aunque desde hace algún tiempo me interesa menos, estoy ahora mucho con los resplandores y llamaradas, no sé si terminaré esotérico como Blake o Friedrich, ojalá que no.
TUS PERSONAJES, AUNQUE ESTEN ACOMPAÑADOS SE VEN EN UN ESTADO DE SOLEDAD, SIN QUEJAS
Es verdad, esta es una colección de personajes solitarios, individuales. Hay algunos acompañados, pero en una especie de soledad interior. Creo que es una reflexión sobre el propio ser más que sobre las relaciones, cada personaje en su campo magnético,
¿QUE ESPERAS QUE SUCEDA CON LA MUESTRA FEROCITAS?
Mi experiencia es que siempre que uno hace algo, por poco que pase, nada queda igual que antes. Uno no sabe qué va a ocurrir, es como una bomba de racimo con efecto retardado. Exponer tiene algo disolvente ya que pierdes la intimidad, las obras tienden a buscar un perfil, un nombre, y a mí me da un poco de tristeza porque van perdiendo su misterio a medida que se van instalando en la mirada de los demás. Por lo tanto es un trabajo que empieza a dejar de pertenecerme... Todo lo hecho es cadáver.
Ferocitas. Exposición de acuarelas de Juan Guillermo Tejeda en la Sala Chile del Museo Nacional de Bellas Artes en Santiago de Chile, enero y febrero de 2010. Catálogo de Ediciones Klup, folleto plegable y difusión en redes sociales con diseño por Nando Cesari, montaje con asesoría de Pato Pozo, exhibidor de piezas pequeñas de esculturas por Emilio Marín, fundición de piezas de bronce y aluminio por Luis Montes Becker, texto entrevista de Matías Rivas.
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Gemini Compatibility
GEMINI + ARIES (MARCH 21 - APRIL 19) ♥♥♥♥ You're two high-strung, passionate Fire signs who both like to be the Alpha dominant. As such, you'll need to toss the hot potato back and forth, submitting to the other's rule—at times through gritted teeth. Acquiescence may not come naturally, but it builds a necessary trust. Aries is a paradox: you're the zodiac's infant (its first sign) and its gallant hero (you're ruled by warrior Mars). You want to save the world and be saved at the same time. You'll need to occasionally allow yourself to play wounded knight or damsel in distress, and let your mate charge to your rescue. However, don't spiral into neurotic helplessness or analysis paralysis. Nobody can beat a topic to death quite like you can—but that's what therapists are for, Aries. Neither one of you can be saddled with the emotional care and feeding of an adult baby. You're too independent for that. When your problems gain too much mental gravitas, it's time to move—literally. Disperse your Martian angst and anger with lots of physical exertion. As fellow adventurers, you travel well together. Try snowboarding, exotic bike tours, Costa Rican rainforest expeditions. Passionate sex is another antidote to prickly feelings for your high-touch sign. Like Aries Hugh Hefner, you have a champion libido (and an awesome sense of entitlement). Some Aries couples may mutually agree to flex the terms of your monogamy, although the jealousy it stirs might not be worth the trouble.
GEMINI + TAURUS (APRIL 20 - MAY 20) The stubborn Bull locks horns with the willful Ram, nostrils flaring, heads bowed in determination. So begins a fierce but fiery courtship, as splashy and menacing as a Pamplona stampede. Aggression, however uncivilized, is part our Darwinian natures. It certainly is for your signs—who possess an arsenal of steamrolling tactics, from doe-eyed charm to old-fashioned philistine strong-arming. No weak-willed mate will survive your natural selection process. Nor should he. Neither one of you feels safe in the arms of a mate who can't protect you. Thus, your initial faceoff is simply a warning shot: Show me your strength so I can trust you. Once the fanfare is over, you make a great team—like British pop royalty Victoria (Aries) and David (Taurus) Beckham.
As tight as two mafiosos, you like to dress up and flaunt your natural superiority over the rest of the animal kingdom. The deal is sweet for both of you. Taurus gets an attractive show pony and a lusty mate to satisfy his Earthy libido. Aries has a lifelong provider and benefactor to supply creative freedom and endless playtime. Issues can arise if Taurus grows too possessive or tries to tame independent Aries. Indulgent Taurus will need to remain active to keep pace with the energetic Ram (read: lay off the nightly steak frites and vino). You both crave attention, but don't go looking for it outside the relationship, unless you want a real showdown. Like two tots in a nursery, you share a favorite word: Mine!
GEMINI + GEMINI (MAY 21 - JUNE 20) We'll spare you the joke about there being four people in this relationship, mainly because it's an understatement. Like twin kaleidoscopes, you're each a fractal pinwheel of personalities that re-pattern at the slightest twist. Good news: versatility is a virtue in Gemini-land. Monogamy, not always easy for your restless sign, becomes a non-issue when your mate embodies more personas than Sybil. Dyed-in-the-wool dilettantes, you never run out of things to discuss. Clever Gemini rules communication: your ideas come fast and furious, and you love to debate. Intellectual tussling is a turn-on, although you must take care not to talk over each other. Remind yourself: listening skills are just as important as a well-crafted sentence. The pop psychology technique of "mirroring" (listening, then reflecting back your mate's communication) can be shockingly effective. Your main challenge is making time for each other, since you're both forever juggling any number of jobs, businesses, classes, hobbies, social circles and whatnot. Gemini is a collector; your home can resemble a natural disaster zone, piled to the rafters with books, newspapers, DVD sets from your favorite screenwriter, old-school vinyl, vintage costume jewelry. Forget couples' counseling: a cleaning service or storage unit can save this marriage. (Thank God for the Internet and YouTube.) With your wonder-twin powers, you can start a creative business together. Just make sure to hire a team of Earth or Water signs who can finish what you start, since you'll both leave a trail of loose ends. Light the spark, and let others keep the flame.
GEMINI + CANCER (JUNE 21 - JULY 22) Cancer is an emotional Water sign who loves to nest and bond; Gemini is a restless Air sign who prefers intellect over sentiment. You have similar interests, different temperaments. In many cases, this works out anyway. You both adore culture, the more obscure the better. You love to discover new bands, read novels by controversial authors, gorge yourselves at the jewel of a restaurant tucked into an undiscovered neighborhood. You bond over TV shows and bargain-hunting for treasures (you both have a thrifty streak). No flea market, tag sale or eBay store is safe from your scouring, and your home can resemble a bizarre gallery of antiques and modern gadgetry. The tricky part is when you lapse into astrological auto-pilot. Cancer is the zodiac's mother, who heaps on affection, nurturing and well-intended care. To Gemini, this can feel like clinginess and smothering. Gemini is the zodiac's fickle tween, waffling between bouts of dependence and asserting autonomy. There will be moments when Gemini greedily laps up Cancer's doting, and others when mama bird is roughly pushed away with a sarcastic, heart-piercing insult. Cancer must work hard not to take these moments personally—otherwise, the Crab lashes back with a below-the-belt barb, and it turns ugly. Remember, Crabcake: it's not you that Gemini is rejecting, it's your overprotection. Get a pet to dote on instead. Gemini needs space, Cancer needs reassurance. Memorize this formula.
GEMINI + LEO (JULY 23 - AUGUST 22) ♥♥♥♥ You make great friends, since you both love to gab about everything from the Times to the tabloids, Ferragamo to flea markets. Conversations are fever-pitched and fascinating; you're both well-versed culture hounds. Romantically, the temperature may be tepid, though. Leo is a Fire sign ruled by the blazing Sun—the regal Lion wants to be consumed by passion, heat, devotion, attention. Gemini is an Air sign driven by speedy, information-gathering Mercury. Listening to The Leo Monologues, which span from political diatribes to emotional melodramas, is sheer torture. When Gemini dares to interrupt the King or Queen, suggesting that s/he actually GET TO THE POINT, hell breaks loose. Leo must learn to take Gemini's tough love and unvarnished feedback in stride, not as an ego assault. Unconventional Gem should assent to traditional romantic gestures: red roses, the Tiffany bauble du jour. Learn to adapt. Gemini rules the hands, and will need to put them on affection-hungry Leo more often, since the Lion is greatly reassured by touch. And yes, as an Air sign, Gemini will need to blow a little smoke you-know-where; Leo can be a nightmare without regular doses of praise. Gush and flatter—it won't be the first insincere thing to pass through Gemini's lips. Leo should keep a battery of patient friends on speed dial. Gemini may have multiple personalities, but as a romantic partner, s/he can't be your de facto shrink, psychic hotline, career coach, parent and social director. Spread the demands around.
GEMINI + VIRGO (AUGUST 23 - SEPTEMBER 22) Gemini and Virgo share a common ruler: speedy Mercury, who zips around the Sun gathering light and information, then disseminating it to the masses. You're both natural communicators with a thousand ideas and opinions. Romance is a cerebral affair for your intelligent signs. Conversations spark into lively debates; asking each other "What do you think?" is akin to foreplay. Although Virgo is a more staid Earth sign and Gemini is a breezy Air sign, you share a "mutable" quality. That means you're flexible, and you can adapt to each other's quirks. Good thing, since you each have a bevy of rigid, borderline obsessive-compulsive habits. (Virgo's can include folding underwear into identical, neat little squares; Gemini's usually involve hoarding, starting new hobbies or impulse shopping.) You both love control, though Gemini is loath to admit this, while Virgo flies the flag. At times, you may wrestle for dominance, a habit you'll need to overcome for this match to work. Virgo's nagging can take the wind out of Gemini's sails; Gemini's sketchily researched half-truths set off Virgo's trust alarm. But combine the depth of Virgo's cautious planning with the breadth of Gemini's boundless curiosity, and you've got the total package. You can make great parents, too, since your styles tend to complement and you'll divide up roles with ease. Gemini can help serious Virgo lighten up, and responsible Virgo can help ground the easily distracted Twin.
GEMINI + LIBRA (SEPTEMBER 23 - OCTOBER 22) ♥♥♥♥ You're compatible Air signs with silver tongues and gilded wings, a magical match indeed. Libra is a pretty pixie and Gemini is an impish sprite. Your meeting rouses the fairies and gnomes, stirring up mischief in your midst. You love to mingle and schmooze, and you'll chatter like two little tree monkeys, gabbing a mile a minute. But will the breathless excitement last? Getting past the superficial romance stage is the challenge. You're both so indecisive that nailing down a commitment is like catching moonbeams in a jar. That said, the illusionary quality of your relationship is a magic you both enjoy. It's when life becomes too real that you vanish in a pinch of enchanted dust. To make this last, you'll need to dip your toes into the murky morass of intimacy, then learn to swim. Money can become an issue between you, particularly the way you spend it. Gemini is ruled by intellectual Mercury, and would rather invest in college degrees, a film collection, enriching travel. Libra is governed by beauty and pleasure-loving Venus, and splashes out on art, couture, custom suits, spas. You'll need separate wings for Gemini's books and Libra's handbag or shoe collection. You have different approaches to romance, too. Libra loves a lengthy courtship with all the trimmings, but Gemini bristles at picking up too many tabs, especially with Libra's extravagant taste. You'll probably need to keep separate accounts to avoid meddling in each other's purchase habits. Cut up the credit cards, too—many happy relationships can be destroyed by debt. Don't let that happen to you.
GEMINI + SCORPIO (OCTOBER 23 - NOVEMBER 21) You live on completely different planes, which either turns you off or utterly fascinates you. Both of you are accustomed to reading people like flimsy comic books, then tossing them aside. Here, your X-ray vision fails to penetrate each other's psychic shields. Mutable Gemini is the shape-shifting Twin, home to a traveling cast of personalities. Intense Scorpio is shrouded in mystery and bottomless layers of complexity. Being baffled leaves you without the upper hand, but it also stokes your libido. You're piercingly smart signs who love a good puzzle—this is your romantic Rubik's cube. The challenge sets off sexual dynamite. You tease each other with cat-and-mouse evasions, neither of you making your attraction obvious. This prickles your insecurities, daring you to strive for the other's unbroken gaze. No two signs are as quietly obsessive as yours! There will be frustrating moments, too. You're both prone to depressive spells, and swing from giddiness to unreachable shutdown. Clever mind games edge on cruel or callow, breaking the trust that Scorpio needs. At times, airy Gemini may not be emotional or sensual enough for watery Scorpio; in turn, the Scorpion's emotional and physical passion can be overwhelming to Gemini. However, if you combine your strengths, you'll go far. Gemini is dilettante and a trivia collector who's always got a pocketful of creative ideas. Instinct-driven Scorpio rules details and research—this sign hones in like a laser and masters his chosen field. Whether it's starting a family or running a business, you can be an indefatigable team, with Gemini playing the rowdy ringmaster and Scorpio running the show from behind the scenes.
GEMINI + SAGITTARIUS (NOVEMBER 22 - DECEMBER 21) ♥♥♥♥ You're opposite signs that actually have much more in common than this label suggests. Gemini rules the so-called "lower mind": common sense, reasoning, facts, hard data and intellect. Sagittarius governs the "higher mind": wisdom, philosophy, consciousness, ethics, metaphysics. Together, you find sweet neurological nirvana. You're both restless adventurers who hunger for knowledge and experience. With Gemini's curiosity and Sag's nomadic nature, you get antsy in commitments unless there's a lot of excitement and variety. Boredom is simply not an option for your signs, and you're both involved in a billion projects. Scheduling issues are your biggest hurdle, but for true love, you allow nothing to interfere. Take globe-trotting Sagittarius Brad Pitt and Gemini Angelina Jolie, who traipse the continents with their ever-growing brood. As best friends and playmates, they make their own rules about love and family—and you will, too. Conventional coupling holds zero interest for your signs. Your main difference is in disposition. Air sign Gemini is cooler and distant compared to Sagittarius, harder to read emotionally. The fiery Archer has a hot temper and wears his heart on his sleeve. Still, you make each other laugh; you're both clever, entrepreneurial and quirky. You do best with a common goal that's a thousand times bigger than yourselves, and you'll dream up many. However, you may need Brangelina-sized paychecks to fund your lofty visions. Who has time to consider the bottom line when you're focused on reaching the top? Take time to consider the practicalities before leaping off the cliff. Knowing you, you'll jump anyway.
GEMINI + CAPRICORN (DECEMBER 22 - JANUARY 19) A metaphor for this match: a music producer combines a soulful 1970s classic (Capricorn) with funky electronic hooks (Gemini) and delivers a mashup that's either a mess or a chart-topping hit. You couldn't be any more different if you tried, yet you can really benefit from each other's natural resources. Gemini is ruled by speedy Mercury, the lightning-fast trickster who speaks in silver-tongued half truths. Capricorn's overlord is Saturn, the cautious, conservative planetary patriarch, who only trusts that which stands the test of time. Gemini is versatile and restless, like a fusebox with a million criss-crossed wires. Capricorn is the dutiful ox who carries the yoke and plows the field, rarely diverging from routine. While Capricorn's dogged consistency and family loyalty can frustrate Gemini ("How can you let these people walk all over you?" Gemini asks, referring to Cap's elderly parents), it also grounds the scattered Twins. Gemini is Capricorn's one-man circus, keeping the Goat amused and entertained, adding color to his monochromatic world. You both have a lusty, experimental side, too. The magic really appears when you get physical, which happens fast, since your sexual attraction is intense. In fact, Capricorn is one of the few signs that can spike Gemini's jealousy. There are so many people who rely on sturdy, supportive Cap, and Gemini doesn't like to compete for the spotlight. To make this work, Gemini will have to accept that Capricorn's loyalty extends to family and lifelong friends. Stoic Cap will need to show a little more emotion, since impish Gemini needs to know he can get under Capricorn's skin. It will take time to work out the kinks, but the erotic tet-a-tets will be worth the trouble.
GEMINI + AQUARIUS (JANUARY 20 - FEBRUARY 18) This match of compatible Air signs can feel a bit like high school romance—teasing, texting, movie dates with jumbo popcorn and licentious groping during the previews. You bring out each other's breezy, buoyant spirits, and that's a plus. You'll bond over TV shows, favorite sci-fi novels and superheroes, obscure philosophers, music. With your clever comebacks and verbal repartee, you could take a comedy act on the road. Although you can both be overly cerebral at times, you prefer laughter and light conversation to emotional melodrama. Eventually, though, you need to get out of the shallow end of the pool. Intimacy is a challenge for your signs. We're talking true intimacy—being caught with your pants down and no clue how to get them back up. Telling each other your entire life stories in monologue form (which could have happened on the first date) doesn't count. You must soldier through the post-infatuation "awkward phase," or you'll end up feeling like buddies. That would be a shame, as you can make excellent life partners and playmates. The biggie: you'll both need to give up fibs and lies—particularly lies of omission. You're excellent storytellers and politicos, gifted at crafting a spin to fit your agenda. However, the naked truth is the only way out of the Matrix. Though it may topple your PR-friendly public image, it's a necessary risk you must take to build the character and depth of a lasting commitment.
GEMINI + PISCES (FEBRUARY 19 - MARCH 20) You're both dual signs: Gemini is the Twins, and Pisces is symbolized by two Fish swimming in opposite directions. You're pop psychology's poster children for commitment-phobia. Are you in or are you out? It depends on the day, the mood, the cosmic alignment. Obviously, this is no way to run a relationship—but wait. Here's a golden chance to peer into love's looking glass and see your own shadowy Id mirrored back. Yes, your psyches and hang-ups are as bizarre as Alice's rabbit-hole tumble into Wonderland. Pisces, you really can be as needy, emotionally exhausting and manipulative as Gemini says. Gemini, you are indeed capable of being a double-talking, evasive ice-tyrant with a heart like polished marble. And…so what? If you can actually own your dark sides—which we all have—you're also capable of spreading tremendous light. You must negotiate your differences with transparent honesty, though. Pisces is an emotional Water sign; Gemini is an intellectual Air sign. Unless you balance the proportions, Gemini drowns in Pisces' undertow and the zodiac's Mermaid suffocates from breathing too much oxygen. Gemini must strive to connect emotionally, and Pisces will need to lighten up. Perennial dissatisfaction is also a killer. Don't say you want something, then refuse to be happy when your partner provides it. Gratitude is an intimate act: it requires you to acknowledge that your partner can reach you, a vulnerable place. Two words to save your relationship: "Thank you" and "You're right."
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Gran marcha heroica
Avanza tu carro de llantos y entra a la historia entrechocándose.
Arriba, un atrevimiento de águilas, abajo, el pecho del pueblo y en la línea definitiva, entre los altos y anchos candelabros de la Humanidad, y las trompetas que braman como vacas, entre naranjos y duraznos y manzanos que, como caballos, relinchan, entre barcos y espadas, rifles y banderas en flor, al paso de parada negro y fundamental de los héroes, tú y tu ataúd de acero.
La multitud descomunal y subterránea, abate en oleaje su ímpetu de serpiente y ataca su fantasma y su palabra, como un toro la estrella ensangrentada.
Caemos de rodillas en el gran crepúsculo universal, y lloran las sirenas de todos los barcos del mundo, como perritas sin alojamiento; se acabó la comida en los establos contemporáneos y el último buey se destapa los sesos, gritando; el bofetón del huracán, partiendo los terciopelos del Oriente, araña el ocaso y le desgarra el corazón a puñaladas, cuando el fusil imperial de la burguesía pare un lirio de pólvora y se suicida.
Al quillay litoral le desgarran la pana los relámpagos de las montañas, y tremendamente da quejidos de potrillo recién nacido en el estercolero, porque su conciencia vegetal naufraga en el aroma a sangre.
Canto de estatuas, grito de coronas, llanto de corazas y bahías, y el discurso funeral de los cipreses que persiguen eternamente lo amarillo, te rodean; nosotros, entre lenguas de perro y lágrimas elementales, no somos sino sólo fantasmas en vigencia; lo heroico, lo definitivo, la ley oscura de la materia en la cual todas las cosas se levantan y se derrumban con el único fin de engendrar padecimiento, emerge de ti, porque de ti, porque tú eres la realidad categórica; y cuando los pollitos nuevos del mar a cuya orilla enorme te criaste, pían al asesinato general del ocaso, los huesos de Tamerlán echan grandes llamas; escucho el funeral de Beethoven ejecutado por setecientos maestros de orquesta, frenar la tempestad, sujetándola, como el desnudo adolescente los caballos rojos de Fidias y el cielo está negro lo mismo que mi corazón; las espadas anchas, las anchas espadas que abrieron los surcos profundos que no cavaron los arados, las espadas embanderadas de historia, se te someten y te lamen como el perro del mendigo; cuadrigas y centurias, haciendo estallar el sol sonoro, al golpear la tierra hinchada con el eslabón de la herradura, levantan polvaredas de migración y el bramido de las lanzas es acusatorio y terrible debajo de la lluvia oscura como la mala intención o un cobarde; adentro de las campanas choca la luciérnaga rota con su farol a la espalda, llorando; huyendo del incendio general, leones y chacales se arrojan a la mar ignota y las serpientes repletas de furor se rompen los colmillos en las antiguas lanzas; un gran caballo azul se suicida; borrachos de sol y parición en generaciones del Dios pánico y dionysíaco, los sacerdos-escarabajos están gritando la maternidad aterradora en miel de pinares y resinas de gran potencial alcohólico, que debaten entre ramajes la violencia tremenda de la naturaleza; el Clarín del Señor de los Ejércitos empuña la espuela de oro de la gran alarma y los soldados.
Cargado por nosotros, marcha el féretro como una rosa negra o un pabellón caído, con espanto aterrador de fusilamiento; rajados a hachazos los pellines encadenados al huracán aúllan; tú eres lo único definitivo, hundida en tu belleza de pretéritos y de crepúsculos totales, caída en todo lo solo, herida por el resplandor de la eternidad deslumbradora, mientras errados, nos arrinconamos adentro de nuestras viejas negras chaquetas de perros.
Por el camino real que va a la nada marcharé (caballo de invierno), en las milenarias edades; hoy, mi espada está quebrada, como el mascarón de proa del barco que se estrelló contra lo infinito y soy el animal abandonado en la soledad del bramadero; perteneces al granero humano, tétrico de matanza en matanza, y te robaron de mis besos terribles; braman las campanas pateando la atmósfera histórica en la cual se degüellan hasta las dulces violetas que son como copitas de vino inmortal; la tinaja de las provincias echa un ancho llanto de parrones descomunales, gritando desde el origen.
Arde tu alma grande y deslumbradora como un fusil en botón y a la persona muerta la secunda la ciudadanía universal otorgándole la vida épica como a una guitarra el sonido; como un solo animal, acumular la eternidad, triste y furioso a tus orillas, es mi ocupación de suicida; como ola de sombra, el comercio-puñal de la literatura nos ladra al alma cansada y los cuatreros, los cuchilleros, los aventureros y el gran escorpión de la bohemia nos destinan su sonrisa de degolladores, echada en sus ojos de cerdo.
Sobre el instante, la polvareda familiar gravita y empuña el pabellón de los antiguos clanes; tu eres el escudo popular de los de Rokha: tronchados, desorientados, conmigo a la cabeza de la carreta grande, tirada por dos inmensos toros muertos, hijos e hijas, nietos y nietas, yernos y nueras dan la batalla contra la mixtificación tenebrosa y estupenda de los viejos payasos convertidos en asesinos; a miel envenenada hiede el ambiente o a calumnia y perro; los chacales se ríen furiosamente y tremendamente arañan la casa sola como sombra en el arrabal del mundo, allá en donde remuelen el pelele y la maldición, tierra de escupos y demagogia, llena de lenguas quemadas; porque mi desesperación se retuerce las manos como un reo que enfrenta los inquisidores, a cuya espalda chilla, furiosa la Reacción, como negra perra vieja en celo; andando por abajo, los degenerados nos aceitan y nos embarran el camino, a fin de que el cegado por las lágrimas dé el resbalón mortal y definitivo del que se desploma en el mar rabioso que solloza echando espuma y se derrumbe horriblemente.
Juramos pelear hasta derrotar al enemigo enmascarado en el enemigo del pueblo, al calumniador y al difamador con ojo pequeño de ofidio y las setenta lenguas ajenas de los testigos falsos, a la rana-pulpo-sapo del sabotaje; juramos solemnemente cortarnos y comernos la lengua antes de lanzarle al olvido; juramos los látigos de la venganza, porque es mentira la misericordia y no tememos atacar la eternidad frente a frente, ensangrentados como pabellones.
Tranco a tranco en el pantano del horror, vi destruir a la naturaleza en ti el esquema total de lo bello y lo bueno; como un niño loco, el espanto se ensañó en tu figura incomparable, que no volverá a lograr nunca jamás la línea de la Humanidad, y caíste asesinada y pisoteada por lo infinito, tú, que representabas lo infinito en la vida humana, y el sol de "Dios" en la gran tiniebla del hombre; caías, pero caía contigo el significado de lo humano, y en este instante todas las cosas están sin sentido, gritando, boca abajo, solas, y es fea la tierra; como a aquel infeliz cualquiera a quien le revuelven la puñalada en el corazón, el perro idiota de la literatura, vestido de obispo o caracol, levanta la pata y orina mi tragedia de macho, porque como todo lo hermoso, todo lo vertical, todo lo heroico se hundió contigo en el abismo, yo soy el viudo terrible, y acaso la bestia arcaica sublimándose en el intelectual acusatorio que da lenguaje a las tinieblas; como la naturaleza es descomunal y sólo lo monstruoso le incumbe íntegramente, su injusticia fue tenebrosa con tu régimen floral de copa y el destino te cavó de horror como a una montaña de fuego; sin embargo, como soy humano, no acepto tu muerte, no creo en tu muerte, no entiendo tu muerte y el andrajo de mi corazón se retuerce salvajemente y se avalanza contra la muralla inmortal, contra la muralla desesperada, contra la muralla ensangrentada, contra la muralla despedazada, que se incendia entre las montañas y sudando y bramando y sangrando, me revuelco como un toro con tu nombre sagrado entre los dientes, mordido como el puñal rojo del pirata; a la espalda aúllan las desorbitadas máscaras gruñendo entre complejos de buitre aventurero y trajes vacíos, en los que respiran las épocas demagógicas.
Entre los grandes peñascos apuñalados por el sol, sudando como soldados de antaño, roídos por inmenso musgo crepuscular y lágrimas de antiguas botellas, tú y la paloma torcaz de los desiertos lloran; mar afuera, en el corazón de flor de las mojadas islas oceánicas, en las que la eternidad se agarra como entraña de animal vacuno a la soledad de la materia y el gemido de los orígenes gravita en la gran placenta del agua, tú das la majestad al huracán por cuyos látigos ruge la muerte su secreto total, tremendo; encima de los carros de topacio del crepúsculo, tirados por siete caballos amarillos, cruzados de llamas como Jehová, tú eres el balido azul de los corderos; aquí, a la orilla de tu sepulcro que ruge, terrible, en su condición de miel de abejas y de pólvora, haciendo estallar el huracán sobre los viejos túmulos que tu vencidad obliga a relampaguear, tú empuñas una gran trompeta de oro, tal como se empuña una gran bandera de fuego y convocas a asamblea general de muertos, a fin de arrojar la eternidad contra la eternidad, como dos peñascos; emerges de entre toneles, como la voz de las vasijas, y la gran humedad del pretérito, que huele a fruta madura y a caoba matrimonial, enarbola su pabellón en el corazón de las bodegas, cuando yo recuerdo tu virginidad resplandeciente...
Condiciona sus muchedumbres la mar-océano del Sur y tu multitud le responde terriblemente; yo estoy sentado a la orilla del que tanto amabas mar, y la oceanidad da la tónica al gigante dolor que requiere inmensidades para manifestarse y el lenguaje de la masa humana o la montaña incendiándose; remece sus instintos la inmensa bestia oceánica y el crepúsculo ensangrienta la bandera de los navíos y el cañón funeral del puerto; el mar y yo bramamos, el mar, el mar, y crujen los huesos tremendos de Chile, cuando con mi caballo nos bañamos solos en la gran soledad del mar y el mar prolonga mi relincho con su bramido por todas las costas, desde las tierras protervas de Babilonia al Mediterráneo celestial de las tuyas glicinas y a los sangrientos mares vikingos, o arrastra mi voz tronchada y sangrienta como un capitel roto y mi lenguaje de campanario que se derrumba en la gran campana del mar, con tu recuerdo gimiendo adentro; rememoro nuestro matrimonio provincial-marino y la carrera desenfrenada, desnudos, sobre la arena y el sol; es la mar soberbia, la mar oscura, la mar grandiosa en la cual gravita el estupor horizontal de humanidad que azota los vientres de las madres y relumbran las panoplias huracanadas de los viejos guerreros de hierro, que ascienden y descienden por las arboladuras como un tigre a una antigua catedral caída; lagrimones de acordeones, de leones y fantasmas dan al pirata el relumbrón de los atardeceres y el tajo del rostro atrae el sable crepuscular hacia la figura agigantada; el ron furioso da gritazos y mordiscos de alcohol degollado a la tiniebla aventurera y la pólvora roja es rosa de llamas rugiendo con perros y espadas entre la matanza histórica, adentro de la cual nosotros dos rajamos el cuaderno de bitácora sobre el acero acerbo del pecho, que es pluma y rifle, Luisita; asomándome a la descomunal profundidad heroica, veo lo eterno y tu cara en todo lo hondo; naufragios y guitarras y el lamento del destierro en los archipiélagos sociales del Tirreno y el Egeo, se revuelve a la bencina cosmopolita de los grandes Imperios de hoy, con sus navíos y sus aviones sembrando la sangre en los mares: pero el tam-tam de los tambores ensangrentados me desgarra el cerebro; sin embargo, hay dulzuras maravillosas, y te vuelvo a encontrar en esta gran agua salada por el origen y el olor animal del mundo, con tu melena de sirena clásica y tu pie marino de conchaperla y aventura.
Braman las águilas del amor eterno en nosotros...
El huracán del amor nos arrasó antaño, y ahora tu belleza de plenilunio con duraznos, como llorando en la grandeza aterradora, contiene todo el pasado del ser humano; truenan las grandes vacas tristes del amanecer y tú rajas la mañana con tu actitud, que es un puñal quebrado; fuiste "mi dulce tormento" y ahora, Winétt, como el Arca de la Alianza o como Dionysos, medio a medio de los estuarios mediterráneos y el de los sargazos mar, entre el régimen del laurel y el dolorido asfodelo diluido en la colina acumulada de los héroes, hacia la cual apunta el océano su fusilería y desde la que emergen los pinos solarios, tú, lo mismo exacto que a una gran diosa antigua de Asia, la eternidad bravía te circunda; galopan los cuatro caballos del Apocalipsis, se derrumban las murallas de Jericó al son de las trompetas que ladran como alas en la degollación y el Sinaí embiste como el toro egipcio, cuando tu paso de tórtola hiende los asfaltos ensangrentados de la poesía, gran poetisa-Continente; y las generaciones de todos los pobres, entre todos los pobres del mundo, te levantan bajo los palios llagados del sudor popular en el instante en que tu voz se distiende, creciendo y multiplicándose como el oleaje de los grandes mares desconocidos, a cuya ribera los hombres crearon los dioses barbudos del agro y los sentaron y los clavaron en las regiones acuarias, que eran el llanto de fuego de los volcanes; como fuiste tremendamente dulce, graciosamente fuerte, pequeñamente grande con lo oscuro y descomunal del genio en un régimen de corolas, el hijo del pueblo te entiende; tenías la divina atracción del átomo, que, al estallar, incendia la tierra, por eso, adentro del silencio mundial, yo escucho exactamente a la multitud romana o babilónica, arreada y gobernada a latigazos, a las muchedumbres grecolatinas que poblaron Marsella de gentes que huelen a ajo, a prostitución, a guitarra, a conspiración, a sardina y a cuchilla, a tabaco y a sol mojado y caliente como sobaco, a presidio, a miseria, a heroicidad, a flojera o a tristeza, al vikingo ladrón, guerrero, viril y sublime en gran hombría y a los beduinos enfurecidos por el hambre y los desiertos del simoum, áspero y trágico, y te adoro como a una antigua y oscura diosa en la cual los pueblos guerreros practicaban la idolatría de lo femenino definitivo y terrible; forrado en cueros de fuego, montado un caballo de asfalto, yo voy adentro de la multitud, como una maldición en el cañón del revólver.
Románico de cúpulas y óperas el atardecer de los amantes desventurados me encubre, y cae una paloma negra, Luisita-azúcar.
Soplan las ráfagas del dolor su chicotazo vagabundo y la angustia se clava rugiendo, en fijación tremenda, como un ojo enorme que quemase, como una gran araña, como un trueno con el reflejo hacia adentro y la quijada de Caín en el hocico; es entonces cuando arde el colchón con sudor oscuro de légamo, cuando la noche afila su cuchilla sin resplandor, cuando el volcán destripa a la montaña y se parte el vientre terrible, que arroja un caldo de llamas horrendo y definitivo, cuando lloran todas las cosas un llanto demencial y lluvioso, cuando el paisaje, que es la corbata de la naturaleza, se raja el corazón de avena y pan y se repleta de leones; sin embargo, medio a medio de la catástrofe, se me reconstituye el ser a objeto de que el padecimiento se encarne más adentro y la llaga, quemada por el horror, se agrande; con tu ataúd al hombro, resuenan mis trancos en la soledad del siglo, en la cual gravita el cadáver de Stalin, que es enorme y cubre el Oriente en mil leguas reales a la redonda, encima de un carro gigante que arrastran doscientos millones de obreros; semejante a una inmensa cosechadora de granjeros, la máquina viuda de los panteones degüella las cabezas negras y la Humanidad brama como vaca en el matadero; yo arrastro la porquería maldita de la vida como la pierna tronchada un idiota y espero el veneno del envenenador, la solitaria puñalada literaria por la espalda, en el minuto crucial de los crepúsculos, el balazo del hermano en la literatura, como quien aguarda que le llegue un cheque en blanco desde la otra vida; me da vergüenza ser un ser humano desde que te vi agonizar defendiéndote, perseguida y acosada por la Eternidad como una dulce garza por una gran perra sarnosa; como con asco de existir, duermo como perro solo encima de una gran piedra tremenda, que bramara en el desierto, hablo con espanto de cortarme la lengua con la cuchilla de la palabra y quisiera que un dolor físico enorme me situase a tu altura, medio a medio de este gigante y negro desfile de horror del cual estalla mi cabeza incendiándose como antigua famosa posada de vagabundos; no deseo el sol sino llorando y la noche maldita con la tempestad en el vientre; por degüellos y asesinatos camino, y ando en campos de batalla, estoy mordido por buitres de negrura, y es de pólvora y de lágrimas, Luisita-Amor, el gran canasto de violetas, con el cual me allego a tu sepulcro humildemente; a mi desesperación se le divisa la cacha del arma de fuego, Luisita-Amor, cuyos grandes frutos caen...
Eramos Filemón y Baltis de Frigia y el grito conyugal del mundo, pero se desgarró una gran cadena en la historia y yo cruzo gritando a la siga del mí mismo que se fue contigo para siempre nunca, esta gran sonata fúnebre de héroes caídos...
-Pablo de Rokha
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Medici 2: ultime due puntate ( quando la serie riuscì pure a farmi commuovere)
Partita sotto i peggiori auspici ( per me) dopo la prima stagione non convincente e un inizio della seconda quasi fastidiosa, negli ultimi 4 episodi I Medici incassa il mio piacevolissimo e meritato applauso.
Ovviamente ci sono ancora cose che non vanno ( buchi di trama e soap opera per dire le due più gravi) ma ritengo che siano perdonabili in virtù dell’escalation degli ultimi episodi.
Dopo un imbarazzante ritorno all’ovile per Francesco Pazzi ( imbarazzante per la scusa per cui l’ha fatto, non per l’azione), arriva il momento tanto atteso:
Congiura e Assassinio dei Medici. Francesco e suo zio si mettono d’impegno per questo omicidio, mettendo di mezzo il Papa, Montesecchi, Milano I puffi .
è stato interessante notare come il piano non solo non sia andato liscio subito, ma come anche le complicazioni morali di un assassinio in Chiesa, abbia reso il tutto molto credibile e realistico. Niente coltello dal nulla e puff tutto finito. Niente assassino sbucato da chissadove e sbam, tutto finito.
Hanno fatto vedere il piano passo per passo, complicazione per complicazione, e questo mi ha fatto enormemente piacere. Lo hanno reso perciò coinvolgente anche per noi spettatori.
NOTA DI DEMERITO: Ora... Lorenzo era rimasto da solo contro 3 tizi armati. Tre. Come è possibile che in TRE non siano riusciti ad ucciderlo? E lo so che la trama lo prevedeva, ma qui la mia sospensione dell’incredulità è andata a bere direttamente per sopportare il colpo.
Bellissima anche la tensione che gravitava in quella scena, dove i personaggi SAPEVANO che qualcosa non andava, qualcosa non tornava...ma non hanno capito cosa, finchè non è successo. Red wedding? Eh si, inconsciamente mi ha fatto pensare alle Nozze Rosse di GoT, quando Piogge di Castamere comincia a suonare e noi vediamo Cat che lentamente capisce che è tutta una trappola. Qui invece siamo Guglielmo Pazzi, Lucrezia Tornabuoni persino Lucrezia Donati che annusano il tranello ma ahimè...è tardi.
Ho letto in giro che la morte di Giuliano è stato per qualcuno uno spoiler. Gente, parliamone. Se non sapete la Storia non date la colpa agli spoiler, ma alla vostra ignoranza. Perchè se è comprensibile che non conosciate la famiglia Medici e tutto ciò che gli gravita attorno, non è comprensibile che chi lo sa passi per essere malvagio spolieratore. Quindi, studiate la storia e rompete meno!
Io in realtà non sono rimasta triste o sconvolta per questa morte: un po perchè già lo sapevo, un pò perchè il personaggio di Giuliano non mi affascinava un granchè. Per i miei gusti ha avuto una caratterizzazione troppo regolare ( libertino, amante del vino, geloso del fratello ecc ecc) rimanendo per tutta la stagione su questo schema.
Incredibilmente il mio vincitore morale di queste due puntate finali è Lorenzo. Finalmente uscito dall’aura di pio, santo e tanto caro e buono, si può vedere l’anima vendicativa e cattiva di questo personaggio. Non mi piacciono i caratteri prevedibili e fissi ma quelli grigi, complessi e tormentati con cui posso empatizzare di più. Daniel qui, mi mostra un Lorenzo degno di nota ( forse la sua performance migliore dei Medici) che non ascolta la moglie e il suo amico Sandro nel fermare la distruzione dei Pazzi, ma butta la benzina sul fuoco. Bravo Lorenzo! Ed qui è arrivato il momento dove mi sono commossa lol:
Lorenzo al capezzale di sua nonna ( la mai troppo compianta Contessina, vera donna dei Medici) che gli raccomanda di perseguire il bene, la pace. Certo, nella realtà quando la nonna muore, Lorenzo di anni ne ha 24, ma passiamoci sopra. Queste parole sono quello che guida il giovane Medici per tutta una vita ( anche a costo di andarmi a noia) e che spiega il motivo per cui Lorenzo cerca questa benedetta pace con i Pazzi. Ed è qui che la vita e la storia lo frega: Pur avendo ottime intenzioni e quindi dando per scontato che se sei buono, gli altri sono buoni con te, la realtà è ben diversa. Non importa se il messaggio che ne esce è condiviso dal pubblico o no. L’importante per me è che i Medici abbia lanciato un messaggio, abbia buttato in campo una domanda, senza limitarsi a raccontare una storia di Banchieri.
NOTA DI DEMERITO: Ma quanto è bella la ferita al collo di Lorenzo che in un inquadratura gronda sangue e in quella dopo è chiusa? Per poi riaprirsi nell’ inquadratura successiva? POESIA
Le due cose che invece non mi sono piaciute sono state:
1) il discorso telefonatissimo del venditore in piazza pro Lorenzo. ( terribile)
2) l’esercito mandato dal Papa che è misteriosamente scomparso. Durante il caos della vendetta di Lorenzo erano fuori Firenze e poi sono scomparsi e nessuno li ha più nominati. Magia? o-o
Concludendo, devo rivedere il mio giudizio iniziale della serie perchè mi ha piacevolmente preso e fatto ricredere, grazie anche a queste ultime 4 puntate.
#medici#medici 2#lorenzo dei medici#medici masters of florence#medici lorenzo il magnifico#lorenzo il magnifico#giuliano dei medici#francesco pazzi#jacopo pazzi#storia#history#firenze#storia italiana#sere tv#medici the magnificent
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A ninguna parte
Cualquiera sabe que hay que sufrir. Muchos estarán del otro lado, los que conocen atajos o se sirven de impulsos que por alguna casualidad inmerecida les recortan las esquinas puntiagudas del andar, aunque nunca por completo, en realidad. Si esta especie humanoide se empeña en algo es en rehuir el dolor, claro, y nadie podría encontrar en esto algo condenable. Sencillamente, nadie sabe nada, digan lo que digan esos o aquellos otros. El sufrimiento es lugar común, ese eufemismo que se usa para señalar sin reproche las escenas que ya hemos recorrido de puntillas todos nosotros. Lo repeinado. Lo superficial. Lo mediocre. El asiento caliente del otro. Nadie quiere estar ahí. Y aún así al deambular la ciudad sin rumbo o con él porque se gravita en torno a una calle que la memoria ha embadurnado con la posibilidad de un rendez-vous, una acaba ensombrecida por esos pensamientos angulosos que se abalanzan al doblar las esquinas. Ser almohada de agujas. Pararrayos para cualquier tempestad corporal, o extraterrestre, o lo que sea.
Todo va a parar a la cabeza y se ajetrea desde dentro con el estruendo de los cacharros de cocina. Y en ese ruido persiste el caminar hacia el encuentro en francés y la cara de beso que nunca se ve. A pesar de las sartenes, de las escuadras transparentes que amenazan este texto y de todo ese sufrimiento tan demodé que parecía superado. Toca sufrir, sin fin y sin propósito. Cruzar de nuevo la plaza de los bancos de piedra y surcos blancos, pasar La yaya costurera y el Tiger del montón donde se aparece de nuevo esa otra que es exactamente tú, con el flequillo fino, la ropa decidida y la mirada a medio abrir. El último de los lugares conocidos, la semejanza con otro y la mediocridad de una misma. Sufrir reconociéndose común, dicha, una. Cómo caber ahí, junto a la libreta negra, si ya estamos todos.
Entonces llegan las pausas del viernes y del vino, y si hay suerte los ojos se pasean con más gusto por no hacer más que acariciar y seguir viendo esto suceder. A veces, y otras contigo, que aunque seamos todos esos también somos nuestros.
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Dante, 1879, de Jean-Paul Aubé (Longwy, 1837 – Capbreton, 1916).
Materiales y técnicas: Yeso patinado original.
Dimensiones: H. 195 x L. 60 x p. 60 cm.
Método de adquisición: Compra al artista en el Salón de 1879
La Divina Comedia,compuesta entre 1303 y 1321 y publicada por primera vez en 1555, cuenta el viaje imaginario del narrador que se encuentra repentinamente inmerso en un bosque oscuro. Allí conoce al poeta latino Virgilio que lo guiará durante su viaje. Esta obra monumental, tanto intelectual como espiritual, se presenta como un viaje de iniciación a través de los tres reinados de la vida después de la muerte: el Infierno, el Purgatorio y el Paraíso. Combina la narrativa del viaje personal de Dante con una reflexión teológica sobre la búsqueda de la salvación eterna. El largo poema fue una fuente importante de inspiración para artistas de la generación romántica, como Delacroix, William Blake y Gustave Doré. Todavía fascina a los escultores de la segunda mitad del siglo XIX, especialmente Carpeaux(Ugolin,Petit Palais) y Rodin (La Puerta del Infierno,Museo Rodin).
Aquí, Aubé representa a Dante empujando la cabeza de un maldito hombre con el pie derecho. La escena está tomada de la canción XXXII del Infierno: llegando al noveno y último círculo del Infierno, el poeta y su guía caminan sobre un lago congelado donde las sombras de los traidores tiembla. Después de cruzar "El 8", el área de traidores a sus padres, llegaron a "Antenora", el área de traidores a su patria. Dante entonces golpea la cabeza de la maldita Bocca degli Abati con el pie:
Dante, Paris, Place Marcelin Berthelot"A medida que
ambos nos movimos muy rápidamentehacia el centro
profundo donde el universo gravita.
Mientras temblaba
en la noche eterna, ¡llegó, oportunidad o indignación deliberada! Que caminando en
el medio de las cabezas, en la
cara, Mi pie vino a golpear a alguien en este circuito.
"¿Por qué me estás pisando?", Dijo, derramando lágrimas;
Para indignarme así, ¿puedes
encontrar amuletos?
¿Estás aquí para vengar a
Mont'Aperti otra vez conmigo? »
Dante está representado aquí con sus atributos tradicionales, el gran manto, el acompañante que cae y la corona de laurel de los poetas. La cortina, tratada sumariamente por grandes secciones, contrasta con el rostro muy expresivo del personaje, así como con sus manos apretadas que se esfuerzan por levantar el fondo de su prenda. La obra está construida sobre una poderosa línea de fuerza que conecta los ojos de los condenados y el personaje. La ciudad de París compró este modelo de yeso al artista para hacer una estatua de bronce (fundida por H. Moltz), dispuesta desde 1882 en la Plaza Marcelin-Berthelot, frente al Colegio de Francia. La estatua también fue presentada con éxito en las Ferias Mundiales de Viena en 1882 y en París en 1889 y 1900.
H. D.
Información del Petit Palais, París.
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Vicoli stretti di sanpietrini, botteghe di artigiani, gallerie d’arte, piccole piazze e vecchi edifici: il Rione Monti di Roma è una città nella città. Passeggiando in questo quartiere, talvolta ci si scorda di essere nella Capitale d’Italia. I turisti l’hanno scoperto di recente e, dopo aver fatto il tour classico delle antichità romane, amano perdersi tra le stradine, buttare l’occhio dal vetraio che realizza finestre a mano, dalla magliaia che ancora lavora ai ferri la lana, sedersi al bar dove il caffè è fatto con la moka o dove bere un buon bicchiere di vino dei Colli. Il suo nome è legato ai tre dei sette colli di Roma compresi entro i confini: Esquilino, Viminale e una parte del Quirinale e tutti fanno parte dei colli sui quali, secondo la tradizione, fu fondata Roma. Il suo nome medievale “Regio Montium et Biberate” si riferiva ai colli e a una strada principale chiamata via Biberatica che attraversava i Mercati Traianei. Oggi è il rione più esteso della Capitale ed è molto collinare, con strade e scalinate che salgono e scendono un po’ ovunque. Un vicolo del Rione Monti – @Wikimedia Commons – Fiammetta Bruni Questa zona è piena di trattorie, bar e locali. La via del Boschetto è famosa per essere la strada di Roma con il maggior numero di ristoranti per metro quadrato. Gravita sulla piazzetta della Madonna dei Monti, nei pressi dell’omonima chiesa, che, con la Fontana dei Catecumeni disegnata dall’architetto Giacomo della Porta, ancora funge da centro di aggregazione sia per i residenti sia per i visitatori. C’è anche uno dei più famosi mercatini vintage della città. È piaciuto persino a Tom Cruise, che l’ha scelto per ambientarvi alcune scene del film del suo nuovo film d’azione in stile “Mission Impossible”. L’attore è molto legato a Roma e non è la prima volta che la visita per lavoro o per piacere: nel 2005 era qui per “Mission Impossible 3”, poi è tornato nel 2006 per il fiabesco matrimonio con Katie Holmes, festeggiato nel castello di Bracciano ma ci era già stato quando era sposato con Nicole Kidman. Scslinate e street art a Rione Monti – @Wikimedia Commons – Emanuele Il set è concentrato tra via Urbana e la strettissima via dei Serpenti. Al civico 29 di quest’ultima è vissuto pure il regista Mario Monicelli e gli è stata dedicata una targa davanti all’abitazione. La via Urbana, invece, è un “Vicus Patricius” antico, una strada “residenziale” su cui si affacciavano alcune delle più belle case romane che scendeva verso la Suburra, l’antica zona “Sub Urbe” (sotto la città), i cui scantinati sbucano addirittura al Colosseo, il cuore più pittoresco del Rione Monti, sempre pieno di turisti. Piazza della Madonna dei Monti @123rf Monti nasconde alcuni tesori di cui pochi sono a consocenza. Tappa obbligata è a Santa Maria Maggiore, una della quattro basiliche papali di Roma sulla cui costruzione aleggia una leggenda: la notte del 4 agosto del 358 d.C. la Madonna apparve in sogno a Papa Liberio chiedendogli di costruire una chiesa. La mattina successiva, una nevicata in piena estate imbiancò il Colle Esquilino, indicando dove costruire la basilica. Ogni anno il 5 agosto si celebra la rievocazione del miracolo della nevicata, uno spettacolo a cui vale la pena assistere. Merita una sosta anche la Basilica di San Pietro in Vincoli, dove si può ammirare il Mosè di Michelangelo, scolpito per il mausoleo di Papa Giulio II e infine e la Chiesa dei Santi Domenico e Sisto il cui altare maggiore è stato disegnato niente meno che da Gian Lorenzo Bernini. La la Chiesa dei Santi Domenico e Sisto @123rf Ma il rione è ricco anche di reperti archeologici, come il Foro di Nerva, terzo dei Fori Imperiali, il Foro di Augusto, eretto per celebrare la vittoria di Augusto su Bruto e Cassio, e la Scala Santa che, secondo la tradizione, sarebbero i 28 gradini di marmo bianco percorsi da Cristo per recarsi da Ponzio Pilato durante il processo, portati qui da Gerusalemme da S. Elena, madre dell’imperatore Costantino. Insomma, il Rione Monti è uno dei rioni più belli e carichi di storia di tutta Roma. Il Rione Monti a Roma @123rf https://ift.tt/3ar2WyZ Rione Monti, il quartiere di Roma poco conosciuto Vicoli stretti di sanpietrini, botteghe di artigiani, gallerie d’arte, piccole piazze e vecchi edifici: il Rione Monti di Roma è una città nella città. Passeggiando in questo quartiere, talvolta ci si scorda di essere nella Capitale d’Italia. I turisti l’hanno scoperto di recente e, dopo aver fatto il tour classico delle antichità romane, amano perdersi tra le stradine, buttare l’occhio dal vetraio che realizza finestre a mano, dalla magliaia che ancora lavora ai ferri la lana, sedersi al bar dove il caffè è fatto con la moka o dove bere un buon bicchiere di vino dei Colli. Il suo nome è legato ai tre dei sette colli di Roma compresi entro i confini: Esquilino, Viminale e una parte del Quirinale e tutti fanno parte dei colli sui quali, secondo la tradizione, fu fondata Roma. Il suo nome medievale “Regio Montium et Biberate” si riferiva ai colli e a una strada principale chiamata via Biberatica che attraversava i Mercati Traianei. Oggi è il rione più esteso della Capitale ed è molto collinare, con strade e scalinate che salgono e scendono un po’ ovunque. Un vicolo del Rione Monti – @Wikimedia Commons – Fiammetta Bruni Questa zona è piena di trattorie, bar e locali. La via del Boschetto è famosa per essere la strada di Roma con il maggior numero di ristoranti per metro quadrato. Gravita sulla piazzetta della Madonna dei Monti, nei pressi dell’omonima chiesa, che, con la Fontana dei Catecumeni disegnata dall’architetto Giacomo della Porta, ancora funge da centro di aggregazione sia per i residenti sia per i visitatori. C’è anche uno dei più famosi mercatini vintage della città. È piaciuto persino a Tom Cruise, che l’ha scelto per ambientarvi alcune scene del film del suo nuovo film d’azione in stile “Mission Impossible”. L’attore è molto legato a Roma e non è la prima volta che la visita per lavoro o per piacere: nel 2005 era qui per “Mission Impossible 3”, poi è tornato nel 2006 per il fiabesco matrimonio con Katie Holmes, festeggiato nel castello di Bracciano ma ci era già stato quando era sposato con Nicole Kidman. Scslinate e street art a Rione Monti – @Wikimedia Commons – Emanuele Il set è concentrato tra via Urbana e la strettissima via dei Serpenti. Al civico 29 di quest’ultima è vissuto pure il regista Mario Monicelli e gli è stata dedicata una targa davanti all’abitazione. La via Urbana, invece, è un “Vicus Patricius” antico, una strada “residenziale” su cui si affacciavano alcune delle più belle case romane che scendeva verso la Suburra, l’antica zona “Sub Urbe” (sotto la città), i cui scantinati sbucano addirittura al Colosseo, il cuore più pittoresco del Rione Monti, sempre pieno di turisti. Piazza della Madonna dei Monti @123rf Monti nasconde alcuni tesori di cui pochi sono a consocenza. Tappa obbligata è a Santa Maria Maggiore, una della quattro basiliche papali di Roma sulla cui costruzione aleggia una leggenda: la notte del 4 agosto del 358 d.C. la Madonna apparve in sogno a Papa Liberio chiedendogli di costruire una chiesa. La mattina successiva, una nevicata in piena estate imbiancò il Colle Esquilino, indicando dove costruire la basilica. Ogni anno il 5 agosto si celebra la rievocazione del miracolo della nevicata, uno spettacolo a cui vale la pena assistere. Merita una sosta anche la Basilica di San Pietro in Vincoli, dove si può ammirare il Mosè di Michelangelo, scolpito per il mausoleo di Papa Giulio II e infine e la Chiesa dei Santi Domenico e Sisto il cui altare maggiore è stato disegnato niente meno che da Gian Lorenzo Bernini. La la Chiesa dei Santi Domenico e Sisto @123rf Ma il rione è ricco anche di reperti archeologici, come il Foro di Nerva, terzo dei Fori Imperiali, il Foro di Augusto, eretto per celebrare la vittoria di Augusto su Bruto e Cassio, e la Scala Santa che, secondo la tradizione, sarebbero i 28 gradini di marmo bianco percorsi da Cristo per recarsi da Ponzio Pilato durante il processo, portati qui da Gerusalemme da S. Elena, madre dell’imperatore Costantino. Insomma, il Rione Monti è uno dei rioni più belli e carichi di storia di tutta Roma. Il Rione Monti a Roma @123rf Vicoli stretti di sanpietrini, botteghe di artigiani, gallerie d’arte, piccole piazze e vecchi edifici: il Rione Monti di Roma è una città nella città.
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Great Wines of Italy 2018 Bangkok
Another December, another round of wine scrum. There I was, again, negotiating a capacity crowd of stemware-wielding, purplish teeth-baring oenophiles for my vinous spoils.
To be exact, a staggering 191 premium wines from 98 producers. James Suckling’s Great Wines of Italy 2018 Asia tour was back and bigger than ever.
The bustle of Bangkok was nothing compared with frantic scenes in Hong Kong or Beijing, observed visiting winemakers. That said, no sooner had the door opened things got into full swing.
More wines, less time
Something tells us perhaps the shortened programme — there goes our one-hour head start before people clock out from work — has something to do with cost management. Omission of some big-name labels suggests as much. Then again, it remained a small price to pay for the admission price we paid, in a country where wine spells luxury.
But I digressed. Naturally, the early birds flocked to wherever 100-pointer juice flowed, drained and vanished in record time, leaving a trail of empty Ornellaias or Tignanellos exhibited posthumously to disgruntled latecomers.
However, the sheer number of exciting picks meant there was no time for regret. Something else would come along.
Suffice to say, I was extremely content to have followed the heart rather than the points. Though I barely scratched the surface, my experience was all the more rewarding for when winemakers reciprocated aficionados’ enthusiasm with full attention and spirited exchanges in between pours.
Here’s my far-from-exhaustive fabulous dozen from the walk-around tasting:
Riecine ’14 Toscana Rosso Riecine Visibly limpid, hauntingly weightless. Beautiful mesh of red fruit, violet, white pepper and blood orange, laced with racy acidity and minerality. Smart, trim, nothing in excess. Picture a whispery tête-à-tête with Rooney Mara. Incredibly cerebral, soulful sangiovese in purezza. Some whole bunch, extended skin maceration, élevage in concrete.
Riecine ’15 Toscana Rosso La Gioia More quintessential Chianti Classico: richer, fuller by comparison. Expressive sour cherry and red fruit emerges front and centre, as sweet spice, sandalwood and leather chime in harmoniously. Judicious oak and supple tannins add substance to style with plenty of verve. A classy 100% sangiovese which lives up to its name: true joy in a glass.
The reason these translucent beauties shun the Gran Selezione pedestal, according to the engaging winemaker Alessandro Campatelli, is colour-obsessed red tape no less. To think that the Consorzio would’ve learned a thing or two from past blunders...
Pieropan ’15 Soave Classico Calvarino Heady aromas of pear, apple, grapefruit and spring flowers wow the senses with real piquancy and thrust. Dripping with pristine orchard fruit, chalky minerals and brisk acidity on the sapid palate. Leesy and complex, it closes long with a peculiarly saline, nutty twang. Decidedly scintillating. 70% garganega and 30% trebbiano di soave on volcanic soil, aged sur lie in concrete vats.
Pieropan ’15 Soave Classico La Rocca Harvested late and oaked, this radiant white bears richer concentration and definition, with a tropical (papaya!) twist. Honeyed and minerally, bright acidity lifts the tactile palate as it powers to a flavoursome finish. A peach of a wine, this offers fascinating contrast side by side with Calvarino yet there’s very little to separate them. 100% garganega on chalky clay, aged sur lie in large old casks.
Pietradolce ’14 Etna Rosso Vigna Barbagalli Lady Etna is enigmatic: floral, briary, smoky, with tar and menthol in the bouquet. Concentrated wild berry and slick oak inform the smoldering, youthfully austere palate. Distinctively earthy with pu’er-like finish. Mind the silken yet potent tannins. Has the stuffing, both gravitas and grace not unlike nebbiolo. From century-old, pre-phylloxera vines at contrada Rampante.
Alta Mora ’14 Etna Rosso Guardiola Likewise earthy disposition to this fragrant single contrada. Mineral vein underscores dark fruit, wet clay, tar, florals, pomegranate and Mediterranean herb, all framed by dense noble tannins. Tightly-knit and sleek rather than sinewy, with excellent complexity, line and length. More animated and savoury than Barbagalli. Nebbiolo again pops into mind yet with a personality all its own. A winner from 150-year old vines.
Nittardi ’15 Chianti Classico Casanuova di Nittardi Pure sangiovese from acidity-retaining altitudes at Castellina. Just old tonneaux and some time in concrete. Bright cherry is joined by violet, dark berries and a whiff of good ol’ barnyard. Sappy palate grips and extends with a dusty, spicy kick. Riveting. One-time owner, Renaissance rockstar Michelangelo Buonarroti — hence the artsy label tribute — makes for an excellent conversation piece.
Proprietor Léon Femfert revealed that Rhys, one half of the mischievous Matthews on The Wine Show — and an Emmy-winning actor — downed a glass filled to the brim, presumably in desperate need of inspiration for his label doodling showdown with co-host Goode. Guess what, it did the trick.
Castello di Volpaia ’15 Chianti Classico Gran Selezione Coltassala Red fruit, incense, florals and vanilla leap out of the glass. The extravagant perfume a result of sandy soil at Radda altitudes and 24-month worth of new French oak. Deep sweet cherry luxuriates in milk chocolate in the mouth, rendered a voluptuous spin by said wood. Fresh acidity and firm ripe tannins provide impeccable balance. Freshly-minted Gran Selezione, kind of self-explanatory if you find it a touch modern.
San Polino ’13 Brunello di Montalcino Helichrysum Spellbinding aromatics. Ample acidity and a wall of mouth-coating tannins shape the chiseled architecture which frames black cherry, raspberry, blue flowers, new leather, tobacco and baking spice. Brooding and tight, there is no doubting the latent potential i.e. depth, intensity and vigour. Long ferment, large Slavonian cask aging equal classic brunello par excellence.
It was the Fanti rep Luca Vitiello who pointed me in San Polino direction when I requested his recommendation. Nice lad. Speaking of which, his lithe, fresh-fruited Fanti ’13 Brunello di Montalcino is disarmingly charming, delivering succulent berries and watermelon with lip-smacking immediacy, not that it won’t benefit from some bottle age.
Argentiera ’15 Bolgheri Superiore Ornellaia next-table might have stolen the limelight, but this snazzy overachiever stole the show. Blueberry, blackcurrant, cedar, wood spice and graphite meld seamlesssly with super polished tannins and opulent oak to compose a symphony of decadence. Apparently well-endowed yet supple in its caress. The proverbial iron fist in a velvet glove.
Jermann ’16 Vintage Tunina Venezia Giulia An intriguing blend of chardonnay, sauvignon with autochthonous ribolla gialla, malvasia istriana and picolit. Intense nose and full-bodied palate are handsomely laden with gooseberry, apricot, white blossom and lemon drop in citrusy overtone. Steely acidity balances juicy weight with aplomb, as pithy aftertaste lingers on. Not for nothing does it consistently rank as one of Italy’s top whites.
A winemakers’ vintage
To say barolo is conspicuous by its absence would be an understatement. With 2014s’ bad rap weighing on my mind, this wettest of vintages in recent memory seemed to have put a damper on barolo’s hot streak at first taste. A weaker field and palate fatigue arguably didn’t help.
But hindsight is a beautiful thing, in all probability, so could be some of these ugly ducklings. What this winemakers’ vintage might lack in flesh and bones, it more than makes up for in finesse and sultry appeal, eager to please with minimal cellaring. 2014 might turn out to be nothing more than just a speed bump.
Between the inebriation and camaraderie, the wine-drenched evening was a lot to take in. Evidently, Bangkok embraced vino italiano with gusto — some had one too many, those jovial strangers who egged me on to give the irrepressible Frescobaldi ambassador, Erika Ribaldi a peck on the cheek, to which I respectfully obliged.
Good-natured fun apart, the tasting is always about finding that something which tickles your fancy. I’m constantly told, and often repeat, that to get to the bottom of Italian wines, non basta una vita. — KY
*** This is a sponsored post *** The sixth Asia’s largest Italian wine showcase will return to Grand Hyatt Erawan Hotel on Nov 27. Visit jamessuckling.com/event for tickets or more info. James Suckling is one of the world’s foremost wine critics, having tasted more than 200,000 wines over three decades. A resident of Hong Kong, he lives most of the time on Cathay Pacific flying to the most popular wine regions in the world and tasting the best wines. James organises regularly large premium wine events in Hong Kong, Thailand, the US and Europe. Visit them at jamessuckling.com.
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In vino veritas caro amato Antonio
In hashish levitas
In bamba vanitas
In terra gravitas
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Canto VI
COLOQUIO DE HÉCTOR Y ANDRÓMACA
Quedaron solos en la batalla horrenda teucros y aqueos, que se arrojaban unos a otros broncíneas lanzas, y la pelea se extendía, acá y allá de la llanura, entre las corrientes del Símois y del Janto.
Ayante Telemonio, antemural de los aqueos, rompió el primero la falange troyana e hizo aparecer la aurora de la salvación entre los suyos, hiriendo de muerte al tracio más denodado, al alto y valiente Acamante, hijo de Eusoro. Acertóle en la cimera del casco, guarnecido con crines de caballo, la lanza se clavó en la frente, la broncínea punta atravesó el hueso y las tinieblas cubrieron los ojos del guerrero.
Diomedes, valiente en el combate, mató a Axilo Teutránida, que, abastado de bienes, moraba en la bien construida Arisbe; y era muy amigo de los hombres porque en su casa situada cerca del camino, a todos les daba hospitalidad. Pero ninguno de ellos vino entonces a librarle de la lúgubre muerte, y Diomedes le quitó la vida a él y a su escudero Calesio, que gobernaba los caballos. Ambos penetraron en el seno de Gea.
Euríalo dio muerte a Dreso y Ofeltio, y fuese tras Esepo y Pedaso, a quienes la náyade Abarbarea concibiera en otro tiempo del eximio Bucolión, hijo primogénito y bastardo del ilustre Laomedonte (Bucolión apacentaba ovejas y tuvo amoroso consorcio con la Ninfa, la cual quedó en cinta y dio a luz los dos mellizos): el Mecistíada acabó con el valor de ambos, privó de vigor a sus bien formados miembros y les quitó la armadura de los hombros. El belígero Polipetes dejó sin vida a Astíalo; Odiseo, con la broncínea lanza, a Pidites percosio; y Teucro, a Aretaón divino.
Antíloco Nestórida mató con la pica reluciente a Ablero; Agamemnón, rey de hombres, a Elato, que habitaba en la excelsa Pedaso, a orillas del Sátniois, y de hermosa corriente; el héroe Leito, a Fílaco mientras huía; y Eurípilo, a Melantio.
Menelao, valiente en la pelea, cogió vivo a Adrasto, cuyos caballos, corriendo despavoridos por la llanura, chocaron con las ramas de un tamarisco, rompieron el corvo carro por el extremo del timón, y se fueron a la ciudad con los que huían espantados. El héroe cayó al suelo y dio de boca en el polvo junto a la rueda; acercósele Menelao Atrida con la ingente lanza, y aquél, abrazando sus rodillas, así le suplicaba:
—Hazme prisionero, Atrida, y recibirás digno rescate. Muchas cosas de valor tiene mi opulento padre en casa: bronce, oro, hierro labrado; con ellas te pagaría inmenso rescate, si supiera que estoy vivo en las naves aqueas.
Dijo Adrasto, y le conmovió el corazón. E iba Menelao a ponerle en manos del escudero, para que lo llevara a las veleras naves aqueas, cuando Agamemnón corrió a su encuentro y le increpó diciendo:
—¡Ah, bondadoso! ¡Ah Menelao! ¿Por qué así te apiadas de los hombres? ¡Excelentes cosas hicieron los troyanos en tu palacio! Que ninguno de los que caigan en nuestras manos se libre de tener nefanda muerte, ni siquiera el que la madre lleve en el vientre, ¡ni ése escape! ¡Perezcan todos los de Ilión, sin que sepultura alcancen ni memoria dejen!
Así diciendo, cambió la mente de su hermano con la oportuna exhortación. Repelió Menelao al héroe Adrasto, que herido en el ijar por el rey Agamemnón, cayó de espaldas. El Atrida le puso el pie en el pecho y le arrancó la lanza.
Y Néstor animaba a los argivos, dando grandes voces:
—¡Amigos, héroes dánaos, ministros de Ares! Que nadie se quede atrás para recoger despojos y volver, cargado de ellos, a las naves; ahora matemos hombres y luego con más tranquilidad despojaréis en la llanura los cadáveres de cuantos mueran!
Con tales palabras les excitó a todos el valor y la fuerza. Y los teucros hubieran vuelto a entrar en Ilión, acosados por los belicosos aqueos y vencidos por su cobardía si Heleno Priámida, el mejor de los augures, no se hubiese presentado a Eneas y a Héctor para decirles:
—¡Eneas y Héctor! Ya que el peso de la batalla gravita principalmente sobre vosotros entre los troyanos y los licios, porque sois los primeros en toda empresa, ora se trate de combatir, ora de razonar, quedaos aquí, recorred las filas, y detened a los guerreros antes que se encaminen a las puertas, caigan huyendo en brazos de las mujeres y sea motivo de gozo para los enemigos. Cuando hayáis reanimado todas las falanges, nosotros, aunque estamos abatidos, pelearemos con los dánaos porque la necesidad nos apremia. Y tú, Héctor, ve a la ciudad y di a nuestra madre que llame a las venerables matronas; vaya con ellas al templo dedicado a Atenea, la de los brillantes ojos, en la acrópolis; abra la puerta del sacro recinto; ponga sobre las rodillas de la deidad, de hermosa cabellera, el peplo que mayor sea, más lindo le parezca y más aprecie de cuantos haya en el palacio, y le vote sacrificar en el templo doce vacas de un año, no sujetas aún al yugo, si apiadándose de la ciudad y de las esposas y niños de los troyanos, aparta de la sagrada Ilión al hijo de Tideo, feroz guerrero, cuya braveza causa nuestra derrota y a quien tengo por el más esforzado de los aqueos todos. Nunca temimos tanto ni al mismo Aquileo, príncipe de hombres que es, según dicen, hijo de una diosa. Con gran furia se mueve el hijo de Tideo y en valentía nadie con él se iguala.
Dijo; y Héctor obedeció a su hermano. Saltó del carro al suelo sin dejar las armas, y blandiendo dos puntiagudas lanzas, recorrió el ejército, animóle a combatir y promovió una terrible pelea. Los teucros volvieron la cara y afrontaron a los argivos; y éstos retrocedieron y dejaron de matar, figurándose que algún dios habría descendido del estrellado cielo para socorrer a aquéllos; de tal modo se volvieron. Y Héctor exhortaba a los teucros diciendo en alta voz:
—¡Animosos troyanos, aliados de lejas tierras venidos! Sed hombres, amigos, y mostrad vuestro impetuoso valor, mientras voy a Ilión y encargo a los respetables próceres y a nuestras esposas que oren y ofrezcan hecatombes a los dioses.
Dicho esto, Héctor, de tremolante casco, partió; y la negra piel que orlaba el abollonado escudo como última franja, le batía el cuello y los talones.
Glauco, vástago de Hipóloco, y el hijo de Tideo, deseosos de combatir, fueron a encontrarse en el espacio que mediaba entre ambos ejércitos. Cuando estuvieron cara a cara, Diomedes, valiente en la pelea, dijo el primero:
—¿Cuál eres tú, guerrero valentísimo, de los mortales hombres? Jamás te vi en las batallas, donde los varones adquieren gloria, pero al presente a todos los vences en audacia cuando te atreves a esperar mi fornida lanza. ¡Infelices de aquellos cuyos hijos se oponen a mi furor! Mas si fueses inmortal y hubieses descendido del cielo, no quisiera yo luchar con dioses celestiales. Poco vivió el fuerte Licurgo, hijo de Driante, que contendía con las celestes deidades: persiguió en los sacros montes de Nisa a las nodrizas del furente Dióniso, las cuales tiraron al suelo los tirsos al ver que el homicida Licurgo las acometía con la aguijada; el dios, espantado, se arrojó al mar y Tetis le recibió en su regazo, despavorido y agitado por fuerte temblor que la amenaza de aquel hombre le causara; pero los felices dioses se irritaron contra Licurgo, cególe el Cronión, y su vida no fue larga, porque se había hecho odioso a los inmortales todos. Con los bienaventurados dioses no quisiera combatir; pero si eres uno de los mortales que comen los frutos de la tierra, acércate para que más pronto llegues de tu perdición al término.
Respondióle el preclaro hijo de Hipóloco: — ¡Magnánimo Tidida! Por qué me interrogas sobre el abolengo? Cual la generación de las hojas, así la de los hombres. Esparce el viento las hojas por el suelo y la selva, reverdeciendo, produce otras al llegar la primavera: de igual suerte, una generación humana nace y otra perece. Pero ya que deseas saberlo, te diré cuál es mi linaje, de muchos conocido. Hay una ciudad llamada Efira en el riñón de la Argólide, criadora de caballos, y en ella vivía Sísifo Eólida, que fue el más ladino de los hombres. Sísifo engendró a Glauco, y éste al eximio Belerofonte, a quien los dioses concedieron gentileza y envidiable valor. Mas Preto, que era muy poderoso entre los argivos, pues a su cetro los había sometido Zeus, hízole blanco de sus maquinaciones y le echó de la ciudad. La divina Antea, mujer de Preto, había deseado con locura juntarse clandestinamente con Belerofonte; pero no pudo persuadir al prudente héroe, que sólo pensaba en cosas honestas, y mintiendo dijo al rey Preto:
—¡Preto! Muérete o mata a Belerofonte, que ha querido juntarse conmigo sin que yo lo deseara.
—Así habló. El rey se encendió en ira al oírla; y si bien se abstuvo de matar a aquél por el religioso temor que sintió su corazón, le envió a la Licia, y haciendo en un díptico pequeño mortíferas señales, entrególe los perniciosos signos con orden de que los mostrase a su suegro para que éste le hiciera perecer. Belerofonte, poniéndose en camino debajo del fausto patrocinio de los dioses, llegó a la vasta Licia y a la corriente del Janto: el rey recibióle con afabilidad, hospedóle durante nueve días y mandó matar otros tantos bueyes pero al aparecer por décima vez Eos de rosados dedos, le interrogó y quiso ver la nota que de su yerno Preto le traía. Y así que tuvo la funesta nota ordenó a Belerofonte que lo primero de todo matara a la ineluctable Quimera, ser de naturaleza no humana, sino divina, con cabeza de león, cola de dragón y cuerpo de cabra, que respiraba encendidas y horribles llamas; y aquél le dio muerte, alentado por divinales indicaciones. Luego tuvo que luchar con los afamados Solimos, y decía que éste fue el más recio combate que con hombres sostuviera. Más tarde quitó la vida a las varoniles Amazonas. Y cuando regresaba a la ciudad, el rey, urdiendo otra dolosa trama, armóle una celada con los varones más fuertes que halló en la espaciosa Licia; y ninguno de éstos volvió a su casa, porque a todos les dio muerte el eximio Belerofonte. Comprendió el rey que el héroe era vástago ilustre de alguna deidad y le retuvo allí, le casó con su hija y compartió con él la realeza, los licios, a su vez, acotáronle un hermoso campo de frutales y sembradío que a los demás aventajaba, para que pudiese cultivarlo. Tres hijos dio a luz la esposa del aguerrido Belerofonte: Isandro, Hipóloco y Laodamia; y ésta, amada por el próvido Zeus, parió al deiforme Sarpedón, que lleva armadura de bronce. Cuando Belerofonte se atrajo el odio de todas las deidades, vagaba solo por los campos de Ale, royendo su ánimo y apartándose de los hombres; Ares, insaciable de pelea, hizo morir a Isandro en un combate con los afamados Solimos, y Artemis, la que usa riendas de oro, irritada, mató a su hija. A mí me engendró Hipóloco —de éste, pues, soy hijo— y envióme a Troya, recomendándome muy mucho que descollara y sobresaliera entre todos y no deshonrase el linaje de mis antepasados, que fueron los hombres más valientes de Efira y la extensa Licia. Tal alcurnia y tal sangre me glorío de tener.
Así dijo. Alegróse Diomedes, valiente en el combate; y clavando la pica en el almo suelo, respondió con cariñosas palabras al pastor de los hombres:
—Pues eres mi antiguo huésped paterno, porque el divino Eneo hospedó en su palacio al eximio Belerofonte, le tuvo consigo veinte días y ambos se obsequiaron con magníficos presentes de hospitalidad. Eneo dio un vistoso tahalí teñido de púrpura, y Belerofonte una copa doble de oro, que en mi casa quedó cuando me vine. A Tideo no lo recuerdo; dejóme muy niño al salir para Tebas donde pereció el ejército aqueo. Soy por consiguiente, tu caro huésped en el centro de Argos, y tu lo serás mío en la Licia cuando vaya a tu pueblo. En adelante no nos acometamos con la lanza por entre la turba. Muchos troyanos y aliados ilustres me restan para matar a quienes, por la voluntad de un dios, alcance en la carrera; y asimismo te quedan muchos aqueos para quitar la vida a cuantos te sea posible. Y ahora troquemos la armadura, a fin de que sepan todos que de ser huéspedes paternos nos gloriamos.
Dichas estas palabras, descendieron de los carros y se estrecharon la mano en prueba de amistad. Entonces Zeus Cronión hizo perder la razón a Glauco, pues permutó sus armas por las de Diomedes Tidida, las de oro por las de bronce, las valoradas en cien bueyes por las que en nueve se apreciaban.
Al pasar Héctor por la encina y las puertas Esceas, acudieron corriendo las esposas e hijos de los troyanos y preguntáronle por sus hijos, hermanos, amigos y esposos; y él les encargó que unas tras otras orasen a los dioses, porque para muchas eran inminentes las desgracias.
Cuando llegó al magnífico palacio de Príamo, provisto de bruñidos pórticos (en él había cincuenta cámaras de pulimentada piedra seguidas, donde dormían los hijos de Príamo con sus legítimas esposas; y enfrente, dentro del mismo patio, otras doce, construidas igualmente con sillares, continuas y techadas, donde se acostaban los yernos de Príamo y sus castas mujeres), le salió al encuentro su alma madre, que iba en busca de Laódice, la más hermosa de las princesas; y asiéndole de la mano, le dijo:
—¡Hijo! ¿Por qué has venido, dejando el áspero combate? Sin duda los aqueos, ¡aborrecido nombre!, deben de estrecharnos, combatiendo alrededor de la ciudad, y tu corazón te ha impulsado a volver con el fin de levantar desde la acrópolis las manos a Zeus. Pero aguarda, traeré vino dulce como la miel para que lo libes al padre Zeus y a los demás inmortales, y puedas también, si bebes, recobrar las fuerzas. El vino aumenta mucho el vigor del hombre fatigado y tú lo estás de pelear por los tuyos.
Respondióle el gran Héctor, de tremolante casco: —No me des vino dulce como la miel, veneranda madre, no sea que me enerves y me hagas perder valor y fuerza. No me atrevo a libar el negro vino en honor de Zeus sin lavarme las manos, ni es lícito orar al Cronión, el de las sombrías nubes, cuando se está manchado de sangre y polvo. Pero tú congrega a las matronas, llévate perfumes, y entrando en el templo de Atenea que impera en las batallas, pon sobre las rodillas de la deidad de hermosa cabellera el peplo mayor, más lindo y que más aprecies de cuantos haya en el palacio; y vota a la diosa sacrificar en su templo doce vacas de un año, no sujetas aún al yugo, si, apiadándose de la ciudad y de las esposas y niños de los troyanos, aparta de la sagrada Ilión al hijo de Tideo, feroz guerrero cuya valentía causa nuestra derrota. Encamínate, pues, al templo de Atenea, que impera en las batallas, y yo iré a casa de Paris a llamarle, si me quiere escuchar. ¡Así la tierra se lo tragara! Crióle el Olímpico como una gran plaga para los troyanos y el magnánimo Príamo y sus hijos. Creo que si le viera descender al Hades, olvidaríase mi alma de los enojosos pesares.
De esta suerte se expresó. Hécabe volviendo al palacio, llamó a las esclavas, y éstas anduvieron por la ciudad y congregaron a las matronas; bajó luego al fragante aposento donde se guardaban los peplos bordados, obra de las mujeres que se llevara de Sidón el deiforme Alejandro en el mismo viaje en que robó a Helena , la de nobles padres; tomó, para ofrecerlo a Atenea, el peplo mayor y más hermoso por sus bordaduras, que resplandecía como un astro y se hallaba debajo de todos, y partió acompañada de muchas matronas.
Cuando llegaron a la acrópolis, abrióles las puertas del templo Teano, la de hermosas mejillas, hija de Ciseo y esposa de Antenor, domador de caballos, a la cual habían elegido los troyanos sacerdotisa de Atenea. Todas, con lúgubres lamentos, levantaron las manos a la diosa. Teano, la de hermosas mejillas, tomó el peplo, lo puso sobre las rodillas de Atenea, la de hermosa cabellera, y orando rogó así a la hija del gran Zeus:
—¡Veneranda Atenea, protectora de la ciudad divina entre las diosas! ;Quiébrale la lanza a Diomedes, concédenos que caiga de pechos en el suelo, ante las puertas Esceas, y te sacrificaremos en este templo doce vacas de un año, no sujetas aún al yugo, si de este modo te apiadas de la ciudad y de las esposas y niños de los troyanos!
Tal fue su plegaria, pero Palas Atenea no accedió. En tanto ellas invocaban a la hija del gran Zeus, Héctor se encaminó al magnífico palacio que para Alejandro labrara él mismo con los demás hábiles constructores de la fértil Troya; éstos le hicieron una cámara nupcial, una sala y un patio, en la acrópolis, cerca de los palacios de Príamo y de Héctor. Allí entró Héctor, caro a Zeus, llevando una lanza de once codos, cuya broncínea y reluciente punta estaba sujeta por áureo anillo. En la cámara halló a Alejandro, que acicalaba las magníficas armas, escudo y coraza, y probaba el corvo arco; y a la argiva Helena, que, sentada entre sus esclavas, ocupábalas en primorosas labores. Y viendo a aquél, increpóle con injuriosas palabras:
—¡Desgraciado! No es decoroso que guardes en el corazón ese rencor. Los hombres perecen combatiendo al pie de los altos muros de la ciudad: el bélico clamor y la lucha se encendieron por tu causa alrededor de nosotros, y tú mismo reconvendrías a quien cejara en la pelea horrenda. Ea, levántate. No sea que la ciudad llegue a ser pasto de las voraces llamas.
Respondióle el deiforme Alejandro: —¡Héctor! Justos y no excesivos son tus reproches, y por lo mismo voy a contestarte. Atiende y óyeme. Permanecía aquí, no tanto por estar airado o resentido con los troyanos, cuanto porque deseaba entregarme al dolor. En este instante mi esposa me exhortaba con blandas palabras a volver al combate; y también a mí me parece preferible porque la victoria tiene sus alternativas para los guerreros. Ea, pues, aguarda y visto las marciales armas; o vete y te sigo y creo que lograré alcanzarte.
Así dijo. Héctor, de tremolante casco, nada contestó. Y Helena hablóle con dulces palabras:
—¡Cuñado mío, de esta perra maléfica y abominable! ¡Ojalá que cuando mi madre me dio a luz, un viento proceloso me hubiese llevado al monte o al estruendoso mar, para hacerme juguete de las olas, antes que tales hechos ocurrieran! Y ya que los dioses determinaron causar estos males, debió tocarme ser esposa de un varón más fuerte, a quien dolieran la indignación y los reproches de los hombres. Este ni tiene firmeza de ánimo ni la tendrá nunca, y creo que recogerá el debido fruto. Pero, entra y siéntate en esta silla, cuñado, que la fatiga te oprime el corazón por mí, perra, y por la falta de Alejandro; a quienes Zeus nos dio tan mala suerte a fin de que sirvamos a los venideros de asunto para sus cantos.
Respondióle el gran Héctor, de tremolante casco: — No me ofrezcas asiento, amable Helena, pues no lograrás persuadirme: ya mi corazón desea socorrer a los troyanos que me aguardan con impaciencia. Anima a éste, y él mismo se dé prisa para que me alcance dentro de la ciudad, mientras voy a mi casa y veo a la esposa querida, al niño y a los criados; que ignoro si volveré de la batalla o los dioses me harán sucumbir a manos de los aqueos.
Apenas hubo dicho estas palabras, Héctor, de tremolante casco, se fue. Llegó en seguida a su palacio que abundaba de gente, mas no encontró a Andrómaca, la de níveos brazos, pues con el niño y la criada de hermoso peplo estaba en la torre llorando y lamentándose. Héctor, como no hallara a su excelente esposa, detúvose en el umbral y habló con las esclavas:
—¡Ea, esclavas! Decidme la verdad: ¿Adónde ha ido Andrómaca, la de níveos brazos, desde el palacio? ¿A visitar a mis hermanas o a mis cuñadas de hermosos peplos? ¿O, acaso, al templo de Atenea, donde las troyanas, de lindas trenzas, aplacan a la terrible diosa?
Respondióle la fiel despensera: — ¡Héctor! Ya que nos mandas decir la verdad, no fue a visitar a tus hermanas ni a tus cuñadas de hermosos peplos, ni al templo de Atenea, donde las troyanas, de lindas trenzas, aplacan a la terrible diosa, sino que subió a la gran torre de Ilión, porque supo que los teucros llevaban la peor parte y era grande el ímpetu de los aqueos. Partió hacia la muralla, ansiosa, como loca, y con ella se fue la nodriza que lleva el niño.
Así habló la despensera, y Héctor, saliendo presuroso de la casa, desanduvo el camino por las bien trazadas calles. Tan luego como, después de atravesar la gran ciudad, llegó a las puertas Esceas —por allí había de salir al campo—, corrió a su encuentro su rica esposa Andrómaca, hija del magnánimo Eetión, que vivía al pie del Placo en Tebas de Hipoplacia y era rey de los cilicios. Hija de éste era pues, la esposa de Héctor, de broncínea armadura, que entonces le salió al camino. Acompañábale una doncella llevando en brazos al tierno infante, hijo amado de Héctor, hermoso como una estrella, a quien su padre llamaba Escamandrio y los demás Astianacte, porque sólo por Héctor se salvaba Ilión. Vio el héroe al niño y sonrió silenciosamente. Andrómaca, llorosa, se detuvo a su vera, y asiéndole de la mano, le dijo:
—¡Desgraciado! Tu valor te perderá. No te apiades del tierno infante ni de mí, infortunada, que pronto seré viuda; pues los aqueos te acometerán todos a una y acabarán contigo. Preferible sería que, al perderte, la tierra me tragara, porque si mueres no habrá consuelo para mí, sino pesares; que ya no tengo padre ni venerable madre. A mi padre matóle el divino Aquileo cuando tomó la populosa ciudad de los cilicios, Tebas, la de altas puertas: dio muerte a Etión, y sin despojarle, por el religioso temor que le entró en el ánimo, quemó el cadáver con las labradas armas y le erigió un túmulo, a cuyo alrededor plantaron álamos las ninfas Oréades, hijas de Zeus, que lleva la égida. Mis siete hermanos, que habitaban en el palacio, descendieron al Hades el mismo día; pues a todos los mató el divino Aquileo, el de los pies ligeros, entre los bueyes de tornátiles patas y las cándidas ovejas. A mi madre, que reinaba al pie del selvoso Placo, trájola aquél con el botín y la puso en libertad por un inmenso rescate; pero Artemis, que se complace en tirar flechas, hirióla en el palacio de mi padre. Héctor, ahora tú eres mi padre, mi venerable madre y mi hermano; tú, mi floreciente esposo. Pues, ea, sé compasivo, quédate en la torre —¡no hagas a un niño huérfano y a una mujer viuda!— y pon el ejército junto al cabrahigo, que por allí la ciudad es accesible y el muro más fácil de escalar. Los más valientes —los dos Ayaces, el célebre Idomeneo, los Atridas y el fuerte hijo de Tideo con los suyos respectivos— ya por tres veces se han encaminado a aquel sitio para intentar el asalto: alguien que conoce los oráculos se lo indicó, o su mismo arrojo los impele y anima.
Contestó el gran Héctor, de tremolante casco: — Todo esto me preocupa, mujer, pero mucho me sonrojaría ante los troyanos y las troyanas de rozagantes peplos si como un cobarde huyera del combate; y tampoco mi corazón me incita a ello, que siempre supe ser valiente y pelear en primera fila, manteniendo la inmensa gloria de mi padre y de mí mismo. Bien lo conoce mi inteligencia y lo presiente mi corazón: día vendrá en que perezcan la sagrada Ilión, Príamo y su pueblo armado con lanzas de fresno. Pero la futura desgracia de los troyanos, de la misma Hécabe, del rey Príamo y de muchos de mis valientes hermanos que caerán en el polvo a manos de los enemigos, no me importa tanto como la que padecerás tú cuando alguno de los aqueos, de broncíneas corazas, se te lleve llorosa, privándote de libertad, y luego tejas tela en Argos, a las órdenes de otra mujer, o vayas por agua a la fuente Meseida o Hiperea, muy contrariada porque la dura necesidad pesará sobre ti. Y quizás alguien exclame, al verte deshecha en lágrimas:
Esta fue la esposa de Héctor, el guerrero que más se señalaba entre los teucros, domadores de caballos, cuando en torno de llión peleaban.
Así dirán, y sentirás un nuevo pesar al verte sin el hombre que pudiera librarte de la esclavitud. Pero que un montón de tierra cubra mi cadáver antes que oiga tus clamores o presencie tu rapto.
Así diciendo, el esclarecido Héctor tendió los brazos a su hijo, y éste se recostó, gritando, en el seno de la nodriza de bella cintura, por el terror que el aspecto de su padre le causaba: dábanle miedo el bronce y el terrible penacho de crines de caballo, que veía ondear en lo alto del yelmo. Sonriéronse el padre amoroso y la veneranda madre. Héctor se apresuró a dejar el refulgente casco en el suelo, besó y meció en sus manos al hijo amado y rogó así a Zeus y a los demás dioses:
—¡Zeus y demás dioses! Concededme que este hijo mío sea como yo, ilustre entre los teucros y muy esforzado; que reine poderosamente en Ilión; que digan de él cuando vuelva de la batalla: ¡es mucho más valiente que su padre!; y que, cargado de cruentos despojos del enemigo a quien haya muerto, regocije de su madre el alma.
Esto dicho, puso el niño en brazos de la esposa amada, que al recibirlo en el perfumado seno sonreía con el rostro todavía bañado en lágrimas. Notólo Héctor y compadecido, acaricióla con la mano y así le hablo:
—¡Esposa querida! No en demasía tu corazón se acongoje, que nadie me enviará al Hades antes de lo dispuesto por el hado; y de su suerte ningún hombre, sea cobarde o valiente, puede librarse una vez nacido. Vuelve a casa, ocúpate en las labores del telar y la rueca, y ordena a las esclavas que se apliquen al trabajo; y de la guerra nos cuidaremos cuantos varones nacimos en Ilión, y yo el primero.
Dichas estas palabras, el preclaro Héctor se puso el yelmo adornado con crines de caballo, y la esposa amada regresó a su casa, volviendo la cabeza de cuando en cuando y vertiendo copiosas lágrimas. Pronto llegó Andrómaca al palacio, lleno de gente, de Héctor, matador de hombres; halló en él a muchas esclavas, y a todas las movió a lágrimas. Lloraban en el palacio a Héctor vivo aún, porque no esperaban que volviera del combate librándose del valor y de las manos de los aqueos.
Paris no demoró en el alto palacio; pues así que hubo vestido las magníficas armas de labrado bronce, atravesó presuroso la ciudad haciendo gala de sus pies ligeros. Como el corcel avezado a bañarse en la cristalina corriente de un río, cuando se ve atado en el establo, come la cebada del pesebre y rompiendo el ronzal sale trotando por la llanura, yergue orgulloso la cerviz, ondean las crines sobre su cuello, y ufano de su lozanía mueve ligero las rodillas encaminándose al sitio donde los caballos pacen; de aquel modo, Paris, hijo de Príamo, cuya armadura brillaba como un sol, descendía gozoso de la excelsa Pérgamo por sus ágiles pies llevado. El deiforme Alejandro alcanzó a Héctor cuando regresaba del lugar en que había pasado el coloquio con su esposa, y así le dijo:
—¡Mi buen hermano! Mucho te hice esperar y estarás impaciente, porque no vine con la prontitud que ordenaste.
Respondióle Héctor, de tremolante casco:
— ¡Hermano querido! Nadie que sea justo reprochará tu faena en el combate, pues eres valiente, pero a veces te abandonas y no quieres pelear, y mi corazón se aflige cuando oigo murmurar a los troyanos, que tantos trabajos por ti soportan. Pero vayamos y luego lo arreglaremos todo, si Zeus nos permite ofrecer en nuestro palacio la copa de la libertad a los celestes sempiternos dioses, por haber echado de Troya a los aqueos de hermosas grebas.
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Aries Compatibility
ARIES + ARIES (MARCH 21 - APRIL 19) You're two high-strung, passionate Fire signs who both like to be the Alpha dominant. As such, you'll need to toss the hot potato back and forth, submitting to the other's rule—at times through gritted teeth. Acquiescence may not come naturally, but it builds a necessary trust. Aries is a paradox: you're the zodiac's infant (its first sign) and its gallant hero (you're ruled by warrior Mars). You want to save the world and be saved at the same time. You'll need to occasionally allow yourself to play wounded knight or damsel in distress, and let your mate charge to your rescue. However, don't spiral into neurotic helplessness or analysis paralysis. Nobody can beat a topic to death quite like you can—but that's what therapists are for, Aries. Neither one of you can be saddled with the emotional care and feeding of an adult baby. You're too independent for that. When your problems gain too much mental gravitas, it's time to move—literally. Disperse your Martian angst and anger with lots of physical exertion. As fellow adventurers, you travel well together. Try snowboarding, exotic bike tours, Costa Rican rainforest expeditions. Passionate sex is another antidote to prickly feelings for your high-touch sign. Like Aries Hugh Hefner, you have a champion libido (and an awesome sense of entitlement). Some Aries couples may mutually agree to flex the terms of your monogamy, although the jealousy it stirs might not be worth the trouble.
ARIES + TAURUS (APRIL 20 - MAY 20) The stubborn Bull locks horns with the willful Ram, nostrils flaring, heads bowed in determination. So begins a fierce but fiery courtship, as splashy and menacing as a Pamplona stampede. Aggression, however uncivilized, is part our Darwinian natures. It certainly is for your signs—who possess an arsenal of steamrolling tactics, from doe-eyed charm to old-fashioned philistine strong-arming. No weak-willed mate will survive your natural selection process. Nor should he. Neither one of you feels safe in the arms of a mate who can't protect you. Thus, your initial faceoff is simply a warning shot: Show me your strength so I can trust you. Once the fanfare is over, you make a great team—like British pop royalty Victoria (Aries) and David (Taurus) Beckham.
As tight as two mafiosos, you like to dress up and flaunt your natural superiority over the rest of the animal kingdom. The deal is sweet for both of you. Taurus gets an attractive show pony and a lusty mate to satisfy his Earthy libido. Aries has a lifelong provider and benefactor to supply creative freedom and endless playtime. Issues can arise if Taurus grows too possessive or tries to tame independent Aries. Indulgent Taurus will need to remain active to keep pace with the energetic Ram (read: lay off the nightly steak frites and vino). You both crave attention, but don't go looking for it outside the relationship, unless you want a real showdown. Like two tots in a nursery, you share a favorite word: Mine!
ARIES + GEMINI (MAY 21 - JUNE 20) ♥♥♥♥ You're the best of friends, so why not throw in some benefits? You certainly can…but not so fast. Your common traits are exactly what can snuff the spark before it combusts. Namely: impetuous, reckless, unstoppable drive for instant gratification. You want what you want, and you want it NOW. Sure, the adrenaline you evoke from trading edgy banter, bungee jumping, or playing footsie under the conference table might convince you that you're soulmates. However, this attitude will lead to an inchoate relationship, with the two of you skydiving into City Hall before you even know each other's middle names. It doesn't all come out in the wash, so check that laissez-faire attitude when you're ring shopping on the second date. That said, you do have the makings of a great match that's rooted in true friendship, intellectual chemistry and fun. The key is to pace yourselves and to continuously bring new adventures to the table. Boredom is the enemy; it leads to cat-and-mouse games and mental chess matches with each other. Remain active: get involved in a political campaign, build houses for the poor, take an eco-tour or scuba lessons. Host and attend lots of parties with your mutual friends, and busy yourselves with projects that satisfy your short attention spans. Above all, don't turn to each other for advice, unless you like impatient, tough-love coaching and draining circular conversations. Not exactly the soothsaying your sweetie needs in a rare vulnerable moment.
ARIES + CANCER (JUNE 21 - JULY 22) Aries is the zodiac's baby (its first sign); Cancer is its matriarch, ruling the fourth house of motherhood, home and family. Is this relationship doomed to be an Oedipal cliche? Not if you temper these traits through steady, conscious self-development. Otherwise, you easily lapse into automatic roles that polarize you into a parent-child (or master-and-servant) dynamic. Aries can be selfish—not maliciously, but in a crude, clueless style that leaves Cancer resentful and dismayed at the Ram's lack of nuance. Cancer knows how to play the nurturing giver, but this delicate sign needs room to be vulnerable, too. Aries loves to be coddled, but Cancer's maternal indulgences will create a spoiled brat or a demanding diva. Besides, while the Crab may have a tough outer shell, the true warrior is Aries, ruled by aggressive Mars. Your differences are many: Aries is a diehard independent and Cancer is a family guy; Aries needs freedom, the Crab's possessive grip clings tight. You'll need to compromise, or else the relationship can turn into a competitive, jealous hotbed. You can both brood with the best of them, and your dark days eclipse even the tiniest sliver of hope. Talk about depressing. Swear off the silent treatment and learn to communicate as two adult equals.
ARIES + LEO (JULY 23 - AUGUST 22) Aries and Leo are Fire signs who love drama, passion and extreme adventure. You're a flashy, outspoken duo that plays by your own bold agenda. Restless souls, you need lots of physical and intellectual stimulation—politics, inspiring conversations, startup businesses—you'll juggle them all, making it look so easy. Of course, your emotional meltdowns require a team of therapists and devoted friends to fix, and you should keep those folks on speed dial. Adrenaline is your favorite drug; no surprise Aries Jennifer Garner and Leo Ben Affleck fell in love while co-starring in the action flick Daredevil. Like this Hollywood pair, who refuses to walk the red carpet together on principle, you respect each other's autonomy. Fire signs are by nature independent. You both need to make your own mark on the world, and you don't like anyone stealing your shine. In fact, trouble starts when one of you eclipses the other's big moment or makes the other look foolish in public. Rule number one: don't compete. With your rash tempers, it won't end well. Instead, be each other's biggest fans and champions. As the relationship progresses, put more effort into dressing up, especially if you become parents. Because you're so comfortable together, you could end up bumming around in burp cloths and track suits, dulling the sexy edge that attracted you in the first place.
ARIES + VIRGO (AUGUST 23 - SEPTEMBER 22) The razor's edge between love and hate lives in this common but contradictory coupling. Your attraction feels so fated, it's impossible to resist. Fire-sign Aries loves freedom and risk, but helplessly falls for prudent, parental Virgo, an Earth sign landlocked by practicality and protocol. The tips of Virgo's gossamer wings are singed by Aries' flame—yet, into the fire the Virgin flutters. Both signs have a hero complex, and this relationship centers around fixing each other, or exposing the other to new ways of life. For the first six to twelve months, it's exhilarating. Arduous Aries hand-delivers Virgo's sexual awakening with passion that's tender and all-consuming. Cautious Virgo teaches the impetuous Ram how to slow down, prepare and look both ways before crossing. New facets of your personalities unearth themselves—how lovely! Once the hormone flood is no longer at high tide, however, there are glaring differences to negotiate. Virgo's well-intentioned criticisms feel like a character assault to Aries ("who cares how I fold my T-shirts? I'm still a good person!"). Aries' myopic selfishness makes Virgo feel resentful and unappreciated—especially after hours of listening to the Ram's diatribes with the patience of a paid analyst. At this point, you realize that you've spent way too much time together, and you've lost touch with the outside world. Roll out of bed and reconnect with your individual friends, hobbies and interests. Trust that the other one will be there when you return.
ARIES + LIBRA (SEPTEMBER 23 - OCTOBER 22) ♥♥♥♥ You're opposite signs who can match up well, but you sometimes baffle one another, too. Aries rules the self and Libra rules relationships. Libra is a lover; Aries is a fighter. Your polar extremes can be a great complement if you borrow what the other does best. Rash, temperamental Aries could stand to give others the benefit of the doubt, to look before leaping—something the wise Judge does well. Languid, overly accommodating Libra can learn to speak up, say no, and take action instead of pondering the possible consequences for a year. Although your differences can be irritating, they also make you a well-rounded couple if you play them right. When Aries needs to rant, patient Libra offers uninterrupted listening, capped with sage, sensible feedback. In return, Aries helps Libra overcome a mortal fear of conflict, teaching this sign how to stand up for his rights. As parents, or even business partners, you play the good cop/bad cop routine like seasoned pros. Just be willing to adjust your internal thermostats as needed. Hotheaded Aries will need to dial down the anger, lest all that concentrated emotion throw Libra's scales off balance. Erudite Libra will need to descend from that lofty, cultured perch and take a bold risk. (No, Aries does NOT consider ten years a reasonable time to wait for an engagement ring—and never will.) Compromise is essential for you to find a rhythm.
ARIES + SCORPIO (OCTOBER 23 - NOVEMBER 21) Aries' ruler, passionate Mars, also wields minor command over Scorpio (whose main overlord is Pluto). Fierce physical attraction draws your signs together, but it's a game of sexual gunpowder and erotic explosives. Not that either of you is afraid of such things. No sign is as darkly intense as watery Scorpio. When mixed with Aries' concentrated fire-power, you stir up quite the hydroelectric charge. However, this match can only last if Scorpio has evolved from a ground-dwelling, vengeful scorpion into an elevated "eagle" state. Here's the fundamental challenge: Aries takes; withholding Scorpio takes away. When Aries reaches out his grasping hand, Scorpio's first instinct is to jump back, which wounds the sensitive Ram. Aries energy is consuming, which leaves Scorpio weak-kneed but scared. Aries will need to temper the raw desire, or at least mask it to avoid overwhelming Scorpio. Jealous Scorpio will need to stop Google-stalking Aries and hiring private detectives whenever the independent Ram goes out for a beer with friends. One way in which you're alike? You're both hyper-sensitized to abandonment, and may even shun each other in a self-protection paradox: "Go away before you leave me." (This tactic only guarantees another hot reunion tryst.) Selfishness can also be this couple's downfall. Scorpio is the sign that rules other people's resources—his karmic job is to create wealth from another man's pocket. Aries is simply born entitled. In a sense, you both live by the credo "What's mine is mine; what's yours is mine." Who will refill the coffers once you empty them?
ARIES + SAGITTARIUS (NOVEMBER 22 - DECEMBER 21) ♥♥♥♥ Chemistry and simpatico build fast between these two Fire signs, and you find a twin soul in each other. You're both independent explorers, driven by lust, joie de vive and a breathtaking moxie that others mistake for arrogance. That brio and derring-do is the badge of your spiritual kinship—a primal mating call that draws you together. You share a blunt sense of humor, and naturally understand the other's need for space and autonomy (at least at first). Thrilling conversations traipse expansive terrain: philosophy, art, human nature, science, spirituality, dreams. Together, the impossible feels probable, and your natural confidence soars higher. Caution: the view from your rosy lenses can be a bit myopic. Sagittarius is a gambler and Aries is a charging knight—neither thinks far ahead. You'll need crash insurance for the times that your grand schemes don't reach your projections. At moments, you both lapse into overthinking, which can kill the celebratory vibe. Aries also has a greater need to for coddling and personal attention. At times, the Ram may resent competing with Sagittarius' busy career, social schedule and hobbies—and Sagittarius gets impatient with Aries' needy spells. When angered, your burning tempers can raze a national forest to ash. Be careful not to unleash a spiteful spark, for that's all it takes to destroy this treasured landscape.
ARIES + CAPRICORN (DECEMBER 22 - JANUARY 19) Aries is the Alpha in most relationships, but here the Ram meets his match. In the Goat, Aries finds a more seasoned pack leader, and backs into a rare state of obedience. This weighty respect comes from Capricorn's ruler, wise old Saturn, the planet of maturity, authority and command. Capricorn is the zodiac's father sign; Aries is its firstborn child. It's the difference between a king and a knight, a queen and a duchess. Both are noble, but one is clearly the elder. This can be a dealbreaker for Aries in some cases, as too much paternalism makes this independent sign run for freedom. However, it usually works. Although Aries can be a hellish brat, Capricorn is unruffled and even amused by the tantrums, giving Aries space to act out. If you accept your cosmic roles, you can make excellent partners in both love and business. Aries is ruled by warrior Mars, and Capricorn is a four-star general by nature. You both see life as a battlefield to conquer, and with Aries' grit and Cap's determination, there's no goal you can't achieve. Earthy Capricorn excels at structure and planning, and is the terra firm beneath the Ram's restless hooves. Fiery Aries is a daring playmate who amuses, excites and entertains the sober Goat, especially in the bedroom (where Capricorn has a lesser-known lusty side). Aries is a flirt, and this can spark jealousy in traditional Capricorn. Over time, trust and mutual respect abolish the Goat's fears, and you make supportive lifelong partners.
ARIES + AQUARIUS (JANUARY 20 - FEBRUARY 18) ♥♥♥♥ You're laugh-a-minute friends who make a fine comedic duo, but the romance isn't as hearty as your side-splitting guffaws. You're amazed by how quickly the other delivers a hilarious comeback or a clever opinion, and it turns you on. Banter leads you to the bedroom fast, where the sex is playful and experimental (though not heavy on the emotional connection). It's as though you've met your twin; and alas, you may soon feel more like siblings than lovers. After a couple weeks, the Bickersons sideshow routine gets old, especially for Aries, and you run out of things to talk about. While casual Aquarius likes to keep the conversation light, Aries has intense, brooding spells that demand way too much emotional attention. For Aquarius, problems are solved with steely logic or left alone, but Aries is unable to curb obsessive thinking, which drives Aquarius mad. Your styles of affection are different, too. Cool Aquarius gets overwhelmed by the Ram's passion and physicality—there's way too much touching, grabbing and kissing for the airy Aquarian temperament. If you're determined to be together, push yourselves to go beyond platonic borders by traveling, taking classes, even performing on stage together. Closeness breeds more ennui than affection. Cultivate mystery through time apart. Your independent signs need to develop your own lives, then reunite with thrilling tales from the road.
ARIES + PISCES (FEBRUARY 19 - MARCH 20) Aries is the zodiac's first sign, Pisces its last. You're the Alpha and the Omega, the dawn and the sunset. You're as far apart and as close together as two signs can get. Although your differences are vast, you also have a broad expanse of material from which to fashion your relationship. Your polar positions can actually make you a great match. Aries loves to be adored and spoiled, and generous Pisces will give everything in the name of love. In Pisces' worshipful gaze, Aries feels brilliant and boundless, and his insecurities melt away. This is important for the sensitive Ram, whose "wounded soldier" archetype is healed by the Pisces nurse. In this relationship, Aries is free to follow his natural hunting instincts; Pisces prepares a banquet from his conquests. The danger: You both have vivid imaginations, but with two dreamers at the helm of this romance, the ship can veer off course. Aries is a take-charge leader, but needs a strong second mate. Bravado and confidence don't come easy to insecure Pisces, who falls into feigned helplessness under duress. Moody spells are common for your signs, and digging yourselves out of emotional ditches can be a challenge. You'll need a council of advisors to help you manage aspects of daily life—accountants, lawyers, coaches, therapists. Aries can be naturally aggressive, where Pisces is passive or passive-aggressive. You'll need to adapt your communication styles in order to be heard.
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‘Por favor, no olviden que yo soy un ‘alien’ ’
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‘Por favor, no olviden que yo soy un ‘alien’ ’
La pregunta gravita en fantasías cotidianas: ¿A qué persona escogería para irse a tomar una copa de vino? Para muchos, la británica Jodie Whittaker, de 36 años, debe estar entre las elegidas. Inteligente, encantadora y, por si fuera poco, actriz internacional de cine y televisión.
Si bien a los colombianos su nombre les dice poco, los ingleses esperan que a la vuelta de la esquina sea un símbolo de la cultura popular como la reina Isabel, William Shakespeare, los Beatles, Adele, tomar el té o el pie derecho de David Beckham.
En efecto, ella ha sido la elegida, después de medio siglo al aire, para el rol protagónico de ‘Doctor Who’. Guardadas las proporciones, ‘Padres e hijos’ marcó en el país a más de una generación en apenas 16 años continuos de emisión.
‘Doctor Who’ es una serie de ciencia ficción con el sello de la BBC y en la que un extraterrestre habita en el cuerpo de un hombre –de hecho hasta ahora el protagónico era una exclusividad masculina– que explora el universo en su Tardis, una nave espacial en forma de una clásica cabina de policía inglesa que puede viajar a través del tiempo. En este ir y venir se enfrenta con los más disímiles enemigos y las injusticias.
Aunque durante su vigencia ha tenido enorme acogida en los países de habla inglesa –en especial en Estados Unidos, Canadá y Australia–, sus productores ahora sueñan con sumar el mismo éxito en otros rincones del planeta. Se transmite en 45 países, entre ellos Colombia por Crackle, la plataforma de video bajo demanda de Sony Pictures Television Networks.
El lanzamiento de la decimotercera temporada fue este domingo 7 de octubre en Nueva York, dentro de la programación del Comic Con, un certamen en el que estuvo EL TIEMPO.
Al inicio, cuando llega para atender a la prensa, Jodie Whittaker exhibe una evidente y distante flema inglesa que se refleja en la postura para acomodarse, la elegancia de su vestido, el sobrio corte de pelo rubio, que cae en puntas hacia el mentón, sus espléndidos ojos claros.
Esa figura prudente, sensual, queda en reserva cuando dice con picardía: “Por favor, no olviden que yo soy un ‘alien’ ”, en referencia a su nuevo papel y que hasta ahora fue interpretado en línea por doce actores, todos británicos.
Su sonrisa ilumina la conversación. Empieza una charla distendida en la que ella muestra que sus manos son esenciales para comunicar. Con sus finos y delicados dedos va pintando en el aire las aventuras que le esperan a la ahora ‘Doctora Who’.
La pregunta obvia es si su elección después de doce hombres representando el personaje –ella será la 13–, entre ellos el legendario William Hartnell, que la inauguró en 1963, cuando la televisión era en blanco y negro y no existía internet, se debe al empoderamiento femenino por el movimiento #MeToo (Yo también), tras las denuncias de acoso sexual contra el productor de cine Harvey Weinstein.
“No, para nada”, le responde a EL TIEMPO. “Me dieron el papel de la doctora mucho tiempo antes de los movimientos #MeToo y #TimesUp. Pero cuando se dio a conocer que yo sería la nueva doctora, muchos pensaron que tenía algo que ver con estos. Simplemente fue una coincidencia”. ¿Una casualidad? “Sí, pero sucedió en un momento crucial porque es un tema que toca la actualidad de nuestra profesión”, enfatiza.
Entonces reconoce que ella puede tener una influencia enorme, en particular en los más pequeños. “Está muy bien que las niñas que se sientan frente al televisor vean a un mujer tomando todas las decisiones y que mejor que ayudando a salvar gente y de una manera inteligente”.
Está muy bien que las niñas que se sientan frente al televisor vean a un mujer tomando todas las decisiones y que mejor que ayudando a salvar gente y de una manera inteligente
Lo dice porque en la narrativa del ‘Doctor Who’ la constante es huir de los estereotipos, el chiste fácil y la ofensa contra minorías o grupos sociales. Es natural porque su productora lleva la firma de una de las televisiones públicas más reputadas.
La actriz también explica en la charla que los productores no repararon en privilegiar a los personajes femeninos como hoy ocurre en el universo del entretenimiento. Abundan los ejemplos: ‘House of Cards’, ‘Juego de Tronos’ y hasta la mismísima Elastigirl, de ‘Los Increíbles’, que en la última película asume la salvación del mundo mientras Mr. Increíble se queda en casa cambiando pañales. “En esta nueva temporada te das cuenta que el doctor puede ser tu vecino, alguien cercano; es un ser que tiene un gran humor y una inteligencia maravillosa. Aquí el género es lo de menos”, explicó.
Al finalizar la entrevista, ella se va flanqueada de Chris Chibnall, el guionista principal, y Matt Strevens, el productor ejecutivo de ‘Doctor Who’. Pasan entre una multitud de Hombres arañas, Batmans, Deadpools y más personajes que se dan cita en el Comic Con de Nueva York, que en esta ocasión atrajo a más de 200.000 personas. Los tres abordan una limusina y se dirigen al imponente Madison Square Garden.
Allí hay preparado otro acto que refleja la importancia de este lanzamiento global. Centenares de seguidores están en una sala de cine del complejo artístico. Algunos con camisetas, gorras y símbolos de ‘Doctor Who’. Las luces se apagan y empieza la emisión del primer capitulo. Hay nervios, susto y mucha risa, ingredientes que han formado parte de la serie y que le ha permitido una envidiable longevidad. ‘Doctor Who’ figura en el libro ‘Guinness de los Récords’ como la serie de televisión de ciencia ficción de mayor duración. Es un fenómeno de masas en la cultura anglo que se respira en la algarabía. ¿Una multitud que pagó para ir a ver el estreno de un programa de televisión? Así es.
El clímax llega cuando aparece por primera vez Jodie Whittaker. El alboroto no permite siquiera escuchar sus parlamentos. Luego sale ella en persona. Va elegantemente vestida con un traje rojo y se sienta a conversar con los seguidores. Casi en simultáneo, se da a conocer que Mattel pondrá a la venta una Barbie versión ‘Doctor Who’. Mientras que la actriz habla del reto para su carrera de hacer semejante papel, la muñequita copa la pantalla. Se prevé que en Inglaterra, en esta Navidad, sea uno de los juguetes más vendidos. A esa misma hora, se estrenó, además, de en Nueva York, en Londres, Ciudad de México, Madrid, Bogotá…
“¿Si hoy William Shakespeare estuviera vivo se dedicaría a escribir para la televisión o el cine?” Ante la pregunta de EL TIEMPO, Chris Chibnall, dice: “No tengo dudas. La reina hoy es la televisión”. Un producto por el que ahora la gente paga religiosamente. Hace medio siglo cuando se empezó a emitir ‘Doctor Who’, la televisión era gratis y Jodie Whittaker no había nacido. ¿Sus padres se habrían conocido? ¿Cómo saberlo? Tal vez viajando en la Tardis, la máquina del tiempo, en la que ella espera triunfar.
ARMANDO NEIRA Editor de Cultura Nueva York (*) En Twitter: @armandoneira *Por invitación de Crackle.
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Una provincia pionera… en penurias
Furtivo vendedor ambulante de plátanos burros momificados (fotos del autor)
Facilidades, peligro de muerte por ahogo o descalabro al salir-entrar (foto del autor)
Nota de prensa (foto del autor)
Escasez en los mercados (foto del autor)
VILLA CLARA. – Este mes ha comenzado con la amarga constatación del cotidiano transcurrir cuales entes enfermos y necesitados: el desabastecimiento alarmante de medicamentos en farmacias, al punto de entregar el estado solo la mitad de lo vitalicio en algunos renglones reasignados a pacientes crónicos y terminales.
El cierre inmediato de los puntos de venta para productos agropecuarios pertenecientes a cooperativas y privados, tras el anuncio efectuado por Julio Lima Corzo, secretario del partido, de toparles los precios minoristas en pos del aplauso populista (además del monitoreo policial de carreteras con cualquier evasión o trasiego clandestino, incluyendo el bloqueo a ciudades donde los vehículos particulares son registrados y devueltos —o decomisadas sus mercancías—), gravita apelmazando un panorama rematador del hambre que pinta a violadores de menores y traficantes ensañados, cundiendo el pánico entre gente desinformada del territorio.
En una lacónica e inusual nota del periódico Vanguardia, órgano oficial del PCC provincial, se advierte a padres y maestros acerca de la necesidad de que vigilen de cerca a vástagos y alumnos cuando entran o salen de clase (¿consecuencia del oscuro huso horario invernal o ardid para preservarles del tráfico cosmopolita en semana nacional del tránsito?), sin mencionar el rumor callejero que ha hecho de la ciudad de Santa Clara y otros pueblos limítrofes, un hervidero de pavor por las recientes violaciones perpetradas —e intentos de cometerla— a manos de delincuentes comunes.
En la ciudad capital ha confirmádose la muerte de una menor, hija de pastor bautista/evangelista, cuyo ejecutor y potencial violador fue localizado horas después durante la semana pasada.
Se dice de niños raptados o desaparecidos en número que roza la decena. Como no existe información oficial contrastante por ningún medio o vía para detener o aclarar tal comentario que puede estar sustentado sobre parciales infundios, pues la bola sigue creciendo y provoca incalculable daño entre mortales comunes.
En Caibarién, este domingo 5 sobre las 7 de la tarde, otra adolescente fue asaltada y robada tras salirse del consultorio donde recibía tratamiento médico, por un individuo que no consiguió penetrarla, pero sí golpearla hasta hacerla regresar sangrando al mismo.
Hoy de mañana, en que redacto este compendio triste, un alumno del nivel secundario circunscrito al complejo de velas local (entidad perteneciente al INDER), armado de una cuchilla, tasajeó la nalga de una compañera de pupitre por puro despecho estudiantil, el que fue tomado como jarana amorosa por un conglomerado machista que hasta le felicitó por su hombría.
La roja saga habanera seguida por la prensa foránea en Octubre sobre crímenes repugnantes en serie, cometidos generalmente contra menores de edad, parece haberse extendido al interior del país, desafortunadamente.
Por otra parte, la parte del pueblo de la provincia transida que recibe ayuda del estado para rehacer sus devastados hogares que puedan brindarles refugio aún discutible, hace colas interminables y quebranta-turnos en los patios de áridos concurridísimos, para conseguir lo que venga en muy exiguas cantidades: sean rudos troncos de maleza, tejas de fibro-asfalto ennegrecidas y gotosas, o de asbesto-cemento que se filtran cuando cae un aguacero y que requieren de un baño inmediato del caro material que le han sustraído obreros ejemplares en sus fábricas insomnes.
Una persona honesta que haya resultado blanco continuo de especulaciones y especuladores, no tiene otra opción redentora que convertirse en especuladora a su vez, por simple contagio.
Existen en contraste algunos seres-dirigentes/diligentes que nacen con el fatum/designio de poder encauzarles la maltrecha vida a otros (sus gobernados), de hacérselas potables y llevaderas con su sabiduría expedita, pero impedidos comprometidamente de tomar decisiones que alivien —o obstante— la propia.
Cuando se haga histórico balance del daño ocasionado por el siniestro septembrino que nos dejó el alma en vilo y el cuerpo de la nación —rudo al desnudo—, habrá de admitirse que al final Irma fue solo el humo, porque la candela vino detrás.
Una provincia pionera… en penurias
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Intransigencia y tolerancia
Intransigencia y tolerancia Las dos caras de la intransigencia están presentes en La Protesta de Baraguá Alejandro Armengol, Miami | 13/07/2017 1:46 pm Con el inicio de la lucha por librarse del dominio español, los cubanos comenzaron a exaltar la intransigencia no como mérito moral, recurso emotivo y justificación personal, sino como un valor político. El error se ha trasladado a los libros de historia y a la literatura; recorre las páginas de los textos que se enseñan en la escuela primaria y ha servido de vocación suicida a unos cuantos insensatos, así como a muchos demagogos para alimentar sus engaños. Ser intransigente es negarse a transigir, a consentir en parte con lo que no se cree justo, razonable o verdadero, a fin de acabar con una diferencia, según el diccionario de la Real Academia. De acuerdo a esta definición, la intransigencia se acerca a un sinónimo de rectitud: cuando se transige, se cede, en parte se claudica. Por otra parte, la definición de intransigencia en inglés destaca otro aspecto del concepto. El intransigente rehúsa el compromiso, rechaza abandonar una posición o actitud extrema, de acuerdo al diccionario Webster. Entre ambos aspectos de una misma definición hay un abismo cultural. Mientras que en español el intransigente es alguien que se niega a transigir, que se mantiene firme en sus convicciones, en inglés es un extremista. En ambos casos, los idiomas reflejan momentos históricos. El calvinismo, trasladado del francés y de Europa a Estados Unidos, es la definición de intransigencia religiosa más apropiada a un territorio joven y ajeno a las guerras religiosas que se extendieron por más de cien años en el viejo continente. El espíritu reaccionario español, que al triunfar contra el avance francés consolida su oscurantismo por siglos, gravita sobre la Isla y provoca la inevitable reacción extrema. La reacción emotiva facilita que exaltados como José Martí glorifiquen insuficiencias. Tómese por ejemplo una de las frases más repetidas de Nuestra América: "Crear es la palabra de pase de esta generación. El vino, de plátano; y si sale agrio ¡es nuestro vino!". Se trata de una exclamación lapidaria y funesta. A partir de ese momento, los incapaces y oportunistas —abundantes en Cuba y en exilio— han tenido su justificación garantizada. La frase contribuyó a la creación de un canon de miseria y chapucería, donde lo autóctono se impuso sobre lo extranjero, no por su esencia sino como una categoría moral. No hay manifestación más clara, en el terreno político y cultural, que ese vanagloriarse de los errores mediante un nacionalismo agresivo e inculto. En el plano individual o ciudadano, se nos regaló la posibilidad de hacer mal las cosas y cerrarles la boca a los críticos. Poco sirvió, sin embargo, la frase lapidaria cuando el propio Martí se enfrentó a la creación literaria. Ningún "vino de plátano" aparece en sus poemas. En esos momentos recurre al Chianti, tan extranjero y no por ello extraño al poeta. Por supuesto que es tonto —además de injusto— el achacarle a Martí toda la chapucería que se acumula a lo largo de la historia cubana. El pensamiento martiano ha sido utilizado como un recurso más en la elaboración de patrañas y falsedades. Pero no reconocer que se trata de un código mal construido y peor aprovechado es cerrarle la puerta al análisis de un pensamiento que junto a aspectos novedosos e ideas progresistas, encierra también conceptos caducos e ideales arcaicos, que resultan un disparate proclamar en nuestra época. Por otra parte, la "protesta de Baraguá", protagonizada por el general mambí Antonio Maceo, es la posición intransigente más valorada en la historia de la Isla. Desde los textos de la época republicana a los manuales implantados tras el triunfo de Fidel Castro, nadie se ha atrevido a considerarla un gesto inútil, que prolongó de forma infructuosa una contienda liquidada y que solo produjo algunas muertes innecesarias. Los rostros de la intransigencia Las dos caras de la intransigencia están presentes en La Protesta de Baraguá. La actitud de Maceo, de negarse a una paz que no incluyera la independencia y el fin de la esclavitud, era digna; su decisión de continuar la contienda bélica resultó insensata (no hay que olvidar tampoco que posteriormente, el otro protagonista de la Protesta, el general español Arsenio Martínez Campos, permitió al "Titán de Bronce" marcharse tranquilamente de Santiago de Cuba en un barco español). La valoración positiva de la intransigencia, paradigma heredado de los patriotas pero que también ha servido para cubrir de gloria diversos fracasos políticos y bélicos, es asumida desde hace muchos años por un sector del exilio miamense, despreocupado o ignorante del efecto negativo que la misma ejerce sobre su imagen a los ojos del resto del país. Apocalípticos e integrados bajo las categorías de la tolerancia y la intolerancia, en el exilio se desaprovechó la oportunidad de definir una posición que evitara la manipulación del régimen castrista. La incapacidad de arrojar el lastre de un nacionalismo provinciano hizo que, junto al hostigamiento contra un supuesto enemigo llegado de la Isla, se incrementara la sobrevaloración de la nación existente antes del primero de enero de 1959. Un fenómeno con culpables no solo en La Pequeña Habana. El encuentro de la diversidad de criterios ha quedado pospuesto. La apuesta reducida al todo o nada. Antes que discutir o aceptar diferencias, abogar por la uniformidad. Ahora, gracias al apoyo de una administración en Washington ajena a los verdaderos problemas de Cuba y poco deseosa de encontrar soluciones reales, se han reafirmado los cotos cerrados. Una de las peores consecuencias de esta política cerrada —y también errada— ha sido el renacimiento de una imagen de Miami donde impera una especie de estalinismo de café, lo que dista de ser real. Quienes para criticar al totalitarismo no encuentran argumentos mejores que la repetición de valores y estrategias caducas no hacen más que favorecer al sistema que pretenden atacar, sin otra arma que la tergiversación y la añoranza de un pasado irrepetible. Es en el comportamiento cotidiano donde tienden a sublevarse más los cubanos, cada vez que se les señala un defecto o limitación. Hay una especie de tendencia supuestamente innata a negarse a la crítica, bajo la asunción falta de que implica un denigro, en vez de aprender de los defectos. Tolerancia e intransigencia Limitar el debate sobre la tolerancia e intransigencia al ámbito cubano es simplemente una actitud provinciana. En 2006, el escándalo por el retiro de la ópera Idomeneo en Alemania produjo, una vez más, la repulsa de los defensores de la libertad de expresión y el temor de quienes veían el aumento creciente de la intolerancia y el fanatismo. La Deutsche Oper de Berlín sacó del programa a la obra de Wolfgang Amadeus Mozart por miedo a ofender al radicalismo islámico, ya que en una escena aparecía la cabeza de Mahoma decapitado. Las protestas se multiplicaron. Desde el alcalde berlinés hasta la canciller, Angela Merkel, pasando por el ministro del Interior. Todos pidieron que se repusiera la obra, lo cual se logró con la presencia de Wolfgang Schäuble, el ministro del Interior, y un ejército de periodistas del mundo entero. A primera vista fue un caso simple en que la autocensura y el temor actuaron de censores de una obra compuesta siglos atrás por uno de los compositores más extraordinarios que han existido. Dejarse dominar por el miedo hacia los fanáticos pone en peligro la libertad alcanzada en Europa, donde cualquier producto artístico puede ser apreciado con independencia de los motivos ideológicos que lo inspiraron o su contenido. De haber triunfado el retiro de la obra, se hubiera abierto la posibilidad de que llegara el día en que los ateos furibundos amenazaran a los museos para que se retiraran la mayoría de las pinturas renacentistas (de motivos religiosos) o los militantes cristianos exigieran la supresión de buena parte del arte del siglo XX. Lo ocurrido con la ópera de Mozart en Alemania hizo renacer el temor de que lo que pasó con las caricaturas de Mahoma, aparecidas un tiempo atrás, lograra el propósito de intimidar a buena parte del mundo. Sin embargo, esta visión simplista puede dejarnos satisfechos y confiados de ser los grandes guardianes de la cultura universal frente al fanatismo islámico, cuando la verdad es mucho más compleja. En primer lugar, se debe aclarar que se trataba de un montaje de la obra de Mozart, que incluía una escena que no se encuentra en la ópera original. Por otra parte, no solo era cercenada la cabeza de Mahoma, sino también la de Buda, Jesucristo y Poseidón, un dios de la mitología griega equivalente a Neptuno en la romana. Tanto líderes religiosos islámicos como cristianos protestaron por el montaje. Si salimos del recinto casi sagrado de la ópera y pasamos a un espectáculo menos exclusivo, nos encontramos con las protestas y solicitudes, ocurridas por la misma fecha, como la solicitud de la supresión del momento de la "crucifixión en un recital de Madonna. Y si en vez de vivir en Alemania residimos en Miami, y somos exiliados cubanos, reaccionamos airados ante alguien con una camiseta con la imagen del Che. Es cierto que lo que entonces separó a los dos últimos ejemplos (Madonna y la camiseta del Che) de la cancelación de Idomeneo fue una enorme distancia: la que va de la repulsa a la amenaza de un acto terrorista. Pero el empeño común reside en perseguir la forma de aumentar nuestra tolerancia y no solo en mantener la intransigencia dentro de los límites fijados por la legalidad y la vida civilizada. Lo interesante, en el caso de Idomeno —un aspecto soslayado entonces por la prensa, por ignorancia, falta de espacio o premura—, es que la obra no solo es una ópera sobre el amor, sino también sobre la tolerancia. Mozart nunca se hubiera atrevido a presentar la cabeza cortada de Jesucristo. Es más, se distanció de cualquier implicación ideológica y religiosa al situar la acción en una época posterior a la Guerra de Troya. No hay en la obra original —como luego se presentó en el montaje contemporáneo de Hans Neuenfels que tanto revuelo causó— un rechazo a los dioses (griegos) sino todo lo contrario: el deseo de sacrificarse para aplacarlos y la voluntad de cumplir con el destino, salvo en el caso del gobernante (Idomeneo). Lo curioso fue que toda esa polémica surgió alrededor de una ópera que nunca ha logrado formar parte del repertorio habitual de los principales teatros y compañías del mundo. Baste señalar al respecto que la primera representación en Estados Unidos ocurrió en 1947. ¿Por qué esa ausencia de los escenarios? La razón radica en que la voz encargada de la parte correspondiente a Idamante, el hijo de Idomeneo, Mozart la compuso para un tipo de cantante que ha desaparecido del mundo de la ópera: un castrato. Desde entonces los directores han tenido que optar por encomendar el papel a un tenor o a una soprano. La desaparición de los castrati se considera como la abolición de una práctica inhumana. Vale la pena imaginar por un momento hasta dónde podría llegar un verdadero fanático de la obra, si tuviera la impunidad y el poder para poder revivirla en su versión original, o preguntarse si no es una forma de intransigencia no permitir el retorno de esa voz, perdida al parecer para siempre. Intransigencia, fanatismo y temor En 1935 el escritor rumano Mihail Sebastian comenzó a escribir un diario. No sabía entonces —no lo supo nunca— que los nueve cuadernos de notas que llenó hasta 1944 se convertirán en su obra más famosa. Tampoco había razones para sospecharlo. Era un narrador, periodista y autor teatral de prestigio. Tenía 28 años y un gran escepticismo hacia las causas ideológicas. Si anotaba lo que le ocurría, era por un interés personal y no para dar cuenta de una época. Ahora, es el testimonio de lo ocurrido a ese intelectual y judío asimilado lo que importa. Más allá de sus triunfos y fracasos amorosos. Las humillaciones cotidianas de un hombre que vio cómo se alejaban de él casi todos sus amigos, mientras luchaba por sobrevivir en una ciudad cada vez más hostil. Hablar de las amistades de Sebastian no es citar escritores menores, compañeros de café y redactores de versos ocasionales. Mircea Eliade, Eugène Ionesco, Camil Petrescu y E. M. Cioran formaban parte de ese círculo. Era el grupo literario más brillante de Rumania y la mayoría de sus miembros alcanzaron fama internacional. Todos, con la excepción de Ionesco, estuvieron vinculados con el movimiento legionario la Guardia de Hierro; un grupo de extrema derecha, antijudío, violento y fascista que ayudó a establecer en el país una dictadura militar aliada con la Alemania nazi, para luego ser eliminado con el apoyo de Hitler. A diferencia de otros casos de judíos sobrevivientes del Holocausto, la historia que cuenta Sebastian no es una descripción de hornos crematorios y campos de exterminio, sino una narración que habla del temor a la muerte más que de la muerte misma, del miedo a la deportación, la miseria y la imposibilidad de ganarse la vida escribiendo. Todo ello se lo impidió la irracionalidad e intransigencia furiosa del nazismo. La necesaria tolerancia Los cubanos nos hemos destacado en agregar una nueva parcela al ejercicio estéril de ignorar el debate mediante el expediente fácil de ignorar los valores ajenos. Aquí y en la Isla nos creemos dueños de la verdad absoluta. Practicamos el rechazo mutuo, como si solo supiéramos mirarnos al espejo y vanagloriarnos. Practicar la moderación y la cordura en nuestras discusiones políticas no nos libra del exilio. No contribuye al fin del castrismo o al mejoramiento de las condiciones en Cuba. Tampoco ayuda a la permanencia del régimen. Simplemente facilita el entendernos mejor. Este artículo recoge ideas expresadas en Cuaderno de Cuba. Source: Intransigencia y tolerancia - Artículos - Opinión - Cuba Encuentro - http://ift.tt/2tNkQZI via Blogger http://ift.tt/2uVOkTJ
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