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In Friuli-Venezia Giulia si studia il futuro delle costruzioni.
In una terra di confine tra l’asprezza delle montagne che scendono al mare attraversando una cortina di colline dolci e profumate, in un territorio che da sempre fa della contaminazione tra diverse culture una delle sue peculiarità esiste, anche se raro, un esempio di dialogo tra mondo delle costruzioni e mondo della ricerca.
Vorrei parlarvi di una collaborazione tra ANCE Friuli-Venezia Giulia e l’Area Science Park di Trieste che ha dato vita ad un laboratorio di ricerca sul tema dell’edilizia in un orizzonte temporale proiettato nei prossimi 20 anni. LiCoF – Laboratorio dell’immaginazione delle Costruzioni future – unisce in sé tradizione e visione verso un futuro prossimo che bisogna essere pronti ad affrontare: un termine che in triestino significa l’usanza di celebrare la copertura del tetto di un edificio con un brindisi con tutti gli attori del cantiere.
Da questo connubio tra tradizione e innovazione nasce un esperimento di ricerca e di analisi che per la prima volta applica i metodi della previsione sociale e dei sistemi anticipanti al settore delle costruzioni per indagare quali possano essere gli impatti della digital age sui possibili futuri modelli di business.
Le domande da cui tutti gli stakeholder coinvolti nel progetto sono partiti sono semplici e complesse al tempo stesso. Quale sarà il ruolo delle case nel futuro? Quale sarà il ruolo delle città? E soprattutto, la sfida dell’innovazione verrà interpretata come una minaccia o un’opportunità? Una volta provato a dare risposte a questi interrogativi nasce spontaneo il quesito su come i veri protagonisti della catena del valore nel settore delle costruzioni dovranno adattare i propri modelli di business per dare una risposta in grado di soddisfare questa domanda.
L’urgenza di disegnare scenari in grado di anticipare il futuro è in parte dovuto al fatto che il settore delle costruzioni e del real estate nel loro complesso negli ultimi anni hanno fatto proprio l’assunto che è necessario pensare un prodotto immobiliare che andrà, nella migliore delle ipotesi, a soddisfare una domanda in un futuro prossimo di circa 5 anni.
Il lavoro di analisi, che ha combinato interviste qualitative e metodi scientifici di scenario planning, ha fornito un’indicazione su quelli che saranno i fattori importanti ma con carattere incerto (driver) e gli elementi per i quali si ha una ragionevole certezza e che diamo per assunti già ora per il futuro (given).
Il driver scelto è quello della sostenibilità intesa nel suo più ampio raggio: ambientale, economica, sociale e umana. Per i given, invece, è stata stilata una lista di dieci fattori che già oggi rappresentano un elemento di preoccupazione che spaziano dalla tematica demografica alla considerevole manutenzione richiesta dal nostro patrimonio immobiliare passando, tra l’latro, per la preoccupante carenza di manodopera e di competenze per finire con la scarsità delle materie prime rispetto alla domanda.
Da questa analisi sono usciti quattro scenari differenti: il primo definito della “casa bunker” è quello che vede nelle case un rifugio dal caos di una città percepita come disordinata e pericolosa. In questo scenario, il settore delle costruzioni incontrerà le difficoltà che nel corso degli ultimi anni ne hanno rallentato, almeno nella generalità dei casi, il progresso e la crescita. Il secondo scenario, quello della casa nido, vedrà una scarsa attenzione alla sostenibilità sociale ed ambientale e l’innovazione tecnologica costituirà un vantaggio per le imprese di costruzioni ma non si tradurrà in un effettivo beneficio per il prodotto immobiliare. Nel terzo scenario, quello della casa bicicletta, l’attenzione dell’attenzione ai cambiamenti climatici darà vita a prodotti immobiliari come macchine perfette. Infine, nel quarto scenario, quello della casa “shuttle” modelli di business disruptive consentiranno al settore nel suo complesso di essere protagonista dell’economia circolare e la casa sarà sempre più vitale, intelligente e incentrata sulla persona e sulle sue necessità.
È proprio quest’ultimo lo scenario che alcuni attori del settore delle costruzioni e del real estate stanno cercando di interpretare e mettere a terra con progetti ambiziosi e sfidanti che coniugano tradizione e innovazione.
La sintesi di questo stimolante lavoro di analisi, di ricerca e di collaborazione è nelle parole del direttore di Ance Friuli-Venezia Giulia, Fabio Millevoi che ha voluto così sintetizzare i risultati di questa ricerca.
“Come ha detto il famoso scrittore di fantascienza William Gibson, il futuro è già qui, solo che non è distribuito in modo uniforme. E i segnali di futuro sono tutt’intorno a noi, possono essere fatti strani, ai margini della nostra quotidianità, possono essere una tecnologia come un prodotto ma chiediamoci sempre perché hanno attirato la nostra attenzione e, soprattutto, non dobbiamo cadere nell'errore di fermarci alle onde, a ciò che si vede in superficie ma cercare di capire le maree, le forze più profonde sotto le onde.
Comunque non sappiamo, in questo momento, quale dei quattro scenari risulterà vincente. Dobbiamo, monitorare la situazione: i megatrend, i given, i driver e appena avremo qualche indicazione sullo scenario/i che si stanno realizzando puntare su quello/i muovendosi, quando le circostanze lo suggeriranno, velocemente sull’asse decisionale che, in parte, abbiamo già strutturato, preparato, pianificato.”
A LiCoF e ai suoi promotori va riconosciuta quindi la capacità di guardare oltre, cercando di interpretare in modo più moderno il mondo delle costruzioni e dell’architettura con la consapevolezza che non c’è niente di più sostenibile del passato letto e riletto con gli occhiali del futuro.
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Il tempo è denaro?!?! SIIIIIIII!!!!! Non è solo un modo di dire, è la verità e scommetto che anche per te é così. Se guardi questo brevissimo video sarai in grado di dare una risposta utile a tutti quanti proprio nel momento in cui scrivi anche il tuo commento qui sotto!! #artigiani #artigianiitaliani #impreseitaliane #imprese #impreseedili #partiteiva #lavoro #lavorodisquadra #edilizia #ediliziaprivata #formazione #training #formazioneprofessionale #formazioneonline #piccoleimprese #lavoratoriautonomi #lavoratori https://www.instagram.com/p/CSZrW7CiX9C/?utm_medium=tumblr
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Settore Conglomerati Bituminosi: controllo in situ delle pavimentazioni stradali . . . . . . . . . . . #marsala #trapani #conglomerate #conglomeratibituminosi #asfalto #bitume #bitumi #impreseedili #costruzioniedili #ingegneria #comunedimarsala #provinciaditrapani #architettitrapani #ingegneria #geoservice #geoservicelab #geoservicelaboratori #strutturesicure #guidasicura #stradesicure (presso Marsala) https://www.instagram.com/p/B8JngkRIJCa/?igshid=16dq9cqxf3n3f
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Nuovi contributi destinati alle #impreseEdili che operano nei cantieri della ricostruzione post sisma per l’acquisto di #DPI per il #Covid19
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Il 2015 fa registrare notizie confortanti per l’edilizia, rispetto al 2014. Il trend è in miglioramento e la ripresa è in atto. Per agganciarla, è necessario che le imprese edili siano presenti attivamente sul web.
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Anche nel real estate, da soli non si vince.
L’attenzione che il settore del real este riveste nel complesso dell’economia nazionale ed internazionale è testimoniata non solo dall’andamento degli investimenti che fanno ben sperare per un anno a double digit ma anche per l’attenzione mediatica che il settore attrae.
Un settore che tuttavia si trova ad affrontare un esponenziale aumento dei prezzi delle materie prime che portano ad un necessario reprincing delle operazioni.
A ciò va ad aggiungersi anche una tendenziale concentrazione degli operatori, una community relativamente piccola in un mercato dalle tante potenzialità che portano al rialzo le quotazioni del nostro paese in termini di attrattività per gli investitori stranieri.
Questi i principali temi emersi ieri nel corso dell’annuale Real Estate and Finance summit promosso da Ilsole24ore che ha visto sul palco gli operatori confrontarsi sul tema del mercato immobiliare, dei trend di investimento e di tutto quanto fa da sfondo a questo settore, in primis il tema della sostenibilità e del rispetto dei paradigmi ESG.
Uno dei termini su cui i relatori hanno posto l’accento più marcato è stato: qualità. Sostantivo che racchiude in sé una gamma di significati e di sfumature, qualità del prodotto che il mercato offre, qualità del progetto su cui si basa la nuova costruzione o la riqualificazione dell’infrastruttura immobiliare e ultimo ma non meno importante la qualità del costruito.
Ed è proprio su questo anello della filiera che si deve concentrare l’attenzione. In un mercato caratterizzato da committenti sempre più grandi e sempre più di estrazione internazionale e da un grado di attrattività elevato anche se minato dalla burocrazia, un ruolo centrale può essere giocato proprio dalle imprese di costruzioni.
Nel settore che per tradizione è più resistente alla tecnologia e all’innovazione, ci sono imprese in grado di dialogare con i committenti internazionali anche grazie ad un profondo processo di trasformazione che ha consentito loro di raggiungere una consistenza patrimoniale e strutturale che le rende pronte ad affrontare le sfide che la digitalizzazione e l’innovazione pongono al mercato.
Se da una parte diventa fondamentale per gli investitori poter dialogare con soggetti in grado di assorbire le istanze che questi portano avanti nei loro piani di investimento è anche vero che in un periodo di profonda incertezza come quello che stiamo vivendo diventa centrale non scaricare proprio sull’ultimo anello dalla catena l’onere di un mercato “isterico” e imprevedibile.
Appare evidente, quindi, che il mercato nazionale è ricco di potenziale attrattivo per gli investitori ma per essere equiparato ad altri settori economici che fanno del nostro paese uno dei player principali a livello internazionale è necessario che non solo pubblico e privato trovino una modalità di collaborazione, ma anche che committenti, progettisti ed esecutori si siedano allo stesso tavolo per interpretare il progetto in una logica di collaborazione, massimizzazione dei risultati e mitigazione dei rischi.
E’ questa un’esigenza che emerge con sempre maggiore forza e che risiede nella volontà di presentare al mercato un prodotto immobiliare nuovo pensato e costruito per rispondere alle esigenze di una domanda profondamente trasformata e difficilmente incasellabile nelle tradizionali asset class.
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Il primo dei quattro tempi del real estate italiano
I primi dati relativi agli investimenti nel real estate nazionale riportate dai principali analisti del settore disegnano un mercato che ha overperformato le aspettative. Infatti, nel primo trimestre del 2022 sono stati investiti nel mercato italiano € 3,4 miliardi di euro, che rappresenta il migliore trimestre degli ultimi 10 anni.
Tra le asset class che hanno registrato il maggior tasso di crescita anno su anno, si conferma il ruolo dominante del comparto direzionale (+394%), seguito dal comparto ricettivo (+ 269%) e dalla logistica (+ 139%).
In particolare, nel mercato italiano si fanno avanti alcune operazioni su trophy assets, prevalentemente nel settore alberghiero, a cui si affiancano opereazioni di riqualificazione delle infrastrutture turistiche, prima fra tutte le marine con l’obiettivo di valorizzare un territorio che ha fondamentali caratteristiche per attrarre un turismo di qualità ma spesso manca di strutture adeguate e gestite in modo professionale.
Resta, infatti, indubbio che il turismo in Italia necessita di un profondo processo di rinnovamento, non solo degli immobili e della loro struttura proprietaria, ma anche e soprattutto delle infrastrutture che devono essere in grado di rispondere ad una domanda sempre più variegata ed esigente.
Tra le location privilegiate dagli investitori la preferita rimane Milano, che catalizza circa il 50% degli investimenti, seguito da Roma (9%) e da location secondarie influenzate da operazioni nel settore del ricettivo e della logistica che vedono gli investimenti gravitare su mercati “secondari” come quello di Siena e Verona.
Emergono inoltre, anche se non esplicitamente edificate nelle analisi, alcune interessanti operazioni di riqualificazione urbana che coinvolgono anche realtà urbane secondarie, incrementando l’interesse degli operatori e della pubblica amministrazione per le operazioni di partenariato pubblico privato.
Dal punto di vista degli investitori, sul mercato italiano nell’ultimo periodo si assiste ad una sostanziale concentrazione verso pochi grandi operatori come ad esempio COIMA, HINES, COVIVIO, BLACKSTONE che hanno un oligopolio sulle operazioni di maggiore impatto sia dal punto di vista dimensionale che economico, nonché di legacy sul territorio su cui insistono.
Esistono poi altri operatori quali ad esempio i grandi fondi pensione che lavorano prevalentemente sul patrimonio di proprietà che va dal residenziale al più tradizionale direzionale, delegando la gestione a operatori specializzati, a cui si aggiungono poi gli investitori corporate come le grandi holding del lusso o le catene alberghiere interessate alla valorizzazione delle infrastrutture di proprietà o alla realizzazione di nuovi assets.
In questo contesto, l’incremento dei prezzi delle materie prime e della difficoltà nel reperirle mette seriamente a rischio la messa a terra non solo degli interventi del PNRR ma anche di tutti gli altri interventi, vista anche l’impossibilità da parte di buona parte dei fornitori di garantire le forniture.
Il rischio fermo cantieri potrebbe quindi vanificare la tendenza alla crescita degli investimenti, vanificando la prospettiva di un nuovo anno “esplosivo”, portando gli investitori a decidere di postcipare alcune operazioni o prediligere altri mercati internazionali.
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La rigenerazione urbana all’insegna del “fa anda i man” brianzolo.
E’ stato presentato nei giorni scorsi nella cornice della Sala da ballo della Villa Reale di Monza il nuovo PGT del capoluogo brianteo.
In una delle sale principali della villa appena riaperta dopo due anni di pandemia si è dato vita ad un interessante dibattito sul tema del piano di governo del territorio a due voci: quella della Pubblica amministrazione e quella degli operatori a vario titolo coinvolti nel processo di riqualificazione della città, dagli investitori alle imprese di costruzioni passando per il mondo dei progettisti. tutti i componenti la catena del valore nel settore del real estate di nuova generazione.
In un articolo recentemente apparso sulla stampa nazionale è stato messo in evidenza come firme importanti dell’architettura nazionale abbiamo presentato interessanti progetti di recupero per le aree dismesse della città in tutte le tipologie immobiliari: dal residenziale per mano di Stefano Boeri per un Bosco Verticale made in Brianza, al mix used di Michele De Lucchi nell’area dell’ex Feltrificio Scotti a pochi passi dalla Villa Reale e la riqualificazione dell’area di Piazzale Virgilio all’insegna del verde – cifra distintiva della città – sotto la direzione artistica dello studio Citterio Viel.
Non solo grandi nomi, ma anche soprattutto un expertise consolidata nel campo della rigenerazione urbana in senso lato con progettisti abituati a progettare per una committenza istituzionale internazionale che vuole il paradigma bellezza - innovazione - sostenibilità come mantra per ogni nuovo investimento immobiliare.
Aree dismesse per un totale di 600.000 mq che su una superfice comunale totale di oltre 33 Kmq che raccontano di un passato all’insegna della manifattura in parte abbandonata, ma che ha fatto di Monza una delle capitali italiane dell’industria, in una simbiosi tra monumenti storici e realtà produttive emblema della vocazione manifatturiera della città.
La ricetta per il successo dell’operazione nel suo complesso è basata su alcuni elementi fondamentali: il desiderio della pubblica amministrazione brianzola di dare nuovo slancio alla propria capitale e terza città della Lombardia, di non incorrere nel rischio di essere fagocitata da Milano e di incrementare il ruolo della gestione delle strutture che verranno realizzate sulla base di un dialogo costante tra parte privata e controparte pubblica.
Sotto l’egida dell’attrazione degli investimenti internazionali, l’amministrazione comunale di Monza ha deciso di proporre un piano del governo del territorio “moderno” nella sua flessibilità per le destinazioni d’uso, aperto al confronto costruttivo con gli operatori e soprattutto all’insegna dell’efficienza degli uffici comunali nelle procedure autorizzative, elemento centrale per il rispetto delle tempistiche sempre più stringenti con cui gli operatori devono affrontare i loro piani di investimento.
Inoltre, se è indubbiamente positivo trovare nell'amministrazione una propensione a sostenere i processi di riqualificazione della città, il tutto dovrà però essere accompagnato da un’importante operazione di marketing territoriale che coinvolga tutti gli stakeholders del territorio, siano essi pubblici che privati.
Un rapporto, quello con le grandi firme dell’architettura, che ha radici lontane: alla metà del XIV secolo Matteo da Campione – architetto e scultore del gotico italiano, appartenente al gruppo dei maestri campionesi - venne incaricato dai Visconti di Milano della trasformazione del Duomo di Monza dove svolse il doppio ruolo di architetto e scultore dando forma e vita alla facciata, al battistero e al pulpito. Non da ultimo, nel 1777, il governatore della Lombardia - il principe austriaco Ferdinando scelse l’architetto Piemarini per realizzare la propria di campagna rispondendo in modo eccellente alla richiesta della committenza di una dimora realizzata in modestia, funzionalità e per i “comodi” necessari.
Magari non con gli stessi duraturi risultati, ma è auspicabile che le prossime operazioni di rigenerazione urbana possano contribuire ad una rinnovata attrattività del capoluogo brianzolo.
#real estate#realestate#rigenerazione#rigenerazione urbana#rigenerazioneurbana#riqualificazione#edilizia#immobiliare#investors#città#Monza#imprese edili#impreseedili
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Le sfide del PNRR per il settore delle costruzioni
La progressiva attenzione alla tematica del Piano Nazionale di Ripresa e Resistenza e dei fondi che saranno erogati al nostro paese nei prossimi mesi porta inevitabilmente a cercare di comprendere quale ne sarà la portata sul settore delle costruzioni e del real estate.
Dal punto di vista delle risorse destinate all’Italia e che verranno dedicate al settore nel suo complesso le analisi mettono in evidenza come dei circa 420 mld globali il 43% sarà dedicato al comparto delle costruzioni, nella sua più ampia accezione.
Una cifra considerevole che però deve essere impiegata secondo scadenze ben definite e in conseguenza di ciò che prevede una pianificazione strategica di ampio spettro.
Infatti, eccezion fatta, per il settore delle infrastrutture a cui vanno i fondi dedicati a colmare il gap che sconta il nostro paese, le altre misure tracciano una linea ben definita che prevede la collaborazione pubblico/privata a fare da telaio per questo complesso tessuto.
Con riferimento a questo tema, l’analisi proposta da ANCE sul PNRR porta infatti all’identificazione di un filo conduttore: un’azione importante sull’attrattività del territorio e sulle politiche urbane con una profonda attenzione sul tema della riqualificazione del patrimonio pubblico e sulle infrastrutture sociali.
Tutto bello, quindi? Non del tutto, anche perché le tempistiche per l’utilizzo delle risorse è quanto meno stringente soprattutto per una realtà come quella italiana in generale poco efficiente alla programmazione e all’utilizzo dei fondi europei.
Quello che tuttavia emerge è che il tema della rigenerazione urbana rappresenta in senso lato il banco di prova per l’utilizzo dei fondi del piano letto con la lente dei nuovi dettami della sostenibilità.
Sostenibilità che deve essere intesa a tutto tondo e quindi non solo come sostenibilità ambientale ormai parte integrante del patrimonio immobiliare, ma anche secondo i paradigmi della sostenibilità sociale e della governance risultano ad oggi un po' meno definiti.
Da tempo, infatti, si dibatte sul tema dell’inclusione sociale, con la conseguente attenzione al tema delle infrastrutture sociali in grado di garantire una crescente qualità della vita, come ad esempio, infrastrutture scolastiche e sanitarie in grado di soddisfare la domanda di una popolazione sempre più eterogenea. Tematica, questa, di rilievo per i grandi centri urbani e con un costo della vita relativamente elevato.
Dal punto di vista degli operatori, la frammentazione e la polarizzazione tra piccoli e micro attori del mercato privato da una parte e operatori più grandi strutturati porta, in linea di massima, ad una naturale interlocuzione tra gli investitori e questa seconda tipologia di operatori.
Resta inteso che, in una situazione come quella che viene delineandosi, si necessita di un’azione di lobby strategica in grado di rappresentare in maniera innovativa il ruolo delle imprese. Per realizzare gli obiettivi del piano è necessario rafforzare e sostenere l’intero sistema industriale delle costruzioni, fatto da grandi, medie e piccole imprese che, dopo aver superato la lunga crisi del comparto grazie alle loro competenze e capacità operative, sono pronte ad offrire il loro indispensabile contributo per la modernizzazione del Paese.
#PNRR#PianoNazionaleRicostruzioneResilienza#real estate#realestate#costruzioni#impreseedili#rigenerzione#rigenerazioneurbana
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Del real estate e delle costruzioni
L’appuntamento annuale con il Forum di Scenari Immobiliari nella cornice del golfo del Tigullio ha fornito una fotografia del mercato immobiliare nazionale che non lascia molti dubbi di interpretazione: il mercato domestico sta attraversando, in questo momento, una fase di passaggio che prelude dopo un difficile 2020 ad una fase positiva per il 2022.
La fotografia fornita ci racconta di un paese che in questo momento sta cercando la propria strada per un settore fondamentale per l’economia nazionale anche in considerazione delle ricadute sull’indotto di imprese rappresentative di molti diversi codici ATECO.
I dati presentati e le testimonianze degli operatori, quindi, hanno confermato le tendenze già in atto nel mercato ormai da tempo, che possono essere così riassunte:
un crescente interesse da parte di investitori e “utilizzatori finali” per il settore residenziale,
nuovi paradigmi del segmento direzionale,
una nuova concezione delle infrastrutture ricettive,
una tendenza all’ibridazione delle funzioni in diverse tipologie di infrastrutture immobiliari, a cui fa da sfondo una crescente propensione al tema della rigenerazione e della riqualificazione urbana.
Ed è proprio questo il driver che fa sfondo al nuovo mercato del real estate, in buona parte del nostro paese eccezion fatta per alcune sparute realtà urbane di piccola dimensione, destinate ad una gamma di utenti limitata. Sarebbe, infatti, realmente utopistico che questo fenomeno possa essere replicato su diversa scala su tutte le realtà urbane del nostro paese.
Quindi, il recupero delle aree dismesse, e la “rimessa in gioco” di intere parti di città con nuove destinazioni d’uso rappresenta senz’ombra di dubbio uno delle direttive di maggiore impatto per tutta la filiera del real estate e delle costruzioni del nostro paese.
Complesse operazioni che si svolgono in molte delle nostre città, vere protagoniste dello sviluppo e che nel nostro paese non sono identificabili esclusivamente con le grandi metropolitane di Milano e Roma, ma che sono rappresentate da una un’ampia gamma di città cosiddette medie o “provinciali”.
Il lascito delle aree industriali in molte delle nostre città rappresenta, infatti, una oggettiva possibilità per operatori ed amministrazioni di dare vita a nuove centralità, in una ricerca costante di luoghi di aggregazioni in grado di soddisfare una domanda profondamente diversa e in costante mutamento.
Ma se la domanda di immobiliare è cambiata e conseguentemente anche l’offerta, è anche vero che il settore del real estate e delle costruzioni si è arricchito nel corso degli ultimi anni di una componente di servizi funzionale alla gestione e all’utilizzo stesso degli immobili.
Una componente che non deve essere concepita come ancillare alla parte “hard” dell’infrastruttura immobiliare ma, che deve essere inserita nel pacchetto di offerta per una domanda che non è più alla ricerca del semplice contenitore ma che auspica di trovare un prodotto in grado di soddisfare le proprie esigenze a costi prestabiliti e con tempi ridotti.
La digitalizzazione, quindi, e il crescente peso delle attività di proptech ne sono gli elementi più marcati soprattutto per questo nuovo ciclo immobiliare, che deve necessariamente rispondere a paradigmi di sostenibilità a tutto campo sempre più centrali per le strategie di investimento degli istituzionali.
Un settore che ha fatto della propria storicità e della forza della tradizione il fondamento per una trasformazione crescente: il settore, il cui mantra è stato per decenni “si è sempre fatto così”, si è trasformato e i principali operatori hanno dimostrato una crescente capacità di adattamento al cambiamento che ha consentito al settore di aprirsi, a volte optorto collo, agli investitori istituzionali, al marketing, alla tecnologia.
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La rigenerazione nel settore dell’hospitality
Tra i settori che hanno pagato il prezzo più alto durante quest’anno e mezzo di pandemia c’è senz’altro quello alberghiero.
Dai dati presentati da Scenari Immobiliari nel corso dell’Hospitality Forum che si è tenuto a Palazzo Mezzanotte la settimana scorsa, si evince che gli operatori del settore turistico hanno visto ridursi fino al settanta per cento i propri fatturati, dopo anni di crescita costante. Di pari passo il prezzo pagato dal comparto degli investimenti immobiliari nel settore turistico-ricettivo che dopo un eccezionale 2019 ha visto investimenti per soli 1,5 miliardi di € di transazioni.
I numeri del 2020, tuttavia, hanno come controcanto un forte interesse degli investitori che fa prevedere due anni di forti incrementi e di nuove aperture, non solo nelle città più importanti, ma anche nelle migliori località turistiche, e si prospettano in un contesto caratterizzato da una frammentazione del mercato e della proprietà, per la presenza ancora ridotta di catene alberghiere sul mercato nazionale e per le strutture non sempre in linea con i desiderata di una domanda sempre più esigente.
In questo contesto, la vocazione di destinazione turistica del nostro paese rappresenta uno dei driver per il rilancio di molte aree non già risparmiate dal boom economico la cui destinazione orientata all’attività manifatturiera spinta sta ormai volgendo al termine.
Anche per il mercato degli immobili turistico-ricettivi, è possibile quindi parlare di rigenerazione partendo dalla più semplice riqualificazione delle strutture esistenti fino ad una vera e propria rigenerazione di aree prima con destinazione produttiva ora abbandonate e destinate ad ospitare a valle del processo di riqualificazione di diverse destinazioni funzionali.
A fare da corollario a questa tipologia di operazioni, la crescente attenzione che il mercato del real estate nella sua attuale accezione pone al tema della digitalizzazione e dell’importanza che i servizi rivestono nell’offerta di infrastrutture immobiliari di qualsiasi genere, inclusi quindi anche gli immobili a destinazione ricettiva.
Altro elemento che andrà a caratterizzare sempre più il mercato immobiliare è legato alle tematiche in tema di sostenibilità (conosciute come ESG) e di impact investment. L’obiettivo della sostenibilità a tutto tondo coniuga al suo interno il raggiungimento dell’obiettivo della riduzione delle emissioni di CO2 con un progressivo processo di “decarbonizzazione” e con una conseguente gestione all’insegna dei principi dell’economia circolare, portando quindi un crescente beneficio al sistema urbano su cui insistono queste tipologie di investimento.
La ricerca di un prodotto sempre più attento alle tematiche della sostenibilità ambientale, sociale e di governance rientra nell’alveo delle attività di un sistema di player del mercato immobiliare che interpretano l’attività di sviluppo come un’attività dal ciclo produttivo industriale che diventa parte integrante del territorio e ne diventa infrastruttura fondamentale in grado di generare ricadute positive in termini di attrattività e di crescita economica.
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I cambiamenti delle costruzioni e del real estate accelerati dalla pandemia.
L’evoluzione e la profonda trasformazione di cui il settore delle costruzioni e del real estate nel suo complesso è stato oggetto, soprattutto nel corso degli ultimi dodici mesi, non sono che i più evidenti effetti di un profondo processo di cambiamento che ha avuto inizio già nel 2008 con la grande crisi che ha colpito questo segmento di mercato.
Non di meno il settore si trova sempre più al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica: un rinnovato interesse per un comparto che ha contribuito e contribuisce considerevolmente al Prodotto Interno Lordo nazionale.
E come è cambiato il settore lo sono, almeno in parte, anche i protagonisti.
E’ stato più volte sottolineato come, nel corso di questi anni, si è assistito ad una progressiva polarizzazione tra il mercato delle grandi operazioni immobiliari e il mercato della manutenzione straordinaria di taglio minore per quanto riguarda il mercato privato, mentre i grandi operatori nel settore delle infrastrutture strategiche si sono orientati verso operatori di dimensioni minori afferenti ai lavori pubblici in contesti più locali.
In questo scenario, studi di progettazione e culle del design da studi di professionisti si sono via via trasformati in vere e proprie aziende e i committenti sono sempre più rappresentati da operatori di grandi dimensioni e con strategie di sviluppo che guardano principalmente alla sostenibilità e all’attrattività delle città, come sottolineato anche da COIMA nel corso dell’evento trasmesso in streaming la scorsa settimana dall’evocativo titolo di “Rigenerazione Italia”.
Proprio in questa nuova lettura del settore, l’attenzione mediatica si concentra sempre più sulle operazioni di rigenerazione urbana e sul ruolo strategico che queste operazioni hanno sulle città.
Non di meno, nuove asset class e “vecchie” infrastrutture immobiliari hanno sensibilmente modificato il proprio essere in considerazione di una domanda immobiliare che è profondamente mutata facendo “saltare” i rigidi paradigmi che hanno caratterizzato una lunga stagione del real estate.
Semplificando, un asset class di qualsiasi genere può nascere con una destinazione e trovarsi dopo un po’ di tempo a rivestire un altro ruolo o come succede da dodici mesi a questa parte, ad essere la location per funzioni totalmente diverse.
E se il prodotto immobiliare come era concepito solo pochi anni fa è solo un ricordo, è altrettanto evidente che il processo di generazione di una moderna infrastruttura immobiliare non possa quasi più prescindere da un confronto collaborativo tra tutti gli elementi della filiera, al fine di determinare al meglio gli elementi tecnici e temporali, peculiari dell’infrastruttura su cui si va a lavorare.
In uno scenario così determinato, è evidente che gli operatori del comparto delle costruzioni, in grado di operare su questa tipologia di operazioni, sono sempre più afferenti alla categoria dei general contractor grazie alla loro capacità di governare processi complessi ed articolati, che presuppongono organizzazioni in grado di coordinare al meglio tutti i soggetti coinvolti.
E’ quindi plausibile affermare che il settore e i suoi operatori si trovano sempre più spesso ad interpretare la propria attività con modalità che sono state per molto tempo ad esclusivo appannaggio del settore manifatturiero, anche nelle modalità di finanziamento che spesso guardano ad operazioni di partenariato pubblico e privato e che rispondono a determinati requisiti in termini di sostenibilità secondo quanto evidenziato dai criteri ESG.
Il teorema “piccolo è bello” che ha caratterizzato per anni il sistema delle imprese del settore delle costruzioni non si adatta più al settore nel suo complesso ma si ritaglia la nicchia dei lavori di manutenzione straordinaria a livello di singola unità immobiliare o lavorazioni più legate alle finiture di particolare pregio.
#real estate#realestate#costruzioni#imprese edili#impreseedili#mercato immobiliare#mercatoimmobiliare#infrastrutture#manutenzione#lavori pubblici
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Alla ricerca di una visione per un settore alle prese con le sfide della rigenerazione
Guardando indietro al mio primo incontro con il settore delle costruzioni, ovvero quasi sedici anni fa, la memoria va alla partecipazione ad una delle più interessanti manifestazioni di matrice istituzionale a cui abbia avuto modo di partecipare: “La città dei creativi” nella maestosa cornice della Triennale di Milano.
L’evento organizzato da ANCE con il contributo scientifico del think tank Ambrosetti aveva come obiettivo quello di raccontare come la classe dei creativi possa interagire con il contesto economico concreto per eccellenza, ovvero quello delle costruzioni e di come la presenza e l’attività della classe creativa nelle città italiane possano svolgere un ruolo fondamentale per lo sviluppo socio-economico delle principali città italiane.
Città che in quel preciso momento storico vivevano una dei più interessanti periodi di sviluppo e di trasformazione urbanistica.
Sono passati quindici anni e nel lasso temporale di tre lustri, molta acqua è passata sotto i ponti, anzi sotto le gru del settore delle costruzioni e del real estate: una lunghissima ondata di crisi economica e non ultima una pandemia che ha se non stravolto, almeno minato le certezze accumulate in questi anni in termini di sviluppo urbanistico.
A fare da sfondo a questo scenario, una pletora di imprese di piccole e medie dimensioni che hanno dovuto interrompere la propria attività e un’accelerazione prima impensabile del contributo che la tecnologia può fornire al settore.
La sfida dell’innovazione e il dibattito che ne è scaturito sono infatti da alcuni anni al centro dell’attività di analisi e studio condotto da importanti player del comparto.
In questi giorni, in un momento di sostanziale immobilismo dovuto alla situazione politica e sanitaria, è stato presentato BUILDVISION, l’evento organizzato da Lombardini22 che, prendendo il testimone dal FIDEC del 2018 e del 2019, racconta attraverso una lente di ingrandimento il mondo del real estate e delle costruzioni di oggi.
Alcuni trend già in atto da alcuni anni, come ad esempio l’economia circolare e la digitalizzazione sono stati al centro del dibattito che nell’arco di un paio d’ore di un pomeriggio di gennaio porta ad alcune riflessioni.
In primis, sulla natura dell’iniziativa. Non si tratta di un convegno one shot. BUILDVISION è – nella mission che i suoi ideatori si sono data - un HUB permanente di relazioni: canale di incontro sempre aperto tra tutti gli attori della filiera delle costruzioni e real estate, con le proprie storie e con il proprio contributo al mercato. Lo scopo della community è creare una nuova visione del mondo delle costruzioni, immobiliare e dell’ambiente in cui tutti viviamo.
Nel corso del primo incontro, l’attenzione si è concentrata su due temi centrali per il segmento: l’economia circolare e la rigenerazione urbana declinata sotto l’aspetto “caldo” del momento ovvero la misura del 110%.
Se il tema dell’economia circolare legata ad una nuova idea di industria delle costruzioni è una tematica di cui si parla da circa un decennio e che quindi possiamo dare come metabolizzata dalla maggior parte degli operatori del settore, la misura del 110% non è scevra da critiche. In particolare, questa tematica porta all’emergere della necessità che la filiera a cui fare riferimento sia rappresentata da soggetti con elevate competenze e che possano garantire un prodotto di qualità: condizione che in un mercato sempre più attento al prezzo che al prodotto fornito non è facile da valorizzare. Infine, alcuni dei relatori hanno giustamente sottolineato come la misura possa essere imputata di miopia perché ragiona in ragione di singolo edificio mentre sarebbe più utile interpretare la misura in ragione di quartieri.
E’ vero che si fa un gran parlare di questi temi, che sembrano ormai assodati ma non è pleonastico confrontarsi su un tema come quello della visione che il settore ha sempre portato con sé.
A Juri Franzosi che tanta energia e tanto “cuore” ha messo per dare vita a questa community e a tutta la squadra che lo accompagna in questa avventura i migliori auguri di un buon lavoro.
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Gli investitori puntano ancora sul real estate in Italia, ma l’emorragia del settore delle costruzioni non vede la fine.
Quello che emerge dall’indagine annuale svolta da PWC e Urban Land Institute per l’edizione 2019 del report Emerging trends in Real Estate Europe presentata nei gironi scorsi a Milano è come l’incertezza politica sia uno dei fattori che penalizzano l’attività degli investitori.
In questo scenario, Milano è la città che attrae maggiormente gli operatori istituzionali, anche se perde tre posizioni in classifica, probabilmente per effetto delle elezioni nazionali del 2018, che hanno portato alla formazione di un governo di coalizione populista ed euroscettico.
E, dopo la stagione dell’oro del 2017, eccezionale sia per l’interesse dei turisti che per gli investimenti, pur avendo vissuto in quest’anno un rallentamento fisiologico nella quota dei flussi di investimento, ancora si registra un importante traguardo in termini di volume.
In questo panorama, dove il cielo tende al sereno, sembra quasi esserci una sostanziale separazione tra il mondo del real estate e quello delle imprese di costruzione che ancora oggi pagano un prezzo pesantissimo e una sostanziale indifferenza del mondo politico che non sembra riconoscere il valore aggiunto che il comparto delle costruzioni nel suo complesso ha fornito al PIL nazionale.
Un settore malato la cui crisi troppo lunga non ha risparmiato nessuna impresa. Se nei primi anni la crisi ha falcidiato una grande parte delle imprese medie di matrice famigliare, che hanno rappresentato il fulcro degli Hidden champions, l’onda lunga della recessione sta colpendo ora anche cinque delle principali e storiche aziende di costruzione del nostro paese.
Un settore incentrato su imprese famigliari di grande tradizione che hanno fatto di questa condizione una caratteristica identitaria distintiva che tuttavia ha rappresentato, talvolta, un freno alla crescita e allo sviluppo.
Nello scenario peggiore, in caso di default delle cinque aziende al centro dell’attenzione, si potrebbero perdere altri 25 mila posti di lavoro di cui 2 mila circa tra i dipendenti delle imprese e quasi 23 mila nelle società che operano nei cantieri, che vanno a sommarsi ai 600 mila occupati e 120 mila aziende che il nostro paese ha visto uscire dal mercato dall’inizio della crisi.
Se è vero che nel sistema camerale nazionale, il numero di realtà aziendali con il codice Ateco delle costruzioni raggiunge un livello elevato, la realtà, dal punto di vista strutturale fotografa una situazione di aziende di dimensioni che possono essere definite micro: circa 1,5 addetti per azienda, ovvero nell’alveo dell’impresa artigiana.
Da anni e da più parti, soprattutto dal mondo associativo che rappresenta il settore, si invoca la necessità di una politica industriale che guardi al settore delle costruzioni nel suo complesso. Un settore, che un po’ erroneamente e un po’ per “colpa” di alcuni spregiudicati soggetti, gode di una pessima reputazione ma che senza timore di essere contraddetti ha rappresentato in passato un’eccellenza e una delle forze propulsive dell’economia nazionale. Un settore che comunque ha saputo anche perpetuare la propria expertise dando vita ad interessanti esempi sia dal punto del prodotto finito che dall’innovatività nel processo produttivo e aziendale di cui abbiamo raccontato nel corso dello scorso anno.
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