#impresa dei Mille
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“ Il tempo si manteneva bello; nei monti lontani il solicello dell'antivigilia di Natale scioglieva le liste di neve che rigavano le macchie scure di querce e di faggi. Nel piano la terra fumigava umida, sgombra fin dalle ultime tracce della recente, leggera nevicata. Lo spirito di Don Matteo era stato lieto tutta la mattina: aveva in tasca cinque ducati di messe che Monsignor Vescovo gli aveva dati insieme con la lettera quando era andato a congedarsi. Gli aveva detto molte buone parole Monsignor de Risio: gli aveva mostrato tanta benevolenza che Don Matteo fu lí lí per parlare male di tutti i preti di Guardialfiera. Ma era riuscito a scacciare il cattivo pensiero che per un attimo gli era passato nella mente, e aveva taciuto. Ora ripensava a quello che gli era capitato e tutto gli pareva giusto, armonioso, rispondente pienamente a quello che doveva accadere. – Bel sole, buona gente, – disse Don Matteo passando per il Tratturo, che in quel momento era attraversato da porcari che si dirigevano verso la Puglia. – Tieni, – disse a un porcarello, – e gli porse un pugno di castagne bollite che trasse dalla bisaccia. Il porcarello gli baciò la mano e chiamò con un fischio tre compagni che lo precedevano. Don Matteo diede a tutti un pugno di castagne e una pedata a un maiale che gli sporcava col grifo sudicio la sottana. Continuò allegro la marcia. Ad un tratto fu percosso da un pensiero: quarantacinque ducati e cinque fanno cinquanta ducati. Don Matteo non era mai stato tanto ricco: cinquanta ducati in una volta poteva averli solo per merito di Don Girolamo Fabiano curato-arciprete di Palata che per un anno intero l'aveva tenuto senza un tornese portandolo a spasso con promesse e rinvii. «Cinquanta ducati, – pensava Don Matteo, – sono una bella somma: con cinquanta ducati si comprano cinque maiali, oppure si fanno una sottana e una zimarra nuova e si comprano tre maiali solamente. Ma cosa me ne farei dei maiali? Meglio venti pecore, forse anche venticinque. Matteo può dare le venticinque pecore a mezzadria e avere tanto formaggio, latte, e agnelli a Pasqua». Tastò nella tasca interna del panciotto la preziosa lettera di Monsignor Vescovo. Lo faceva per la cinquantesima volta dal mattino e un sorriso furbesco gli disegnò profondamente le rughe agli angoli della bocca. “
Francesco Jovine, Signora Ava, Einaudi, 1958; pp. 130-131.
[1ª edizione originale: 1942]
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- Papà io esco, sono arrivati i miei amici a prendermi.
- Va bene Daniele buon div... ma come diavolo sei vestito?
Davanti a me ho la copia bianca e "roscia" di Will Smith nel film Man In Black. Daniele indossa un completo nero con cravatta nera e camicia bianca. Capelli ingellati e pettinati all'indietro e per finire occhiali da sole.
- Andiamo al cinema padreH!
- Ma così vestito, con questo caldo, con l'afa, con... con... confesso che non capisco.
- Andiamo a vedere Barbie il film e abbiamo deciso di andarci vestiti così - mi spiega mentre sorride a sessantaquattro denti.
Vado alla finestra e guardo in strada, sono tre ad aspettarlo e tutti con completo nero e camicia bianca. Capelli impomatati stile anni cinquanta con sorrisi e sghignazzi a profusione.
Così mi ritrovo a guardare sconsolato mio figlio che in auto con i suoi amici parte per la goliardica impresa, guardandoli meglio anziché i Man In Black mi sembrano Le Iene di Quentin Tarantino.
Probabilmente da padre ho sottovalutato la voglia di ridere e scherzare di mio figlio, dei ragazzi d'oggi, dimenticando che anche io da giovane combinavo guai o facevo delle immani cazzate.
Come quella volta che a bordo della FIAT 500 di mia madre, mi riferisco a una FIAT 500 degli anni '60, feci salire sei miei amici. Ci incastrammo l'uno con l'altro utilizzando l'apertura della capote per far uscire qualche testa o gamba, eravamo in sette a bordo di un'auto che poteva ospitare al massimo due passeggeri comodi davanti e due semi comodi e semi sofferenti dietro.
Facemmo circa trecento metri, poi il fondo dell'auto cedette e mi ritrovai con il sedere sull'asfalto.
Mi ricordo ancora oggi il volto di mio padre che scuoteva la testa, tra l'incredulità e la rassegnazione che suo figlio fosse un perfetto idiota, mentre aiutava il carro attrezzi a recuperare l'auto.
Del resto che io avessi aspettative alte dal mio primogenito in fondo dovevo sospettarlo. Come quella volta che ancora neonato e in fase di lallazione, emise dei suoni tipo "Nghe oo bobo ebeo eijo", che io naturalmente interpretai il suo lalluziare come se avesse detto "acido desossiribonucleico". Dio un genio! Forse guardo troppo i programmi di Alberto Angela.
Devo essere più tollerante, comprendere che il diritto alla felicità dovrebbe esistere per tutti, così come il tempo delle sciocchezze.
Di diventare troppo serio in realtà, riflettendoci su ora, non glielo auguro proprio. Del resto io quando sono alla cassa di un fast food esigo il giocattolo in omaggio con il menù, non importa quanti anni ho o se lo voglio per i miei figli. Io lo voglio e basta!
In effetti un mondo di figli premio Nobel sarebbe un mondo triste, servono anche quelli che amano ridere, scherzare e rispettando il prossimo fare anche qualche scemenza. Quelli che si fermano a un chiosco in piena notte per farsi un panino, quelli che hanno il cuore a mille quando provano nuove emozioni, esperienze di vita. Quelli che con una risata ti riempono una casa di calore.
Del resto anche io da ragazzino ero intelligente ma non mi applicavo, magari un giorno comincerò ad applicarmi. Senza fretta, ho più tempo che vita.
#libero de mente#ironia#pensiero#frase divertente#frase#amore#racconto#dialoghi#figlio#vita#divertiti#divertirsi#barbie#man in black#le iene
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Beatles: un arrivo un nuovo film... anzi quattro
In arrivo un nuovo film sui Beatles... anzi quattro. Il produttore, regista premio Oscar, infatti, racconterà le storie originali di tutti i Fab Four, Paul McCartney, John Lennon, George Harrison e Ringo Star con le musiche originali. Chi sarà l'autore di questa impresa epocale? Sam Mendes: il regista di "American beauty", "Skyfall", "1917" (per citarne solo alcuni). I film sui Beatles: il progetto Non sappiamo ancora quando la quadrilogia sui Beatles uscirà; sappiamo però che i preparativi procedono speditamente tanto che si starebbero cercando già gli sceneggiatori. Sappiamo, inoltre, che il progetto è arrivato sulla scrivania della Sony lo scorso Natale. Sembra che l'entusiasmo di Sam Mendes abbia letteralmente conquistato il Ceo di Sony Picture Entertainment Tom Rothman e la presidente Elizabeth Gabler. Fiduciosi nel progetto hanno fatto alla Apple Corps Ltd. un'offerta davvero interessante. Non è tutto: Mendes è riuscito a ottenere per la prima volta nella storia non solo i diritti musicali ma anche i pieni diritti sulla storia da portare sul grande schermo. E' evidente che il progetto sia piaciuto non solo a Paul McCartney e Ringo Star, i due componenti del gruppo ancora vivi, ma anche gli eredi di John Lennon (il figlio Sean) e George Harrison (la figlia Olivia). Mendes avrà dunque pieni poteri sulle storie: da quanto sappiamo saranno quattro film sui rispettivi componenti della band di Liverpool raccontate in una sorta di connessione tra loro. I Beatles sul grande... Il primo film sui Beatles risale al 1968: "Yellow Submarine". Un cartoon onirico in stile pop art ispirato al celebre brano della band ripropone la storia dei malefici Biechi Blu. Creature ostili alla bellezza, ai fiori e alla musica, sono pronti ad attaccare il paese felice di Pepelandia. Sarà la musica dei Beatles, giunti a bordo di un sottomarino giallo, a ristabilire l'ordine e la pace. Nel 1978 uscì il film d'esordio di Robert Zemeckis, "1964: allarme a New York arrivano i Beatles!". Una pellicola che non ebbe grande successo di botteghino e raccontava, con ironia, non tanto la storia dei Fab Four quanto la cosiddetta beatlemania attraverso la storia di quattro amici del New Jersey che decidono di andare a vedere i Beatles in concerto dal vivo a New York. Ci riusciranno dopo mille avventure. I Beatles sono stati, infatti, un fenomeno sociale oltre che musicale e il film rappresenta una foto della generazione dell'epoca. L'anno seguente esce "La nascita dei Beatles", il primo vero biopic sulla band condotto in modo tradizionale. Il regista, Richard Maquand, racconta gli esordi dei Fab Four e, uscito dopo un decennio senza la musica dei quattro di Liverpool, appare un po' come un desiderio nostalgico di tornare a vederli suonare insieme. I quattro di Liverpool non apprezzarono il prodotto. Uno dei pregi del film, però, è l'aver ricordato la figura di Stuart Sutcliffe, che fu bassista del gruppo dal 1960 al 1961, morì a 21 anni per emorragia cerebrale e che un po' tutti abbiamo dimenticato. Stuart Sutcliffe è il perno intorno al quale ruota anche il film "Backseat - tutti hanno bisogno di amore" uscito nel 1994. La pellicola racconta, per lo più, la relazione di Stuart con Astrid Kirchherr. La fotografa tedesca ritrasse i Beatles in foto in bianco e nero durante i loro concerti in Germania diventate storiche. Sembra che la Kirchlherr sia stata anche l'ideatrice dell'iconico taglio di capelli della band anche se lei stessa rifiuta tale attribuzione. ... e piccolo schermo Il documentario più riuscito sui Beatles è senza dubbio "The Beatles: Eight Days a Week" diretto da Ron Howard. Raccontando la band di Liverpool dal 1962 al 1966 attraverso i loro tour mondiali, Howard ha raccontato il cambiamento prodotto nella società dell'epoca dai quattro. Il regista raccoglie il racconto degli stessi protagonisti fatto di ansie, gioie, gloria e dolore. Raccoglie, poi, la testimonianza di personaggi noti tra i quali Whoopi Goldberg, Sigourney Weaver, Eddie Izzard ed Elvis Costello che quella beatlemania l'hanno vissuta sulla loro pelle. Un'autentica girandola di emozioni che ha anche altri pregi, come quello dell'utilizzo delle tecnologie digitali grazie alle quali filmati dell'epoca sono stati inseriti con una qualità video impeccabile mentre le foto anch'esse dell'epoca prendono letteralmente vita. Pur dopo tanti anni dalla fine della loro carriera musicale, i Beatles sono immortali. L'ultima operazione discografica che ha reso possibile la pubblicazione di un brano inedito di John Lennon grazie all'utilizzo dell'intelligenza artificiale ne è un segno. Sam Mendes è anch'egli una garanzia e siamo sicuri che all'uscita delle pellicole avremo nuove fortissime emozioni. In copertina foto di Christiane Wilden da Pixabay Read the full article
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Brescia, Museo di Santa Giulia: LA SPEDIZIONE DEI MILLE. Memoria e racconto nel reportage pittorico di Giuseppe Nodari
Avea sempre la matita in mano a schizzare dal vero bivacchi, fatti d’arme e figure caratteristiche, delle quali s’ornò poi la casa dove morì medico.Giuseppe Cesare Abba, scrittore e garibaldino BRESCIA | MUSEO DI SANTA GIULIA DAL 27 GENNAIO AL 7 APRILE 2024 LA SPEDIZIONE DEI MILLEMemoria e racconto nel reportage pittorico di Giuseppe Nodari L’emozionante impresa della Spedizione dei Mille è…
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Favara, ecco come sarà la nuova scuola Mendola a Favara: Un Luogo di Comunità e Apprendimento Innovativo
Ecco come sarà la nuova scuola "Mendola". Quelli che vedete sono i rendering del progetto redatto da AM3 Architetti Associati, ABgroup, Cartia e Chifari Ingegneri e dall'architetto Giulia Pentella e che ha vinto il bando pubblicato dal Ministero dell'Istruzione che ha consentito al Comune di Favara di ottenere il finanziamento da oltre 8 milioni di euro che servirà alla demolizione e ricostruzione della scuola di via dei Mille. La consegna dei lavori è stata fatta venerdì 26 gennaio 2024. La nuova struttura sarà affidata alla città entro marzo 2026. Leggi: Al via ai lavori di recupero della scuola “Mendola – Vaccaro”, i locali andranno alla Brancati. Oggi la posa della prima pietra La struttura, hanno specificato ai microfoni di SiciliaTv, il sindaco di Favara Antonio Palumbo e il suo vice, nonché assessore alla Pubblica Istruzione, Antonio Liotta, sarà affidata all'Istituto Comprensivo "Vitaliano Brancati", unica Istituzione Scolastica ad avere ancora locali in affitto. Il progetto per la scuola mira a farla diventare non solo un luogo per imparare, ma anche un centro per la comunità. L'idea è di creare uno spazio che favorisca il confronto, l'integrazione e che offra opportunità formative, didattiche e ludiche. Il progetto prevede ampi spazi per la comunità, consentendo la partecipazione di tutti. Saranno presenti sezioni per l'infanzia, la primaria e la secondaria di primo grado, con aule, laboratori e aree verdi. Il tutto è stato pensato seguendo le linee guida ufficiali e considerando il numero di studenti. L'edificio si integrerà armoniosamente nel contesto urbano, sfruttando la pendenza del terreno. L'ingresso principale sarà dalla via Enrico Ferri. Ci sarà un ampio scalone che funge anche da auditorium. Le aree esterne sono organizzate per garantire autonomia ai diversi cicli scolastici, con parcheggi e terrazze che diventano luoghi di aggregazione extra-scolastica. Il giardino è stato concepito come un luogo di osservazione della natura, con orti didattici e spazi verdi. Il progetto segue le linee guida Futura, rendendo la scuola un punto di riferimento riconoscibile per la comunità. Gli spazi interni sono pensati per essere fruibili anche al di fuori dell'orario scolastico, promuovendo la condivisione e l'inclusione. Il progetto, sviluppato con principi di Universal Design, mira a garantire l'accessibilità e l'inclusione per tutti, promuovendo pari opportunità per gli studenti e il personale scolastico. Ma ecco chi ci lavorerà: le imprese, gli studi professionali e i professionisti impegnati. Di seguito pure le somme economiche interessate. PROGETTAZIONE PROGETTISTA GENERALE E ARCHITETTONICO: AM3 ARCHITETTI ASSOCIATI PROGETTISTA STRUTTURE: ABGROUP INGEGNERIA PROGETTISTA IMPIANTI E ANTINCENDIO: CARTIA E CHIFARI INGEGNERI GEOLOGIA: GRAZIANO E MASI ASSOCIATI RESPONSABILE CAM E DNSH: ARCH. GIULIA PENTELLA CONSULENTE PER LA DIDATTICA: DOTT.SSA MICHELINA MAZZOLA DIREZIONE DEI LAVORI DIRETTORE DEI LAVORI: ARCH. ALBERTO CUSUMANO (AM3 ARCHITETTI ASSOCIATI) C.S.E.: ARCH. ALBERTO CUSUMANO (AM3 ARCHITETTI ASSOCIATI) DIRETTORE OPERATIVO DELLE STRUTTURE: ING. CRISTIANO BILELLO (ABGROUP INGEGNERIA) DIRETTORE OPERATIVO DEGLI IMPIANTI: ING. GIUSEPPE CHIFARI (CARTIA & CHIFARI INGEGNERI) DIRETTORE OPERATIVO ASPETTI GEOLOGICI: GEOL. GIANVITO GRAZIANO (GRAZIANO E MASI ASSOCIATI) DIRETTORI OPERATIVI DELLE PARTI ARCHITETTONICHE: ARCH.TTI MARCO ALESI, CRISTINA CALì, ALBERTO CUFFARO RESPONSABILE UNICO DEL PROCEDIMENTO: ARCH. PIETRO CALÌ IMPRESA COSTRUTTRICE CONSORZIO: CIRO MENOTTI S.C.P.A IMPRESA ESECUTRICE: MACOS Società cooperativa DIRETTORE DI CANTIERE / RSPP: GEOM. DIEGO EMANUELE CORBO CAPOCANTIERE: SIG. DOMENICO VECCHIO INIZIO DEI LAVORI: 26.01.2024 FINE DEI LAVORI: 03.2026 IMPORTO DEI LAVORI A BASE DI GARA: 8.606.002,16 € IMPORTO DEI LAVORI APPALTATI: 6.658.477,88 € IMPORTO ONERI DELLA SICUREZZA: 141.081,59 € IMPORTO COMPLESSIVO: 6.799.559,47 € Read the full article
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11 dic 2023 09:12
"ROMA È UN COSTO DA TENERE A BILANCIO COME L’AFFITTO, LE UTENZE E IL PERSONALE" - ALESSANDRO PIPERO, TITOLARE DELL'OMONIMO RISTORANTE STELLATO, RACCONTA LO STATO DI DEGRADO IN CUI SI TROVA LA CAPITALE: "QUALCUNO ARRIVA QUI, SI SIEDE A UN TAVOLO CHE GUARDA UNA CHIESA DEL XVI SECOLO E MAGARI SPENDE 500 EURO PER GUARDARE LA SPORCIZIA DI ROMA!" - "CHI VA A MILANO CERCA SERVIZI ALTI E UN ALTO LIVELLO ANCHE RISTORATIVO. SONO UN QUARTO DI NOI, EPPURE HANNO IN FORZA QUASI I NOSTRI STESSI TAXI" - "QUI IN ITALIA SI TENDE POCO A FARE SQUADRA. DOVREMMO…" -
Estratto dell'articolo di Andrea Febo per www.gamberorosso.it
Roma è ferma su sé stessa ormai da diversi anni. Una prassi amara che vale un po' per tutti gli ambiti, ristorazione inclusa. Decine di artigiani del cibo che per decenni hanno provato a darle lustro, anche a livello internazionale, oggi combattono più che in passato per darle lustro tra strade dissestate, quartieri invasi da spazzatura, taxi introvabili e trasporti fatiscenti. Disservizi che incidono anche sulla platea di turisti e "buone forchette" che girano la città a caccia di un buon ristorante.
Dopo le parole dello chef del Pagliaccio, Anthony Genovese, e della chef di Glass Hostaria, Cristina Bowerman, arrivano quelle del maître Alessandro Pipero, che guida da anni il suo ristorante omonimo (stella Michelin e Due forchette del Gambero Rosso). Siamo in Corso Vittorio Emanuele II al civico 250, proprio di fronte la chiesa di Santa Maria in Vallicella che separa il Chiostro del Bramante dal Tevere. […]«Ecco, io apro le tende su Roma a un tavolo che guarda una chiesa del XVI secolo, poi qualcuno arriva qui, si siede e magari spende 500 euro per guardare la sporcizia di Roma! Di cosa dobbiamo parlare?».
Parleremo anche di questo, certo. Nel frattempo, ha qualcosa da dichiarare?
[…] questa è Roma, una città che amo senza soluzioni. In anni di lavoro ho imparato che questa città è un costo variabile molto significativo da inserire in un business plan imprenditoriale. Se vuoi aprire un’attività a Roma, Roma è un costo da tenere a bilancio come l’affitto, le utenze e il personale.
Molti suoi colleghi, infatti, sostengono che per fare impresa è meglio andare a Milano.
Milano è un foglio Excel, Roma è un file Word. Lì fanno i conti, qui facciamo parole. Da sempre Roma è più bella, ma Milano è meglio e se qui le persone vengono a vedere i musei e a mangiare la pizza con la mortadella, al nord si fanno affari. Lì c’è business e chi va a Milano cerca servizi alti e un alto livello anche ristorativo. Sono un quarto di noi, come estensione e come popolazione, hanno molte meno presenze di noi come turismo eppure, hanno in forza quasi i nostri stessi Taxi sulle strade. Come ce lo spieghiamo?
Il caso dei Taxi a Roma è una spina nel fianco.
Ma secondo voi, se un cliente del Bulgari viene a Roma e spende mille euro per dormire, 250 euro per ordinare due panini in camera a pranzo poi esce e aspetta quasi un’ora un taxi chiamato dall’albergo per venire a cena qui, dove spende ancora, per poi aspettare un’altra mezzora il secondo taxi e andare via esausto. Ora, secondo chi ha competenze per risolvere questa storia, stiamo parlando di una cosa normale? Questo è successo davvero eh, non l’ho inventato. Ovvio che sono una spina nel fianco, soprattutto per chi come noi lavora per offrire a questa tipologia di clientela quello di cui hanno bisogno per vivere una Roma all’altezza dei costi e delle aspettative. Il lusso esiste, che ci piaccia o no e ha bisogno di servizi.
[…]
Roma sembra il contenitore di problemi irrisolvibili, dentro cui anche i ristoratori hanno le mani legate.
Sarebbe bello fare una rivoluzione, ma non ho soluzioni. […] Io sono uno che non si arrende, come i colleghi che mi hanno preceduto nelle interviste, ma il nostro mestiere è difficile e siamo in una capitale che come dicevo prima non è Berlino, non è Londra e neanche Milano, ma è un altro lavoro da sommare a quello che già facciamo.
Genovese e Bowerman, insieme ad altri chef, hanno presentato un progetto al sindaco Roberto Gualtieri per realizzare un grande evento in città. Può essere un punto di partenza per far riscattare la ristorazione in città?
Assolutamente sì. Bowerman è una guerriera e abbiamo provato molte volte a cercare di fare qualcosa per questa città in termini di eventi, ma niente. C’è anche da dire che qui in Italia in genere si tende poco a fare squadra, c’è poca unione vera e perseveranza nelle cose. Dovremmo insistere nel darci un valore. Un grande evento, che magari abbia visibilità internazionale, porterebbe a Roma una luce diversa ed è gente come Genovese che può farlo. Lui e Bowerman sono conosciuti e rispettati nel mondo, metterebbero la loro fama a disposizione di tutta la città.
[…]
Un'ultima domanda. La ristorazione a Roma può fare qualcosa per fermare il declino in corso?
Esserci. Io quest’intervista potevo non farla e invece la faccio, magari proprio perché faccio parte del sistema che dicevo prima. Posso incazzarmi, posso ridere, posso fare il democratico, io alla fine tutto questo preferisco viverlo. Nella vita due cose sono sicure, una di queste è il cuscino. Quell’attimo la sera, quando sei a letto, appena prima che chiudi gli occhi e qualsiasi cosa tu sia stato il giorno ti restituisce la realtà. Ti spogli e sei tu. Ecco io alla fine quasi ogni sera mi auguro di essere sereno. Se Anthony e io chiudiamo i nostri ristoranti qui e apriamo a Milano, secondo voi funzioniamo? Secondo me il triplo. Però stiamo qui e vale la pena viverla.
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"Perché è più che un numerista il fra cappellano era uno smorfiatore di sogni, dai sogni che gli raccontavano trasceglieva gli elementi che potevano assumere una certa coerenza di racconto, e le immagini che nel racconto prendevano risalto egli traduceva in numeri: e non era impresa facile ridurre a numeri i sogni della gente; sogni che non finivano mai, come le storie dei reali di francia; che si scomponevano in un caos di immagini, che si sperperano in mille rivoli oscuri. "
Leonardo Sciascia, Il Consiglio d'Egitto, 1963.
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Enemynside, oltre il thrash, una spazio infinito
Riuscire con un disco a travalicare i confini di un genere creando un proprio stile, è una bella impresa. Tentativo perfettamente riuscito agli Enemynside ed il loro Chaos Machine. Chiariamoci subito, non stiamo parlando di novellini. Parliamo di una band più che navigata, che in una carriera quasi trentennale si strada ne ha percorsa. E si sente. Si nota dallo stile personale pur se riconducibile al genere heavy/thrash. Tuttavia, come spesso accade, le definizioni sono sempre troppo riduttive.
Definire il combo solo speed o thrash o hardcore non lo descrive al meglio. Gli Enemynside sono un po’ di tutto questo unito ad altre mille influenze. Per cercare di spiegare. Prendete il meglio che dagli anni d’oro ad oggi i su citati generi musicali hanno prodotto, uniteli e otterrete gli Enemynside. Come se i Metallica avessero scritto un disco a quattro mani con Anthrax, Slayer, Suicidal Tendencies, Nevermore, Hatebreed e chi più ne ha più ne metta.
Questo la dice tutte sulle capacità tecniche dei nostri. Tuttavia più che su questa ultime, l’attenzione va puntata sulla capacità di scrittura del gruppo. Davvero impressionante. Almeno su quest’ultima fatica sulla lunga distanza. Velocità, riff granitici, groove, melodia sono equilibrati al grammo. Nulla è fuori posto. Le composizioni su susseguono come i capitoli di un libro. Ogni pagina aggiunge dettagli in più al quadro generale compiendo il crescendo che poi esploderà nel finale.
Come in un libro giallo, non mancano colpi di scena e cambi improvvisi di scenario. Per i nostri è lo stesso. L’architettura generale è ben stabile, ma al uo interno si muovono diversi elementi. La band mette subito le cose in chiaro con Faceless. Un pugno in piena faccia. Decisa, monolitica, senza via di scampo. Allo stesso tempo carica di tensione e di melodia. Ottima la produzione che è riuscita a mantenere praticamente inalterata la furia degli strumenti e l’impatto complessivo.
Ecco, questo è un altro aspetto da non sottovalutare. La scelta dei suoni risulta particolarmente vincente. Non tanto per l’impasto sonoro, quanto per il fatto che live non sono difficili da ricreare. Il che garantisce un wall of sound decisamente devastante. Ottimo il lavoro di tutti gli strumentisti. Pulito, senza esagerazioni ma tecnico al punto giusto. Notevole il dialogo tra le due chitarre. Per tutta la durata del cd si inseguono, si scambiano riff e fraseggi, si sostituiscono negli a solo.
Molto interessante e ben centrato anche l’utilizzo dei cori. Questi mantengono una matrice prevalentemente hardcore. Cori pieni, da stadio, quasi oi. Si ascolti Black Mud per averne un chiaro esempio. Lodevole il lavoro della batteria. Questa offre una performance degna nota. Passa da semplici accompagnamenti lineari, a controtempi e accelerazioni improvvise. È soprattutto l’utilizzo della parte più percussiva a saltare all’orecchio, oltre all’incredibile lavoro con il doppio pedale.
Ed ecco un nuovo aspetto da menzionare. Avendo così tante influenze, l’accoppiata cassa/sezione ritmica, che non è solo masso, ma anche le due chitarre, non è né scontata, né ripetitiva. Da potentissimi muri sonori all’unisono si passa a moenti in cui ogni strumento segue una propria linea. Il che crea un onda d’urto incredibile oltre ad un intreccio che si decifra solo all’ennesimo ascolto.
Suffered defeat è il brano da prendere ad esempio. Perfetto nel suo incedere mai troppo veloce, ma implacabile. Un mare di lava che tutto sommerge senza lasciare via di fuga. Altra freccia andata a segno è la scelta del mid tempo. Il disco non ha brani a rotta di collo. Sono tutti cadenzati e, per questo, pesantissimi. Come sempre, il mid tempo consente, oltre ad una maggiore chiarezza in fase esecutiva, anche la possibilità di poter inserire elementi tecnici molto diversi tra loro.
In ultimo , ma non certo per importanza, la voce. Anche questa esce dal cliche con una timbrica piena, non scream né growl. Piuttosto strappata, più hadcore ma senza raggiungerne gli estremi. Scelta perfetta sia per il genere proposto, sia perché aiuta a donare personalità alla proposta musicale.
Concludendo. Cosa si può dire del lavoro degli Enemynside se non che è un grandissimo disco. Non adatto a tutte le orecchie, questa va evidenziato. Se non si è abituati a determinati suoni può risultare ostico. Neppure adatto ai nostalgici. Se pensate di trovare al suo interno formulette scontate, suoni vintage che richiamano alla memoria l’adolescenza con cartucciera, capelli lunghi e jeans stracciati, rimarrete delusi. Pur nella sua riconoscibilità stilistica questo è un disco contemporaneo. Un disco sicuramente da ascoltare.
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70° anniversario della costituzione dell'Unione Stampa Periodica Italiana
70° anniversario della costituzione dell'Unione Stampa Periodica Italiana "Il 70° anniversario della costituzione dell'Unione Stampa Periodica Italiana rappresenta un traguardo importante per una associazione alla quale aderiscono oltre mille testate edite da medie e piccole imprese e da enti e realtà no-profit, espressione di una dimensione che vede nei media locali e specializzati una risorsa vitale e un presidio irrinunciabile del sistema dell'informazione". Lo afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio al Segretario Generale USPI, Francesco Saverio Vetere. "Il pluralismo che alimenta la vita democratica e le libertà degli italiani, garantito dalla Carta Costituzionale - sostiene - è arricchito dalla presenza di un numero significativo di voci indipendenti che offrono ai cittadini la possibilità di soddisfare il diritto fondamentale di essere informati. Ed è certamente compito della Repubblica sostenere le iniziative editoriali che si caratterizzano in questo senso, a partire dalla garanzia di parità delle condizioni di impresa e accesso al mercato". "Ai giornalisti- aggiunge il Capo dello Stato-, testimoni e certificatori della corrispondenza tra i fatti e la loro rappresentazione, agli editori e ai soggetti chiamati a dare il massimo impegno nel dispiegamento dei principi sanciti nel nostro Patto fondativo, viene affidata una grande responsabilità, tanto più in una stagione di rilevanti trasformazioni che mutano radicalmente il panorama delle fonti e pongono in discussione la loro affidabilità, questione opportunamente affrontata anche in sede di Unione Europea". Il segretario generale di USPI Francesco Saverio Vetere in un’intervista a Laura Giordano di PaeseItaliaPress.it ha tracciato, tra l’altro, il bilancio dei 70 anni di attività dell’ USPI. “In 70 anni l’USPI ha fatto molte cose. Ha difeso il settore più debole, evitando che i grandi editori prendessero tutte le risorse, soprattutto pubbliche. Ha favorito la regolamentazione della nuova editoria online a livello di definizione di prodotto editoriale e di tutela contrattuale. Ha generato pluralismo sindacale, andando a stipulare contratti con sindacati che prima non rappresentavano i giornalisti. Ma potrei raccontare dei rapporti dell’USPI con l’Europa dell’est durante la Guerra Fredda, della nascita dell’editoria periodica come indicatore di libertà progressivamente acquisita nell’est, delle scuole di editoria, dell’insegnamento universitario, degli studi sulla libertà di stampa. Ma non amo rivolgermi al passato. Voglio pensare al futuro nel senso di contribuire al prossimo passo, cioè a definire il rapporto tra la produzione di informazione e l’Intelligenza Artificiale (IA). Che ne sarà del giornalismo per come lo conosciamo? Ho idea che il giornalismo umano creerà e rappresenterà una nicchia in un mare magnum di informazioni generate dall’IA. E sarà imprescindibile, ma con numeri incomparabilmente inferiori agli attuali. I problemi che porrà questa trasformazione sono talmente enormi da non poter essere denunciati ora per intero. Cominciamo dai princìpi. Il Bello e il Bene sono a fondamento del mondo per come vogliamo conoscerlo e per come lo desideriamo”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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La strategia del Gruppo Lario Hotels si basa sulla sostenibilità
La sostenibilità è al centro dello sviluppo del Gruppo Lario Hotels. La sostenibilità è il filo conduttore sia di Vista, la catena di boutique hotel cinque stelle lusso oggi presenti a Como e Verona (in cantiere c’è una terza struttura a Ostuni), sia degli altri tre alberghi comaschi: Villa Flori, Terminus e Posta. Ieri Bianca e Luigi Passera, presidente e amministratore delegato del Gruppo, hanno presentato pubblicamente il primo report di impatto e sostenibilità, approvato contestualmente al bilancio di esercizio, che sarà aggiornato e reso pubblico ogni anno. Il documento mette a fuoco gli obiettivi specifici, le azioni intraprese, e i risultati raggiunti, nonché gli impegni futuri di ogni singola area Esg. I collaboratori Tra i punti principali del report un solido rapporto con i collaboratori, grazie a iniziative volte a garantire una maggior inclusività, equità salariale ed empowerment femminile, programmi di crescita e valorizzazione delle persone attraverso corsi di formazione. Qualche numero in questo capitolo relativo al 2022: 19 assunti a tempo indeterminato, 27% dei dipendenti interessato da un avanzamento di carriera, una quota del 41% di personale femminile anche nei ruoli apicali, 15 collaboratori coinvolti in attività di volontariato aziendale (svolto in collaborazione con Cometa). E ancora, su questo terreno, spiccano il welfare con un bonus di mille euro di bonus per ogni collaboratore e le consolidate sinergie con le scuole in particolare attraverso il progetto “Questo albergo è una casa” che negli anni ha sortito l’assunzione di 36 persone (il 53% dei tirocinanti). Sostenibilità è anche territorio, comunità locale e anche su questo aspetto l’impegno di Lario Hotels è nei numeri, sempre relativi al 2022: 750 ospiti coinvolti in experience culturali, 44mila euro di donazioni alla comunità, 6,5 milioni di euro di indotto generato sui territori. E ancora, in questo capitolo, la scelta di una linea di cortesia praticamente a km0 e perfetto esempio di economia circolare: i cosmetici sono a base di sericina integra, prodotto di scarto nel processo di lavorazione della seta. L’inquinamento Concreti anche i risultati sul fronte ambientale. Il Gruppo è riuscito a centrare una notevole riduzione dei consumi energetici pro capite (-33% sul 2021) e dei consumi di acqua (-51%sul 2021), grazie alla costante attenzione e monitoraggio dell’uso delle risorse e l’adozione di buone pratiche come, tra le altre, l’inserimento dei boccioni di erogazione dell’acqua per il personale interno che ha permesso di evitare l’acquisto di 109.749 litri d’acqua, l’equivalente di 219.498 bottigliette di plastica da mezzo litro dall’avvio del progetto. L’impegno sulla sostenibilità, più che un elenco di buone azioni, è inteso come un metodo, un percorso che informa l’attività di impresa nel tempo: «Mettere nero su bianco il nostro impegno e mantenerlo in un’ottica di lungo termine, è un investimento certamente molto impegnativo, perché coinvolge tutti i livelli operativi dell’azienda, ma allo stesso tempo molto arricchente. La Relazione di Impatto che abbiamo presentato evidenzia aspetti importanti che sembravano scontati, mette in luce aree di miglioramento inducendoci a adottare soluzioni sempre più innovative e ci aiuta a dare concretezza alla nostra filosofia. Insomma, essere diventati Società Benefit è un importante stimolo a migliorarci in ogni campo» afferma Bianca Passera, presidente di Lario Hotels. Read the full article
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“Stephen King ha collezionato 30 rifiuti per il suo libro “Carrie”. Margaret Mitchell, l'autrice di “Via col vento” fu respinta 33 volte. Non riuscire a pubblicare un testo non è una sconfitta, dicono. Bisogna conoscere il valore della propria opera e andare avanti… Quando sei un autore esordiente, puoi ricevere molti consigli su come far uscire il tuo manoscritto dal cassetto. Lo sai che è un impresa ardua perchè la concorrenza è altissima, ma sei motivato e lavori bene. Spendi il tempo per migliorare la tua abilità nella scrittura, leggi e rileggi mille volte la tua opera fino a che non la ritieni perfetta. Studi il mercato del libro per capire che è una giungla, ed è difficile farsi notare nello tsunami dei manoscritti che arrivano alle case editrici ogni mese. Ma tu sei determinato nel voler vincere questa sfida… Mi chiamo Danka e sono una Polacca che vive in Italia. Negli ultimi sei anni ho raccontato sul blog la mia storia, quella di una scrittrice in cerca di editore. Solitamente la risposta era: ”No”. Qualche volta però mi rispondevano che il mio libro aveva del potenziale. Evviva! Qualcuno finalmente sarebbe stato felice di avermi tra i suoi autori… a un costo di sborsare denaro (il prezzo variava tra 1200 – 3300 euro). Così ho scoperto che esistono editori che chiedono un contributo e l’editoria sta attraversando un momento di crisi perché ci sono soggetti che tendenzialmente pubblicano tutto. Se ti trovi bloccato, semplicemente cambia strada, dicono. E' verissimo! Ho cominciato a scrivere in italiano, creando anche delle illustrazioni, e stavolta ho avuto una risposta positiva. La casa editrice Progedit mi ha proposto di scrivere una storia che dovrebbe aiutare i più piccoli a scoprire una delle città più antiche del mondo. Cosi è nata La nonna nei Sassi di Matera - un libro che racconta la Basilicata vista con gli occhi di un bimbo. Al piccolo Giuseppe Pio piace Pisticci, un paesino in collina non lontano dal mare. E' ghiotto dei cannelloni di sua nonna, anche se preferirebbe non vederla sempre in cucina. Vitina sembra non avere altri interessi, a Matera fa soltanto la spesa e non ha mai visto i Sassi! Ma meglio tardi che mai: tre giorni intensi di escursioni faranno rivivere ai protagonisti la storia – da “vergogna d'Italia” a Patrimonio dell'Umanità. Davanti agli occhi di bimbo si schiuderanno grotte abitate da tempi immemorabili, la sua famiglia visiterà le pittoresche chiese rupestri del Parco della Murgia Materana. La nonna potrà vedere come si viveva nei Sassi, anche se continua a preferire un viaggio nella cucina lucana! Noi, autori (o aspiranti tali) scriviamo perché la nostra storia raggiunga il pubblico. Io ci sono riuscita. Il mio sogno del cassetto si avvera: La nonna nei Sassi di Matera riesce arrivare nelle librerie. In precedenza un mio racconto di fantascienza era stato pubblicato su una rivista in Polonia. Ma la cosa più bella della mia storia è che non mi sono mai arresa. Dalle sconfitte si impara per diventare più forti, dicono. E' cosi! Ci sono molti autori esordienti – e tante case editrici. E non esiste una sola strada per diventare scrittore!
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“ Per il due di novembre Don Matteo aveva avuto una giornata di gran lavoro; aveva detto sulle pietre tombali della chiesa una sessantina di «Libere» a un carlino l'una. Aveva messi insieme sei ducati: aveva incominciato prima dell'alba e alle nove di sera ancora cantava. Fino alle cinque gli altri otto preti gli avevano tenuto testa ma poi si erano dovuti arrendere all'eccezionale potenza dei polmoni di Don Matteo. Mentre cantava Don Matteo osservava i segni della loro stanchezza; sentiva le voci ormai diventate un roco bisbiglio: via via che uscivano dalla lizza li guardava con ipocrita compassione, poi riprendeva il suo canto con intonazione trionfale. In quanto al grano dell'elemosina i preti avevano, al solito, fatte le parti a modo loro: questo per l'arcidiacono, questo per i canonici, questo per il segretario del capitolo, questo per l'economo. A Don Matteo erano toccati dieci rotoli di fave, e venti moccoli: i piú piccoli e i piú sottili naturalmente. Ma i sei duca li aveva; quelli non glieli toglieva nessuno, sangue di Giuda. Denaro onestamente guadagnato: a conti fatti aveva tolti almeno tre secoli di purgatorio alle povere anime dei defunti. Per uno solo riteneva il suo lavoro inutile: i parenti avevano dato tre «Libere» per l'anima di Don Pasquale di Pietrantonio che, usuraio e ladro emerito, doveva essere diventato un tizzone nel piú profondo dell'inferno. – Bene non gliene ha fatto, ma male neanche, – commentava Don Matteo. “
Francesco Jovine, Signora Ava, Einaudi, 1958; pp. 68-69.
[1ª edizione originale: 1942]
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"Era il 21 Maggio del 1976. In seguito ad un incidente stradale la diagnosi riportava un semplice trauma al ginocchio destro, niente di grave in relazione alla portata dell'impatto avuto in quella sfortunata giornata autunnale. Tuttavia nei mesi seguenti il dolore aumentava e il fastidio divenne insopportabile. Sebbene i medici tendevano a sminuire arrivò, feroce e spietato, il risultato delle indagini diagnostiche: osteosarcoma (tumore maligno del tessuto osseo che colpisce in particolare le ossa lunghe quali femore, tibia e omero con la vigliacca predisposizione ad estendersi ai polmoni e al midollo osseo).
A poco meno di 20 anni dovette subire l'amputazione della gamba destra, sostituita da una protesi meccanica (non certo quelle dinamiche che fortunatamente si applicano oggigiorno).
Tutti a questo punto si sarebbero lasciati andare, ma non lui, non così.
A soli 3 anni dall'amputazione, il 12 Aprile del 1980, intraprese la più grande e memorabile impresa sportiva che l'umanità possa raccontare.
Partì dalla costa atlantica del Canada per raggiungere quella del pacifico. A piedi.
(non è un errore di battitura, avete letto bene.. a piedi, senza una gamba!).
L'idea era quella di raccogliere 1 dollaro per ogni cittadino canadese incontrato per strada con l'obiettivo di devolvere tutto il ricavato per la lotta contro il cancro.
Percorse ogni giorno 42 chilometri (e neanche questo è un errore) attraversando Terranova, la Nuova Scozia, l'Isola del Principe Edoardo, il Nuovo Brunswick, il Québec e l'Ontario.
Ogni giorno una maratona. Con una gamba sola!
La sua corsa infinita fu battezzata la "maratona della speranza" e purtroppo non riuscì mai a portarla a termine.
Dopo aver percorso 5373 km in 143 giorni dovette smettere di correre. Non aveva più fiato. E non perché non era più in grado di combattere, ma perché gli furono diagnosticate diverse metastasi polmonari che lo costrinsero ad arrendersi.
La sua corsa finì il 1 Settembre del 1980 nei pressi di Thunder Bay. Fino a quel momento riuscì a raccogliere 24 milioni di dollari!
L'anno successivo alla sua impresa entrò in coma e dopo qualche settimana, il 28 Giugno del 1981, morì.
Non aveva ancora compiuto 23 anni!
La sua corsa fu completata anni dopo da Steve Fonyo, sopravvissuto al cancro (che gli ha portato via la gamba sinistra) con mille difficoltà.
Così la "maratona della speranza" vide il traguardo.
Scriviamo questo post per devota ammirazione e per rabbia.
Oggi milioni di ragazzini (e non) si affannano a fare file per comprare magliette e gadget dei loro idoli (Messi, Cristiano Ronaldo, LeBron James e così via).
Nessuno ha mai indossato una t-shirt con l'immagine che proponiamo di seguito. Nessuno probabilmente conosce la storia di questo ragazzo canadese che ha cambiato per sempre la vita di milioni di persone in difficoltà.
Ci sono Eroi ed eroi. Miti e leggende. Storie e storie.
Poi c'è TERRY FOX !
Terrance Stanley Fox, detto Terry (Winnipeg, 28 Luglio 1958 - Port Coquitlam, 28 Giugno 1981)"
(Antonio Perspicace)
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Era il 12 Novembre 1976. In seguito ad un incidente stradale la diagnosi riportava un semplice trauma al ginocchio destro, niente di grave in relazione alla portata dell'impatto avuto in quella sfortunata giornata autunnale. Tuttavia nei mesi seguenti il dolore aumentava e il fastidio divenne insopportabile. Sebbene i medici tendevano a sminuire arrivò, feroce e spietato, il risultato delle indagini diagnostiche: osteosarcoma (tumore maligno del tessuto osseo che colpisce in particolare le ossa lunghe quali femore, tibia e omero con la vigliacca predisposizione ad estendersi ai polmoni e al midollo osseo). A poco meno di 20 anni dovette subire l'amputazione della gamba destra, sostituita da una protesi meccanica (non certo quelle dinamiche che fortunatamente si applicano oggigiorno). Tutti a questo punto si sarebbero lasciati andare, ma non lui, non così. A soli 3 anni dall'amputazione, il 12 Aprile del 1980, intraprese la più grande e memorabile impresa sportiva che l'umanità possa raccontare. Partì dalla costa atlantica del Canada per raggiungere quella del pacifico. A piedi. (non è un errore di battitura, avete letto bene.. a piedi, senza una gamba!). L'idea era quella di raccogliere 1 dollaro per ogni cittadino canadese incontrato per strada con l'obiettivo di devolvere tutto il ricavato per la lotta contro il cancro. Percorse ogni giorno 42 chilometri (e neanche questo è un errore) attraversando Terranova, la Nuova Scozia, l'Isola del Principe Edoardo, il Nuovo Brunswick, il Québec e l'Ontario. Ogni giorno una maratona. Con una gamba sola! La sua corsa infinita fu battezzata la "maratona della speranza" e purtroppo non riuscì mai a portarla a termine. Dopo aver percorso 5373 km in 143 giorni dovette smettere di correre. Non aveva più fiato. E non perché non era più in grado di combattere, ma perché gli furono diagnosticate diverse metastasi polmonari che lo costrinsero ad arrendersi. La sua corsa finì il 1 Settembre del 1980 nei pressi di Thunder Bay. Fino a quel momento riuscì a raccogliere 24 milioni di dollari! L'anno successivo alla sua impresa entrò in coma e dopo qualche settimana, il 28 Giugno del 1981, morì. Non aveva ancora compiuto 23 anni! La sua corsa fu completata anni dopo da Steve Fonyo, sopravvissuto al cancro (che gli ha portato via la gamba sinistra) con mille difficoltà. Così la "maratona della speranza" vide il traguardo.... Scrivo questo post per devota ammirazione e per rabbia. Oggi milioni di ragazzini (e non) si affannano a fare file per comprare magliette e inutili gadget dei loro idoli (Messi, Cristiano Ronaldo, LeBron James e così via). Nessuno ha mai indossato una t-shirt con l'immagine che propongo di seguito. Nessuno probabilmente conosce la storia di questo ragazzo canadese che ha cambiato per sempre la vita di milioni di persone in difficoltà. Ci sono Eroi ed eroi. Miti e leggende. Storie e storie. Poi c'è TERRY FOX ! Terrance Stanley Fox, detto Terry (Winnipeg, 28 Luglio 1958 - Port Coquitlam, 28 Giugno 1981) Dario Scotto di Perta
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Era il 21 Maggio del 1976. In seguito ad un incidente stradale la diagnosi riportava un semplice trauma al ginocchio destro, niente di grave in relazione alla portata dell'impatto avuto in quella sfortunata giornata autunnale. Tuttavia nei mesi seguenti il dolore aumentava e il fastidio divenne insopportabile. Sebbene i medici tendevano a sminuire arrivò, feroce e spietato, il risultato delle indagini diagnostiche: osteosarcoma (tumore maligno del tessuto osseo che colpisce in particolare le ossa lunghe quali femore, tibia e omero con la vigliacca predisposizione ad estendersi ai polmoni e al midollo osseo).
A poco meno di 20 anni dovette subire l'amputazione della gamba destra, sostituita da una protesi meccanica (non certo quelle dinamiche che fortunatamente si applicano oggigiorno).
Tutti a questo punto si sarebbero lasciati andare, ma non lui, non così.
A soli 3 anni dall'amputazione, il 12 Aprile del 1980, intraprese la più grande e memorabile impresa sportiva che l'umanità possa raccontare.
Partì dalla costa atlantica del Canada per raggiungere quella del pacifico. A piedi.
(non è un errore di battitura, avete letto bene.. a piedi, senza una gamba!).
L'idea era quella di raccogliere 1 dollaro per ogni cittadino canadese incontrato per strada con l'obiettivo di devolvere tutto il ricavato per la lotta contro il cancro.
Percorse ogni giorno 42 chilometri (e neanche questo è un errore) attraversando Terranova, la Nuova Scozia, l'Isola del Principe Edoardo, il Nuovo Brunswick, il Québec e l'Ontario.
Ogni giorno una maratona. Con una gamba sola!
La sua corsa infinita fu battezzata la "maratona della speranza" e purtroppo non riuscì mai a portarla a termine.
Dopo aver percorso 5373 km in 143 giorni dovette smettere di correre. Non aveva più fiato. E non perché non era più in grado di combattere, ma perché gli furono diagnosticate diverse metastasi polmonari che lo costrinsero ad arrendersi.
La sua corsa finì il 1 Settembre del 1980 nei pressi di Thunder Bay. Fino a quel momento riuscì a raccogliere 24 milioni di dollari!
L'anno successivo alla sua impresa entrò in coma e dopo qualche settimana, il 28 Giugno del 1981, morì.
Non aveva ancora compiuto 23 anni!
La sua corsa fu completata anni dopo da Steve Fonyo, sopravvissuto al cancro (che gli ha portato via la gamba sinistra) con mille difficoltà.
Così la "maratona della speranza" vide il traguardo.
Scriviamo questo post per devota ammirazione e per rabbia.
Oggi milioni di ragazzini (e non) si affannano a fare file per comprare magliette e gadget dei loro idoli (Messi, Cristiano Ronaldo, LeBron James e così via).
Nessuno ha mai indossato una t-shirt con l'immagine che proponiamo di seguito. Nessuno probabilmente conosce la storia di questo ragazzo canadese che ha cambiato per sempre la vita di milioni di persone in difficoltà.
Ci sono Eroi ed eroi. Miti e leggende. Storie e storie.
Poi c'è TERRY FOX !
Terrance Stanley Fox, detto Terry (Winnipeg, 28 Luglio 1958 - Port Coquitlam, 28 Giugno 1981)
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Te quitabas la faja de la cintura, te arrancabas las sandalias, tirabas a un rincón tu amplia falda, de algodón, me parece, y te soltabas el nudo que te retenìa el pelo en una cola.
Ti slacciavi la cinta dalla vita, scalciavi via i sandali, gettavi in un angolo la tua gonna larga, di cotone, mi sembra, e scioglievi il nodo che ti tratteneva i capelli in una coda.
Tenìas la piel erizada y te reìas. Estàbamos tan próximos que no podìamos vernos, ambos absortos en ese rito urgente, envueltos en el calor y el olor que hacìamos juntos. Me abrìas paso por tus caminos, mis manos en tu cintura encabritada y las tuyas impacientes.
Avevi la pelle d'oca e ridevi. Stavamo talmente vicini che non riuscivamo a vederci, tutti e due assorti in questo rito urgente, avvolti nel calore e nell'odore che facevamo insieme. Mi aprivi il cammino attraverso le tue strade, le mie mani sui tuoi fianchi inarcati e le tue impazienti.
Te deslizabas, me recorrìas, me trepabas, me envolvìas con tus piernas invencibles, me decìas mil veces ven con los labios sobre los mìos.
Mi scivolavi, mi rincorrevi, ti arrampicavi su di me, mi avvolgevi con le tue gambe invincibili, mi dicevi mille volte vieni con le labbra sulle mie.
En el instante final tenìamos un atisbo de completa soledad, cada uno perdido en su quemante abismo, pero pronto resucitàbamos desde el oltro lado del fuego para descubrirnos abrazados en el desorden de los almohadones, bajo el mosquitero blanco.
Nell'istante finale avevamo un barlume di completa solitudine, ognuno perso nel suo bruciante abisso, ma subito rinascevamo dall'altra parte della fiamma per scoprirci abbracciati nel disordine dei cuscini, sotto la zanzariera bianca.
Yo te apartaba el cabello para mirarte a los ojos. A veces te sentabas a mi lado, con las piernas recogidas y tu chal de seda sobre un ombro, en el silencio de la noche que apenas comenzaba. Asì te recuerdo, en calma.
Io ti scansavo i capelli per guardarti negli occhi. A volte ti sedevi accanto a me, con le gambe raccolte e il tuo scialle di seta su una spalla, nel silenzio della notte che appena iniziava. Così ti ricordo, calma.
Tù piensas en palabras, para ti el lenguaje es un hilo inagotable que tejes como si la vida se hiciera al contarla. Yo pienso en imàgenes congeladas en una fotografìa.
Tu pensi in parole, per te la lingua è un filo inestricabile che intrecci come se la vita si realizzasse al raccontarla. Io penso in immagini congelate in una fotografia.
Sin embargo, esta no està impresa en un placa, parece dibujada a plumilla, es un recuerdo minucioso y perfecto, de volùmenes suaves y colores càlidos, renacentista, como una intención captada sobre un papel granulado o una tela. Es un momento profético, es toda nuestra existencia, todo lo vivido y lo por vivir, todas las épocas simultàneas, sin principio ni fin.
Senza dubbio non è stampata su una lastra, sembra disegnata a china, è un ricordo minuzioso e perfetto, dai volumi morbidi e colori caldi, rinascimentale, come uno schizzo accennato su una carta ruvida o su una tela. È un momento profetico, è tutta la nostra esistenza, tutto quello che abbiamo vissuto e vivremo, tutte le ere in un momento, senza inizio né fine.
Desde certa distancia yo miro ese dibujo, donde también estoy yo. Soy espectador y protagonista. Estoy en la penombra, velado por la bruma de un cortinaje traslucido. Sé que soy yo, pero yo soy también este que observa desde afuera.
Da una certa distanza guardo questo disegno, dentro al quale ci sono anche io. Sono spettatore e protagonista. Sto in penombra, velato dalla nebbia di un drappeggio traslucido. So che sono io, però sono anche quello che osserva da fuori.
Conozco lo que siente el hombre pintado sobre esa cama revuelta, en una habitación de vigas oscuras y techos de catedral, donde la escena aparece como el fragmento de una ceremonia antigua.
So quello che prova quell'uomo dipinto su quel letto disfatto, in una camera dalle travi scure e soffitti da cattedrale, dove la scena appare come parte di una cerimonia antica.
Estoy allì contigo y también aquì, solo, en otro tiempo de la conciencia. En el cuadro la pareja descansa después de hacer el amor, la piel de ambos brilla hùmeda. El hombre tiene los ojos cerrados, una mano sobre su pecho y la otra sobre el muslo de ella, en ìntima complicidad.
Sono lì con te e sono anche qui, solo, in un altro tempo della coscienza. Nel quadro la coppia riposa dopo aver fatto l'amore, la pelle di entrambi brilla umida. L'uomo ha gli occhi chiusi, una mano sul proprio petto e l'altra sulla coscia di lei, in intima complicità.
Para mì esa visiòn es recurrente e inmutable, nada cambia, sempre es la misma sonrisa plàcida del hombre, la misma languidez de la mujer, los mismos pliegues de las sàbanas y rincones sombrìos del cuarto, siempre la luz de la làmpara roza los senos y los pòmulos de ella en el mismo àngulo y siempre el chal de seda y los cabellos oscuros caen con igual delicadeza.
Per me questa visione è ricorrente e immutabile, nulla cambia, è sempre lo stesso sorriso placido dell'uomo, lo stesso languore della donna, le stesse pieghe delle lenzuola e gli angoli ombrosi della stanza, la luce della lampada accarezza sempre i seni e gli zigomi di lei con lo stesso angolo e lo scialle di seta e i suoi capelli scuri scendono sempre con la stessa delicatezza.
Cada vez que pienso en ti, asì te veo, asì nos veo, detenidos para siempre en ese lienzo, invulnerables al deterioro de la mala memoria. Puedo recrearme largamente en esa escena, hasta sentir que entro en el espacio del cuadro y ya no soy el que observa, sino el hombre que yace junto a esa mujer. Entonces se rompe la simètrica quietud de la pintura y escucho nuestras voces muy cercanas.
-Cuéntame un cuento- te digo.
-¿Cómo lo quieres?
-Cuéntame un cuento que no le hayas contado a nadie.
Ogni volta che penso a te, ti vedo così, ci vedo così, catturati per sempre su quella tela, invulnerabili al degrado della cattiva memoria. Posso svagarmi a lungo in questa scena, fino a sentire che entro nello spazio del quadro e non sono più quello che osserva, ma l'uomo sdraiato accanto a quella donna. Allora si spezza la simmetrica immobilità della pittura e sento le nostre voci molto vicine.
"Raccontami una storia" ti dico.
"Che storia?"
"Una che non hai mai raccontato a nessuno."
Rolf Carlé
(Isabel Allende "Cuentos de Eva Luna" prefacción)
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