#impresa dei Mille
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gregor-samsung · 1 year ago
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“ Il tempo si manteneva bello; nei monti lontani il solicello dell'antivigilia di Natale scioglieva le liste di neve che rigavano le macchie scure di querce e di faggi. Nel piano la terra fumigava umida, sgombra fin dalle ultime tracce della recente, leggera nevicata. Lo spirito di Don Matteo era stato lieto tutta la mattina: aveva in tasca cinque ducati di messe che Monsignor Vescovo gli aveva dati insieme con la lettera quando era andato a congedarsi. Gli aveva detto molte buone parole Monsignor de Risio: gli aveva mostrato tanta benevolenza che Don Matteo fu lí lí per parlare male di tutti i preti di Guardialfiera. Ma era riuscito a scacciare il cattivo pensiero che per un attimo gli era passato nella mente, e aveva taciuto. Ora ripensava a quello che gli era capitato e tutto gli pareva giusto, armonioso, rispondente pienamente a quello che doveva accadere. – Bel sole, buona gente, – disse Don Matteo passando per il Tratturo, che in quel momento era attraversato da porcari che si dirigevano verso la Puglia. – Tieni, – disse a un porcarello, – e gli porse un pugno di castagne bollite che trasse dalla bisaccia. Il porcarello gli baciò la mano e chiamò con un fischio tre compagni che lo precedevano. Don Matteo diede a tutti un pugno di castagne e una pedata a un maiale che gli sporcava col grifo sudicio la sottana. Continuò allegro la marcia. Ad un tratto fu percosso da un pensiero: quarantacinque ducati e cinque fanno cinquanta ducati. Don Matteo non era mai stato tanto ricco: cinquanta ducati in una volta poteva averli solo per merito di Don Girolamo Fabiano curato-arciprete di Palata che per un anno intero l'aveva tenuto senza un tornese portandolo a spasso con promesse e rinvii. «Cinquanta ducati, – pensava Don Matteo, – sono una bella somma: con cinquanta ducati si comprano cinque maiali, oppure si fanno una sottana e una zimarra nuova e si comprano tre maiali solamente. Ma cosa me ne farei dei maiali? Meglio venti pecore, forse anche venticinque. Matteo può dare le venticinque pecore a mezzadria e avere tanto formaggio, latte, e agnelli a Pasqua». Tastò nella tasca interna del panciotto la preziosa lettera di Monsignor Vescovo. Lo faceva per la cinquantesima volta dal mattino e un sorriso furbesco gli disegnò profondamente le rughe agli angoli della bocca. “
Francesco Jovine, Signora Ava, Einaudi, 1958; pp. 130-131.
[1ª edizione originale: 1942]
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anchesetuttinoino · 20 days ago
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Un aneddoto su cosa voglia dire fare impresa in Italia.
Nel corso di questa settimana ai titolari di centinaia di migliaia di aziende è arrivata una PEC minatoria dall'Agenzia delle Entrate che segnala la rilevazione di un'anomalia con la dichiarazione dei redditi dello scorso anno. Perché parliamo di email minatoria? Molto semplice: perché a riceverla non sono state soltanto realtà rimaste indietro con il versamento di qualche imposta ma imprese di ogni genere, di qualsiasi dimensione e in qualsiasi condizione fiscale (persino alcune che nel 2023 non esistevano proprio). Insomma, questi messaggi intimidatori sono stati spediti letteralmente a pioggia, con il raffinato criterio del 'ndo cojo, cojo.
Questa cosa si chiama TERRORISMO FISCALE.
E ora qualcuno potrebbe chiedersi come mai sia stata fatta un'operazione di questa portata. Anche qui la risposta è molto semplice: l'obiettivo è spingere quanti più possibili ad aderire al Concordato Preventivo Biennale. Per chi non fosse pratico, il CPB dovrebbe essere una sorta di accordo fra contribuente e Agenzia delle Entrate nel quale, in teoria, l'Agenzia effettua una proposta di imposizione fiscale sulla base dei dati storici a disposizione e il contribuente può scegliere se aderire o meno. Questo in teoria, perché in pratica si tratta di un semplice ricatto: se l'impresa non accetta la stima proposta dall'Agenzia su quanto dovrà versare nel corso di un biennio (indipendentemente da quanto effettivamente fatturerà), finisce in un girone dantesco di accertamenti e controlli fiscali.
Purtroppo non stiamo parlando di una novità: già qualche mese fa, alla presentazione del CPB, gli scagnozzi ministeriali avevano fatto intendere che la mancata adesione avrebbe fatto scattare dei "controlli aggiuntivi e specifici" su base completamente arbitraria. Tradotto: cari imprenditori, da oggi vi riteniamo tutti evasori fino a prova contraria. E chi se ne frega se siamo in una crisi economica che ha messo in difficolta le nostre piccole e medie imprese: vi spremeremo comunque fino all'ultimo centesimo.
Capite cosa significa fare impresa in Italia? Non si tratta soltanto di avere a che fare con una burocrazia infernale, ma proprio di vivere con una costante spada di Damocle sopra la testa. O accetti di farti taglieggiare dallo Stato, impegnandoti a versare cifre che non sai neppure se riuscirai a incassare, o diventi un evasore fino a prova contraria. Tutto questo naturalmente vale per le PMI, perché se invece si parla dei colossi che possono permettersi uno squadrone di commercialisti l'Unione europea mette a disposizione mille espedienti per eludere il fisco a norma di legge.
Che al Governo ci sia il PD o che ci siano i "patrioti" che in campagna elettorale cianciano di flat tax, il paradigma a cui si rifà lo Stato italiano quando c'è da batter cassa è sempre lo stesso: forte con i deboli e debole con i forti. Così vanno le cose nello Stato-maestrina.
Ludovico Vicino
Pro Italia - Segreteria Nazionale
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libero-de-mente · 1 year ago
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- Papà io esco, sono arrivati i miei amici a prendermi.
- Va bene Daniele buon div... ma come diavolo sei vestito?
Davanti a me ho la copia bianca e "roscia" di Will Smith nel film Man In Black. Daniele indossa un completo nero con cravatta nera e camicia bianca. Capelli ingellati e pettinati all'indietro e per finire occhiali da sole.
- Andiamo al cinema padreH!
- Ma così vestito, con questo caldo, con l'afa, con... con... confesso che non capisco.
- Andiamo a vedere Barbie il film e abbiamo deciso di andarci vestiti così - mi spiega mentre sorride a sessantaquattro denti.
Vado alla finestra e guardo in strada, sono tre ad aspettarlo e tutti con completo nero e camicia bianca. Capelli impomatati stile anni cinquanta con sorrisi e sghignazzi a profusione.
Così mi ritrovo a guardare sconsolato mio figlio che in auto con i suoi amici parte per la goliardica impresa, guardandoli meglio anziché i Man In Black mi sembrano Le Iene di Quentin Tarantino.
Probabilmente da padre ho sottovalutato la voglia di ridere e scherzare di mio figlio, dei ragazzi d'oggi, dimenticando che anche io da giovane combinavo guai o facevo delle immani cazzate.
Come quella volta che a bordo della FIAT 500 di mia madre, mi riferisco a una FIAT 500 degli anni '60, feci salire sei miei amici. Ci incastrammo l'uno con l'altro utilizzando l'apertura della capote per far uscire qualche testa o gamba, eravamo in sette a bordo di un'auto che poteva ospitare al massimo due passeggeri comodi davanti e due semi comodi e semi sofferenti dietro.
Facemmo circa trecento metri, poi il fondo dell'auto cedette e mi ritrovai con il sedere sull'asfalto.
Mi ricordo ancora oggi il volto di mio padre che scuoteva la testa, tra l'incredulità e la rassegnazione che suo figlio fosse un perfetto idiota, mentre aiutava il carro attrezzi a recuperare l'auto.
Del resto che io avessi aspettative alte dal mio primogenito in fondo dovevo sospettarlo. Come quella volta che ancora neonato e in fase di lallazione, emise dei suoni tipo "Nghe oo bobo ebeo eijo", che io naturalmente interpretai il suo lalluziare come se avesse detto "acido desossiribonucleico". Dio un genio! Forse guardo troppo i programmi di Alberto Angela.
Devo essere più tollerante, comprendere che il diritto alla felicità dovrebbe esistere per tutti, così come il tempo delle sciocchezze.
Di diventare troppo serio in realtà, riflettendoci su ora, non glielo auguro proprio. Del resto io quando sono alla cassa di un fast food esigo il giocattolo in omaggio con il menù, non importa quanti anni ho o se lo voglio per i miei figli. Io lo voglio e basta!
In effetti un mondo di figli premio Nobel sarebbe un mondo triste, servono anche quelli che amano ridere, scherzare e rispettando il prossimo fare anche qualche scemenza. Quelli che si fermano a un chiosco in piena notte per farsi un panino, quelli che hanno il cuore a mille quando provano nuove emozioni, esperienze di vita. Quelli che con una risata ti riempono una casa di calore.
Del resto anche io da ragazzino ero intelligente ma non mi applicavo, magari un giorno comincerò ad applicarmi. Senza fretta, ho più tempo che vita.
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frualeirazzifrua-blog · 11 days ago
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Di sposarsi, Maria Gaetana non ne volle mai sapere.
Terza dei 21 figli di Pietro Agnesi, patrizio milanese arricchitosi con l’industria della seta, rimase presto orfana della mamma Anna Brivio, sfinita da otto gravidanze ravvicinate.
Pochi anni più tardi, a seguirla nella tomba fu la seconda moglie del padre, spirata dopo il secondo parto.
Soltanto la terza consorte riuscì a sopravvivere al marito, seppure sfiancata dalla titanica impresa di aver messo al mondo 11 pargoli in 12 anni di matrimonio.
Ovvio che lei, a prendere marito, non ci pensò nemmeno anche perché fin da bambina il più grande desiderio di Maria Gaetana fu di consacrarsi a Dio, diventando monaca.
Se non lo fece, fu soltanto per ubbidire al babbo che di lei proprio non voleva privarsi al costo di concederle, una volta diventata ragazza, di poter “vestire semplice e decoroso, recarsi ad ogni suo arbitrio in Chiesa e totalmente lasciare i balli, i teatri e i profani divertimenti”.
Dopo tutto, ciò che maggiormente premeva a Maria Gaetana, nata a Milano il 16 maggio del 1718, oltre alla preghiera, erano gli studi, in particolare di matematica e fisica.
Intelligentissima, già a 9 anni traduceva il latino a vista e a 12, di fronte all’uditorio composto dai numerosi invitati alle “dotte adunanze” organizzate dal padre nel salotto di casa, recitava versi e orazioni in greco, francese, spagnolo, tedesco e persino ebraico.
Ventenne, sostenne davanti a un nutrito numero di professori le 191 tesi pubblicate nelle sue “Propositiones Philosophicae”, raccogliendo plauso unanime tanto che la sua fama ben presto valicò le Alpi giungendo sia nella Francia dei “Lumi”, che nell’Austria dell’Imperatrice Maria Teresa d’Asburgo cui Maria Gaetana nel 1748 dedicò le sue “Instituzioni Analitiche ad Uso della Gioventù Italiana”, ricevendone in cambio un anello di diamanti.
Si trattava del primo vero e proprio manuale di algebra, geometria e calcoli differenziali mai scritto in Europa “ad usum studentium”, un’opera colossale in due volumi per un totale di oltre mille pagine subito tradotta in francese e inglese, nota anche perché per la prima volta vi si descriveva una curva particolare, poi denominata “la versiera di Agnesi”.
Il successo fu immediato e clamoroso, tanto che l’eco di Maria Gaetana giunse anche a Roma, dove Papa Benedetto XIV da buon bolognese aveva già preso sotto la sua ala protettrice la concittadina Laura Bassi, prima docente donna dell’Università di Bologna.
Papa Lambertini nel 1750 avrebbe voluto insignirla della seconda cattedra “al femminile” dell’Ateneo bolognese, quella di matematica, ma si sentì opporre un garbato rifiuto dall’interessata che, dopo la morte del padre, decise di vendere tutti i suoi averi e farsi povera fra i poveri per soccorrere indigenti e bisognosi sull’esempio della sorella Paola, fondatrice del milanese “Ospedale Fatebenesorelle”.
Diventata suora laica, pur continuando a dispensare pareri ai matematici e fisici che la consultavano da tutta Europa, nel 1771 Maria Gaetana fu nominata dal Cardinale Pozzobonelli, Arcivescovo di Milano, “visitatrice” delle ospiti donne del neo istituito “Pio Albergo Trivulzio”, di cui nel 1783 avrebbe assunto la direzione per mantenerla sino alla morte.
Quando spirò il 9 gennaio del 1799, lo storico monzese Antonio Francesco Frisi le dedicò un “Elogio” sul cui frontespizio campeggiava la seguente frase latina, tratta dal “De Agricola” di Tacito: “Dissimulatione famae famam auxit”, che significa “Dissimulando la sua fama, l’accrebbe”.
Senza dubbio il miglior epitaffio per una Donna meritevole di ben altri riconoscimenti, che l’intitolazione di qualche strada di periferia.
Accompagna questo scritto un’effigie postuma di Maria Gaetana Agnesi.
(Testo di Anselmo Pagani. Riproduzione consentita se indicante il nome dell’autore).
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vorticimagazine · 12 days ago
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Liquirizia Amarelli: il museo d'impresa...
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Questa volta, Vortici.it, vuole prendervi un pò per la gola: vi parliamo infatti del museo della Liquirizia Amarelli, un museo d’impresa italiano situato a Rossano, frazione del comune di Corigliano - Rossano, in provincia di Cosenza (Calabria) Inaugurato nel 2001, il museo espone al suo interno gli attrezzi utilizzati nella lavorazione, nella commercializzazione e nell'estrazione della radice di Glycyrrhiza Glabra, cioè radice dolce, da cui si ricava la liquirizia, oltre ad abiti, oggetti, manoscritti legati alla famiglia Amarelli, impegnata da circa tre secoli nella produzione della celebre liquirizia omonima. Si tratta dell’unico museo italiano dedicato a questo tema.
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Sempre nello stesso anno il museo della Liquirizia Amarelli ha vinto il premio Guggenheim Impresa & Cultura 2001.
Secondo una ricerca del Touring Club Italiano, è stato classificato come il secondo museo d’impresa più visitato in Italia (55.000 visitatori nel 2016), alle spalle della Galleria Ferrari di Maranello. Nel 2004 gli è stato dedicato un francobollo, nella serie filatelica italiana “Il patrimonio artistico e culturale italiano” emesso da Poste Italiane in 3.500.000 esemplari.Dunque è una storia nella storia, una saga, quella degli Amarelli, iniziata intorno all’anno Mille e proseguita nei secoli fra Crociate, impegno intellettuale e agricoltura. Una storia da toccare con mano, da leggere, da ascoltare, da vivere nel Museo della Liquirizia “Giorgio Amarelli”. Incisioni, documenti, libri, foto d’epoca ma anche attrezzi agricoli, oggetti quotidiani e splendidi abiti antichi a testimoniare la vita di una famiglia, che valorizza i rami sotterranei delle piante di liquirizia che crescono spontanee sulla costa ionica, e che diventano il palcoscenico di un museo unico al mondo. Il grande spazio del “Concio”, risalente al 1731, rende perfettamente l’idea dello scorrere del tempo tra passato e presente.Accompagnati dalle attente assistenti museali scoprirete i segreti della lavorazione della liquirizia, i covoni di radice pronta per essere lavorata, gli impianti moderni per l'estrazione, gli antichi cuocitori dove si addensa la pasta nera di liquirizia e le trafile in bronzo che le conferiscono forma e spessore, in una visita al processo produttivo perennemente immersa nel dolce profumo di liquirizia e che, come il museo, appassiona tutti, adulti e bambini.
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Il fumaiolo, con le iniziali del Barone Nicola Amarelli, svetta imponente dal tetto del concio alla cui base si trova il “Museo Open Air” con un’esposizione davvero unica di pezzi industriali d’epoca. Un’avventura inedita che trasporta nella realtà di un passato fiorente e racconta il presente di un prodotto eccellente da gustare.A fine  percorso, nel Liquorice Shop e nel Museum Cafè, troviamo dal bastoncino di legno grezzo, alle liquirizie pure o con menta e anice, dalle gommose all’arancia, al limone, alla violetta, fino ai confetti delicatamente colorati, la nostra liquirizia assume forme e gusti diversi. Senza dimenticare l’Auditorium “Alessandro Amarelli”, un grande spazio con oltre cento posti da sempre parte integrante del complesso di fine Settecento, è oggi un ambiente accogliente, ed è il cuore pulsante della vita culturale e degli eventi del Museo della Liquirizia.Le visite sono sempre guidate, e oltre che in italiano, sono disponibili nelle lingue più diffuse: francese, inglese e tedesco e su richiesta anche in russo, spagnolo e portoghese. Un’esperienza indimenticabile dunque vi aspetta al Museo della liquirizia Giorgio Amarelli.Per finire, un’ultima curiosità: la documentazione prodotta dalla famiglia Amarelli nel corso della propria attività industriale che cronologicamente va dal 1445 al 1986 è conservata presso la sede del museo. L’archivio Amarelli è stato dichiarato di alto interesse storico dal Ministero dei Beni Culturali nel 2012. Immagine di copertina e altre immagini: Pixabay Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 10 months ago
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Beatles: un arrivo un nuovo film... anzi quattro
In arrivo un nuovo film sui Beatles... anzi quattro. Il produttore, regista premio Oscar, infatti, racconterà le storie originali di tutti i Fab Four, Paul McCartney, John Lennon, George Harrison e Ringo Star con le musiche originali. Chi sarà l'autore di questa impresa epocale? Sam Mendes: il regista di "American beauty", "Skyfall", "1917" (per citarne solo alcuni). I film sui Beatles: il progetto Non sappiamo ancora quando la quadrilogia sui Beatles uscirà; sappiamo però che i preparativi procedono speditamente tanto che si starebbero cercando già gli sceneggiatori. Sappiamo, inoltre, che il progetto è arrivato sulla scrivania della Sony lo scorso Natale. Sembra che l'entusiasmo di Sam Mendes abbia letteralmente conquistato il Ceo di Sony Picture Entertainment Tom Rothman e la presidente Elizabeth Gabler. Fiduciosi nel progetto hanno fatto alla Apple Corps Ltd. un'offerta davvero interessante. Non è tutto: Mendes è riuscito a ottenere per la prima volta nella storia non solo i diritti musicali ma anche i pieni diritti sulla storia da portare sul grande schermo. E' evidente che il progetto sia piaciuto non solo a Paul McCartney e Ringo Star, i due componenti del gruppo ancora vivi, ma anche gli eredi di John Lennon (il figlio Sean) e George Harrison (la figlia Olivia). Mendes avrà dunque pieni poteri sulle storie: da quanto sappiamo saranno quattro film sui rispettivi componenti della band di Liverpool raccontate in una sorta di connessione tra loro. I Beatles sul grande... Il primo film sui Beatles risale al 1968: "Yellow Submarine". Un cartoon onirico in stile pop art ispirato al celebre brano della band ripropone la storia dei malefici Biechi Blu. Creature ostili alla bellezza, ai fiori e alla musica, sono pronti ad attaccare il paese felice di Pepelandia. Sarà la musica dei Beatles, giunti a bordo di un sottomarino giallo, a ristabilire l'ordine e la pace. Nel 1978 uscì il film d'esordio di Robert Zemeckis, "1964: allarme a New York arrivano i Beatles!". Una pellicola che non ebbe grande successo di botteghino e raccontava, con ironia, non tanto la storia dei Fab Four quanto la cosiddetta beatlemania attraverso la storia di quattro amici del New Jersey che decidono di andare a vedere i Beatles in concerto dal vivo a New York. Ci riusciranno dopo mille avventure. I Beatles sono stati, infatti, un fenomeno sociale oltre che musicale e il film rappresenta una foto della generazione dell'epoca. L'anno seguente esce "La nascita dei Beatles", il primo vero biopic sulla band condotto in modo tradizionale. Il regista, Richard Maquand, racconta gli esordi dei Fab Four e, uscito dopo un decennio senza la musica dei quattro di Liverpool, appare un po' come un desiderio nostalgico di tornare a vederli suonare insieme. I quattro di Liverpool non apprezzarono il prodotto. Uno dei pregi del film, però, è l'aver ricordato la figura di Stuart Sutcliffe, che fu bassista del gruppo dal 1960 al 1961, morì a 21 anni per emorragia cerebrale e che un po' tutti abbiamo dimenticato. Stuart Sutcliffe è il perno intorno al quale ruota anche il film "Backseat - tutti hanno bisogno di amore" uscito nel 1994. La pellicola racconta, per lo più, la relazione di Stuart con Astrid Kirchherr. La fotografa tedesca ritrasse i Beatles in foto in bianco e nero durante i loro concerti in Germania diventate storiche. Sembra che la Kirchlherr sia stata anche l'ideatrice dell'iconico taglio di capelli della band anche se lei stessa rifiuta tale attribuzione. ... e piccolo schermo Il documentario più riuscito sui Beatles è senza dubbio "The Beatles: Eight Days a Week" diretto da Ron Howard. Raccontando la band di Liverpool dal 1962 al 1966 attraverso i loro tour mondiali, Howard ha raccontato il cambiamento prodotto nella società dell'epoca dai quattro. Il regista raccoglie il racconto degli stessi protagonisti fatto di ansie, gioie, gloria e dolore. Raccoglie, poi, la testimonianza di personaggi noti tra i quali Whoopi Goldberg, Sigourney Weaver, Eddie Izzard ed Elvis Costello che quella beatlemania l'hanno vissuta sulla loro pelle. Un'autentica girandola di emozioni che ha anche altri pregi, come quello dell'utilizzo delle tecnologie digitali grazie alle quali filmati dell'epoca sono stati inseriti con una qualità video impeccabile mentre le foto anch'esse dell'epoca prendono letteralmente vita. Pur dopo tanti anni dalla fine della loro carriera musicale, i Beatles sono immortali. L'ultima operazione discografica che ha reso possibile la pubblicazione di un brano inedito di John Lennon grazie all'utilizzo dell'intelligenza artificiale ne è un segno. Sam Mendes è anch'egli una garanzia e siamo sicuri che all'uscita delle pellicole avremo nuove fortissime emozioni. In copertina foto di Christiane Wilden da Pixabay Read the full article
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blogexperiences · 11 months ago
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Brescia, Museo di Santa Giulia: LA SPEDIZIONE DEI MILLE. Memoria e racconto nel reportage pittorico di Giuseppe Nodari
Avea sempre la matita in mano a schizzare dal vero bivacchi, fatti d’arme e figure caratteristiche, delle quali s’ornò poi la casa dove morì medico.Giuseppe Cesare Abba, scrittore e garibaldino BRESCIA | MUSEO DI SANTA GIULIA DAL 27 GENNAIO AL 7 APRILE 2024 LA SPEDIZIONE DEI MILLEMemoria e racconto nel reportage pittorico di Giuseppe Nodari L’emozionante impresa della Spedizione dei Mille è…
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siciliatv · 11 months ago
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Favara, ecco come sarà la nuova scuola Mendola a Favara: Un Luogo di Comunità e Apprendimento Innovativo
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Ecco come sarà la nuova scuola "Mendola". Quelli che vedete sono i rendering del progetto redatto da AM3 Architetti Associati, ABgroup, Cartia e Chifari Ingegneri e dall'architetto Giulia Pentella e che ha vinto il bando pubblicato dal Ministero dell'Istruzione che ha consentito al Comune di Favara di ottenere il finanziamento da oltre 8 milioni di euro che servirà alla demolizione e ricostruzione della scuola di via dei Mille. La consegna dei lavori è stata fatta venerdì 26 gennaio 2024. La nuova struttura sarà affidata alla città entro marzo 2026. Leggi:  Al via ai lavori di recupero della scuola “Mendola – Vaccaro”, i locali andranno alla Brancati. Oggi la posa della prima pietra La struttura, hanno specificato ai microfoni di SiciliaTv, il sindaco di Favara Antonio Palumbo e il suo vice, nonché assessore alla Pubblica Istruzione, Antonio Liotta, sarà affidata all'Istituto Comprensivo "Vitaliano Brancati", unica Istituzione Scolastica ad avere ancora locali in affitto. Il progetto per la scuola mira a farla diventare non solo un luogo per imparare, ma anche un centro per la comunità. L'idea è di creare uno spazio che favorisca il confronto, l'integrazione e che offra opportunità formative, didattiche e ludiche. Il progetto prevede ampi spazi per la comunità, consentendo la partecipazione di tutti. Saranno presenti sezioni per l'infanzia, la primaria e la secondaria di primo grado, con aule, laboratori e aree verdi. Il tutto è stato pensato seguendo le linee guida ufficiali e considerando il numero di studenti. L'edificio si integrerà armoniosamente nel contesto urbano, sfruttando la pendenza del terreno. L'ingresso principale sarà dalla via Enrico Ferri. Ci sarà un ampio scalone che funge anche da auditorium. Le aree esterne sono organizzate per garantire autonomia ai diversi cicli scolastici, con parcheggi e terrazze che diventano luoghi di aggregazione extra-scolastica. Il giardino è stato concepito come un luogo di osservazione della natura, con orti didattici e spazi verdi. Il progetto segue le linee guida Futura, rendendo la scuola un punto di riferimento riconoscibile per la comunità. Gli spazi interni sono pensati per essere fruibili anche al di fuori dell'orario scolastico, promuovendo la condivisione e l'inclusione. Il progetto, sviluppato con principi di Universal Design, mira a garantire l'accessibilità e l'inclusione per tutti, promuovendo pari opportunità per gli studenti e il personale scolastico. Ma ecco chi ci lavorerà: le imprese, gli studi professionali e i professionisti impegnati. Di seguito pure le somme economiche interessate. PROGETTAZIONE PROGETTISTA GENERALE E ARCHITETTONICO: AM3 ARCHITETTI ASSOCIATI PROGETTISTA STRUTTURE: ABGROUP INGEGNERIA PROGETTISTA IMPIANTI E ANTINCENDIO: CARTIA E CHIFARI INGEGNERI GEOLOGIA: GRAZIANO E MASI ASSOCIATI RESPONSABILE CAM E DNSH: ARCH. GIULIA PENTELLA CONSULENTE PER LA DIDATTICA: DOTT.SSA MICHELINA MAZZOLA DIREZIONE DEI LAVORI DIRETTORE DEI LAVORI: ARCH. ALBERTO CUSUMANO (AM3 ARCHITETTI ASSOCIATI) C.S.E.: ARCH. ALBERTO CUSUMANO (AM3 ARCHITETTI ASSOCIATI) DIRETTORE OPERATIVO DELLE STRUTTURE: ING. CRISTIANO BILELLO (ABGROUP INGEGNERIA) DIRETTORE OPERATIVO DEGLI IMPIANTI: ING. GIUSEPPE CHIFARI (CARTIA & CHIFARI INGEGNERI) DIRETTORE OPERATIVO ASPETTI GEOLOGICI: GEOL. GIANVITO GRAZIANO (GRAZIANO E MASI ASSOCIATI) DIRETTORI OPERATIVI DELLE PARTI ARCHITETTONICHE: ARCH.TTI MARCO ALESI, CRISTINA CALì, ALBERTO CUFFARO RESPONSABILE UNICO DEL PROCEDIMENTO: ARCH. PIETRO CALÌ IMPRESA COSTRUTTRICE CONSORZIO: CIRO MENOTTI S.C.P.A IMPRESA ESECUTRICE: MACOS Società cooperativa DIRETTORE DI CANTIERE / RSPP: GEOM. DIEGO EMANUELE CORBO CAPOCANTIERE: SIG. DOMENICO VECCHIO INIZIO DEI LAVORI: 26.01.2024 FINE DEI LAVORI: 03.2026 IMPORTO DEI LAVORI A BASE DI GARA: 8.606.002,16 € IMPORTO DEI LAVORI APPALTATI: 6.658.477,88 € IMPORTO ONERI DELLA SICUREZZA: 141.081,59 € IMPORTO COMPLESSIVO: 6.799.559,47 € Read the full article
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giancarlonicoli · 1 year ago
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11 dic 2023 09:12
"ROMA È UN COSTO DA TENERE A BILANCIO COME L’AFFITTO, LE UTENZE E IL PERSONALE" - ALESSANDRO PIPERO, TITOLARE DELL'OMONIMO RISTORANTE STELLATO, RACCONTA LO STATO DI DEGRADO IN CUI SI TROVA LA CAPITALE: "QUALCUNO ARRIVA QUI, SI SIEDE A UN TAVOLO CHE GUARDA UNA CHIESA DEL XVI SECOLO E MAGARI SPENDE 500 EURO PER GUARDARE LA SPORCIZIA DI ROMA!" -  "CHI VA A MILANO CERCA SERVIZI ALTI E UN ALTO LIVELLO ANCHE RISTORATIVO. SONO UN QUARTO DI NOI, EPPURE HANNO IN FORZA QUASI I NOSTRI STESSI TAXI" - "QUI IN ITALIA SI TENDE POCO A FARE SQUADRA. DOVREMMO…" -
Estratto dell'articolo di Andrea Febo per www.gamberorosso.it
Roma è ferma su sé stessa ormai da diversi anni. Una prassi amara che vale un po' per tutti gli ambiti, ristorazione inclusa. Decine di artigiani del cibo che per decenni hanno provato a darle lustro, anche a livello internazionale, oggi combattono più che in passato per darle lustro tra strade dissestate, quartieri invasi da spazzatura, taxi introvabili e trasporti fatiscenti. Disservizi che incidono anche sulla platea di turisti e "buone forchette" che girano la città a caccia di un buon ristorante.
Dopo le parole dello chef del Pagliaccio, Anthony Genovese, e della chef di Glass Hostaria, Cristina Bowerman, arrivano quelle del maître Alessandro Pipero, che guida da anni il suo ristorante omonimo (stella Michelin e Due forchette del Gambero Rosso). Siamo in Corso Vittorio Emanuele II al civico 250, proprio di fronte la chiesa di Santa Maria in Vallicella che separa il Chiostro del Bramante dal Tevere. […]«Ecco, io apro le tende su Roma a un tavolo che guarda una chiesa del XVI secolo, poi qualcuno arriva qui, si siede e magari spende 500 euro per guardare la sporcizia di Roma! Di cosa dobbiamo parlare?».
Parleremo anche di questo, certo. Nel frattempo, ha qualcosa da dichiarare?
[…] questa è Roma, una città che amo senza soluzioni. In anni di lavoro ho imparato che questa città è un costo variabile molto significativo da inserire in un business plan imprenditoriale. Se vuoi aprire un’attività a Roma, Roma è un costo da tenere a bilancio come l’affitto, le utenze e il personale.
Molti suoi colleghi, infatti, sostengono che per fare impresa è meglio andare a Milano.
Milano è un foglio Excel, Roma è un file Word. Lì fanno i conti, qui facciamo parole. Da sempre Roma è più bella, ma Milano è meglio e se qui le persone vengono a vedere i musei e a mangiare la pizza con la mortadella, al nord si fanno affari. Lì c’è business e chi va a Milano cerca servizi alti e un alto livello anche ristorativo. Sono un quarto di noi, come estensione e come popolazione, hanno molte meno presenze di noi come turismo eppure, hanno in forza quasi i nostri stessi Taxi sulle strade. Come ce lo spieghiamo?
Il caso dei Taxi a Roma è una spina nel fianco.
Ma secondo voi, se un cliente del Bulgari viene a Roma e spende mille euro per dormire, 250 euro per ordinare due panini in camera a pranzo poi esce e aspetta quasi un’ora un taxi chiamato dall’albergo per venire a cena qui, dove spende ancora, per poi aspettare un’altra mezzora il secondo taxi e andare via esausto. Ora, secondo chi ha competenze per risolvere questa storia, stiamo parlando di una cosa normale? Questo è successo davvero eh, non l’ho inventato. Ovvio che sono una spina nel fianco, soprattutto per chi come noi lavora per offrire a questa tipologia di clientela quello di cui hanno bisogno per vivere una Roma all’altezza dei costi e delle aspettative. Il lusso esiste, che ci piaccia o no e ha bisogno di servizi.
[…]
Roma sembra il contenitore di problemi irrisolvibili, dentro cui anche i ristoratori hanno le mani legate.
Sarebbe bello fare una rivoluzione, ma non ho soluzioni. […] Io sono uno che non si arrende, come i colleghi che mi hanno preceduto nelle interviste, ma il nostro mestiere è difficile e siamo in una capitale che come dicevo prima non è Berlino, non è Londra e neanche Milano, ma è un altro lavoro da sommare a quello che già facciamo.
Genovese e Bowerman, insieme ad altri chef, hanno presentato un progetto al sindaco Roberto Gualtieri per realizzare un grande evento in città. Può essere un punto di partenza per far riscattare la ristorazione in città?
Assolutamente sì. Bowerman è una guerriera e abbiamo provato molte volte a cercare di fare qualcosa per questa città in termini di eventi, ma niente. C’è anche da dire che qui in Italia in genere si tende poco a fare squadra, c’è poca unione vera e perseveranza nelle cose. Dovremmo insistere nel darci un valore. Un grande evento, che magari abbia visibilità internazionale, porterebbe a Roma una luce diversa ed è gente come Genovese che può farlo. Lui e Bowerman sono conosciuti e rispettati nel mondo, metterebbero la loro fama a disposizione di tutta la città.
[…]
Un'ultima domanda. La ristorazione a Roma può fare qualcosa per fermare il declino in corso?
Esserci. Io quest’intervista potevo non farla e invece la faccio, magari proprio perché faccio parte del sistema che dicevo prima. Posso incazzarmi, posso ridere, posso fare il democratico, io alla fine tutto questo preferisco viverlo. Nella vita due cose sono sicure, una di queste è il cuscino. Quell’attimo la sera, quando sei a letto, appena prima che chiudi gli occhi e qualsiasi cosa tu sia stato il giorno ti restituisce la realtà. Ti spogli e sei tu. Ecco io alla fine quasi ogni sera mi auguro di essere sereno. Se Anthony e io chiudiamo i nostri ristoranti qui e apriamo a Milano, secondo voi funzioniamo? Secondo me il triplo. Però stiamo qui e vale la pena viverla.
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intimecollezioni · 1 year ago
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"Perché è più che un numerista il fra cappellano era uno smorfiatore di sogni, dai sogni che gli raccontavano trasceglieva gli elementi che potevano assumere una certa coerenza di racconto, e le immagini che nel racconto prendevano risalto egli traduceva in numeri: e non era impresa facile ridurre a numeri i sogni della gente; sogni che non finivano mai, come le storie dei reali di francia; che si scomponevano in un caos di immagini, che si sperperano in mille rivoli oscuri. "
Leonardo Sciascia, Il Consiglio d'Egitto, 1963.
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tempi-dispari · 1 year ago
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Enemynside, oltre il thrash, una spazio infinito
Riuscire con un disco a travalicare i confini di un genere creando un proprio stile, è una bella impresa. Tentativo perfettamente riuscito agli Enemynside ed il loro Chaos Machine. Chiariamoci subito, non stiamo parlando di novellini. Parliamo di una band più che navigata, che in una carriera quasi trentennale si strada ne ha percorsa. E si sente. Si nota dallo stile personale pur se riconducibile al genere heavy/thrash. Tuttavia, come spesso accade, le definizioni sono sempre troppo riduttive.
Definire il combo solo speed o thrash o hardcore non lo descrive al meglio. Gli Enemynside sono un po’ di tutto questo unito ad altre mille influenze. Per cercare di spiegare. Prendete il meglio che dagli anni d’oro ad oggi i su citati generi musicali hanno prodotto, uniteli e otterrete gli Enemynside. Come se i Metallica avessero scritto un disco a quattro mani con Anthrax, Slayer, Suicidal Tendencies, Nevermore, Hatebreed e chi più ne ha più ne metta.
Questo la dice tutte sulle capacità tecniche dei nostri. Tuttavia più che su questa ultime, l’attenzione va puntata sulla capacità di scrittura del gruppo. Davvero impressionante. Almeno su quest’ultima fatica sulla lunga distanza. Velocità, riff granitici, groove, melodia sono equilibrati al grammo. Nulla è fuori posto. Le composizioni su susseguono come i capitoli di un libro. Ogni pagina aggiunge dettagli in più al quadro generale compiendo il crescendo che poi esploderà nel finale.
Come in un libro giallo, non mancano colpi di scena e cambi improvvisi di scenario. Per i nostri è lo stesso. L’architettura generale è ben stabile, ma al uo interno si muovono diversi elementi. La band mette subito le cose in chiaro con Faceless. Un pugno in piena faccia. Decisa, monolitica, senza via di scampo. Allo stesso tempo carica di tensione e di melodia. Ottima la produzione che è riuscita a mantenere praticamente inalterata la furia degli strumenti e l’impatto complessivo.
Ecco, questo è un altro aspetto da non sottovalutare. La scelta dei suoni risulta particolarmente vincente. Non tanto per l’impasto sonoro, quanto per il fatto che live non sono difficili da ricreare. Il che garantisce un wall of sound decisamente devastante. Ottimo il lavoro di tutti gli strumentisti. Pulito, senza esagerazioni ma tecnico al punto giusto. Notevole il dialogo tra le due chitarre. Per tutta la durata del cd si inseguono, si scambiano riff e fraseggi, si sostituiscono negli a solo.
Molto interessante e ben centrato anche l’utilizzo dei cori. Questi mantengono una matrice prevalentemente hardcore. Cori pieni, da stadio, quasi oi. Si ascolti Black Mud per averne un chiaro esempio. Lodevole il lavoro della batteria. Questa offre una performance degna nota. Passa da semplici accompagnamenti lineari, a controtempi e accelerazioni improvvise. È soprattutto l’utilizzo della parte più percussiva a saltare all’orecchio, oltre all’incredibile lavoro con il doppio pedale.
Ed ecco un nuovo aspetto da menzionare. Avendo così tante influenze, l’accoppiata cassa/sezione ritmica, che non è solo masso, ma anche le due chitarre, non è né scontata, né ripetitiva. Da potentissimi muri sonori all’unisono si passa a moenti in cui ogni strumento segue una propria linea. Il che crea un onda d’urto incredibile oltre ad un intreccio che si decifra solo all’ennesimo ascolto.
Suffered defeat è il brano da prendere ad esempio. Perfetto nel suo incedere mai troppo veloce, ma implacabile. Un mare di lava che tutto sommerge senza lasciare via di fuga. Altra freccia andata a segno è la scelta del mid tempo. Il disco non ha brani a rotta di collo. Sono tutti cadenzati e, per questo, pesantissimi. Come sempre, il mid tempo consente, oltre ad una maggiore chiarezza in fase esecutiva, anche la possibilità di poter inserire elementi tecnici molto diversi tra loro.
In ultimo , ma non certo per importanza, la voce. Anche questa esce dal cliche con una timbrica piena, non scream né growl. Piuttosto strappata, più hadcore ma senza raggiungerne gli estremi. Scelta perfetta sia per il genere proposto, sia perché aiuta a donare personalità alla proposta musicale.
Concludendo. Cosa si può dire del lavoro degli Enemynside se non che è un grandissimo disco. Non adatto a tutte le orecchie, questa va evidenziato. Se non si è abituati a determinati suoni può risultare ostico. Neppure adatto ai nostalgici. Se pensate di trovare al suo interno formulette scontate, suoni vintage che richiamano alla memoria l’adolescenza con cartucciera, capelli lunghi e jeans stracciati, rimarrete delusi. Pur nella sua riconoscibilità stilistica questo è un disco contemporaneo. Un disco sicuramente da ascoltare.
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gregor-samsung · 1 year ago
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“ Per il due di novembre Don Matteo aveva avuto una giornata di gran lavoro; aveva detto sulle pietre tombali della chiesa una sessantina di «Libere» a un carlino l'una. Aveva messi insieme sei ducati: aveva incominciato prima dell'alba e alle nove di sera ancora cantava. Fino alle cinque gli altri otto preti gli avevano tenuto testa ma poi si erano dovuti arrendere all'eccezionale potenza dei polmoni di Don Matteo. Mentre cantava Don Matteo osservava i segni della loro stanchezza; sentiva le voci ormai diventate un roco bisbiglio: via via che uscivano dalla lizza li guardava con ipocrita compassione, poi riprendeva il suo canto con intonazione trionfale. In quanto al grano dell'elemosina i preti avevano, al solito, fatte le parti a modo loro: questo per l'arcidiacono, questo per i canonici, questo per il segretario del capitolo, questo per l'economo. A Don Matteo erano toccati dieci rotoli di fave, e venti moccoli: i piú piccoli e i piú sottili naturalmente. Ma i sei duca li aveva; quelli non glieli toglieva nessuno, sangue di Giuda. Denaro onestamente guadagnato: a conti fatti aveva tolti almeno tre secoli di purgatorio alle povere anime dei defunti. Per uno solo riteneva il suo lavoro inutile: i parenti avevano dato tre «Libere» per l'anima di Don Pasquale di Pietrantonio che, usuraio e ladro emerito, doveva essere diventato un tizzone nel piú profondo dell'inferno. – Bene non gliene ha fatto, ma male neanche, – commentava Don Matteo. “
Francesco Jovine, Signora Ava, Einaudi, 1958; pp. 68-69.
[1ª edizione originale: 1942]
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lamilanomagazine · 2 years ago
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70° anniversario della costituzione dell'Unione Stampa Periodica Italiana
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70° anniversario della costituzione dell'Unione Stampa Periodica Italiana "Il 70° anniversario della costituzione dell'Unione Stampa Periodica Italiana rappresenta un traguardo importante per una associazione alla quale aderiscono oltre mille testate edite da medie e piccole imprese e da enti e realtà no-profit, espressione di una dimensione che vede nei media locali e specializzati una risorsa vitale e un presidio irrinunciabile del sistema dell'informazione". Lo afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio al Segretario Generale USPI, Francesco Saverio Vetere. "Il pluralismo che alimenta la vita democratica e le libertà degli italiani, garantito dalla Carta Costituzionale - sostiene - è arricchito dalla presenza di un numero significativo di voci indipendenti che offrono ai cittadini la possibilità di soddisfare il diritto fondamentale di essere informati. Ed è certamente compito della Repubblica sostenere le iniziative editoriali che si caratterizzano in questo senso, a partire dalla garanzia di parità delle condizioni di impresa e accesso al mercato". "Ai giornalisti- aggiunge il Capo dello Stato-, testimoni e certificatori della corrispondenza tra i fatti e la loro rappresentazione, agli editori e ai soggetti chiamati a dare il massimo impegno nel dispiegamento dei principi sanciti nel nostro Patto fondativo, viene affidata una grande responsabilità, tanto più in una stagione di rilevanti trasformazioni che mutano radicalmente il panorama delle fonti e pongono in discussione la loro affidabilità, questione opportunamente affrontata anche in sede di Unione Europea". Il segretario generale di USPI Francesco Saverio Vetere in un’intervista a Laura Giordano di PaeseItaliaPress.it ha tracciato, tra l’altro, il bilancio dei 70 anni di attività dell’ USPI. “In 70 anni l’USPI ha fatto molte cose. Ha difeso il settore più debole, evitando che i grandi editori prendessero tutte le risorse, soprattutto pubbliche. Ha favorito la regolamentazione della nuova editoria online a livello di definizione di prodotto editoriale e di tutela contrattuale. Ha generato pluralismo sindacale, andando a stipulare contratti con sindacati che prima non rappresentavano i giornalisti. Ma potrei raccontare dei rapporti dell’USPI con l’Europa dell’est durante la Guerra Fredda, della nascita dell’editoria periodica come indicatore di libertà progressivamente acquisita nell’est, delle scuole di editoria, dell’insegnamento universitario, degli studi sulla libertà di stampa. Ma non amo rivolgermi al passato. Voglio pensare al futuro nel senso di contribuire al prossimo passo, cioè a definire il rapporto tra la produzione di informazione e l’Intelligenza Artificiale (IA). Che ne sarà del giornalismo per come lo conosciamo? Ho idea che il giornalismo umano creerà e rappresenterà una nicchia in un mare magnum di informazioni generate dall’IA. E sarà imprescindibile, ma con numeri incomparabilmente inferiori agli attuali. I problemi che porrà questa trasformazione sono talmente enormi da non poter essere denunciati ora per intero. Cominciamo dai princìpi. Il Bello e il Bene sono a fondamento del mondo per come vogliamo conoscerlo e per come lo desideriamo”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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notiziariofinanziario · 2 years ago
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La strategia del Gruppo Lario Hotels si basa sulla sostenibilità
La sostenibilità è al centro dello sviluppo del Gruppo Lario Hotels. La sostenibilità è il filo conduttore sia di Vista, la catena di boutique hotel cinque stelle lusso oggi presenti a Como e Verona (in cantiere c’è una terza struttura a Ostuni), sia degli altri tre alberghi comaschi: Villa Flori, Terminus e Posta. Ieri Bianca e Luigi Passera, presidente e amministratore delegato del Gruppo, hanno presentato pubblicamente il primo report di impatto e sostenibilità, approvato contestualmente al bilancio di esercizio, che sarà aggiornato e reso pubblico ogni anno. Il documento mette a fuoco gli obiettivi specifici, le azioni intraprese, e i risultati raggiunti, nonché gli impegni futuri di ogni singola area Esg. I collaboratori Tra i punti principali del report un solido rapporto con i collaboratori, grazie a iniziative volte a garantire una maggior inclusività, equità salariale ed empowerment femminile, programmi di crescita e valorizzazione delle persone attraverso corsi di formazione. Qualche numero in questo capitolo relativo al 2022: 19 assunti a tempo indeterminato, 27% dei dipendenti interessato da un avanzamento di carriera, una quota del 41% di personale femminile anche nei ruoli apicali, 15 collaboratori coinvolti in attività di volontariato aziendale (svolto in collaborazione con Cometa). E ancora, su questo terreno, spiccano il welfare con un bonus di mille euro di bonus per ogni collaboratore e le consolidate sinergie con le scuole in particolare attraverso il progetto “Questo albergo è una casa” che negli anni ha sortito l’assunzione di 36 persone (il 53% dei tirocinanti). Sostenibilità è anche territorio, comunità locale e anche su questo aspetto l’impegno di Lario Hotels è nei numeri, sempre relativi al 2022: 750 ospiti coinvolti in experience culturali, 44mila euro di donazioni alla comunità, 6,5 milioni di euro di indotto generato sui territori. E ancora, in questo capitolo, la scelta di una linea di cortesia praticamente a km0 e perfetto esempio di economia circolare: i cosmetici sono a base di sericina integra, prodotto di scarto nel processo di lavorazione della seta.  L’inquinamento Concreti anche i risultati sul fronte ambientale. Il Gruppo è riuscito a centrare una notevole riduzione dei consumi energetici pro capite (-33% sul 2021) e dei consumi di acqua (-51%sul 2021), grazie alla costante attenzione e monitoraggio dell’uso delle risorse e l’adozione di buone pratiche come, tra le altre, l’inserimento dei boccioni di erogazione dell’acqua per il personale interno che ha permesso di evitare l’acquisto di 109.749 litri d’acqua, l’equivalente di 219.498 bottigliette di plastica da mezzo litro dall’avvio del progetto. L’impegno sulla sostenibilità, più che un elenco di buone azioni, è inteso come un metodo, un percorso che informa l’attività di impresa nel tempo:  «Mettere nero su bianco il nostro impegno e mantenerlo in un’ottica di lungo termine, è un investimento certamente molto impegnativo, perché coinvolge tutti i livelli operativi dell’azienda, ma allo stesso tempo molto arricchente. La Relazione di Impatto che abbiamo presentato evidenzia aspetti importanti che sembravano scontati, mette in luce aree di miglioramento inducendoci a adottare soluzioni sempre più innovative e ci aiuta a dare concretezza alla nostra filosofia. Insomma, essere diventati Società Benefit è un importante stimolo a migliorarci in ogni campo» afferma Bianca Passera, presidente di Lario Hotels. Read the full article
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occhidibimbo · 2 years ago
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“Stephen King ha collezionato 30 rifiuti per il suo libro “Carrie”. Margaret Mitchell, l'autrice di “Via col vento” fu respinta 33 volte. Non riuscire a pubblicare un testo non è una sconfitta, dicono. Bisogna conoscere il valore della propria opera e andare avanti… Quando sei un autore esordiente, puoi ricevere molti consigli su come far uscire il tuo manoscritto dal cassetto. Lo sai che è un impresa ardua perchè la concorrenza è altissima, ma sei motivato e lavori bene. Spendi il tempo per migliorare la tua abilità nella scrittura, leggi e rileggi mille volte la tua opera fino a che non la ritieni perfetta. Studi il mercato del libro per capire che è una giungla, ed è difficile farsi notare nello tsunami dei manoscritti che arrivano alle case editrici ogni mese. Ma tu sei determinato nel voler vincere questa sfida… Mi chiamo Danka e sono una Polacca che vive in Italia. Negli ultimi sei anni ho raccontato sul blog la mia storia, quella di una scrittrice in cerca di editore. Solitamente la risposta era: ”No”. Qualche volta però mi rispondevano che il mio libro aveva del potenziale. Evviva! Qualcuno finalmente sarebbe stato felice di avermi tra i suoi autori… a un costo di sborsare denaro (il prezzo variava tra 1200 – 3300 euro). Così ho scoperto che esistono editori che chiedono un contributo e l’editoria sta attraversando un momento di crisi perché ci sono soggetti che tendenzialmente pubblicano tutto. Se ti trovi bloccato, semplicemente cambia strada, dicono. E' verissimo! Ho cominciato a scrivere in italiano, creando anche delle illustrazioni, e stavolta ho avuto una risposta positiva. La casa editrice Progedit mi ha proposto di scrivere una storia che dovrebbe aiutare i più piccoli a scoprire una delle città più antiche del mondo. Cosi è nata La nonna nei Sassi di Matera - un libro che racconta la Basilicata vista con gli occhi di un bimbo. Al piccolo Giuseppe Pio piace Pisticci, un paesino in collina non lontano dal mare. E' ghiotto dei cannelloni di sua nonna, anche se preferirebbe non vederla sempre in cucina. Vitina sembra non avere altri interessi, a Matera fa soltanto la spesa e non ha mai visto i Sassi! Ma meglio tardi che mai: tre giorni intensi di escursioni faranno rivivere ai protagonisti la storia – da “vergogna d'Italia” a Patrimonio dell'Umanità. Davanti agli occhi di bimbo si schiuderanno grotte abitate da tempi immemorabili, la sua famiglia visiterà le pittoresche chiese rupestri del Parco della Murgia Materana. La nonna potrà vedere come si viveva nei Sassi, anche se continua a preferire un viaggio nella cucina lucana! Noi, autori (o aspiranti tali) scriviamo perché la nostra storia raggiunga il pubblico. Io ci sono riuscita. Il mio sogno del cassetto si avvera: La nonna nei Sassi di Matera riesce arrivare nelle librerie. In precedenza un mio racconto di fantascienza era stato pubblicato su una rivista in Polonia. Ma la cosa più bella della mia storia è che non mi sono mai arresa. Dalle sconfitte si impara per diventare più forti, dicono. E' cosi! Ci sono molti autori esordienti – e tante case editrici. E non esiste una sola strada per diventare scrittore!
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goodbearblind · 3 years ago
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"Era il 21 Maggio del 1976. In seguito ad un incidente stradale la diagnosi riportava un semplice trauma al ginocchio destro, niente di grave in relazione alla portata dell'impatto avuto in quella sfortunata giornata autunnale. Tuttavia nei mesi seguenti il dolore aumentava e il fastidio divenne insopportabile. Sebbene i medici tendevano a sminuire arrivò, feroce e spietato, il risultato delle indagini diagnostiche: osteosarcoma (tumore maligno del tessuto osseo che colpisce in particolare le ossa lunghe quali femore, tibia e omero con la vigliacca predisposizione ad estendersi ai polmoni e al midollo osseo).
A poco meno di 20 anni dovette subire l'amputazione della gamba destra, sostituita da una protesi meccanica (non certo quelle dinamiche che fortunatamente si applicano oggigiorno).
Tutti a questo punto si sarebbero lasciati andare, ma non lui, non così.
A soli 3 anni dall'amputazione, il 12 Aprile del 1980, intraprese la più grande e memorabile impresa sportiva che l'umanità possa raccontare.
Partì dalla costa atlantica del Canada per raggiungere quella del pacifico. A piedi.
(non è un errore di battitura, avete letto bene.. a piedi, senza una gamba!).
L'idea era quella di raccogliere 1 dollaro per ogni cittadino canadese incontrato per strada con l'obiettivo di devolvere tutto il ricavato per la lotta contro il cancro.
Percorse ogni giorno 42 chilometri (e neanche questo è un errore) attraversando Terranova, la Nuova Scozia, l'Isola del Principe Edoardo, il Nuovo Brunswick, il Qu��bec e l'Ontario.
Ogni giorno una maratona. Con una gamba sola!
La sua corsa infinita fu battezzata la "maratona della speranza" e purtroppo non riuscì mai a portarla a termine.
Dopo aver percorso 5373 km in 143 giorni dovette smettere di correre. Non aveva più fiato. E non perché non era più in grado di combattere, ma perché gli furono diagnosticate diverse metastasi polmonari che lo costrinsero ad arrendersi.
La sua corsa finì il 1 Settembre del 1980 nei pressi di Thunder Bay. Fino a quel momento riuscì a raccogliere 24 milioni di dollari!
L'anno successivo alla sua impresa entrò in coma e dopo qualche settimana, il 28 Giugno del 1981, morì.
Non aveva ancora compiuto 23 anni!
La sua corsa fu completata anni dopo da Steve Fonyo, sopravvissuto al cancro (che gli ha portato via la gamba sinistra) con mille difficoltà.
Così la "maratona della speranza" vide il traguardo.
Scriviamo questo post per devota ammirazione e per rabbia.
Oggi milioni di ragazzini (e non) si affannano a fare file per comprare magliette e gadget dei loro idoli (Messi, Cristiano Ronaldo, LeBron James e così via).
Nessuno ha mai indossato una t-shirt con l'immagine che proponiamo di seguito. Nessuno probabilmente conosce la storia di questo ragazzo canadese che ha cambiato per sempre la vita di milioni di persone in difficoltà.
Ci sono Eroi ed eroi. Miti e leggende. Storie e storie.
Poi c'è TERRY FOX !
Terrance Stanley Fox, detto Terry (Winnipeg, 28 Luglio 1958 - Port Coquitlam, 28 Giugno 1981)"
(Antonio Perspicace)
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