#il problema non è solo la violenza
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altrovemanonqui · 1 year ago
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Che poi, il problema non è solo la violenza. Non è solo l’orrore, non è solo la prevaricazione, la mancanza di rispetto, la mancanza di amore, la mancanza di dignità, la mancanza di tenerezza, la mancanza di vergogna, la mancanza di un’educazione sentimentale di base, minimale, da definire banale se non fosse che, evidentemente, banale non è, anzi, è tutto l’opposto. Il problema è anche la cultura del “ti faccio vedere cosa so fare”. Ti faccio vedere fino a che punto arrivo, ti mostro, mi mostro, condivido, condividi, spartisco, mi aggrego, fammi contare qualcosa, guardami, guardami, guardami, guarda cosa so fare, dimmi che ti piaccio, dimmi quanto ti piaccio, e se faccio di più, ti piaccio di più? Come li supero, gli altri? Posso essere meglio, degli altri, lo giuro, ma tu guardami, giudicami se vuoi ma guardami, guardami a tutti i costi. Nella perversione dell’abuso, la perversione dello sguardo degli altri, e questa è un’altra delle tragedie a cui partecipiamo, quotidianamente, in questo turbinio visivo di automasturbazione antierotica. Non c’è sesso, non c’è desiderio, non c’è piacere, non c’è erotismo, non c’è nulla, o meglio c’è l’assenza di ogni cosa.
Mark Rothko, parlando dei futuri acquirenti dei suoi quadri, dei critici che ne avrebbero tessute le lodi, chiama in causa la volgarità del loro sguardo, è ossessionato e intristito da “quegli sguardi volgari” che si affacceranno alle sue opere, estensioni della sua anima, che pagheranno per averle e poterle ammirare, nelle proprie case, nelle proprie gallerie, ogni singolo giorno, che le faranno loro ma senza capire, senza comprenderle, senza comprenderlo, rozzamente, convinti di averle, di possederlo.
Non faccio che pensare alle sue parole in questi giorni.
Gli sguardi volgari.
Le mani volgari, le parole volgari, i messaggi volgari, la battute volgari, i cuori volgari, le anime, così dolorosamente volgari.
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kon-igi · 8 months ago
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I GIAPPONESI, MEDIAMENTE, STANNO MALE MA LA SANNO LUNGA (cit.)
Ieri, oltre ad aver sistemato il problema al motore del mio fuoristrada appiccicando dello scotch davanti alla spia del guasto (si chiama Metodo Vorace Bestia Bugblatta di Traal), un tamblero ungherese mi ha suggerito di fare un upgrade e coprire i gemiti del motore ascoltando la musica a tutto volume (il mio motore emetteva gemiti? Non lo so... avevo la musica a tutto volume!)
Fatto sta che in un impeto di autolesionismo estremo, su youtube scelgo un collage della durata di 60 minuti - il tempo del viaggio di ritorno a casa senza fare i tornanti in derapata, sia mai che i gemiti del motore coprissero la musica - dicevo, un collage di tutte le sigle dei cartoni animati anni '70-'80, quindi Cristina D'Avena esclusa.
Ora, può darsi che i miei gusti musicali siano pessimi (lo sono) e che io abbia la sindrome di Munchausen a Stoccolma (mi avveleno da solo con cose che mi hanno reso psicodipendente da bambino) però è stato un viaggio davvero molto... istruttivo (che fatica non aver messo la D) perché mi sono reso conto che oggi i bambini non possono avere ciò di cui è stato fatto dono a chi guardava i cartoni animati sulle tv regionali.
Il trauma psicofisico di una violenza televisiva gratuita e improvvisa senza la minima censura o il minimo controllo della società.
E non sto parlando di Goku che frugava nelle mutande di Bulma chiedendosi cosa fosse quella cosa ma robe tipo Ninja Kamui, Kyashan o Judo Boy che AMMAZZAVANO DI BRUTTO LA GENTE CON TANTO DI TORTURA E SCHIZZI DI SANGUE.
Voglio dire, l'Uomo Tigre crepava di mazzate i suoi avversari ma non modello Goku Super Sayan AAAAAAAAHHHHHH!!!!... una roba più tipo il poliziotto preso a rasoiate in Pulp Fiction
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E cosa dire di Bem il Mostro Umano?
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Cioè, non lo so... 'umano' perché lui dava solo bastonate, mentre i cattivi cavavano occhi, evisceravano pance e torturavano bambini. Letteralmente.
Ho in mente questa scena in cui Ninja Kamui sta meditando su un albero (?!) e a poca distanza da lui un brigante cattura una donna e le taglia la gola con un coltello... uno schizzo di sangue della vittima imbratta il volto del protagonista ma il narratore afferma subito che lo stato di meditazione del ninja era così profondo che lui non poteva accorgersene.
Avevo 9 anni.
In genere, però, anche nelle serie più kid-friendly c'era questo sottile filo di sado-masochismo per cui ok che il/la protagonista trionfava ma per riuscirci dovevano SOFFRIRE VISTOSAMENTE, preferibilmente assistendo alla morte atroce di parenti o amici di infanzia e subendo torture da Guantanamo (spesso autoinflitte, per quella storia di Nietzsche temo un po' sfuggita di mano al mangaka).
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Comunque - e qua so di citare un cosa praticamente irraggiungibile conoscitivamente dalla maggior parte di voi - la cosa che ancora adesso mi mette più angoscia è il ricordo di Madame Butterfly che durante gli allenamenti fa espodere con furia le palline da tennis contro al muro.
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Poi sono arrivati il MOIGE e il CODACONS, quindi ora i bambini vivono in uno stato di dissociazione mentale dovuto ai buchi di trama per i tagli censori e alle cugine assolutamente non lesbiche di Sailor Moon.
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gregor-samsung · 24 days ago
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" In fondo, il nostro problema intellettuale è che noi amiamo l’America. Gli Stati Uniti sono stati uno di quei paesi che hanno sconfitto il nazismo, ci hanno mostrato la strada da seguire per la prosperità e la distensione. Se vogliamo accettare pienamente l’idea che oggi stiano tracciando la strada che porta alla povertà e all’atomizzazione sociale, è indispensabile ricorrere al concetto di nichilismo. Quanto alle ragioni tecniche, un’altra cosa che mi spinge a utilizzare questo concetto è la constatazione che i valori e il comportamento della società americana sono oggi profondamente negativi. Come per il nichilismo tedesco […], questa negatività è il prodotto di una decomposizione del protestantesimo, solo che non si verifica allo stesso stadio.
Il nazismo apparve nella sua prima fase dopo che, tra il 1880 e il 1930, il protestantesimo ebbe cessato di essere una religione attiva. Il nazismo corrisponde a un’esplosione di disperazione durante la sua fase zombi, a un’epoca in cui i valori protestanti, positivi e negativi, continuavano a persistere nonostante il venir meno della pratica religiosa. La fase zombi del protestantesimo americano è stata complessivamente positiva. In linea di massima va dalla presidenza di Roosevelt a quella di Eisenhower, e ha visto la nascita dello Stato sociale, delle università che assicurano un insegnamento esteso a tutti e di qualità e il diffondersi di una cultura ottimistica che ha conquistato il mondo. Questa America aveva recuperato i valori positivi del protestantesimo (alto livello di istruzione, egalitarismo tra i bianchi) e stava cercando di liberarsi dei suoi valori negativi (razzismo, puritanesimo). La crisi attuale corrisponde, viceversa, all’approdo allo stadio zero del protestantesimo. Ciò ci consente di comprendere al contempo sia il fenomeno Trump che la politica estera di Biden, tanto il deterioramento interno quanto la megalomania esterna, come pure le violenze che il sistema americano esercita sui propri cittadini e su quelli degli altri paesi. La dinamica tedesca degli anni Trenta e la dinamica americana attuale hanno in comune il fatto di essere animate dal vuoto. In entrambi i casi, la vita politica funziona senza valori, non essendo che un movimento tendente alla violenza. Rauschning definiva il nazismo non diversamente da ciò. Prima di abbandonarlo, fu membro del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP): questo conservatore, per così dire “normale”, non poteva tollerare la violenza gratuita. Nell’America di oggi vedo un pericoloso vuoto di pensiero e di idee, condito dall’ossessione per il denaro e il potere, i quali non possono essere in sé dei fini, dei valori. Questo vuoto conduce all’autodistruzione, al militarismo, a una negatività endemica: in sostanza, al nichilismo. "
Emmanuel Todd, La sconfitta dell'Occidente, traduzione di Alessandro Ciappa e Michele Zurlo, Fazi Editore, 2024.
[Edizione originale: La Défaite de l'Occident, Paris, Gallimard, janvier 2024]
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missviolet1847 · 7 months ago
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Cari Compagni,
sì, Compagni , perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino " CUM PANIS " che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane .Coloro che lo fanno condividono anche l'esistenza con tutto quello che comporta : gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze.
È molto più bello che "Camerata " come si nominano coloro che frequentano stesso luogo per dormire, e anche " Commilitone " che sono i compagni d'arme.
Ecco, noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche , insieme, vissuto IL PANE DELLA LIBERTÀ che è il più difficile da conquistare e mantenere .
Oggi che, come diceva Primo Levi , abbiamo una casa calda e il ventre sazio, ci sembra di aver risolto il problema dell'esistente e ci sediamo a sonnecchiare davanti alla televisione.
All'erta Compagni !
Non è il tempo di riprendere in mano un'arma ma di non disarmare il cervello sì, e l'arma della ragione e più difficile da usare che non la violenza. Meditiamo quello che è stato e non lasciamoci lusingare da una civiltà che propone per tutti autoveicoli sempre più belli e ragazze sempre più svestite. Altri sono i problemi della nostra società: la PACE , certo ,ma anche il LAVORO per tutti , la LIBERTÀ di accedere allo studio , una vecchiaia serena ; non solo egoisticamente per noi , ma anche per tutti i cittadini .Così nei diritti fondamentali della nostra Costituzione nata dalla RESISTENZA .
Vi giunga il mio saluto , Compagni dell'associazione Nazionale Partigiani d'Italia e Resistenza sempre.
Vostro Mario Rigoni Stern , Mira ( Venezia )
20 gennaio 2007 ( lettera inviata all'Anpi di Treviso
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susieporta · 3 months ago
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Parlare di problemi di relazione è sbagliato, perché lo stare assieme a qualcuno, passato il periodo di “luna di miele”, questo non farà altro che portare fuori ciò che era nascosto al nostro interno nel subconscio.
Dunque, non è la relazione il problema, dato che la relazione non fa che portare a galla tutto ciò che era nascosto nell’inconscio di ognuno.
Aprirsi all’altro, apre l'inconscio...
Se c’era amore inespresso, allora la relazione, nel tempo, porterà fuori sempre più amore.
Se c’era rabbia, frustrazione, depressione, allora la relazione, nel tempo, porterà fuori sempre più rabbia, frustrazione e depressione.
Se c’era gelosia, aggressività, invidia, avidità e desiderio di dominare, allora la relazione, nel tempo, porterà fuori queste cose.
Dire che il problema sta nella relazione, questo significa che stiamo usando una strategia per non guardare dentro noi stessi e scoprire che siamo noi gli unici responsabili per tutto ciò che buttiamo nella relazione.
Nessuno può fare uscire da te, ciò che non stava già dentro di te...
Il fatto è che, uno ha bisogno di qualcuno su cui proiettare suoi problemi irrisolti altrimenti si ammalerebbe, per questo che una persona negativa...una persona con un inconscio carico di emozioni negative non può stare da sola, altrimenti impazzirebbe.
Nel caso di una persona amorevole invece, succede l’esatto contrario; una persona amorevole può stare benissimo anche da sola, non impazzisce affatto, anzi rinsavisce e gode di se stessa e della sua vita anche stando da sola.
Ricorda: solo una persona carica di negatività e di problemi irrisolti sente il bisogno ossessivo di stare in una relazione, altrimenti impazzisce.
L’ossessione verso un altra persona è già malattia.
Una persona amorevole ha il piacere di relazionarsi, cosa che non è affatto un bisogno; una persona amorevole non accetta nessun tipo di violenza o di abuso; non discute mai, non litiga...
A che cosa serve il mettersi a discutere e a litigare se non a convincere l’altro di farsi carico della nostra violenza e del nostro pattume interiore che stiamo tentando di far passare per amore?
E se non c’è amore da condividere, allora uno se ne va semplicemente per la sua strada, perché non ha nessun bisogno di farsi abusare...solo chi ha dei grossi problemi interiori sta lì a farsi abusare con la scusa dell’amore.
E’ tutto molto semplice e chiaro, tranne per chi si è affezionato al gioco del carceriere e del carcerato.
Il problema non è la relazione, perché la relazione non fa altro che da agire cassa di risonanza per tutto ciò che si trova al nostro interno che non vogliamo vedere.
Roberto Potocniak
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soldan56 · 1 year ago
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Cerasa però sbotta: “Mi scusi: pulizia etnica?” “Sì, potrebbe accadere”, risponde lo storico. Il direttore del Foglio rilancia: “Ma lei pensa davvero che Israele voglia uccidere i palestinesi in quanto palestinesi? Non pensa che la pulizia etnica sia quella che vogliono fare gli islamisti che vogliono uccidere gli ebrei in quanto ebrei perché negano completamente il loro diritto a esistere?”.
Kamel spiega: “La de-umanizzazione è un problema strutturale. C’è qualcuno che la vede solo da una parte, io invece l’ho vista coi miei occhi per tanti anni da entrambe le parti. Forse lei non ha prestato attenzione al fatto che questo è già avvenuto nel 1948. Al confine col Libano c’è il kibbutz di Sasa, che prima era un villaggio palestinese chiamato Sa’sa’: fu completamente spopolato durante la guerra arabo-israeliana del 1948 – conclude – Ci sono anche altre centinaia di villaggi palestinesi che sono stati spopolati, rasi al suolo e rinominati. E i palestinesi con la forza sono stati portati nella Striscia di Gaza. Quindi, se non si è vista questa pulizia etnica e questa violenza strutturale, è perché non si conosce la storia“.
Cerasa a pesci in faccia
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nusta · 4 days ago
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Ritrovo vari post di qualche tempo fa mentre cerco riflessioni sulla violenza di genere, il patriarcato, il maschilismo e i femminicidi. Oggi è la giornata contro la violenza sulle donne, ma sono discorsi che volenti o nolenti ci ritroviamo in testa frequentemente, almeno se abbiamo l'occhio e l'orecchio attento alle notizie che arrivano dalla cronaca. Come parlarne è un problema che ogni tanto mi pongo: quali sono i termini giusti, quali sono ormai anacronistici, quali sono quelli più adatti ed efficaci nei vari contesti in cui si discute?
Ieri mia nipote a tavola ci raccontava che delle sue compagne (fanno la prima media) le hanno detto che mentre erano in giro in paese si sono nascoste da un gruppo di loro coetanei perché hanno sentito dire che uno di loro voleva picchiare una di loro. Quanto ci sia di vero o di verosimile non è dato saperlo, ma già interrogarsi sulla veridicità anziché avere pronta una risposta pragmatica mi pare sia un torto a loro e a me stessa.
Io ne ho avuti compagni e compagne stupidi, a quell'età, e non dubito che ci possano essere anche peggiori livelli di stupidità -e cattiveria- di quelli che ho incontrato io. L'unica che mi abbia mai fatto sapere che mi voleva picchiare è stata una ragazzina che pensava le avessi rubato uno spasimante. I ragazzini invece avevano le mani lunghe per altre ragioni, non solo con me, e ricordo che in classe volavano calci e pugni per evitare di essere palpate a sorpresa durante l'intervallo. Di dire qualcosa a prof o genitori non ci è mai passato per la testa, però. Era una cosa da risolvere tra noi.
Quanto sarà cambiata l'adolescenza? Cosa dirle, cosa consigliarle? Minimizzare non mi sembra la strada giusta. Forse a tavola non si può fare molto di più, a parte suggerire che forse è il caso di fare qualche lezione di autodifesa.
Cosa vuol dire essere una ragazzina oggi, cosa vuol dire essere un ragazzino? Quali compromessi sono richiesti per far parte di un gruppo, per non litigare, per non farsi mettere i piedi in testa, per non perdere la faccia? Cosa vuol dire diventare adolescenti, diventare piccole donne e piccoli uomini? È inevitabile questa distinzione, prima di poter essere semplicemente persone?
Non so, la femminilità è in gran parte un mistero anche per me, così come la partecipazione all'educazione di una persona: non sono madre, né sorella maggiore, queste sono le prime nipoti che fanno davvero parte della mia vita e spesso vorrei avere più tempo per essere loro vicina.
Vederle crescere e sapere quello che so della condizione delle donne nel nostro mondo, nel nostro tempo, nella nostra cultura, mi mette molta tristezza e molta ansia. A fare un confronto con qualche decennio fa o con qualche zona del mondo poco distante, mi sale il morale, ma il progresso è comunque troppo poco, e subito arriva anche la rabbia, della fatica e della frustrazione di tutta la strada ancora da percorrere.
Resistiamo e speriamo bene.
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gai0la · 13 days ago
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riflessione sulla serata di ieri più approfondita: non è possibile che ogni volta che si parla di relazioni o di semplici interazioni di donne con uomini esca sempre una storia di molestie, violenza fisica e verbale, sempre.
ieri parlavo con un’amica e mi ha raccontato che l’ultimo episodio di violenza che ha subito dal suo ex è accaduto davanti ad uno dei miei migliori amici e che lui non ha fatto niente per difenderla.
allora la mia mente viaggiava, pensavo e mi chiedevo cosa avrei fatto nella stessa situazione: sarei intervenuto, ma come? non sono una persona violenta, ma in quei momenti si può usare solo la ragione?
tutto questo è molto triste e mi passa per la testa da stamattina. il problema della violenza sulle donne, della violenza di genere, siamo noi che la riconosciamo ma non interveniamo.
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ma-come-mai · 4 months ago
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La Democrazia Americana
"Portano violenza,
e poi vogliono insegnare al mondo come ci si comporta democraticamente,
non meritano la nostra ammirazione"
"Cari ascoltatori, è molto diffusa l’opinione, non solo in Italia, ma in mezzo mondo, che gli Stati Uniti siano un modello di democrazia. Io, naturalmente, non ho niente contro gli americani, però mi piacerebbe essere minimamente obiettivo per raccontare leggermente la loro storia. Intanto, in quanto ai loro presidenti, ne hanno stecchiti quattro o cinque, così, assassinati, cosa che per esempio in Italia non è mai accaduta, neanche in altri Paesi. Insomma, gli americani quando si stancano di un presidente gli sparano e poi fanno dei bei funerali, quattro lacrime, e si passa al prossimo da assassinare. Insomma, una cosa veramente vergognosa. Ma è la storia degli americani che è inquietante. E quindi l’America non merita tutta la stima che noi abbiamo nei confronti degli Stati Uniti. E vi racconto molto brevemente la loro storia: hanno cominciato con l’uccidere tutti gli apache, i famosi indiani, ci hanno girato mille film su questo argomento. I poveri indiani che si difendevano con l’arco e le frecce, e invece gli americani che usavano ovviamente il fucile e la pistola, e quindi, diciamo, una partita un po’ truccata, ma niente di più. Poi cos’hanno fatto gli americani? Sono andati in Africa e hanno deportato un numero sterminato di neri, li hanno schiavizzati, li hanno trattati male per secoli e adesso passano per quelli buoni, che naturalmente devono insegnare al mondo come ci si comporta democraticamente. Fatta anche questa operazione, cosa hanno fatto gli americani? Così io sintetizzo. Sono andati in Giappone e hanno sganciato due bombe atomiche, due, una su Nagasaki e una su Hiroshima, facendo una quantità sterminata di vittime e anche questa è una bella prodezza. Non paghi, sono andati in Corea a fare un’altra guerra, e anche lì è successo di tutto. Poi sono andati in Vietnam
a massacrare i vietnamiti, un’altra prodezza, diciamo. Poi sono andati in Iraq. Ricorderete, dove volevano esportare la democrazia, invece hanno esportato la morte, perché ne hanno stecchiti un vagone.
Poi hanno finito di fare
i bulli gli americani?
No signori, sono andati anche in Afghanistan.
E lì abbiamo visto com’è andata a finire. Si sono fermati vent’anni, dovevano cambiare la società, non hanno cambiato niente e hanno, diciamo, lasciato una scia di sangue, di morti ammazzati, come loro abitudine. Ecco, questi sono gli americani. E noi dovremmo guardarli con ammirazione nel tentativo di imitarli? Io penso proprio che no. Molto meglio noi italiani, che siamo un po’ confusionari, abbiamo avuto qualche problema, ma rispetto agli Stati Uniti siamo Biancaneve".
- Vittorio Feltri
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orotrasparente · 1 year ago
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napoli, firenze e palermo hanno in comune che nel giro di 5 giorni sono salite alla cronaca nera per notizie di stupro e femminicidio o per ragioni della solita becera “gelosia e possessività malata” o semplicemente perché uno ha voglia, indi mi chiedo solo perché è così facile per alcune persone (non umani, persone, perché di umano non c’è nulla) rovinare o togliere una vita come se giocassero a fare dio e mi chiedo anche com’è possibile che molte persone anche giustificano queste cose “eh ma lei lo tradiva, lui è impazzito e l’ha uccisa”, ma manco nel 1700 sti ragionamenti
oppure, distruggi la vita di una persona togliendole il diritto sacrosanto di avere fiducia nel prossimo e traumatizzandola per anni - se va bene - o a vita e la conseguenza di ciò è:
L'art. 609-bis (Violenza sessuale) punisce con la reclusione da 5 a 10 anni chi, con violenza o minaccia o abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali.
è chiaro che è troppo poco come risposta 5/6/7 anni di galera che diminuiranno per i vari benefit che danno ai carcerati in base alla loro condotta, non ci sarà mai una soluzione al problema se distruggere una vita vale un paio di anni di galera, qui non si tratta di sbagliare ma di annientare consapevolmente un’altra persona
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sarcasm-andotherstuff · 1 year ago
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1) Not all men, non tutti i maschi sono così, non potete generalizzare.
Non generalizzo, ma non vedo per quale ragione dovrei lodare qualcuno per non essere un assassino. Quando un uomo si sente in dovere di precisare di essere diverso da un tizio che controlla, rapisce, aggredisce, uccide una donna che cosa vuole esattamente, un applauso? Una medaglia? Riceviamo forse un premio per non essere criminali?
Non commettere violenza è il livello base di convivenza civile: non si dipinga il minimo della decenza come una prova di virtù.
Se poi la paura è legata alle relazioni (“le donne hanno paura degli uomini, resterò scapolo tutta la vita”), si sappia che per chiunque l’intimità è anche vulnerabilità. Il timore d’essere temuti credo possa almeno pareggiare con il timore di subire violenza, no?
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2) Cherry picking e benaltrismo (Non c’è un aumento di casi! E allora i maschicidi? Gli infanticidi? E allora i paesi islamici?)
Primo. Se si parla di violenza sulle donne il tema è la violenza sulle donne, se ritenete meritevoli di dibattito altri temi fatevi i post vostri.
Secondo. L’allarme sociale si crea di fronte a fenomeni statisticamente rilevanti, non necessariamente in numeri assoluti. Esibire il grafico che mostra che le vittime femminili di omicidio restano costanti negli anni, come se quel dato fosse una vittoria, mostra la mancata comprensione della tendenza, visto che, a fronte della generale diminuzione dei reati (e degli omicidi) la mancata flessione delle vittime femminili non può essere interpretata positivamente.
Terzo. Il fatto che le donne in Iran siano perseguitate e oppresse non rende sopportabile la violenza di genere altrove, né rende capricci o voluttà le rivendicazioni femministe.
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3) Volemosebene, basta guerra tra i sessi!
Denunciare la violenza di genere, riflettere sul patriarcato non significa, né ha mai significato, odiare i maschi, né ingaggiare un derby donne contro uomini, ma casomai criticare un certo tipo di maschi (ma pure di femmine, che ne adottano retorica). In altri termini, significa riconoscere l’egemonia culturale che il privilegio maschile ha imposto e impone. E far emergere questo conflitto, non tra maschi e femmine, ma tra patriarcato e parità, richiede anche argomentazioni forti e toni aspri: nella lotta contro disuguaglianze e discriminazioni, il bon ton non è un requisito essenziale.
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E, quanto a retorica, anche in buonafede, sappiate che non abbiamo bisogno di sentirci dire che doniamo la vita o che siamo esseri angelicati: siamo tutte diverse, con idee, temperamenti, caratteristiche differenti, così come i maschi, così come chiunque. Abbiamo bisogno, e abbiamo diritto, tuttə, di avere potere sul nostro corpo, sul nostro spazio, fisico, psicologico e sociale. Abbiamo bisogno di elaborare e rivendicare, di vivere e di convivere, di legarci restando persone, individualità che esistono non solo in funzione di qualcuno o di qualcosa.
E tra i maschi non cerchiamo, né dovremmo cercare, eroi, salvatori, giustizieri o principi azzurri. Se davvero, sinceramente, autenticamente, non per provocazione o polemica, temete il femminismo e non cogliete problemi nel modello patriarcale, ma vorreste non essere parte del problema, siateci alleati. Riconoscete il privilegio di cui godete (che non è una colpa, è un vantaggio), iniziando da quello della parola: per una volta, lasciate il palco, il microfono, il megafono, l'editoriale, l’ospitata in tv. E chiedete, leggete, ascoltate, cercate di capire e non convincetevi subito di esserci riusciti. Imparate a condividere e rilanciare le parole altrui: ci sono persone che parlano veloci per l’abitudine di essere interrotte, ci sono discorsi che meriterebbero ascolto invece che lezioni, ci sono voci che andrebbero amplificate.
E quando si ha un privilegio il miglior servizio è farsi cassa di risonanza.
Roberta Covelli
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gregor-samsung · 1 month ago
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“ Mettiamo per ipotesi che volessimo ripercorrere la storia di un uomo terribile come Adolf Hitler. La raccontiamo dall’adolescenza alla presa del potere? Dalla presa del potere alla disfatta? Scegliamo solo un episodio significativo? Narriamo tutta la sua vicenda dagli inizi alla morte? Il problema più importante è decidere se il dittatore sarà il protagonista assoluto: sarà «visto» da un altro (o altri) oppure sarà raccontato oggettivamente? Nel primo caso verrà fuori un personaggio «filtrato» attraverso una precisa (e quindi parziale) esperienza; nel secondo egli risulterà così come realmente è stato, nella sua verità storica. Esaminiamo adesso questa seconda eventualità. Al di là della «autenticità» dei fatti che racconteremo, da un punto di vista strettamente narrativo siamo costretti a sciogliere un nodo molto difficile: riusciremo a rappresentare bene un personaggio così «negativo»? O meglio: riusciremo a renderlo in tutta la sua negatività? Nella nostra testa egli è la quintessenza della malvagità e del cinismo, ma poi, passando alla scrittura riusciremo a «restituirlo» così come lo immaginiamo? Sicuramente no, a meno di non renderlo «incredibile», falso, forzato. Non ci riusciremo perché nel momento in cui dobbiamo approfondire il personaggio - anche per cercare le ragioni più o meno oscure della sua violenza - finiamo fatalmente per trovargli una, seppur aberrante, giustificazione. E senza volerlo, faremo di Hitler un eroe, un sublime dannato, grande come un demone dell’apocalisse, una vittima di sé stesso, carismatico com’è carismatico il male.
Penso, ad esempio, al Riccardo III di Shakespeare, allo spietato duca di Gloucester, il quale riesce a salire sul trono d’Inghilterra dopo aver fatto assassinare mezza corte reale. La sete di potere acceca quest’uomo infelice (è nato storpio e claudicante) e quando alla fine il conte di Richmond giungerà a liberare il paese dall’usurpatore, questi, nel momento di morire, acquisterà la sua dimensione tragica ed eroica. Riccardo è un uomo reso cinico dalla natura, un «mostro» suo malgrado. La sua malvagità è in qualche modo legittimata dalla sua infelicità. Come potremmo noi, oggi, senza falsare smaccatamente la storia, trovare la spiegazione delle atrocità naziste nella contorta personalità di Hitler? Ogni tentativo di collegamento tra il carattere del dittatore e gli avvenimenti della storia è destinato al ridicolo.
Uno scrittore (di letteratura, di cinema, di teatro eccetera) non può fare a meno di andare nel fondo dei personaggi, di pescare nelle loro contraddizioni, nella loro essenza segreta. Là dentro si muovono forze creaturali capaci di rendere un uomo libero o schiavo di sé stesso. Ma in tutti e due i casi egli è innocente. Come può uno scrittore lavorare con un personaggio senza un briciolo di luce? Un Hitler tutto nero, insensatamente malvagio, rischia di diventare una caricatura, un burattino, la maschera del cattivo: niente di più schematico. Julien Sorel (protagonista di Il rosso e il nero), personaggio arrivista e assassino, è amato da Stendhal malgrado sia «negativo»: lo scrittore ne descrive con pietas il desiderio frustrato di adeguarsi alla morale della Restaurazione francese. Se volessimo dunque raccontare la malvagità di Hitler, sia come uomo sia come dittatore, senza «salvarlo» in qualche modo, saremmo costretti a farne un ritratto bugiardo. Quindi è meglio trovare un’altra strada, una maniera «trasversale» di raccontare il personaggio. Magari, come avevo accennato, cercando un altro protagonista e lasciare che sia lui a far da intermediario. “
Vincenzo Cerami, Consigli a un giovane scrittore. Narrativa, cinema, teatro, radio, Garzanti, 2002; pp. 28-30.
[1ª edizione: Einaudi, 1996]
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ross-nekochan · 6 months ago
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Racconti di viaggio - parte 3
Ultimo punto dell'India è: la tradizione e la famiglia.
L'India mi è parsa una Napoli del dopoguerra anche per questo: l'attaccamento che hanno nei confronti della famiglia è fortissimo. E il matrimonio è uno dei mezzi che hai per ringraziarla. Perché sei obiettivamente obbligato a sposarti, tant'è vero che se non ti riesci a scegliere un partner, ebbene, allora ci pensano loro (roba da 19mo secolo europeo proprio). La coppia sposata va a vivere a casa del marito, letteralmente, non nel palazzo come spesso si fa al sud che si va al piano di sotto o di sopra, nono, proprio nello stesso appartamento (che sono anche più piccoli dei nostri).
Il matrimonio dura diversi giorni, anche se mi hanno detto che la cosa è molto variabile. L'India, più che una nazione è un continente: non si parla la stessa lingua (l'inglese è la lingua comune ufficiale ma non la sanno parlare tutti), non si crede nella stessa religione e le variazioni nella stessa possono essere innumerevoli (peggio del cristianesimo). Il matrimonio a cui ho partecipato io è durato quasi una settimana, anche se io ho vissuto solo 3 giorni: il primo giorno cena con tutti i parenti di entrambe le famiglie; il secondo, meno formale, solo tra i propri parenti; il terzo, cena grande con tutti quanti e col rituale più importante che dura fino al mattino seguente. Ma ci sono state altre funzioni e rituali a cui non ho partecipato. Nota curiosa: nella cultura indù non esiste lo scambio di fedi. Però ci si scambia una corona di fiori che ha bene o male la stessa valenza.
I novelli sposi non si sono mai baciati o abbracciati per tutto il tempo. Probabilmente è dato anche dal fatto che spesso ci si sposa non per amore, ma perché ci si vuole bene, come se si fosse fratelli. Ed è già tanto se si considera che ci si debba sposare per forza.
Infatti anche nei film indiani le scene con baci o leggermente erotiche sono inesistenti e viene messo in scena solo una versione di amore puro, quasi infantile. Il sesso è ancora tabù e la donna deve ancora mantenersi vergine fino alla prima notte da sposa. Allo stesso tempo, lo stupro e la violenza sulle donne è ancora un problema serissimo e le donne che denunciano o che raccontano niente sono praticamente pochissime mosche bianche.
Questi sono i motivi principali per cui l'India è una potenza economica ed è il paese più popoloso al mondo. Quando esistono valori forti come la famiglia, la società ha un futuro perché vivi tutto come obbligo morale ma naturale. Nella nostra cultura da primo mondo questo valore fondamentale si è perso e si vive per sé stessi e nessun altro. È vero, si è liberi, senza catene, ma questa libertà ha un costo psicologico e sociale che spesso non viene menzionato: la solitudine, la depressione, la difficoltà nell'instaurare nuove relazioni interpersonali e, finendo la catena, al calo demografico.
Molto probabilmente l'India affronterà lo stesso problema nei prossimi decenni, dato che, persino la Cina la sta attualmente affrontando. Chissà come diventerà.
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susieporta · 5 months ago
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IL MOMENTO GIUSTO
Esiste una condizione fondamentale...
Che certe cose accadono da sole, e solo quando arriva il momento giusto, e tu non puoi forzarle a farle accadere, come l’amore ad esempio.
Al massimo puoi rimanere aperto, ricettivo e disponibile, cercando di non ostacolare.
Lo stesso vale anche per certi stati di coscienza superiore: accadono perché hai preparato il terreno giusto, ma non sei stato tu a farli accadere, nessuno ha il potere su questi stati trascendenti, e sarà la tua vanità, la tua avidità, e le tue aspettative, a farli sparire per mesi e mesi...perché volevi impossessartene, perché l’ego voleva impossessarsi dell’amore, della consapevolezza, della compassione, dell’umiltà, della bontà...quando hai sperimentato questi stati che ti sono accaduti.
Il problema è sempre l’ego ed il suo bisogno di possedere e di controllare ogni cosa, ed è così che ti lasci sfuggire tutto ciò che ha realmente valore nella vita.
Guardi una bella persona, e subito nella tua mente si formano il desiderio di possederla.
Guardi una bella casa o una bella automobile, e subito il desiderio di possesso.
Quando mangi, c’è un momento in cui il tuo corpo è più che soddisfatto, ma tu continui a mangiare per gola, per avidità, per riempirti al massimo fino a stare male.
E’ bello stare con le persone, a condividere l’amicizia, ma anche qui c’è uno stop se ti ascolti...se non ti perdi negli altri, e proseguire oltre è sintomo di paura della solitudine, di bisogno di attenzione, di bisogno di riconoscimento, di avidità, di possesso...e non è più naturale ciò che stai facendo, non è più condividere.
E nel momento in cui credi di essere riuscito a possedere, ecco che sparisce lo stato di gioia...ecco che sparisce lo stato di meditazione, la consapevolezza, l’amorevolezza, l’estasi, a causa del tuo desiderio di possesso.
Ogni cosa scompare quando cerchi di possederla.
Osserva te stesso e tutti i giochi del tuo ego: avidità, ambizione, gelosia, invidia, controllo, possesso.
Osserva l’interconnessione...
Se osservi coscientemente e comprendi fino in fondo l'avidità, allora anche la rabbia sparirà, e se scompare la rabbia, allora scomparirà anche la gelosia e l’invidia, e se scompare l’invidia e la gelosia, allora scomparirà anche la violenza...dov’è tutte queste emozioni sono figlie dell’egocentrismo e della vanità.
Quando cerchi di possedere e di controllare, anche solo mentalmente, al tuo interno, non ha importanza, tu hai già perduto l’oggetto del tuo possesso.
Osserva i giochi della tua mente.
Osserva l'avidità.
Osserva che il tuo ego non è mai contento e vuole sempre di più...l’ego è una macchina che sforna continuamente nuovi desideri, nuove ossessioni, nuove manie.
Non ti lascerà vivere in pace...
Che cos’è l’avidita se non il tentativo di riepirti di qualcosa per riempire un profondo buco di insoddisfazione?
Puoi riempirti di cibo, di sesso, di relazioni, di televisione, di soldi, di successo, di potere...solo per compensare che tu non hai te stesso.
Il buco che stai cercando di riempire, è dato dal fatto che tu hai molte cose, e che hai accumulato moltissime cose in vita tua, ma ancora non hai ancora te stesso.
Manchi tu all’appuntamento con la vita.
Inoltre...
Anche combattere l’ego è un desiderio, ovviamente.
Dovrai solo osservarlo coscientemente fino in fondo, in tutte le sue manifestazioni e sfumature, e cadrà da solo, un pezzetto alla volta.
Questo fa parte del Lavoro pratico su se stessi.
Roberto Potocniak
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tiaspettoaltrove · 8 months ago
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È ora di smetterla con gli intoccabili.
Sono stanco di questo mondo fatto sempre di troppi pesi e troppe misure, di intoccabili, di eccezioni che non confermano la regola, ma cercano di demolirla. Sono stanco di questo mondo in cui si sfugge dall’onestà intellettuale, dalle riflessioni sofferte ma necessarie, dalla trasparenza. Un mondo in cui non ci si mette a nudo, ma si “scrolla” Tik Tok al posto d’indagare se stessi. E dire che una cosa non escluderebbe l’altra. Un problema enorme del nostro tempo, certamente uno dei più grandi in assoluto, è quello della personalizzazione del crimine. Ovvero: non è importante la cattiva azione in sé, quanto chi la compie. Ed è così che, a seconda di chi è il colpevole, tutto può essere affievolito o aggravato. Eppure, di fatto, la violenza è violenza. Giusto? Si è parlato, in questi giorni, di una giornalista che ha denunciato Rocco Siffredi, reo di averla molestata nell’ambito di un’intervista sulla serie tv Netflix a lui dedicata. Esistono i tribunali, i processi, i giudici, quindi in questa sede non parlerò del caso specifico. Mi limito però a dire che non è la prima volta che assistiamo a dinamiche simili. Sempre lo stesso personaggio, diversi anni fa (credo nel 2006, non sono riuscito a comprenderlo con certezza) si è reso protagonista di un episodio altamente discutibile (quantomeno) in una trasmissione televisiva francese. Vedere oggi il video di quello che è accaduto in quel frangente è agghiacciante, perché per la mia sensibilità descrive senza timore di smentita una violenza in piena regola (peraltro tra le risate generali dei conduttori e di parte del pubblico). Eppure, in seguito non è accaduto nulla. Nemmeno quella volta. Qualche articolo di giornale, qualche polemica, e tutti felici e contenti. Come si può accettare tutto questo? “Era un programma goliardico”, dice qualcuno, “e certi siparietti avvenivano in tutte le puntate”. È una giustificazione? Secondo me no. Ma siamo qui, nel 2024, e su uno dei maggiori servizi streaming del mondo (Netflix, appunto) ci ritroviamo una serie tv dedicata a quest’uomo. Per quanto mi riguarda, sapete, si è rotto qualcosa. C’è chi la chiama “dissonanza cognitiva”, e non penso che siamo molto lontani dalla verità. Ho usato il nome di quel personaggio solo per esemplificare un concetto, che però purtroppo troppo spesso vediamo concretizzarsi. Mi chiedo in questi casi dove sia il (vero) femminismo, ammesso che esista. Dove sia la lucidità mentale che ci consenta di guardare la realtà con obiettività, e senza cercare scuse o giustificazioni che non esistono. È possibile fare le persone serie, per una volta? A quanto pare no. L’ipocrisia, la falsità, la superficialità devono vincere sempre. È per questo che viviamo nel fango, che tutto è crollato, e che mancano le basi solide, per un futuro degno di questo nome. Siamo sempre, tutti, troppo distratti da quel che ci vuol essere imposto. Dalle frasi fatte, dagli slogan, dai tentativi di lavarsi la coscienza. E facciamo tante brutte figure, agli occhi di Dio.
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kon-igi · 1 year ago
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Salve doc, mi può dire in che modo occuparsi di problematiche maschili oscura le problematiche femminili? Se si possono trattare più problemi alla volta come mai le sue amiche femministe ce l'hanno a morte con chi si occupa di determinate tematiche trascurate? è grave la facilità con cui la gente (anche lei) usa la parola incel per definire chiunque dissenta. A mio parere il problema è che certe persone vogliono avere il potere di dettare la narrativa su tutto: " i tuoi problemi te li dico io"
Perché il problema del tizio che si lamenta di quanto gli costi riempire la piscina per l'aumento del prezzo dell'acqua non ha pari dignità di quelli che stanno morendo di sete.
Cioè, nessuno ti tappa la bocca e sicuramente raccoglierai molti consensi tra i possessori di piscina e di faccia come il culo ma non puoi esigere di spingere tale argomentazioni per portarla al pari di quell'altra e lamentarti se qualcuno ti fa notare, magari in modo veemente, tale cosa.
Parlare di violenza contro gli uomini è la stessa artificiosa contrapposizione di All lives Matter a Black Lives Matter: certo che esiste anche la violenza contro gli uomini e certo che tutte le vite contano ma i numeri sono impari... quanti bianchi muoiono rispetto ai neri e quanti uomini per mano di donne rispetto al contrario?
Ed poi è un argomentazione pretestuosa da bambini frignoni che vogliono sentirsi prima miserabili come gli altri e poi di più.
Non sei un Incel... tua mamma ha solo toppato col rinforzo positivo caratteriale e ti ha trasformato in un groviera emotivo.
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