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#il problema non è solo la violenza
altrovemanonqui · 1 year
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Che poi, il problema non è solo la violenza. Non è solo l’orrore, non è solo la prevaricazione, la mancanza di rispetto, la mancanza di amore, la mancanza di dignità, la mancanza di tenerezza, la mancanza di vergogna, la mancanza di un’educazione sentimentale di base, minimale, da definire banale se non fosse che, evidentemente, banale non è, anzi, è tutto l’opposto. Il problema è anche la cultura del “ti faccio vedere cosa so fare”. Ti faccio vedere fino a che punto arrivo, ti mostro, mi mostro, condivido, condividi, spartisco, mi aggrego, fammi contare qualcosa, guardami, guardami, guardami, guarda cosa so fare, dimmi che ti piaccio, dimmi quanto ti piaccio, e se faccio di più, ti piaccio di più? Come li supero, gli altri? Posso essere meglio, degli altri, lo giuro, ma tu guardami, giudicami se vuoi ma guardami, guardami a tutti i costi. Nella perversione dell’abuso, la perversione dello sguardo degli altri, e questa è un’altra delle tragedie a cui partecipiamo, quotidianamente, in questo turbinio visivo di automasturbazione antierotica. Non c’è sesso, non c’è desiderio, non c’è piacere, non c’è erotismo, non c’è nulla, o meglio c’è l’assenza di ogni cosa.
Mark Rothko, parlando dei futuri acquirenti dei suoi quadri, dei critici che ne avrebbero tessute le lodi, chiama in causa la volgarità del loro sguardo, è ossessionato e intristito da “quegli sguardi volgari” che si affacceranno alle sue opere, estensioni della sua anima, che pagheranno per averle e poterle ammirare, nelle proprie case, nelle proprie gallerie, ogni singolo giorno, che le faranno loro ma senza capire, senza comprenderle, senza comprenderlo, rozzamente, convinti di averle, di possederlo.
Non faccio che pensare alle sue parole in questi giorni.
Gli sguardi volgari.
Le mani volgari, le parole volgari, i messaggi volgari, la battute volgari, i cuori volgari, le anime, così dolorosamente volgari.
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kon-igi · 6 months
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I GIAPPONESI, MEDIAMENTE, STANNO MALE MA LA SANNO LUNGA (cit.)
Ieri, oltre ad aver sistemato il problema al motore del mio fuoristrada appiccicando dello scotch davanti alla spia del guasto (si chiama Metodo Vorace Bestia Bugblatta di Traal), un tamblero ungherese mi ha suggerito di fare un upgrade e coprire i gemiti del motore ascoltando la musica a tutto volume (il mio motore emetteva gemiti? Non lo so... avevo la musica a tutto volume!)
Fatto sta che in un impeto di autolesionismo estremo, su youtube scelgo un collage della durata di 60 minuti - il tempo del viaggio di ritorno a casa senza fare i tornanti in derapata, sia mai che i gemiti del motore coprissero la musica - dicevo, un collage di tutte le sigle dei cartoni animati anni '70-'80, quindi Cristina D'Avena esclusa.
Ora, può darsi che i miei gusti musicali siano pessimi (lo sono) e che io abbia la sindrome di Munchausen a Stoccolma (mi avveleno da solo con cose che mi hanno reso psicodipendente da bambino) però è stato un viaggio davvero molto... istruttivo (che fatica non aver messo la D) perché mi sono reso conto che oggi i bambini non possono avere ciò di cui è stato fatto dono a chi guardava i cartoni animati sulle tv regionali.
Il trauma psicofisico di una violenza televisiva gratuita e improvvisa senza la minima censura o il minimo controllo della società.
E non sto parlando di Goku che frugava nelle mutande di Bulma chiedendosi cosa fosse quella cosa ma robe tipo Ninja Kamui, Kyashan o Judo Boy che AMMAZZAVANO DI BRUTTO LA GENTE CON TANTO DI TORTURA E SCHIZZI DI SANGUE.
Voglio dire, l'Uomo Tigre crepava di mazzate i suoi avversari ma non modello Goku Super Sayan AAAAAAAAHHHHHH!!!!... una roba più tipo il poliziotto preso a rasoiate in Pulp Fiction
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E cosa dire di Bem il Mostro Umano?
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Cioè, non lo so... 'umano' perché lui dava solo bastonate, mentre i cattivi cavavano occhi, evisceravano pance e torturavano bambini. Letteralmente.
Ho in mente questa scena in cui Ninja Kamui sta meditando su un albero (?!) e a poca distanza da lui un brigante cattura una donna e le taglia la gola con un coltello... uno schizzo di sangue della vittima imbratta il volto del protagonista ma il narratore afferma subito che lo stato di meditazione del ninja era così profondo che lui non poteva accorgersene.
Avevo 9 anni.
In genere, però, anche nelle serie più kid-friendly c'era questo sottile filo di sado-masochismo per cui ok che il/la protagonista trionfava ma per riuscirci dovevano SOFFRIRE VISTOSAMENTE, preferibilmente assistendo alla morte atroce di parenti o amici di infanzia e subendo torture da Guantanamo (spesso autoinflitte, per quella storia di Nietzsche temo un po' sfuggita di mano al mangaka).
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Comunque - e qua so di citare un cosa praticamente irraggiungibile conoscitivamente dalla maggior parte di voi - la cosa che ancora adesso mi mette più angoscia è il ricordo di Madame Butterfly che durante gli allenamenti fa espodere con furia le palline da tennis contro al muro.
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Poi sono arrivati il MOIGE e il CODACONS, quindi ora i bambini vivono in uno stato di dissociazione mentale dovuto ai buchi di trama per i tagli censori e alle cugine assolutamente non lesbiche di Sailor Moon.
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missviolet1847 · 5 months
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Cari Compagni,
sì, Compagni , perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino " CUM PANIS " che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane .Coloro che lo fanno condividono anche l'esistenza con tutto quello che comporta : gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze.
È molto più bello che "Camerata " come si nominano coloro che frequentano stesso luogo per dormire, e anche " Commilitone " che sono i compagni d'arme.
Ecco, noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche , insieme, vissuto IL PANE DELLA LIBERTÀ che è il più difficile da conquistare e mantenere .
Oggi che, come diceva Primo Levi , abbiamo una casa calda e il ventre sazio, ci sembra di aver risolto il problema dell'esistente e ci sediamo a sonnecchiare davanti alla televisione.
All'erta Compagni !
Non è il tempo di riprendere in mano un'arma ma di non disarmare il cervello sì, e l'arma della ragione e più difficile da usare che non la violenza. Meditiamo quello che è stato e non lasciamoci lusingare da una civiltà che propone per tutti autoveicoli sempre più belli e ragazze sempre più svestite. Altri sono i problemi della nostra società: la PACE , certo ,ma anche il LAVORO per tutti , la LIBERTÀ di accedere allo studio , una vecchiaia serena ; non solo egoisticamente per noi , ma anche per tutti i cittadini .Così nei diritti fondamentali della nostra Costituzione nata dalla RESISTENZA .
Vi giunga il mio saluto , Compagni dell'associazione Nazionale Partigiani d'Italia e Resistenza sempre.
Vostro Mario Rigoni Stern , Mira ( Venezia )
20 gennaio 2007 ( lettera inviata all'Anpi di Treviso
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susieporta · 1 month
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Parlare di problemi di relazione è sbagliato, perché lo stare assieme a qualcuno, passato il periodo di “luna di miele”, questo non farà altro che portare fuori ciò che era nascosto al nostro interno nel subconscio.
Dunque, non è la relazione il problema, dato che la relazione non fa che portare a galla tutto ciò che era nascosto nell’inconscio di ognuno.
Aprirsi all’altro, apre l'inconscio...
Se c’era amore inespresso, allora la relazione, nel tempo, porterà fuori sempre più amore.
Se c’era rabbia, frustrazione, depressione, allora la relazione, nel tempo, porterà fuori sempre più rabbia, frustrazione e depressione.
Se c’era gelosia, aggressività, invidia, avidità e desiderio di dominare, allora la relazione, nel tempo, porterà fuori queste cose.
Dire che il problema sta nella relazione, questo significa che stiamo usando una strategia per non guardare dentro noi stessi e scoprire che siamo noi gli unici responsabili per tutto ciò che buttiamo nella relazione.
Nessuno può fare uscire da te, ciò che non stava già dentro di te...
Il fatto è che, uno ha bisogno di qualcuno su cui proiettare suoi problemi irrisolti altrimenti si ammalerebbe, per questo che una persona negativa...una persona con un inconscio carico di emozioni negative non può stare da sola, altrimenti impazzirebbe.
Nel caso di una persona amorevole invece, succede l’esatto contrario; una persona amorevole può stare benissimo anche da sola, non impazzisce affatto, anzi rinsavisce e gode di se stessa e della sua vita anche stando da sola.
Ricorda: solo una persona carica di negatività e di problemi irrisolti sente il bisogno ossessivo di stare in una relazione, altrimenti impazzisce.
L’ossessione verso un altra persona è già malattia.
Una persona amorevole ha il piacere di relazionarsi, cosa che non è affatto un bisogno; una persona amorevole non accetta nessun tipo di violenza o di abuso; non discute mai, non litiga...
A che cosa serve il mettersi a discutere e a litigare se non a convincere l’altro di farsi carico della nostra violenza e del nostro pattume interiore che stiamo tentando di far passare per amore?
E se non c’è amore da condividere, allora uno se ne va semplicemente per la sua strada, perché non ha nessun bisogno di farsi abusare...solo chi ha dei grossi problemi interiori sta lì a farsi abusare con la scusa dell’amore.
E’ tutto molto semplice e chiaro, tranne per chi si è affezionato al gioco del carceriere e del carcerato.
Il problema non è la relazione, perché la relazione non fa altro che da agire cassa di risonanza per tutto ciò che si trova al nostro interno che non vogliamo vedere.
Roberto Potocniak
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soldan56 · 1 year
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Cerasa però sbotta: “Mi scusi: pulizia etnica?” “Sì, potrebbe accadere”, risponde lo storico. Il direttore del Foglio rilancia: “Ma lei pensa davvero che Israele voglia uccidere i palestinesi in quanto palestinesi? Non pensa che la pulizia etnica sia quella che vogliono fare gli islamisti che vogliono uccidere gli ebrei in quanto ebrei perché negano completamente il loro diritto a esistere?”.
Kamel spiega: “La de-umanizzazione è un problema strutturale. C’è qualcuno che la vede solo da una parte, io invece l’ho vista coi miei occhi per tanti anni da entrambe le parti. Forse lei non ha prestato attenzione al fatto che questo è già avvenuto nel 1948. Al confine col Libano c’è il kibbutz di Sasa, che prima era un villaggio palestinese chiamato Sa’sa’: fu completamente spopolato durante la guerra arabo-israeliana del 1948 – conclude – Ci sono anche altre centinaia di villaggi palestinesi che sono stati spopolati, rasi al suolo e rinominati. E i palestinesi con la forza sono stati portati nella Striscia di Gaza. Quindi, se non si è vista questa pulizia etnica e questa violenza strutturale, è perché non si conosce la storia“.
Cerasa a pesci in faccia
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ma-come-mai · 2 months
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La Democrazia Americana
"Portano violenza,
e poi vogliono insegnare al mondo come ci si comporta democraticamente,
non meritano la nostra ammirazione"
"Cari ascoltatori, è molto diffusa l’opinione, non solo in Italia, ma in mezzo mondo, che gli Stati Uniti siano un modello di democrazia. Io, naturalmente, non ho niente contro gli americani, però mi piacerebbe essere minimamente obiettivo per raccontare leggermente la loro storia. Intanto, in quanto ai loro presidenti, ne hanno stecchiti quattro o cinque, così, assassinati, cosa che per esempio in Italia non è mai accaduta, neanche in altri Paesi. Insomma, gli americani quando si stancano di un presidente gli sparano e poi fanno dei bei funerali, quattro lacrime, e si passa al prossimo da assassinare. Insomma, una cosa veramente vergognosa. Ma è la storia degli americani che è inquietante. E quindi l’America non merita tutta la stima che noi abbiamo nei confronti degli Stati Uniti. E vi racconto molto brevemente la loro storia: hanno cominciato con l’uccidere tutti gli apache, i famosi indiani, ci hanno girato mille film su questo argomento. I poveri indiani che si difendevano con l’arco e le frecce, e invece gli americani che usavano ovviamente il fucile e la pistola, e quindi, diciamo, una partita un po’ truccata, ma niente di più. Poi cos’hanno fatto gli americani? Sono andati in Africa e hanno deportato un numero sterminato di neri, li hanno schiavizzati, li hanno trattati male per secoli e adesso passano per quelli buoni, che naturalmente devono insegnare al mondo come ci si comporta democraticamente. Fatta anche questa operazione, cosa hanno fatto gli americani? Così io sintetizzo. Sono andati in Giappone e hanno sganciato due bombe atomiche, due, una su Nagasaki e una su Hiroshima, facendo una quantità sterminata di vittime e anche questa è una bella prodezza. Non paghi, sono andati in Corea a fare un’altra guerra, e anche lì è successo di tutto. Poi sono andati in Vietnam
a massacrare i vietnamiti, un’altra prodezza, diciamo. Poi sono andati in Iraq. Ricorderete, dove volevano esportare la democrazia, invece hanno esportato la morte, perché ne hanno stecchiti un vagone.
Poi hanno finito di fare
i bulli gli americani?
No signori, sono andati anche in Afghanistan.
E lì abbiamo visto com’è andata a finire. Si sono fermati vent’anni, dovevano cambiare la società, non hanno cambiato niente e hanno, diciamo, lasciato una scia di sangue, di morti ammazzati, come loro abitudine. Ecco, questi sono gli americani. E noi dovremmo guardarli con ammirazione nel tentativo di imitarli? Io penso proprio che no. Molto meglio noi italiani, che siamo un po’ confusionari, abbiamo avuto qualche problema, ma rispetto agli Stati Uniti siamo Biancaneve".
- Vittorio Feltri
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orotrasparente · 1 year
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napoli, firenze e palermo hanno in comune che nel giro di 5 giorni sono salite alla cronaca nera per notizie di stupro e femminicidio o per ragioni della solita becera “gelosia e possessività malata” o semplicemente perché uno ha voglia, indi mi chiedo solo perché è così facile per alcune persone (non umani, persone, perché di umano non c’è nulla) rovinare o togliere una vita come se giocassero a fare dio e mi chiedo anche com’è possibile che molte persone anche giustificano queste cose “eh ma lei lo tradiva, lui è impazzito e l’ha uccisa”, ma manco nel 1700 sti ragionamenti
oppure, distruggi la vita di una persona togliendole il diritto sacrosanto di avere fiducia nel prossimo e traumatizzandola per anni - se va bene - o a vita e la conseguenza di ciò è:
L'art. 609-bis (Violenza sessuale) punisce con la reclusione da 5 a 10 anni chi, con violenza o minaccia o abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali.
è chiaro che è troppo poco come risposta 5/6/7 anni di galera che diminuiranno per i vari benefit che danno ai carcerati in base alla loro condotta, non ci sarà mai una soluzione al problema se distruggere una vita vale un paio di anni di galera, qui non si tratta di sbagliare ma di annientare consapevolmente un’altra persona
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sarcasm-andotherstuff · 10 months
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1) Not all men, non tutti i maschi sono così, non potete generalizzare.
Non generalizzo, ma non vedo per quale ragione dovrei lodare qualcuno per non essere un assassino. Quando un uomo si sente in dovere di precisare di essere diverso da un tizio che controlla, rapisce, aggredisce, uccide una donna che cosa vuole esattamente, un applauso? Una medaglia? Riceviamo forse un premio per non essere criminali?
Non commettere violenza è il livello base di convivenza civile: non si dipinga il minimo della decenza come una prova di virtù.
Se poi la paura è legata alle relazioni (“le donne hanno paura degli uomini, resterò scapolo tutta la vita”), si sappia che per chiunque l’intimità è anche vulnerabilità. Il timore d’essere temuti credo possa almeno pareggiare con il timore di subire violenza, no?
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2) Cherry picking e benaltrismo (Non c’è un aumento di casi! E allora i maschicidi? Gli infanticidi? E allora i paesi islamici?)
Primo. Se si parla di violenza sulle donne il tema è la violenza sulle donne, se ritenete meritevoli di dibattito altri temi fatevi i post vostri.
Secondo. L’allarme sociale si crea di fronte a fenomeni statisticamente rilevanti, non necessariamente in numeri assoluti. Esibire il grafico che mostra che le vittime femminili di omicidio restano costanti negli anni, come se quel dato fosse una vittoria, mostra la mancata comprensione della tendenza, visto che, a fronte della generale diminuzione dei reati (e degli omicidi) la mancata flessione delle vittime femminili non può essere interpretata positivamente.
Terzo. Il fatto che le donne in Iran siano perseguitate e oppresse non rende sopportabile la violenza di genere altrove, né rende capricci o voluttà le rivendicazioni femministe.
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3) Volemosebene, basta guerra tra i sessi!
Denunciare la violenza di genere, riflettere sul patriarcato non significa, né ha mai significato, odiare i maschi, né ingaggiare un derby donne contro uomini, ma casomai criticare un certo tipo di maschi (ma pure di femmine, che ne adottano retorica). In altri termini, significa riconoscere l’egemonia culturale che il privilegio maschile ha imposto e impone. E far emergere questo conflitto, non tra maschi e femmine, ma tra patriarcato e parità, richiede anche argomentazioni forti e toni aspri: nella lotta contro disuguaglianze e discriminazioni, il bon ton non è un requisito essenziale.
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E, quanto a retorica, anche in buonafede, sappiate che non abbiamo bisogno di sentirci dire che doniamo la vita o che siamo esseri angelicati: siamo tutte diverse, con idee, temperamenti, caratteristiche differenti, così come i maschi, così come chiunque. Abbiamo bisogno, e abbiamo diritto, tuttə, di avere potere sul nostro corpo, sul nostro spazio, fisico, psicologico e sociale. Abbiamo bisogno di elaborare e rivendicare, di vivere e di convivere, di legarci restando persone, individualità che esistono non solo in funzione di qualcuno o di qualcosa.
E tra i maschi non cerchiamo, né dovremmo cercare, eroi, salvatori, giustizieri o principi azzurri. Se davvero, sinceramente, autenticamente, non per provocazione o polemica, temete il femminismo e non cogliete problemi nel modello patriarcale, ma vorreste non essere parte del problema, siateci alleati. Riconoscete il privilegio di cui godete (che non è una colpa, è un vantaggio), iniziando da quello della parola: per una volta, lasciate il palco, il microfono, il megafono, l'editoriale, l’ospitata in tv. E chiedete, leggete, ascoltate, cercate di capire e non convincetevi subito di esserci riusciti. Imparate a condividere e rilanciare le parole altrui: ci sono persone che parlano veloci per l’abitudine di essere interrotte, ci sono discorsi che meriterebbero ascolto invece che lezioni, ci sono voci che andrebbero amplificate.
E quando si ha un privilegio il miglior servizio è farsi cassa di risonanza.
Roberta Covelli
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ross-nekochan · 4 months
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Racconti di viaggio - parte 3
Ultimo punto dell'India è: la tradizione e la famiglia.
L'India mi è parsa una Napoli del dopoguerra anche per questo: l'attaccamento che hanno nei confronti della famiglia è fortissimo. E il matrimonio è uno dei mezzi che hai per ringraziarla. Perché sei obiettivamente obbligato a sposarti, tant'è vero che se non ti riesci a scegliere un partner, ebbene, allora ci pensano loro (roba da 19mo secolo europeo proprio). La coppia sposata va a vivere a casa del marito, letteralmente, non nel palazzo come spesso si fa al sud che si va al piano di sotto o di sopra, nono, proprio nello stesso appartamento (che sono anche più piccoli dei nostri).
Il matrimonio dura diversi giorni, anche se mi hanno detto che la cosa è molto variabile. L'India, più che una nazione è un continente: non si parla la stessa lingua (l'inglese è la lingua comune ufficiale ma non la sanno parlare tutti), non si crede nella stessa religione e le variazioni nella stessa possono essere innumerevoli (peggio del cristianesimo). Il matrimonio a cui ho partecipato io è durato quasi una settimana, anche se io ho vissuto solo 3 giorni: il primo giorno cena con tutti i parenti di entrambe le famiglie; il secondo, meno formale, solo tra i propri parenti; il terzo, cena grande con tutti quanti e col rituale più importante che dura fino al mattino seguente. Ma ci sono state altre funzioni e rituali a cui non ho partecipato. Nota curiosa: nella cultura indù non esiste lo scambio di fedi. Però ci si scambia una corona di fiori che ha bene o male la stessa valenza.
I novelli sposi non si sono mai baciati o abbracciati per tutto il tempo. Probabilmente è dato anche dal fatto che spesso ci si sposa non per amore, ma perché ci si vuole bene, come se si fosse fratelli. Ed è già tanto se si considera che ci si debba sposare per forza.
Infatti anche nei film indiani le scene con baci o leggermente erotiche sono inesistenti e viene messo in scena solo una versione di amore puro, quasi infantile. Il sesso è ancora tabù e la donna deve ancora mantenersi vergine fino alla prima notte da sposa. Allo stesso tempo, lo stupro e la violenza sulle donne è ancora un problema serissimo e le donne che denunciano o che raccontano niente sono praticamente pochissime mosche bianche.
Questi sono i motivi principali per cui l'India è una potenza economica ed è il paese più popoloso al mondo. Quando esistono valori forti come la famiglia, la società ha un futuro perché vivi tutto come obbligo morale ma naturale. Nella nostra cultura da primo mondo questo valore fondamentale si è perso e si vive per sé stessi e nessun altro. È vero, si è liberi, senza catene, ma questa libertà ha un costo psicologico e sociale che spesso non viene menzionato: la solitudine, la depressione, la difficoltà nell'instaurare nuove relazioni interpersonali e, finendo la catena, al calo demografico.
Molto probabilmente l'India affronterà lo stesso problema nei prossimi decenni, dato che, persino la Cina la sta attualmente affrontando. Chissà come diventerà.
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tiaspettoaltrove · 6 months
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È ora di smetterla con gli intoccabili.
Sono stanco di questo mondo fatto sempre di troppi pesi e troppe misure, di intoccabili, di eccezioni che non confermano la regola, ma cercano di demolirla. Sono stanco di questo mondo in cui si sfugge dall’onestà intellettuale, dalle riflessioni sofferte ma necessarie, dalla trasparenza. Un mondo in cui non ci si mette a nudo, ma si “scrolla” Tik Tok al posto d’indagare se stessi. E dire che una cosa non escluderebbe l’altra. Un problema enorme del nostro tempo, certamente uno dei più grandi in assoluto, è quello della personalizzazione del crimine. Ovvero: non è importante la cattiva azione in sé, quanto chi la compie. Ed è così che, a seconda di chi è il colpevole, tutto può essere affievolito o aggravato. Eppure, di fatto, la violenza è violenza. Giusto? Si è parlato, in questi giorni, di una giornalista che ha denunciato Rocco Siffredi, reo di averla molestata nell’ambito di un’intervista sulla serie tv Netflix a lui dedicata. Esistono i tribunali, i processi, i giudici, quindi in questa sede non parlerò del caso specifico. Mi limito però a dire che non è la prima volta che assistiamo a dinamiche simili. Sempre lo stesso personaggio, diversi anni fa (credo nel 2006, non sono riuscito a comprenderlo con certezza) si è reso protagonista di un episodio altamente discutibile (quantomeno) in una trasmissione televisiva francese. Vedere oggi il video di quello che è accaduto in quel frangente è agghiacciante, perché per la mia sensibilità descrive senza timore di smentita una violenza in piena regola (peraltro tra le risate generali dei conduttori e di parte del pubblico). Eppure, in seguito non è accaduto nulla. Nemmeno quella volta. Qualche articolo di giornale, qualche polemica, e tutti felici e contenti. Come si può accettare tutto questo? “Era un programma goliardico”, dice qualcuno, “e certi siparietti avvenivano in tutte le puntate”. È una giustificazione? Secondo me no. Ma siamo qui, nel 2024, e su uno dei maggiori servizi streaming del mondo (Netflix, appunto) ci ritroviamo una serie tv dedicata a quest’uomo. Per quanto mi riguarda, sapete, si è rotto qualcosa. C’è chi la chiama “dissonanza cognitiva”, e non penso che siamo molto lontani dalla verità. Ho usato il nome di quel personaggio solo per esemplificare un concetto, che però purtroppo troppo spesso vediamo concretizzarsi. Mi chiedo in questi casi dove sia il (vero) femminismo, ammesso che esista. Dove sia la lucidità mentale che ci consenta di guardare la realtà con obiettività, e senza cercare scuse o giustificazioni che non esistono. È possibile fare le persone serie, per una volta? A quanto pare no. L’ipocrisia, la falsità, la superficialità devono vincere sempre. È per questo che viviamo nel fango, che tutto è crollato, e che mancano le basi solide, per un futuro degno di questo nome. Siamo sempre, tutti, troppo distratti da quel che ci vuol essere imposto. Dalle frasi fatte, dagli slogan, dai tentativi di lavarsi la coscienza. E facciamo tante brutte figure, agli occhi di Dio.
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kon-igi · 1 year
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Salve doc, mi può dire in che modo occuparsi di problematiche maschili oscura le problematiche femminili? Se si possono trattare più problemi alla volta come mai le sue amiche femministe ce l'hanno a morte con chi si occupa di determinate tematiche trascurate? è grave la facilità con cui la gente (anche lei) usa la parola incel per definire chiunque dissenta. A mio parere il problema è che certe persone vogliono avere il potere di dettare la narrativa su tutto: " i tuoi problemi te li dico io"
Perché il problema del tizio che si lamenta di quanto gli costi riempire la piscina per l'aumento del prezzo dell'acqua non ha pari dignità di quelli che stanno morendo di sete.
Cioè, nessuno ti tappa la bocca e sicuramente raccoglierai molti consensi tra i possessori di piscina e di faccia come il culo ma non puoi esigere di spingere tale argomentazioni per portarla al pari di quell'altra e lamentarti se qualcuno ti fa notare, magari in modo veemente, tale cosa.
Parlare di violenza contro gli uomini è la stessa artificiosa contrapposizione di All lives Matter a Black Lives Matter: certo che esiste anche la violenza contro gli uomini e certo che tutte le vite contano ma i numeri sono impari... quanti bianchi muoiono rispetto ai neri e quanti uomini per mano di donne rispetto al contrario?
Ed poi è un argomentazione pretestuosa da bambini frignoni che vogliono sentirsi prima miserabili come gli altri e poi di più.
Non sei un Incel... tua mamma ha solo toppato col rinforzo positivo caratteriale e ti ha trasformato in un groviera emotivo.
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iviaggisulcomo · 1 year
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(Cose che ho imparato da quando conosco Miyagi)
La ricerca di un qualche equilibrio potrebbe prendere tutta la vita, e perciò esasperarsi per tutto questo andirivieni emotivo non serve granché; gli alti e bassi ci saranno sempre, costellano l'esistenza e impegnarsi così tanto per soffocare, respingere, comprimere ogni sensazione o pensiero che non ci piace è solo un gran dispendio di energie che forse potrebbero essere impiegate un filo meglio; ci servirebbe, ecco, magari ci servirebbe prestare attenzione a quei momenti, più o meno rari, in cui riusciamo per miracolo a rabescare briciole di serenità e spensieratezza, da alternare ai tanti momenti in cui invece ci crogioliamo nella profonda tristezza delle nostre miserie.
“Non pensarci” spesso non è una soluzione applicabile, sfuggire è facile ma un po’ vigliacco e quel nostro lato oscuro si è seduto sulla nostra poltrona per un motivo. Accogliere, ascoltare e comprendere è faticoso ma dovremmo almeno provarci, perché i campanelli di allarme non sono da confondere con il pericolo. 
Le relazioni passate e presenti non possono ridursi a un singolo ricordo, sensazione o impressione sbiadita; abbracciano più parti di noi stessi, anche quelle che ancora non comprendiamo appieno.
Abbiamo un gran bisogno di imparare l'accettazione di quelle (tante) cose che non possiamo cambiare, perché altrimenti quel pugno nello stomaco non si dissolverà facilmente. Abbiamo un gran bisogno passare attraverso, imparare nuovi modi di interpretare la paura di tutto: delle foglie che cadono, delle parole che non vorremmo mai sentire pronunciare, di guardare negli occhi, di esprimere vissuti, di incoraggiarsi, di non sentirsi equipaggiati per affrontare nessuna delle sfide che incrociano il nostro cammino.
Un pugno chiuso non può contenere nulla, un palmo aperto può contenere il mondo: accogliere il problema è il primo passo per superarlo, così come per stare a galla più facilmente occorre abbandonarsi a quell'acqua che temiamo. Talvolta le sfide si vincono con la pazienza del germoglio e non con la violenza dell'incastro.
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susieporta · 3 months
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IL MOMENTO GIUSTO
Esiste una condizione fondamentale...
Che certe cose accadono da sole, e solo quando arriva il momento giusto, e tu non puoi forzarle a farle accadere, come l’amore ad esempio.
Al massimo puoi rimanere aperto, ricettivo e disponibile, cercando di non ostacolare.
Lo stesso vale anche per certi stati di coscienza superiore: accadono perché hai preparato il terreno giusto, ma non sei stato tu a farli accadere, nessuno ha il potere su questi stati trascendenti, e sarà la tua vanità, la tua avidità, e le tue aspettative, a farli sparire per mesi e mesi...perché volevi impossessartene, perché l’ego voleva impossessarsi dell’amore, della consapevolezza, della compassione, dell’umiltà, della bontà...quando hai sperimentato questi stati che ti sono accaduti.
Il problema è sempre l’ego ed il suo bisogno di possedere e di controllare ogni cosa, ed è così che ti lasci sfuggire tutto ciò che ha realmente valore nella vita.
Guardi una bella persona, e subito nella tua mente si formano il desiderio di possederla.
Guardi una bella casa o una bella automobile, e subito il desiderio di possesso.
Quando mangi, c’è un momento in cui il tuo corpo è più che soddisfatto, ma tu continui a mangiare per gola, per avidità, per riempirti al massimo fino a stare male.
E’ bello stare con le persone, a condividere l’amicizia, ma anche qui c’è uno stop se ti ascolti...se non ti perdi negli altri, e proseguire oltre è sintomo di paura della solitudine, di bisogno di attenzione, di bisogno di riconoscimento, di avidità, di possesso...e non è più naturale ciò che stai facendo, non è più condividere.
E nel momento in cui credi di essere riuscito a possedere, ecco che sparisce lo stato di gioia...ecco che sparisce lo stato di meditazione, la consapevolezza, l’amorevolezza, l’estasi, a causa del tuo desiderio di possesso.
Ogni cosa scompare quando cerchi di possederla.
Osserva te stesso e tutti i giochi del tuo ego: avidità, ambizione, gelosia, invidia, controllo, possesso.
Osserva l’interconnessione...
Se osservi coscientemente e comprendi fino in fondo l'avidità, allora anche la rabbia sparirà, e se scompare la rabbia, allora scomparirà anche la gelosia e l’invidia, e se scompare l’invidia e la gelosia, allora scomparirà anche la violenza...dov’è tutte queste emozioni sono figlie dell’egocentrismo e della vanità.
Quando cerchi di possedere e di controllare, anche solo mentalmente, al tuo interno, non ha importanza, tu hai già perduto l’oggetto del tuo possesso.
Osserva i giochi della tua mente.
Osserva l'avidità.
Osserva che il tuo ego non è mai contento e vuole sempre di più...l’ego è una macchina che sforna continuamente nuovi desideri, nuove ossessioni, nuove manie.
Non ti lascerà vivere in pace...
Che cos’è l’avidita se non il tentativo di riepirti di qualcosa per riempire un profondo buco di insoddisfazione?
Puoi riempirti di cibo, di sesso, di relazioni, di televisione, di soldi, di successo, di potere...solo per compensare che tu non hai te stesso.
Il buco che stai cercando di riempire, è dato dal fatto che tu hai molte cose, e che hai accumulato moltissime cose in vita tua, ma ancora non hai ancora te stesso.
Manchi tu all’appuntamento con la vita.
Inoltre...
Anche combattere l’ego è un desiderio, ovviamente.
Dovrai solo osservarlo coscientemente fino in fondo, in tutte le sue manifestazioni e sfumature, e cadrà da solo, un pezzetto alla volta.
Questo fa parte del Lavoro pratico su se stessi.
Roberto Potocniak
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acciaiochirurgico · 2 days
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i tuoi messaggi mi fanno sempre male al cuore, hanno il potere di farmi diventare gli occhi lucidi anche nella più bella della giornate. ma non è tristezza no, è un misto di rabbia e nostalgia. ti odio e ti adoro con la stessa potenza ed intensità. vorrei che tornassi nella mia vita e al tempo stesso non averti mai conosciuta con la stessa violenza. ci sono giorni in cui mi manchi tremendamente, in cui vorrei che fossi ancora la mia migliore amica, la mia boccata d'aria fresca, la mia sof, semplicemente tu. e altri in cui il senso di abbandono che provo nei tuoi confronti mi soffoca al punto da voler cancellare ancora, ancora e ancora ogni traccia che mi ricorda del tuo passaggio fino a rompere tutto, a crinare lo schermo. siamo sempre state troppo diverse noi due: tu libera e selvaggia, io fedele e sedentaria. per te il mondo è un insieme di colori, e ti giuro che ogni volta che parlarvi riuscivo a distinguerli tutti, ogni ricordo che ho con te è sempre illuminato dal sole mentre per me, bhe, è sempre stato tutto o bianco o nero. la verità è che ho sempre saputo che prima o poi ti avrei persa, il problema è che sapevo fin da subito che non sarei mai stata in grado di accettarlo. sei entrata nella mia vita per sbaglio, per una sciocchezza, un telefono da vendere il che a raccontarlo lo fa sembrare sempre divertente, una di quelle storie a lieto fine di come ho conosciuto una delle persone più importanti della mia vita mentre sorseggi una tisana rumorosamente sdraiata sul mio divano. e invece finisce sempre tutto con "non so perché, ma non ci sentiamo più da anni." ed è questo il problema, tu sei semplicemente andata via ed io non ricordo quand'è stata l'ultima volta in cui ci siamo salutate, l'ultima volta in cui ho chiuso una telefonata con te ridendo, l'ultima volta che sono andata a dormire ed è diventato normale svegliarmi senza un tuo messaggio. il fatto è che per anni mi sono avvelenata il fegato così tanto nel tentativo disperato di capire cosa fosse successo che ad un certo punto ho deciso da sola che avevi semplicemente smesso di volermi bene, che per te andava bene così, che non ero più necessaria al tuo percorso di vita nonostante tutti gli anni trascorsi insieme e le promesse. non riuscivo a smettere di pensare perché fossi così felice di stare senza di me, del perché non avessi più bisogno o semplicemente voglia di raccontarmi le tue giornate, i tuoi sogni, i tuoi amori millenari. del perché la tua anima si fosse sciolta dalla mia e solo a me fosse rimasto un vuoto. vedevo le tu storie: eri sempre sorridente circondata da altra gente, altre amiche, e sembrava tutto così perfetto, completo, funzionante. e la rabbia cresceva, cresceva e diventava rancore.
hai provato a scrivermi qualche volta, ma non ero pronta a far finta di niente, ad accogliere un gesto così privo di tatto e di consapevolezza. non andavamo mai oltre al "come stai?" che già eri sparita di nuovo. la tua risposta arrivava dopo mesi e io non potevo far altro che sprofondare ancora di più in questa mia rabbia. e mi fa ridere, mi fa ridere si, perché al tempo stesso il bene che ti voglio non è mai cambiato, per quanto voglia non riesco davvero mai ad odiarti, a volermi staccare da te. mi sento intrecciata al tuo petto e inevitabilmente ti sento intrecciata al mio. solo qualche anno dopo siamo riuscite a parlarne davvero, mi hai mandato un video proveniente da un film che ho amato e sentire che quelle parole ti hanno fatta pensare a me mi ha curato da tutte le tue assenze e mi ha fatto capire che quando dici di volermi ancora bene, sei sincera. ti ho scritto tante lettere, hai risposto solo ad alcune e poi il silenzio, di nuovo. ma tu sei così e io non posso farci niente, è come voler rinchiudere un traditore in una relazione monogama e imporgli di essere sempre fedele. tu sei un spirito libero, selvaggio, e io non posso e non voglio incatenarti a me. ho imparato a convivere con la tua assenza e con la tua presenza a intermittenza. è buffo come nonostante tutto, non smetti mai di insegnarmi cosa sia l'amore e quante sfaccettature abbia. vorrei tornare a Milano in quella giornata di sole dove abbiamo riso tanto e ci siamo dette silenziosamente addio. Adesso l'ho capito, era in quel momento che ti stavo perdendo. se l'avessi saputo ti avrei abbracciato più forte prima di vederti sparire dietro le porte di quel treno. la vita ti porta sempre in posti nuovi e io ormai sono una meta vecchia ma lo so, sofi, lo so, tu mi vuoi bene e me ne vorrai sempre. adesso ho capito. non sempre sarò d'accordo su questa modalità di amicizia, e altre volte sarò triste, malinconia, arrabbiata ma come sempre tu saprai capirlo e il legame che ci unisce, l'amore che non svanisce, ti riporterà da me e con un tuo buffo e lungo messaggio improvviso, saprai illuminare di nuovo la mia giornata e fiducia in te, in noi.
sei la mia migliore amica, e lo sarai per sempre, ti abbraccio forte, alla prossima v(ita)olta,
Reb.
Tumblr media
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der-papero · 2 years
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Giovedì sera, nella mia serata con una amica, siamo finiti a parlare di un argomento a me molto caro e che ormai riempie la mia quotidianità, ovvero il sentimento anti-meridionale, che per me è una parola estremamente riduttiva, il problema è e sta diventando molto più complesso di quel "anti".
La parte facile per me è affrontare i razzisti quelli veri, perché io ho smesso con la logica buonista, melensa ed estremamente inutile del "dobbiamo essere migliori di loro", alla violenza io reagisco con altrettanta violenza, la deterrenza non è mai la soluzione al problema, ma lo è al mio. Oggi io li provoco volutamente, anche perché si legge già dalle prime parole il loro pensiero, loro VOGLIONO tirare fuori la loro "superiorità", è una necessità talmente forte dal risultare banale riuscire in questa cosa, e poi li smerdo pubblicamente, si finisce a fare la voce grossa, per ora non mi è mai accaduto ma sarei pronto ad arrivare anche alle mani, per me è un fatto personale, la vivo come una guerra perché tale è. E funziona, perché poi la merda parla con l'altra merda, e si è creato il vuoto attorno a me, ormai faccio fatica pure ad incrociarli perché "Antonio è uno stronzo, non ci voglio avere a che fare, non gli si può dire nulla". Che poi, giusto per chiudere questo paragrafo, quelli più infami sono proprio quelli vestiti da persone ultra-tolleranti (a loro modo di dire). Ultimo esempio in ordine di tempo? L'ho visto qua sopra, periodo di Sanremo, Pelù tira di botto una borsetta da una signora seduta in prima fila all'Ariston, e qualcuno ha avuto l'idea di farci subito un meme con su scritto "ED E' SUBITO NAPOLI". Da ammazzarsi dalle risate, si fa per scherzare, però io poi non capisco mai perché, se dovessi prendere una foto qualsiasi dal web di una persona con un boa rosa, piume e paillettes e ci scrivessi sopra "ED E' SUBITO FROCIO", io passerei *giustamente* per un intollerante troglodita di merda, quando io non ci vedo moltissima differenza tra i due esempi. Che ci volete fa', il mondo è quello che è, e, giusto una nota, questa persona non è nemmeno una brutta persona, ho citato la cosa solo perché "fresca", qui sopra c'è ben di peggio, c'è gente talmente di merda che se l'intolleranza fosse una materia, potrebbero tenere dei dottorati di ricerca, ed è proprio per questo motivo che io non credo in alcun tipo di dialogo o confronto o educazione, la mano in faccia, lo sputo in un occhio, l'insulto pesante è l'unica risposta valida, non esiste civiltà, umanità o persino compromesso.
Ma adesso passiamo ai miei nuovi nemici, con i quali ho molta difficoltà a capire come interagire.
In primo luogo perché, e l'ho scritto tante volte qui, non ci ritorno, io ero uno di loro. Ma la cosa che mi irrita, mi fa davvero incazzare, ancora di più della marmaglia descritta sopra è che da un lato si schierano inconsapevolmente dalla parte dei carnefici facendo finta di fare un favore alle vittime, dall'altro identificano il problema nella vittima stessa, per loro è l'origine di tutto il male, per condire il tutto con il classico velo ipocrita dell'immagine e dell'accettazione sociale, che a loro detta è più importante del vestito che uno si sceglie.
Se la smettessi di fare la macchietta, non si alimenterebbe lo stereotipo che ci colpisce.
Che è un po' come risolvere in modo facile il problema del colore della pelle, no? Che ci vuole: se i neri smettessero di essere tali e diventassero bianchi, fine del casino. O, per riprendere un po' l'esempio di prima, avete presente quando, ad ogni Pride, una buona fetta dei media riprende e documenta *esclusivamente* solo una sezione della manifestazione, dove ci sono persone che liberamente e sacrosantemente espongono il loro vivere nel modo che le rende più felici e queste immagini vengono poi puntualmente strumentalizzate con "Hai visto? Quelli sono gli omosessuali, gente che sculetta, mezza nuda, che prende cazzi ad ogni angolo di strada! Se si comportassero come tutti gli altri, non verrebbero discriminati!". Quindi la soluzione è nascondersi, cambiare identità, così le merde di prima si sentono a proprio agio e l'intolleranza, puff, scompare per magia.
L'errore di fondo e molto grave che queste persone commettono è nel non capire che il pregiudizio non è una cosa che si alimenta, è una cosa immutabile, che esiste perché fa parte della propria identità. Quello che le merde fanno non è alimentarlo, non ce ne è bisogno, hanno solo necessità di conferme per supportare il loro bias.
Vi ricordate quella storia di quel coglione di tabaccaio che rubò il biglietto vincente alla signora anziana e provò in modi ridicoli a scappare alla Giustizia facendo una delle figure di merda più eclatanti degli ultimi anni? Una persona "civile" di Tumblr postò la notizia presa da uno dei tanti quotidiani online qui sopra per farci due risate, e fin qui nulla di male, se non fosse che poi aggiunse un tag che recitava poteva accadere dovunque. Ed è qui il cherry-pick dell'intolleranza, il razzismo più infame, in questo minuscolo gesto, estremamente subdolo e che passa sempre in secondo piano, come quell'insulto detto a denti stretti, ovvero la ricerca di conferme, "ho ragione, ci ho sempre visto giusto su quella gente", che non è nemmeno il pensarlo, se dovessi dirvi tutto quello penso altro che razzista, è il volerlo affermare, urlare, pubblicamente, perché è una verità che ESISTE A PRIORI e va solo ripetuta.
Quello di cui queste nuove persone, come vogliamo chiamarle, ingenue?, non si accorgono è che l'equazione razzista esiste, pre-esiste le azioni e persiste nel tempo, ed è INDIPENDENTE da qualsivoglia episodio una persona possa essere protagonista, non c'è alcun gesto che possa cambiare le cose. Riconoscono che il problema è reale, ma oh, è colpa nostra, e se posso disegnare un pattern comune è che tutti questi soggetti non l'hanno mai subito, o lo hanno visto applicare su altre persone e hanno preferito voltarsi, e quando provo a spiegare tutto questo papiello, finisce sempre in una scena muta. Vi giuro che faccio una fatica immensa a gestire la rabbia anche verso di loro, perché tutta questa stronzata è coperta da una vomitevole buona fede, non si meriterebbero le mie uscite incazzose, ma sentirsi additati non è mai piacevole, e mi ritrovo ogni volta in un disagio infinito che mi trovo ahimè a gestire con quel poco di diplomazia che sono riuscito a raccogliere negli anni.
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pedrop61 · 2 years
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Di Nora Adriani
Dalla rubrica #uncaffèconNora
𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐋𝐢𝐥𝐢𝐚𝐧𝐚?! 𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐧𝐨 𝐯𝐚𝐱?!
“Si fa fatica a capire perché una donna mite e conciliante come Liliana Segre abbia dovuto trascorrere l’intera vita a ripararsi dall’odio” - si domanda Massimo Gramellini stamane sul Corriere della Sera proseguendo – “gli ultimi a detestarla, in ordine di tempo, sono i no vax che le augurano la morte sui social. Ma che cos’ha mai fatto di male, la senatrice sotto scorta, oltre a mettersi in coda per il vaccino e indossare la mascherina come milioni di altri anziani giustamente preoccupati degli effetti di un virus che stava mandando molti di loro al Creatore? Non si sa”.
Ebbene forse è il caso che si sappia, e io ve lo dirò, con la stessa onestà con cui lo faccio sempre.
Onestamente non credo che il problema sia di “Liliana” e dei senza identità "no-vax", termine peraltro già di per sé ghettizzante.
Il problema è che quando discrimini degli individui sulla base delle proprie opinioni politiche, personali e sociali stai ponendo in essere un comportamento che andrebbe scoraggiato all’interno della nostra società, non certo osannato, non certo sbandierato. Chiaramente non puoi aspettarti un ritorno d’amore quando semini odio e ancora odio intorno.
Questo non vuol dire che la stupida minaccia di morte, fatta via social, da un sempliciotto o fuori di testa, per cui vi è già una scorta ad hoc a scongiurare il peggio, sia giustificata, solo che, vista l’aria che tira, in cui tutti augurano la morte a tutti da oltre 2 anni, sia un gesto più che prevedibile, quasi azzarderei a dire, ahimè, ordinario.
La Segre, o Liliana come preferite, è tornata sull’argomento in più occasioni, utilizzando sempre lo stesso lessico: severo, rigido, punitivo.
Famosa la frase “Se uno vuole vedere il complottismo ovunque, beh resti a casa. Da solo. Non giri per le strade, non vada nel mondo, stiano a casa e non danneggino gli altri”, mentre questi, targati pseudo-complottisti, erano già tagliati fuori da qualsiasi attività pubblica e dalla possibilità di mantenere sé stessi e la propria famiglia, che dalle mie parti vuol dire ridotti in miseria.
Una perifrasi a significare forse “se hai un’idea diversa da quella socialmente apprezzata devi essere isolato e rinchiuso in casa, perché sei un complottista?”. Bah, non si sa, la donna dai capelli d’argento, non ha mai specificato cosa si intenda per “complottista”, “no vax”, e come e chi debba valutare colui che sarà escluso e per quanto tempo.
Inoltre, per tornare alla fattispecie concreta, la signora in questione non è un medico, tale da compiacersi delle proprie cognizioni e della pericolosità sociale dei temibili ribelli, peraltro smentita oggi dall’evidenza dei fatti, non una studiosa di quale che sia materia attinente all’esperienza del microbo; la sua è una posizione politica, un altoparlante di Stato, non quello dei diritti certamente, quello che abbiamo conosciuto in questi ultimi pandemici anni.
E un po’ di buon senso bisognerà pur recuperarlo, per bacco! Se vai in giro a dire, non a un “no-vax” senza identità, ma a Mario, medico sospeso, il quale magari ha anche rischiato la radiazione, obbligato a lasciare il suo posto di lavoro e i suoi pazienti, rimasto senza stipendio, bistrattato nella sua professione, escluso dalla società, impedito nella sua capacità di circolazione, a cui è vietato prendere un mezzo pubblico, entrare in un bar, far visita ai suoi cari, peraltro come 5 milioni di italiani, che "saresti stato molto più severo", beh, qui c’è un problema, e molto serio.
Scegliendo di fomentare un clima di austerità e violenza, come quello di cui siamo stati tutti testimoni - anche in condizioni, dicono, di scampata estinzione di massa, ovvero a urgenza terminata, non saprei se per puro cinismo o semplice intransigenza - bando all’empatia, si sta scegliendo di non ricevere in cambio gratitudine. Da lei ci si sarebbe aspettati piuttosto una felicitazione del recuperato status di uomini liberi, per tutti coloro che ne erano stati indegnamente privati, e ci si sarebbe accontentati anche di una semplice retorica rabbonente circa la ritrovata socialità inclusiva e la reintegrazione degli esclusi.
E invece no, delle affermazioni più fanatiche si fa portavoce chi sostiene di aver vissuto atti indegni di una umanità civile, gesti di emarginazione, isolamento, sopruso.
Personalmente ipotizzo che una delle ragioni per le quali una donna come lei sia stata voluta senatrice a vita, sia la testimonianza che incarna, la memoria che conserva, la funzione moderatrice, di pacificazione, intermediaria di posizioni estreme. La sua presenza materializza l’esperienza, come un libro che parla o un museo che cammina.
Nondimeno, come gli altri sopravvissuti, perché Liliana non è la sola, scampata alla stessa brutale esperienza, i quali compiono generosamente tutti i giorni la meritevole opera di conservazione della storia, intrisa di emozioni, odori, immagini, suoni, vissuti in prima persona e non semplicemente immaginati.
Se viene meno questa funzione, se la si utilizza solo a garanzia di una singola categoria di individui o per un unico fatto specifico, e per tutti gli altri si salvi chi può, mi dispiace ma Liliana, e tutto quello che ella rappresenta, ha fallito.
Sicché, per quanti ancora, come il giornalista sopra, si stessero facendo la medesima domanda, ecco Liliana cosa ha fatto (beninteso non per meritare, sono assolutamente contraria a qualunque esternazione violenta, ma certamente per suscitare quelle antipatie che si porta dietro): ha tradito la sua missione, dimenticato il suo dovere, abortito il suo mandato.
Ha smesso di farsi portavoce dei più deboli, ovvero dei resi deboli da leggi ingiuste.
Ha taciuto quando era opportuno moderare e ha parlato con intolleranza quando era il caso di tacere.
Ha dimenticato le dinamiche che avrebbe dovuto raccontare, nel caso specifico, la brutalità umana che si fa maggioranza incontrastata, sulla base di ipotesi e supposizioni, non discutibili, e in manifesto conflitto di interesse mai politicamente smentito, per la marginalizzazione e repressione di una minoranza di cittadini i quali, chi per ragioni di natura politica, chi per opinioni personali o sociali, ha scelto per sé medesimo, in questo contesto, di non sottoporsi a un trattamento farmacologico dichiarato sperimentale.
Scusate se è poco.
#LilianaSegre #discriminazione #libertàdiespressione #LIBERTÀDISCELTA #art3 #Costituzione
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