#il mio posto è qui
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queerographies · 10 months ago
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[Il mio posto è qui][Daniela Porto]
Lorenzo e Marta: Un’Amicizia Autentica in un Mondo di Pregiudizi Titolo: Il mio posto è quiScritto da: Daniela PortoEdito da: Sperling & KupferAnno: 2024Pagine: 288ISBN: 9788820076351 La trama di Il mio posto è qui di Daniela Porto Calabria, 1940. Marta e Michele sono innamorati. La notte prima che lui parta per la guerra i due fanno l’amore. Ma Michele non torna dal fronte e Marta, rimasta…
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statoprecario · 11 months ago
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Grande successo per l’anteprima del film IL MIO POSTO È QUI al Bif&st 2024. Lunghi applausi in sala e ben due premi vinti
Diretto da Daniela Porto e Cristiano Bortonecon Ludovica Martino e Marco Leonardi Grande successo per il film Il mio posto è qui al Bif&st 2024 – Bari International Film&Tv Festival, dove il film è stato presentato in anteprima assoluta nella sezione ItaliaFilmFest/Nuovo Cinema Italiano alla presenza dei registi Daniela Porto e Cristiano Bortone e degli attori protagonisti Ludovica Martino e…
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canesenzafissadimora · 4 months ago
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L'altro giorno, ero al supermercato a fare la spesa intorno alle 18:30 quando un uomo anziano è entrato nel corridoio della pasta e mi ha messo una mano sulla spalla. Ho sobbalzato. La mia prima reazione è stata quella di arrabbiarmi e chiedergli di non toccarmi. Poi ho notato qualcosa. L'uomo stava piangendo. Sembrava sconvolto e confuso.
Improvvisamente mi ha chiesto: "Sai dov’è mia moglie? La sto cercando." Gli ho risposto che non lo sapevo e gli ho suggerito di chiedere aiuto al banco informazioni per trovarla. Pensavo che l'avesse persa tra le corsie. A chi non è mai capitato? Ma mi sbagliavo.
Ha continuato a chiedere: "Dov'è mia moglie? Era proprio qui." Le lacrime gli riempivano gli occhi. Gli ho detto di nuovo che non ne ero sicura e gli ho proposto di accompagnarlo al banco del servizio clienti, dove avrebbero potuto fare un annuncio tramite gli altoparlanti. Ha accettato.
Lì, la donna al banco ha chiesto un nome. Lui mi ha guardato, come se fossi io ad avere la risposta. La donna ha alzato gli occhi al cielo e si è rivolta a me: "Signorina, ha IL NOME?" Le ho spiegato che non conoscevo quell'uomo e che non avevo più informazioni di lei. "È uno scherzo?" ha chiesto. A quel punto mi sono resa conto che quell'uomo non era semplicemente confuso, ma affetto da Alzheimer. Avendo avuto un nonno con questa condizione, lo riconoscevo fin troppo bene.
L'ho portato all'area ristoro e ci siamo seduti. Ora tremava e piangeva piano. "Dov'è il mio amore?" Gli ho preso le mani e gli ho chiesto se avesse un cellulare. Mi si spezzava il cuore per lui. Mi ha detto che non ne era sicuro, così gli ho chiesto se potevo cercare nelle sue tasche. Ha acconsentito. Con attenzione, ho trovato un piccolo cellulare a conchiglia. Ho cercato tra i contatti e ne ho trovato uno chiamato "Figlia Krissy". L'ho chiamata subito. Ha risposto in pochi secondi.
"Pronto?" ha detto, con la voce già preoccupata. Le ho spiegato che ero con un uomo anziano che presumibilmente era suo padre. Che eravamo al supermercato di Lane Street e che lui era molto sconvolto e turbato.
"Sto arrivando," ha detto. "Puoi assicurarti che non si allontani?" Ha continuato: "Grazie, grazie mille. Sto venendo."
Per circa 20 minuti, sono rimasta seduta con uno sconosciuto in lacrime. Gli ho tenuto le mani. Gli ho asciugato le lacrime. Quando ha tremato, gli ho messo la mia giacca in grembo. Gli ho dato le risposte di cui aveva bisogno in quel momento. L'ho tenuto lontano dal vagare. Perché era il minimo che potessi fare.
Improvvisamente, è entrata una giovane donna alta, che sembrava avere circa 28 o 29 anni. Lunghi capelli neri e occhi verdi. Ci siamo scambiati uno sguardo e lei si è precipitata verso di noi. "Grazie. GRAZIE," ha detto. "Dovevo assentarmi solo per un'ora, e questo succede. Sapevo che non avrei dovuto lasciarlo. Mi dispiace tanto." Mi ha spiegato che a volte lui si allontana per cercare sua moglie. L'ha persa 13 anni fa, ma non smette mai di cercarla.
Ha aiutato suo padre ad alzarsi dalla sedia e mi ha ringraziato ancora una volta. Mentre uscivano, l'ho sentito dire di nuovo: "Dov'è mia moglie?" Mi si è stretto il cuore, ma ero così felice di vederlo con la sua famiglia di nuovo.
Condivido questa storia non solo perché quest'uomo mi ha toccato il cuore, ma per dire questo: La maggior parte del mondo sono estranei per te. Lo so. Ma non dimenticare mai che condividiamo tutti questo mondo e, in esso, possiamo condividere gentilezza. È l'unica cosa che può farci andare avanti. Se vedi qualcosa, fai qualcosa. Non sai mai quanto grande può essere il tuo impatto sulla vita di qualcun altro.
Non mi importa che il carrello della spesa che avevo lasciato nel corridoio della pasta durante il trambusto sia stato svuotato e messo a posto. Non mi importa di aver cenato un po' più tardi quella sera. Di essere tornata a casa e di aver pianto in cucina per questo dolce, povero uomo. La gentilezza non costa nulla.
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raccontidialiantis · 3 months ago
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Io ci ho provato
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Giuro che ho tentato di rompere, con lui. Più di una volta, lo sai. Mi sono riproposta di mettere la testa a posto e di fare la brava mogliettina, di non tradirti più. Perché sei tu l'uomo che ho sposato, il padre dei miei figli e quello che mi risolve tutti i problemi. Che mi ama alla follia. E che amo, che tu ci creda o no.
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Mi trucco, mi vesto, mi profumo e mi faccio bella per te, ma finisce sempre che poi, prima che tu torni a casa a sera, vado a salutarlo un attimo qui vicino, al suo studio. Un saluto rapido, che sarà mai... ma alla fine non riesco a non farmi scopare da lui. Si, è vero e non lo nego più; tanto ormai... ci vado apposta. Sono inqualificabile. Una vera troia.
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È una vera patologia della mia mente, quell'uomo. È una cosa più forte di me, cerca di capirmi: semplicemente non gli resisto e lo voglio. Di notte, dormo al tuo fianco, allargo il mio culo e la mia fica per te, quando hai bisogno. Puoi scoparmi e incularmi quando vuoi. Lo faccio perché sei mio marito e ti amo, giuro. Ma mi ti concedo soprattutto per tenerti buono.
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Ti faccio succhiare a lungo i seni e mettere due, tre dita o il pugno intero nel mio culo, se intanto sei nella mia fica. Mi ungo molto di vaselina apposta, prima. Sono sinceramente felice per te, quando mi sborri dentro e sussurri languidamente e con le lacrime agli occhi che mi ami da impazzire. Ma tu devi sapere che nel mio intimo intanto io mi struggo di gelosia e di passione per lui in ogni secondo della giornata.
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Anche se ti fa male, devo dirtela questa cosa. Così forse mi capirai. E mi perdonerai. Perché tu sei buono come il pane: mi capisci e mi vizi in tutto. Io, quell'uomo di poche parole lo desidero in corpo, voglio che mi possieda, che goda di me e che mi riempia della sua sborra. Che non finisca mai di fottermi. E più mi viene dentro, più io cerco di eccitarlo, di sfotterlo sulla sua virilità che degrada.
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Così che ci dia dentro nuovamente e mi faccia sua ancora e ancora. Vorrei che non smettesse mai. Farei di tutto, per farmi inculare di nuovo da lui o per farmi dilatare la gola col suo cazzo, quando entra e mi si scarica nell'esofago. Ormai sono diventata un'esperta puttana: potrei accogliere un cammello! Fammelo salutare ancora un'ultima sera, ti prego in ginocchio. Poi con i tradimenti smetto, giuro.
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Adesso ti do la mia parola di moglie che questa sarà l'ultima volta, con lui. Promesso. No, caspita: non piangere, su! Non sono abituata a vederti così. Sei la mia roccia solida. Sai che ti amo profondamente e che questa è una cosa che non conta proprio nulla, tra noi. È solo un'infatuazione, un'inezia, nel nostro matrimonio solido. Dai: tu nel frattempo prepara una bella cena. Vuoi farlo per tua moglie?
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Devo proprio andare, altrimenti tra mezz'ora chiuderà lo studio e andrà a casa. Quando tornerò, dopo mangiato e messo a dormire la bimba, ti farò scopare e ti succhierò il cazzo come mai ho fatto prima, nel nostro matrimonio. Se vuoi, te lo terrò in gola tutta la notte. Sborrerai di continuo, ininterrottamente, se ti darà piacere farlo.
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Toglierò le mie labbra dal tuo cazzo solo per andare a bere un bicchiere d'acqua o magari, se ne sento l'urgenza, per andare in bagno. Mi ricaricherò solo per poterti leccare a lungo il buco del culo, caro: adoro sentirti contrarlo e rilasciarlo. Lui è un campione, in questo, sai? Mi fa andare letteralmente fuori di testa.
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Fammelo anche tu, se vorrai. Perché so di essere in fortissima colpa e mi sento una troia, stanotte ti dovrò far godere, godere e godere: è una promessa, un impegno di moglie. Sino a farti sentire intimamente che anche io ti amo, sinceramente. Voglio che tu sia certo e infine sereno: il mio cuore è solo tuo.
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Perché io devo stare con te. Solo con te. Ma stasera, prima di darci un taglio sento nelle vene e nel cervello il bisogno fisico di scopare almeno un'ultima volta con lui. Devo: ne ho l'urgenza. Lui è una forte dipendenza. Soprattutto mentale, per me. Da cui devo disintossicarmi.
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Com'è, come non è, tornando a noi: ti farò passare in ogni caso una vera notte di passione e d'amore, quello sporchissimo e più vero. Quello irriferibile. Quello di cui ci si vergognerebbe a parlarne anche al prete confessore. Sopporta ancora qualche ora, tesoro mio prezioso. Ne sarà valsa la pena. Vedrai.
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Cucina e intanto preparati. Caricati bene. Gonfiati di seme. Perciò pensami tutta nuda sotto di lui, col suo uccello ben conficcato dentro il mio ventre. O mentre mi sfonda il culo. E infine col suo cazzo avvolto dalle mie labbra avide che lo succhiano, mentre io al settimo cielo quando viene ingoio la sua sborra copiosa e densa.
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Miele preziosissimo, per me. Nettare che mi scende in gola e infine diventa alimento e sangue della tua mogliettina adorata. Tradimento perpetrato, completamente ingoiato e digerito. Sentiti umiliato profondamente. Sei un cornuto. Fattene una ragione. Quindi usa la tua rabbia, canalizzala: caricati per bene.
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Pensa che lui mentre mi scoperà dovrà tapparmi la bocca con la mano, mentre mi squarta col suo cazzo enorme, altrimenti urlerei di piacere come un'ossessa, tanto lo voglio. Eccitati e usa la tua rabbia per amarmi. Di più. Molto di più. Come non hai mai amato nessuno in vita tua.
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Poi sappi che vengo anche io e sempre in modo copioso, mentre accolgo la sua sborra in corpo. Voglio dirgli addio per bene. Ne ho un bisogno fisico. Tu sentiti pure distrutto dentro, ma comunque amato e felice di riavermi a casa. Ogni notte.
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Per dimenticarlo totalmente, stasera dovrò dargli tutta me stessa e farmi distruggere di passione. Non ne posso più. Lo desidero da impazzire. Non mi laverò apposta, quando avremo finito. A letto perciò sentirai il suo odore su tutto il mio corpo. Piangerai di rabbia, mentre mi scoperai. Non posso farci nulla. Mi brucia la passera, dalla voglia di averlo.
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L'ano mi si contrae automaticamente, al pensiero che tra un po' lui lo violerà. Proprio perché so che sarà l'ultima volta. Vedrai: sarà così. Te lo giuro. Adesso devo proprio andare. Vado, esco. Guarda: non porto mutandine, sotto la mia gonna ampia: tu allora con passione e rabbia ora dammi un bacio rapido sulla fregna che lui tra un po' scoperà... Ok, fatto. Ciao.
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RDA
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der-papero · 3 months ago
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Tre sere fa, quando ho fatto questa foto, mi sono fermato un attimo a riflettere su come, lentamente, io stia ritrovando la mia vita, quella che avevo 10 anni fa, quella fatta delle mie passioni, dei miei spazi, dei miei tempi.
Nel 2014 non so cosa sia andato storto, ma iniziai a fare puttanate. Ogni volta, per correggere quella appena fatta, ne facevo una più grossa, per poi scappare in Germania, con la sicurezza che avrebbe messo a posto le cose, macché, ho continuato a farne qui, perché mi ero fondamentalmente perso e non riuscivo ad essere più quello di prima.
Ho provato a legarmi a tutti sperando di risolvere le cose, col risultato di fare peggio, le persone entravano nella mia vita, ci facevano quello che volevano e poi se ne andavano, lasciando un disastro. Il 2024 me ne ha portate via altre due, così, dopo anni insieme, senza motivo, dopo essersi prese un pezzo di cuore, sparite, senza una ragione, senza che io abbia torto un capello, nulla, ed è solo l'ultimo di tantissimi casi.
In tutto questo casino è nato il personaggio che ho costruito qui, che è un po' il risultato paradossale di tante cose, non sarebbe mai dovuto esistere, io qua non ce dovevo veni', diceva il saggio, e fortuna che poi mi ha donato due legami straordinari e al tempo stesso è diventato qualcosa di diverso e di allegro, ma il fatto rimane, non doveva esserci. Non rinnego quello che è oggi, ma se potessi premere un tasto e cancellare tutto, ma intendo tutto, forse sacrificherei anche questo, perché, almeno agli inizi, è stata l'ennesima puttanata fatta per non risolvere un problema.
Poi è arrivata Lilly nella mia vita, e qualcosa è cambiato profondamente. Lilly si è presa tutto, da ogni direzione, lasciandomi una porzione di tempo talmente limitata da iniziare a darle un valore immenso. Non procastino più, non cerco scuse o distrazioni, non esiste più "tanto c'è tempo", no, ogni secondo adesso ha un valore, e ho cominciato ad usarlo come 10 anni fa, con ciò che mi rendeva felice, con quei fogli e quella penna. La conseguenza di questo mio impegno costante, ogni sera, dedicato allo studio, oltre a ridarmi quello che ero prima, mi ha fatto permesso di vedere che da tempo ormai il vaso che doveva traboccare non c'era più, ma io mi illudevo che potesse ancora funzionare, e allora sì, ho iniziato a tagliare tutto quello che ho con gli altri, perché non sono più perso, e il mio tempo conta. Le persone che amo sono rimaste e non permetterò mai a nulla e a nessuno di portarmele via, ma il resto del mondo non mi interessa più, non mi sento più solo.
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miciagalattica · 1 year ago
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Il castello(il blog) è mio e le regole le faccio io.
Chiarimento doveroso per non farmi strapazzare le ovaie,.
Cose che non dico e che continuerò a non dire: il mio nome, se sono single o bisex, in che città vivo, quanti anni ho, che mestiere faccio. Allo stesso modo non mi interessa nulla di voi: Religione, sesso, vostre devianze, vostri problemi psicologici e psichiatrici, vostre inclinazioni sessuali, dove abitate, che mestiere fate, ideologie politiche. Cancellerò tutti i blog vuoti e quelli che non mi piacciono come ad esempio quelli che inneggiano alla violenza  o marcatamente BSDM.  
Tumblr mi piace perché è anonimo. Ci butto dentro lo uso come diario personale dove posto per lo più miei lavori di arte digitale. Le immagini le prendo dalla rete e le rielaboro, dando spesso un valore aggiunto, e ho un riscontro positivo da parte di chi mette i likes e da chi mi contatta privatamente, chiedendomi gli stessi post ma con dimensioni maggiori per farsi dei quadri, facendoli sviluppare da un fotografo, ovviamente tutto questo in forma gratuita..Ho una realtà scissa da quella dei social. Sono schizofrenica ho due io, forse anche di più di due, ma ritengo che quella che vivo in rete sia la più autentica perché è senza maschere, Sentirmi con qualcuno/a di voi  mi dà piacere  e mi dà emozioni . Io non esisto nella realtà, il mio mondo vero è qui in questo mondo oltre.
Non voglio chat erotiche e non voglio ricevere immagini hard o commenti spinti. Disponibile a parlare e scherzare, volentieri, come già faccio con qualcuno/a di voi , non voglio e non  cerco quel tipo di interazione.
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salfadog · 22 days ago
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Domanda sul "posto" dei cani.
Leggevo quanto hai scritto sull'attivismo quando arrivo all'esempio che hai fatto: "Faccio un esempio: il cane non deve dormire sul letto perché deve stare al "suo posto" altrimenti diventa dominante e poi vi mangerà nel piatto. (fallacia logica, indovinate quale?)".
Avendo conosciuto negli ultimi anni diversi allevatori, educatori e addestratori, ho notato che non c'è una posizione univoca su quali sarebbero i posti usati dagli umani che dovrebbero o no essere condivisi con i cani.
In particolare mi è sembrato di capire che c'è una certa ostilità, da parte di chi addestra cani ed è un po' più avanti con gli anni, verso il condividere il divano o il letto adducendo come motivazione una lotta di potere o, come scritto da te con quello che mi sembra sarcasmo, "ci mangerà nel piatto".
Personalmente ritengo il non condividere certi spazi come il divano una perdita di buone occasioni per stare vicini, coccolarsi e più in generale essere un branco basato sulla voglia/bisogno di essere insieme ma mi rendo conto che il mio è un pensiero dato unicamente dall'affetto che provo per Joe (il mio cane) e Sam (il cane di mia sorella).
Mi chiedevo se veramente esista per la scienza cinofila "il posto del cane" o se è una concezione nata dal bisogno di certe persone di una gerarchia, di sentirsi padroni del cane e non compagni di vita.
Tu che ne pensi?
Ciao @biggestluca
ma che bella domanda!
@kon-igi ti saprà sicuramente dire cosa sto urlando in questo momento dopo aver letto la tua domanda, qui agevolo un suggerimento.
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Intanto stabiliamo che non esiste un posto adatto al cane che non sia vicino a noi e più vicino è, più il cane avrà modo di rilassarsi completamente solo grazie al contatto fisico.
Dopotutto siamo entrambi mammiferi sociali.
Se ci sono problemi come aggressività e protezione della cuccia si lavora su quei problemi e li si risolvono, dormire insieme è un'attività che comporta limitazioni e rispetto reciproci e bisogna saperlo fare.
Se lo ricordo faccio una foto di un setter che mi dorme sul petto (ma sta imparando che non è necessario) e in quel caso gli dobbiamo insegnare che non è il modo più efficace di riposare assieme.
Se vuoi approfondire puoi leggere questo ma le nuove ricerche in etologia stanno smantellando tutta la teoria del capobranco come la intendevamo (e purtroppo alcuni ancora la intendono).
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Purtroppo un cambiamento di paradigma scientifico, soprattutto di questa portata, che promuove gli animali da semplici macchine biologiche a esseri dotati di coscienza perché, in modo equivalente al nostro, "sentono" il mondo a livello emotivo, è un passaggio che alcuni non riescono o si rifiutano di fare per il peso delle responsabilità che dovrebbero assumersi per le loro azioni passate.
E con alcuni sto parlando anche di me e tutto quello che sto facendo da allora è per rimediare al dolore che ho inferto inutilmente.
In generale quando senti parlare di "dominanza", "capobranco" intesi in mdo autoritario piuttosto che come "base sicura" di riferimento sei di fronte a un residuato di un mondo che non sparirà mai troppo presto ma che non ha nessun fdondamento scientifico se non i testi di 50/100 anni fa e capirete che da allora la scienza di passi avanti ne ha fatti diversi.
La prossima volta che ti diranno cose del genere (il cane non può salire sul divano) chiedi come mai e ascolta con attenzione le motivazioni: è un ottimo esercizio per imparare a riconoscere le fallacie logiche.
Infine per chi non vuole che il cane salga sul divano o sul letto perché non li vuole sporcare (punto di vista assolutamente legittimo) può trovare un compromesso usando una copertina su cui fare "ancoraggio" e insegnarli a starci sopra in modo da non rischiare di imbrattare magari tutto di fango.
Se avete dubbi, chiedete pure, ho un sacco di peccati da scontare.
E ricordate sempre il decalogo di Vaira, il punto 3 se non ricordo male recita così:
Tu non sei il capobranco.
Al massimo il suo migliore amico e mentore.
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Qui la gif di quando @kon-igi venne a trovarmi la prima volta.
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angelap3 · 10 months ago
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“A Roma, dopo la guerra, facevo il contabile in una casa cinematografica: la Rank Film. Non ero riuscito a inserirmi nell’industria edilizia e una cugina m’aveva trovato quel posto alla Rank. Qui lavoravo, o fingevo di lavorare, con cinque donne: in una stanza tappezzata con i ritratti di attori come James Mason, Patricia Neal, Margaret Lockwood, Phyllis Calvert. Forse influenzato da ciò, lasciavo che le cinque donne sgobbassero per me e passavo le giornate leggendo ad alta voce libri di poesie. Leggevo bene. Un giorno, la signora della stanza accanto mi disse:
«Ho un cognato che recita all’università, vuole che gli parli di lei?». «Magari, risposi». Guadagnavo 28mila lire al mese che se ne andavano in medicine per mio padre ammalato. Mai un cinematografo, mai uno svago, tutt’al più un po’ di biliardo. Mi iscrissi all’università, facoltà di Economia e commercio, per frequentare l’Accademia d’arte drammatica. Mi piacque. Recitai due anni mentre gli amici del quartiere mi prendevano in giro: «Ecché, se’ diventato frocio?».
Poi Luchino Visconti mi vide, per caso, e mi mandò a chiamare: gli serviva un giovane e pensava di scritturarmi. Dissi: «Quanto?». Rispose: «2.500 al giorno». «75mila al mese, Gesù!». Lasciai subito la Rank e per mesi non confessai nulla a mia madre: ogni mattina continuavo a uscire alle otto e a dire che andavo in ufficio. Mi ci volle coraggio per confessare la verità. Lei la prese bene ma sussurrò: «Figlio mio, durerà?». Lo ripete ancora: «Figlio mio, stacci attento. Con tutti i camerieri che hai, con quel che costa la vita. Un buon impiego sarebbe stato meglio». È convinta che, se fossi entrato alle Ferrovie dello Stato, ora sarei capostazione e avrei i biglietti gratis per la famiglia.
Io ho avuto tanta fortuna, solo fortuna. La fortuna che a Visconti servisse un giovanotto rozzo come me. La fortuna che la sua compagnia fosse la più importante e allineasse attori come Ruggero Ruggeri, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Vittorio Gassman. La fortuna che Gassman se ne andasse e io prendessi il suo posto. La fortuna che mi offrissero il cinema, infine, grazie a questo nasino che detesto. Ma il successo di un attore non è quasi mai legato a ragioni nobili e serie. A me si addice la battuta che c’è in un film di Federico Fellini: «Ho troppe qualità per essere un dilettante e non ne ho abbastanza per essere un professionista»."
Marcello Mastroianni
Marcello in 8½ di Fellini
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orotrasparente · 5 months ago
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se sono una brava persona non lo so, non posso dirlo io, così come se sono una persona intelligente o interessante o qualsiasi altro aggettivo positivo (o negativo che sia), l’unica cosa che sento è che qui non ho niente, sì ho degli amici a cui tengo e qualcuno di loro credo mi voglia anche bene (non tutti secondo me), ma ora sono in un punto di stallo nella mia vita in cui nel lavoro così come nella vita privata non c’è nessuno che crede in me, in qualsiasi accezione, non c’è una persona che mi guardi fiduciosa e questa cosa la sento, sento che non sto più bene qui e sono più i giorni in cui penso che voglio cambiare città che altro, non sono triste né arrabbiato né altro, semplicemente sento che qui ho fatto il mio, ce l’ho messa tutta per costruire qualcosa ma non sta andando e probabilmente non andrà mai perché forse semplicemente questo non è il mio posto e per quanto ci provi a farlo essere proprio non mi sento convinto
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thebestofyourgirls · 2 months ago
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Come mai ti senti sempre sola? Mi sembri sempre triste leggendo i post. Che succede?
è difficile spiegare come ci si sente. il punto non è non saper vivere la solitudine... ho sempre saputo che il dialogo con se stessi è essenziale per la crescita e la consapevolezza. il punto è non avere un posto sicuro in cui tornare: non fraintendetemi ho una famiglia che mi tratta come una principessa, ho amicizie vere per cui molti pagherebbero. tuttavia sono insaziabile, non è possibile darsi pace fino a quando non sarà tutto perfetto e programmato. alla fine della giornata pagherei per perdermi in un bacio e nelle braccia di una ragazzo che mi ama tanto quanto me, o più di quello che io possa sperare. il mio senso di solituidine deriva da questo o forse è solo la domenica pomeriggio. non lo so ma: quel legame, quella complicuità, il pensiero fisso che non passa, l'essere compatibili, il sorriso nel vedere la notifica che illumina lo schermo. ho un cuore appesantito da relazioni senza senso, dalla polvere e dai muri che ho costruito. di recente, inaspettatamente, il mio cuore si stava liberando ma è stato bloccato... ha fatto ancora piu male. tutti questi rapporti in cui il sesso è tutto, in cui si fa a gara a chi si è scopato piu persone, a chi ha il curriculum più esotico... non credo di starci. voi di tumblr non siete la mia gente, perchè io amo le connessioni e non la carne, amo l'energia dei corpi e non amo una pelle sudata che non mi trasmette nulla; ho bisogno di altro ma qui quell'altro non si trova. e nel mondo non c'è un posto per quelle come me che lottano tra passione e anima pura. stupida io che ci credo ancora.
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t-annhauser · 3 months ago
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S. picchiava tutti, picchiava anche me, era il suo modo per dimostrare l'amicizia, aveva una gran zazzera di capelli ricci, assomigliava a Jim Kerr dei Simple Minds, e delle manone grandi come vanghe che quando arrivava la sberla ti spostava da qui a là. Lui abitava in campagna, nella campagna del nostro paesino di campagna, suo papà faceva il camionista, aveva la fissa dei camion, il suo sogno era l'Iveco TurboStar.
Lui le cose più pericolose le faceva, al posto delle costruzioni lui montava i carburatori del diciotto (i carburador dal disdòt), e poi gli dava fuoco. Era lui quello che chiedeva al mio compagno di classe di disegnargli i cazzetti che infilava negli astucci delle femmine.
Eccoti il tuo Turbostar, S., non è un cazzetto ma puoi mettertelo in cornice.
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raccontidialiantis · 2 months ago
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Ogni tanto godo, raramente mi perdóno
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Eccomi qui, l'Amministratore Delegato italiano della potente multinazionale in ginocchio davanti a un ragazzo aitante e sexy. Umiliata a implorare ed elemosinare da lui briciole d'affetto. E sesso. Legata e imbavagliata come una salamella. Ho lavorato duramente, essendo una donna, per arrivare dove sono. Guadagno ogni mese una cifra di denaro vergognosa. Si: è ovvio che paghi tutte le tasse, tranquilli. Godo per la mia posizione di privilegi che i comuni mortali possono solo sognare. E purtroppo, vedo attorno a me solo invidia. Compero ciò che voglio. Certo: faccio beneficenza. Di sicuro per alleviare un minimo i miei complessi di colpa. Però mi fa bene, almeno per un po’. Poi torno la solita stronza odiata.
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Dio sa se cerco comunque di essere una brava persona, sebbene non possa mai mollare un attimo il controllo, per evitare che tutte le persone che ho sempre attorno si approfittino di me. E a tutti sembro dura, senza emozioni e inflessibile. Nessuno mi dice mai ciò che pensa veramente, per paura di cascarmi sulle palle; tutti non fanno altro che compiacermi e leccarmi metaforicamente il culo. Ma dentro sono una donna vera anche io e ho il bisogno fisico di sentirmi ogni tanto dominata, di essere “messa al mio posto” da un maschio di cui avere un po’ di sano timore, diciamocelo francamente. Uno che mi ordini di leccargli le palle, il cazzo e infine il suo buco del culo per davvero.
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E quanto mi piace obbedirgli, ingoiare i suoi sapori, sentire i suoi odori intimi. Adoro che mi si ordini di fare qualcosa, cosicché io possa far uscir fuori il mio lato più timoroso, servile, dolce e un po’ fragile di segreta puttana. Voglio essere una geisha: una creatura un po’ passiva, un fiore da accarezzare e proteggere. Ho anche un'insostenibile voglia, continua e sempre a fatica repressa, di essere fottuta con foga. Bramo moltissimo che il mio corpo venga trattato con estrema rudezza, voglio essere desiderata, usata e strizzata mentre godo dei colpi potenti e squassanti del cazzo di un bel ragazzo sopra e dentro di me. Voglio un uomo che dopo l'amplesso mi chieda di succhiarglielo forte, che goda dentro la mia gola senza alcun riguardo e poi mi imponga di adorarlo, stando in ginocchio davanti a lui.
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Da sempre sono costretta a pagare, per avere un tale, forse un po' squallido, simulacro d'intimità. Ma non posso farne a meno. Allora ogni tanto prendo il telefono e prenoto. Perché sono una donna profondamente sola. Ho tanto amore completamente inutilizzato, dentro di me. Perciò mi accontento del sesso a pagamento, fatto di nascosto e in un'altra città. Mentre ogni giorno sfiorisco un po’ di più. Mi faccio tenerezza, mentre pago una fortuna allo stallone di turno: con i soldi pago anche la sua discrezione. Che nessuno sospetti. Qualche volta a qualcuno di loro mi sono anche affezionata, ma poi capisco di essere solo una scema, che questo è un mio lato potenzialmente vulnerabile ed eventualmente molto ricattabile da qualcuno di questi trentenni stupendi.
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Allora tronco di netto con l'idillio del momento. Quindi, come una vecchia troia rotta in culo e in fregna, soffro di un immediato rimpianto, di un cocente rimorso e desidererei fortemente essere presa da lui ancora un'ultima volta, come la cagna in calore che oggettivamente sono. E sono sempre lì sul punto di telefonargli. Ma mi impongo di non farlo. A casa mi accarezza l'anima il mio fedele dildo. E mi illudo: sogno sempre l'amore. Quindi mi calmo, ricompongo il puzzle usurato e sempre uguale della mia personalità disturbata, inebriata dal potere e vado avanti. Sempre da sola.
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Al mattino successivo, indosso di nuovo la mia corazza, ritocco sapientemente la maschera da manager integerrima e vado. Invidio da morire le umili mammine che incrocio per strada; le vedo dal finestrino della mia potente auto con autista mentre accompagnano i figli a scuola: hanno, sul viso un po' arrossato, il sorriso dell'amore materno e muliebre. Pagherei oro, per poter essere una di loro. Magari per una settimana sola, per favore: una mogliettina che la notte deve soddisfare il marito, di giorno poi accompagnare i figli e governare la casa. Dio, che sofferenza la mia vita. Non ha senso. Ha solo il colore del denaro.
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RDA
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ross-nekochan · 5 months ago
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È da un paio di mesi che faccio lezione di italiano a un ragazzo una volta alla settimana.
Avevo intuito che questo ragazzo fosse abbastanza ricco perché: 1. È giapponese ma ha fatto le superiori in UK (e non è una roba normale qui) 2. Vuole migliorare l'italiano perché mi ha detto che vuole aprire un business in Italia 3. I suoi hanno un'azienda e lui "lavora" lì.
Fin qui okay, cioè ci sembrava che fosse ricco però insomma ricco come potrebbe essere ricco uno che ha un'attività media (che so, una concessionaria, un negozio di immobili ecc).
Sabato ci vediamo per l'ennesima lezione e mi dice che prenota una stanza dove possiamo parlare liberamente. E io pensavo fosse tipo una sala di una biblioteca pubblica, una cosa del genere. Arrivo in stazione e mi viene a prendere e mi fa entrare in un palazzone gigante che pare più un albergo 5 stelle. Penso:"Ma dove cazzo mi sta portando?". Entriamo in questa sala molto bella con delle riproduzioni di quadri, un tavolo gigante e delle sedie comode.
Gli chiedo:"Come fatto a conoscere questo posto?" Mi fa:"Ah io abito qua"..
AH.
Facciamo conversazione come sempre, poi alla fine gli dico:"Ah comunque Mercoledì non ci sono perché vado ad un concerto"
Lui:"Ah sì? Chi vai a vedere?"
Io:"Ah non so se lo conosci, si chiama Miyavi"
(Ora per favore prima di continuare andate un attimo a leggere chi è Miyavi e fatevi una stima di quanto è famoso e quanti fan può avere in tutto il globo. Poi continuate a leggere questo post).
Lui risponde:"Ah sì certo che lo conosco! Abita anche lui qui. È mio vicino. Siamo sullo stesso ascensore!"
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t4merici · 5 months ago
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Il fatto è:
In questi mesi mi sono resa conto che con la mia laurea ci faccio veramente ben poco... a meno che non sia abbinata ad altro. Vogliono tutti la specializzazione, sennò nemmeno gli stage non retribuiti ti fanno fare. È una cosa assurda, dato che parlo con gente che "io questa cosa l'ho fatta col diploma/con la triennale..." e ora sembra non bastare nemmeno un master per fare qualcosa. O meglio, sgancia 20'000€ per un master e il lavoro te lo assicuriamo. Borsa di studio? Ti tolgo 800€ dal totale, contento? Sono cambiati i tempi e qui ci troviamo, quindi tocca per forza di cose adattarsi.
Quindi, dato che pare debba rimettermi sui libri, che mi sono messa a pensare? Un master in traduzione specializzata? No, a fare il traduttore fai la fame, poi vai a trovarlo quello in russo o tedesco, tutti i cazzo di master sono in inglese. E diciamocelo, quella che mi interessa è la traduzione editoriale, di fare un master per poi tradurre roba giuridica, medica, metalmeccanica e chi più ne ha più ne metta forse no, non era quello che immaginavo. E se la traduzione editoriale la lasciassi come "hobby"? Ho capito che mi interessa la biblioteca, dopo il tirocinio e vari ragionamenti. La pensata geniale è quella di prendersi una laurea in biblioteconomia per aver accesso a tutti i concorsi e puntare a cariche più alte. Ne sto vedendo una marea di concorsi per personale di biblioteca ultimamente. Io mi impegno, mi vinco un concorso, ho un posto assicurato e una stabilità economica. Nel tempo libero posso scovare tutti i romanzi che voglio non tradotti, e se in un anno mi traduco solo 500 pagine che ci fa? Quella diventa una soddisfazione personale. Mi sto scegliendo una carriera che mi appagherebbe, come il mio "hobby".
Forse sto solo sognando troppo o forse sto direttamente impazzendo, chi lo sa. Però mi piace sognare.
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der-papero · 5 months ago
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GMaps mi ha ricordato, 2 settimane fa, di un viaggio accaduto 9 anni fa, che ha dato origine a tutto il casino che vivo oggi.
Questo screenshot era finito nelle bozze, volevo farci un post, ma Lilly è diventata il mio anti-Tumblr, quindi è complicato essere social di questi tempi :) non che io mi lamenti, anzi, ma ieri la mia stupenda chiacchierata con @neltempodiuncaffe ha riportato a galla la voglia di scriverlo, perché niente ti motiva di più di una persona che ti è vicina in un modo tale da capirti oltre i pensieri.
Insomma, 9 anni fa, ad Agosto, ero in Sardegna per le vacanze, e mi arriva una telefonata, dei tizi a Stoccarda volevano organizzarmi un colloquio per capire se ci potesse uscire una fatica. Prima di quel momento, nonostante qualche offerta di lavoro dall'estero che vedevo di tanto in tanto nella mia casella di posta, rispondevo sempre ma-chi-m'u-fa'-fa' e le cancellavo. Non so chi mi cecò quel giorno e risposi "ma tentiamola, dai", insomma 5 colloqui telefonici e non si decidevano ad assumermi (voglio dire, se non ti sto bene mi mandi affanculo ma massimo al secondo, no?), al che mi rompo le palle e decido di andarci io da loro, fatto il colloquio in presenza, spariti subito dopo.
Avrei dovuto capirlo già all'epoca che i tedeschi erano delle cacche, ma io no, la tigna la tiro fuori solo quando c'è una cagata da fare, e infatti, passata la mia delusione, dopo due anni ci riprovo ed eccomi qua, a tenere lontana questa gente dalla mia vita e a provare a non dimenticare chi sono e da dove vengo, come fanno la maggior parte degli italiani che si trasferiscono qui (e che schifo pure loro, al pari dei tedeschi).
Non che un post simile io non l'abbia mai scritto, se vado indietro con gli anni, un pezzo qui e un pezzo là, potremmo mettere insieme le stesse parole, ma adesso qualcosa è cambiato, è come se quell'abbraccio che ricevo la mattina, quando la sento saltare sul mio letto dandomi la quotidiana ginocchiata nel basso ventre, avesse dato un senso alla mia presenza qui, la possibilità di rendere questo posto migliore, non per tutti, solo per lei. Mi piace pensare che aveva bisogno di me e tutto quello che è accaduto, le valigie, le lacrime, il dover ricominciare da capo, il dover guardare il cielo ogni giorno e ricordarmi di chi voglio bene più della mia vita, tutta questa zuppa è servita a ridare il sorriso ed il futuro a due occhioni ai quali non si riesce a dire di no.
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angelap3 · 4 days ago
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Stella si era appena accomodata sul suo sedile in business class quando un uomo lì vicino iniziò a fare una scenata.
“Non voglio sedermi accanto a… quella donna!”
Franklin Delaney quasi urlava verso l’assistente di volo, indicando Stella, un’anziana signora vestita in modo semplice, appena seduta accanto a lui.
“Signore, questo è il posto assegnato a lei e non possiamo cambiarlo,” rispose con calma la hostess, mentre Franklin continuava a guardare con disprezzo l’abbigliamento modesto di Stella.
“Questi posti costano troppo. Non può certo permetterselo!” aggiunse, ad alta voce.
Imbarazzata, Stella restò in silenzio. Aveva indossato il suo vestito migliore, semplice ma dignitoso, l’unico che potesse permettersi. I passeggeri intorno iniziarono a osservare la scena, e alcuni sembravano persino dar ragione a Franklin. La tensione aumentava, e Stella, sentendosi sempre più a disagio, trovò il coraggio di parlare:
“Va bene così,” disse con dolcezza, appoggiando una mano sul braccio della hostess. “Se c’è un posto in economica, posso spostarmi. Ho risparmiato tutto per questo biglietto, ma non voglio creare problemi.”
Stella aveva 85 anni e non aveva mai viaggiato prima. L’aeroporto di Seattle-Tacoma era stato un’esperienza travolgente per lei, ma il personale della compagnia l’aveva aiutata ad orientarsi. Ora era finalmente in volo verso New York.
Nonostante il clima teso, la hostess fu irremovibile:
“No, signora, lei ha pagato per questo posto e ha tutto il diritto di rimanere qui, qualunque cosa dicano gli altri,” le assicurò. Poi si rivolse severamente a Franklin: “Se insiste, chiamo la sicurezza aeroportuale.”
A malincuore, Franklin abbassò lo sguardo e si arrese. Stella rimase al suo posto.
Dopo il decollo, Stella, emozionata e un po’ nervosa, fece cadere accidentalmente la borsetta. Con sua sorpresa, fu proprio Franklin ad aiutarla a raccogliere gli oggetti. Tra questi, notò un medaglione con rubini e fischiò piano:
“È bellissimo,” disse incuriosito. “Sono un gioielliere d’antiquariato. Questi rubini sono autentici… vale una fortuna.”
Stella sorrise con malinconia:
“Non saprei. Era di mia madre. Mio padre glielo regalò prima di partire per la guerra. Lei me lo lasciò dopo che lui non tornò più.”
Franklin si fece più attento. “Mi dispiace per prima. Mi chiamo Franklin Delaney. Ho avuto dei problemi e me la sono presa con lei. Posso chiederle cosa accadde a suo padre?”
Stella sospirò:
“Era un pilota da caccia durante la Seconda Guerra Mondiale. Prima di partire, diede questo medaglione a mia madre come promessa di ritorno, ma non tornò mai. Avevo solo quattro anni quando scomparve. Mia madre non si è mai ripresa del tutto. Mi diede il medaglione quando compii dieci anni. Non lo avrebbe venduto per nulla al mondo, neanche nei momenti più difficili. È senza prezzo per i ricordi che porta con sé.”
Aprì il medaglione, mostrando due piccole foto: una dei suoi genitori e l’altra di un bambino.
“Questi sono i miei genitori,” disse commossa. “E questo è mio figlio.”
“Sta andando a trovarlo?” chiese Franklin.
“No,” rispose Stella a bassa voce. “L’ho dato in adozione quando era neonato. Ero sola e non potevo offrirgli una vita dignitosa. Di recente ho cercato di rintracciarlo con un test del DNA, ma mi ha fatto sapere che non ha bisogno di me nella sua vita. Oggi è il suo compleanno. Voglio solo essergli vicina, anche se da lontano.”
Franklin rimase perplesso:
“Ma se non vuole vederti, perché sei su questo volo?”
Stella sorrise dolcemente:
“Lui è il pilota. Questo è l’unico modo che ho per essergli accanto, almeno oggi.”
Franklin restò senza parole. Alcuni assistenti di volo e passeggeri che avevano ascoltato la conversazione erano visibilmente commossi.
Una hostess entrò nella cabina di pilotaggio e poco dopo la voce del comandante risuonò dagli altoparlanti:
“Oltre a comunicarvi l’orario di arrivo previsto al JFK, vorrei dedicare un saluto speciale a mia madre biologica, che oggi vola per la prima volta con noi. Mamma, ti prego, aspettami quando atterriamo.”
Le lacrime riempirono gli occhi di Stella. Franklin, vergognandosi del suo comportamento iniziale, le sorrise con ammirazione.
All’atterraggio, il pilota uscì dalla cabina rompendo il protocollo e corse ad abbracciare Stella in un’emozionante stretta. Passeggeri e personale applaudirono mentre madre e figlio si riunivano dopo una vita intera.
Sussurrando, il figlio, John, le disse:
“Grazie per aver fatto ciò che era meglio per me, allora.”
Sopraffatta dall’emozione, Stella rispose:
“Non c’è niente da perdonare, figlio mio. Ho sempre capito il tuo silenzio.”
A distanza, Franklin osservava quella scena, grato di aver assistito a un momento tanto toccante, e pieno di rimorso per il suo giudizio affrettato.
Quel volo non era stato solo un viaggio: era stato l’inizio di qualcosa di meraviglioso per Stella e suo figlio.
Credit: Elizabeth Hatline (Con rispetto ♥️
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