#grecìa salentina
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La leggenda dei pozzi di San Pantaleo
di Antonio D’Ostuni Il Salento territorio, per natura povero d’acqua in superficie e con le falde freatiche per lo più molto profonde, ha spinto i suoi abitanti ad insediarsi nei pressi degli avvallamenti dove c’era maggiore confluenza della acque piovane. Per poter sfruttare al meglio questa unica risorsa, nella Grecìa salentina anticamente è stato escogitato un ingegnoso sistema di raccolta…
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alright here is my nightly report
guys, there is a region of Apulia/Puglia on the Salento peninsula (the heel of the boot) called Grecìa Salentina (Salentine Greece), where they speak Griko (a form of Italiot Greek, which is the family of dialects of Greek spoken in Italy since Magna Graecia 🤌🏻)
In that region there is a town called Calimera 😭 which means 'good morning' in Greek 🥹❤️
In Calimera, there is a stele (in this case a funerary monument) from the fourth century BC that was donated to them in 1960 by the city of Athens 🥹 all because in 1957, the mayor of Calimera sent a letter to the mayor of Athens asking for something, anything they could have, as a symbol showing their common origin & good rapport between the two places
The stele is held in a stone shrine, with an inscription that reads "Zeni 'su en ise ettù 'sti Kalimera", meaning "You are not a stranger here in Calimera" 😭
#ooc //#uggh this made me so happy#it's so precious#separated by time and space#but never estranged#italy and greece holding hands and skipping#history
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Lecce: a Vittorino Curci 'L'Olio della Poesia 2023', è il primo pugliese premiato.
Lecce: a Vittorino Curci 'L'Olio della Poesia 2023', è il primo pugliese premiato. Dal 2022, il Polo Biblio museale di Lecce, diretto da Luigi De Luca, ha assunto la direzione artistica dell'Olio della Poesia, storica manifestazione, alla sua XXVII edizione, promossa dall'Amministrazione Comunale di Carpignano Salentino che si svolge a Serrano, piccolo borgo della Grecìa Salentina, nell'ultima domenica di luglio, per leggere poesia, incontrare i poeti e per donare loro, olio, in cambio di versi. Il Polo Biblio museale e gli Osservatori di Poesia: Con un lavoro corale, che coinvolge gli "Osservatori di poesia" delle Biblioteche della Grecìa, il Polo Biblio museale ha maturato una nuova riflessione sul senso del Premio, del "premiare" e sulla necessità che i poeti siano testimonianza di un agire che non si ferma solo alla scrittura e al far versi per crescere un progetto volto ad allargare le interazioni con gli autori e con pubblico. Andare in cerca della poesia popolare, delle sue declinazioni metropolitane in una contemporaneità che sempre con più incisività tenta di rifondare la lingua, di appropriarsene, di giocare sul filo di sincretismi capaci di contenere il passato più remoto e un'idea di futuro volta alla speranza; una "parola mondo" che nel lavoro dei poeti trova il giusto strumento per veicolarsi: questo l'intento della XXVII edizione dell'Olio della Poesia. L'Olio della Poesia a Vittorino Curci: Nell'edizione 2023, nel centenario della nascita di Rocco Scotellaro - si sceglie di fare una forte riflessione sulla poesia a Sud, nel mezzogiorno d'Europa, nel Mediterraneo, premiando, per la prima volta nella storia dell'Olio della Poesia, un poeta pugliese: Vittorino Curci. Scrive di lui Simone Giorgino nel Quaderno che sarà donato al pubblico il 30 luglio, in Piazza Lubelli a Serrano: «La scrittura di Curci ha trovato, nel tempo, il suo stigma e il suo fulcro in versi dal ritmo molto cadenzato ora jazzati, ora salmodianti, sempre personali e riconoscibilissimi, che sembrano aggredire dall'interno, slabbrandole, le maglie della metrica tradizionale. (...) Curci non assume posture sacerdotali ma si presenta come un semplice testimone, un «verbalizzante», intento a fissare su carta lo scempio e lo sfacelo dei tempi nostri. (...) Non sono rari i momenti in cui Curci si sofferma a riflettere sul suo mestiere/destino di poeta, sul senso – o l'insensatezza – che può avere la scrittura in tempi così 'impoetici' come quelli che stiamo attraversando. (...) Nel crepuscolo infuocato della nostra decadenza, c'è ancora un modo, sembra suggerire Curci, per contrastare la deriva, per resistere umanamente, ed è la pratica quotidiana, ostinata, della poesia. La poesia è la sola fiaccola che può squarciare la spessa tenebra incipiente; è la nostra ultima occasione di riscatto, per una nuova palingenesi». Poeta, musicista e artista visivo, Vittorino Curci vive a Noci, in provincia di Bari, dove è nato nel 1952. Collabora alla rivista Nuovi Argomenti e al quotidiano Repubblica Bari dove dal 2019 cura la "Bottega della poesia", un vero osservatorio delle dinamiche e dei protagonisti del fare poesia a Sud. Nel '99 ha vinto il Premio Montale per la sezione "Inediti". È presente in varie antologie di poesia contemporanea pubblicate in Italia e all'estero. Nella veste di organizzatore culturale ha ideato e diretto l'Europa Jazz Festival di Noci e la rassegna Noci-Cinema. Nel 2002, con Pino Minafra, Roberto Ottaviano e Nicola Pisani, ha fondato la Meridiana Multijazz Orchestra. In passato ha anche ricoperto la carica di Sindaco del Comune di Noci e Assessore alla Cultura della Provincia di Bari. I suoi libri più recenti: Liturgie del silenzio (Primo premio della XV Edizione Concorso Nazionale di Poesia Città di Sant'Anastasia 2017) - La Vita Felice, Milano 2017; La ferita e l'obbedienza (nuova edizione ampliata) - Spagine, Lecce 2017; Note sull'arte poetica - Primo Quaderno, Spagine, Lecce 2018; L'ora di chiusura - La Vita Felice, Milano, 2019; La lezione di Hemingway e altri scritti di letteratura, Macabor, Francavilla Marittima (CS); Note sull'arte poetica - Secondo Quaderno, Spagine, Lecce 2020; Poesie (2020-1997) - La Vita Felice, Milano 2021, con prefazione di Milo De Angelis (Premio Giuria Viareggio e finalista al Premio "Viareggio-Rèpaci" 2021); Un giorno, due oppure vent'anni, Lyriks, Cittanova (RC) 2023; Cadenze per la fine del tempo, Musicaos, Neviano (Lecce) 2023. Gli altri riconoscimenti dell'Olio della Poesia: Premio Millennium Il Premio Millennium 2023, a cura dell'Amministrazione comunale di Cursi, è assegnato a "I Quaderni del Bardo Edizioni" di Stefano Donno per la ricerca e la caratura internazionale delle sue edizioni di poesia realizzate in stretta collaborazione con La Casa della Poesia di Como e per aver pubblicato, nel 2023, l'antologia della poesia ucraina "Clarinetti solari" realizzata a cura del poeta Dmytro Tchystiak con Laura Garavaglia e Annarita Tavani. Un'opera che permette ai lettori italiani di entrare in contatto con la realtà viva di una letteratura che ha dato al mondo scrittori tanto diversi come Gogol, Bulgakov o Shevchenko. L'antologia permette la conoscenza delle tendenze contemporanee della poesia ucraina, a partire dal fondatore della nuova letteratura ucraina Taras Shevchenko, passando per il grande rappresentante del modernismo Pavlo Tychyna, che ha avuto un grande impatto sulla generazione dei neo-modernisti degli anni '60, i restauratori delle strutture archetipiche ucraine ("Scuola di Kiev") fino alla generazione degli anni 2010. Premio Salento d'Amare Il Premio Salento d'Amare 2023 va all'Associazione Art&Lab, Lu Mbroia di Corigliano d'Otranto. Aggregato musicale di grande rilievo, punto di riferimento della Canzone d'Autore e della ricerca musicale in atto nel Salento in un confronto costante e continuo con la scena nazionale e internazionale. Luogo di esaltazione dell'autonomia autoriale - nato dall'iniziativa del cantautore Massimo Donno - che dà valore all'iniziativa culturale nello spirito dell'avventura creativa e del fare insieme. La musica, la leva di un lavoro sulla parola poetica, che va all'incontro con il pubblico nel solco di una tradizione capace di declinare l'umano, il suo sentire più intimo, la necessità di dialogare per dare prospettiva ai Vissuti, al Tempo e alla Storia. Un luogo di resistenza Lu Mbroia, che si è dato una funzione importante: rifondare la relazione tra gli artisti e il pubblico sempre pienamente partecipe, nell'ascolto, in una dimensione di intimità, una prossimità, da aia antica, come in una ronda dove l'inquietudine si sana con la condivisione.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Bova, Calabria, Italy: People, Language and Land
How many words do you know to describe the land? Language reveals a lot about a people. In the village of Bova, in Southern Italy's Calabria, the Museo della Lingua Greco-Calabra “Gerhard Rohlfs” takes a closer look at this connection between the calabresi and their land, specifically the community that speaks an ancient Calabrian Greek language in the Aspromonte Mountains, way down south in the toe of Italy.
BOVESIA: GRECO-CALABRO– CALABRIAN GREEK IN BOVA, CALABRIA
Bova, at the heart of the Bovesia, is the last bastion of Greek speakers in the Province of Reggio Calabria. (The other Southern Italian enclave of historically Greek-language communities is the Grecìa Salentina near Lecce in the Salento peninsula on the heel of the boot.) In Calabria, the dialect spoken by an ever-dwindling handful of people is called grecanico or greco-calabro. This Greek dialect is one of Italy’s official minority languages.
How long have they been speaking Greek in Calabria? Does this language stem from the time of Greater Greece, beginning in the 8th century BC or from the Byzantine Period from the 6th to 12th centuries AD? Scholars differ on this point. Although Calabrian Greek has followed its own developmental path, it is categorized as a modern Greek language with Calabrian and Italian influences. Interesting to note, however, that the grecanico in Calabria also contains numerous ancient-Greek words, which have long disappeared from the language spoken in Greece today.
The Museum of the Calabrian Greek Languag
The Museum of the Calabrian Greek Language in Bova explores different aspects of the language through photos, historic documents and artifacts, as well as audio-visual material. Gerhard Rohlfs (1892 – 1986) was a German linguist, whose area of study was Romance languages, in particular, those spoken in Southern Italy. Often referred to as an “archeologist of words,” he asserted that Italian-Greek descended directly from the days of Magna Graecia, contending that the ancient Romans had not been able to Latinize the entire Italian peninsula.
The museum is located in what is often referred to as Bova Superiore, the old town located on the top of a hill, complete with numerous churches and castle ruins. Along the streets of historic Bova and down a hillside trail, the farmer’s life is also remembered in the Sentiero della Civiltà Contadina – Path of Rural Culture, with large millstones, olive and bergamot oil presses, drinking troughs, and other objects relating to the agrarian existence of the bovesi (people from Bova) not so long ago.
Museums and even the attractions help keep memories of the old town and the old life alive. Many bovesi moved to the coastal town of Bova Marina and much further beyond.
Today, Bova, Calabria counts fewer than 500 residents. Although it has its fair share of abandoned houses, many have been renovated to the point that the historic center has been named one of the Borghi più belli d’Italia (Italy’s most beautiful villages) as well as one of only eighteen in Italy to be named a Gioiello d’Italia (Jewel of Italy).
Will grecanico survive?
Very few young people speak their native tongue, and with the focus on English and other languages, Latin and even ancient Greece in the schools, the prospects are less than rosy. Several cultural groups and schools offer classes, but learning a modern language is difficult, no less an ancient one. To dedicate the proper amount of time and energy, there must be a very strong motivation.
Written by Karen Haid
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#bova#calabria#italy#italia#south italy#southern italy#italian#mediterranean#greek#greek langblr#grecanico#europe#ancient greece#magna graecia#magna grecia#byzantine#history#gerhard rohfls#mediterranean sea
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Lo sciakuddhi, il folletto dispettoso del Salento
il folletto salentino, visto da Daniele Bianco
di Paolo Vincenti
Lo sciakùddhi, o sciacuddhi, è la maschera popolare del Carnevale della Grecìa salentina, protagonista delle colorate sfilate in maschera che si tengono nei giorni carnascialeschi. È un termine greco-salentino col quale si indica un curioso folletto, esponente di quell’immenso patrimonio che sono le tradizioni popolari del nostro territorio, abitato da molte altre maschere o “spauracchi”, quali la catta scianara, l’uomo nero, le macare, il Nanni Orcu, ecc. Lo sciakùddhi è conosciuto sotto nomi diversi non solo negli altri comuni del Salento ma anche in tutta la vasta area meridionale italiana. Nella fantasia popolare, esso è un folletto, molto piccolo, bruttino, fosco, peloso, vestito di panno e con un buffo cappellino in testa; in genere scalzo, smanioso di possedere un paio di scarpette, quindi riconoscente nei confronti di coloro che gliele donano, ai quali regala un gruzzolo di monete sonanti o indica il luogo dove si trova nascosto un tesoro, l’acchiatura. Ha l’abitudine di saltare di notte sul letto delle case che visita, raggomitolandosi sul petto del dormiente e dandogli un senso di soffocamento, poiché esercita una forte pressione; e probabilmente, proprio dalla voce dialettale carcare, ossia “premere”, deriva carcaluru, nome con cui è più conosciuto nel nord Salento. Per la verità, questo che stiamo descrivendo è propriamente il tipo dello scazzamurrieddhu, assimilato allo sciakùddhi, mentre lu moniceddhu è raffigurato come un uomo piccolissimo, vestito con un abito da frate ed è considerato uno spiritello più bizzarro e scherzoso che cattivo, come è invece lu scazzamurrieddhu : “piccin piccino, gobetto, con gambe un po’ marcate in fuori, è peloso in tutta la persona, gli copre il capo un piccolo cappelletto a larghe tese e indossa una corta tunica affibbiata alla cintola”, come ci informa il Castromediano.
Vi è almeno una trentina di modi in cui è chiamato questo folletto: oltre a quelli già citati, asciakùddhi, variante di sciakùddhi, nella Grecìa Salentina, soprattutto a Martano; àuru, nelle varianti lauru e laurieddhu, a Lecce; diaulicchiu o fraulicchiu, o, più raro, piccinneddhu, nel medio Salento; scarcagnulu, diffuso nel Capo di Leuca; altrove anche uru, urulu, ecc.
Per il Rohlfs, sciacuddhi /sciaguddhi è un folletto ed anche un incubo; il suo nome verrebbe dal greco σκιαούλον, ossia “piccolo spettro”, da σκιά ,“ombra”, con influsso del latino augurium. In altre aree del Salento si ha però, come abbiamo detto, anche scazzamurreddhu, scazzamaurrieddhu, che secondo il Vocabolario dei dialetti salentini vale “spirito, folletto” e “incubo”. L’origine si trova in un cazzamurreddhu che, oltre a presentare l’aspetto di una parola composta, si mostra anche congruente col francese cauchemar. La somiglianza non è sfuggita a Rohlfs, che infatti rimanda la nostra forma a un composto tra la voce dialettale cazzare, “schiacciare”, e il germanico mara, “fantasma”. Nonostante la voce salentina (e meridionale) presenti un vocalismo e uno sviluppo morfologico più tipico, l’origine di questo secondo elemento è rafforzata dal primo, visto che TLFI (Trèsor de la langue francaise informatisè) ritiene che il francese cauche dipenda proprio da un latino calcare, “schiacciare” e, in sintonia con la proposta di OED (Oxford English Dictionary on line) per l’inglese nightmare, riconduce il francese mar a forme di tipo mare, “spettro” presenti in neerlandese, tedesco e inglese antico.
Munacceddhu e animali, visto da Daniele Bianco
A Napoli, “o munaciello” è quasi una maschera popolare; ma, a differenza del monaciello napoletano, che miracolosamente nacque dalla bella Mariuccia e dall’ottantenne doli Salvatore, come informa Giovan Battista Basile nel Cunto de li cunti, lu scazzamurrieddhu salentino non ha lasciato traccia della sua venuta al mondo. Può essere lo spirito di un bambino morto senza aver ricevuto il battesimo, come il monachicchio, l’omologo lucano del nostro moniceddhu, di cui parla Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli. Oppure, questo spirito lo si credeva sprigionato dal fumo delle carcare (da cui, forse, un’altra etimologia per carcaluru), nelle quali si produceva la calce utilizzata per le costruzioni. Dal fumo della calce ribollente, veniva fuori l’astuto folletto e guai alla casa che prendeva di mira, nella quale si intrufolava passando dal camino, e guai agli abitanti della stessa, che venivano svegliati di soprassalto dallo scazzamurrieddhu, il quale in questo modo, sonoramente, sottolineava il proprio arrivo. Certo, il comitato di benvenuto che il furbo carcaluro si sarebbe aspettato di trovare al suo arrivo non era proprio la “festa” che gli arrabbiatissimi famigliari, svegliati di soprassalto, gli volevano fare. Il Nostro è dunque un nano, categoria dalla quale ha attinto molta letteratura per l’infanzia e in ispecie le fiabe (pensiamo, su tutti, a Biancaneve e i sette nani).
Il primo e il più famoso di questi nani è lu cumpare Sangiunazzeddhu, così chiamato perché piccolissimo quasi quanto un sanguinaccio, secondo il Castromediano. Sangiunazzeddhu sta per Sanguinello e la derivazione forse più attendibile di questo termine, secondo Rossella Barletta, è quella di Silvanus, una divinità agreste della mitologia romana che più tardi il popolo convertì in una specie di folletto.
A volte, egli può volgere la sua attenzione agli animali: di notte striglia, abbevera i cavalli e gli asini nelle stalle, oppure li bastona; può vedere di buon occhio il cavallo e mal vedere l’asino, e allora toglie la biada all’uno e la porta all’altro. Una volta infilatosi in casa dal camino, comincia a compiere una serie di scherzetti anche pesanti: nasconde o cambia la disposizione degli oggetti, rompe piatti, bottiglie, bicchieri, producendo un gran frastuono, facendo sobbalzare nel letto i componenti della famiglia. Guai se vi è un ospite sgradito in casa: lu moniceddhu comincia a premergli il petto fino a toglierli il respiro. Ma se l’oppresso riesce a vincere l’affanno e a catturare il folletto, prendendolo per il ciuffetto e tenendolo fermamente, allora il dispettoso spiritello piange e prega e tutto promette per riavere la libertà.
disegno di Daniele Bianco
Un altro modo per sottometterlo è impadronirsi del suo berretto rosso, lu cappeddhuzzu. Senza il suo copricapo, il folletto non può vivere e per riaverlo promette di rivelare ai padroni della casa il luogo in cui si trova un’acchiatura. Ciò può essere un tranello e, per ritrovare questo fantomatico tesoro, l’uomo può cacciarsi in grossi guai, sempre che il folletto non sia nel frattempo scappato, dopo aver ricevuto il suo cappeddhuzzu, senza rivelare alcun nascondiglio. Essendo un burlone, se gli si chiede denaro, egli colma la casa di cocci; se invece gli si chiedono cocci, egli dà il denaro. “E’ uno di quei folletti”, dice ancora il Castromediano, “tra il bizzarro e l’impertinente, tra lo stizzoso e lo scherzevole, cattivo con chi lo ostacola o sveli le sue furberie, benefico con chi usa tolleranza”.
Frequentando le stalle, può succedere che si innamori di un’asina o di una cavalla ed allora è tutto premure e dolcezze. Pettina e lucida il crine o la coda della cavalla di cui è innamorato e, a questa soltanto, porta tutta la biada, sottraendola agli altri animali, che diventano sempre più rinsecchiti, per somma disperazione dello stalliere che non riesce a darsi una spiegazione per lo strano fenomeno. La famiglia che abita la casa visitata dal nanetto, a causa della sua presenza ossessiva e fastidiosissima, può anche decidere di cambiare casa; sempre che il terribile folletto non decida di seguire le sue vittime nella nuova abitazione.
Fra i vari dispetti, il peggior male è, senz’altro, quello di non dormire la notte o di dormire male, con un sonno agitato dagli incubi. C’è un altro rimedio per tenerlo lontano: si può apporre ad un arco o alla sommità della porta principale della casa un paio di corna di bue o di montone, di cui il folletto ha una paura tremenda. Come visto, un altro nome con cui viene indicato dalle parti di Lecce è lauru o auru, auricchiu nel suo diminutivo. Secondo Rossella Barletta, l’origine del termine auro deriva da “augurio”, dal latino augurium, derivato da augur, cioè “augure”, intendendo con questo termine quei sacerdoti che, nella religione romana arcaica, divinavano la volontà degli déi attraverso la lettura dei segni celesti o anche attraverso il canto o il volo, oppure ancora le interiora, degli uccelli. Ma il termine “augurio”, nella nostra lingua, è collegato con qualcosa di positivo, un buon auspicio, e questo ci fa pensare alla componente buona, o almeno duale, del carattere di questo folletto-divinità della casa. Maurizio Nocera individua un’altra etimologia per laurieddhu: “Le due parole (Laurieddhu e Monachicco) non sono in contraddizione fra di loro, anzi: Laurieddhu si riferisce al luogo e ha la sua origine etimologica da laura, grotta naturale, spesso usata nel primo millennio d. C. dai monaci bizantini per i loro ritiri, per pregare ed anche per dormire. In Salento le laure basiliane sono molte tuttora visitabili. Monachicco invece significa appunto piccolo monaco, che vive nella laura”.
Ricorda, Nocera, le sue paure di bambino nel piccolo paese agricolo (Tuglie) in cui è nato: “La mia paura era legata soprattutto al buio e ai racconti che si facevano intorno a questo elemento della natura. Una volta andati a letto, ai bambini si raccomandava di mettersi sotto le coperte e di non mettere mai fuori la testa da esse, pena l’arrivo del laurieddhu e gli scherzi di cattivo gusto che egli avrebbe potuto fare. A ciò vanno aggiunte le paure derivanti dai racconti legati all’apparizione di anime morte o comunque di spiriti maligni. Ovviamente da bambino anch’io ho creduto a tutto ciò, e non dimentico il terrore che avevo per questo strano spiritello. Il mio lettino stava affianco a quello di mio fratello più grande, oltre al quale c’era il camino, di giorno acceso, di notte spento. Una volta coricato e messa la testa sotto le coperte, l’immagine della mente più appariscente che mi si presentava era sempre quella della bocca del camino nero, dal quale poteva uscire lo gnomo dispettoso o qualche anima morta. Terrore e tremore fino a che il sonno non vinceva. Da adulti, mio fratello mi ha ricordato che durante quella prima fase di sonno ipnagogico, parlavo molto, a volte gridavo anche, e le parole che scandivo erano sempre rivolte allo gnomo affinché stesse lontano da me. Paure di bambino scaturite dalla narrazione.
Oggi di tutta questa leggenda sono rimasti solo i racconti”. Fatto sta che, nonostante la disponibilità di contributi autorevoli di figure di spicco della cultura salentina, deve ancora allestirsi una bibliografia sugli esseri immaginari salentini, anche in relazione a quelli di altre aree dello spazio mediterraneo.
Per trovare l’origine degli scazzamurrieddhi, secondo noi, si può certamente risalire ai Lares, ai Penates e ai Manes, le divinità domestiche della casa romana. Nella religione romana, i Lares erano protettori di uno spazio fisico ben preciso e circoscritto, la casa appunto. Ad essi si portavano delle offerte, come un grappolo d’uva, una corona di fiori o cibarie. Il Lar Familiaris è invocato da Catone nel De agri cultura e da Plauto nell’Aulularia. I Penati erano, etimologicamente, gli dèi del penus, cioè il vano delle provviste. Anch’essi erano i protettori della casa e dei suoi abitanti, in particolare del pater familias. Vi erano poi i Lemures o Manes, cioè gli spiriti dei morti. La morte, nell’antica Roma, veniva ritenuta contagiosa, funesta, e quindi doveva essere purificata con riti appropriati, come il sacrificio di una scrofa a Cerere. Il lutto durava nove giorni. L’ultimo giorno, si faceva un pasto sulla tomba, poi la pulizia con la scopa e la purificazione della casa e di tutti coloro che avevano assistito alla sepoltura. La famiglia infatti si riteneva contaminata, in qualche modo, dal contatto con la morte. Se ai morti veniva data giusta sepoltura, essi potevano sopravvivere in pace nell’aldilà, altrimenti potevano tornare sulla terra e tormentare i vivi. Questi spettri malefici erano chiamati Larvae e i famigliari venivano da essi tormentati. I Lares ed i Penates non abbandonavano mai la casa e ne proteggevano gli abitanti, mentre i Manes, nella loro forma di Larve, potevano essere avversi. Se dunque affondassero nella mitologia romana le origini dei folletti di casa nostra, ciò fornirebbe anche una spiegazione della loro doppia natura, benevola e malevola.
tavola di Daniele Bianco
Ringrazio il prof. Antonio Romano per l’ottima consulenza bibliografica.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Saverio La Sorsa, Fiabe e novelle del popolo pugliese, Bari, Casini, 1927.
Idem, Leggende di Puglia, Bari, Levante, 1958.
Giuseppe Gabrieli, Biblioteca del folklore pugliese, Bari, Set, 1931.
Giuseppe Gigli, Superstizioni, pregiudizi e tradizioni in Terra d’Otranto, ristampa, Bologna, Forni, 1970.
Sigismondo Castromediano, Cavallino: usi costumi e superstizioni, ristampa, Lecce, Capone Editore, 1976.
Gerard Rohlfs, Vocabolario dei dialetti salentini di Terra d’Otranto, Galatina, Congedo, 1976.
Aa.Vv., Favole e leggende salentine, Bari, Adda Editore, 1977.
Aa.Vv., Salve – miti e leggende popolari, Salve, Edizioni Vantaggio, 1995.
Alice Joisten e Christian Abry, Trois notes sur les fondements du complexe de Primarette. Loups-garous cauchemars, prédations et graisses, in Le Monde alpin et rhodanien. Revue régionale d’ethnologie, n. 30- 1-3, 2002, pp.135-161.
Mario Alinei, «Silvani» latini e «Aquane» ladine: dalla linguistica all’antropologia, in «Mondo ladino», IX n. 3-4, 1985, pp. 49-78.
Mario Alinei, L’étude historique des êtres imaginaires des Alpes, dans le cadre de la théorie de la continuité, in Les êtres imaginaires dans les recits des Alpes – Actes de la conférence annuelle sur l’activité scientifique du Centre d’Études Francoprovençales, Saint-Nicolas 16-17 décembre 1995, 103-110.
Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e parole perdute, Torino, Einaudi, 1995.
Sabina Canobbio, Les croquemitaines du Piémont occidental. Premier inventaire, in Le Monde alpin et rhodanien. Revue régionale d’ethnologie, n.26-2-4, 1998, pp. 67-80.
Davide Ermacora, Intorno a Salvàns e Pagàns in Friuli: buone vecchie cose o nuove cose buone, in «Atti dell’Accademia San Marco» n. 11, 2009, pp. 477-502.
Gennaro Finamore, Tradizioni popolari abruzzesi, Torino-Palermo C. Clausen, 1894 (Rist. anast. Cerchio, Polla, 1986).
Aa.Vv., Leggende e tradizioni popolari delle Valli Valdesi, a cura di Arturo Genre e Oriana Bert, Torino, Claudiana, 1977.
Alice Joisten e Christian Abry, Les croquemitaines en Dauphiné et Savoie: l’enquête Charles Joisten, in Le Monde alpin et rhodanien. Revue régionale d’ethnologie, n. 26-2-4, 1998, pp. 21-56.
Êtres fantastiques des Alpes, a cura di Alice Joisten e Christian Abry, Paris, Entente, 1995, (Collezione di Estratti da: Le Monde alpin et rhodanien. Revue régionale d’ethnologie, n.1-4/1992).
Giovanni Ruffino, Fantastiche abitatrici dello spazio domestico nelle credenze popolari alpine e siciliane, in Les êtres imaginaires dans les recits des Alpes – Actes de la conférence annuelle sur l’activité scientifique du Centre d’Études Francoprovençales, Saint-Nicolas 16-17 décembre 1995, 45-50.
Rossella Barletta, Scazzamurrieddhri i folletti di casa nostra, Fasano, Schena Editore, 2002.
Federico Capone, In Salento Usi, costumi, superstizioni, Lecce, Capone Editore, 2003.
Salento da favola storie dimenticate e luoghi ritrovati, a cura di Roberto Guido, Lecce, I libri di Qui Salento, Guitar Edizioni, 2009.
Maurizio Nocera, Il laurieddhu e il culto della papagna nel Salento, in La magia nel Salento, a cura di Gianfranco Mele e Maurizio Nocera, Lecce, Edizioni “Spagine/Fondo Verri”, 2018, pp. 123-136.
#folletto salentino#laurieddhu#laùru#moniceddhu#munaceddhu#nanni orcu#Paolo Vincenti#scarcagnulu#scazzamurieddhu#sciacuddhi#sciakùddhi#Spigolature Salentine#Tradizioni Popolari di Terra d’Otranto
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Portale in via Arcudi. Soleto / Salento / Puglia / Italia da Paolo Margari Tramite Flickr: Soleto (Lecce) Grecìa Salentina / Salento / Puglia / Italy 04-2011 Photo taken with a Canon 5D Mark II. _________________ «Un mucchio di piccole case bianche dai piccoli tetti bassi intorno al grande e magnifico campanile.» (Martin Shaw Briggs "Nel tallone d'Italia", 1908) Soleto è un comune italiano di 5.592 abitanti della provincia di Lecce in Puglia. Collocato nel Salento ed equidistante dal mare Adriatico e dallo Ionio, a circa 18 km dal capoluogo, fa parte della Grecìa Salentina, isola linguistica in cui si parla un'antica lingua di derivazione greca, il griko. In griko e in dialetto salentino il nome del paese è Sulítu. La 'Mappa di Soleto' è la più antica mappa geografica occidentale proveniente dall'antichità classica. fonte: it.wikipedia.org/wiki/Soleto ___________ Soleto is a small Griko-speaking city located in the province of Lecce in Apulia, Italy. The town has a total population of 5,592 and is one of the nine towns of Grecìa Salentina. In the 5th century, Soleto was probably elevated to bishopric seat, of Greek rite. In the 13th century the Angevine rules of Naples chose the city a capital of a county, ruled by the di Castro, Del Balzo, Orsini, Campofregoso, Castriota and Sanseverino, Carafa and Gallarati-Scotti families, until feudalism was abrogated in 1806. Soleto took part to the Neapolitan Republic of 1799 and a was a center of Carboneria during the Italian Risorgimento. It was ruled in the middle ages by Count Gjon Kastrioti II (the Roman numeral is related to the Kastrioti dynasty, not the county), son of the Albanian national hero Skanderbeg. The Soleto Map was discovered in Soleto by Belgian archaeologist Thierry van Compernolle of Montpellier University on August 21, 2003. source: en.wikipedia.org/wiki/Soleto most interesting photos from Soleto on flickr: flickriver.com/places/Italy/Puglia/Soleto
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Presentazione di un Reportage fotografico per il Progetto In-Cul.Tu.Re. a Zollino Quindicimila chilometri da percorrere “on the road” per l’Europa, a bordo della biblioteca itinerante “Zines of the Zone”.
#Antonio Chiga#Enrico Floriddia#Eravamo in Salento e non abbiamo visto il mare#Francesco Pellegrino#gabriele miceli#grecìa salentina#In-Cul.Tu.Re.#reportage#reportage fotografico#salento#Silvia Cesari#Silvia Giammarruco#Zines of the Zone#Zollino
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With around 10 thousand inhabitants, Martano is the biggest “Grecìa Salentina” town. Walk through the old center’s paved alleys to discover castles, historic houses and baroque churches. #WeAreinPuglia 📷Instagram @ ilrandagio_ https://t.co/5FBYCRiIMi (source WeAreInPuglia) 🇮🇹 🇪🇺
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Nel Salento la cena sembra una favola
Un viaggio nel tempo all'interno di un borgo nella Grecìa Salentina
Per l'evento "A cena con la duchessa" il 7 e 8 giugno il castello de Gualtieris a Castrignano de' Greci si risveglia come nelle favole: è questo il tema della rievocazione storica e ricostruzione gastronomica, ideata e messa in scena da Sara Latagliata, chef manager di Nobili Pasticci. Grandi e piccini si ritrovano catapultati nelle magiche atmosfere del Rinascimento e per una notte diventano nobili salentini del '500. Si cena gourmet con piatti d'ispirazione rinascimentale e la storia del castello è raccontata dagli attori di Improvvisart. Per esprimere la dimensione fiabesca e raccontare i momenti salienti della serata i fotografi Sergio de Riccardis e Pablo Peron hanno immortalato i partner della serata, trasformati per l'occasione in personaggi delle favole nel giardino botanico La Cutura: Biancaneve (Barbara Politi) addormentata e circondata dai prodotti di eccellenza della gastronomia pugliese; il bianconiglio con l'orologio (Pierpaolo Lala), che sollecita tutti a recarsi al castello; il pifferaio magico (Cosimo Protopapa) seguito dagli attori Improvvisart che animeranno la serata; la Regina cattiva (Lela Tommasi), che chiede allo specchio quanti nobili pretendenti incontrerà durante la cena. E poi Alice e il Cappellaio Matto (Chiara Eleonora Coppola e Gianpiero Pisanello) a tavola pronti a degustare i piatti; la Sirenetta Umana (Viola Margiotta) con in mano la forchetta di cui si racconta la storia durante il banchetto; il Mago Merlino (Andrea Starace) con tutti gli elementi per una perfetta mise en place; Hansel e Gretel che lasciano a terra le mini duchesse di pasta di zucchero omaggio per gli ospiti e Pinocchio e il mangiafuoco (Francesco Quinto) che presentano lo spettacolo per i bambini. Infine la Bella (Federica Stella Blasi) nella libreria dell'Istituto Calsaziano di Campi Salentina con il manuale di cucina rinascimentale di Bartolomeo Scappi, cuoco segreto di Papa Pio V a cui la chef si ispira per la cena, i 7 nani con i cestini contenenti i prodotti della cena e Maga Magò, ovvero Sara Latagliata, intenta a compiere magie in cucina
Info: Nobili Pasticci, tel. 320 7619280, www.nobilipasticci.it
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La Notte della Taranta. Il concertone del 27 agosto 2022
Nato nel 1998 su iniziativa dell’Unione dei Comuni della Grecìa Salentina e dell’Istituto Diego Carpitella, La Notte della Taranta è un festival che si svolge in Salento ed è dedicato alla riscoperta e alla valorizzazione della musica tradizionale salentina e alla sua fusione con altri linguaggi musicali: dalla world music al rock, dal jazz alla musica sinfonica. Il maestro concertatore della…
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I Passiùna tu Cristù (La Passione di Cristo)
I Passiùna tu Cristù (La Passione di Cristo)
di Eufemia Attanasi ©Gianfranco Budano: Gallipoli, riti del venerdì santo Ancora oggi, durante la Settimana Santa, nei paesi della Grecìa Salentina (Corigliano d’Otranto, Martano, Soleto, Martignano, Sternatia, Zollino) giovani e anziani cantano la Passiùna tu Cristù, la Passione di Cristo, una canzone popolare composta di 52 strofe in Griko, che rappresenta in modo semplice il dramma divino.…
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Canon EOS 250D Taken on 11/12/2021. * Sternatia is a small town in the Lecce province of Puglia, southern Italy. It is one of the nine towns of Grecìa Salentina where the Greek dialect Griko is spoken. Take time to explore the town's historic centre, where fascinating old buildings are preserved. 𝗛𝗼𝘄 𝘁𝗼 𝗴𝗲𝘁 𝘁𝗵𝗲𝗿𝗲: 🚆 You can get to Sternatia by catching the train from Lecce with the company 'Ferrovie Del Sud Est'. ______________________________________ #Sternatia #Lecce #Salento #Italia #Italy #OK_Streets #Puglia #SudItalia #SouthernItaly #Apulia #WeAreInPuglia #Ig_Puglia #VolgoItalia #TravellingThroughTheWorld #WorldMasterShotz #WorldTravelPics #BestItalianSites #AmazingShots_Italy #NewPhoto_Italia #TreasureItaly #CharmingItaly #BrowsingItaly #Raw_Italy #BellezzedItalia #BellaItalia #TravelAndLeisure #Photos_Of_Italy #Pugliamoremio #PugliaLovers #VisitPuglia (at Sternatia, Puglia, Italy) https://www.instagram.com/p/Caz7bgtsmPD/?utm_medium=tumblr
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Le meraviglie di una terra, il Salento, la cui storia affonda le radici in tempi remoti: l'antica Grecìa Salentina, documentate da uno splendido percorso enogastronomico. Questo è #ivizideglidei . . #salento #winestore #WINESHOP #weekend #wineinfluencer #traveler #cacioricotta #formaggio #roderer #travelawesome #TRAVELLING #TRAVELBLOGGER #foodblogger #FOODPORN #champagne #travel #blog #wine #winerare #instasalento #instafood #INSTADAILY #influencer (presso I VIZI DEGLI DEI) https://www.instagram.com/p/CZbWdqWqM_1/?utm_medium=tumblr
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Li Ucci Festival 2021 dal 5 all'11 settembre a Cutrofiano (Lecce)
Da domenica 5 a sabato 11 settembre a Cutrofiano, in provincia di Lecce, appuntamento con l’undicesima edizione de Li Ucci Festival, organizzata dall'associazione Sud Ethnic aps
Da domenica 5 a sabato 11 settembre a Cutrofiano, in provincia di Lecce, appuntamento con l’undicesima edizione de Li Ucci Festival, organizzata dall’associazione Sud Ethnic aps in collaborazione con il Comune di Cutrofiano, con il patrocinio di Regione Puglia, Puglia Promozione, Camera di Commercio di Lecce, Istituto Diego Carpitella, Unione dei Comuni della Grecìa Salentina, Comune di Aradeo,…
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Nuovo post su http://www.fondazioneterradotranto.it/2018/06/19/sternatia-un-indovinello-in-griko/
Sternatia: un indovinello in griko
di Armando Polito
Sull’origine del griko rinvio per brevità a http://www.fondazioneterradotranto.it/2018/03/07/la-grecia-salentina-nellatlante-del-pacelli-1803/, dove il lettore troverà pure notizie su Giuseppe Morosi (1844-1891), il grecista milanese che raccolse leggende, canti, proverbi e indovinelli in griko nella prima sezione della sua pubblicazione Studi sui dialetti greci della Terra d’Otranto, Tipografia editrice salentina, Lecce, 18701.
Il nostro indovinello, proveniente da Sternatia, è a p. 80, da cui lo riproduco in formato immagine.
Ho pensato di ricostruire il testo come sarebbe stato se scritto in greco classico. Tutto scorrevolissimo, (tant’è che non c’è stato neppure bisogno di consultare il relativo vocabolario), meno una parola: icaturi. Nessun aiuto mi ha fornito il Vocabolario dei dialetti salentini (Congedo, Galatina, 1976) di Gerard Rohlfs e nemmeno il Vocabolario griko-italiano di Mauro Cassoni (Argo, Lecce, 1999). Dirò di più: la voce è assente pure nel repertorio lessicale che nel volume del Morosi occupa la seconda parte. A quel punto mi è venuto il sospettoche fossero due parole, trascritte come se si trattasse di una parola composta. Icaturi, perciò, andrebbe diviso in i e caturi. La prima parola (i) corrisponderebbe al greco classico attico εἷ, mentre la seconda (caturi) è voce del verbo griko caturò, questo sì registrato dal Morosi a p. 177, dal Cassoni a p. 120 e dal Rholfs a p. 916 del terzo volume).
Ἒχω μίαν μάνδραν πρόβατα· εἷ κατουρεῖ μία, εἷ κατουροῦσιν ὅλα.
(leggi: Echo mian mandran pròbata: ei caturuei mia, ei caturusin ola; traduzione letterale della trascrizione in greco classico: ho una sola mandria; pecore; dove orina una, dove orinano tutte).
Il dubbio sollevato da icaturi pone il problema dell’attendibilità della fonte orale e della fedeltà della registrazione grafica; quest’ultima oggi è superabile dalle moderne tecniche di registrazione, mentre l’attendibilità della fonte dev’essere oggetto di attento studio da parte del ricercatore che, direttamente, o servendosi di informatori all’altezza, deve anche saper mettere a suo agio il soggetto-fonte perché non risulti incrinata in un modo o nell’altro la sua spontaneità.
Molto probabilmente anche i pochi che a Sternatia ancora parlano il griko non conoscono questo indovinello; tuttavia sarebbe interessantissimo avere un riscontro positivo e negativo. A distanza di due anni dal volume del Morosi Giuseppe Pitrè pubblicava Studi di poesia popolare, Pedone-Lauriel, Palermo2, dove, a p. 343, citando il Morosi e il testo in griko dell’indovinello, ne riportava la variante siciliana.
Risulta aggiunto un particolare determinante per tentare di risolvere l’indovinello: l’inusitato colore rosso delle pecore. Debbo essere onesto: la mia fervida fantasia, che spesso mi porta a creare ardite metafore (ma capire quelle degli altri è più complicato …), probabilmente non sarebbe bastata a risolvere esattamente l’indovinello e probabilmente mi sarei tormentato invano per più giorni, se l’occhio nel leggere il testo non fosse stato obbligato quasi a leggere pure la soluzione, che nell’immagine precedente ho volontariamente tagliato per non togliere pure a voi il gusto. Niente da fare= Allora eccovi l’immagine prexcedente col dettaglio che avevo omesso.
Una forma più arguta e gentile per sottolineare la presunta dabbenaggine della pecora rispetto al proverbio salentino: Ci la prima pecura si mena intra ‘llu puzzu, totte l’addhe la sècutanu (Se la prima pecora si butta nel pozzo, tutte le altre la seguono), usato metaforicamente, per fortuna, per stigmatizzare il spirito di emulazione, purtroppo solo della peggiore umanità …
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1 Integralmente consultabile e scaricabile in https://books.google.it/books?id=J_EGAAAAQAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false
2 Integralmente consultabile e scaricabile in https://books.google.it/books?id=sDD0ljFaHjoC&pg=PA343&dq=Giuseppe+Morosdi&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwj93JDaocnbAhXFjiwKHYaOCPsQ6AEIPjAE#v=onepage&q=Giuseppe%20Morosdi&f=false
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