#gli ho dovuto rispondere
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pgfone · 2 years ago
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Ma alla fine hai fatto lo shop online?
Ammazza che memoria!!!! Me l'ero dimenticato perfino io! Comunque, a parte gli scherzi l'idea shopping online è dolcemente naufragata per una questione di costi, non tanto per il sito stesso, ma per una questione di imballaggi, ecc... che praticamente porta il prodotto finale a costare cifre importanti completamente fuori mercato per me che sono mooooolto piccolo. Per farti un esempio in soldoni, un litro di olio intorno ai 13 euro, più la lattina o la bottiglia intorno ai 2 euro, più il cartone per la spedizione e il pluriball dentro altri 2 euro, più intorno alle 7 euro la spedizione, capisci bene che 24 euro per un litro di olio non ce li spende NESSUNO nemmeno i più appassionati e quindi questo mio slancio imprenditoriale è finito dritto in mattatoio XD
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kon-igi · 5 months ago
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Mi ci rivedo molto in quello che hai raccontato sulla depressione e sull'effetto della sertralina... anche io avevo tanta paura di non essere più me stessa e invece forse si potrebbe quasi dire che mi ha permesso di essere più me stessa di quanto non lo sia mai stata... ora però ho un'altra paura: cosa succederà quando smetterò di prenderla? In questi anni di psicoterapia ho veramente imparato qualcosa o sto meglio solo ed esclusivamente grazie al farmaco? Tornerò ad essere schiacciata dal mondo come prima? Questa ora è la mia paura...
Questo è il più antico degli ask del periodo strano (era il 7 Maggio) e pur avendolo letto, ho dovuto aspettare tutto questo tempo per rispondere.
Perché?
Perché ancora una volta mi sono preso del tempo per capire cosa voglia dire 'essere se stessi' e chiedermi se, in fondo, anche il dolore di essere alla fine non faccia parte di questo.
Cerco di farti capire: a figlia piccola (22 anni) qualche mese fa è stato diagnosticato un disturbo borderline di personalità di lieve gravità, per un certo periodo ha assunto quetiapina con notevole beneficio e qualche settimana fa ha chiesto alla psichiatra se poteva sospenderla. L'interruzione non ha creato problemi e lei adesso lavora e vive i suoi rapporti affettivi interpersonali in modo equilibrato e sereno.
Ci sarebbe riuscita senza quetiapina?
Non credo.
Il merito è solo della quetiapina?
NO. Il farmaco le ha permesso di ritrovare quell'equilibrio necessario a riordinare la propria visione del mondo e del suo posto in esso ma se non ci fosse stata a monte volontà di equilibrio, il farmaco da solo sarebbe stato inutile.
A me sta aiutando la sertralina?
Può darsi che non ne avessi più bisogno perché, come mia figlia, penso di aver trovato un mio equilibrio
MA
è ancora un periodo molto strano e delicato... e ora vi dico perché.
Il 28 Giugno - una settimana dopo il mio compleanno - la mia compagna esegue una TAC del campo polmonare perché fumatrice di lunga data... i polmoni sono abbastanza decenti ma ai limiti del campo radiografico
In sede paravertebrale destra, sviluppata a ridosso dei somi di D11, D12 ed L1 si osserva tessuto solido amorfo, con diametri assiali di circa 72 x 17 mm ed estensione cranio-caudale di circa 62 mm, senza segni di diretta infiltrazione delle strutture adiacenti in particolare degli emisomi vertebrali e degli archi posteriori delle coste, meritevole di approfondimento diagnostico con PET/TC e valutazione in ambito specialistico (malattia linfoproliferativa?).
Tradotto in parole povere, tra i reni e le vertebre c'è una massa delle dimensioni di un plumcake che anche se non presenta metastasi potrebbe essere un linfoma.
Aprite una parentesi, metteteci dentro la più profonda delle disperazioni cosmiche, e poi chiudetela il 12 Luglio (due settimane dopo) quando la Tomografia a Emissione di Positroni ci dice che il mezzo di contrasto radioattivo non ha rilevato attività neoplastica nella massa amorfa.
Non è un tumore, insomma, e anche se io avevo cercato di far capire a lei e alle mie figlie che il corpo umano non è come le tavole di anatomia e che siamo pieni di cisti, fibromi, displasie, cavità ed escrescenze, quei 15 giorni sono stati pesantucci...
E ringrazio, quindi, di non aver sospeso la sertralina.
La prenderò tutta la vita?
NO
Sto ritrovando il mio equilibrio ma ora ho bisogno di tutte le mie forze per stare accanto alla mia compagna che ha smesso di fumare, di bere ed è pure a dieta, perché c'è chi gli basta la scienza e chi ha bisogno della paura di morire per riuscire a fare di meglio per stare meglio.
Di solito a me basta la scienza ma adesso ho anche un po' di paura che lei mi uccida con un gambo di sedano spalmato di maionese vegana.
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canesenzafissadimora · 2 months ago
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Vi è mai accaduto di ritrovare qualcuno dopo tanto tempo e tanta vita in mezzo? A me sì. A fine luglio, nei direct di Instagram, mi è apparsa una notifica. Era mezzanotte, poco oltre. Il messaggio cominciava così: "Ci siamo scritti, per la prima volta, molti anni fa...". Aveva ragione. In principio, ci eravamo scritti nel 2008 - o giù di lì - e ci eravamo piaciuti subito, ma abitare in due città diverse complicava le cose e, in fondo, nessuno tra noi si sentiva veramente pronto. A dispetto delle difficoltà oggettive, nacque comunque un legame sincero, lieve, pulito. La sensazione di avere incontrato un'anima uguale alla propria e, insieme, il rammarico di non poterla sentire completamente vicina. Poi la vita, che fa la vita, tracciò il suo corso e lentamente, senza strappi, senza battaglie, ci perdemmo di vista. Così credevo, almeno. In realtà, lui non ha mai smesso di guardarmi, sia pure da lontano. Lui mi guardava e io non lo sapevo. Non me ne accorgevo. Di quante cose non mi sono accorta? Quante cose non ho visto? "Eravamo ragazzini" continuava il messaggio. Sì, lo eravamo. "Sei diventata una donna da ammirare". Lui un uomo bellissimo, con lo stesso cuore buono e la stessa delicatezza che così bene ricordavo. "Mi piacerebbe sapere come stai, quali strade hai percorso, e riprendere da dove avevamo interrotto...". Quella notte ho dovuto leggere e rileggere le sue parole molte volte prima di rispondere. È stato come una saetta, un lampo che entra d'un tratto, sfonda il vetro, illumina tutto a giorno e ti costringe a spalancare gli occhi. Il pomeriggio seguente l'ho sentito al telefono e la vita si è fatta improvvisamente piccola, si è compressa tutta in quella telefonata, in quella voce. Gli ho raccontato dell'auto, sapeva quanto la temessi. Ho detto una cosa che mi sembrava divertente, l'ho fatto per stemperare l'imbarazzo, lui ha riso tantissimo e io ho sentito una specie di disgelo calarmi nella pancia dopo secoli.
Da allora abbiamo cominciato a scriverci, con calma, con lentezza, con dolcezza. Io ho alzato molti muri, le mie ferite antiche continuano a spurgare, e l'ho costretto a sbatterci contro, a pagare conti che non sono i suoi conti. Eppure resta lì. "Ne parliamo a voce, se ne hai voglia" mi ha scritto tutte le volte in cui si è scontrato con uno dei miei scudi. "Se ne hai voglia" aggiunge sempre. Se te la senti, intende dire. Se mi permetti di entrare, senza forzature, senza pressioni, decidi tu la misura.
Lui non lo sa, ma ogni volta che esordisce a questo modo io vorrei tirarlo fuori dal telefono e baciarlo. Non lo sa perché non glielo dico, non gliel'ho mai detto, però stasera glielo scrivo, e lo faccio qui, dove in questi anni ho scritto pure il resto, dove ho tenuto traccia, dove mi sono spogliata a carne viva, libera dall'infamia, libera dalla vergogna. Mi pare equo, mi suona giusto.
Non ho idea di cosa sia e non voglio immaginare cosa diventerà. Per adesso mi piace pensare che, lì fuori, esiste qualcuno a cui so sempre dire: "Sì, ho voglia di parlarne".
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Antonia Storace - "Frumento e papaveri"
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ross-nekochan · 6 months ago
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Oggi il mio direttore mi ha scritto su Teams se il mio onboarding sta andando bene e se ho problemi. Avrei voluto sfilargli tutta la corona di lamentele: mi stanno insegnando tutto troppo lentamente, sembra che disturbo e rompo le palle alla mia tutor ogni volta che le chiedo qualcosa perché pare sembra indaffaratissima e io stessa ho paura di disturbare, etc etc... ma a che pro? Quindi via con il "va tutto bene grazie". Alla fine è solo una settimana che sono qua quindi pretendere che mi sia insegnato tutto forse è pure pretenzioso.
Poi oggi ho dovuto rispondere alla prima telefonata perché la mia tutor ha (giustamente) detto che se non le prendo mai, mai imparerò. Il povero cliente ogni volta che gli chiedevo di ripetere, mi parlava sempre più lento, scandendo bene le parole ma io gli volevo dire:"amo io il tuo giapponese lo capisco benissimo, è che proprio non so di cosa tu stia parlando e cosa ti devo rispondere"... però vabbè alla fine con qualche risata di troppo, è andata.
Qua sta facendo un caldo assolutamente inumano in questi giorni e un altro diritto che vedo tolto ai lavoratori è il diritto di non andare in ufficio quando devi uscire di casa alle 7 e fanno già 32°C. Sto sistema ci vuole proprio morti.
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gregor-samsung · 6 months ago
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Berlusconi è così egocentrico che se va a un matrimonio vorrebbe essere la sposa, a un funerale il morto!
Checché se ne dica Berlusconi, come tutti i ricchi, non può essere generoso. Se fosse generoso non sarebbe ricco.
I manifesti della campagna elettorale di Berlusconi sono il più grande successo degli imbalsamatori dai tempi di Tutankamen.
Berlusconi è un cattolico un po’ sui generis. Per esempio le sue idee religiose si limitano alla convinzione che Dio abbia creato l’uomo e viceversa.
Silvio Berlusconi: “Ogni ingiustizia mi offende quando non mi procuri direttamente alcun profitto”.
Berlusconi, in vacanza a Bermuda, ha rischiato un gravissimo incidente: stava facendo una passeggiata quando, per un pelo, non è stato travolto da un motoscafo.
I manifesti di Berlusconi che tappezzano le città italiane lo fanno sembrare di vent’anni più bugiardo.
Casini: “Ho una proposta: se vinciamo facciamo il Governo degli Onesti.” Berlusconi: “Bravo, e il pluralismo?”
Che cosa distingue Pietro Nenni, Bettino Craxi e Silvio Berlusconi? Nenni non sapeva dire bugie, Craxi non sapeva dire verità e Berlusconi non sa dire la differenza.
Oggi ho preso il coraggio a due mani ho telefonato a Berlusconi e gli ho detto: “Guardi che se vince le elezioni il mio posto di lavoro non si tocca!” E lui mi ha risposto: “E chi lo tocca? Anzi mi fa schifo solo a guardarlo!”
A pochi mesi dalle elezioni l’opinione pubblica è riuscita finalmente a capire la differenza che c’è tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi: Bossi è un povero pazzo, Berlusconi invece è ricco.
Mi sono svegliato nel 2010 e ho avuto paura perché Berlusconi aveva comprato tutto. Perfino la Costituzione aveva fatto riscrivere. Da Mike Bongiorno. Il primo articolo diceva: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro? Avete vento secondi per rispondere. Via al cronometro”.
Già da scolaretto Berlusconi dava prova delle sue straordinarie qualità vendendo i “pensierini” ai compagni meno dotati. Cominciava insomma a manifestarsi in lui quella particolare attenzione verso i più somari che sarà in seguito origine del suo successo televisivo e politico.
Una volta Bossi mi ha accusato di peronismo. Sì, ha detto proprio: “Berlusconi è un peronista!”, ma non mi sono offeso perché credo che si riferisse alla birra Peroni che è l’unico peronismo che conosce bene.
Se Berlusconi vincerà le elezioni tutti gli italiani si convinceranno che le sorti del Paese sono in mano a un serial premier.
Il ritorno di Berlusconi al governo mi ricorda il recital di un cantante d’opera penoso in un teatro di Palermo. Eppure il pubblico alla fine si è alzato in piedi e ha urlato: “Bis! Bis!” E lui ha cantato di nuovo. Peggio di prima. Ma il pubblico era di nuovo in piedi a gridare: “Cantala di nuovo!” E il cantante: “Siete un pubblico meraviglioso, mi piacerebbe cantare ancora per voi, ma non posso cantare la stessa aria tre volte…” Allora un vecchietto in loggione si è alzato e ha urlato: “E no! Adesso tu la canti finché non la impari!”
Silvio Berlusconi è una persona per lo più umile, nonostante abbia avuto tutta la vita al fianco il fratello Paolo che farebbe venire il complesso di superiorità perfino a Amadeus.
Silvio Berlusconi è un uomo davvero molto fortunato. Così proverbialmente fortunato che qualche tempo fa la Repubblica di San Marino decise di emettere dei francobolli rappresentanti il suo sedere stilizzato. Ma ha dovuto subito ritirarli perché Emilio Fede li leccava dal lato sbagliato.
Silvio Berlusconi non solo non conosce Tabucchi, ma è anche convinto che Gogol sia un centravanti balbuziente.
Sappiamo che è difficile da credere, ma la vita di Berlusconi è basata su una storia vera.
Berlusconi fin da piccolo aveva detto: “O divento presidente del Consiglio o niente.” Be’ ce l’ha fatta: è riuscito a diventare tutt’e due.
Berlusconi paga tre miliardi di tasse al giorno? E’ più forte di lui, non riesce a essere modesto neanche quando fa il 740.
Berlusconi è uno che prima di darsi alla politica non faceva mistero delle sue passioni. Che, come diceva lui stesso, erano soprattutto due: la figa e Parigi. La figa perché è la figa. Parigi perché… Insomma con tutta la figa che c’è a Parigi!
Sono sicuro, ci vorranno magari vent’anni, ma alla fine Berlusconi diventerà un musical.
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Selezione di battute tratte da: Anche le formiche nel loro piccolo fanno politica. (E s’incazzano). 107 cattivi pensieri sulle ELEZIONI 2001, a cura di Gino&Michele per il Comitato Rutelli.
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inseguendoilfuturo · 6 months ago
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Io ho bisogno di pareri, perché non capisco se la pazza sono io.
Due premesse:
- È capitato mi dicessero che io pretendo troppo, che sono troppo selettiva e cazzate simili e forse inizio a pensarlo anche io
- Io con il ciclo sto malissimo, nel senso che ci sono dei mesi in cui non riesco praticamente neanche ad alzarmi dal letto e passo la giornata a contorcermi dal dolore fino a piangere
Stanotte ho ripensato ad una vecchia conoscenza. In pratica stavo conoscendo questo uomo abbastanza più grande di me, parliamo parliamo, io comunque gli racconto che avendo il ciclo e con il caldo dell'estate stavo praticamente collassata e che quindi in quei giorni non ci saremmo potuti vedere perché non me la sentivo di uscire, lui inizia a lamentarsi del fatto che per un paio di giorni io non gli avessi mandato mie foto, che quindi il mio non era vero interesse. Io gli faccio notare che stavo malissimo e che non stavo dietro al cellulare e a niente, ma anzi mi sforzavo di rispondere a lui proprio perché mi incuriosiva. Lui poi se ne esce con la frase magica "non sei la prima e neanche l'ultima" ad avere il ciclo. Io quindi inizio a pensare che forse la differenza d'età si faceva sentire o che era proprio un coglione. Allora gli dico che dopo questa bellissima uscita il mio interesse era decisamente calato e di fatti mi mura. Qualche giorno più tardi, sapendo mi fosse passato il ciclo, mi scrive per vederci, io rifiuto facendogli presente che il suo intero comportamento e determinate parole usate nei giorni precedenti non mi erano affatto piaciuti, lui invece di scusarsi se la prende mi dice che sono superficiale e che avrei dovuto inventare una scusa migliore e mi blocca.
Ora ditemi se la pazza sono io se sono esagerata o simili. Perché io non mi spiego come cazzo ti venga in mente di dire una cosa del genere ad una persona che tu vorresti conquistare, con cui ti corteggi, all'inizio di una frequentazione mentre sta male.
Boh.
#me
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intotheclash · 1 year ago
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Mezz'ora dopo bussammo alla porta di casa del mio amico Pietro. Il vecchio si era lamentato per tutto il viaggio. Ma che cazzo di strada, che cazzo di posto, che cazzo di buio, non c'era una cosa che gli andasse bene. E giù una sfilza di cazzi che, se li avessi detti io, avrei preso sberle fino ai venti anni. Non vedevo l'ora di diventare maggiorenne per poter dire quello che volevo senza problemi.
Ci venne ad aprire il fratello di Pietro, che, appena ci vide, sfoderò un sorriso sfavillante. "Ciao giovanotto, che piacere rivederti!" Disse. E sembrava davvero che fosse felice. "Ciao, Antonio." Risposi. E basta. Senza sorridere e con troppo distacco. Iniziavo a comprendere la gravità della situazione. Lui sembrò non accorgersene, o fece finta, mi arruffò i capelli e rivolse la sua attenzione al mio vecchio: "Buonasera, con chi ho il piacere di parlare?" Mio padre ci mise un po' a rispondere, rimase lì a fissarlo con la bocca leggermente aperta. non si aspettava che dietro il primo portone, ce ne fosse un altro, altrettanto imponente e massiccio. Antonio era un vero gigante. "Piacere di conoscerti, Antonio. Io sono il papà di questo fringuello e mi chiamo Alfredo." E gli porse timidamente la mano, credo avesse paura di riaverla indietro mezza stritolata. Antonio gli strinse la mano con vigore contenuto, chissà se fosse possibile uccidere un uomo soltanto stringendogli la mano. "Prego, entrate pure, abbiamo appena finito di cenare ed il caffè è sul fuoco. Potete farci compagnia, se volete." E disse tutto senza mai smettere di sorridere. Entrammo in cucina e la bocca di mio padre si allargò a dismisura. "Caspita!" borbottò sottovoce, "E' enorme! Qua dentro c'entra tutta casa nostra. E, se lo parcheggio bene, anche il mio camion."
Il papà di Pietro, non appena ci vide, ci venne incontro, anche lui sorridente, come se fossimo amici di vecchia data, o, meglio, dei parenti stretti. Anche sua moglie sembrava felice dell'inattesa visita. Insomma, erano tutti felici; manco fosse stata la vigilia di Natale. Io però non sorridevo affatto. E di felicità neanche l'ombra. Ero triste. Triste dentro. E traditore. Incrociai lo sguardo del mio amico, sembrava scrutarmi come volesse leggermi l'anima. Ma credo fosse soltanto la mia impressione di traditore, anche perché ero convinto che lui sapesse sempre ogni cosa in anticipo. Era serio e distaccato, niente affatto preoccupato, chissà come cazzo faceva. Cercai di scusarmi, di fargli capire con gli occhi che non volevo fare la spia. Che ero stato costretto a farlo, per il mio e per il suo bene. non so se ci riuscii.
"Benvenuto. Prego, si sieda, mia moglie le verserà subito una tazza di caffè appena fatto. Poi, se gradisce, sarò io ad offrirle un bicchierino, magari anche due, di grappa fatta in casa." Disse l'altro papà al mio.
"In vita mia, mai che mi sia capitato di rifiutare un bicchierino di grappa, figurarsi se ho intenzione di dire no a quella fatta in casa." Rispose il vecchio, perfettamente a proprio agio.
"Benissimo allora. A cosa devo l'onore e il piacere di questa visita?"
"Vede, per quanto riguarda l'onore, spero che rimanga tale anche quando usciremo da quella porta, ci terrei, sul serio. Ma so già che non sarà un piacere ascoltare quanto ho da dirle. E quanto ha da dire mio figlio."
Una pugnalata mi avrebbe fatto meno male. Ecco quindi qual era il suo piano. Farmi fare una figura di merda davanti a tutti. Abbassai lo sguardo e mi concentrai sulla punta delle mie scarpe. In quel momento erano il mio centro del mondo. Nient'altro sembrava degno della mia attenzione e...E odiai mio padre! Lo odiai con tutte le mie forze per quella vile carognata. Lui avrebbe dovuto proteggermi, sempre, questo si fa con un figlio, non metterlo in mezzo. Ma che cazzo di padre era? Perché mi faceva quella vigliaccata?
Il racconto ebbe inizio. Li mise al corrente dell'incontro-scontro con l'avvocato Terenzi, di come quel figlio di cagna li avesse aggrediti verbalmente al bar, della sua falsa versione dei fatti e delle sue intenzioni di portare in tribunale tutti i ragazzini, padri compresi nel prezzo. non ci mise molto, fu preciso e conciso. Una volta esaurito il preambolo, mi chiamò vicino a se. Era il mio turno. Ero io che dovevo illustrare l'antefatto, che dovevo illustrare la scena del crimine. Mi sentivo peggio di quella volta che mi avevano portato dal dentista. L'attesa in quella saletta squallida era stata massacrante, eppure avrei aspettato tutta la vita, pur di non finire sotto ai ferri. Ma, inesorabile come la morte, toccò anche a me. L'unico ricordo sopravvissuto è il desiderio che si finisse in fretta. Ora ero nella stessa situazione. Doveva finire in fretta. Presi un lungo respiro e iniziai a parlare. Parlai senza mai fermarmi e senza mai, neanche una volta, neanche per sbaglio, guardare in faccia i presenti. Dissi tutto, a testa ostinatamente bassa, ma dissi tutto. Dissi tutto senza togliere, o aggiungere, particolari, cercando, a mo' di discolpa, di calcare la mano sulla prepotenza e la bastardaggine dei grandi. Quando ebbi finito, scese il silenzio, Un silenzio denso, pesante, non era un bel segno. Non lo era affatto.
Il primo a risorgere dalla paralisi generale fu il papà di Pietro. Si alzò lentamente dalla sedia, come avesse un grosso fardello sulle spalle, si avvicinò al mio amico, che era rimasto, per tutto il tempo, in piedi vicino al camino, senza mutare mai espressione, come se si parlasse di cose che non lo riguardavano, e con un manrovescio terrificante gli fece girare la testa dall'altra parte. Una sberla della Madonna! Io al posto suo avrei pianto per una mezz'ora. tuttavia al padre sembrò non bastare. Non ancora. Alzò il braccio per colpire di nuovo, ma non lo fece, non gli riuscì, l'altro figlio, quello più grande, gli afferrò il braccio bloccandolo a mezz'aria.
"Lasciami, perdio!" Urlò, per la rabbia e per lo sforzo.
Antonio, che invece non sembrava sforzarsi affatto, con un tono calmo e glaciale, in verità molto simile a quello del suo fratellino, rispose: "Basta botte. Non servono. Non toccarlo più."
Fu mio padre ad allentare la tensione che si era venuta a creare. "So che non sono affari miei, signore, ma mi permetto lo stesso di dire la mia. E mi scuso fin d'ora per l'intromissione. Suo figlio non merita di essere rimproverato. E, tanto meno, di essere picchiato. Si è dimostrato coraggioso ed altruista, sono qualità rare, specialmente tra i giovani d'oggi. Si è battuto, da solo, contro tre balordi più grandi di lui e lo ha fatto per difendere gli amici, tra i quali, mio figlio. Amici che, tra le altre cose, non hanno mosso un dito per aiutarlo. Meriterebbe un premio, non una punizione! Personalmente, sono venuto per ringraziarlo, ed è esattamente quello che farò." Si alzò dalla sua sedia, si avvicinò al Maremmano, gli tese la mano e aggiunse:" Non sono tuo padre, giovanotto, ma sono lo stesso fiero di te. E sono felice che tu sia amico del mio ragazzo. Grazie, ti sono debitore." Pietro fece un impercettibile segno di ringraziamento con il capo e gli strinse la mano. Suo padre si voltò verso il mio, lo soppesò con gli occhi, poi: "Le va di uscire un attimo? Vorrei parlarle in privato." Disse.
"Volentieri, ma prima di uscire, vorrei aggiungere un'ultima cosa, prima non me ne ha dato il tempo. Comunque vada avanti questa storia, qualunque piega prenda, voglio che sappiate che non resterete mai da soli. Io sto con voi, anche i miei amici sono della partita. Avete la mia parola. Gli facciamo il culo a quel figlio di padre ignoto dell'avvocato!"
E uscirono.
Un coro di emozioni mi stava cantando negli orecchi. Tante voci confuse insieme, con il risultato di confondermi ancora di più. Ero deluso da me stesso, ero triste, arrabbiato, confuso, affamato. Si, tra le tante cose, mi era arrivata anche la fame. Ma soprattutto sentivo il bisogno di parlare con Pietro. Volevo scusarmi, spiegare le mie ragioni, volevo che capisse, doveva capire! Con fare incerto, mi avvicinai, eravamo rimasti soli. Antonio era uscito, non so per dove, ma non era più lì e la madre era salita al piano superiore, forse per preparare i letti.
Avevo un groppo in gola, ma non mi avrebbe fermato. "Io non volevo...Scusami, Pietro, avrei dovuto tacere, non dire nulla, ma mio padre mi ha costretto. mi avrebbe ammazzato di botte!" Che figura di merda! Lui aveva preso una sventola paurosa senza fare un fiato ed io mi ero cagato addosso solo per la promessa di prenderle. Proprio una gran bella figura di merda. Poi mi ricordai che non era solo per quello, che avevo parlato anche perché, al mio vecchio, avevano raccontato delle falsità. "Poi Alberto Maria aveva raccontato un mucchio di stronzate, per non dire al padre che le aveva buscate da uno più piccolo, così ho dovuto dire la verità! Io..."
"Chi è Alberto Maria?" Mi chiese, come se fosse appena arrivato. Come se in tutto il casino che era scoppiato lui non c'entrasse affatto.
"Come chi è? Quello che se ne è tornato a casa con il naso spappolato!" Risposi tutto d'un fiato. Poi feci una cosa di cui mi vergognai immediatamente. E di cui mi vergogno ancora. Scoppiai a piangere come un poppante cui hanno rubato il ciuccio. Saranno state le troppe emozioni accumulate, non saprei, il fatto è che un fiume di lacrime mi sgorgò dagli occhi e non riuscii a trattenerne neanche una.
Pietro rimase immobile e immobile la sua espressione distante, poi si voltò, mi guardò serio, mi cinse le spalle in un abbraccio e disse: " Non stare lì a preoccuparti, amico mio. Hai fatto la cosa giusta. Tanto, prima o poi, i miei lo avrebbero saputo lo stesso. Al tuo posto, avrei fatto la stessa cosa."
Non era vero, lo sapevo. lui era un duro, un duro vero, non gli avrebbero cavato una parola, neanche con le pinze. Però gli credetti lo stesso. Avevo bisogno di crederci e lo feci. Mi sentii subito meglio. Eravamo ancora amici. Era proprio forte il Maremmano, sapeva sempre cosa dire e fare. Era un grande. Più grande degli adulti.
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ros64 · 13 days ago
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“Legami di sangue”
Capitolo 7
Jamie si fece largo nella boscaglia, incurante dei rovi che gli laceravano i vestiti e dei rami che lo fustigavano. Tutto ciò che si trovava sul suo cammino poteva scegliere se levarsi o finire calpestato. Non esitò più di un istante, quando raggiunse i due cavalli al pascolo, impastoiati. Li slegò entrambi e diede una pacca alla giumenta, che sbuffò e corse verso la boscaglia. Anche se nessuno avesse rubato il destriero di scorta, prima che la milizia avesse lasciato andare John Grey, Jamie non intendeva facilitargli il ritorno a Philadelphia. Lui e Claire avrebbero risolto le loro questioni più semplicemente, senza la complicazione della presenza di sua signoria. E come le avrebbero risolte? si domandò, mentre con i calcagni dava un colpetto nei fianchi al cavallo, e gli girava la testa verso la strada. Sorpreso, notò che gli tremavano le mani, e strinse forte le redini di cuoio per fermarle. Le nocche della mano destra gli pulsavano, e sentiva una fitta lancinante al posto del dito mancante, che gli attraversò tutta la mano facendolo sibilare tra i denti. «Perché diavolo me l’hai detto, piccolo idiota?» disse sottovoce, spingendo il cavallo al galoppo. «Come pensavi che avrei reagito?» Proprio come hai fatto, dannazione, fu la risposta. John non aveva opposto resistenza, non si era difeso. «Avanti, uccidimi», aveva detto quel piccolo pederasta. Un nuovo scatto di rabbia gli fece arricciare le dita, mentre immaginava di fare quello che gli aveva chiesto. L’avrebbe ammazzato, se quel disgraziato di Woodbine non fosse arrivato con la sua milizia? No. No, non l’avrebbe fatto. Anche se per un momento aveva provato il desiderio di mettergli le mani intorno al collo e di strozzarlo, stava cominciando a rispondere alla sua stessa domanda, ora che la ragione si faceva largo a spallate in mezzo alla foschia dell’ira. Perché Grey gliel’aveva detto? Questo era ovvio: era il motivo per cui l’aveva colpito, obbedendo a un riflesso, il motivo per cui adesso gli tremavano le mani. John gli aveva detto la verità. «Claire e io ci stavamo fottendo te.» Prese un respiro brusco e profondo, talmente rapido da causargli un capogiro, ma utile a fermare il tremito. Rallentò un pochino; le orecchie del suo cavallo erano abbassate, all’indietro, e si muovevano a scatti: l’animale era agitato.
«Va tutto bene, a bhalaich», disse, il respiro ancora affannoso, ma più lento. «Va tutto bene.» Per un attimo pensò che avrebbe vomitato, ma riuscì a evitarlo, e si sistemò meglio sulla sella, in una posizione più salda. Poteva ancora toccarlo, quel punto infiammato che Jack Randall aveva lasciato sulla sua anima. Fino a quel momento si era creduto al sicuro, per via delle tante cicatrici che vi si erano sovrapposte, ma no, a quel maledetto di John Grey erano bastate sette parole per riaprire la ferita: «Claire e io ci stavamo fottendo te». E non poteva biasimarlo; comunque non avrebbe dovuto, pensò, ora che la ragione cercava ostinatamente di respingere la furia... ma sapeva fin troppo bene che era un’arma troppo debole, contro uno spettro del genere. Grey non poteva neanche immaginare che cosa gli avevano fatto quelle parole. Tuttavia, la ragione aveva la sua utilità. Fu lei a ricordargli il secondo colpo. Il primo era partito per un riflesso cieco; il secondo no. A quel pensiero provò rabbia, e dolore, ma di natura diversa. «Ho conosciuto carnalmente tua moglie.» «Tu, maledetto», sussurrò, stringendo le redini con una violenza che indusse il cavallo a muovere la testa di scatto, allarmato. «Perché? Perché me l’hai detto, brutto pervertito?» E la seconda risposta gli arrivò un po’ in ritardo, ma chiara come la prima: Perché me l’avrebbe detto lei, non appena ne avesse avuta la possibilità. E lui lo sapeva bene. E ha pensato che, se dovevo commettere un atto di violenza davanti a una rivelazione simile, sarebbe stato meglio che me la prendessi con lui. Aye, lei gliel’avrebbe detto. Deglutì. E me lo dirà. E lui che cos’avrebbe detto, o fatto? Aveva ricominciato a tremare, e senza accorgersene aveva rallentato, al punto che il cavallo stava camminando, girando la testa da una parte all’altra mentre fiutava l’aria. Non è colpa sua. Lo so. Lei non ne ha colpa. L’avevano creduto morto. Conosceva bene quell’abisso: ci aveva vissuto per tanto tempo. E si rendeva conto di quello che potevano fare la disperazione e qualche bevanda forte. Ma la visione... o l’assenza di quest’ultima... Com’era successo? Dove? Sapere che era successo era già una tragedia; non aver sentito le spiegazioni di lei era quasi insopportabile. Il cavallo si era fermato; le redini penzolavano, molli. Jamie era in mezzo alla strada, con gli occhi chiusi: respirava, sforzandosi di arrestare l’immaginazione, cercava di pregare. La ragione aveva i suoi limiti; la preghiera no. Ci volle un po’ perché la sua mente allentasse la presa, perché lasciasse andare la sua maligna curiosità, la brama di sapere. Dopo un po’, però, sentì di poter proseguire, e prese di nuovo le redini. Tutto questo poteva aspettare. Ma aveva bisogno di vedere Claire, prima di fare qualunque altra cosa. In quel momento non aveva idea di quello che avrebbe detto, o fatto, quando se la fosse trovata davanti. Ma doveva vederla, con la stessa urgenza che avrebbe avvertito un naufrago, costretto a rimanere senza cibo e senz’acqua per settimane.
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menti-senti · 3 months ago
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Mio padre fu ateo.
Oggi ho costretto un collega che mi ha umiliato e ferito a chiamarmi per una cosa che gli serviva. Lui ha provato a fare intercedere una collega prima . Io ho risposto : tizio non ha il mio numero? Per poi non rispondere più alla suddetta . Traduzione: fatti i cazzi tuoi bella altrimenti finisci nel macinino. Allora lui ha dovuto chiamare, e io l ho licenziato in 2 secondi netti con un secco : no. Buttato giù il telefono. Continuando a mangiare il mio gelato e osservando la gente dietro gli occhiali da sole. Vieni umilmente da me e poi sempre umilmente vattene indietreggiando, in ginocchio, sui ceci. Non ho pietà per gli stronzi , non ho fatto catechismo .sucamela.
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abatelunare · 4 months ago
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Utili e no
Giornata di telefonate. Concentrate in mattinata. Alcune sono state abbastanza utili. Altre, no. Perché chi avrebbe dovuto rispondere non ha risposto. Confesso che queste cose mi danno un po' sui nervi. Però non posso farci niente. Quando gli altri hanno bisogno di me, rispondo sempre. E se ho perso la chiamata perché non ho sentito il telefonino, io richiamo. Perché mi hanno insegnato così. Si vede che agli altri hanno insegnato diversamente. Buonanotte a tutti.
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t-annhauser · 2 years ago
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"Maledetto quel giorno che hanno tolto la naja" dice uno a commento dell'incidente di Roma provocato dagli youtuber, perché ogni tanto rispunta questo antica credenza che la naja servisse a raddrizzare la gioventù, ad elevarla moralmente, a svezzarla alla vita adulta, invece io della naja ho il ricordo di una specie di manicomio criminale, però serenamente istituzionalizzato. La suora incattivita dell'ospedale militare tirava addosso le mele ai sobillatori del reparto rivedibili con il rischio di procurargli una bella commozione cerebrale, e qualcuno per di più se l'andava anche a cercare, perché con una bella commozione almeno ti davano dei giorni di congedo, se non proprio l'assoluzione definitiva nei casi più conclamati. Come ritorsione per non essere stato giudicato idoneo alla leva ti comminavano una bella interdizione dai pubblici uffici, come a dire "te lo scordi il posto fisso da statale": chi non è buono per il re, non è buono neanche per la regina. Per non dire dell'a dir poco lisergico "questionario dei tre giorni", attraverso il quale gli psicologi dell'arma avrebbero dovuto capire se come psicopatico potevi tornargli utile o meno ("Ti piacciono le riviste di meccanica? Vuoi bene a tua madre?" e tu dovevi rispondere salomonicamente sì o no). Per affrontare al meglio il servizio militare bisognava affondare nella sua stessa follia elevandola a metodo, premurandosi di lisciarsi gli ufficiali e di nonnizzare il più crudelmente possibile le reclute. Insomma, una cura in cui si rischiava seriamente di uscirne più deficienti di prima.
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diceriadelluntore · 1 year ago
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Punti G
In queste settimane, in quanto maschio, mi sono sentito chiamato ad un senso di responsabilità rispetto al mio rapporto, e a quello degli altri maschi, con le femmine. Lo sento doveroso per me, per le femmine mie amiche e a cui voglio bene, per quelle che non conosco a cui però l'essere femmine dà problemi innaturali da parte dei maschi. Responsabile è aggettivo preciso, perchè vuol dire capacità di rispondere reagendo alla situazione della vita in cui ci si trova (dal latino respondere rispondere, composto di re indietro e spondere promettere, più il suffisso -bile che indica facoltà, possibilità).
Faccio più attenzione al modo di pormi, alle parole che uso (esercizio intenso e intellettualmente meraviglioso), quando ho sicurezza della situazione e del rapporto con le persone in una discussione cerco di far notare che è molto più giusto e convincente osservare che èun'idea, una deduzione, una osservazione in quanto tale che è errata piuttosto che metterla in secondo piano rispetto al sesso di chi l'ha detta, alle sue caratteristiche fisiche o a come si è vestita.
Rispetto ad una questione così importante, come sempre accadde in casi simili, la polarizzazione delle istanze rende il dibattito non solo più sterile e aggressivo, ma del tutto fuorviante: chiamare alla responsabilità vuol dire prendere appunto coscienza del disagio che atteggiamenti prettamente maschili verso le femmine provocano, indipendentemente dal ruolo personale (cioè se li ho fatto o meno io), nella speranza che la presa di coscienza del problema induca a pensarlo importante in primo momento, e a cercare di attenuarlo subito dopo. Quindi non è questione di "tutti gli uomini sono etc etc.." (che aggiungo, come costruzione di idee, copia lo stesso schema di tutte le donne sono etc etc... sostituendone solo i termini) ma di iniziare a capire come agire nel naturale rispetto dovuto alle persone.
L'introduzione era doverosa perchè ieri ho letto quello che è capitato a @lalunaelepolemiche (che taggo con il suo permesso), la quale ha scritto un post su un suo stato d'animo mentre era sul treno. Ed era un pensiero erotico. Da lì, una valanga di commenti, in anonimo, che subito sono arrivati a ipotesi su cosa fare, sulle sue tette, sul sul culo e così via tanto che ad un certo punto ha scritto:
L’eterna guerra tette-culo. Ho aperto il vaso di pandora, anzi l’anon, io mi professo innocente.
Il fatto che nella quasi totalità delle risposte usi sarcasmo o ironia non significa che siano state domande piacevoli a cui rispondere, perchè, e lo sottolineo, il mondo non funziona secondo il principio "se penso una cosa, necessariamente questa sia vera"; eppure, secondo un blog di una mia amica qui, è il principio per cui riceve foto di genitali da sconosciuti per il principio "se metti foto da troia, ti tratto da troia".
Il sillogismo è alquanto interessante perchè funziona solo sul sesso: non funziona con i soldi, non funziona con i lutti, con le opere d'arte, cioè, per rimanere nell'esempio ultimo, non succede quasi mai che uno sconosciuto invii la foto di un quadro in chat su un blog che reblogga quadri. Questo meccanismo è indicativo di come, per parte dei maschi, la questione è solo di che tipo di carne si tratta, non di che persona si ha davanti, è il perpetuare di un potere di rango, e dimostrazione più netta è il fatto che al contrario non succede mai, nessuna si comporta con un maschio così.
Ho scritto a @lalunaelepolemiche: Si può definire la capacità di rispondere agli anonimi di Tumblr con simpatia, ironia e sarcasmo un valore da CV?
Lei mi ha risposto così: se alla domanda rispondiamo con si, corro ad aggiornare il mio cv!
A questo punto è d'obbligo il sondaggio:
Un sorriso, amaro, che spero inviti non a non scrivere mai più ad una ragazza e nemmeno a volerla corteggiare, ma nel cercare di togliere da questo pensiero, soprattutto all'inizio, dei modi francamente deprimenti di definirle, di comportarsi anche solo partendo dal principio che nemmeno un maschio voglia essere considerato solo un pezzo di carne.
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canesenzafissadimora · 2 months ago
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Io non lo sapevo se sarei stata bene da sola.
Non lo sapevo ma mi ci sono trovata.
Succede.
A me è successo in quell'età in cui pensi che tutto debba essere al suo posto, allineato, definito, classificato.
In quell'età insomma in cui cominci a vivere un po' di rendita.
Ed invece no, invece mi son trovata a ricominciare da zero, anzi sotto lo zero.
Ho dovuto prendere fiato, e guardarmi attorno un po' come in quei film polizieschi dove il disgraziato viene fatto volare a calci in culo e poi una volta atterrato si rialza rintronato.
Ecco, più o meno e' andata così.
Ho potuto vedere, così, come si sta da soli.
Non è facile, lo dico subito.
Ci sono giorni che ti alzi e spacchi il mondo "via da sotto che arrivo io".
Ci sono giorni che hai paura a scendere dal letto.
Ti tocca prendere tutte le decisioni, cambiare il tubo che perde, controllare la caldaia, abbattere un muretto, litigare con il vicino.
Prendere le palle e sbatterle sul tavolo quando le decisioni sono difficili.
Non è facile essere soli.
Una donna sola, sembra che abbia bisogno di compagnia e gli uomini ci provano, una donna sola sembra che abbia sbagliato qualcosa sempre ed allora diventa di facile bersaglio.
La cosa che però ho imparato è stato prendermi cura di me.
No, non con il parrucchiere, l'estetista, il massaggiatore... No, niente di tutto ciò.
Ho imparato ad apparecchiare la tavola anche se sono da sola, a guardare un film fino in fondo, a truccarmi, profumarmi e vestirmi anche se sono in casa da sola.
Ho imparato a bastarmi.
A chiedermi ogni volta come sto, cosa desidero, cosa mi ha fatto male.
E stavolta mi sento, sento la risposta che arriva ed io l'accolgo e ne prendo piena consapevolezza.
Non lo sapevo se sarei stata bene da sola.
Ma ora che mi posso rispondere, posso con estrema sicurezza dire che mi basto.
Mi basto e mi faccio tanta compagnia.
Forse quella che prima, quando non ero sola, non ho avuto mai.
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@ilariabee
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stellastjamessongs · 2 years ago
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The Job Interview
Aveva impostato la sveglia di buon mattino e l'aveva disattivata al primo trillo, essendo già più che cosciente. Era riuscita a dormire discretamente rispetto alle proprie (pessime) aspettative, sicuramente aiutata dalla serata in compagnia e dalla conversazione spensierata e non troppo concentrata sul colloquio che avrebbe avuto da lì a poche ore. Si era sollevata dal letto e, camminando con passo felpato per non disturbare il ragazzo o Pooka che ancora dormiva nella cuccetta, si era diretta verso la cucina. In verità il rimescolio all'altezza dello stomaco era ben diverso da quello che solitamente precedeva la colazione, ma aveva già optato per qualcosa di leggero che le desse energia ma non rischiasse di appesantirla o, peggio ancora, comportasse effetti collaterali ben poco gradevoli con la prospettiva di un incontro così importante. Aveva quindi sorseggiato una tazza di the e si era costretta a mangiare almeno tre biscotti. All'arrivo di un Pooka scodinzolante e allegro, si era affrettata a versargli acqua e croccantini nelle sue ciotole ed era tornata in camera, chiudendosi l'uscio alle spalle.
Quindi (dopo aver controllato l'orologio e aver constatato che sì, era perfettamente in orario con il programma pre-colloquio), aveva steso il tappetino e indossato un completino elasticizzato che le consentisse agevolmente di seguire la sedicente playlist rilassante di un'insegnante di yoga. Dopo circa un quarto d'ora, dovette arrendersi e ammettere che era difficile stabilire se la donna avesse sopravvalutato il proprio talento, o se avrebbe dovuto rassegnarsi al fatto che il proprio corpo fosse letteralmente incapace di rilassarsi. Non restava che cominciare a prepararsi con calma e con serenità. Aveva già estratto dall'armadio il completo confezionato da Quinn e nella valigetta aveva già inserito tutta la documentazione necessaria, gli spartiti e il MacBook.
Dopo la doccia si era spalmata la crema per il corpo e, attenta a non sgualcirlo, aveva indossato il tailleur: una camicetta di un rosa antico, sotto una giacca di una sfumatura più accentuata e abbinata ai pantaloni che ne fasciavano perfettamente le gambe. Aveva indossato le scarpe eleganti ma assai scomode il cui tacco avrebbe dovuto slanciarla (se non si fosse presa una storta prima, mandando all'aria il colloquio stesso) e si era applicata un trucco leggero, prima di dedicarsi ai capelli che erano modellati in una lieve ondulatura. Aveva quindi indossato orecchini abbinati, un orologio da polso più elegante di quello quotidiano e un bracciale. Studiò il proprio riflesso un'ultima volta, lisciando la camicia da pieghe invisibili e traendo un profondo respiro, prima di accennare a un sorriso. “Buongiorno,” cinguettò a voce bassa, “mi chiamo Stella St. James, ho sempre sognato di incidere le mie canzoni e...” si interruppe, scuotendo la testa e dovendo resistere dall'impulso di passarsi le mani tra i capelli. Inspirò ed espirò profondamente, prima di schiudere gli occhi e ricominciare. “Mi chiamo Stella St. James e... credo che darò di stomaco da un momento all'altro,” gemette con voce più stridula, accomodandosi sul bordo della vasca da bagno.
Si interruppe al suono del cellulare la cui suoneria personalizzata le segnalò che si trattava della madre, come prevedibile. Seppur avesse il timore che avrebbe rischiato di vomitare se avesse parlato a lungo e prima del colloquio stesso, si costrinse a ritornare nella camera da letto per rispondere. Ma, dopotutto, la madre aveva la straordinaria capacità di condurre quasi da sola un'intera conversazione, ragion per cui dovette limitarsi a dei mormorii che le dessero prova che stesse ascoltando e fosse d'accordo. Riuscì persino a ridere della minaccia non troppo velata di sporgere denuncia contro la casa discografica nel caso in cui le avessero fatto intraprendere a vuoto quel viaggio. Le promise che le avrebbe telefonato nell'esatto momento successivo all'esito del colloquio e sospese la chiamata. Solo allora lesse i messaggi di incoraggiamento e di auguri degli amici e delle amiche, quelli di Rebecca e di Karen e l'ansia, per brevi secondi, cedette il passo alla tenerezza e a un pizzico di commozione. Scosse il capo e le parve quasi di sentire la voce di Quinn che le intimava: “Non pensarci neppure! Non è un mascara waterproof!”
Si rimise in piedi e controllò la propria agenda e l'orologio: aveva spuntato tutte le voci della lista, aveva tutto il necessario addosso e nella valigetta. Quindi, in teoria, era pronta. Devo solo smetterla di tremare e uscire da questa stanza, si disse con un ultimo sospiro. Socchiuse gli occhi, appoggiò la mano sulla maniglia, rilasciò il respiro e infine uscì dalla propria camera.
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melaecrit · 1 year ago
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Davanti gli armadietti, giù nel magazzino, Sanji si sbottona la camicia. Per farlo non aspetta che l'altra recuperi le sue cose ed esca nel corridoio, non aspetta mai, e lei commenta sempre in qualche modo.
ㅤㅤ« Da meno di un anno », aveva confermato Nami ad una signora in cassa. Così lui l'aveva guardata e lei, di nascosto dall'interlocutrice, aveva riso sventolando la mancia. Stavano insieme – perché la domanda era stata quella – a quanto pareva, per venti dollari. « Sìì signora, è un ragazzo d'oro— ». Aveva questo modus sul lavoro, ammiccava al cliente coi tempi giusti, nei modi giusti e con disarmante complicità... faceva parte della mansione di cameriera ingraziarsi la gente, a sentir lei.
« Sei silenziosa. »
« — sì, sto andando. » È tranquilla, lo suona almeno. Lui freme, e si domanda se si percepisca il tormento in cui giace, la tensione con cui esegue i consueti movimenti. 
La segue con la coda dell'occhio, prima che inforchi definitivamente la via delle scale, decide di piazzarglisi davanti. Solo un minuto- o due, il tempo di capire se ci ha visto bene.
« È strano. »
A fermarsi per rispondere la vincola esclusivamente l'educazione, 'ché Sanji non le ha ostruito il passaggio. « Che vada via? Non direi » piega appena di lato la testa, smaliziata; è decisa insomma, continuerà su quella linea di finta tontaggine.
Il cuore a lui non accenna a rallentare.
« È strano, il tuo silenzio » si appoggia alla parete piastrellata con un fianco, braccia conserte; dunque la soppesa, dilata i tempi.
« C'è qualcosa che vorresti dicessi? » arcua le sopracciglia.
Non ho niente da dire, è piuttosto sicuro significhi questo. Eppure negli occhi accesi lui vi legge il contrario, risposte a domande che non osa porre. Quanto può esser saggio risvegliare speranze sepolte? « Domani sono di riposo. »
« Io no » si poggia al muro anche lei, a specchio.
« Lo so » lui scivola più avanti.
« Mhh » non si ritrae.
« mh-mh. »
« E sai anche come mi stai guardando già da prima? »
Mira a inibirlo, lo sa, e comunque non lo modifica lo sguardo, semmai lo infittisce. « No... come? »
Lei socchiude gli occhi, lo scruta. Dovrebbe essere un passetto ciascuno, in amore e nel corteggiamento. Con Nami quando uno va avanti l'altra gioca a soffiargli in faccia, l'altra gli ricorda con una sola occhiata quante volte gli ha dovuto dire di no, da ragazzino in preda agli ormoni. Quindi occorre ascoltare il colore della voce, cogliere la piega in cui rimangono le labbra, se fremono leggermente là dove s'affanna a nascondere l'euforia tipica dei sentimenti.
« Da adolescente alla prima cotta » si è rimessa dritta, mento sollevato in un'innocente pungolatura.
« E ti sembro alla mia prima cotta? » gli esce roco, risultato di una gola che non vuol collaborare, però in qualche modo provocatorio se detto a quei pochi centimetri. Aleggia un 'ancora ', sottinteso lì da qualche parte.
« Non lo so... » vaneggia, bugiarda. Gliela fa piacere di più quella ritrosia, il tentativo d'invalidazione protratto fino all'ultimo. Quante volte lo ha fregato con questo atteggiamento, quante volte lo ha scoraggiato? Rabbia, quella sana, quella che nutre per il sé che per tanto tempo ha rinunciato, diventa ardore. « ... sembrerebbe di sì. »
Ormai ribolle, fuori non sa se il sangue abbia deciso di fargli prendere totalmente un altro colore. Non si permette di quietare nulla, non serve più, ora è lei che lo sta guardando da innamorata, dritto in faccia. La bacia. Non c'è assaggio; lei contraccambia con la stessa voracità, è quasi un dispetto.
Gli tremano le mani nel tenerle il viso. Le sue, più sottili, gli scavano l'addome, la schiena; gelide, avide... senza incertezza. Ondeggia, vacillano, non c'è equilibrio. La percepisce ridere, non si offende finché col resto del corpo s'impegna a rimanergli incollata.
 « Ba-umh-basta » è lei, n
aturalmente; esce dal bacio con un po' d'affanno, « a dopodomani abbiamo detto? » Scherza, nel liquidarlo così.
« Non vuoi venire da me? » troppo veloce, troppo disarmato.
Ci sta pensando. È seria quando parla, dolce, « un'altra volta Sanji, sono stanca sul serio ».
Sguinzaglia un « dormiremo », disperato. « Dormiamo— » lo ripete mormorando, ma non è credibile se incombe sul suo collo, se si abbassa con cautela, con paura celata, fretta di toccare, sentire finché può; se continua attirandola a sé, saggiando le labbra, lentamente, se le bacia, lambisce con la lingua e intrappola gentile con le dita, quando lei fa per replicare. « — da me » ammonisce gentile, guardandola negli occhi. Lei li rotea veloce, sconfitta. « Va bene » cantilena dolce, ed è il più bel suono che lui le abbia mai sentito emettere. « A casa mia però, preferisco. »
« Come comanda. »
       ( ... )
L'aveva messa tra le storie in evidenza, dove le faceva gli auguri di compleanno.
La rimuove che son trascorsi cinque mesi dalla rottura.
 Armeggia su instagram sdraiato sul divano, una coperta stropicciata disordinatamente a contrastare un principio di fresco. La foto nel profilo invece, l'unica sopravvissuta di quelle che li ritraevano insieme, risale a quando erano ancora colleghi. Sta in mezzo ad una serie di altre cinque, ciascuna con altri del lavoro; qualcuno si ripete, Nami figura solo nella terza. La didascalia cita 'What a blessing to have spent this year with you all and your beautiful soul'.
Non archivia.
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laragazzafortesworld2 · 1 year ago
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Raga, vi dico una cosa che forse non sapete e che vi potrebbe sconvolgere..., questo non è tinder, non è un sito porno è Tumblr.
È un sito dove la gente principalmente scrive, posta foto artistiche, ecc...
Che poi le altre persone mettono altro non vuol dire che allora tutto è dovuto.
Tumblr non è tinder, perché bisognerebbe nascondere ad un fidanzato un social del genere? Principalmente se non si fa nulla di male o se si ha un profilo come il mio?
Se poi voi lo scaricate per farvi i porci comodi vostri, non vuol dire che lo facciano tutti.
Se al tuo partner dà fastidio che qualche persona vi scriva in chat o se postate foto (normali) o che ne so anche in costume e vi vieta di accedervi, non è normale raga, non è normale, è altamente un comportamento tossico.
Per fortuna io, ho un ragazzo intelligente, quindi non gli ho mai nascosto nulla, perché in una relazione bisogna esserci dialogo e soprattutto fiducia, senza di esse non si va da nessuna parte.
Il mio ragazzo è abbastanza sveglio, da capire che se mi scrive uno e ci prova, sa che io lo rifiuto o lo blocco e come può provarci qui, ci può provare su Instagram o dal vivo, non è che mi vieta di rispondere o altro, cioè cosa dovrebbe fare? Andare a picchiare la gente? No
Ovviamente se vede cose che non sono normali, si incazza come è giusto che sia, ma non con me, attenzione, perché se lo dovesse mai fare, sarebbe tossico, ma con le altre persone.
Idem dal vivo, va e gliene dice quattro.
Perché un conto è provarci, un altro conto è insistere ed essere irrispettosi.
Cioè che uno priva alla propria ragazza, di mette foto in costume, è altamente tossico, perché come la vedono su Instagram, la vedono anche dal vivo voglio dire eh, non è che se vai al mare, le persone non ci siano e di conseguenza non ti guardino, cioè cosa dovrebbe fare? Mettervi un burqa (?)
Fatevi tutti un'esame di coscienza, maschi e femmine.
Detto questo , vi saluto.
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