#giudizio oggettivo
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Quand’è che un album è oggettivamente un capolavoro?
La critica è ricerca dell'oggettività o del giudizio? E chi l’ha detto che un buon giudizio sia anche un giudizio oggettivo?
Lo sapete anche voi, nella vostra carriera di ascoltatori seriali, che c’è sempre qualcuno che trova sopravvalutati quei dischi per voi inattaccabili. E se oltre a ascoltarli i dischi leggete pure i blog e guardate le recensioni su YouTube, saprete bene che nemmeno tra i critici esiste un consenso assoluto su cosa sia o meno un capolavoro. Sicuramente non è il caso di valutare seguendo i numeri…
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L'ambiente è sacro, non santo.
Gli antichi, in particolare i latini, distinguevano sacro (sacer) e santo (sanctus).
Sanctus è tutto ciò che la comunità stabilisca debba essere protetto, tutelato. Sanctus non appartiene a sfere super umane, è tutto ciò che è elevato e proibito, sanzionato dagli uomini: lex sancta, murus sanctus. Sanctus è riferito anche alle persone: i re, i magistrati, i senatori (pater sancti) e da queste, attenzione, le stesse divinità.
Sacer invece era ciò che era sottratto al controllo, giudizio, intervento umano. Era ciò che esiste ed é stabilito 'fuori' e 'prima' dell'uomo, ciò che appartiene ad 'altro': dies sacra, mons sacer, gli animali del sacrificium (che vuol dire rendere sacer), gli altari e le loro fiamme, l'acqua purificatrice, gli incensi.
Sacer non vuol dire divino, vuol dire intangibile, esterno, che non riguarda: tutelato, perseguibile da 'altro', non dalla comunità. Non 'superiore' o 'buono', ma estraneo: "sacer esto" significava sii maledetto. Tipo ad esempio i rei di colpe infamanti (sacrilegio: prendere per se - legere - qualcosa di sacrum), che venivano espulsi e il loro eventuale omicidio non era perseguibile.
Il Sacer-dos era la figura che manteneva la distinzione e si occupava del sacrum, mentre Imperator sanciva ciò che è sanctus (da cui la volgarizzazione della loro presunta asserita "divinità").
Col tempo fatalmente la distinzione sfuma, sacer e sanctus si confondono.
Oggi invece la confusione è stata abolita: semplicemente il sacrum non esiste più. In questi tempi degenerati ignoranti quindi greggificati socialisti, le Autorità insegnano che TUTTO è o' nuost', oggetto di tutela, 'protezione' e quindi sanzione umana. E' il BENECOMUNISMO.
Persino la Natura è sancta, non sacra: ecco l'ENORME differenza tra ambientalismo originario (di destra, timorato, oggettivo ma compassionato, spinto fino al deismo) e quello benecomunista odierno (paternalista, velleitario, burocratico-gerarchico quindi procedente per ordini e terrorismi, 'razionale' nel senso di tattico conformista e ipocrita tipo "ce lo dice lascenza", arrogante e fallace quanto edificare la Torre di Babele).
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Quel momento in cui credevo di aver trovato un amico a cui potevo raccontare tutto, di cui potermi fidare e che non avrebbe mai raccontato i miei segreti a nessuno.. Non so credo di aver fatto un errore.
Io attraggo persone prive di intelletto morale ed emotivo, persone che mi manipolano, usano per la mia bellezza. Persone che ingannano e raccimolano dettagli per costruire un immagine su di me e sminuirla davanti a tutti, per primeggiare. Io tipo ok.
Per�� quando credevo di aver trovato la prima amicizia giusta, che in vece si è rivelata la solita vecchia zozzeria, mi è dispiaciuto. Ogni volta perdo un amico, con gli uomini soprattutto c'è sempre di mezzo il cazzo.
Con le donne l'invidia.
Io non conosco qualcosa di siverso, ma mi sembra di vederlo con alcune delle persone che sono rimaste nella mia vita, di cui diffido, ma continuo a vedere sporadicamente.
Mi sembra di forgiare con loro una realtà doversa, ma ho il netto presentimento che prima o poi spariranno.
E non provo nessuna emozione se se ne andranno dalla mia vita, sento che sto comunque bene, ma se queste persone non ci fossero, in questi anni, sarei impazzita.
La solitudine è il 90 percento della persona con cui passo il mio tempo e ritengo di aver compreso quali rapporti possono essere reputati sani, siccome so come passare il mio tempo da sola, so chi sono e il fatto che per stare con qualcuno io debba esprimere proprio me stessa, riconosco quando lo faccio anche se sono con qualcuno.
Tante volte peró le persone che mi trovo davanti usano strategie per compiere atti di apertura forzati in cui io sono costretta a divulgare cose, che non avrei mai pensato di dire a qualcuno, altre volte queste stesse persone risultano essere perfetti compagni di viaggio.
Con cui posso esplorare le parti piú profonde di me stessa, con cui posso condividere le mie abilità e i miei difetti, con cui posso parlare di loro fatti personali e consigliare personalmente cosa ne penso.
Quindi diventa un rapporto di crescita.
Ma vivo costantemente con questa sensazione che verrò tradita, ingannata e portata all'esasperazione, provata di tutti i miei valori da un momento all'altro.
Come se le persone a me piú vicine, sono le minacce peggiori.
Quindi credo, che vivo nell'illusione che il giusto è sbagliato e lo sbagliato è meglio del giusto.
E che quindi la paura mi condanna a vivere a stretto contatto con i criminali piuttosto che con le persone giuste per me.
Ma a volte vedo il male nelle persone buone, altre vedo che le persone sono tutte malvage, altre mi aggrappo all'idea di aver perso il comando della mia vita e che tutti si aprofittano di me.
Mentre altre volte, vedo che tutte le perspne, in una certa dose percentuale contengono diversi fattori di bontà, in un contesto sociale diverso dal mio, in una realtà diversa e ad un livello spirituale diverso dal mio.
Questo mi fa sentire molto più paziente, compassionevole, rispettosa, ma soprattutto gentile e capace di assecondare i miei bisogni e le mie necessità.
Ma per lo stesso motivo, non riesco a trovare qualcuno con cui io non debba essere analitica nella relazione, come se io debba essere sempre attenta a tutto al 100% con 300 occhi pronti a cogliere ogni minimo dettaglio della situazione per trarne ogni significato possibile.
Comprendo che questo mi fa essere una brava ascoltatrice, perché ascolto anche il tuo modo di affrontare la superfice contemporanemamete al movimento profondo che ti si scaturisce mentre parli e racconti. In modo oggettivo, senza giudizio. E poi se lo permetti energeticamente, ti dico cosa noto.
Peró non so, mi sembra tutto diverso il modo di interagire con le persone. Mi diverte, ma ho voglia do starmene tranquilla con me stessa la maggior parte del tempo, perché mi stanca. Non mi sento a mio agio, come se ci sono spigoli ovunque e non posso muovermi liberamente, perché mi farò sicuramente male.
Ed esprimere i miei sentimenti è quello che diventa piú complicato, perche le emozioni tappano le orecchie e offuscano la mente. Quindi è il momento piú vulnerabile in cui io di solito vengo attaccata.
Perció non va bene.
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LA SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO
LA SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO
di Andrea Cecchetto Mentre le scienze naturali indagano il fenomeno con una prospettiva duale, con un osservatore che rileva, analizza e misura il fenomeno oggettivo, il dato di fatto (il quale è sempre «altro da sé»), la fenomenologia di Edmund Husserl segue un’altra strada. Anche il fenomenologo parte dal fenomeno, ma non lo analizza con la logica: semplicemente lo osserva con i sensi…
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Un nuovo post è stato pubblicato su https://www.staipa.it/blog/di-incidenti-e-di-youtubers/?feed_id=890&_unique_id=6492fc8255ea6 %TITLE% Come di consueto sulle polemiche mi ci butto con il mio tipico lieve ritardo, un po' per non marciarci troppo e un po' perché preferisco scrivere fuori dall'onda del clamore e delle varie indignazioni, dandomi il tempo di elaborare la situazione. Il riassunto è veloce e superfluo: gruppo di famosi YouTuber causa incidente durante le proprie folli riprese. Bambino muore. Ed è l'unica cosa che è dato sapere con certezza e che francamente mi interessi, anzi alla fine neppure quello ma lo spiegherò più avanti. Il resto della dinamica, in ogni caso, è del tutto ininfluente dal mio punto di vista, come lo sono le indagini e quello che verrà fuori dal caso specifico. La dinamica a cui sono interessato, invece, io che vorrei vivere in un mondo in cui le persone soppesassero le notizie e osservassero i dati e fossero in questo modo immuni da Fake News e manipolazioni è tutto il clamore su questa notizia. Non si tratta di una Fake News ovviamente, ma il modo di essere veicolata e con il quale si espande sull'indignazione e le discussioni assurde che sta avendo è il medesimo. Il bisogno di avere un parere, le critiche ai giovani di oggi che sono peggiori dei giovani di ieri che ormai non sono più giovani, il giudizio sulla colpa da attribuire ai social network e alla gente che si mantiene attraverso di essi, affermazioni su come i social dovrebbero essere regolamentati per evitare questo genere di incidenti come se la causa degli incidenti in linea generale fossero appunto questi ambienti. Tutto questo trasuda pregiudizi come una porchetta in cottura trasuda grasso, e lo fa in modo palese, se ne vedono le gocce cadere e le si sentono sfrigolare da lontano e siamo tutti sottovento di questo puzzo. Eppure, sembra che nessuno se ne renda conto. Com'è la situazione degli incidenti in Italia? Qualcosa come 151.000 all'anno. Con circa 204.000 feriti, 2.800 vittime, 416 incidenti al giorno, 561 feriti al giorno, 8 morti al giorno. (fonte Istat, dati del 2021 https://short.staipa.it/onshy) Otto morti al giorno. E i dati a quanto pare sono di un anno in cui erano in calo, perché ancora influenzati dal recente periodo pandemico. Quanti di questi sono causati da YouTuber che stanno lavorando in quel momento su un loro servizio? Ha più senso pensare che il problema delle morti stradali sia YouTube e questi giovani scapestrati su cui si sta sparando a zero o l'educazione alla guida? Ha più senso lavorare per ottenere di diminuire le altre 2.800 vittime annuali o pensare di regolamentare i social network? Su una scala di probabilità, è più probabile che la causa degli incidenti mortali siano questi giovani cattivoni su cui i media sparano a zero o che ci sia qualche altro fattore più impattante? Il problema, serissimo, è che poi gli indignati sono quelli che votano, ma non solo loro, gli indignati sono anche le persone al governo e nella politica, perché non sono diverse da noi, hanno i nostri stessi bias. https://twitter.com/CarloCalenda/status/1669354975577935872 In gran parte invece di pensare a come evitare incidenti stradali stanno pensando a come regolamentare i social. Social che evidentemente a malapena capiscono come funzionano. Basterebbe guardare le cose in modo oggettivo, non farsi prendere dai titoloni, fermarsi a pensare razionalmente per rendersi conto che sì, un problema c'è, ed è un problema molto serio. Ma non quello su cui si sta puntando, non sono i social, non sono le spaventosissime nuove tecnologie, è la nostra attenzione alle norme stradali, sono le auto troppo potenti rispetto a quello che è necessario, sono alcune strade fatte con i piedi, sono le distrazioni alla guida, sono la fallacia umana, sono tutta una serie di meccanismi che fanno sì che ogni giorno muoiano in media otto persone sulle strade. Basterebbe anche fermarsi a riflettere su questa
domanda: "Se non fossero stati YouTubers se ne sarebbe parlato così tanto"? Perché stando alle medie lo stesso giorno potrebbero essere morte circa altre sette persone, otto il giorno dopo, otto anche il successivo, otto anche oggi. Di quegli incidenti non si parla con lo stesso tono. Come mai? Di molti di quelli si dice "ah, poteva capitare a chiunque una distrazione", di quelli si dice "che sfortuna" o se ne cita solo la notizia. E non è questione del fatto che la vittima fosse un bambino, sono moltissimi i bambini a morire ogni giorno sulle strade e di cui nessuno si ricorda se non per un breve trafiletto che compare un giorno. Qui la differenza è che la media degli italiani, quella sui 48 anni, e la maggioranza degli italiani, quelli sopra i 39 anni ha un nemico sicuramente diverso da sé stesso su cui sparare. Qui si può sparare sui giovani su qualcosa che è diverso dal "poteva capitare anche a me", perché con alta probabilità nessuno di loro è uno YouTuber, nessuno di loro vive di nuove tecnologie e molti di loro di queste cose "nuove" ha diffidenza perché non le comprende a fondo. Fonte: tuttitialia.it (https://short.staipa.it/sfz6r) Non voglio generalizzare ovviamente, c'è anche chi le conosce meglio dei giovani, ma si parla di medie (qui un approfondimento sul tema da Il Sole 24 Ore: https://short.staipa.it/3oo7a). Si torna all'indignazione immediata, senza ragionamento e su un nemico comune che distoglie dal dato generale focalizzando su un singolo dato/evento. Non è una Fake News, ma funziona e crea clickbait (https://short.staipa.it/pcs07) nello stesso identico modo. Una volta accettato e compreso questo, c'è una vastissima gamma di cause di incidenti e di mortalità, sarebbe il caso di puntare a queste cause una a una. Dalle più impattanti alle meno impattanti. Quando poi, avendo risolto tutte le cause maggiori e annullata gran parte di quei 1800 incidenti annuali, se gli YouTuber e i social network saranno rimasti una delle cause maggiori allora avrà senso preoccuparsi anche del loro impatto.
#Polemipolitica#BiasCognitivi#CasalPalocco#FakeNews#giornalismo#SocialNetwork#theborderline#YouTuber
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quando guidano la moto/sono fisioterapisti il giudizio non è più oggettivo
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Buon primo di Maggio!
1 Maggio 2023
Mi trovo a Roma, sto scrivendo dai Fori Imperiali. Che meraviglia ammirare così magnifiche opere umane, pensare ai cervelli che le hanno immaginate e le braccia che le hanno realizzate! Sedersi e provare a visualizzare i colonnati, i templi e le statue con le loro fondazioni e basamenti. Che cosa magnifica dev'essere stato ed è incredibile pensare che una tale concentrazione di manufatti è tutta qui in un'unica città!
Anche se una parte del motivo per cui mi trovo a Roma è certamente vedere le rovine, ce ne sono anche altri due. Primo, mi fa piacere che stia (in questi mesi) piano piano recuperando il rapporto con mia sorella. Anche se continuo a pensare che ci sia un'asimmetria, che mi rivedo in mio padre tentare di recuperarlo con me e questo mi rattrista. Si perché io non voglio recuperare il rapporto con mio padre, e non vorrei avere una riflessione anche col rapporto di e da parte di mia sorella. Non so se mi spiego. L'altro motivo è che mi sarebbe piaciuto rivedere la ragazza del mio ultimo post. Che invece è anche lei, esattamente come me, in gita fuori porta, non a Roma. Che sfiga e che coincidenza maledetta!
Rispetto al mio ultimo post, penso oggi (non so se l'ho mai scritto) che il motivo per cui non ho una ragazza sia solamente a causa delle mie paranoie. Non credo più, come un tempo, di avere un problema oggettivo, di essere effettivamente escluso dagli altri. Non so come spiegarlo a parole, l'ho detto alla psicologa un paio di settimane fa. Credo che se oggi io sono solo è solamente a causa della mia depressione.. Tutto quello che ho scritto nell'ultimo post rimane, ho sempre paura di espormi, sempre paura del giudizio degli altri. Però ora so che questa è l'unica ragione per cui sono solo. Non ci sono più paure come quando ero piccolo. Il problema sta tutto nella mia testa. Però non è irrisolvibile, penso.
Ancora mi spaventa vivere a Milano. perché vuol dire non avere la possibilità di ricrearmi un ambiente e non avere la scusa di essere da solo. Si perché se abitassi all'estero, in una città nuova, senza conoscere nessuno, avrei la scusa perfetta da dire a me stesso per giustificare dei sabato sera da solo. cosa che non succede a Milano. Però che accade invece se vado all'estero, da solo? Dovrei ricostruirmi un ambiente esattamente come fatto in passato, a Praga e a New York. Nella prima mi sono fatto trascinare, nella seconda, anche lì, mi ha salvato il coinquilino. Ma che fare se andassi all'estero e non ne avessi, di coinquilini?
Vorrei riaprire Tinder. Forse l'ho già parzialmente fatto. E se trovassi una ragazza, cosa potrei fare per non apparire totalmente dipendente da lei e spaventarla per questo? So che avrei paura anche di questo.
Penso alle volte di risolvere un problema e maturarne dieci, per ogni cosa risolta ne salta fuori subito un'altra. Che cavolo di problema ho?
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Quesito Caro Padre Angelo Sia lodato Gesù Cristo Rivolgo alla sua attenzione due questioni relative al peccato e alla grazia. Le chiedo di seguire il mio ragionamento. Noi sappiamo che la grazia dimora in tutti e in particolare opera in coloro che le sono conformi. Pertanto chi pecca esclude la grazia e chi pecca mortalmente ne esce totalmente, perdendo lo stato di grazia. Tuttavia è anche vero che la Chiesa ci insegna che a causa di immaturità o incoscienza la colpa per il peccato diminuisce fino quasi ad azzerarsi, come nei bambini. In tal caso quindi anche se un bambino o un incosciente commette un atto gravemente immorale non è possibile attribuirgli alcuna colpa per tale peccato. Dunque chiedo: nel caso in cui la colpa per un atto immorale è minima o nulla a causa di incoscienza, il peccatore non perde lo stato di grazia o lo perde lo stesso? Le chiedo anche: nel caso in cui un uomo commetta un peccato di materia grave, ad esempio adulterio, ma non sia totalmente cosciente della gravità del peccato o sia troppo immaturo per comprendere, in tal caso l'atto, seppure immorale e mortale, non lo sarebbe per quest'uomo a causa della sua ignoranza oppure lo sarebbe egualmente e perderebbe lo stato di grazia? Inoltre il catechismo della chiesa cattolica afferma relativamente al peccato della masturbazione: "Al fine di formulare un equo giudizio sulla responsabilità morale dei soggetti e per orientare l'azione pastorale, si terrà conto dell'immaturità affettiva, della forza delle abitudini contratte, dello stato d'angoscia o degli altri fattori psichici o sociali che possono attenuare, se non addirittura ridurre al minimo, la colpevolezza morale" (CCC 2352). Qui si dice che la colpevolezza per un peccato grave di questo genere può essere ridotto al minino in alcune situazioni. Ora io chiedo: ma se è così allora è sbagliato dire che un peccato è mortale o veniale, perché dipende dalla persona che lo compie e dalle sue intenzioni. Per me, ad esempio, commettere masturbazione sarebbe peccato mortale, per un altro peccato veniale a causa di immaturità. Dunque io penso, mi dica se sbaglio, che nessun atto immorale è di per sé mortale o veniale, ma lo diventa a causa della persona che lo compie e della situazione. Se commettere atti impuri è di per sé un atto gravemente immorale e disordinato ed è tale che è un peccato mortale per cui perdi lo stato di grazia, allora non capisco perché ad alcuni è diminuita la colpa e quindi non è tolta la grazia. Se un atto, anche immorale, per diventare peccato mortale deve avere come presupposto la totale consapevolezza della persona che lo compie (CCC 1859), allora nessun atto immorale è di per sé peccato mortale o veniale, ma lo diventa a seconda del peccatore. Quindi commettere atti impuri è immorale ma non è detto che sia un peccato mortale, perché se li commette un incosciente tale peccato non è considerato mortale, ma solo veniale. Allo stesso modo commettere omicidio è un atto grave, ma non necessariamente è peccato mortale, ad esempio se lo commette un uomo che non aveva alcuna intenzione mentre guidava un'automobile; dico male? La ringrazio e la ammiro. Cordiali e affettuosi saluti. Paolo Risposta del sacerdote Caro Paolo, 1. per compiere un peccato grave o mortale e necessario che siano sempre presenti tre condizioni: la materia grave, la piena avvertenza della mente e il deliberato consenso della volontà. 2. Se la materia è grave, ma chi compie quell'atto non è pienamente consapevole di quello che fa o non ha sufficiente dominio su se stesso, il peccato rimane grave sotto il profilo oggettivo, ma può essere meno imputabile o del tutto incolpevole sotto il profilo soggettivo. 3. Certo, la disposizione del soggetto è sempre determinante nel verificare la responsabilità dell’atto. Tuttavia l'espressione da te ipotizzata: “un peccato è mortale o veniale, perché dipende dalla persona che lo compie e dalle sue intenzioni” non è corretta perché non evidenzia il primo elemento, la gravità
della materia. 4. Mi pare più corretta invece la seguente formulazione: sotto il profilo oggettivo si tratta di un peccato grave, mentre sotto un profilo soggettivo vi può essere una diminuzione di responsabilità. Ad esempio: se un bambino di quattro o cinque anni dice una bestemmia, ciò che ha detto è una bestemmia, la cui materia è sempre grave. Sotto il profilo soggettivo invece il bambino è incolpevole perché gli manca la piena avvertenza della mente e il dominio sulla volontà. 5. Tu hai portato il caso dell'adulterio e dici: “se uno non è totalmente cosciente della gravità del peccato o è troppo immaturo per comprendere”… Non so se si possono verificare casi del genere perché vi sono alcune azioni che subito, appena la mente si sveglia (si escludono pertanto i bambini che non hanno ancora raggiunto l'uso di ragione) percepisce da se stessa i principi morali dell'agire e comprende senza particolari ragionamenti se un'azione sia buona o cattiva. Tale ad esempio è l’omicidio. E mi pare che si possa dire qualcosa del genere anche nei confronti dell’adulterio. Solo un grave deficit mentale può diminuire o azzerare del tutto la responsabilità morale di chi compie una simile azione. 6. A proposito dell'omicidio dici: "commettere omicidio è un atto grave, ma non necessariamente è peccato mortale, ad esempio se lo commette un uomo che non aveva alcuna intenzione mentre guidava un’automobile”. Per essere più precisi io direi: commettere un omicidio è sempre oggettivamente un peccato grave. Per la responsabilità soggettiva sarà necessario valutare le disposizioni del soggetto (piena avvertenza della mente e deliberato consenso della volontà) e le circostanze. 7. Circa una domanda specifica che mi hai fatto: se uno compie oggettivamente un peccato grave ma soggettivamente si riscontrano elementi che diminuiscono la sua responsabilità morale, non perde lo stato di grazia. Ti benedico, ti auguro ogni bene e ti ricordo nella preghiera. Padre Angelo
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come nei romanzi che ho studiato in passato, mi sento il narratore inaffidabile e bugiardo della mia stessa vita. cos'è questo costante bisogno di un giudizio oggettivo e soprattutto esterno su quello che mi succede, quello che penso e che sento e quello che mi circonda? mi sento incapace di decidere da me cosa è giusto e cosa è sbagliato e se quello che sento è vero ed è giustificato o è solo un capriccio o un'invenzione della mia mente annoiata
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Oggi siamo stati a cannes ed ê stata un esperienza restituiva.
Ho imparato molte cose, sul mondo e su di me, ma procediamo per gradi.
Ho finalmente sentito l odore che @2delia ci descriveva mesi fa a Montalcino, quell' che puoi sentire anche in Lichtsteiner, l odore dei quattrini, solo che, qua ha un retrogusto acidognolo, una nota stonata di riciclaggio, no quello di Greta T , ma quello delle barche battenti bandiera delle isole vergini inglesi, oppure quello dei soldi dei russi che scendono dalle barche battenti bandiera cipriota.
Ho Finalmente avuto conferma scentifica che la edilizia leggera in salsa francese che vorrebbero proporci come panacea per risollevare le classi energetiche degli edifici europei é una cagata pazzesca.
In particolare le fondamenta in poliuretano espanso, visto che dopo 40.000 anni una roccia resta una merdosissima rocca, mentre una palla di poliuretano dopo 30 diventa una palla di muffa
. E tu dopo provo ad iniettarcene ancora, ma si deforma tutto di schifo e l'edificio da grandissimo affare in costa azzurra, si trasforma in grandissimo cagatoio da demolire e ricostruire da capo.
Le case vanno fatte perché sopravvivano chi le fa e a chi le compra, e possibilmente ai figli dei figli di entrambi.
Poi ho scoperto che per i francesi gli italiani son quelli della barzelletta che raccontano su gli italiani, quindi il broker dopo cena mi ha detto di una giovane che mi aspettava in camera sua (di lei) per aiutarmi a esprimere un giudizio oggettivo,
Io gli ho risposto che quando uno come me trova una compagna, dovrebbe non solo essergli fedele, come qualsiasi bipede con un po' di cervello, ma nel mio caso le deve addirittura gratitudine.
L ho inviato quindi a portare un buon libro alla sua amica passeggiatrice.
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Non è proprio una domanda per te ma mi sento di chiedere un parere a te per la stima che ho. Allora c’è un ragazzo che mi piace, ci sono anche difetti che per adesso non riesco a farmi andar bene. Provo attrazione ma anche se lui è gentile premuroso e presente vorrebbe fare sesso ma io non me la sento ancora. È come se quei difetti o modi mi frenano. Tu che pensi? Andarci a letto potrebbe aprirmi meglio gli occhi e farmi capire lui di più? Grazie :))
Innanzitutto ti ringrazio per la stima e la fiducia che riponi in me, nel chiedermi un'opinione a riguardo di una situazione molto personale e molto delicata.
E' necessario poi andare a fare un paio di puntualizzazioni:
l'esperienza che ci si ritrova ad avere, in ambito di intimità relazionale, è discriminante. Ovvero, caro anonimo, sei un quindicenne che ancora non ha avuto la sua notoria ''prima volta'' oppure sei un quarantenne che ha già avuto le sue occasioni ed anche le sue delusioni? Perché credo che si possa convenire sul significato emozionale che la ''prima volta'' ha tutt'ora...
l'impianto di valori morali e principi etici su cui ognuno di noi soggettivamente basa le proprie scelte e la successiva valutazione delle stesse, è altrettanto discriminante. Ovvero, caro anonimo, sei un fervente e convinto integralista cattolico che pensa che il sesso, soprattutto se non finalizzato alla riproduzione ed inserito in un formalizzato ambito matrimoniale, sia una manifestazione del maligno (d'insieme alla musica rock, alle bibite gassate, all'aglio, al VAR nel calcio, al fatto che Word è il sistema di scrittura più diffuso al Mondo ed a mille altre cose), oppure sei un rilassato umanista ed illuminista, capace di dare ai tuoi ormoni la giusta importanza, ma anche felice del regalarti qualche istante di piacere in serena leggerezza? Perché la dimensione del rimorso, le cose poi andassero male successivamente ad una carnale unione, potrebbe variare molto, nei due casi...
E questo detto, provo a darti non tanto una risposta, quanto una serie di spunti di riflessioni che siano strumentali ad una tua decisione.
Il sesso è, senza dubbio, un modo per conoscere l'altro in modo irrazionale, istintuale, istintivo e lontano da sovrastrutture sociali e comportamentali: non lo si fa denudati solo dei vestiti, ma ci si consegna a sensazioni e confronti molto profondi ed intimi, quindi la tua idea che avere questa esperienza possa farti conoscere meglio la tua controparte è correttissima; non in ultimo, se scoprissi che PROPRIO ti piace o che PROPRIO NON ti piace, avresti un dato oggettivo ed incontrovertibile su cui basare il giudizio.
Però...però considera che le persone sono quello che sono e che le possibilità che loro cambino in maniera sostanziale e radicale sono davvero davvero minime: se i difetti di cui parli ti risultano profondamente indigesti ed a priori sai che sarebbero un terreno fertilissimo su cui crescerebbero rigogliose insofferenza reciproca, incomprensione, rancore, liti, allora pensaci bene ma benissimo. Naturalmente il genere a cui questi difetti appartengono, insieme al loro radicamento nella quotidianità, va valutato con attenzione: non ti piace come abbina i calzini alla camicia o è un razzista? Non tifate la stessa squadra o fa uso di cocaina?
Ho poi un dubbio a riguardo della distinzione che fai, tra ‘’difetti’’ e ‘’modi’’, perché nei ‘’modi’’ cascano anche questioni pericolose e dannose senza se e senza ma (i modi violenti, la prepotenza, la tendenza all’insulto ed al sopruso) che vanno evitate senza la minima esitazione ed il minimo retropensiero. Se invece si tratta solo di ridere delle proprie scorregge, o di ruttare fragorosamente pronunciando nei rutti nomi di città e regioni, o di ricorrere ad intercalare da vernacolo, si ritorna alla soggettività di sopportazione e giudizio.
Quindi, per concludere, caro anonimo, ti consiglio di valutare gli effetti che potrebbe avere su di te esserti concesso sessualmente a qualcuno che potrebbe poi rivelarsi un episodio di corpuscolare importanza, nella tua vita, valutare quanto, comunque, ti piacerebbe farla, quella esperienza, valutare il peso che quei difetti potrebbero avere in un rapporto che dovrebbe eventualmente sviluppare quotidianità, fare un onesto esame dei tuoi sentimenti, e giungere ad una conclusione soggettiva e, se non ''giusta'', almeno coerente ed organica.
p.s.: laddove egli invece fosse a) juventino, b) leghista, c) terrapiattista, d) benealtrista, e) convinto che tutti i vini sono in fondo uguali, f) omofobo, g) razzista, h) putiniano, allora dimenticalo, se lo incontri non salutarlo e blocca e cancella subito il suo numero.
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E’ bello un uragano? No, è sublime. La bellezza è oggettiva?
Esiste solo un tipo di bellezza? E su cosa si basa il giudizio estetico?
Platone, ma in realtà qualsiasi uomo della Grecia antica ci avrebbe sicuramente risposto di sì, esiste un solo tipo di bellezza ed è oggettivo.
Questo perché i greci antichi associano alla bellezza l’armonia, la grazia, la misura e le giuste proporzioni. Un corpo quindi è bello quando presenta la giusta simmetria tra tutte le sue parti. L’uomo perfetto doveva rispettare dunque i canoni del “KALOS KAI AGHATOS” ovvero del “Bello e buono”, alla virtù morale corrisponde necessariamente la bellezza fisica e si afferma quindi che vi sia una complementarità tra “bello” e “buono”.
Ma adesso facciamo un bel grande salto in avanti col tempo: Kant come avrebbe risposto?
Secondo Kant i giudizi di gusto possono essere di vario tipo, dobbiamo distinguere il piacevole (Ciò che si apprezza a livello sensoriale),dal piacere estetico. Questo si basa su dei giudizi riflettenti ossia su un apprezzamento che non riguarda direttamente l'oggetto sesso, ma il rapporto fra questo e la nostra spiritualità ( Es. Se il soggetto di fronte alla stessa rosa rossa dice: “questa rosa è bella”. questo giudizio è un giudizio estetico, ovvero il predicato della bellezza non è riferito alla rosa - sebbene sia legato ad esso in un giudizio - ma al soggetto stesso attraverso il piacere che egli prova nella contemplazione della rosa.) Noi scorgiamo la bellezza in quelle cose in cui, come in uno specchio, troviamo riflessi quei criteri di armonia e di equilibrio che strutturano la nostra mente. Kant afferma che il giudizio di bellezza è solo una delle possibili modalità del piacere estetico. Esiste anche l'apprezzamento del sublime, questo termine è attribuibile a tutto ciò che è smisurato, illimitato e quindi emozionante ma allo stesso tempo spaventoso, per esempio la potenza di un uragano, un abisso. Anche in questo caso il giudizio sarebbe di tipo riflettente perché non è certo la sensazione a essere coinvolta, infatti riusciamo ad apprezzare questi terribili fenomeni naturali solo quando la nostra persona non e direttamente coinvolta per quel caso la paura prevale su qualsiasi emozione estetica. La commozione suscitata dal sublime nasce dal drammatico contrasto che si instaura fra noi e l'oggetto vengono in modo simmetrico e contrario al rapporto di armonia tipico del bello. Vedendo le nuvole di un temporale, l'oceano in tempesta, da una parte proviamo dispiacere per non riuscire a immaginare tutta la grandezza, dall'altro proviamo un piacere perché il nostro spirito, ponendo un paragone fra noi e la natura, si eleva all'idea dell'infinito.
La questione rimane comunque aperta: Può la bellezza essere universale e oggettiva? Esiste qualcosa di oggettivamente bello? Qual è la condizione di possibilità della bellezza?
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“Se non si dà apprendimento senza gratificazione emotiva, l'incuria dell'emotività, o la sua cura a livelli così sbrigativi da essere controproducenti, è il massimo rischio che oggi uno studente, andando a scuola, corre. E non è un rischio da poco perché, se è vero che la scuola è l'esperienza più alta in cui si offrono i modelli di secoli di cultura, se questi modelli restano contenuti della mente senza diventare spunti formativi del cuore, il cuore comincerà a vagare senza orizzonte in quel nulla inquieto e depresso che neppure il baccano della musica giovanile riesce a mascherare.
Quando parlo di "cuore" parlo di ciò che nell'età evolutiva dischiude alla vita, con quella forza disordinata e propulsiva senza la quale difficilmente gli adolescenti troverebbero il coraggio di proseguire l'impresa. Il sapere trasmesso a scuola non deve comprimere questa forza, ma porsi al suo servizio per consentirle un'espressione più articolata in termini di scenari, progetti, investimenti, interessi. Infine resta la vita, e il sapere lo strumento per meglio esprimerla.
Laddove invece il sapere diventa lo scopo e il profitto il metro per misurarlo qualunque siano le condizioni d'esistenza in cui una vita è riuscita a esprimersi, la scuola fallisce, perché livella, quando non mortifica, soggettività nascenti in nome di un presunto sapere oggettivo che serve a dare identità più ai professori che agli studenti in affannosa ricerca.
"Causa prima" di devianza, rispetto a tutte le "cause seconde" che la sociologia vede alla base del disagio giovanile, la scuola si offre con quel volto irresponsabile di chi si tiene fuori dai problemi connessi ai processi di crescita e, limitando consapevolmente il suo spazio operativo, manifesta quella falsa innocenza che l'oggettività del trattamento (profitto-giudizio) è sempre disposta a concedere a chi non si prende cura della soggettività dei giovani, perché mettervi le mani non garantisce di poterle tirar fuori davvero pulite e disinfettate.”
Umberto Galimberti,L’ ospite inquietante,p.38
_____Rizzoli, Milano 2007_____
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Grammaire Français
Le Subjonctif
Utilizzi:
Se l'indicativo indica la realtà in maniera oggettiva, il subjonctif la indica in maniera soggettiva. Lo utilizziamo dopo i verbi che esprimono desiderio, sentimento, aspettativa o un obbligazione. Es. Indicativo: Paul est absent. / Subjonctif: Je voudrais qu'il soit là.
Il faut que è la forma più frequente con il subjonctif. -> Il faut que + infinitif: esprime un obbligo generale. Es. il faut manger pour vivre. -> il faut que + subjonctif: esprime un obbligo personale. Es. il faut que je mange tôt. La forma negativa si forma mettendo il "ne" tra il e faut, e il "pas" dopo faut.
Per i verbi in "-er", la coniugazione del subjonctif è identica a quella del presente, a parte nel caso di "nous" e "vous" che termineranno per "-ions" e "-iez" [!! Post a parte per la declinazione].
I verbi "soggettivi":
I verbi "soggettivi" sono quei verbi che sono seguiti dal subjonctif, si differenziano dai verbi "oggettivi" che invece vengono seguiti dall'indicativo. Un altro modo per distinguerli è chiamarli "verbi di testa" (oggettivi) e "verbi di cuore" (soggettivi). ! Il verbo espérer non è da considerare come verbo soggettivo, viene seguito dall'indicativo. Es. Verbo oggettivo: je constate qu'il est absent. Es. Verbo soggettivo: je désire qu'il soit là. Es. J'espére que vous viendrez demain.
Alla forma negativa i verbi oggettivi sono seguiti generalmente dal subjonctif. Es. Je ne crois pas que Paul soit malade.
Dopo la forma interrogativa con l'inversione, si utilizza il subjonctif. Es. Pensez-vous que cet homme soit coupable?
Quando un aggettivo esprime un giudizio si usa il subjonctif. Es. Je trouve que Max a du talent. -> Je trouve normal qu'il ait du succès.
Con i verbi di timore/paura, usiamo un "ne" che non è una negazione. Es. J'ai peur que Paul ne soit malade. (Paul est malade).
Le costruzioni impersonali
Le costruzioni impersonali che esprimono un vincolo, un giudizio, ecc, sono seguite dal subjonctif. Es. Il est important qu'il parte/ il vaudrait mieux qu'il parte. Le costruzioni che invece esprimono una certezza sono seguite dall'indicativo. Es. Il est évident qu'il partira.
Il subjonctif e la realtà
L'indicativo rinvia a una realtà certa o molto probabile, mentre il subjonctif a una realtà incerta. Es. Je cherche une maison qui a un grand jardin. (so per certo che questa casa esiste). Je cherche une maison qui ait un grand jardin. (non sono certo che questa casa esista). Quindi, se ho più del 50% di possibilità che una cosa accada userò l'indicativo, in caso contrario userò il subjonctif.
Il subjonctif presente e il subjonctif passato
Usiamo in generale il subjonctif presente indipendentemente dal tempo verbale principale. Es. J'attends/J'ai attendu/J'attendrai + qu'il soit là. Usiamo invece il subjonctif passato quando l'azione è conclusa/completata. Lo formiamo con l'ausiliare "essere" o "avere" al subjonctif presente + il participio passato. Es. Je regrette qu'il soit parti.
Le costruzioni "subjonctives"
Le frasi realizzate da una congiunzione che esprima una dipendenza (ad es. un attesa o un vincolo) sono seguite da un subjonctif.
Espressioni d'intenzione o di scopo: je vous prête mes clés + pour que/ afin que/ de sorte que + vous puissiez rentrer.
Espressioni di paura o di minaccia: nous avons accepté + de crainte qu'/de peur qu' + il parte
Espressioni di attesa o di vincolo temporale: je resterai jusqu'à ce qu'il revienne. !! Aprés que di norma viene seguito dall'indicativo.
Espressioni di ostacolo o di restrizione: bien qu'il soit trés tard, nous préférons rentrer à pied.
Espressioni di condizione: tu peux sortir + à condition que/pourvu que + tu me dises où tu vas.
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Ma quanto sono odiosi i fan tossici di Star Wars. Se a loro l'ultima trilogia non è andata giù, devono farlo sapere ovunque.
Metti una foto meme di un merendino che non ti è piaciuto? Arriverà uno di loro a scrivere "mai come la trilogia Sequel di Star Wars".
Che diamine. A me sono piaciuti tutti e 9. Gli spin off. Le serie. Tra tutti c'è il mio preferito. Quello che ho digerito meno. Ma non vado a dirlo sotto ogni cazzo di post.
Che poi, parere personale, è un giudizio soggettivo, più che oggettivo. Non è che se a te una cosa fa schifo allora devi ripeterlo all'infinito in modo che anche a chi dice "ma dai è carino" si metta ad odiarlo. E che cazzo.
Cioè io non digerisco ep I ma mica ne faccio un affare di stato
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Conciliazione fra bene e male
Grandi uomini di scienza ci insegnano che l'universo è armonia, interazione e ricerca di equilibrio in una continua tensione verso l'unità. Le grandi religioni ce lo suggeriscono in mille dottrine diverse. Le filosofie lo proclamano nei molti linguaggi complicati della mente. Lo si dice e lo si scrive, ma poi lo si rinnega nei fatti inventandosi una contrapposizione che segna i limiti della nostra possibilità di capire: "esiste il bene ed esiste il male".
Dopo quello che sappiamo e che ci hanno insegnato, molte religioni (anche quelle che parlano di un Dio d'amore) e molte correnti filosofiche (anche in contrasto con la scienza) continuano a proclamare l'esistenza di forze antagoniste, perfino personalizzate in angeli e diavoli, in Dio e il Demonio. Purtroppo quello che appare in queste concezioni è esclusivamente la dualità e non l'unità che trascende e completa quest'ultima.
Però, se si riflette e si analizzano i movimenti della natura, ci si rende conto che ogni cosa ha il suo posto ed ogni evento ha l'unica finalità di mantenere ed evolvere l'armonia tra le cose e le creature. Ogni situazione, persona, animale o cosa, è perfetta per quello che rappresenta. Eppure continuiamo ad esaltare i contrasti non volendone capire il senso. Forse perché riconoscendo che tutto è perfetto per quello che è, rimarremmo senza nemici e non potremmo più avere scuse? Certo così saremmo costretti a riconoscere, in ciò che ci circonda, un dinamismo di azione e reazione che appartiene solo a noi e di cui noi siamo i protagonisti, attori e registi; nessun altro. Saremmo obbligati a conoscerci e accettaci.
Se siamo perfetti per quelli che siamo e perfettibili nell’ampliamento della nostra espressione vitale, è chiaro che non può esistere qualcosa che rappresenti il male, né in senso oggettivo né come ripercussione individuale. E' forse male che la natura ci avverta del pericolo quando entriamo in rapporto con qualcosa che non è compatibile con la nostra biologia o con l'equilibrio della nostra mente?
In realtà, tutto si muove attraverso dei limiti che gradatamente stiamo superando. Questi non sono “il male”, ma ciò che ci contraddistingue e che ci determina così come siamo.
Per quello che ho imparato, ogni “sentirsi di esistere” ha una gradualità di espressione che è determinata da confini con i quali giornalmente ci si scontra; e da questi scontri ci si conosce. Questa conoscenza produce comprensione così i confini si ampliano in un percorso evolutivo che ci porterà oltre ogni separazione e limite, in un’acquisizione di quella parte di realtà di cui ora non siamo consapevoli.
Però non possiamo vivere la nostra natura ed essere responsabili delle nostre azioni sotto la pressione della paura né del giudizio divino né di un premio né di un castigo. Se riuscissimo a liberarci da questi condizionamenti, che sono anche delle momentanee necessità psicologiche, forse potremmo scoprire orizzonti diversi; forse scopriremmo che si può essere liberi anche in un mondo racchiuso dalle limitazioni del nostro essere, perché le guarderemmo in faccia e le potremmo superare.
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