#giornata dei nonni
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Buona giornata dei nonni!
- Stefano Tofani, Sette Abbracci e tieni il resto (Rizzoli BUR)
#giornata dei nonni#nonni#abbracci#sette abbracci e tieni il resto#dinonfissatoaffetto#stefano tofani#scrivere
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Festa dei nonni 2 ottobre
La Giornata dei Nonni è una festa che viene celebrata in molti paesi in onore dei nonni e della loro importanza all’interno della vita familiare. Ecco alcune informazioni e curiosità sulla Giornata dei Nonni, che in Italia si celebra il 2 ottobre. Continue reading Untitled
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#auguri nonni#bigliettino di auguri nonni#biglietto d&039;auguri nonni#due ottobre#festa dei nonni#feste#festeggiare#giornata dei nonni#nonni
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Oggi è stata una giornata frenetica ma sono riuscita a fare due foto alla casa in montagna, tra poco non la vedrò più... Mamma e io abbiamo deciso di venderla (🥹) anche per difficoltà economiche e perché non riusciamo mai ad andarci, con Maurizio malato e tutto il resto...mi mancherà tantissimo quella casa, è il ricordo dei miei adorati nonni, di mio fratello e papà. Il ricordo di Yari e delle passeggiate con lui nei dintorni ❤️, delle passeggiate con mamma e Maurizio. Le notti a dormire lì con Maurizio e mangiare il pranzo al sacco...mi mancherà...
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— Senza importanti impegni lavorativi
e con i figli a casa dei nonni,
nel primo lunedì delle vacanze natalizie,
si eran dati per malati e…
GODUTI APPIENO un’insolita giornata.
Il Silente Loquace ©
— @ilsilenteloquaceblog
#lui#uomo#lei#donna#genitori#godere#racconti di vita quotidiana#december 2024#pensieri miei#@ilsilenteloquaceblog#isl
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I bambini sono bambini dello Stato, così pensa lo Stato e si comporta di conseguenza, provocando da secoli danni devastanti. È lo Stato in realtà che partorisce i bambi-ni, vengono partoriti soltanto bambini di Stato, la verità è questa. Non esiste un solo bambino libero, c'è soltanto il bambino di Stato, di cui lo Stato può fare quello che vuole, è lo Stato che mette al mondo i bambini, alle madri vien solo dato a intendere che siano loro a mettere al mondo i bambini, ma è dal ventre dello Stato che nascono i bambini, la verità è questa. Sono centinaia di migliaia i bambini che ogni anno escono dal ventre dello Stato sotto forma di bambini di Stato, la verità è questa. I bambini di Stato vengono messi al mondo dal ventre dello Stato e vanno alla scuola di Stato, dove sono istruiti dagli insegnanti di Stato. Lo Stato partorisce i suoi bambini nello Stato, la verità è questa, lo Stato partorisce i suoi bambini di Stato nello Stato e non li lascia più uscire. Ovunque ci guardiamo intorno, non vediamo altro che bambini di Sta-to, scuole di Stato, lavoratori di Stato, funzionari di Stato, anziani di Stato, morti di Stato, la verità è questa. Lo Stato produce e autorizza soltanto esseri umani di Stato, la verità è que-sta. Lessere umano secondo natura non esiste più, è rimasto soltanto l'essere umano di Stato, e dove l'essere umano secondo natura esiste ancora, esso viene braccato e perseguitato a morte e/o trasformato in un essere umano di Stato. La mia è stata un'infanzia bella ma nello stesso tempo crudele raccapricciante, penso, un infanzia nel corso della quale quando ero dai nonni potevo essere un essere umano secondo natura, mentre a scuola ero tenuto a essere un essere umano di Stato, a casa dai miei nonni ero un essere umano secondo natura, a scuola ero un essere umano di Stato, per mezza giornata ero secondo natu-ra, per mezza giornata di Stato, per mezza giornata, e cioè di pomeriggio, ero secondo natura e quindi felice, per mezza giornata, e cioè di mattina, ero di Stato e quindi infelice. Di pomeriggio ero l'essere umano più felice che si possa immaginare, di mattina il più infelice. Per molti anni fui di pomeriggio l'essere umano più felice in assolu-to, di mattina il più infelice in assoluto, penso. A casa, dai nonni, ero un essere secondo natura e felice, a scuola, giù nella cittadina, ero un essere innaturale e infelice. Quando scendevo giù nella cittadina andavo nell'infelicità (dello Stato!), quando tornavo a casa dai miei nonni in mon-tagna, andavo nella felicità. Quando andavo dai nonni in montagna, andavo nella natura e nella felicità, quando scendevo giù nella cittadina, a scuola, andavo nell'artificio e nella infelicità.
Entravo, di prima mattina, direttamente nell'infelicità e per mezzogiorno o nel primo pomeriggio ritornavo nella felicità. La scuola è una scuola di Stato, dove i giovani vengono trasformati in esseri umani di Stato, vale a dire in galoppini dello Stato e nient'altro. Quando andavo a scuola andavo nello Stato, e poiché lo Stato annienta gli esseri umani, andavo nell'istituto per l'annientamento degli esseri umani. Per molti anni io sono uscito dalla felicità (dei nonni!) per andare nell'infelicità (dello Stato!) e ritornare, sono uscito dalla natura per andare nell'artificio e ritornare, la mia infanzia è consistita in questo andirivieni e nient'altro. Sono cresciuto in questo andirivieni dell'infanzia. Ma in un simile diabolico gioco, non ha vinto la natura ma l'artificio, la scuola e lo Stato, non la casa dei miei nonni. Lo Stato ha costretto me, come tutti gli altri, a entrare al suo interno e mi ha asservito, lo Stato ha fatto di me un essere umano di Stato, un essere umano irreggimentato e registrato e addestrato e diplomato e pervertito e depresso come tutti gli altri. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani di Stato, servi dello Stato, come giustamente si dice, non vediamo esseri umani naturali, ma esseri umani di Stato sotto forma di servi dello Stato che sono ormai in tutto e per tutto innaturali, e per tutta la vita rimangono al servizio dello Sta-to, il che significa per tutta la vita al servizio dell'artificio. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani di Stato sotto forma di esseri umani innaturali, immolati all'ottusità dello Stato. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani in balia dello Stato e al servizio dello Stato, ormai vittime dello Stato. Gli esseri umani che vediamo sono vittime dello Stato e l'umanità che vediamo non è altro che il foraggio dello Stato, con cui lo Sta-to, sempre più ingordo, viene appunto foraggiato. L'umanità non è altro, ormai, che un'umanità di Stato, e già da secoli, e cioè da quando esiste lo Stato, essa ha perso, penso, la propria identità. L'umanità oggi non è altro, ormai, che una disumanità, che poi è lo Stato, penso.
Thomas Bernhard
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Si andava al mare e si restava
tre settimane, forse un mese.
Si passava la giornata a desiderare di fare il bagno, a supplicare gli adulti, a negare di aver mangiato; ci si buttava in mezzo alle onde monitorati dallo sguardo di sbieco di qualche genitore sulla riva; si calciava la marea con gli stinchi, fino a fare male. E quando si beveva l���acqua salata, per il dispetto di qualche altro bambino, il desiderio di vendetta durava non più di qualche secondo e comunque da lì alla seconda onda spumosa. I piedi bruciavano dal lettino alla riva e si correva verso la battigia con le urla e i richiami che si sperdevano alle spalle e si dissolvevano fra gli stabilimenti.
Il lettino era una conquista da adulti, i bambini potevano solo sedersi a terra, sopra a un telo che si riempiva di sabbia. Lo scrollavano le madri lamentose, con i granelli che volavano via con il vento e che andavano guidati, lontano dagli occhi, dalle borse appese agli ombrelloni, dagli altri. I ghiaccioli si scioglievano a toccarli con le labbra e sgocciolavano sulle dita dei piedi, diventando colla colorata da lavare a riva. Si scavavano buche per trovare l’acqua e a volte si trovavano conchiglie dure, da farsi male, spezzarsi le unghie. Non si smetteva di cercare, si continuava con l’altra mano.
Le regole erano chiare e sicure: tre ore lontano dai pasti ogni bagno, al primo richiamo risalire, al calcio balilla non frullare, non allontanarsi mai. Solo l'ultima non rispettavo e mi chiamavano al microfono con il mio nome o, se proprio non tornavo, con il colore del mio costume. Era bello parlare con gli adulti sdraiati che facevano finta di comprare le conchiglie che si andava a vendere, tutte, anche quelle più brutte o spaccate. Accadeva il miracolo semplice dello scambio, il segreto incontrovertibile nell’atto: io che davo e qualcuno che prendeva e ridava indietro, senza condizione. Io ho qualcosa da darti e tu lo prendi. Ho un’acqua e tu una sete.
Il tempo non c’era, non esistevano i giorni che consumano, esisteva la luce per andare in spiaggia, la penombra per rientrare e il buio per girare sui marciapiedi gremiti, con l’odore delle creme degli altri e i salvagenti appesi nei negozi illuminati al neon.
A un certo punto, si preparavano le valigie si lavavano bene le posate della casa e si andava via, dopo avere riconsegnato le chiavi a un’agenzia con la vetrina spoglia. Il viaggio del rientro era lungo, fatto di nausea, di aria che usciva tiepida dai bocchettoni della macchina stipata. Il cane boccheggiava con la lingua fuori a tratti e mia nonna teneva stretta la maniglia alla sua destra, in alto, come se dovesse cadere da un momento all’altro.
Era il segno che l’estate stava finendo, i compiti delle vacanze erano stati fatti per metà, ci sarebbero stati altri pomeriggi, nella penombra del soggiorno, a casa dei nonni materni, con mia nonna a riposare nella stanza accanto o a farsi fare la tinta dall’amica Vera, con l’odore forte di ammoniaca in cucina.
La vita era davanti e si poteva aspettare, senza morirsi addosso, trattenere il respiro fino al primo temporale a segnare una nuova stagione, la seconda delle uniche due. Si poteva aspettare l’inverno come non fosse una fine, un ridursi, un passare.
Era il tempo fisso dell’infanzia, con i volti eterni, per sempre fermi sulla battigia a tenere il telo ad asciugare. Si poteva credere ricominciasse tutto da capo, nel suo cerchio, in eterno identico. Attendere ritornasse il presente caldo, il presente vacanziero, ma attenderlo d'inverno... come fosse un futuro.
- Beatrice Zerbini
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Una splendida foto di una madre e sua figlia.
Dina e sua figlia Alin furono legate insieme e bruciate vive nel loro kibbutz il 7 ottobre.
Per la loro memoria.
Bellezza e amore Di fronte alle grida di Allah Akbar. 💔
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Penso alla notte prima, prima che la tragedia si compia. Penso alla quotidianità fatta di piccole cose, gesti abitudinari, scontati, ai piccoli screzi di una sera di festa. Penso a nonni che giocano con i propri nipotini prima di metterli a letto leggendo loro una favola; immagino un giovane marito guardare con amore la propria sposa che accarezza il suo ventre pieno di una vita che sta per nascere; vedo dei ragazzi che bere e ballare al tramonto pieni di voglia di vivere e convinti che quel divertimento non avrà mai fine. Cala la notte e tutti vanno a letto, ragazzi, nonni bambini, con la mente che va alla giornata di riposo che li aspetta, fra giochi infantili, un giardino da sistemare, un libro letto in veranda e nessuno di loro sa che quella è la loro ultima notte su questa terra perché il mattino dopo degli esseri malvagi, cresciuti a odio e disprezzo di tutto ciò che c'è di buono in questo mondo piomberanno nelle loro vite e nelle loro case per rapinare, uccidere, violentare nella maniera più abominevole possa esservi.
Sto pensando alle centina di vittime del pogrom di un anno fa, del 7 ottobre 2023, a persone come Dina e la sua bambina Alina legate insieme e bruciate vive nel loro kibbutz per odio antisemita.
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Soul Kitchen - Bugs Bunny Crazy Castle 3
Sono preso male quindi scrivo. Vediamo se mi passa...
Non sono qui per parlare del gioco in se, ma piuttosto delle sensazioni di un momento, in un posto che per qualche motivo riesco ancora a ricordare abbastanza vividamente.
Mi trovo nella cucina di casa di mia nonna.
E' un martedì pomeriggio, giorno di chiusura dell'attività dei miei nonni all'epoca (avevano un bar), e si stanno preparando per andare a fare la spesa per casa/bar.
Io sono in questa cucina che gioco a Crazy Castle 3 e di base non c'è¨ niente di strano, normale amministrazione di me che gioco allo stesso gioco da un sacco di tempo perché sono bloccato all'ultimo livello della seconda tranche cioè la Hall (le tranche sono, in ordine: Garden > Hall > Basement > Treasury).
Fuori fa freddo, è febbraio.
Il sole è già in procinto di salutarci, sono circa le 16.30.
Dalla porta semiaperta della cucina vedo la sala del bar, buia e vuota.
Ogni tanto anche ripensare al bar pieno mi fa quasi strano.
In quel periodo, ovvero inverno del 2000 ("ritmo del duemila / adrenalina puraaaaah" cit. Ritmo - Litfiba - Mondi Sommersi - 1997) come si confà a un individuo di 7 anni (manco compiuti, fai anche 6) non ho un accesso a internet e quindi ignoro bellamente cosa mi si parerà davanti dopo questa sequela di livelli della Hall di sto castello sempre più difficili e ostici.
Ad un certo punto il miracolo. Supero il (per me) famigerato livello 39, mi prodigo di trovare carta e penna per segnarmi la password per continuare poi dal livello 40, siccome in quel momento mi chiama mio nonno dicendomi esser pronti per andare.
E proprio in quell'istante qualcosa da qualche parte del mio cervello si materializza, e rimane li ancora oggi come una fotografia che riesco a rivedere se ci ripenso. Come una fotografia su pellicola di quel tempo, che a lungo andare perde in dettagli ma rimane sempre riconoscibile.
"La camera ha poca luce
E poi è molto più stretta di come da giù immaginavo"
diceva Ligabue in Bambolina e Barracuda, e devo dire che la descrizione corrisponde quasi del tutto.
Questa cucina è una stanza dalla forma rettangolare, ma non troppo lunga. Un rettangolo un po' tozzo ma comunque non Umberto.
Al centro un grande tavolo con piano in marmo grigio la fa da padrone, sopra di esso una fruttiera in vetro verde, sempre piena.
Ai lati del tavolo (punto di vista dalla porta d'entrata) rispettivamente:
A sinistra
subito dietro la porta un piccolo angolo credenza zeppo di libri di cucina (sopra), incarti di vari prodotti, sacchetti di carta per il pane (nel mezzo) e due piccole ante contenenti ogni sorta di attrezzo quali chiavi, cacciaviti o anche prodotti spray tipo insetticida e simili che ovunque stan bene tranne che in una cucina (sotto). Superato questo angolo il frigorifero, un vecchio frigorifero incassato ricoperto dall'anta in legno, seguito dal piano cottura, un doppio lavello e alla fine della parete una delle due finestre.
A destra
subito all'altezza del gomito inizia quello che è un mobile angolare in legno anch'esso con piano di marmo grigio che fa il paio con suo fratello The Table, che proseguirà sino all'altro capo della stanza.
La parte sotto è composta di semplici ante che nascondono il loro contenuto fra vecchie riviste, la stecca di MS Bionde e attrezzi da cucito in capo, il posto dove viene tenuto il pane della giornata nell'angolo e poi (perdonate la ridondanza) lungo la parte lunga tovaglie, tovagliette, tovaglioli, pentole, bicchieri (che non erano li da ieri), insalatiere, e altri suppellettili TASSATIVAMENTE DA NON USARE MAI.
Sopra questo mobile vi sono diverse situazioni, anche abbastanza diverse fra loro. Sempre in prossimità del gomito, qualora si stesse entrando, è visibile con la coda dell'occhio un posacenere blu dell'Aperol cui da che ho memoria ha sempre ospitato al suo interno un mazzo di chiavi del quale ho sempre ignorato quali porte avrebbe potuto aprire, un elastico giallo, una graffetta e una 200 lire.
A fianco immancabile è la combo Sorrisi&Canzoni + rivista di gossip a piacere. Ma più ci si addentra con lo sguardo e più la situazione si fa complessa.
L'angolo viene dominato da una tv a tubo catodico della Mivar (top orgoglio italiano non ironicamente), con lo schermo bombato che mangia buona parte delle barre dell'energia in quasi tutti i picchiaduro che era possibile giocare su ps2 da li a pochi anni.
Dietro questo Golia ai fosfori osserviamo un buco nero nel quale nemmeno la luce fa in tempo a venire assorbita, non lo raggiunge proprio.
Letteralmente la camera dei segreti, nella camera.
Si dice vi sia stato ritrovato di tutto dietro a quel monolito grigio opaco, da svariate sorprese di ovetti kinder a un centrotavola che sembrava essere andato perduto per sempre.
Li giaceva anche un misterioso contenitore grigio, in metallo, che ricordava la forma di quelli che si appendono in doccia per poggiarvi i vari shampoo, bagnoschiuma e simili. Forse il suo scopo in origine era proprio quello, ma poi qualche sconvolgimento spazio-temporale ha fatto si che venisse dimenticato in quell'anfratto nascosto.
Sempre dietro al televisore, oltre al suo cavo di alimentazione se si disponevano di arti lunghi a sufficienza ci si poteva addentrare fino a scoprire sia ben tre prese a muro più una spina volante, anche lei senza padrone.
Un cavo di alimentazione si, ma per chi?
Se ci si chiede chi controlla i controllori allora sarebbe giusto anche chiedersi cosa alimenta l'alimentazione? Who watches the Watchmen?
Superata la Notte Eterna ritorna la luce, e a fianco del televisore spunta un cesto di vimini con al suo interno vari giochi e fumetti miei fra cui macchinine, volumi di Topolino, quaderni di disegni, pennarelli e cosi via.
Accanto vi è quella che per forma e scopo risulta esser a tutti gli effetti un'anfora. Non dell'avidità ma quasi. "Quindi chi sei tu per giudicare?" direbbe qualcuno a riguardo.
La sua forma ricorda una donna di Willendorf per le sue rotondità che suggeriscono fertilità e abbondanza. E di abbondanza in quell'anfora ce n'era, sicché era stata riempita fino all'orlo di documenti, ricevute, scontrini, un blocchetto di assegni, collane, bracciali, orecchini, alle volte anche monete. Ovviamente era imperativo il "LASCIA STARE NON TOCCARE".
E noi senza toccare, limitandoci a guardarla in tutta la sua bianca e lucente ceramica, gettiamo l'occhio (e non il cuore) oltre l'ostacolo per incontrare un piccolo forno a microonde che termina l'allestimento del piano.
Fra il piano e il muro vi è un angusto spazietto di 1 metro circa, nel quale viene confinata una rossa sedia da giardino.
Quello che per anni ha rappresentato un angolo strategico in quanto era l'angolo del termosifone, luogo di sollievo per i lunghi inverni passati col Game Boy fra le mani, a cercare sia calore che un angolo illuminato in epoca pre GBA SP.
Ah, che male al collo.
A parete troviamo una composizione di pensili che segue il perimetro del mobile di cui sotto, anche questo pieno di situazioni abbastanza varie dietro alle sue ante marroni.
Anche qui si nascondono servizi di piatti e bicchieri che si e no si vedevano a natale, alcuni calici "griffati" di varie bevande che si servivano nel bar ma la sezione più pittoresca rimane quella perpendicolare al tv, che precedentemente abbiamo battezzato come Notte Eterna.
Anta ad angolo, che si apre piegandosi su se stessa rivelando due mensole dalla conformazione quasi simile ad una casa delle bambole. Mancava solo una piccola scala per rendere comunicanti primo piano e piano terra. Videocassette, nastri vergini, palette di trucchi, altre collane e gioiellini fra bigiotteria e non sono solo alcuni dei generi che si possono trovare all'interno. E, come sotto, un infinita oscurità.
"Putèl, andom?"
Le parole di mio nonno che mi chiama per andare con loro,
spengo il gbc dopo aver segnato la password e inizio a fantasticare su cosa troverò poi nel Basement, del quale ho visto solo la schermata di selezione del livello.[continua nei commenti]
#racconti#flusso di coscienza#immagini tumblr#images and words#images#raccontare#in memoriam#memoriaspoeticas
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Ci vuole sempre un pensiero positivo per una persona che perdi, che ti ricorda quanto fragile e fugace sia il mondo.
È la vita ci dicono, è così che va il mondo ci dicono eppure quella parola risulta ancora terrificante. Eppure ti vedo, eppure vedo gli altri che ci hanno lasciato e sembrate così in pace ora, così profondamente in pace.
Il mondo non si può manipolare a piacimento e forse volervi tenere per sempre con me è solo egoismo.
La vita va lasciata scorrere, va accettata con la consapevolezza della sua inafferrabilità, con la certezza che il domani ora c’è e non c’è.
Una cosa però voglio lasciare quest’oggi. Quest’oggi dove tutto è scontato e dimenticarsi è più facile, chiudere il cervello e farsi fagocitare dal lavoro e dagli impegni quotidiani è più facile.
Voglio lasciare un ricordo, ora che non ci siete più entrambi.
Parla di un sole rosso al suo tramontare, parla della pietra di Bismantova così classica nella sua forma da essere citata nella Divina Commedia, parla della nostra casa di Marola, parla di una musica in sottofondo, quella del telegiornale, non mi ricordo più di quale canale, e parla dell’infanzia e di quel senso di protezione che associo a quel ricordo tutto vostro.
Chissà perché tendo sempre a ricordare solo i momenti brutti nella vita ma per voi vedo solo risate infantili e ricordi legati ai vostri oggetti personali o a cose che facevate nel quotidiano.
Ricordo il medaglione di nonna, ricordo il giocare a carte con il nonno, la maglia grigia della nonna con il fiore argentato credo sulla sinistra, ricordo come stirava la nonna, il piccione che ci ha dato da mangiare quella volta, i suoi cavalli di battaglia culinari come la bomba di riso e il vitello tonnato che di recente ho fatto chissà forse una coincidenza o forse il destino che voleva darmi un ricordo di te e di quello che eri.
Ricordo vagamente il nonno in bici in una giornata di sole con tutti i nostri cugini, una maglia blu del nonno, ricordo i suoi abbracci e ricordo purtroppo la sua sofferenza.
Ricordo l’orto, le galline, la casa, i rumori e le storie, ricordo i vostri problemi ma ricordo la bellezza di avervi intorno.
Mancate e quello è normale, mancate e non voglio dimenticare. Per questo scrivo e celebro le vostre vite, perché avete dato tanto a noi e al mondo ed è giusto ricordarlo.
Un abbraccio a tutti i grandi uomini e donne che ci hanno lasciato. Il mondo è duro senza di voi, senza la vostra saggezza. Speriamo che le vostre storie ci insegnino e ci portino sostegno perché la vita umana prosegua nel migliore dei modi.
Un abbraccio, nonni.
@chantallazzaretti
#frasi#pensieri#vita#parole#scrittoriitaliani#frase#frasitumblr#frasi sulla morte#pensieri della notte#pensieri notturni
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Oggi una giornata che mi sono sembrate le montagne russe emotivamente.
È cominciata con una rabbia dentro che mi stava divorando. Ho cercato di tappare con un'altra moka di caffè e mezzo pacco di biscotti. Pareva fosse finita e invece no. Allora mi sono guardata allo specchio di nuovo per compiacermi e mi sono indotta piacere da sola, prima una volta e poi un'altra. Poi ho letto come un'ossessa.
In questi giorni letto Borrasso, poi Saviano e ora Ferrante. Tutti napoletani e tutti con una scrittura pesante, malinconia ma tagliente, profonda, traumatica. È palpabile la sensazione di essere cresciuti in un microcosmo di crudeltà viva, da cui ne sono usciti con le unghie ma pieni di contusioni indelebili. Ho pensato che, riflettendoci, questo tipo di scrittura ci caratterizzi come napoletani e come gente del sud perché oggettivamente viviamo in un microcosmo di pura atrocità e non riusciamo a scrivere con troppa leggerezza. Ma potrebbe essere un mio bias da campana e qualsiasi italiano potrebbe ritrovarsi in questa descrizione, non lo so.
Mi sono poi stancata e ho sentito l'esigenza di fare qualcosa perché sennò sarei impazzita.
E allora mi sono messa a camminare, camminare come un'ossessa mentre pensavo e ripensavo di nuovo che avevo bisogno urgente di dopamina, che ho mangiato i biscotti per quello, che ho ricercato il piacere carnale per quello, che mi sentivo sola e abbandonata per quello e che avrei voluto qualcuno da stringere fino a conficcargli e strisciargli le unghie nella carne per quello, che è tutto per quello solo per quello. Lo sapevo perché sono consapevole, ma a che cazzo serve la consapevolezza quando comunque sono rabbiosa, incontentabile, persa e confusa tanto da volermi strappare i capelli dalla testa? Questa cazzo di consapevolezza e conoscenza così tanto elogiata perché vivere come se fossi un NPC pare un abominio che invece abominio non è: fai sesso senza domandarti il perché, ti abbuffi di cibo senza domandarti il perché, ti spari le pose erotiche e le lanci nel web senza sapere il perché. Non è meraviglioso, lineare, da animali quali siamo?
Invece no, io devo impazzire, capire che ho bisogno di dopamina come fosse droga e non sapere come cazzo fare per smettere di avere quella smania di non sapere cosa cazzo volere ma comunque sapere la causa del malessere.
E perché mi devo sentire così: indifesa, incompresa, bisognosa, smaniosa? Per uno squilibrio ormonale del cazzo. Perché sicuramente anche gli uomini si possono sentire smaniosi, bisognosi, arrapati insieme ma non ogni mese, tutti i cazzi di mesi per ANNI. E non è piacevole perché in queste situazioni saprei solo avvinghiarmi a qualcuno pur di smettere di sentirmi bisognosa per poi buttarlo come uno zerbino il giorno dopo, perché ritornata in me. Poi uno dice che le femmine sono stronze puttane: dice bene, perché io ho solo la fortuna di non avere nessuno a cui appendermi in questi momenti di estrema debolezza.
Anche se, devo ammettere che ho ricontattato L solo per questa ragione. Sabato usciamo, anche se so che non ne caverò un ragno dal buco (né so se e che ragno ci vorrei cavare). Perché è intelligente, l'ultima volta che uscimmo mi sorprese, anche se poi cominciò pure lui a farmi domande sulla mia (inesistente) vita sessuale e quindi forse è intelligente però è pure maschio e faccio bene a non sentirmi in colpa se lo sessualizzo e/o non lo penso completamente disinteressato. Ma vabbè.
Tutto questo flusso di coscienza mentre camminavo e camminavo senza fermarmi mai. Poi sono andata dai nonni. Sembrava essere andato tutto ok, finché nonna in disparte non mi ha rifatto tutto il solito discorso su mia madre. E io le volevo dì: nonna tu ci soffri, io sto a fa lo stesso con lei, non ti preoccupare, perché lei è diventata la replica vostra non ha imparato un cazzo da quello per cui si lamenta. Anzi, fa la vittima tale e quale a te, pure peggio perché è più colpevole.
Ha raccontato un sacco di cose dei tempi andati e diceva che era tutto più bello, tutto più disinteressato, più umano. Una descrizione che calzava a pennello con la trama de L'amica Geniale con la differenza che lì niente è umano e disinteressato. I campani sono persone false come la merda altro che "cuore napoletano". Ci sciacquiamo la bocca di valori come la famiglia ma i familiari servono solo per fottere ed essere fottuti meglio e in maniera inaspettata. Facciamo gli amiconi finchè abbiamo un ritorno; quando non servi più, ma chi t sap chiù, addio e buona vita. Una razza bastarda che conferma la mia idea sui romanzi scritti da campani: non ne puoi uscire senza traumi.
Sono tornata a casa. Ho partecipato alla videocall con Andrea Colamedici sulle AI. È stato interessante e stimolante. Atterrita da quanto le AI siano avanti e io non lo sapessi (anche se era prevedibile).
Mi pare di essermi finalmente calmata. Speriamo domani sia un giorno più semplice.
#e che sto ciclo del cazzo arrivi il prima possibile#pensieri notturni#flusso di coscienza#flusso di pensieri
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Festa dei nonni 👵👴
Luisetta con i nonni Per la chiesa è la giornata degli Angeli Custodi, ma dal 2005 per gli italiani il 2 ottobre è la Festa Nazionale dei Nonni, gli angeli custodi delle nostre famiglie. Questa ricorrenza in altre nazioni può essere celebrata in date differenti. National Grandparents Day is a secular holiday celebrated in several countries on various days of the year.In Italy, Grandparents’ Day…
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Saremo noi: Giorno 17
Ieri ho dovuto usare il mio primo pass salta-scrittura. Tra il fatto che fosse il weekend, l'arrivo delle mestruazioni e molti impegni, infilare a forza anche la scrittura nella mia giornata sarebbe stato troppo. Così, nonostante la voglia di andare avanti, mi sono presɘ un giorno di pausa. Oggi ho sentito un po' gli effetti deleteri della perdita di slancio, ma ancora una volta i miei piccoli rituali mi hanno aiutato a mettermi alla tastiera e scrivere.
Quante parole ho scritto: 804 // 19988 (totale)
Quando ho scritto: dalle 13:30 alle 15:00.
Che musica ho ascoltato: La playlist del romanzo. In più Spotify mi ha suggerito una canzone di Billie Eilish che, pur non avendo nulla a che fare con il mio romanzo, sembrava descrivere quasi parola per parola una delle esperienze peggiori che mi siano capitate lo scorso anno, il che ha finito con il farmi andare per un po' alla deriva tra le mie emozioni prima di riprendere a scrivere.
Osservazioni: Anche se è stato difficile iniziare, oggi scrivere è stato sorprendentemente semplice. Ho buttato giù queste 800 parole quasi senza che me ne accorgessi. Sono tornatɘ al punto di vista di Irene dopo una lunga permanenza in quello di Cielo e sarei anche andatɘ avanti se non fossi arrivatɘ a un naturale punto di arresto poco prima del ritorno di mio figlio da casa dei nonni, per cui ho reputato più saggio fermarmi.
Estratto di oggi:
Faccio un sorriso imbarazzato. Credo di starle simpatica, e che lei stia simpatica a me. «Grazie per il completo, Ebe. È bellissimo.» «Ti dona.» Lascio la scatola con le scarpe su una delle due sedie davanti alla scrivania e torno verso la porta. «Irene?» Mi fermo e mi volto verso di lei. «Sì?» «Sembra molto felice con te.» Per qualche ragione, capisco immediatamente che sta parlando di Cielo. «Non è una cosa che succede spesso, credimi. Non darla per scontata.» Stringo le labbra e annuisco. «Non lo farò.»
La settimana che comincia sembra molto meno intensa rispetto a quella scorsa, per cui spero di riuscire a dedicare un po' più di tempo al romanzo. La cosa più importante però è che la storia continua ad appassionarmi e non vedo l'ora di continuare a esplorarla. Ci rivediamo domani!
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youtube
Mi dicono che oggi è la "giornata dei nonni".
Quale migliore colonna sonora?
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Festa dei nonni il 2 ottobre, perché si celebra in questo giorno: il significato speciale
[[{“value”:” Mercoledì 2 ottobre è la Giornata dedicata ai nonni, un’occasione speciale per celebrare il loro ruolo essenziale all’interno delle famiglie… L’articolo Festa dei nonni il 2 ottobre, perché si celebra in questo giorno: il significato speciale proviene da Notizie 24 ore. “}]] Read More [[{“value”:”Mercoledì 2 ottobre è la Giornata dedicata ai nonni, un’occasione speciale per…
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Un nuovo post è stato pubblicato su https://www.staipa.it/blog/giornata-mondiale-dei-profughi/?feed_id=1560&_unique_id=6673d5c1942f8 %TITLE% Il 20 giugno è la Giornata mondiale dei profughi. Le sento già le eco dei soliti. "Siete Radical chic", "ci vogliono sostituire", "basta con queste giornate mondiali, non se ne può più!" La Giornata mondiale dei profughi commemora l'approvazione nel 1951 della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati (Convention Relating to the Status of Refugees) da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Non una cosa dell'altro giorno decisa dalla sinistra antisociale che promuove la sostituzione dei lavoratori ma qualcosa che esiste da più di settanta anni. E la giornata esiste dal 2001 nel cinquantesimo anniversario della Convenzione. La chiesa cattolica festeggia una giornata simile dal 1914, ora celebrata ogni anno nell'ultima domenica di settembre. Perché una giornata simile è così importante? Perché anche gli Italiani sono stati profughi, perché ci vuol niente perché torniamo ad esserlo, perché solo collaborando possiamo salvare questo mondo che abbiamo tutti contribuito a distruggere, tutti ma principalmente noi. E chi ne soffre, chi scappa da guerre, chi scappa da un clima non più sopportabile, chi scappa dalla povertà, molto spesso scappa a causa nostra. Scappa a causa del colonialismo che abbiamo fatto, dello sfruttamento delle risorse economiche che stiamo ancora facendo, dell'inquinamento e l'uso sconsiderato dell'energia che stiamo facendo. Profughi lo sono stati i nostri nonni e se sono stati trattati male, se hanno faticato, se sono morti in tanti oggi possiamo impedire che questo accada di nuovo.
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Se siete nella categoria di mamme lavoratrici e avete appena googlato “come organizzare la giornata di una mamma che lavora” probabilmente vi sentite sopraffatte e con l’impellenza di trovare dei nuovi equilibri.
Non abbiate timore: ci siamo passate tutte. È già difficile per tutte le famiglie dover gestire casa e figli, ma quando entrambi i genitori lavorano il carico diventa ancora più pesante.
Per fortuna sono sempre di più i nuclei familiari dove sono entrambi i genitori a prendersi cura dell’organizzazione domestica e dei figli, ma in molte altre permane il retaggio culturale che vuole sia esclusivamente la mamma a farsi in 4 per fare quadrare tutto.
Se appartenete a quest’ultima categoria la prima cosa da attuare è un cambiamento di rotta, una riformulazione delle abitudini e delle convinzioni: non siete tenute a dovervi fare carico di ogni aspetto organizzativo. Una famiglia, per funzionare, ha bisogno della collaborazione di tutti.
Ovviamente chi ha più tempo da trascorrere a casa darà un maggiore contributo, se anche questo fosse il papà, e ognuno deve fare il suo.
Quindi occorre far comprendere ai papà più pigri e reticenti verso la parità che per vivere meglio, tutti, bisogna dare il proprio contributo. E non chiedete “aiuti”, perché se si collabora non è un aiuto a voi mamme. Semmai ci si aiuta a vicenda, perché è dovere di tutti portare avanti la baracca.
Mamma è papà devono essere intercambiabili, sebbene spesso i bambini chiedono più frequentemente della mamma.
Se il titolo dell’articolo propone una guida indirizzata alle mamme che lavorano, in realtà si rivolge a entrambi i genitori, che siano una mamma e un papà, due mamme o due papà.
Vediamo quindi come organizzarsi affinché tutto funzioni.
Sempre più persone si occupano di telelavoro. Se da un lato lavorare da casa porta con sé tanti vantaggi, dall’altro una cattiva gestione può rendere complicato fare conciliare il lavoro con l’organizzazione domestica e familiare.
Per saperne di più:
Lavorare in casa: la scaletta del lavoro
Conciliare famiglia e lavoro: strategie per le donne freelance
Come organizzare la giornata lavorativa
Lavorare da casa non significa fare le lavatrici mentre si lavora o rimanere al computer fino a dopo cena. Decidete un orario, come se foste in ufficio, e rispettatelo. Eliminate al massimo le distrazioni mentre lavorate e fate in modo che le vostre ore lavorative siano produttive. E all’orario stabilito staccate la spina e dedicatevi alla vostra famiglia.
Quindi, per riassumere, ecco come ci possiamo organizzare per conciliare lavoro e famiglia:
Suddividere i compiti con il proprio compagno/compagna, in modo che le faccende domestiche siano completamente alla pari;
Eliminare le distrazioni durante l’orario di lavoro (se lavorate da casa, ma anche in ufficio): niente telefonate dei nonni che vi chiedono di cambiargli le lampadine, niente lavatrici, niente commissioni extra in orario lavorativo;
Scegliere un’alimentazione semplice, organizzando il meal prep settimanale;
Coinvolgere i bambini nelle faccende domestiche;
Pianificare degli slot di tempo solo per se stessi.
Chiediamoci: è importante fare TUTTO? Possiamo dire di NO qualche volta, senza distruggere gli equilibri mondiali?
Forse il vero cambio di mentalità che possiamo fare è iniziare a pensare che non siamo tenuti al sacrificio, perché anche noi abbiamo diritto ad avere TEMPO.
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