#geopolitica e finanza
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Etica Sgr all’ONU: Stop ai Finanziamenti alle Armi Nucleari
Dal 3 al 7 marzo 2025, la sede delle Nazioni Unite a New York ha ospitato la terza Riunione degli Stati Parte del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW). L’incontro ha ribadito l’importanza del disarmo nucleare come unico strumento di sicurezza globale, ponendo l’attenzione sul ruolo della finanza nella costruzione di un’economia di pace. A rappresentare l’Italia in questa…
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⚠️ CITTADINANZA AGLI STRANIERI❓️
Francesco Centineo
◾️ Gli uomini stranieri ed i figli di uomini stranieri se accolti indiscriminatamente all'interno della cittadinanza possono minare le basi su cui si regge uno Stato-nazione.
◾️ Questo può succedere perchè uomini di altre culture spesso creano fazioni claniche di «stranieri» che non si riconoscono nei valori della civiltà che ingenuamente vorrebbe «accoglierli» all'interno del proprio tessuto comunitario e sociale.
◾️ Questi stranieri finiscono quasi certamente per rompere il fragile patto sociale su cui poggia la civiltà che stupidamente vorrebbe inserirli nella propria struttura statale e nazionale e che si basa solitamente sulle tradizioni, gli usi ed i costumi del popolo prima ancora che sulle leggi che esso di conseguenza poi si da e che perciò rispetta.
◾️ La persona straniera ed estranea a noi che viene per così dire «integrata» nel nostro tessuto sociale non è assolutamente detto che si riconosca nei nostri valori; di conseguenza è assai complicato che possa riconoscersi nelle nostre istituzioni e che rispetti le leggi del nostro Stato.
◾️ Se si regalano le cittadinanze a gente venuta da chissà dove solamente perchè vive nel nostro Paese e ha lavorato e pagato delle tasse e si svende la nostra nazione allo straniero a quel punto non esiste più nessuna Italia, anzi, ci si ritrova ad avere all’interno del nostro corpo sociale una specie di virus o di batterio che attacca costantemente dall’interno. Si indebolisce il nostro corpo sociale di conseguenza l’Italia si ammala... Prosegue si Sfero
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La verità è che ad Israele non viene perdonato quello che i loro nemici considerano un peccato mortale: l’immedesimazione dell’ebraismo con il capitalismo e con la finanza. Ma come diceva il grande Einstein è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. I falsi intellettuali dell’Ovest non sono estranei al processo di demonizzazione della libertà economica, un atteggiamento che li porta a solidarizzare con tutti gli antisraeliani in circolazione e, paradossalmente ad unirsi a tutti gli Stati antiebraici che usano i proventi del petrolio (bersaglio principale dell’ecologismo occidentale) per finanziare i movimenti terroristici come Hamas.
Non sono solo gli estremisti del gruppo Hamas a voler cancellare Israele ed ebrei. Anche in Occidente, dei cui valori liberaldemocratici Israele è l’unico avamposto in Medio Oriente, il fronte dell’antisemitismo è più esteso e irriducibile di quanto riportano le statistiche. Anzi, più si riducono le testimonianze dirette dei sopravvissuti ad Auschwitz, più svanisce il sentimento di vicinanza verso il popolo più perseguitato di tutti i tempi. Il che non è di buon auspicio per la geopolitica e la pace mondiale prossima ventura. L’ebreo viene sottinteso, e a volte rappresentato, come l’Antiproletario, più che come l’Anticristo; come lo Sfruttatore più che come il Realizzatore. Una raffigurazione questa, che aiuta a sollevare le coscienze ad agitare le piazze, perché accomuna il popolo palestinese al popolo degli sfruttati di tutte le aree continentali in cui imperverserebbe lo strapotere del denaro. Quanto sia sbagliata questa descrizione dei rapporti di forza in Medio Oriente e nel resto del mondo, solo uno spirito vaccinato dalle ideologie potrebbe appurarlo e riconoscerlo. Tutti gli altri no, tutti gli intossicati no.
#iostoconisraele🇮🇱🇮🇹🇮🇱🇮🇹
#robertonicolettiballatibonaffini
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OFUYC, Binance e OpenAI dietro gli Emirati Arabi Uniti: quale sarà la prossima mossa nell'AI e nelle criptovalute?
Come i 2 trilioni di dollari degli Emirati Arabi Uniti stanno ridefinendo il mercato dell’AI e delle criptovalute
Nel contesto di una crescente integrazione tra mercati finanziari globali e competizione tecnologica, gli Emirati Arabi Uniti stanno emergendo come una forza trainante nello sviluppo futuro dell’intelligenza artificiale e del settore delle criptovalute. Recentemente, il fondo sovrano di Abu Dhabi, MGX, ha effettuato una serie di investimenti strategici: da un lato, ha finanziato Binance, il mining di Bitcoin e l'infrastruttura delle piattaforme di trading; dall’altro, ha puntato su OpenAI, xAI e Anthropic, dimostrando una chiara strategia di lungo termine nell’intelligenza artificiale e nella finanza blockchain. L’osservatorio di OFUYC Exchange ha evidenziato come gli Emirati non solo abbiano assunto un ruolo dominante nei mercati finanziari, ma si trovino anche di fronte a scelte geopolitiche complesse. Con l’intreccio tra AI, criptovalute, finanza energetica e strategia geopolitica, il mercato globale sta forse entrando in una nuova era di riallocazione del capitale?
Flussi di capitale: come gli Emirati Arabi Uniti stanno bilanciando AI e criptovalute?
La ricerca di OFUYC Exchange ha rivelato che la logica di investimento dei fondi sovrani emiratini non è casuale, ma si basa su tre pilastri fondamentali: digitalizzazione dell’energia, intelligenza artificiale e finanza decentralizzata.
L’espansione nel mercato delle criptovalute: Bitcoin, exchange ed ecosistema minerario
Il panorama degli investimenti degli Emirati non si limita ai 2 miliardi di dollari investiti in Binance, ma si estende al mercato globale dell’hashrate di Bitcoin. Phoenix Group, una società controllata da MGX, detiene attualmente il 7% della potenza di calcolo globale di Bitcoin e ha costruito un centro di mining da 650 milioni di dollari ad Abu Dhabi. Inoltre, il gruppo ha investito nell’exchange M2.com e nel fondo crittografico Cypher Capital, integrando ulteriormente il proprio ecosistema di mining, trading e investimenti.
Il dominio nell’AI: da G42 a OpenAI, la nuova potenza finanziaria globale dell’intelligenza artificiale
Rispetto alle criptovalute, gli Emirati Arabi Uniti hanno investito capitali ancora più ingenti nell’intelligenza artificiale. G42, la principale azienda emiratina di AI, ha stretto alleanze strategiche con Microsoft, OpenAI e xAI. Nel 2024, la società ha compiuto una netta scelta geopolitica, annunciando la cessazione delle collaborazioni con le aziende tecnologiche cinesi, ottenendo in cambio un investimento di 1,5 miliardi di dollari da parte di Microsoft e contribuendo a trasformare Abu Dhabi in un hub globale per il calcolo AI.
L’analisi di OFUYC Exchange suggerisce che questa mossa non è solo di natura commerciale, ma rappresenta una strategia chiave per assicurarsi un ruolo centrale nella competizione tecnologica globale.
Fondi sovrani, criptovalute e AI: opportunità e sfide nei mercati emergenti
La ricerca di OFUYC evidenzia che la strategia di investimento degli Emirati non solo sta influenzando i mercati finanziari globali, ma sta anche ridefinendo il futuro delle criptovalute e dell’AI nei mercati emergenti. In particolare, l’ecosistema di OFUYC AI Core e le soluzioni di Re-Fi (finanza rinnovabile) stanno beneficiando della collaborazione con i capitali emiratini. Alcuni dei progetti emergenti in questa direzione includono: Babylon Energy (BBLG);NukeLedger (NUERG);BarrelNetic (BANTC) e altri
Inoltre, con l’esplosione della domanda globale di potenza di calcolo per l’AI, sta emergendo una nuova sinergia tra il mining di Bitcoin e i server di training AI. L’analisi di OFUYC suggerisce che il futuro del mining di criptovalute potrebbe evolversi verso modelli di condivisione della potenza di calcolo con l’AI, aprendo nuovi scenari di business che meritano attenzione a lungo termine.
Tendenze future di AI + Criptovalute: osservazioni e previsioni di OFUYC Exchange
Con l’AI che sta diventando il fulcro del mercato dei capitali, il settore delle criptovalute potrebbe entrare in un nuovo ciclo di flussi finanziari? OFUYC Exchange propone tre previsioni chiave:
Integrazione profonda tra AI e finanza crittografica
Gli investimenti degli Emirati Arabi Uniti nel settore AI + finanza crittografica indicano che il capitale tecnologico globale si sta concentrando su settori con maggiore potenziale di crescita. In futuro, potrebbero emergere fondi crittografici basati su strategie di trading AI, nuove piattaforme di condivisione della potenza di calcolo e sistemi di finanza decentralizzata (DeFi) alimentati dall’AI.
Convergenza tra Bitcoin e calcolo AI
Con l’ingresso degli Emirati nel settore del calcolo AI, il mining di Bitcoin potrebbe evolversi progressivamente verso il settore dell’High-Performance Computing (HPC), dando vita a un modello economico ibrido "AI + BTC".
Crescente influenza dei fondi sovrani
OFUYC Exchange prevede che i flussi di capitale globali saranno sempre più influenzati da fondi sovrani, valute digitali delle banche centrali (CBDC) e dinamiche geopolitiche. Le piattaforme di trading regolamentate avranno un ruolo centrale in questa trasformazione.
Proprio come la strategia degli Emirati Arabi Uniti nel settore AI, le innovazioni e le rivoluzioni nel settore della finanza crittografica potrebbero non dipendere più da un singolo mercato, ma piuttosto dalla cooperazione tra le forze del capitale globale.
OFUYC Exchange continuerà a monitorare le dinamiche nei settori della tecnologia, dell’energia e delle criptovalute, offrendo agli investitori analisi di mercato approfondite e supporto strategico.
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Filosofo, Consulente di servizi di Digital Marketing per PMI (siti web, campagne social, SEO, biglietti da visita interattivi, ecc.); appassionato di finanza, geopolitica, letteratura, esoterismo, arte, musica, neuroscienze; scrittore occasionale di aforismi su società e individuo; per contatti: https://t.ly/cOXcE
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Panetta: "L'Europa è in grado di resistere a shock, anche profondi, se resta unita e reagisce in tempi rapidi"
AGI – “La finanza è uno strumento al servizio del benessere collettivo, e l’euro non fa eccezione: gli obiettivi e le implicazioni della moneta unica vanno ben oltre la sfera monetaria. Il successo dell’euro come valuta di riserva internazionale influenza il ruolo dell’Europa nel panorama economico e finanziario mondiale; incide sulla nostra collocazione geopolitica, sulla nostra autonomia…
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Gli sconfitti di Brexit – in prima fila i banchieri e i media della City – sono al lavoro da anni su “Bre-verse”: su iniziative politiche che nel periodo medio-lungo possano sfociare in un contro-referendum, ma che nell’immediato frenino il completamento di Brexit e mantengano una provvisorietà utile a tenere Londra ormeggiata alle coste europee.
La (...) crisi geopolitica, dopo la pandemia, ha messo ulteriormente in discussione la centralità cosmopolita della piazza finanziaria londinese, azzoppata anche dalla fuga/bando di tanti oligarchi russi e dal congelamento delle relazioni col capitalismo cinese.
Il primo traguardo della potente comunità finanziaria (...) è la cacciata da Downing Street dei tory, ininterrottamente al potere dal 2010. Le prossime elezioni sono in calendario sulla carta a fine 2024: poco dopo il voto presidenziale Usa e sei mesi dopo quello Ue. Le difficoltà crescenti del gabinetto di Rishi Sunak (...) potrebbero tuttavia anticipare il voto. E i sondaggi e alcuni voti suppletivi danno buone chance al Labour di Keir Starmer: un curioso leader “sir” e centrista per la socialdemocrazia britannica; certamente capace, negli ultimi tre anni. di disincagliare il laburismo dalle secche ideologiche dello statal-sindacalismo di Jeremy Corbyn. (...).
Scontata un’ennesima sconfitta (del Pd e del Pse) alle europee del 2024, Prodi sembra dunque guardare a un gran ritorno laburista a Londra come punto di svolta e riscossa geo-politica dell’intera sinistra europea (nella speranza che i “dem” resistano a Washington).
Quello che conta per ora è tenere viva una narrazione nella quale anche la presenza in Italia di un Governo Meloni costituisce una parentesi, come il trumpismo in America e il johnsonismo in Gran Bretagna. Una sorta di “errore della democrazia”, come lo sarebbero state (...) anche le tre affermazioni elettorali di Silvio Berlusconi. (...)
via https://www.ilsussidiario.net/news/sinistre-se-prodi-ritenta-il-ribaltone-dalleuropa-via-bre-verse/2577196/
Interessante.
Primo, il potere delle narrazioni: fan scappare russi, cinesi e sauditi oltre che petrolieri e minatori, ma nessuno mette soldi a Londra perché la Brexit.
Secondo, i diabbolici piani del globalismo: UK restituisca un po' di sovranità e libertà (che te ne fai quando l'attenzione ai sentimenti lgbtq+ è più che OK, dato che per "difenderli" non ci si ferma neppure dinanzi al traumatizzare un bambino autistico?). Si traccia così il solco, si dà l'esempio che i cittadini devono seguire. Ce lo chiede la finanza ... neolibberista o benecomunista? (hint: è sempre la stessa, quando va male la prima, quando va "bene" la seconda) e il mainstream media venduto globali.
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Lui non deve chiedere mai.
Decide come gli pare e lo comunica in conferenza stampa: ultimo caso l’obbligo vaccinale. Ha uno stile perentorio di governo che in altri passaggi storici (quando i partiti erano una cosa seria, mica le controfigure attuali) non sarebbe stato mai tollerato. Gli avrebbero dato del golpista, del tiranno, del dittatore. Per molto meno Fanfani veniva dipinto come un ducetto e Craxi, nelle indimenticate vignette di Forattini, con gli stivali da marcia su Roma. Amintore e Bettino, specie a sinistra, ebbero avversari feroci: adesso nessuno obietta sul metodo e tutti cercano di adeguarsi, compresa l’opposizione.
Addirittura è lui che, ogni tanto, si preoccupa di puntellare i nemici: li preferisce deboli ma vivi. Cerca di coinvolgerli in una fantomatica “cabina di regia”. Mortifica i grillini sulla prescrizione e premuroso tende la mano a Conte col quale, visibilmente, non c’è feeling; umilia Salvini sul Green Pass e subito dopo gli riconosce magnanimo la leadership della Lega, guai a chi glielo tocca. L’Avvocato del popolo e il Capitano sono talmente appecoronati che nemmeno profittano del semestre bianco; nei pronostici doveva segnare l’inizio della Grande Ricreazione, invece non succede nulla, finora solo sbadigli.
«L’uomo che non deve chiedere mai è in totale sicurezza», ghigna chi gli sta vicino. Potrà governare sereno per un altro anno e mezzo, fino al 2023; oppure traslocare sul Colle a gennaio, casomai dovesse stancarsi: dipenderà da lui, dalla sua voglia, dai suoi progetti di vita.
Ma che cosa lo rende così dominante, pur senza un esercito alle spalle? Intanto ha una levatura sopra la media (non eccelsa) della nostra classe dirigente. Un certo timore reverenziale che l’uomo incute per via del curriculum. Frequenta i potenti, padroneggia la finanza, conosce la geopolitica, sa esprimersi in lingua straniera. Non ce n’è tanti in giro con queste qualità sopraffine. Giorgetti, per dire, lo considera «un fuoriclasse». L’Uomo della Provvidenza. Al posto giusto e nel momento adatto.
Però c’è dell’altro su cui fa leva, specie nei confronti dei populisti. Oltre all’ascendente, mettono paura gli artigli che non ha tirato fuori. Perlomeno, non ancora. Il personaggio è tutto tranne che innocuo. Conte e Salvini lo sanno perfettamente: se venisse messo alle corde, potrebbe diventare pericoloso. In che modo? Per fare un esempio, uno tra i tanti, schierandosi da una parte o dall’altra alla vigilia delle elezioni. Nessuno può correre questo rischio, permettendosi di regalarlo al fronte degli avversari. Più si avvicineranno le urne e meno i partiti pianteranno grane, costretti a tenerselo amico, mal che vada neutrale. Anzi, peggio: meno i vincitori saranno “presentabili” e più l’uomo sarà per loro imprescindibile. Perché agli occhi del mondo restiamo il Paese di Pulcinella; perché è lui che fa quadrare i conti; perché solo grazie a lui, ex presidente BCE, abbiamo ricevuto i miliardi del Recovery Fund, in caso contrario ce li avrebbero fatti sognare. La sola idea di cambiare cavallo scatenerebbe i poteri forti, i mercati, lo spread. In un battibaleno ci ritroveremmo sull’orlo del default. Per scatenare l’inferno, lui non dovrebbe nemmeno muovere un dito: gli basterebbe tornare nella villa di Città della Pieve, dove godersi un meritato riposo.
Tuttavia c’è qualcosa di unico che lo rende così manifestamente superiore. Qualcosa che gli altri non usano. Qualcosa che usavano i tamarri negli anni ’70, e che oggi non è più in voga. Qualcosa che, al solo sentore, mette in riga quanti lo circondano.
Il dopobarba.
L’uomo che non deve chiedere mai emana un profumo inconfondibile. Ogni mattina, appena rasato, cadono tutti in ginocchio davanti a lui.
L’uomo che non deve chiedere mai, deve soltanto radersi. E si ritrova il Paese in mano appena esce dal bagno.
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Dietro gli attacchi al governo le élite che chiedono tutto alla Stato senza dare nulla in cambio Il vittimismo non è una categoria della politica. Figuriamoci se a farvi ricorso è chi governa, chi detiene temporaneamente le chiavi dello Stato italiano ed ha il dovere di prendere le decisioni. Eppure - mi sia consentito - non ho mai assistito ad un attacco così multiforme come quello che nelle ultime settimane ha investito l’esecutivo Conte. Martellante nei contenuti, trasversale nella composizione, talvolta persino volgare nei toni. E’ una constatazione banale, non è figlia di un mega complotto dei poteri forti, ma di una precisa lotta per equilibri politici e sociali diversi nel nostro paese. La strategia del lockdown sembra produrre una inedita rivolta delle élite che usano la sofferenza popolare come alibi per una ripartenza rischiosa e per chiedere ancora una volta tutto allo Stato senza dare in cambio nulla. Già perché questi Governo che ha dovuto fare i conti con un evento del tutto inedito nella storia recente dell’umanità, una pandemia globale che ha travolto certezze economiche e rigettato nella paura e nel dolore milioni di persone, non viene considerare adatto a gestire la cosiddetta fase 2. Puzza troppo di sinistra. Puzza troppo di dialogo con i sindacati, dopo anni di disintermediazione forzata. Puzza troppo di autonomia dall’attuale configurazione della leadership europea, dopo anni di cieca subalternità ai dettami dell’austerity. Il senso dello scontro sta tutto qui. ... Alla Confindustria innanzitutto che è tornata a battere cassa senza offrire in cambio nulla: soldi a fondo perduto, ma nessun vincolo occupazionale, nessun divieto di delocalizzazione, nessun impegno a reinvestire. A chi sta ridisegnando il panorama editoriale italiano, troppo impegnato a ribadire scontate fedeltà atlantiste e a recuperare discutibili toni da guerra fredda, come se la geopolitica della pandemia ci consegnasse schemi classici e immodificabili, manco avessimo i cosacchi sulle rive del Tevere. A chi persino dentro la chiesa sta battendo la strada al superamento del magistero bergogliano, reo evidentemente di pensare più agli effetti sociali della pandemia che a quelli sulle anime. Di Renzi è inutile parlare, è semplicemente la testa di ariete di un film di cui difficilmente scriverà la sceneggiatura. ... Ma di fronte a un panorama drammatico come quello che segnerà l’Occidente nel tempo della pandemia è evidente che non ce la caviamo solo con il pallottoliere in Parlamento. Serve un progetto. Serve passare - meglio ancora - dalla resistenza al progetto. Significa delineare un’idea di economia sostenibile che metta al centro la qualità della produzione come carta per far reggere un sistema paese che si è trovato nudo davanti all’emergenza, significa orientare gli investimenti, non farsi orientare dai giochi della finanza. Significa pensare a una rifondazione dello Stato, evitando la babele di ordinanze e l’insopportabile peso burocratico di policentrismi a’ la carte, ma rilanciando la centralità di alcuni beni pubblici non negoziabili, a partire dal diritto alla salute. Significa restituire centralità al lavoro, redistribuirne l’orario, riconoscergli nuovi diritti dopo la lunga stagione della precarietà e della concorrenza al ribasso. Il progetto non può limitarsi al dibattito su quanto distanziamento saremo in grado di garantire sulle metropolitane e sulle spiagge, se occorre il plexiglas nei ristoranti e la mascherina in strada. Questo va lasciato alla scienza. Il Governo Conte si rilancia se mette il naso fuori dalla contingenza, se trasforma l’emergenza in una strategia, se si mette in sintonia con la nuova domanda di protezione, di intervento pubblico, di equilibrio ecosostenibile che sta crescendo nelle società occidentali al tempo del Covid. Se non ci attrezziamo per rispondere a queste domande, la destra arriverà naturaliter, non perché abbia meritato la fiducia degli italiani. E la domanda di protezione si trasformerà in ossessione per il controllo, la richiesta di stato in voglia di nazione, l’esigenza di un vincolo ambientale in una nuova e pericolosa guerra strisciante per le risorse. di Arturo Scotto
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Marco Travaglio porta in scena “I migliori danni della nostra vita” al Teatro Alessandrino. Alessandria
Alessandria: Il 22 febbraio 2025, alle ore 21.00, il Teatro Alessandrino di Alessandria ospiterà il noto giornalista, saggista e opinionista Marco Travaglio con la terza stagione dello spettacolo “I Migliori Danni Della Nostra Vita”, un viaggio satirico attraverso gli ultimi cinque anni di storia italiana.
Alessandria: Il 22 febbraio 2025, alle ore 21.00, il Teatro Alessandrino di Alessandria ospiterà il noto giornalista, saggista e opinionista Marco Travaglio con la terza stagione dello spettacolo “I Migliori Danni Della Nostra Vita”, un viaggio satirico attraverso gli ultimi cinque anni di storia italiana. Lo spettacolo, prodotto da Loft Produzioni S.r.l. e organizzato da Gruppo Anteprima, offre…
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CERCASI CONTROLLORI DELLA VITA QUOTIDIANA
⏹️ Tra norme sempre più stringenti, divieti impliciti e una sorveglianza crescente, si delinea una nuova figura: i controllori della vita quotidiana. Ma chi stabilisce i confini tra libertà individuale e controllo sociale? Chi decide cosa è giusto o sbagliato nel vivere di ogni giorno?
🔹️ Adesso sono iniziate le polemiche per la morte dei due alpinisti romagnoli sulle montagne d’Abruzzo. “Dovevano fermarli!”. Il ritornello, fastidioso e pericoloso, di chi vorrebbe affidare il controllo di ogni aspetto della propria vita a qualsiasi autorità esterna. Chi avrebbe dovuto fermare due alpinisti esperti?
🔹️ Chi deve fermare gli sciatori che affrontano un fuori pista? Chi deve decidere se un’escursione è pericolosa, se è adatta alle capacità di chi vuole affrontarla? Davvero qualcuno vorrebbe una patente per camminare, per correre, per nuotare? Quanti metri al largo ci si può spingere, davanti ad una spiaggia, prima che qualcuno invochi l’intervento del bagnino, o di qualunque autorità, per bloccare il nuotatore anche se esperto?
🔹️ Per lasciare che un ragazzo ed una ragazza si frequentino servirà il nulla osta dello psicologo? Per lasciar giocare a pallone un ragazzino, in un prato, servirà il permesso del cardiologo?
Continua ⤵️
Riassunto punti salienti
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Il vero 007 è lui! Storia di Peter Fleming, il fratello dell’inventore di James Bond, uno scrittore di genio
Countdown nel mondo inglese per l’uscita di 007 No Time to Die. Uscirà a fine anno. BBC infioretta raccontando che Billie Eilish (sì, la tenerella di Everything I wanted) ha lanciato la canzone che sarà la sigla dell’ultimo 007. Il testo tradotto qui e là dice: Avrei dovuto sapere che me ne sarei andata. Sono caduta davanti a una bugia. Sei morte o paradiso? Ora non mi vedrai piangere. È che non c’è tempo di morire.
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Complimenti, clap clap. Siamo riusciti a far passare Bond dalla parte degli emo: Il sangue che versi è il sangue che mi devi. Sono stato stupida ad amarti? Non avevo pensato alle conseguenze? Per BBC si tratta di romantic betrayal. Tradimento romantico. Sarà. A me pare il solito modo di sguinzagliare il marketing dietro alla società pop dei giovani per portare più gente in sala. Gli inglesi sanno farlo con garbo e senza scrupoli.
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Eppure. Nel 2006, quando Craig esordiva con Casino Royale, la voce della canzone in sigla era Chris Cornell (You know my name): Se prendi una vita devi sapere cosa darai, sono occasioni che vanno e vengono, ecco. Quando scoppia la tempesta sarai con me, dalla parte di quelli senza pietà che ho tradito. Ho visto angeli cadere da altezze accecanti, e tu non sei nulla di così divino. Sei solo qui accanto. Armati perché nessuno ti salverà. Le occasioni ti tradiranno. E io ti rimpiazzerò… Il sangue più freddo scorre nelle mie vene. Sai il mio nome. Prova a nascondere la tua mano. Dimentica come si sentono le emozioni. Ben altro rispetto a Billie Eilish…
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Anche nel 2008, con Quantum of Solace, la voce femminile di Alicia Keys (Another way to die) spaccava così all’inizio: Un’altra chiamata dalla regina, il dito scorre liscio sul grilletto. Un’altra chiamata da una lingua d’oro che ti avvelena la fantasia. Un altro conto da un killer ti ha fatto passare dal thriller alla tragedia… Sentire la musica in luoghi fuori contesto aiuta. Credo si chiami straniamento: che ne so, provate a sentire le canzoni di Bond in un’altra prospettiva.
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Comunque, qui da noi c’è sempre un po’ il rischio che essere fan di 007 sia roba da ispettore della guardia di finanza, un tocco da sfigati. Nel Regno Unito invece è il solito movimento di massa. Se guardi 007 capisci le loro tendenze, o almeno ne catturi un’istantanea. Lo spiega benissimo il solito Anthony Burgess in un articolo di Life del febbraio 1987. Titolo – Giubileo di Bond. A venticinque anni dal Dottor No, che era il cattivone del primo film uscito nel 1962.
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Col consueto intuito da sciacallo onnivoro, Burgess annota che il personaggio dell’agente 007 “apparve sulla scena al momento giusto, quando CIA umiliava MI5… Bond invece era patriottico, duro, coraggioso e non veniva da un’ascesi da doccia fredda. Ricordava al lettore britannico le qualità che sembravano andate perdute. Fleming sognò uno spionaggio più ingegnoso, osò di più rispetto alla realtà e diede infine al suo uomo la licenza di uccidere”.
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Peter Fleming nel Mato Grosso, 1932
Non si fa mancare il sale: “l’eterosessualità di Bond è vigorosa e viaggia in un’altra classifica. Il suo sangue scozzese gli garantisce un integro patriottismo”. E neanche il pepe: “I professori di francese non sapranno dirci a cosa si deve il nome Bond. Non sembra un richiamo al bondage per quanto bond suggerisca che il nostro uomo sia legato a qualcosa – onore, patria, una qualche virtù astratta. Fleming scelse questo nome perché era abbastanza blando e per niente aggressivo”.
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In realtà Burgess sa come stanno le cose, gioca a carte col lettore. Ecco da dove viene il nome in codice, l’unico che vale: “Il nome 007 si deve al carro postale notturno di una piccola ma celebre storia di Kipling, e a sua volta Kipling lo aveva preso dal codice che l’astrologo John Dee usava per i suoi dispacci spionistici alla regina Elisabetta quando era infiltrato alla corte spagnola. Mentre osa il tutto per tutto al servizio di Sua Maestà la regina, James Bond evoca nell’era di Elisabetta II il glamour e il pericolo del regno di Elisabetta I”. Se volete leggere qualcosa su John Dee, c’è L’angelo della finestra d’Occidente, di Gustav Meyrink. Stampa nientepopodimeno che Adelphi.
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Burgess aveva lavorato alla sceneggiatura di La spia che mi amava, l’unico libro di Fleming scritto dal punto di vista femminile. Quindi sa cosa sta dicendo quando scrive che “nei libri di 007 il sesso è tenerezza, nei film è mero titillare… I libri sono deboli per psicologia umana, un poco impacciati nel dialogo, assurdi per trama e non hanno humour ma sono ben scritti e francamente affidabili per la loro informazione di background. L’agenzia di controspionaggio sovietica Smersh esiste, Spectre no”.
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Traduco il finale del pezzo di Burgess, la chiave affilata del discorso che stavo cercando di fare all’inizio: “Vorrei porre l’accento su questo: le stravaganze di Bond rappresentano un genere speciale di intrattenimento dove la fantasia del produttore di film ha il permesso di varcare il limite e tutto è racchiuso in una macchina perfetta, in una lezione di morale. Sono film a tutto tondo allo stesso modo di quelli Disney ma, diversamente da questi, sono sofisticati e non possono esser presi senza accettare al contempo il mondo delle alte sfere con la sua genuina malevolenza e quel che si dice ‘stato dell’arte tecnologica’. Le ragazze sono sexy e Bond parte con loro con lo sguardo lascivo da giocatore di football americano. Ma non ci sono orgasmi: sono riservati alle fughe da pericoli impossibili. C’è anche qualcosa che chiamerei urbanità, buone maniere e ironia (Prenda con sé Mr Bond e lo metta in condizioni di farsi del male). C’è il senso di una civiltà ben oliata, i nemici restano fuori, in un mondo a parte maniaco e malvagio. È probabile che in futuro gli storici troveranno nei film di Bond i sogni dei suoi contemporanei, uomini e probabilmente anche donne. L’intrattenimento a volte può servire uno scopo più profondo di quel che i suoi sostenitori sono in grado di dirci”.
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A questo punto, domanda sensata. Chi era il creatore di Bond, Ian Fleming? Era un fratello minore, tanto per cominciare. Il più grande era Peter, classe 1907, che a 29 anni affronta un viaggio in Tibet e Cina per conto dei Servizi esteri insieme a una fotografa svizzera. Da capogiro. Insomma Peter è il sostegno del fratellino, anche se poi Ian farà gavetta in guerra nel controspionaggio e si inventerà un agente fighissimo, da romanzo, per darsi un tono.
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Ian ha solo un anno in meno del fratellone. Per Burgess “era uno scozzese godereccio toccato da un puritanesimo ancestrale, beveva martini vodka agitato non mescolato, fumava sempre le sigarette più pesanti sul mercato e, prima del suo ultimo matrimonio, faceva l’amore in modo freddo e promiscuo”. Sarà… comunque campa fino al 1964. Il fratellone, più sano e robusto, se ne va nel 1971 e fa scrivere al giornalista del NY Times “ebbe una carriera poco convenzionale nella Seconda guerra servendo nella Guardia Granatieri dopo il ritiro dalla Norvegia nel 1940, organizzando una linea di resistenza a Hitler in Inghilterra con armi ed esplosivi nel caso i tedeschi fossero sbarcati. Lo stesso in Grecia dopo l’occupazione tedesca. Poi andò in Asia per far sgomberare le truppe dalla Birmania in India e trasmise ai giapponesi dei piani di guerra. Chiaramente, erano falsificati. Sulla sua resistenza a Hitler scrisse il romanzo Invasione 1940”. In effetti anche gli altri titoli sono fantastici: Sconfitta a Pechino, Baionette fino a Ihasa, Il destino dell’ammiraglio Kolchak.
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A breve potremo gustare qualcosa di questo scrittore. Nutrimenti aveva già dato la sua Avventura brasiliana e tra poco sarà rieditata. È la storia autoironica di Peter che va nella foresta amazzonica a 26 anni in cerca di un esploratore scomparso e torna a mani vuote. Fine dei tempi eroici dell’imperialismo: anche se erano entrambi, Peter e il suo compagno di viaggio, il bischero Percy Fawcett, figli di college e di Impero.
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Per i fratelli Fleming, invece, qualche brivido dickensiano & massonico, ma poco di più. Quindi anche lo sguardo è a suo modo limitato, specie negli scritti-reportage di Peter sulla Rivolta del Boxer, di cui parlano ampiamente, con sapidi racconti, anche le memorie dei diplomatici italiani in loco. Il tutto passando per il Tibet. Forse c’era nei Fleming qualche interesse verso le tradizioni esoteriche che titillavano la poca cervice tedesca: vedere per credere l’introduzione di Peter a I sette anni in Tibet di Heinrich Harrer.
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Comunque sia, va detto che la pappa verbale inglese non si presta a raccontare la geopolitica. L’inglese funziona bene però come lingua avventurosa e Peter resta scrittore migliore del fratellino Ian. Ecco ad esempio come incomincia il testo che lesse dopo il viaggio in Asia a 27 anni, nel 1936 (ora su The Geographical Journal, vol. 88 agosto 1936): “In questi giorni immagino sia piuttosto inconsueto che le forze militari adottino una procedura che le porti a impegnare il loro potere di guerra in un territorio che appartenga a un altro potere senza che un governo dica nulla all’altro prima dell’evento. Eppure i russi sono molto abili a gestirla così, principalmente soffiando tutt’intorno storie falsissime e lasciandole depositare nelle varie province, senza consentire ad altre versioni dei fatti di entrare nelle province manipolate”. Non male, dai…
Andrea Bianchi
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LUCA CIARROCCA
per la campagna per la Parità di Informazione Positiva #mezzopieno

Giornalista, imprenditore del web e scrittore, ha vissuto per molti anni a New York dove è stato corrispondente di importanti quotidiani. Nel 1999 ha fondato il primo sito italiano indipendente di economia e finanza. Autore dei best seller “I padroni del mondo” (Chiarelettere, 2013), Rimetti a noi i nostri debiti (Guerini, 2015) e Intervista sulla Cina (2018 Gangemi).
Qual è il ruolo dell'informazione sul benessere della società?
Il ruolo dell’informazione continuerà ad essere nei prossimi anni fondamentale per veicolare valori e visioni del futuro che possano ispirare, motivare e migliorare il benessere materiale e culturale di individui, famiglie e comunità. La sola informazione, tuttavia, non ha alcun potere specificamente positivo se l’ambiente circostante, il discorso pubblico prevalente, il dibattito politico mediatico, l’educazione e soprattutto la scuola, non sono stabilmente improntati agli stessi valori e visioni.
Può il giornalismo rappresentare uno strumento per aumentare la fiducia e ridurre la conflittualità?
Al momento non vi è alcuna speranza che in Italia il giornalismo sia lo strumento adatto per aumentare la fiducia e ridurre la conflittualità nella società e in politica. I grandi giornali sono quasi tutti controllati da editori che hanno interessi diversi, rispetto al fare informazione per migliorare il pubblico. I media (giornali e tv) hanno come obbiettivo influenzare il potere, per cui (senza parlare della degenerazione di internet e dei social media) sono diventati i massimi responsabili della frammentazione e perfino dell'hate speech. Le testate e i loro direttori non operano seguendo un approccio "indipendente" alle notizie ma hanno una propria agenda e obbiettivi spesso occulti da perseguire. Il singolo giornalista poi, dipendente o collaboratore, per quanto serio, preparato e scrupoloso, deve obbligatoriamente adeguarsi all’ambiente professionale e ‘politico’ in cui lavora.
Come cambiare questo stato di cose? Se in Italia ci fossero in teoria 2-3 grandi testate indipendenti, o reti televisive gestite con la professionalità, qualità e regole simili a quelle in vigore in UK alla BBC, ovvero senza il controllo del potere politico/economico ma gestite da Fondazioni con una missione più ampia e ‘universale’, allora il giornalismo indipendente potrebbe diventare il potente strumento (tipico del soft power) in grado di aumentare la fiducia dei cittadini al fine di contribuire a costruire una società e un mondo più giusti e migliori.
Cos'è per lei una buona notizia?
Una buona notizia secondo me deve avere essenzialmente una valenza etica, morale, di crescita personale o collettiva per la società, altrimenti è una notizia come le altre. La buona notizia riguarda spesso un successo conseguito dopo molti sforzi (in rari casi casualmente) in vari campi come scienza, medicina, cultura, cosmologia, innovazione, ricerca, educazione ma anche sport, spettacolo, arte, letteratura ed economia.
Tre elementi essenziali di una buona notizia.
1) Conferma e corrobora un sistema di valori, regole e principi che sono giusti, umani, riconosciuti e accettati dalla generalità delle persone.
2) Migliora la percezione ottimistica, trasparente e di progresso del mondo e della specie umana.
3) Rassicura e rafforza la fiducia nelle capacità dell’uomo, in modo che un individuo possa essere conscio di poter vivere una vita piena, soddisfatta ed etica.
Qual è il suo contributo per una buona informazione?
Cerco di puntare sulla qualità dell’informazione, la serietà delle fonti, lo studio e la ricerca in particolare nel mio campo, macroeconomia e geopolitica. Sui social media, oggi predominanti nel discorso pubblico e con una netta inclinazione purtroppo verso la negatività e la “divisività”, la mia regola è di non scendere mai al minimo comun denominatore più basso (insulti, appartenenza a fazioni e partiti, linguaggio non appropriato); cerco piuttosto di applicare ove posso il mio motto “capire per agire”. Negli articoli e nei libri che scrivo, poiché mi occupo appunto di temi di nicchia, cerco di fornire un quadro d'insieme e dettagli che siano il più possibile corretti, documentati e oggettivi, analizzando un fatto o un evento e fornendo i vari scenari alternativi (positivo, negativo, neutro). Insomma, non esiste una sola verità. Punto a muovermi in un ambito che in Italia non ha mai avuto spazio, il giornalismo "indipendente", partendo dal presupposto che l'indipendenza di giudizio è una categoria dell'intelletto che precede la sfera della politica. Più in concreto, sul fronte delle iniziative da intraprendere, sto valutando il lancio di una Fondazione o Associazione che abbia come missione insegnare le basi dell’Economia e dell’Educazione Civica, nell'ambito del dettato costituzionale. Sull’insegnamento di queste due materie sia la scuola che l’università mostrano oggi enormi carenze, il che ha provocato una sorta di analfabetismo di ritorno nei cittadini, con effetti sulle scelte politiche (al momento del voto) e sulle scelte economico/finanziarie (bilancio familiare) di ciascun individuo e quindi della società. Si può e si deve fare molto di più.
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