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Scimmie in Fuga da una Struttura di Ricerca in South Carolina: Caccia Aperta delle Forze dell’Ordine
La polizia intensifica le ricerche per catturare le scimmie evase da un centro di ricerca in South Carolina.
La polizia intensifica le ricerche per catturare le scimmie evase da un centro di ricerca in South Carolina. Un insolito incidente ha avuto luogo in South Carolina, dove un gruppo di scimmie è riuscito a fuggire da una struttura di ricerca, scatenando una vera e propria caccia all’uomo – o meglio, alla scimmia. Secondo quanto riportato da CBS News, la polizia ha lanciato un’operazione di ricerca…
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Sotto La neve, il cuore di una volpe - LA NEVE CHE TACE (on Wattpad) https://www.wattpad.com/1497570553-sotto-la-neve-il-cuore-di-una-volpe-la-neve-che?utm_source=web&utm_medium=tumblr&utm_content=share_reading&wp_uname=LuigiSanseverino Nel cuore di un bosco innevato, Elara, una giovane volpe rossa, vive da sola, nascondendo il dolore per la perdita della sua famiglia. La neve è diventata la sua unica compagna, avvolgendola in un silenzio che non sa più rompere. Ma una notte, una figura misteriosa emerge dalla tempesta: Aki, un lupo bianco, solitario come lei, ma con un passato oscuro che lo segna profondamente. Sotto la neve che sembra nascondere ogni traccia di vita, Elara e Aki si incontrano, creando un legame che sfida la solitudine e il dolore. Insieme, esploreranno il significato della rinascita, imparando che anche nei luoghi più freddi e oscuri c'è la possibilità di trasformarsi e di affrontare il futuro con speranza. "Sotto la neve, il cuore di una volpe" è una storia emozionante di solitudine, dolore e guarigione, dove la neve non è solo un paesaggio gelato, ma un simbolo di rinascita. In un mondo dove la natura è la protagonista silenziosa, Elara e Aki troveranno la forza di guardare oltre il freddo e costruire insieme un futuro fatto di speranza, legami profondi e amore. Un racconto che ti accompagnerà in un viaggio emozionante, in cui ogni pagina porta con sé un'emozione da vivere sotto il manto bianco della neve.
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Siamo Animali...
... squisitamente evoluti, della nostra primordialità abbiamo conservato solo l'istinto che ci porta a riconoscere un nostro simile... non solo la Chimica ma il Sesso, quello vero ( e non la vetrina degli affari da social ), non è per tutti. Non basta giocare al gioco della pseudoeroticità, bisogna saper giocare con la Mente di un Uomo, bisogna dare Esclusività. L'attesa di Uno Solo è molto più eccitante del gioco della Malizia che si concede a tutti. Non è una questione di gusti ma di autostima, una Donna completa non ha bisogno di nulla tranne che di se stessa, sceglie per dare VALORE AGGIUNTO alla sua vita, sceglie per essere e avere uno spazio da vivere e non una via di fuga. Chi ha volontà di adergersi fino al mondo delle aquile deve superare la mediocrità delle galline, il piombo dei cacciatori e l'invidia dei corvi.
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BLACKLOTUS
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Impaurito, spaesato e privato della sua dignità, il leone Kimba si aggira per le stradine di Ladispoli tra le auto, mentre annusa e “vive” per la prima volta il mondo esterno. È lontano migliaia di chilometri da dove dovrebbe trovarsi, nell'Africa subsahariana, ma è libero e assapora un orizzonte senza recinti, nonostante sia frastornato da grida e lampeggianti. Le surreali immagini della sua fuga da un circo, che ha tenuto col fiato sospeso gli abitanti della cittadina laziale, colpiscono con la forza di un pugno allo stomaco e impongono una seria riflessione sullo sfruttamento degli animali, trasformati in pagliacci per il pubblico ludibrio. Ovviamente per fare cassa.
La storia di Kimba, il leone fuggito da un circo a Ladispoli, è l’ennesima dimostrazione che gli animali non meritano di vivere rinchiusi in una gabbia. Ma l’Italia tarda a emanare una legge per tutelarli.
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Una delle città sotterranee più grandi del mondo è stata scoperta in Turchina
Gli archeologi hanno visto che questa rete sotterranea in Cappadocia copre un’area molto più vasta di quella conosciuta finora.
Città sotterranee, in Turchia è una stata scoperta una delle più grandi e avanzate del mondo.
Sotto la superficie delle strade in alcune zone della Turchia, una rete di tunnel ospitava un tempo migliaia di abitanti in cerca di riparo, in fuga dagli invasori e dalle persecuzioni religiose. Il Paese è noto per le sue città sotterranee, in particolare la grande città di Derinkuyu, che poteva ospitare oltre 20.000 persone. Sebbene non sia stato ancora completamente scavato, i dati attuali indicano che l’insediamento di 11 piani misura circa 185 metri quadrati, con un potenziale di oltre 465 metri quadrati ancora inesplorati. Ma c’è una novità: da quest’estate, gli archeologi che stanno studiando un sito a circa 240 km a ovest dell’antico santuario sotterraneo ritengono di aver portato alla luce una delle città sotterranee più grandi e più avanzate finora realizzate. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa turca Anadolu, la rete di stanze e corridoi sotterranei, nota come Sarayini, si estende su una superficie di quasi 20.000 metri quadrati.
Al di sotto dell’attuale quartiere di Sarayonu, nell’area metropolitana turca di Konya, un labirinto di 30 camere è dotato di camini, magazzini, cantine e pozzi. Secondo quanto riferito, la rete a più livelli risale all’ottavo secolo. Hasan Uğuz, l’archeologo del Museo di Konya che dirige gli scavi, ha dichiarato che le squadre che lavorano sul posto non si aspettavano che l’insediamento coprisse un territorio così esteso. Oltre alle numerose stanze e sale, un passaggio particolarmente ampio è stato descritto come una sorta di “strada principale”. Le aree all’interno della struttura sono paragonate a palazzi per il grande comfort e per l’alta qualità della vita che la rete era in grado di sostenere, ben lontana quindi dall’idea di caverna primitiva che potremmo immaginare quando parliamo di abitazioni sotterranee. Il carattere raffinato dello spazio gli è valso il nome di Sarayini, che in turco significa, appunto, “palazzo”.
Non pensavamo che potesse estendersi su un’area così vasta”, ha dichiarato Uğuz all’agenzia Anadolu lo scorso agosto. “Gli anziani che vivono qui hanno detto di aver visitato questo luogo quando erano bambini e che si trattava di una città sotterranea molto estesa”. Uğuz ritiene che i lavori di scavo di quest’anno abbiano fatto la differenza nel determinare quanto fosse grande la città sotterranea.
Tra gli oggetti recuperati durante gli scavi ci sono ossa di animali e supporti per lampade. In una stanza particolare della rete sono stati trovati un tamburo a colonna e un oggetto posizionato come una pietra tombale.
I lavori di scavo a Sarayini sono in corso da due anni. Molte delle antiche città sotterranee portate alla luce in Turchia sono state scoperte solo negli ultimi anni e la maggior parte non è stata ancora esplorata a fondo. Studi preliminari hanno indicato che un complesso sotterraneo trovato nella regione turca di Neveshir potrebbe essere addirittura ancor più grande sia di Derinkuyu che di Sarayini, anche se gli archeologi non hanno ancora un quadro completo del sito. Poiché le città sotterranee vicine a Sarayini distano tra i 5 e i 12 km, sono in corso ricerche per stabilire se i complessi possano essere collegati tra loro.
Elena Rodica Rotaru( blogger) insieme a Resul Aygün imprenditore e guida turistica a Cappadocia Turchia 🇹🇷.
“Un'esperienza molto bella, un posto unico al mondo. Sono rimasto affascinato da queste grotte sotterranee dove l'uomo ha vissuto per migliaia di anni. Posti bellissimi da visitare, invito tutti coloro che amano l'arte sotterranea a visitare questi musei in Cappadocia.”
Voglio ringraziare la mia guida Resul Aygün che mi ha aiutato in ogni momento di questi 3 mesi insieme qui in Cappadocia per realizzare qualche documentari …
Cappadocia è un posto magico!Elena Rodica Rotaru
Articolo di @likarotarublogger @elenarodicarotaru-blog
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C’è qualcosa che tutti possiamo fare un po' di più: è guardare, guardare con più attenzione il mondo intorno a noi. Guardare non è tanto un modo di informarsi, ma l’unico varco per arrivare a un possibile stupore, può essere un paesaggio lontano, può essere vicinissimo a casa nostra. Guardare è un modo per dire alle cose e agli animali di non andarsene, di rimanere ancora con noi. Guardare una lampadina, un imbuto, un albero, un cane, guardare e sentire un momento di vicinanza, mettere in crisi per qualche secondo la solitudine in cui siamo caduti.
In me la ricerca di quello che chiamo Sacro minore è andata crescendo man mano che aumentava l’invadenza della vita digitale. Si può stare in Rete anche molto tempo, ma non bisogna accodarsi all’esodo verso l’irrealtà, bisogna rimanere fedeli al reale, è l’unico bene, è il bene comune, il bene più comune di tutti e non dobbiamo perderlo.
Questo guardare di cui parlo non è un partito, non è un’ideologia, non è andare a rintanarsi in un rifugio, come se altrove fosse tutto deserto e miseria spirituale. Direi che è semplicemente il coltivare una saltuaria abitudine percettiva. Io non so fare di più. Dopo questi brevi slanci verso l’esterno la mia vita rifluisce verso l’interno, si riduce alla continua manutenzione dell’inquietudine. E qui mi pare che si incroci con quella di tanti in questo tempo di vite spaiate, lontane da ogni fuoco collettivo. Ecco il bivio: da una parte l’attenzione al mondo che ci circonda, dall’altra la deriva opinionistica in cui tutti cinguettano su tutto in una babele di parole che girano a vuoto.
La poesia è come un vigile che sta davanti a questo bivio e indirizza chi la legge verso l’attitudine percettiva piuttosto che verso le astrazioni dell’opinionismo. La poesia è la scienza del dettaglio, è il sogno tagliato dalla ragione o la ragione tagliata dal sogno, comunque non è mai nel dominio di una sola logica, è sempre intreccio, sconfinamento, purissima impurezza.
Io credo di essermi educato allo sguardo proprio grazie alla poesia, al suo rendere l’anima più agile, capace di oscillare dall’infimo all’immenso, dal dentro al fuori. E sull’attenzione al mondo esterno posso citare i miei due grandi maestri, Peter Handke e Gianni Celati. Il primo conosciuto e frequentato nei suoi libri, l’altro frequentato anche di persona. Celati mi ha insegnato le meraviglie dei luoghi ordinari, delle giornate qualsiasi. In fondo il mio lavoro di paesologo ha una sola regola che si può riassumere con questo mio aforisma: “Io guardo ogni cosa come se fosse bella e se non lo è vuol dire che devo guardare meglio.” All’inizio la mia attenzione ai luoghi marginali era più in chiave politica, ero infiammato dalle disattenzioni della politica. Il margine era indagato come luogo dell’abbandono, ero protesto a cogliere il passaggio dalla miseria contadina alla desolazione della modernità incivile. Sono rimasto a indagare il margine, ma con uno sguardo diverso, direi più ricco. Non ho abbandonato la lotta contro lo spopolamento delle aree interne, ci ho aggiunto l’attenzione al sacro che ancora resiste in quelle aree, come se Dio amasse i luoghi dove non c’è partita Iva. Da qui è arrivato un libro come Sacro minore o un film come Nuovo cinema paralitico, realizzato con Davide Ferrario. Guardare il mondo quasi come un’attività nostalgica, considerando che stiamo tutti diventando senza mondo, considerando che non bisogna dare per scontata l’esistenza del mondo, come se la fuga nel digitale potesse trafugarlo e lasciarci come ombre vaganti in una terra di nessuno. Una volta si indagava il mistero della vita dopo la morte, adesso è da indagare il mistero della morte che dilaga dentro la vita, dilaga quanto più la morte viene rimossa, occultata dal fervore masochistico del consumare e produrre. Ecco che dal guardare, dalla semplice postura contemplativa, la questione diventa più complessa, diventa politica: non è in gioco solo il nostro modo di abitare la giornata, ma il modo in cui l’umanità abita il pianeta. Si tratta di prendere atto che il modello imperante produce solitudine e depressione negli individui, produce ingiustizie sociali e danni enormi al pianeta. Qualcuno ha detto che la bellezza salverà il mondo. Forse ora si potrebbe dire che il mondo lo salveranno i percettivi. FRANCO ARMINIO
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50 nerbate.
Espulso per sempre da tutte le scuole nazionali.
2 anni di galera, per adulti, non minori.
Al resto ci pensa Dio.
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Se questa è la scuola, meglio chiuderle tutte
A Fabriano alcuni studenti maltrattano e fanno morire un agnellino. Non ci sono più regole: ora punizione esemplare
di Francesco Teodori 24 Giugno 2024
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A volte è necessario anche per l’Inattuale abbandonare per un momento gli avvenimenti internazionali e abbassare lo sguardo verso la vita quotidiana, fonte inesauribile di indignazione. Il nostro sdegno si volge oggi verso la scuola e la sua squallida decadenza.
Alcuni studenti dell’istituto tecnico agrario di Fabriano, piccola e splendida città nelle Marche, mentre stavano svolgendo un periodo di alternanza scuola-lavoro all’interno di un’azienda agraria che ospita animali da allevamento (nello specifico pecore) hanno pensato bene di maltrattare un po’ le povere bestie. Uno di loro in particolare le ha aggredite calciandogli ripetutamente addosso un pallone. Mentre le pecore scappavano impaurite uno degli studenti ha catturato un agnellino, anch’esso in fuga per la paura, e l’ha lanciato al di fuori del recinto dove erano tenuti gli ovini.
Dopo aver rincorso la povera bestiola lo stesso studente lo ha acciuffato nuovamente, scaraventandolo all’interno del recinto da cui l’aveva prelevato. Il tutto sotto lo sguardo divertito del gruppo. L’agnello, secondo il verbale del direttore dell’azienda agraria indirizzato al dirigente scolastico della scuola, a causa del trauma subito ha riportato la paralisi di tutti e quattro gli arti ed è in seguito morto dopo una tremenda agonia.
Tutta la scena è stata ripresa dalle telecamere installate all’interno dell’azienda agricola. Da quanto abbiamo appreso da una docente dell’istituto, la quale ci ha anche raccontato per prima questa triste vicenda, al momento la decisione sulla sanzione da infliggere ai ragazzi (quasi tutti minorenni) responsabili di questo gesto efferato non è stata ancora presa. Nel frattempo, è stato chiesto ai carnefici di redigere un “tema” in cui avrebbero dovuto riportare una riflessione su quanto accaduto.
Da molti anni ormai osserviamo un rapido ed inesorabile disfacimento dell’istituzione scolastica in Italia, un declino a cui nessuno sembra voler prestare adeguata attenzione e che passa non tanto dalla, in genere pessima, preparazione degli studenti italiani, quanto proprio dall’incapacità della scuola di agire sulla formazione del carattere dei ragazzi. Questo sconcertante episodio ne è la prova.
Un agnello, simbolo dell’innocenza, è stato fatto oggetto della più assurda e gratuita brutalità. Una crudeltà senza scopo e dunque ancora più inquietante. Uccidere per gioco. Seviziare per il semplice gusto di farlo. Per di più un animale destinato ad essere parte di una fattoria didattica, dove le bestiole vengono allevate e curate dalla nascita fino alla morte naturale.
Se la scuola non è in grado di far comprendere a chi la frequenta la distinzione tra bene e male, tra civiltà e barbarie, allora tanto vale rinunciarvi definitivamente. Si chiudano tutte le scuole e si lasci che siano i social network, la strada, la musica o i siti porno ad educare i ragazzini. Se i risultati sono quelli che vediamo, almeno si risparmierebbero soldi pubblici, non più sprecati in inutili programmi educativi.
Ci domandiamo, dunque, se questa è la scuola. Se in un paese che si dica civilizzato sia possibile tollerare episodi del genere senza procedere, una volta appurati i fatti con certezza, ad una punizione esemplare, ammesso che ve ne siano per un gesto tanto crudele.
Così come ci domandiamo come sia possibile che un insegnante guadagni quanto un netturbino, che si possa dare delle “puttana” ad una professoressa senza temere alcuna conseguenza, che quasi la metà degli studenti al termine della scuola superiore non capisca un testo scritto in italiano. E nonostante ciò vengano promossi anche a pieni voti. In attesa di conoscere quale sia l’esito di questa tragica storia che abbiamo raccontato, ci auguriamo che il sacrificio involontario di quel povero agnellino serva quantomeno a far riflettere chi dovrebbe riflettere. E a far vergognare chi dovrebbe vergognarsi.
Francesco Teodori, 24 giugno 2024.
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Non ci sono parole, per di più frequentano una scuola ad indirizzo agrario.
Sarà un caso isolato di giovinastri senza educazione, cultura, formazione civica e formazione genitoriale? Non credo, è la china in discesa che hanno preso questi piccoli delinquenti da quattro soldi.
Ma forse anche sui genitori si dovrebbe indagare a fondo.
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“ Un albero di ciliegio aveva messo le radici nelle fenditure tra i sassi componenti il muretto che sosteneva la terrazza; sporgendosi dalla ringhiera, si vedeva sotto il suo tronco uscire dal muretto a due metri da terra, e poi arcuarsi in modo che, spingendosi in alto, si rovesciava in dentro. Quasi tutta la chioma era perciò sopra il giardino, anzi sembrava stendersi verso l’interno il più possibile, e mi faceva tetto sopra la testa. Notai che la ringhiera era un po’ fuori sesto, come tirata in giù, proprio nel tratto dove il tronco, salendo dall’esterno, le passava rasente. Guardai e vidi che il muro si era gonfiato intorno al punto da cui il tronco ne usciva. Qualche sasso si era staccato e giaceva per terra nel prato sottostante. Fatta questa breve ispezione mi ritirai d’un passo e rivolsi lo sguardo in su. I rami, esili e serrati, formavano una cupola, e i fiori bianchi erano così fitti da non lasciar vedere nemmeno un pezzetto di cielo. Non avevo mai visto niente di così numeroso, e nel primo momento quella ripetizione infinita di petali dello stesso colore bianco mi diede il capogiro. Dove si apriva un varco, l’occhio era subito fermato da un intreccio di petali sul piano successivo; un piano era sfondo dell’altro; da sotto, si poteva credere che quell’immensa fuga di alette bianche non terminasse mai. Il sole non filtrava e, per quanto vedevo, la fioritura stava in ombra, senza vibrazioni di raggi e tutta luminosa allo stesso grado. Stampava un’ombra netta sul prato: fuori del suo contorno, il prato risplendeva d’una luce calda: ma io mi trovavo chiuso sotto una campana di luce chiara, fredda e come irradiata da una sorgente artificiale. Eppure portava qualcosa di vigoroso e di eccitante più dello stesso giorno. Mi pareva di essere caduto in un mondo diverso da quello della casa, e forse lo ero davvero; ho sempre pensato possibile, l’intrusione di un altro mondo in quello nostro abituale, e che possiamo scivolarvi da un momento all’altro. Mi giunse, in un secondo scatto, anche il movimento e il rumore. L’albero era pieno d’api, che in quell’ombra non luccicavano, ma volavano nitide tra i rami e penetravano nelle grotte dei rami, facendo un brusio d’alveare. Quella era la cosa vivente che amavo di più in casa mia, che avevo spesso ricordato, e da cui mi piaceva essere ricevuto dopo una lunga assenza. Emanava una grande, quasi smisurata energia, trasmetteva una vibrazione invisibile come le onde eteree che giungono fino alle stelle; era l’energia degli dei, dei grandi animali e dei morti. “
Guido Piovene, Le stelle fredde, Arnoldo Mondadori Editore, (Collana Scrittori Italiani e Stranieri), 1970¹; pp. 32-34.
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Sempre più mansueti, sempre più da appartamento.
Quando conobbi i primi Cani Lupi Cecoslovacchi, quegli individui ancora mantenevano chiari tratti ferini: indipendenti, diffidenti, con una distanza di comfort elevata, abili cacciatori, riservati, attivi. Riuscire a soddisfarli era davvero impegnativo perché nessuna recinzione rappresentava per loro un ostacolo e se desideravano inseguire una potenziale preda si arrampicavano come gatti.
Oggi, a distanza di un solo decennio, sono a tutti gli effetti cani addomesticati che vivono in appartamento. Docili e mansueti, socievoli e giocherelloni.
Andiamo per ordine: il CLC venne creato nella seconda metà degli anni 50 a scopi militari, dalla Guardia di Confine dell’ex Repubblica di Cecoslovacchia per rincorrere e catturare le persone che tentavano di scappare dalle persecuzioni operate per motivi politici. I Pastori Tedeschi non possedevano doti fisiche adeguate in termini di resistenza allo sforzo e al clima dei Carpazi, una catena montuosa che attraversa l’Europa e che rappresentava una via di fuga dal regime dittatoriale dell’epoca. L’idea fu quindi di fare accoppiare una Lupa dei Carpazi con un Pastore Tedesco. A seguito di ripetuti processi di ibridazione si ottenne quella che venne successivamente riconosciuta come razza ufficiale.
Il pelo del CLC è idrorepellente, in grado di resistere a pioggia, neve e intemperie proteggendo egregiamente il cane da inverni sotto zero ed estati torride. Le sue prestazioni fisiche, la velocità di reazione, l’indipendenza, la predatorietà lo rendevano estremamente adatto a sventare i tentativi di fuga dei dissidenti. Ma……la necessità di una socializzazione completa e precoce, rappresentava per l’esercito uno sforzo eccessivo e l’esperimento venne abbandonato rinunciando all’idea di avere una nuova razza di cani da servizio. Nel 1971, l'allevamento del Cane Lupo Cecoslovacco venne quasi completamente interrotto. A causa della sospensione dell’allevamento, molti ibridi lupo-cane furono soppressi.
Poi però subentrò la moda che lo rilanciò sulle passerelle del consumismo e gli allevamenti spuntarono come funghi. Ci si innamorò di questo simil lupo e quindi la selezione iniziò ad agire per renderlo sempre meno indipendente, diffidente, selvatico. Un’altra dissociazione cognitiva degli umani: si urla di sopprimere i lupi perché danneggiano le attività dell'uomo ma si acquista una sua bella copia da sfoggiare sul divano di casa, portarlo a passeggio in centro città, vederlo giocare nelle aree sgambamento. Nessun rispetto per quegli individui creati, ahinoi, a scopi militari, ma totale impegno a mutare geneticamente le loro peculiarità comportamentali per farne sfoggio.
La mentalità antropocentrica è dura da smantellare e mentre inorridiamo al ricordo del genocidio nazista, proseguiamo con l'eugenetica per creare, stavolta, le razze di Animali non umani.
(nella foto Loukanicos, emblema della rivolta in Grecia)
#antispecismo#rispetto#animalità#zooantropologia#dignità#facilitatrice_relazione#meticciato#larazzanonesiste
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SALVATI DALLA GUERRA I LEONI ABBANDONATI NELLO ZOO
La leonessa Aysa è stata lasciata in uno zoo privato abbandonato nella regione orientale di Donetsk, quando è scoppiata la guerra in Ucraina. Incinta e senza cibo, dopo diversi giorni è stata salvata e trasferita in un santuario temporaneo vicino a Kiev, dove ha dato alla luce i suoi tre cuccioli Emi, Santa e Teddi.
Da Kiev la fuga dalla guerra dei 4 animali è giunta in una struttura a Poznan, nella Polonia occidentale, dove la famiglia di leoni si sta ristabilendo prima di essere portata in una grande riserva naturale nel Regno Unito che li ospiterà insieme ad altri 400 animali selvatici. Lo Yorkshire Wildlife Park inglese ha lavorato per mesi per portare la leonessa e i suoi tre cuccioli dalla capitale ucraina al sicuro. “I leoni erano così angosciati quando li ho incontrati per la prima volta”, spiega Colin Northcott, dello Yorkshire Wildlife Park. “I cuccioli si rannicchiavano uno sopra l’altro in un angolo, soffiando e ringhiando… Vederli così terrorizzati mi ha fatto sentire disperatamente dispiaciuto per loro ma alla fine della settimana in cui sono stati lì, hanno iniziato a fidarsi di più di me” La storia di questi leoni, abbandonati in un recinto di cemento, ha toccato il cuore di tante persone in tutto lo Yorkshire e con un appello pubblico ha raccolto 175.000 euro per costruire una nuova riserva che ospiti questi animali. Colin sta continuando il suo lavoro con Asya e i suoi cuccioli riproducendo loro i suoni del nuovo parco che li ospiterà per abituarli all’ambiente sconosciuto.
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Fonte: Yorkshire Wildlife Park; foto di Hans W
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Posizione letto #5
Descrizione: il baldacchino è dotato del corredo scolastico base, con lenzuola, trapunta e il resto della biancheria da letto coi colori di Tosca, più la copertina speciale che ha portato da casa; quest'ultima non è che un patchwork confusionario di diverse sezioni di stoffe, qualcuna raffigurante costellazioni colorate, altre fantasie orientali e via così ( nb è più ampia dell'anno scorso ). Ai piedi del letto si trova un baule che ha conosciuto tempi migliori, consunto ma elegante, in legno di acacia. Sul dorso sono applicate le iniziali V.St.L., in metallo ossidato, così come il lucchetto che lo chiude. Il comodino è stato colonizzato da due terrari, un porta foto rosso contenente uno scatto di coppia con la zia Robyn ( + una polaroid babbana raffigurante Genevieve & la mamma incastrata nella cornice ) e, a rotazione, libri e pergamene di compiti incompleti. Nel cassetto conserva alla rinfusa un set di cappellini a misura di anfibio, la bacchetta, eventuali dolcetti, sticks d'incenso, un'ampolla con dei fagioli, vecchie lettere e un mazzo di tarocchi.
Abitudini del pg: rispetto all'anno scorso è diventata sfuggente. Non brucia più l'incenso, la sera si infila prestissimo dentro le tende chiuse del baldacchino, di solito per rimanere sveglia fino a tardi con un lùmos acceso, e si alza intorno alle 6am per fare una corsetta mattutina ( quando riesce ) e fiondarsi a colazione puntuale un'ora dopo. Sono degne di nota le sue occupazioni del bagno, di durata biblica. Cerca di non passare troppo tempo in dormitorio, quando non ha nulla da fare — se non è troppo rumorosa — si sposta in sala comune.
Ordine: poco. Il baldacchino rimane ingombro delle coperte sfatte dalla notte, solitamente accartocciate in fondo al materasso e abbandonate così fino al passaggio degli elfi. Il baule, in compenso, viene sempre chiuso e non ci sono mai vestiti sporchi in giro.
Odore: normalmente aleggia solo una fragranza di pulito non troppo appestante e, quando lava i capelli, la nota di fragole di bosco dello shampoo.
Animali: Godrichina, una raganella verde. La si vede spesso e volentieri in compagnia della padrona ( perché costretta, ma non si escludono disperati tentativi di fuga ) e, non di meno, agghindata con capi di vestiario home made e su misura. Quando è sera viene riposta nel suo terrario, cosicché possa abbandonarsi ad un meritatissimo sonno di bellezza. Dal 05.10.79 si è aggiunto anche un giovane camaleonte, anche lui con un terrario dedicato.
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Scrivo per la mia solitudine
che non passa mai, per la mia fuga
che non conosce muri.
Scrivo per chi è morto, scrivo
perché bisogna rispondere in qualche modo
al grande insulto del morire.
Scrivo per i malati, scrivo perché
avere un tumore non è la stessa cosa
che non averlo.
Scrivo per chi ha paura, la paura
che ti viene all’improvviso e quella
che ti sta incollata addosso tutta la vita.
Scrivo per chi ha perduto un amore
e per chi non lo ha mai trovato.
Scrivo per i vecchi e per i giovani
che già sentono le spine
del tempo che passa.
Scrivo perché ora posso farlo,
perché ho un dolore e la voglia
di sputarlo.
Scrivo perché ho tutta la mente
popolata di uomini e di donne
e di animali e di alberi.
Da tempo me ne sono accorto:
ci manco solo io nel mio corpo,
La poesia è un tentativo di tornare
a casa, di farlo da vivo
e non da morto.
franco arminio
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Dimorfismo sessuale.
Per dimorfismo sessuale (dal greco "due forme") s'intende la differenza morfologica fra individui appartenenti alla medesima specie ma di sesso differente.
Il dimorfismo ha principalmente la funzione di attrarre l'altro sesso: è infatti tipico di animali poligami, dove durante la stagione degli amori i maschi duellano per la conquista di un territorio.
In animali monogami, invece, viene sacrificata la possibilità di avere progenie più numerosa in favore di uno sforzo congiunto per l'allevamento della prole: essendo il partner fisso, le strutture per la difesa dell'harem divengono inutili.
Le caratteristiche sviluppate dai maschi per attrarre le femmine li rendono svantaggiati rispetto a queste ultime, poiché, a causa dei colori sgargianti, sono facilmente localizzabili dai predatori. Le lunghe penne o gli speroni rendono molto più lenti e impacciati nella fuga.
La teoria di questo tipo di dimorfismo si dice "della disabilità": in un organismo il successo riproduttivo conta più della sopravvivenza, e quindi non è importante che un maschio di fagiano comune viva meno di una femmina, se questo permette di lasciare più progenie possibile.
Nella specie Homo sapiens i maschi sono mediamente più alti, più pesanti, più robusti e più forti delle femmine, che da parte loro hanno il bacino più largo e più inclinato all'indietro, spalle più strette, una diversa distribuzione del grasso corporeo e voce più acuta. I maschi inoltre presentano una maggiore quantità di peli (soprattutto sul viso).
In alcune specie di rane pescatrici, i maschi sono semplici sacchetti di carne senza apparato digerente, che si attaccano alla femmina conducendo una vita parassitica e producendo sperma come unica attività autonoma.
Una situazione simile la si può osservare nell'emittero Veliidae Phoreticovelia disparata (cimice di Zeus), dove il maschio si aggancia alla femmina nutrendosi da un'area ghiandolare posta sul dorso della stessa, anche se può vivere autonomamente.
Nella maggior parte delle cocciniglie, le femmine mancano degli occhi e delle ali, hanno zampe atrofizzate e vivono permanentemente fissate alla pianta ospite, mentre i maschi hanno dimensioni minori e sono alati.
Le cocciniglie o, impropriamente, coccidi (Coccoidea Handlirsch, 1903), sono una superfamiglia di insetti fitofagi compresi nell'ordine dei Rhynchota (sottordine Homoptera, sezione Sternorrhyncha). Il nome cocciniglia deriva dallo spagnolo cochinilla ("porcellino di terra"). Sono insetti esclusivamente fitomizi e costituiscono uno tra i più importanti raggruppamenti di insetti dannosi. La caratteristica generale che contraddistingue questi insetti è il marcato dimorfismo sessuale e la regressione morfologica, anatomica e funzionale delle femmine (neotenia).
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Parole di sconforto e speranza
Nell'universo vasto e infinito,
Scorgo l'incredibile bellezza dell'esistenza.
Galassie intrecciate con caotica eleganza,
Astri che danzano in sinfonia celestiale.
E poi lui, Dio del nostro mondo, che sorregge
La vita col sacrificio del suo sangue.
Sole, donatore di luce e padre nostro.
Ma l'umanità, cieca e indifferente,
Ignora le verità più banali.
Perduta tra le vie dell'avidità,
Si affanna nell'orgoglio del successo, a ogni costo. Senza vie di fuga.
La vita, un dono prezioso e fugace,
Un poema fragile, un sussurro nel frastuono.
Ma l'umanità la consuma voracemente,
Nell'illusione del progresso mercificato.
E così, ci allontaniamo dalla saggezza più profonda,
Accecati dalla rincorsa dell’ego
abbiamo creato un mondo che ci appagasse,
Dimenticandoci tutto ciò che ci circonda
Soffocato da mari di cemento.
Acque limpide che zampillano nei ruscelli,
Alberi maestosi che oscillano al vento,
E animali, vermi, funghi e batteri.
Tutti in bilico in questo precario equilibrio olistico.
L’infinita bellezza di ciò che vive. Di chi sfida con tutte le forze il freddo vuoto eterno dell’universo.
Oh, quanto prezioso è il tempo che ci è dato,
Eppure lo sprechiamo in battaglie futili.
Abbiamo dimenticato la nostra connessione,
Con la terra, con gli altri, con noi stessi.
Ma l'umanità sorda al sussurro del vento,
Ignora il canto melodico degli uccelli selvatici.
Insegue il potere e l'accumulo di ricchezze,
Sprofonda avida nella terra, senza riguardi.
L'inquinamento, spregevole scempio,
S'avvolge come un serpente soffocante.
L'umanità, stolta e abietta, sguazza nella propria sciagura,
Sommersa da rifiuti ma con gli occhi chiusi.
La terra s’impregna di veleno.
L’acqua viene violentata dalla plastica.
L'aria si fa infetta di fumo acre,
E la natura geme nel suo silente tormento.
Oh, quant'è sciocco l'essere umano,
A distruggere ciò che gli è stato donato.
Imbrigliato dall'avidità e dall'ignoranza,
Getta via il prezioso patrimonio, scellerato.
Ma c'è ancora speranza, un bagliore di luce,
Nel cuore di coloro che cercano la verità.
Tocchiamo l'essenza stessa della vita,
Risvegliamo il bambino, il poeta che risiede dentro di noi.
E nell'infinita meraviglia dell'universo,
Ritroveremo la via per riconnetterci.
Lasciamo che l'amore guidi i nostri passi,
Per preservare il tesoro prezioso e fugace dell'esistenza.
E sfidiamo noi stessi
Affinché l'umanità risorga, sagace e consapevole,
E la natura, libera, torni a brillare con fulgore,
In un mondo dove l'armonia rinasce, eterna e immortale.
-Giacomo Rojas
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Topi e strategie sociali: come una femmina può salvarti la pelliccia
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Quando gli animali si muovono nel loro ambiente, non lo fanno mai in modo casuale o disinteressato. Valutano costantemente i rischi, osservano attentamente ciò che accade intorno a loro, utilizzano indizi sensoriali e acquisiscono nuove informazioni per adottare comportamenti appropriati. Del resto, il pericolo è sempre dietro l'angolo, e sapere cosa fare è cruciale per la sopravvivenza. I roditori, ad esempio, adottano posture difensive quando percepiscono minacce, come odori di predatori o ombre sospette.
Anche all'interno dei gruppi sociali, gli animali sviluppano meccanismi cognitivi per rispondere agli stimoli sociali e ai cambiamenti ambientali. In comunità con gerarchie ben definite, devono costantemente osservare i comportamenti degli altri per capire se sta per scoppiare un conflitto o se il gruppo è in quiete. Quando si presenta una minaccia, la fuga è una risposta classica ed efficace. Ma scappare non è sempre la scelta migliore, perché implica perdere risorse e opportunità di accoppiamento. Come fare allora per ridurre i conflitti all'interno di un gruppo? Per i piccoli topi della specie Mus musculus, la risposta è ingegnosa: utilizzare le femmine come distrazione.
Un gruppo di ricercatori ha registrato le interazioni di gruppi composti da due maschi e due femmine per un periodo di cinque ore. Hanno utilizzato l'intelligenza artificiale per codificare in maniera oggettiva come i topi gestiscono i comportamenti aggressivi dei loro simili. Essendo animali gerarchici, nei gruppi c'è sempre un maschio più aggressivo degli altri. I ricercatori hanno registrato 3.000 incontri tra maschi, determinando le risposte più probabili all'aggressione e se queste azioni risolvessero o peggiorassero il conflitto.
Tra questi incontri, i ricercatori hanno osservato un comportamento molto costante: il maschio aggredito spesso correva verso una delle femmine, riuscendo così a de-escalare l'aggressione. Dopo un confronto aggressivo, il maschio vittima interagiva brevemente con una femmina prima di allontanarsi rapidamente, poiché l'attenzione dell'aggressore si spostava su di lei. Questa sequenza comportamentale era l'unica che non portava ad ulteriori scontri violenti. In pratica, il maschio aggredito distraeva l'aggressore con la presenza della femmina, evitando così ulteriori conflitti senza dover fuggire lontano. Geniale, no?
Nonostante questi risultati, lo studio presenta alcune limitazioni. È stato condotto in un ambiente controllato con piccoli gruppi bilanciati per sesso, che potrebbero non rappresentare fedelmente le condizioni naturali. Inoltre, l'assenza di una gerarchia sociale ben definita tra i topi osservati potrebbe aver influenzato i comportamenti registrati. Future ricerche dovrebbero variare il numero e la composizione degli animali per comprendere meglio come questa strategia si applichi in contesti più naturali, ma una cosa è chiara, in alcuni casi basta affidarsi ad una femmina per uscire da una situazione difficile.
A Presto e Buona Scienza! fonte
fonte foto: George Shuklin (talk) - Opera propria, CC BY-SA 1.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5521043
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Le relazioni tossiche sono pericolose per la salute; ti uccidono letteralmente. Lo stress accorcia la vita. Anche un cuore spezzato può ucciderti; c’è una connessione mente-corpo innegabile. Le tue discussioni e i tuoi discorsi pieni di odio possono portarti al pronto soccorso o all'obitorio. Non eri destinato a vivere nella febbre dell'ansia; urlando fino a diventare rauco in una frenetica lotta o in una fuga terribile in preda al panico, che ti lascia esausto e insensibile dal dolore. Non eravate destinati a vivere come animali che si sbranano a vicenda. Non aspettare che i tuoi capelli diventino grigi. Non incidere una tabella di marcia del dolore nelle dolci rughe del tuo viso. Non restare nel silenzio con il cuore che batte forte come una creatura intrappolata e spaventata. Per la tua vita bella e preziosa e per coloro che ti circondano, cerca aiuto o esci prima che sia troppo tardi. Questo è il tuo campanello d’allarme!
Bryant McGill.
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