#forse è meglio che me ne vado a dormire vero
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ah poi oggi mia mamma se ne è uscita con "oh però come è bello manuel agnelli, ha dei bellissimi lineamenti" e io tipo EH grazie al ca, LO SO ha delle labbra che sembrano scolpite (sono anni che mi dice che non devo alimentare la mia attrazione per uomini più grandi di me). mi sento che il prossimo passo sarà farle ammettere che anche pedro pascal è un bono atomico.
#la prima volta che le ho fatto vedere tlou e le ho detto che lui era quel pedro pascal per cui avevo una celebrity crush da anni è rimasta#scandalizzata#ma totalmente tipo “ma stai scherzando vero” e ha continuato a dirmi che è troppo più grande di me e che ho problemi#il che ok fair enough ma non c'entra con pedro pascal lol#anyways#immagina se sapesse della mia crush per il mio prof di storia OOOOOPS stacca stacca!!#*daddy issues starts playing in the background*#forse è meglio che me ne vado a dormire vero#vero
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Ho sempre creduto al karma, sempre. Forse era un po' la mia ancora, quando succedevano le cazzate mi dicevo "ma sì, ci penserà il karma", "ciò che semini raccogli", "1 volta a me 3 volte a te". Ma alla fine chi cazzo ha pagato per le coltellate che mi hanno inflitto? Alla fine a chi cazzo è fregato del mio dolore, della mia sensibilità, della mia vita? Non so se ce la faccio più, non so se ce la faccio ancora a credere che qualcosa possa andare meglio, non so perché continuo, non so perché vivo. Non so perché continuo a non dormire di notte, a piangere in silenzio di notte, a piangere in macchina, ad urlare a squarciagola aspettando che qualcuno mi senta. Io i miei urli di aiuto li ho fatti, innumerevoli volte, ma non sono serviti, non cambierà niente ormai, c'è qualcosa che non va in me, e a questo punto, dopo tutti questi anni, direi che non sia "solo una fase", non è "solo l'adolescenza", non devo "farmi le ossa", le ossa me le stanno solo martoriando. Non è bello vivere così, non è bello pensare ogni giorno ad uccidersi, non è bello provarci, non è bello non riuscirci, non è belli piangere, soffrire, sentire il cuore lacerarsi, le mani che tremano, il cuore che scoppia. Non è bello non sentirsi all'altezza, non è bello sapere che non sarai mai niente e nessuno, non è bello pensare che sia passato e poi essere ringhiottiti dal buio. Non è bello toccare il fondo, riuscire a risalire a fatica e poi essere ributtato giù, se prima avevo un sacco attaccato alle gambe, ora ne ho due, da due passano a tre, da tre a quattro. Sarà sempre così? E alla fine chi me lo fa fare di vivere così? Lo chiami vivere questo? È vero, tutti affrontano problemi nella loro vita, tutti portano pesi, ma ci sono alcuni che ne portano più di altri. E magari si, dimmi che non ho la forza di rialzarmi, la forza di vivere, hai ragione sai, non ce l'ho più, me l'hanno portata via, ogni singola persona nella mia vita me l'ha portata via. A volte sei talmente fragile che anche una parola di troppo ti uccide, una frase mancata, un abbraccio non dato, un rimprovero, qualsiasi cosa ti disintegra. Il dolore fortifica? È vero, ma ti anestetizza, sai che tanto niente sarà peggio, e ti capita qualcosa di peggiore. Si sono presi tutto, il mio corpo, la mia mente, la mia anima, il mio cuore, come fosse loro, come se io non valessi. Mi sento solo una flebile farfalla tenuta forzatamente per le ali, solo per dare piacere agli altri. La colpa non è di qualcuno in particolare, forse non è di nessuno, forse è solo la mia, che non riesco ad essere normale, a sopportare la vita. So solo che alcune cose che mi sono successe non sono normali, non è normale la violenza, non è normale lo stupro, non è normale essere giudicati, ma viviamo in un mondo a cui tutto ciò sembra più normale di quanto non lo sia. Non sono fiera di niente nella mia vita, non riesco più a fare qualcosa di utile per me e gli altri. Non ne vado fiera, non vado fiera di essere diversa dagli altri. Vedo così tante persone dare 10 esami in una volta, e a me ne spaventa solo uno, tutto ciò mi sta logorando, mi logora dover rispondere alle continue domande sul mio futuro, io non ho un futuro, e mai lo avrò se resterò qui. Tutti avranno meno pensieri senza di me, meno problemi di cui preoccuparsi, l'ultima cosa che dovrete pagare per me sarà il funerale. Ricordatemi come un'onda del mare, che si schianta sulla riva violentemente, riflette il sole, fa divertire, ma a volte fa anche paura.
(A)nima(P)asseggera
Aurorasword
#tristezza#compagnia#mi manchi#notte#ti amo#domande#ask#poesia#frasi tumblr#frasi#autolesionismo#autolesionista#suicidio#tagli#lettera#vita#morte#depressione
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Non so nemmeno che dire. Se dare voce e spazio a questi pensieri, che non ne vale la pena e poi il senso dove sta? Questi ed altri mille scorrono nella mia testa, che mi sento ridicola anche solo a scriverne. Soprattutto dopo che ne ho parlato oggi con S e mi ha detto di non pensarci, di dimenticarli, di lasciar stare. E l'ho fatto, per tutto il pomeriggio e durante la cena ero proiettata su altre cose, tra piatti da preparare, lettura..ma adesso sono a letto, mestruata, con una serie tv appena interrotta e SÌ ci sto ripensando. E sento le lacrime che potrebbero scendermi da un momento all'altro. Dio come sono patetica. Ed è qui che mi dico che allora forse non è vero che sto così bene. Qui che vado in confusione e mi sembra di cedere e di ricadere in "errori" che so benissimo superare. Allora perché è così difficile? Anche consapevolmente? C'è che forse mi sarei aspettata un qualcosa, e l'esser qui ancora ad attendere mi fa sentire in parte stupida. Ed ha ragione S quando oggi mi ha detto "non hai colpa se gli altri sono teste di cazzo a volte" ed ok posso ficcarmelo in questa mente ancora poco convinta ma un'altra domanda mi disturba: perché si ha così paura di dialogare? Di esser sinceri? C'è così tanto menefreghismo o sono io che me ne frego pure troppo?
Non so, meglio che vada, mi serve solo per dormire "tranquilla".
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Ho sempre creduto al karma, sempre. Forse era un po' la mia ancora, quando succedevano le cazzate mi dicevo "ma sì, ci penserà il karma", "ciò che semini raccogli", "1 volta a me 3 volte a te". Ma alla fine chi cazzo ha pagato per le coltellate che mi hanno inflitto? Alla fine a chi cazzo è fregato del mio dolore, della mia sensibilità, della mia vita? Non so se ce la faccio più, non so se ce la faccio ancora a credere che qualcosa possa andare meglio, non so perché continuo, non so perché vivo. Non so perché continuo a non dormire di notte, a piangere in silenzio di notte, a piangere in macchina, ad urlare a squarciagola aspettando che qualcuno mi senta. Io i miei urli di aiuto li ho fatti, innumerevoli volte, ma non sono serviti, non cambierà niente ormai, c'è qualcosa che non va in me, e a questo punto, dopo tutti questi anni, direi che non sia "solo una fase", non è "solo l'adolescenza", non devo "farmi le ossa", le ossa me le stanno solo martoriando. Non è bello vivere così, non è bello pensare ogni giorno ad uccidersi, non è bello provarci, non è bello non riuscirci, non è belli piangere, soffrire, sentire il cuore lacerarsi, le mani che tremano, il cuore che scoppia. Non è bello non sentirsi all'altezza, non è bello sapere che non sarai mai niente e nessuno, non è bello pensare che sia passato e poi essere ringhiottiti dal buio. Non è bello toccare il fondo, riuscire a risalire a fatica e poi essere ributtato giù, se prima avevo un sacco attaccato alle gambe, ora ne ho due, da due passano a tre, da tre a quattro. Sarà sempre così? E alla fine chi me lo fa fare di vivere così? Lo chiami vivere questo? È vero, tutti affrontano problemi nella loro vita, tutti portano pesi, ma ci sono alcuni che ne portano più di altri. E magari si, dimmi che non ho la forza di rialzarmi, la forza di vivere, hai ragione sai, non ce l'ho più, me l'hanno portata via, ogni singola persona nella mia vita me l'ha portata via. A volte sei talmente fragile che anche una parola di troppo ti uccide, una frase mancata, un abbraccio non dato, un rimprovero, qualsiasi cosa ti disintegra. Il dolore fortifica? È vero, ma ti anestetizza, sai che tanto niente sarà peggio, e ti capita qualcosa di peggiore. Si sono presi tutto, il mio corpo, la mia mente, la mia anima, il mio cuore, come fosse loro, come se io non valessi. Mi sento solo una flebile farfalla tenuta forzatamente per le ali, solo per dare piacere agli altri. La colpa non è di qualcuno in particolare, forse non è di nessuno, forse è solo la mia, che non riesco ad essere normale, a sopportare la vita. So solo che alcune cose che mi sono successe non sono normali, non è normale la violenza, non è normale lo stupro, non è normale essere giudicati, ma viviamo in un mondo a cui tutto ciò sembra più normale di quanto non lo sia. Non sono fiera di niente nella mia vita, non riesco più a fare qualcosa di utile per me e gli altri. Non ne vado fiera, non vado fiera di essere diversa dagli altri. Vedo così tante persone dare 10 esami in una volta, e a me ne spaventa solo uno, tutto ciò mi sta logorando, mi logora dover rispondere alle continue domande sul mio futuro, io non ho un futuro, e mai lo avrò se resterò qui. Tutti avranno meno pensieri senza di me, meno problemi di cui preoccuparsi, l'ultima cosa che dovrete pagare per me sarà il funerale. Ricordatemi come un'onda del mare, che si schianta sulla riva violentemente, riflette il sole, fa divertire, ma a volte fa anche paura.
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[✎ ITA 📽] Q&A Melon Spotlight : JIMIN, FACE | 24.03.23⠸
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📽 JIMIN [FACE] Q&A con MelOn Spotlight
Ciao alla famiglia MelOn, sono Jimin dei BTS. Passo a salutarvi in occasione del rilascio del mio primo album solista, “FACE”. Se non l'avete ancora fatto, vi sarei grato se andaste subito ad ascoltare le mie canzoni sulla app di MelOn.
Inoltre, a quanto pare, potete anche trovarmi presso la COEX K-Pop Square (*maxi-schermo pubblicitario del centro commerciale COEX, a Seoul), quindi, se siete curiosə, credo sarà un'esperienza divertente andare a dare un'occhiata. A parte questo, ho preparato un sacco di contenuti disponibili in esclusiva su MelOn, quindi, presto! Ci vediamo su MelOn!
Ok, iniziamo subito con il < Botta e Risposta di MelOn >
d. Oppa, che cosa fai quando non te la senti di fare esercizio fisico??
Jimin: (legge) Ovviamente, non lo faccio! Quando mi lascio prendere dalla pigrizia, lo salto e piuttosto me ne sto sdraiato
d. Questo è il tuo primo comeback solista, tra i vari consigli ricevuti dai membri nei momenti di difficoltà, c'è forse qualche parola di conforto che ti è rimasta particolarmente impressa?
Jimin: (legge) Il momento di maggiore smarrimento, per me, è stato proprio il periodo di preparazione per questo album solista. In quelle occasioni, ho parlato molto a cuore aperto con gli altri membri. Mentre chiacchieravamo di varie cose, i ragazzi mi hanno detto "Credo faresti bene a cercare di trasporre ciò che stai provando nelle tue canzoni". Mi hanno detto che se avessi espresso ciò che stavo passando, catturando tali emozioni nella mia musica, poi mi sarei sentito molto meglio. Quindi sono davvero grato ai membri perché è merito loro se quest'album è potuto venire alla luce.
d. Tra 10 anni, cosa pensi starai facendo, oggi?
Jimin: (legge) Ora sono quasi le 2 (di notte), quindi credo non sarò ancora andato a dormire
d. Qual è la tua canzone preferita dell'album [FACE] e perché?
Jimin: (legge) A dire il vero, tutte le tracce di quest'album sono molto preziose per me, ma mi piace particolarmente la canzone intitolata "Set me free pt.2". È un brano per cui ci tenevo a mostrarvi un'ottima performance. Il motivo è perché le altre canzoni parlano di quando mi sento smarrito, mentre 'Set me free pt.2' è stata creata con l'intenzione di superare quei momenti difficili. Visto che ho messo tanto tempo ed impegno nel preparare questa performance, credo sia la mia preferita ed è una traccia a me molto cara.
d. Qual è la routine mattutina del nostro adorabile Jimin-ie?
Jimin: (legge) Varia a seconda dei giorni in cui sono a riposo e quelli in cui ho da lavorare. Quando sono a casa, anche se apro gli occhi, non riesco concretamente ad alzarmi. Quando devo andare a lavoro, come prima cosa bevo un po' d'acqua, vado in bagno, mi lavo e poi esco. Non sono poi così diverso da voi, ragazzə.
Dunque, per il segmento in cui rispondo alle domande delle/i fan è tutto. Spero di aver risposto a molte delle vostre curiosità. Spero vorrete mostrare tanto interesse per il mio album, "FACE". Da Jimin è tutto. Grazie.
⠸ eng: © verritaee | ita : © Seoul_ItalyBTS⠸ Twitter
#Seoul_ItalyBTS#TradITA#ITA#Traduzione#Q&A#BTS#방탄소년단#JIMIN#ParkJimin#지민#FACE#Jimin_FACE#MelOn#MelOn_Spotlight#240323#Youtube
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Fossimo in due stasera qua in casa.
Fossimo in due stasera qua in casa, non mi dovrei preoccupare di preparare la cena, potresti farlo tu, ché io ho voglia di giocare con la switch e ci sono un sacco di nuovi pokemon da catturare e invece in casa ci sono solo io e devo scegliere tra lo sfamarmi o il diventare un allenatore clamoroso. Fossimo in due stasera qua in casa con tutta certezza non ti farei cucinare, un po’ non mi fido e un po’ mi piace farlo a me e anche adesso quando cucino butto sempre troppa pasta, il che è perfetto quando sei solo, gli avanzi sono una benedizione del giorno dopo in ufficio ma ecco, fossimo in due stasera qua in casa me ne fotterei di avere il pranzo da riscaldare pronto. Tanto potresti andare avanti tu con i pokemon e io nutrirmi di schifo precotto dal supermercato. Fossimo in due stasera qua in casa ti chiederei di tirare su una canna perché le mie vengono malissimo e sembrano spade stellari usate dai robot cattivi di una serie animata giapponese di quart’ordine. Qualcosa che trasmettevano quando tu non eri ancora nata e nemmeno io. L’unica cosa buona delle mie canne e che dopo mi viene voglia di scrivere e di non fare nulla in generale, nemmeno prendere il telefono per vedere se sei online. Fossimo in due stasera qua in casa non mi farei le canne per non pensare al fatto che visualizzi ma non rispondi. Fossimo in due stasera qua non mi chinerei a raccogliere tutti i capelli che perdi, li lascerei coesistere col mio ordine. Per qualche ora. Forse due giorni. Poi impazzirei e mi sentirei in dovere di passare l’aspirapolvere perché tanto anche se sparissero loro, tu saresti ancora qui pronta a perderne altri. Magari mentre stai sul divano e hai smesso di badare ai pokemon perché giustamente hai di meglio da fare, finire il libro tanto per dirne una. Quello che provi sempre a concludere ma poi subentro io o con i miei videogiochi o con la mia fissazione per il tuo culo. Credo la colpa sia di questo posto. Da quando hanno bannato le tette uno riscopre i vecchi piaceri della vita. Le chiappe. Diventa una fissazione e tu mi sembra di ricordare dovresti avere un culo capace di creare devoti in giro per il mondo grazie ad internet. Dovrei fotografarlo e pubblicarlo e poi chiedere l’8x1000 in onore di tale capolavoro ma credo alla fine non farei nulla. Al massimo sposterei le coperte mentre dormi e starei lì a fissarlo. Fossimo in due stasera qua poi però mi sentirei in colpa e mi dedicherei pure alle tue tette, perché è un periodo durissimo per loro. E per i capezzoli. Non parliamo di quanto mi perderei a confortarti i capezzoli e dirgli che passerà. Presto potranno tornare ad esporsi. Fossimo in due stasera qua poi si finirebbe a discutere anche di tre e di quattro e di cinque e del tuo sei e sei e mezzo e del perché non riusciamo più a stare con una persona sola ma creiamo costanti numeri in catena per cosa poi? per quando siamo soli in casa la sera e abbiamo fumato troppo e vogliamo schiaffarci sul divano e avere compagnia mentre ci ignoriamo. Fossimo in due stasera qua farei scegliere a te la musica. Anche perché io metterei su le mie canzoni e ti romperei il cazzo con la mia carriera musicale e tu forse saresti abbastanza buona da ascoltarne un paio prima di andare in bagno e starci per ore. Poi anche perché mi fido dei tuoi gusti. Maggiormente di quelli di cinema e serie tv e in effetti questa è la cosa che più mi fa girare il cazzo del non essere in due stasera in casa, che i miei gusti sono molto limitati ed è da un casino che non trovo qualcuno di cui resti affascinato dai gusti. Specialmente se decide poi di uscire con me. Ma che gusti di merda hai? Fossimo in due stasera qua in casa ti lascerei tutto il tempo per prendertela con me per essere venuto a vivere a Vienna e il freddo e il grigio e la lingua (perché a Milano invece no eh si sta da Dio) e so che lo faresti finché non ti renderesti conto che alla fine, in casa mia, in due, qua, non si sta per niente male e fanculo alla città che è solo contorno. Fossimo in due stasera qua in casa ti lascerei prendermi in giro perché ancora quando sei malinconico ti metti a scrivere su Tumblr ma vuoi finirla che poi quelli pensano che stai sempre preso male e invece no stai benissimo. Stai solo in uno in casa che cosa vuoi che sia. Sorriderei promettendoti che no stavolta sto scrivendo qualcosa che fa ridere e invece non è vero e tu mi conosci troppo bene e mi chiuderesti il portatile per evitare di rompere agli altri. Ma tanto chi c’è ancora quassù che legge? E poi certi atteggiamenti adolescenziali vale la pena portarseli dietro. Tipo fermarsi a salutare i cagnetti lasciati fuori dal supermercato e complimentarsi con loro per l’ottimo lavoro svolto e scappare non appena sopraggiungono i padroni perché che ne sanno loro di quello che c’è tra di noi, di quanto sogniamo di stare insieme. Io e i cagnetti tu che c’entri. Fossimo in due stasera qua chi laverebbe i piatti? La persona col culo meno bello oh no, cazzo. Vabbè. Non è un problema tu però preparati che dopo abbiamo la diretta in streaming con i fedeli della Repubblica Dominicana e sai che ci tengo a fare una buona inquadratura, loro ci mandano un sacco di soldi. Fossimo in due stasera qua in casa si è fatta l’ora giusta per dormire non appena abbiamo voglia di andare a letto, che può essere anche due minuti dopo essere rientrati. Tanto lì si troverebbe sempre qualcosa da fare. Non per forza sesso, eh. La switch ha di bello che è portatile quindi io vado avanti coi pokemon tu dormi pure, ah no, adesso ti è venuta voglia, ah sì, certo, quando fa comodo a te allora, non volevi finire il libro? Fossimo in due stasera qua in casa ci sarebbero le finestre aperte per far entrare l’inverno o forse sono chiuse e il freddo arriva da te, o dal fatto che non siamo in due stasera qua in casa ma solo io e ho scoperto che davvero, scaldare una casa intera quando si è da soli è molto più difficile. Consumi di più. Mi hanno detto di invitare gente così paghi meno riscaldamento e ci sto pensando. Offro pareti domestiche in cambio di calore. Però ecco non sarebbe proprio l’ideale. Basteresti tu credo, io ci metto un attimo a capire come hackerare i termosifoni e spararli così in alto da accelerare vertiginosamente la fine ovvia del pianeta. Chissà se con lo scioglimento dei ghiacci il mare arriverebbe mai a Vienna. Se ci arriveresti tu in barca. Magari meno stronza. Fossimo in due stasera qua saremmo fatti duri. Un po’di tutto. Fammi solo mettere la sveglia ché domani mattina devo ricordarmi di essere adulto per un paio di ore.
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“Festa” del mio compleanno. Solita uscita per poi andare in un bar sul lago, appena arriviamo dico: prendete quello che volete, offro io. La serata procede bene, amici, qualche alcolico da cui sono stato lontano perché avrei dovuto guidare, e tante risate. A fine serata arriviamo a Rogoredo, eravamo in 4 macchine, quindi una quindicina di persone. Siamo andati in un parchetto e abbiamo parlato un po’ come sempre. Si sono fatte le 2, allora ci siamo salutati perché il giorno dopo avevamo degli impegni, tra lavoro e Università. Verso le 2,15 sono passato a piedi lungo una strada per andare a prendere la macchina, e in quella strada ci sono delle case. In lontananza vedo una ragazza, minigonna e top. La riconosco, era alla festa di questa sera, e nel passare davanti a lei (la macchina era a 5 minuti di camminata) mi accorgo che stava piangendo. Allora mi avvicino e le chiedo quale fosse il problema, e lei: ho dimenticato le chiavi a casa, mio papà è andato al lavoro e torna giovedì, la mamma invece è dal nonno, è partita nel pomeriggio. Io la guardo e le dico: Michela, quindi in poche parole non puoi entrare in casa... bhe, io domani mattina dovrei andare al lavoro ma ovviamente non posso lasciarti fuori tutta notte. E lei mi dice subito: nono tranquillo, posso stare qui, verso le 8 la mamma dovrebbe tornare, poi non fa nemmeno tanto freddo. Io: non puoi stare qui da sola 6 ore senza dormire, vestita così e soprattutto... stai tremando dal freddo. E lei: si lo so, non so cosa fare... allora io: facciamo una cosa... vieni in macchina con me, dormi in macchina (non ti porto a casa mia perché sennò tuo papà è tua mamma potrebbero giustamente pensare male) e così stai più al caldo e ci sono io. A lei sono diventati gli occhi lucidi, non ha detto nulla, mi ha abbracciato e detto a bassa voce: grazie
Sono le 2,20 e siamo in macchina, accendo l aria condizionata e inizio ad avvicinarmi a casa sua e cercare un altro parcheggio, così sua mamma la mattina dopo l avrebbe vista subito. In quel brevissimo tragitto mi guarda e mi dice ancora grazie. Avevo appena acceso l aria condizionata e le chiedo: va un pochino meglio? E lei: sisi, ma ho le gambe fredde. Senza dirmi nulla mi prende la mano e me la appoggia sulla sua gamba, e mi dice: ci scommettevo che non fosse fredda, puoi lasciarla qui un po’? E io: certo. E lei mi mette una mano sopra la mia, aveva le unghie lunghe, color bianco. Appena trovo un parcheggio vicino a casa sua, mi guarda e mi dice: ho sonno.... e io: dai, andiamo dietro che così ti appoggi a me e cerchi di dormire un po’, io intanto magari resto un pochino sveglio, sai, è notte e siamo fuori. Lei mi guarda ancora e mi sorride. Andiamo dietro, le do la mia felpa (l ho portata in caso facesse freddo) e lei l ha indossata, si è appoggiata a me e ha dormito una mezz’oretta. Verso le 3 si sveglia e la sua pancia brontola, allora le dico: qualcuno ha fame vero? E lei: si... ma non abbiamo da mangiare... allora io le dico: Michela, conosco un posto che è aperto a quest ora, ci vogliono 10 minuti però, e sorridendo mi esce un “riesci a farcela?” E lei: (sorridendo) vedremo, al massimo mangio te. Lei rimane dietro a dormire e io vado in quel posto a 10 minuti di distanza. Appena arriviamo noto che si è addormentata, allora per 5 minuti aspetto che si sveglia e penso: cavolo, è ancora più bella mentre dorme, capelli biondi, occhi verdi, un bel fisico e un carattere stupendo. Poi la sveglio io e le dico: pronta per mangiare? Lei scende dalla macchina, mi guarda e urla: mi hai portata al mc! GRAZIE!! Lo adoro! Io mi avvicino a lei e lei mi abbraccia, saltandomi addosso, si era emozionata per il gesto. Entriamo al mc e le dico: prendi tutto quello che vuoi, pago io. Dopo 10 minuti stavamo mangiando e abbiamo parlato un po’. Si sono fatte le 4 ormai, siamo saliti in macchina e lei ha messo a tutto volume l’album di Gemitaiz, QVC 2, ha iniziato a cantare, era davvero felice. Alle 4,10 siamo arrivati davanti a casa sua, e “scalando” un po’ i vari gradini, siamo arrivati su un tetto di una casa, ci siamo seduti e abbiamo visto la luna con qualche stella qua e là. Mi chiede: ti piace la luna vero? Ho visto che hai un tatuaggio delle fasi lunari. E io: si, sin da piccolo, poi ho anche un carattere abbastanza lunatico a volte. E lei: sorride e mi dice: si, una volta ho chiesto a un tuo amico come sei e mi ha detto esattamente così. Comunque è bellissimo quel tatuaggio, vorrei farne uno anche io, (e mi abbraccia il braccio destro) vorrei fare una scritta sul fianco, ma non so quale scritta... io la guardo e le dico: che ne pensi di “ le azioni hanno sempre delle conseguenze, belle o brutte che siano” E lei: ma che idea! Così mi ricorderò per sempre questa serata, sai, mi stai facendo sentire bene, come non lo ero da tanto tempo. A quelle parole non ho resistito e le ho dato un bacio sulla guancia. Poco dopo lei mi prende le cuffie e il telefono e si mette a fissare il cielo, abbracciata a me, fino ad addormentarsi. Io ho dormito forse 30 minuti, dovevo tenerla d occhio ma ero felice, tanto felice. Verso le 5 e mezza inizia a sorgere l alba, allora io delicatamente sveglio Michela e le dico: guarda davanti a te. Lei: è meravigliosa, ma lo è ancora di più perché la sto vedendo con te. Dopo qualche minuto le chiedo: hai fame? E lei: sii, un po’. Allora siamo tornati in macchina e siamo andati ancora al mc, abbiamo fatto colazione, e abbiamo parlato ancora. Alle 8 siamo arrivati a casa sua e abbiamo visto sua mamma entrare in casa. Michela durante la notte le aveva mandato il messaggio dicendo che non aveva le chiavi e che c’ero io con lei.
Prima di farla andare le dico: Michela, grazie per aver dimenticato le chiavi, e lei: quando usciamo e so che ci sei anche tu, le dimenticherò più spesso. Grazie per la serata e per la nottata, sei un ragazzo meraviglioso. Lei scende dalla macchina e mi dice: aspetta qui, torno subito. Io aspetto e dopo 10 minuti vedo lei e sua mamma uscire e venire verso di me. Sua mamma mi dice: grazie! Michela mi ha raccontato tutto quello che hai fatto per lei, non so come ringraziarti... e io: si figuri, l ho fatto con piacere. La mamma: ah, grazie per la felpa che le hai regalato, la adora già, penso che la metterà ogni volta prima di giocare a pallavolo. Io: di niente, aveva freddo e gliel ho data. Prima di accendere la macchina sorrido e penso: mi sa che quella felpa non sarà più mia. Alla fine lei è rientrata, io sono tornato a casa, ho fatto la doccia e ho detto tutto alla mamma che ha aggiunto: ci sono voluti 21 anni, ma alla fine sei davvero cresciuto, sono fiera di te. Dopo un ora sono andato al lavoro. È stata una serata strana, ma meravigliosa e indimenticabile.
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Sacrifice, Chapter 26
Pairing: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
Chiuse la porta di camera sua e fece un respiro profondo. Non immaginava che dover fingere a sua madre fosse così difficile. Non era niente di così difficile, ma neanche di così facile per una ragazza come Wanda e per una madre come la sua. Erano due giorni che lei le continuava a ribadire che non l'aveva avvisata che sarebbe andata a dormire da Natasha. Ma Wanda come avrebbe fatto, con tutto quel casino che si era trovata davanti improvvisamente. Un casino a cui lei ha deciso di partecipare, sapeva che avrebbe corso dei rischi e che forse era meglio se si sarebbe tirata indietro ma aveva visto James così sofferente che non poteva lasciarlo così.
Non poteva ma soprattutto non voleva, dopo quello che le aveva fatto. Sia di ritorno a casa sua quando fecero ripetizioni insieme, sia quando la trovò nel bagno delle ragazze a piangere per colpa di Sharon. Wanda glielo doveva, aveva un debito con lui e preferiva ricambiare il favore. Certo non è stata con lui tutto il tempo ma le parole della piccola Rebecca l'avevano fatta riflettere. Ancora si chiedeva come una bambina di nove anni come lei, poteva fare dei ragionamenti così perfetti.
Così perfetti per lei, ma peccato che lei fosse combattuta e non sapeva cosa fare. James poteva davvero essere il principe azzurro delle favole che salva la principessa dalla strega cattiva, dal mostro o dal drago?
Si staccò solo ora dalla porta di camera sua e fece dieci passi solo per buttarsi a pancia all'aria sul suo letto con i suoi capelli sparsi ovunque. Continuava a ripetere che se lui si sarebbe mostrato così, come un vero e proprio principe, allora sì che avrebbe potuto affrontare qualsiasi cosa. Ma Wanda aveva lo stesso paura, paura che non sarebbe stata in grado di ricambiare quello che poteva esserci fra loro due. E soprattutto che non avrebbe potuto farlo, perché forse se ne sarebbe andata via troppo presto.
Pensieri troppo tristi? Beh, era tipico di Wanda ma qualcosa stava per cambiare...
Si alzò di scatto, restando ancora seduta sul letto e prese il suo cellulare. Aprì la rubrica e il nome di James era il terzo della coda. Le tremavano le mani solamente a pensare che ora era lei a chiamarlo e non più lui. E di solito se succedeva era per avvisarla che era fuori casa e che la stava aspettando.
Ma stavolta non era così.
Senza che lo sapessero entrambi, il destino stava trovando il modo di farli stare insieme nonostante Wanda non volesse per colpa di ciò che aveva. Però, se James già lo sapeva, allora avrebbe mandato al diavolo qualsiasi cosa pur di farla felice e di vederla vivere.
Sarebbero stati insieme, costi quel che costi.
Lui sentì la suoneria del suo cellulare da sotto il cuscino e dallo strato di coperta. Erano tre giorni che non usciva di casa, tanto da non andare neanche a scuola questa mattina, era ancora preoccupato per la madre e nonostante lei gli ripeteva ogni volta di non esserlo, ora James aveva il compito di portare avanti quello che suo padre non era riuscito a fare. Certo farlo da un letto coperto da un piumino non era il modo migliore per farlo, ma questo era il modo migliore per sfogarsi. Sentendo che il suo cellulare non smetteva di suonare sì alzò senza voglia e prese il cellulare già pronto a non rispondere alla chiamata.
Ma stavolta non era Sam che lo disturbava per l'ennesima volta, il nome di Wanda illuminava il display. Dovette sbattere le palpebre per alcune volte e poi si rese conto che non era un'allucinazione e neanche che stava ancora dormendo. Rispose, prima del previsto.
"Pronto?"chiese lui con la voce ancora impastata dal sonno.
"Ciao James, sono Wanda"
In quello stesso momento l'ansia stava mangiando viva Wanda, non aveva mai avuto occasione di poter parlare con un ragazzo, non fino ad ora e con James si sentiva bene, al suo posto.
"Ehi, ciao"disse lui riconoscendola.
"Senti, mh...volevo chiederti..."
Per scaricare la tensione e fare in modo che non perdesse il controllo da un momento all'altro, Wanda giocherellava con le frange del suo plaid messo sul letto e nonostante questo dentro di sé non riusciva a calmarsi.
"Si, dimmi tutto..."
"Ehm...quando ci vediamo di nuovo? Nel senso con le ripetizioni..."
"Non lo so, Wanda...potrei venire io da te ma..."
"James non devi preoccuparti, veramente..."
"Si, invece! Non voglio che il signor Stark si lamenta continuamente contro di te..."
"Ed io non voglio che ti riempi di problemi"
"Tu non sei un problema per me Wanda"disse lui.
Anche se era a telefono ad alcuni kilometri di distanza da lui fisicamente, riuscì a sentire quelle parole benissimo. Parole che le arrivarono dritte al cuore e che la facevano sentire...amata. Amata, questa era la parola giusta. Restarono alcuni secondi in silenzio, rimanendo però ancora in linea. Quel silenzio però sembrava dire tutto.
"Tu come stai?"chiese lei chiedendogli sinceramente ciò che voleva sapere da tre giorni, se non di più.
Lui fece prima un respiro profondo e poi si alzò dal letto, stando però ancora con le gambe sotto le coperte. Gli veniva abbastanza difficile dover rispondere a quella domanda ma credeva che con Wanda poteva rispondere in maniera sincera.
"Devo essere sincero?"
"Puoi anche mentirmi se vuoi..."disse lei ridendo un po'.
"Beh...credo che non lo farò...per ora sto cercando di fare finta che non sia successo nulla. Sono tre giorni che sono rinchiuso in camera mia e non esco ma dovrò trovare qualcosa che mi permetta di risolvere questa situazione..."
"Devi farlo James, so che ci riuscirai. Per tua madre soprattutto"
"Già...glielo devo"disse lui concentrando tutta la sua attenzione su quanto fosse bella la fantasia del piumino che aveva sulle gambe.
"Se...hai bisogno di qualcosa, sappi che io ci sono"disse lei.
Wanda guardandosi da fuori poteva dirsi orgogliosa e fiera di sé stessa. Nonostante il grande male che aveva con sé, preferiva aiutare gli altri e non permetteva che gli altri facessero lo stesso con lei.
Non l'avrebbe mai fatto perché non sarebbe mai successo. Ma la vita, il destino, ha deciso di farla imbattere in James Barnes, che come tutti sanno, non è il tipo che si arrende facilmente di fronte a qualsiasi cosa.
"Lo so che ci sei...spero che possa esserci anche io per te"disse lui con un velo di speranza in più.
"Oh, James tu fai già abbastanza..."disse lei sorridendo e le sue guance si colorarono di rosso.
James non la vedeva, ma era sicuro al massimo che stava andando così.
"Si, faccio già abbastanza ma se facessi ancora di più la fisica non c'entrebbe più, giusto?"chiese lui in maniera leggermente ammiccante.
Ma a differenza di come lo faceva con le altre ragazze, stavolta James stava procedendo con i piedi di piombo, senza andare troppo di fretta. Sentiva che con Wanda doveva andare piano perché sapeva che dopo poteva godersi qualsiasi cosa, anche il minimo particolare. Solo per questo lo faceva, non perché c'era qualcosa nascosto che se rivelato avrebbe portato delle conseguenze.
"Si, forse è così..."gli rispose lei prontamente facendolo rimanere scioccato.
"Domani verrai? A scuola intendo..."chiese lei dopo un po'.
"Credo di si...si verrò"disse lui dandole sicurezza.
Chissà per quale motivo era preoccupata che lui non sarebbe mai uscito da quella casa e lei non lo avrebbe mai più visto e non solo lei ma anche Steve, Sam e Natasha.
"Okay...allora, io vado a dormire..."
"Si, credo sia arrivata l'ora..."
"Ci vediamo domani?"chiese lei con una leggera speranza nella voce che lui sentì chiaramente.
"Ci vediamo domani..."
"Notte James"
Non ebbe tempo di risponderle, lei aveva attaccato subito dopo. Forse pensava che dirgli una cosa del genere non sarebbe stato giusto ma dentro di sé sapeva che si era tolta un peso e che soprattutto dirgli questo lo aveva reso felice. Una volta che lei aveva messo giù, lui sorrise un po'. Un po' la capiva, era stata lei a chiamarlo, era stata lei a preoccuparsi di lui e ci stava che si sentisse a disagio. Ma c'era qualcosa che andava più a fondo della semplice timidezza oppure del disagio. Era come se, secondo James, Wanda avesse paura di rivelarsi, come se avesse dentro un segreto troppo grande da rivelare.
Un segreto che a James non sarebbe sfuggito ma che ben presto sarebbe uscito fuori quando meno se lo sarebbe aspettato.
"Notte anche a te, Wanda"disse lui e posò il suo cellulare sul comodino rimettendosi sotto le coperte.
Si girò nel suo letto con la faccia rivolta verso il muro bianco di camera sua e strinse l'altro cuscino del suo letto ad una piazza e mezza. Solo in quel modo poteva cercare di dormire bene come lo aveva fatto due notti prima. Fingendo che fosse ancora abbracciato alla ragazza che gli aveva dato la buonanotte per telefono pochi minuti prima rubandogli il cuore.
Saranno state le tre di notte, quando improvvisamente si svegliò di soprassalto alzandosi dal letto che non lasciava da tre giorni. Quello che aveva fatto era stato sicuramente un incubo, ma non sapeva esattamente chi c'era in quel sogno. Fece un respiro profondo, passandosi entrambe le mani sul viso per poi passarle attraverso i capelli. Poggiò le braccia sulla coperta che aveva addosso e si rese conto di aver caldo. Prese i lembi della sua felpa e la tolse, rimanendo solo con una maglia a mezze maniche. La lanciò sulla sedia vicino alla sua scrivania e guardò in basso prendendo la bottiglia d'acqua che si era portato dietro poche ore prima su in camera sua. La aprì e la portò alla bocca facendo scivolare l'acqua dentro la sua gola. Ma il silenzio della notte fu presto interrotto da una voce a lui molto familiare.
"James?"la voce proveniva dal suo fianco e quando provò a girarsi trovò Wanda al suo fianco.
"Wanda?"
"Ehi, stai bene?"
"Si, credo..."
"Ne sei sicuro?"
"Da quanto sei qui?"
"Come da quanto? Mi hai invitata tu a stare da te...sei sicuro di stare bene?"
"Oh, si giusto ti ho invitata io...deve essere stato l'ennesimo incubo che ho fatto"
"Me ne vuoi parlare?"chiese lei alzandosi anche lei e tenendo ancora le gambe sotto le coperte.
James credeva che stava succedendo qualcosa di strano, qualcosa che neanche lui riusciva a spiegarsi ma in quel momento era con Wanda e figuriamoci se avrebbe pensato a cosa stava succedendo di strano in quel momento.
"No, non credo che ne parlerò"disse lui girandosi verso di lei.
"Mh...sempre il solito misterioso"disse lei avvicinandosi di poco e incontrando le sue labbra.
Nel giro di pochi secondi lei era già seduta a cavalcioni sulle sue gambe e aveva le mani fra i suoi capelli corti un po' spettinati per colpa del cuscino, mentre lui la teneva forte con le sue mani sulle gambe. James poteva sentire i suoi fianchi contro i suoi, con un solo semplice strato di tessuto che li divideva. Le sue mani si spostarono dai capelli al suo petto scendendo ancora più giù arrivando ai lembi della sua maglietta che lei gli tolse facilmente.
"Wan..."disse lui sottovoce ma la ragazza continuava ancora a non sentire il suo fidanzato, troppo presa dalla passione.
E lui non era da meno, le sue mani andarono sotto la misera maglia di cotone che lei aveva indosso e arrivò al gancio del suo reggiseno.
"Wanda"
"Shh, James lasciati andare..."
Con una forza che le era uscita improvvisamente dalle braccia lo spinse con la schiena sul materasso e lui sorrise sotto i baffi, contento in fondo di ciò che la sua ragazza stava facendo.
"Wanda..."disse lui.
Le mani della castana erano ancora ai lati del suo viso e lei gli diede un bacio sulle labbra ma quando James stava per continuare, lei si staccò facendolo rimanere male. Con un sorriso sfacciato lei si alzò passando le sue mani prima sul collo, poi sulle spalle e poi per i suoi pettorali proseguendo per gli addominali.
"Credo che non andrà a finire bene, Wanda..."
Saranno state tre le volte in cui l'ha chiamata ma non riusciva a fermarsi e insieme a lei anche lui. Vedeva la scena perfettamente, il suo sorriso che non le era andato mai via, i suoi capelli raccolti tutti da un solo lato e poteva sentire anche le sue dita sfiorargli il petto. Le aveva ancora su di lui, quando iniziò a muovere i fianchi di poco e James sentì qualcosa cambiare dentro di sé.
"Cazzo, Wanda..."
Si svegliò di scatto rendendosi conto che quello che aveva appena fatto è stato...non sapeva neanche lui cosa e come è stato. Si girò dal lato opposto del letto e si rese conto che non c'era la stessa persona che era in quel sogno. Si alzò e anche stavolta bevve un sorso d'acqua, ma una volta finito di bere nessuno lo aveva chiamato perché si era appena svegliato di soprassalto, come era capitato nei suoi sogni.
Si buttò di nuovo sul letto facendo un respiro profondo e passandosi le mani sul viso.
"Non uscirai mai dalla testa,vero Maximoff?"disse lui sussurrando.
E anche questa notte restò sveglio, come gli era capitato nelle due notti precedenti, ma stavolta non era perché aveva troppi pensieri legati alla sua famiglia ma era per colpa sua. Per colpa di Wanda Maximoff, anche se chi ti ruba il cuore in fondo non ha colpe sei solo tu che ne sei innamorato.
E James lo era, tanto forse pure troppo.
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Riesci a sentirmi? - Giorno 135
Due mesi. Sono due mesi ormai che ho terminato di leggere il libro. Non l’ho più aperto da allora. L’ho semplicemente riposto nella libreria a casa. Inutile specificare che il mio attuale partner è tornato a essere il cibo. Non riesco a trovare consolazione in nient’altro. Il vuoto che ho dentro sembra incolmabile e mi illudo di riempirlo mangiando. L’unica cosa che riesco a riempire in realtà sono i vestiti. Un mese fa sono stata costretta ad acquistare gonne e pantaloni di una taglia superiore. Oggi anche questi abiti sono ufficialmente troppo piccoli perché non riesco più nemmeno ad allacciare i bottoni. Mi rendo conto di aver esagerato.
Continuo a stramaledire il giorno in cui quel dannato insieme di fogli è entrato nella mia borsa. Mi flagello con pensieri di una tristezza immane. Mi si proiettano nel cervello solo rimpianti. Nei momenti meno bui invece mi limito a rimuginare su quanto mi manchi Niccolò. Non posso continuare in questo modo. La mia vita si è ridotta a un vortice di lacrime e cibo. Tutte queste riflessioni, unite all’evidenza di essere andata ancora oltre nel rimpinzarmi, mi portano a una verità incontrovertibile: ho bisogno di reagire. Devo iniziare un nuovo capitolo.
Sento una piccolissima nuova scintilla dentro di me. Provo a farmi coraggio e con il trucco sbavato, gli occhi gonfi e il cuore in frantumi, estraggo il libro dallo scaffale. Lo fisso, tenendolo tra le mani. Voglio buttarlo via, ma dentro di me non ho la forza per farlo. Decido allora di dare un'ultima rapida scorsa. Vorrei rileggere alcune delle parti che preferisco. C’erano delle frasi dolci che mi rivolgeva che mi lusingavano tantissimo. Ricordo anche la tenerezza dei racconti riguardanti le sue piante grasse. Ho voglia di riprendere qualche brano e allora sfoglio le prime pagine: sono totalmente bianche! Non c’è più nemmeno una singola parola. Stropiccio gli occhi, chiudo e riapro il libro più e più volte, ma tutto resta invariato.
A quel punto non so davvero cosa pensare, ma una cosa è certa: non posso più sbarazzarmene, devo andare a fondo dell'enigma. Mi vesto al volo e mi fiondo in biblioteca dato che è aperta anche di sabato. Cerco indizi su libri che appaiono misteriosamente o che si cancellano senza spiegazioni. Dopo più di un'ora mi ritrovo a leggere un volumetto sperduto tra gli scaffali di uno scrittore mai sentito prima. È l'unico però che forse esplica in maniera “sensata” l'accaduto. Anche se definirla una spiegazione sensata è quantomeno azzardato.
Il tizio espone una teoria secondo cui noi viviamo in un multiverso particolare, in cui ogni universo è parallelo all’altro e gli avvenimenti si verificano nello stesso modo in ognuno di essi. Nessuna variazione, nessuna differenza, tutto permane identico e il flusso degli eventi è il medesimo. Per far capire meglio il concetto usa un esempio: dice di immaginare il reparto TV dei centri commerciali. Ci sono un sacco di televisioni che solitamente trasmettono tutte in contemporanea lo stesso video. Questo presunto conoscitore della realtà afferma che il nostro universo sia semplicemente come una di quelle televisioni e che ne esistano molti altri e che in ognuno di essi accadano situazioni sempre identiche.
Di tanto in tanto però si verifica qualche anomalia tra due universi vicini generando una lieve distorsione. Un po’ come se apparecchi televisivi contigui creassero un’interferenza gli uni agli altri. In quel caso occorrerebbe intervenire per sistemare il problema. Ecco, il multiverso stesso cerca di correggere la situazione con i più disparati metodi: scritte sui muri, messaggi da numeri sconosciuti, lettere anonime, libri trovati misteriosamente. Quest’ultimo potrebbe proprio essere il mio caso. Rimango però immensamente delusa quando noto che il fascicolo fa parte di una collana che non è mai stata continuata per lo scarso successo.
Ormai però ho la pulce nell’orecchio e inizio a elucubrare su tutti i tasselli che via via compongono il puzzle. Se tutto ciò che ho letto fosse vero, il libro sarebbe arrivato nella mia borsa perché qualcosa sta creando una discrepanza tra due mondi paralleli. Ok, solo a dirlo mi sento fuori di testa, però questa fantascientifica spiegazione mi dà lo stimolo a impegnarmi e, onestamente, mi affascina.
La mia giornata è un susseguirsi di idee e bocciature fino a che, prima di coricarmi ho un’intuizione: provo a ragionare fuori dagli schemi e inizio a scrivere io stessa sul libro, cercando di scoprire se quella linea tra realtà e finzione sia valicabile. Mi limito a una semplice frase: «Sono io, Camilla. Mi manchi…»
Aspetto qualche minuto ma non accade niente. Che sciocca, che mi aspettavo? Con l’amaro in bocca accantono il libro e vado a dormire.
#frasi#scrivere#crisaore#frasi tumblr#parole#pensieri#leggere#scrittori#citazioni#letture consigliate#riesciasentirmi#riesci a sentirmi#emozioni#racconto#racconti#rinascere#depressione#piangere#tristezza#amore#scrittura#storia#multiverso#fantascienza
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e fa così dannatamente freddo stanotte. e non so a cosa voglio aggrapparmi, perché la mia testardaggine continua a dirmi che io non vado mai via, ma non è vero.
io sparisco cristo, sparisco da un momento all’altro per settimane, mesi, anni, senza dire una parola.
ma con te non ci riesco perché cazzo, lo sai per scontato e poi mi ferisci. forse lo fai apposta, forse siamo troppo simili e entrambi sappiamo allontanare le persone per poi lamentarcene. o forse esagero e non te ne frega un cazzo che io voglia restare o meno. che ti dia i tuoi spazi o meno. ma qui non si tratta più di spazi, si tratta di me. di come voglia essere rispettata. e di come non lo sono, e se ti scrivessi probabilmente daresti per scontato che non mi importa più, che puoi usarmi a tuo piacimento.
vorrei che capissi meglio la questione dell’essere sottomessa, perché in quei rapporti ci deve essere rispetto e consapevolezza, fiducia. ma io non mi fido più di te dopo l’ultima volta, mentre scherzavi sul tuo amico di scoparmi il culo o semplicemente dando per scontato che gli schiaffi in faccia mi piacciano sempre.
mi piaceva quando eri tu a farlo e stavi attento a non farmi troppo male, ad evitare che si passasse in un altro livello e ti preoccupavi. non te ne fregherà nulla, ma a me quello schiaffo è rimasto qui. mi fa sentire un po’ una merda, spiazzata, ho come l’impressione di poter risentire quel dolore se mi concentro sul ricordo. provo a non farlo però, perché è stato brutto in tutti i sensi. e ho perso tutta la fiducia e il rispetto che provavo per te.
spero tu sia felice, spero di non fare la cazzata di scriverti, con una delle mie classiche scuse, perché no, non lo meriti. ma mi sento un po’ in astinenza di coccole e dolcezze, ma più che altro mi mancano le tue e quindi niente, sto zitta, faccio finta di niente e provo a dormire.
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DF - All’università Episodio 10 Guida
- Risultato negativo / Risultato neutro + Risultato positivo / o + Significa che il mio Lov’o’metro con quel personaggio è al massimo, ciò vuol dire che il risultato può essere sia neutro che positivo.
Punti Azione: 1.270 - 1.300 massimo
Illustrazioni: 5 in totale, una per ogni crush. E’ possibile prendere 1 illustrazione per giocata. Se volete l’illustrazione con la vostra crush bisogna avere il lov’o’metro più alto con lui/lei, con il colpo di fulmine.
La zia: La si può trovare in infermeria prima di andare in biblioteca da Melody.
Soldi: - 155 $ tutina bordeaux: Priya/Castiel - 155 $ Jeans a righe e top: Rayan/Nath - 155 $ Abito giallo: Hyun
~ Andiamo a lezione.
Lebarde: A. Eh, s-sì arrivo professore / B. E’ un’interrogazione a sorpresa sulla tesi? Come l’ultima volta? /
A. Questo è troppo, grazie… ma non ero sola. Sono stata aiutata dal direttore per l’organizzazione, da Hyun il cameriere e da Clementina il capo. / B. Grazie professore. C. Grazie! Sono pronta ad organizzare il prossimo evento quando vorrete! +
~ Uscite in cortile.
Chani: A. Non lo so… ho avuto modo di rincontrare sua madre e di ritrovarmi in mezzo ad una discussione familiare in camera. + B. Non ne ho idea, immagino sia importante per lei ricevere dei meriti. Era delusissima dal fatto di non poter far parte dell’organizzazione. -
A.Volevo dirti che è stato strano vederti arrivare con Priya alla serata. Non sapevo foste amiche.
B. Boh, pensavo che qualcosa fosse andato storto, ma sono più tranquilla ora che so che era giusto il lato mondano della festa ad averti fatta scappare.
C. In quel momento… pensavo che avessi litigato con Priya, dato che anche lei era andata via senza salutare… /
~ In palestra.
Yeleen: A. E allora ti sei dimenticata della bugia che hai inventato a tua madre il giorno della serata? - B. Penso che ad ogni modo ci rivedremo più tardi in camera. /
A. Forse ha ragione! Non sarai mai all’altezza! B. Perchè te la prendi con me? / C. Yeleen… cerca di ammettere che è sbagliato quello che fai. Merito delle scuse almeno. /
Castiel: A. Grazie Castiel. / B. Va tutto bene. / C. Questa pazza non capisce quello che le dico! -
A. Penso ancora che sia un buon consiglio. / B. Mi dispiace… quella serata, è stata… stressante. E tu fortunatamente sei arrivato nel momento peggiore. Non so… - C. Sì Castiel… ho parlato da persona arrabbiata. Ma avevo ragione, non permetto a nessuno di mettermi i piedi in testa. +
A. E quindi… tu e Ambra siete amici? / B. Ti ha detto che cosa stesse succedendo? Ho sempre l’impressione che Nathaniel voglia dirmi la verità ma poi… - C. Dopo non vi ho più rivisti… pensavo foste andati via. /
Se scegliete A: A. No... ma... considerando la vostra storia passata. Ti è mai venuto in mente che Ambra potresse avere ancora dei sentimenti per te? + B. Niente affatto... Penso che sia matura e totalmente diversa. Sono contenta. C. Sono sorpresa, considerando la peste che era al liceo, io e te avevamo la stessa opinione su di lei.
Se hai scelto A e non sei sua ex: A. Hmm... è una cosa intima questa. B. (Le mie guance sono diventate rosse. Ho tossito cercare di nascondere quanto fossi agitata.) /
Se hai scelto A e sei sua ex: A. (Le mie guance sono diventate rosse nonostante me stesso. Ho tossito per cercare di nascondere quanto fossi agitata.) B. Li conosci già. / o +
Se scegliete B: A. Sembra aver bisogno di una mano. + B. Hai ragione.
A. Ok, io ritorno al campus. Forse ci vediamo più tardi / B. Potrei forse… venire con te. +
~ Andate alla serata con Alexy e Rosa.
Alex: A. Dovrebbe lasciare l’università. - B. Non penso che… non avrebbe dovuto tenere il bimbo? / C. cavolo… non credevo potesse essere così difficile la situazione. +
A. Cosa? Ma no, non ti preoccupare Alex, va tutto bene. + B. E’ anche vero che sei sparito da un giorno all’altro. /
Rosa: A. E’ vero, è da un po’ di tempo che non ci riuniamo tutti e tre. + B. Sarei dovuta restare a ripassare questa sera, non è serio da parte mia. / C. E’ vero, è stata una buona idea. + Alexy
A. Perchè sei così formale. Va tutto bene? / B. Ma certo Rosa, non ti abbandoniamo. / C. Ammetto che non è stato facile… è comunque un grande cambiamento, e faccio ancora fatica a capire perchè vuoi tenere il bambino nonostante tu sia una studentessa. - Alexy
A. Vuoi che beva il tuo bicchiere Rosa? / B. (Ho appoggiato la borsa sul tavolo versando di proposito il bicchiere di Rosa.) +
Priya: A. Non ti preoccupare, va tutto bene, è solo stanca. / B. In pratica… non può bere alcolici. - Alexy C. Sono sicura che sia la stanchezza. Vado da lei, voglio assicurarmi che stia bene. +
A. In India… è lontano… vuol dire che non ci vedremo più. + B. Capisco che ti stia a cuore, ma dopo quello che avete vissuto, non hai paura di ritornare…? / C. Non puoi lasciare il gruppo! L’india è troppo lontana, non ti vedremo più. -
A. Oh no povera. coraggio! / B. Si rimetterà, resta con noi! - C. Vuoi che… ti accompagno? Non abbiamo avuto molto tempo per parlare. +
~ Torniamo al campus.
Rayan: A. Visto quello che è successo le settimane precedenti, preferisco essere discreti. / B.Esatto, possiamo fare quello che vogliamo. - C. Per il momento ci accontentiamo di parlare, non capisco perchè possa essere fastidioso. +
A. Sono stanca di non poterti parlare tranquillamente. Sembra quasi che infrangiamo qualche legge quando invece stiamo solo parlando! + B. Pfiou, l’abbiamo scampata bene! / C. Ti lascio verso l’anfiteatro… non è una buona idea quella di parlare qui in mezzo al cortile. -
A. Scusami, ma preferisco di no… - B. E’ un’ ottima idea… +
Yeleen: A. Yeleen… tutto bene? / B. (Mi sono girata dall’altro lato per provare a dormire per davvero.)
A. Vuoi parlarne? + B. (Non ho osato dirle nulla.)
~ In biblioteca con Melody.
Melody: A. Scusami, ci ho messo un po’. / B. Ciao! eccomi, mettiamoci a lavoro. +
A. Ma no, gli articoli che hai trovato sono perfetti Melody, sono sicura bastino! + B.Sì, forse hai ragione, do un’occhiata in biblioteca. /
Hyun: A. Peccato, avremmo potuto terminare la serata insieme. + B. Ti ho visto parlare con il professor Zaidi durante la serata, ero stupita. - C. Si, capisco perfettamente. È il lato meno simpatico di quell’ambiente. Si possono incontrare persone molto interessanti, ma anche persone pronte a discutere alla minima occasione, può essere estenuante. /
A. Sì, andrà bene. Ormai so a memoria anche il codice dell’allarme, 28N1 + B.Sì, sono una professionista ormai. Mi ricordo anche del codice dell’allarme, 29N1 - C. Sì! Non dovrebbero esserci grandi problemi! /
Rosa: A. Hai ragione, quello che conta è la vostra volontà. Se prendete in conto i cambiamenti che avverranno, sarete in grado di affrontare le situazioni. / B. Sarete degli ottimi genitori. + C. Continuo ad essere della stessa idea! Penso che ci siano momenti migliori ma è una tua scelta. -
A. Bene! / B. Benissimo, la serata e stata perfetto. +
~ Direzione Bar.
Clementina: A. Grazie Clementina, buona serata! / B. Pensavo avresti fatto un po’ il servizio con me, almeno per l’inizio della serata. -
Nath: A. Quindi manterrai ancora i tuoi piccoli segreti per molto tempo? / B.Penso di averti lasciato tempo a sufficienza. - C. Non pensi di dovermi dire la verità, dopo tutto quello che è successo? +
A. Hmmm… lo so Nath, ma come penso che io possa continuare a provare a conoscerti, se tu non mi dici niente. + B. Questo è il tuo modo di dire le cose “gentilmente”? / C. Ok, ti lascio ancora un po’ di tempo. /
A. C’è stato un periodo in cui mi accompagnavi fino ai dormitori e mi chiedevi di entrare in camera. Non lo fai più? + B. Buona serata.
Yeleen: A. (L’ho lasciata preparare le sue cose senza dire niente) (Niente dialoghi.) B. (Se non faccio il primo passo, non risolveremo mai niente…) /
A. Fallo per te stessa. Sei al quinto anno, non puoi fermarti ora. + B. Mi fa piacere che tu mi dica la verità, e apprezzo il fatto che tu l’abbia detto a tua madre, ma non giustifica quello che è successo in palestra…
A. Dove passi le tue notti? Quando non dormi al campus. / B. ok, a più tardi. /
Appuntamento Rayan:
A. Sì ma… è comunque pericoloso. Rischiamo grosso. / B. E’ un idea brillante! + C. Ad ogni modo, vedremo poi sul momento!
A. Far bere dell'alcol ad una studentessa? Cominciamo a trasgredire molte regole. - B. Hmm, sembra delizioso, che cos’è? + (Illustrazione) C. Non dovevi! È adorabile. /
Appuntamento Hyun:
A. La giacca, la cena, le decorazioni, Hyun… hai esagerato. Si trattava solo di una serata… pensavo saremmo usciti. B. Hai fatto tutto questo per me? È… grazie, non so che dire, non mi sono preparata per questo, non me l’aspettavo. + C. È fantastico! E che cosa mangiamo?
A. Trovo sia severo… avrebbe dovuto lasciarti fare quello che ti piace. B. Ma… dopotutto ti piace quello che studi? C. Non sarà stato facile per tuo padre. /
A. Non balleremo mica tutti e due soli qui! B. (Ho preso la sua mano, e mi ha tirato verso di lui in mezzo alla stanza.) + (Illustrazione)
Appuntamento Nathaniel:
A. E così che ti nutri Nath? Al top dell’equilibrio! B. Hai comprato tutto questo per noi? E’ adorabile, grazie. / C. Hmm... ho tanta fame.
A. Immagino che sia un ricordo di una litigata? B. E’... è stato tuo padre? C. E’ il tuo gatto, giusto? + (Illustrazione)
Appuntamento Castiel:
A. Mah scusa, se non ti fossi presentato così presto, non saremmo qui. - B. E io che stavo per avere una crisi cardiaca prima! /
A. Sono sicura che possiamo passare una buona serata qui, posso mettere della musica e possiamo chiacchierare. + B. Possiamo comunque provare ad uscire... no? - C. Non è colpa tua... /
A. Wow, è... Ora capisco meglio l’entusiasmo, il video è pazzesco. + B. Chi è l’attrice? / C. Faccio fatica a capire perchè vai da una ragazza che ha intenzione di avvelenarti, non trovo una spiegazione, ma il video è incredibile! -
A. Si, ma non mi rende tranquilla... Sapere di essere qui a parlare con te mentre le altre sono dietro la porta. - B. Immagino che non sia semplice. / C. Non hai paura di quello che diranno quando uscirai da qui? +
A. (Ero talmente sorpresa dalla sua replica che sono rimasta a bocca aperta, non sapevo come rispondere.) / B. Che cosa ti fa pensare che la invidio? - C. Eppure ci sarebbe qualcosa da invidiare. + (Illustrazione)
Appuntamento Priya:
A. (Presa dal panico, e incoraggiata dalla folla, ho preso la mano di Priya e l’ho seguita sul palco.) + B. N-no, vai! Ti guardo!
A. Vuoi che andiamo a salutarla? + B. Sembrate molto vicine... E’ un ottima amica? C. Non avevate bisogno di me sul palco.
A. Era quello che volevo... ritrovarmi sola con te. + B. E’ vero, sono stupita dal fatto di non vedere gli altri questa sera. C. Io te, e “Tara”!
A. Dimmi... B. Certe cose non hanno bisogno di una formulazione. A volte, bisogna lanciarsi... e, ho voglia di lanciarmi. + (Illustrazione)
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[pensieri scritti in questi lunghi mesi e che finalmente lascio liberi]
vorrei il calore di due braccia che mi capissero e accettassero. ostinatamente penso alle tue. ma anche tu mi hai accantonato – perfino crudelmente rinnegato. non riesco neanche a trovare sollievo nel pensiero di te perché sento che non vuoi, non vuoi che io possa anche solo considerarti un balsamo. vuoi l’oblio, vuoi che ti strappi dalla mia pelle. vuoi essere cancellato dalla mia memoria. ma io che colpa ho, che colpa ho se ancora ti ricordo e ti cerco?
non riesco a trovare pace perché in questo momento la mia pace sarebbe poter toccare i tuoi due nei sotto l’occhio sinistro. un gesto semplicissimo, quasi privo di senso, ma in quei due piccoli puntini ho sempre pensato si racchiudesse la tua anima. mi manchi terribilmente. guarda come sono banale e anche un po’ disperata perché il rinnegamento porta con sé la disperazione. eppure ti cerco ancora. che controsenso desiderare chi ci ha spietatamente voltato le spalle. ma io mi ricordo chi sei e per questo mi struggo. ma tu ti ricordi chi sei e, dunque, chi sono io? basterebbe solo piangere insieme. vorrei poter piangere guardandoti negli occhi. vorrei tu potessi accettare le mie lacrime
mi hai accordato il tempo del tuo silenzio. poi, un giorno, in un parchetto, senza neanche guardarmi negli occhi, ti sei liberato di me. io non esistevo già più
come ti sento dolorosamente dentro di me come sussulti. “i had a dream last night that we were painfully connected”
combatto tutti i giorni con l’urgenza di raggiungerti. sento la carne lacerarsi a ogni slancio represso. e così, alla fine, mi costringo a restare ferma, ma che sofferenza indicibile
vado a dormire con questa tristezza inesprimibile in cuore che ha il tuo nome
4.31 – sono sveglia nel cuore della notte e l’unica cosa che riesco a sentire è questo squarcio nel petto
stanotte mi sono svegliata per l’ennesima volta alle 4. sono rimasta a fissare il soffitto per circa mezz’ora per poi improvvisamente mettermi a piangere ripensando al tuo nome – il tuo nome che mi fa tremare e a fatica so pronunciare
penso a Liv e Ingmar, a quando si sono recati sugli scogli di quell’isola svedese e lui, prendendole le mani, le ha detto: “i had a dream last night that you and i are painfully connected”
è tremendo come un tempo cose tue erano per me come fiori, mentre ora mi feriscono impietosamente
oggi continuo a pensare che forse non mi meritavo quello che abbiamo vissuto e per questo mi è stato strappato, che forse sono stata io a sporcarlo con il mio malessere, che forse ti ho rovinato. ma cosa è vero?
faccio tutte queste cose che non hanno più valore, che non hanno più valore
per un momento desidero aprirmi al mondo e, quindi, esco, parlo con altre persone. poi, però, torno a casa e inspiegabilmente si apre il vuoto. nulla mi soddisfa. cosa voglio, cosa sto cercando? e perché torno sempre a te? anche ora tu ti fai pensiero dentro di me. eppure non sei più tu. di chi sto parlando? di un morto? e, quanto a me, non resta più nulla
e oggi, pari a una violenta sferzata, realizzo che non sarà mio, il tuo futuro
il tuo nome è lontanissimo. lo leggo e lo sento lontanissimo. ti ho mai conosciuto? lo pronuncio dentro di me e non trova corrispondenza. chi sei? guarda come ti dimentico, guarda come ti ho già dimenticato. eppure a volte dei punti di me ancora dolgono indicibilmente, ma io non so più per cosa – e chi – soffro
non saprò mai quello che è successo dentro di te. forse è perfino meglio così
la sola idea che tu possa avere pensieri cattivi su di me mi strazia fino al midollo
15 giugno 2019 oggi tu sei morto. in verità, forse, eri già morto mesi fa, ma solo oggi me ne rendo davvero conto. ecco la verità: eri un semplice specchio in cui mi riflettevo, credevo di vedere te, ma in verità ero sempre e solo io
potrei morire dal dolore. si può morire per un dolore così? perché mi hai voluto uccidere in questo modo?
un tempo avevi gli occhi buoni ma ora
alla fine anche noi, come tutti, ci siamo detti addio
alla fine le cose hanno avuto significato solo per me
mi sveglio nel cuore della notte e mi prende un dolore inspiegabile al pensiero che io non so più di te
che pena mi faccio da sola: mi ostino a soffrire per persone immeritevoli
riguardo cose che non torneranno mai più e mi prende un indicibile sconforto. quando avrò pace? mi manchi terribilmente
di ciò che brucia dentro me non parlo più, ma non si estingue
il tuo amore è una cosa lontanissima. fatico perfino a ricordarlo perché non è stato reale. ricordo solo come ti ho amato io e il sangue versato dalle mie vene e lo spargimento e l’incuria. tu che ridi mentre questa mia emorragia non si arresta
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1.Aurora e Gianluca:tutte le cose che non so di te
Aurora e Gianluca si sono osservati una sola volta sull’autobus.Aurora si è innamorata,Gianluca anche.
Aurora sogna.
“Fa molto caldo per essere il 29 di ottobre ad Imola,ripensandoci,avrei fatto meglio a non metterla la felpa stamattina,mannaggia,per una volta che non guardo le previsioni del tempo…
Ma non è il momento di lamentarsi,amzi,meglio che mi sbrighi,sono in ritardo e oggi non prendo nemmeno l'autobus che prende anche lui.
Era proprio bello ieri,e anche l’altro ieri,e anche il giorno prima,sono sicura che era perfetto anche oggi,come sempre:ha gli occhi verdi messi in risalto dal rimmel,i capelli mossi e lunghi fino alle spalle,che però lega per metà,chissà come sono totalmente sciolti,indossa solo pantaloni incredibilmente stretti,non di jeans ma comunque tutti neri,che a volte mi chiedo se sia sempre lo stesso paio o ne abbia 10 con sicuramente una minima differenza gli uni dagli altri,che il mio astigmatismo purtroppo mi impedisce di notare;
insomma ha tutte le caratteristiche di un cattivo ragazzo,all’apparenza,ma io sono certa che non è così,cioè non abbiamo parlato chissà quanto però in una settimana ho conosciuto tutto di lui,o meglio,mi ha raccontato tutto;anche perchè io faccio fatica a parlare quando sono con lui,mi si secca la gola,mi si attorciglia la lingua e mi si stringono i denti,riesco solo a sorridere,a volte aggiungere una mezza espressione di approvazione o stupore,ma di base faccio parlare lui,che poi ha anche una voce stupenda:non troppo calda,non troppo acuta,rauca al punto giusto;e così in una settimana,l’avevo conosciuto,senza farmi conoscere.
Tante volte mi ha chiesto di parlargli di me,ma ogni volta che provavo a raccontargli un po’ della mia vita finiva sempre per aggiungere un aneddoto sulla sua,e puntualmente finiva lì il mio racconto.
Avrei tanto voluto vederlo oggi,ma ho troppa fretta di arrivare in studio,devo passare tutta la giornata lì,a mezzanotte esce la mia prima canzone da solista e sono molto emozionata,nell’ultima settimana,da quando l’ho conosciuto,ho modificato il testo almeno 4 volte,e a dire il vero non potrei essere più contenta del risultato.
La giornata è passata incredibilmente in fretta,la canzone è finalmente uscita e sto già iniziando a ricevere molti feedback positivi,chissà se piace pure a lui,chissà se la sta ascoltando.
Che stupida,non sa nemmeno che canto,figuriamoci se poi è talmente interessato da mettersi ad ascoltare una mia canzone.
Meglio che vado a dormire,domani è lunedì,l’inizio di una nuova settimana d’inferno in università.
Lunedì:salgo sul bus,ho lezione dalle 8 alle 15,solo grammatica di ogni lingua,entro alle 7:50 parlando in italiano esco alle 15:10 non sapendo comporre nemmeno una frase di senso compiuto,torno in autostazione,risalgo in autobus ancora stordita,appena arrivo a casa giuro che dormo fino a domani mattina.Lui non c’è.
Martedì:stessa solfa,salgo in bus,lezione,risalgo in bus.Lui non c’è.
Va avanti così fino a domenica,non l’ho più visto,un po’ mi manca ascoltare la sua voce stando in silenzio;in realtà giovedì mi sembrava di averlo notato scendere dal 527 ma provando a salutarlo ha cambiato strada voltando,insieme allo sguardo,l’angolo.
È già passata una settimana dall'uscita del singolo,e io ancora mi chiedo se lui ha anche solo pensato di ascoltarla.
Sono un'illusa,me lo ripeto da una settimana,sono un'illusa che crede che ad uno bello e interessante come lui interessi sentire le emozioni di una come me,che forse sono fin troppo scontata.
Nel frattempo con le lacrime sono scese anche le palpebre,ed è già lunedì.
Salgo sul 412,l'autobus dove l'ho visto sia la prima che l'ultima volta,mi sento cingere i fianchi da dietro e delle parole vibrare nel mio timpano sinistro:’l'ho ascoltata esattamente 38 volte e mi sono reso conto di tutte le cose che non so di te,ti va di sederti ancora con me,apro le orecchie e faccio scena muta’.
Non mi sembra vero,è lui,chiudo gli occhi e li riapro”
Aurora si sveglia.
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Sono convinta ancora che ci sarà sempre qualcosa che ci lega, in questo momento io sto bene, sto imparando a stare bene con me stessa, mi sto divertendo con le persone che mi circondano e mi circondo solo di persone che mi rendono migliore, ho capito che prima di essere il tuo sole io sono il mio sole, prima di tutto devo scaldare e rallegrare me stessa, mi sto vivendo al massimo questa esperienza come non ho fatto nei mesi precedenti, ho capito che forse la tua è stata una decisione giusta, ci stavamo solo danneggiando nell’ultimo periodo, non riuscivano più a concentrarsi su noi stessi, nessuno dei due stava bene, io ora sto imparando e spero lo stia facendo anche tu, non ti penso più come prima, e sicuramente nemmeno tu lo fai, quando sono ubriaca non ci penso nemmeno a chiamarti, quando prima è sempre stata la prima cosa da fare, sto imparando a conoscere me stessa, ho imparato a vivere molto meglio con molto meno telefono, sto fumando meno e sto ridendo tanto, sto pensando a me e mi sto ritrovando, anche forse un po’ più cresciuta.
Non nego però che la tua mancanza l’avverto, nella quotidianità, mi manchi nelle piccole cose, quanto arrivo a casa mi verrebbe spontaneo scriverti “amore sono a casa” , mi manca il fatto di prendere il telefono la mattina sapendo di trovare un tuo messaggio, non so onestamente se ti amo ancora, penso di sì, ma penso anche che questa sia solo una pausa, che non so capace duri anche tutta la vita, ho pensato che quando mi dicevi di non volere nulla con me perché eravamo giovani avevi ragione, non siamo stati capaci di reggere un amore così grande, è il momento ora che entrambi facciamo le nostre esperienze, che entrambi cresciamo e impariamo a stare soli, poi un giorno chi lo sa!
Ti dico che sto bene ma non è uno sto bene senza te, sto bene perché sto facendo in modo di bastarmi ma tu sei comunque un pensiero non fisso ma frequente, ma certo che ti amo ancora, vorrei solo stringerti fra le braccia e dirti che è stato solo un momento, che questi 2000km ci hanno fatto sbandare un attimo.
Ora voglio parlarti di altro perché come è sempre stato io le cose importanti ho bisogno di raccontarle a te.
Non so che fare ad ottobre, come tu hai sempre detto “sotto sotto faranno I modi che tu rimanga la” al ristorante stanno cambiando tante cose, vorrebbero darmi più responsabilità ma non si può perché ad ottobre me ne vado e sarebbe inutile, io non so cosa fare, questo posto mi sta insegnando tanto e so che ho ancora tanto altro da imparare, tu non ci sei e questo mi manda fuori binario, ho detto a tutti che deciderò a settembre, devo vedere te e casa mia per capire cosa voglio, ma dentro me forse la risposta già la so, certo questa è una grande e bellissima opportunità ma forse non fa per me, se in questo momento ne avessi la possibilità tornerei adesso e questa penso sia già una risposta, non lo so.
Per il resto alla grande, con le amiche ho ripreso quel rapporto che forse era andato a calare da un po’, papà ancora non ho capito come stanno le cose, mamma non mi chiede mai di te ma lo fa ogni giorno con Chiara, le ha detto che con me non ne parla per non farmi stare male, un giorno non ha resistito e mi ha detto “allora con Marco at’apparat o vi siete lasciati?” Io le ho risposto male e le ho attaccato il telefono, dopo me ne sono pentita ma non ho mai parlato di queste cose con mia madre e mi fa strano, secondo me le manchi, strano ma vero, papà invece non ne sa nulla, come sempre mi manda solo il buongiorno e la buonanotte, figurati se mi chiede le cose.
A volte vorrei scrivere a tua madre, ma non lo faccio perché non so come potresti prenderla tu, non so cosa le hai detto e come lei ti vede quindi evito come evito di scrivere a te.
Chissà a te come sta andando, chissà cosa ti passa per la testa, chissà se mi pensi, tanto o poco, chissà come va con questa Valentina, se è solo un amica o se c’è davvero qualcosa, chissà se parli mai di me chissà cosa ti dicono gli altri, io cerco di evitare anche se alla fine ne parlo sempre, mi da fastidio che nessuno ti capisca o chissà se sono io la stupida che debba darti contro invece di dirti in qualsiasi caso son qui, chissà se la pensi ancora come me, se proviamo ancora le stesse sensazioni.
Ti sogno quasi tutte le notti e a volte è una tortura perché più mi sforzo di non pensarti più ti sogno e non so cosa fare, a volte vorrei non dormire affatto e a volte vorrei sognarti il più possibile per sentirti più vicino. Da quando mi hai lasciato spesso vado a ballare,esco e mi diverto ma c’è sempre un qualcosa che mi porta a portarti rispetto, non so, non sono io che decido, ho avuto più occasioni in cui la tentazione c’era, preferisco non entrare nei dettagli, ma non ce l’ho mai fatta, magari la mia serata iniziava anche con “sti cazzi di marco mi ha detto che non torneremo mai assieme” ma non ce l’ho mai fatta non so per quale motivo ma vabbè.
Comunque volevo dirti (anzi chiederti più che dirti) che in qualsiasi momento ti sfiori anche solo il pensiero di cercarmi fallo, qualsiasi cosa ti passi per la testa vienimi a cercare, scrivimi e dimmela, se capisci che hai bisogno che io ti capisca chiamami e io ti risponderò ovunque sia!
Ultima cosa in qualsiasi modo tu voglia fammi sapere che lo hai letto!
- Il ☀️ !
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Non so proprio come iniziare questa roba. Ho così tanto da dire, così tanto da esprimere, che non so da dove comincia questa storia. Forse da quando ero bambina, forse da qualche anno fa, forse da due minuti fa, quando mi è salita la voglia di prendere il pc e scrivere a caso. Sì, forse sì.
È mezzanotte, è una mezzanotte di metà Ottobre, forse tutti nel raggio di chilometri stanno dormendo, non passa un’anima, tutte le luci dei palazzi intorno al mio sono spente, mentre io sono qui con il sapore della sigaretta appena fumata in bocca e una postura improponibile su una sedia più vecchia di me.
Che piccola maleducata, mi presento, sono Syria, ho 24 anni e non ho la minima idea di cosa io stia facendo, a chi mi sto presentando? Con chi parlo? Forse a un amico immaginario, dato che non ho nessuno con me.
Non mi piace parlare di me, di quello che sento, di come mi sento. Se dovessi andare da uno psicologo farei scena muta, forse gli farei leggere quello che scrivo, non sono in grado di esprimermi a voce. - Senti tesoro, io non ti dirò niente, se vuoi ci beviamo un tè caldo, tu puoi leggerti sto schizzo che ho tirato giù e farti due risate insieme a me su quello che mi frulla in testa, se non ti piace come idea allora pago e me ne vado, ciao. -
Sì, me lo immaginerei così un colloquio.
Torniamo a noi, a me e te che stai solo sprecando tempo a sforzarti la vista per leggermi. Povero te, evidentemente ti starai annoiando a morte per essere finito qui vero? Non hai di meglio da fare? Io nemmeno a quanto pare, potrei andare a dormire ma proprio non ho sonno, qualcosa mi tiene sveglia, credo sia qualcosa nel mio subconscio di cui sto prendendo coscienza. Che gioco di parole eh? Tragico.
Ho una domanda da farti. Ti capita mai di vivere dei momenti della giornata in cui ti immagini che qualcuno ti stia guardando senza che tu lo possa vedere? Mi spiego meglio. Io delle volte, soprattutto quando sto guidando, immagino che ci sia qualcuno vicino a me con il dono dell’invisibilità, che sta nel lato passeggero che semplicemente mi tenga compagnia senza che io lo sappia. Sì lo so, forse è un po’ inquietante, credo di essere forse l’unica al mondo. Altre volte invece, immagino che ci sia effettivamente qualcuno con me, e ci parlo per ore, parlo di ogni cosa, del passato, di sesso, del lavoro, della famiglia… Oh cazzo, forse ho davvero un amico immaginario, come i bambini. Visto a cosa serve scrivere? Ti rendi conto di essere pazzo, dovresti provarci anche tu caro lettore, prova a scrivere qualcosa di strano che fai e che non hai mai detto a nessuno, magari ti scopri scemo come è appena successo a me.
Scusa, non volevo insultarti, sono un po’ fuori di testa a volte, non penso prima di parlare, fai come se non avessi detto niente ok? Ok.
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Intervista con il vampiro. “Preferisco fantasticare. Nel mio mondo interiore non ho limiti morali”
AVVERTENZA. L’intervista che segue ha carattere profondamente disturbante e potrebbe turbare la sensibilità del lettore. Nelle intenzioni di chi l’ha realizzata questa intende unicamente fornire uno spaccato della vita di un personaggio controverso e socialmente disadattato. Quanto da lui sostenuto, in un flusso di coscienza che l’intervistatore si è appena limitato a guidare con delle semplici domande, non corrisponde in alcun modo al pensiero di chi ha raccolto la sua testimonianza. È bene che chi legge rammenti che il giornalista deve, nella sua attività, evitare quanto più possibile il ruolo di censore e moralista. Si consideri, pertanto, quanto riportato come un documento che vuole aiutare il lettore a comprendere un universo sotterraneo, che rappresenta comunque una porzione della realtà che ci circonda ed entro cui ci troviamo a vivere.
L’uomo mi accoglie in casa sua, in principio, come se niente fosse. Mi trovo in una città che non conosco. Chiaramente, non posso rivelare chi mi abbia fornito il suo contatto. Lui mi fissa a lungo, dopo avermi fatto entrare. Pur avendo accettato di farsi intervistare, la presenza di un estraneo in casa lo inquieta, anche perché io so di lui. Mi dice: “Quando riporterai l’intervista non citare mai il mio nome. Puoi chiamarmi Pluto. Non fare fotografie. Non hai macchine fotografiche con te, o microcamere nascoste, vero? Se vedo da qualche parte il mio viso sono cazzi. Non citare i nomi dei miei familiari, se dovessero sfuggirmi. Non scrivere niente che possa ricondurre in qualche modo a me”.
Nonostante le mie rassicurazioni, vedo che ancora non si sente a suo agio. “Aspetta un attimo che chiudo le finestre. Fuori non devono sentire nulla”. A maggior cautela, abbassa pure le serrande. Se non fosse mezzogiorno, direi che la notte sembra essere calata prematuramente. “Non mi importunano”, spiega Pluto, “ma non mi salutano nemmeno. Sono un fantasma. Ed è la condizione che ho sempre cercato. I primi tempi, dopo il rilascio, sono stato aggredito parecchie volte. Non ho mai reagito, non ho mai aperto bocca. Prendevo le botte e zitto, non mi lasciavo sfuggire manco un “ahi”. Così hanno smesso. Ogni tanto mi insultano, ma è acqua fresca. Hai incontrato qualcuno del palazzo mentre salivi qui da me?”
“No.”
“Magari ti avranno visto dallo spioncino. Ma, comunque, non è un problema. Solo un cieco potrebbe scambiarti per un bambino.”
Ci sediamo nel salotto di casa sua.
PLUTO: Non è una visita di piacere la tua, quindi non perdiamoci in chiacchiere. Tu sei qui perché sai, o almeno credi di sapere, chi sono. Quindi non devo introdurti niente. Parti con le domande. Quante sono in tutto?
GG: Non ho domande. Chiacchieriamo. Senza preconcetti e imbarazzi. L’ideale sarebbe che tu parlassi a ruota libera di te, della tua vita, dei tuoi trascorsi. Senza domande.
PLUTO: No, allora, non ci siamo capiti. Al telefono, stamattina, mi hai parlato di un’intervista per un giornale culturale o quello che è, una roba sociale. Un’intervista presuppone delle domande – altrimenti è una chiacchierata. Ma io perché dovrei chiacchierare con te? Chi sei?
GG: Non mi sono preparato niente. Per la mia esperienza posso dirti che è molto più imbarazzante svolgerla per domande, un’intervista. Le domande mettono a disagio intervistato e intervistatore. Però, se proprio insisti: perché vuoi che nell’intervista ti chiami Pluto? Partiamo da qui.
PLUTO: Pluto, mi è venuto in mente così. Mi è sempre piaciuto come cartone. Forse perché aveva la lingua lunga. Perché era un cane giallo. Perché amava incondizionatamente un topo, un essere molto più piccolo di lui.
GG: Senti particolarmente tue queste caratteristiche? Senza ironia, sia chiaro.
PLUTO: Chi non vorrebbe avere una lingua lunga come Pluto? Con una leccata prendeva tutto il corpo di Topolino, dai piedi alle orecchie.
GG: Farebbe comodo a tutti, immagino.
PLUTO: A tutti, già.
La conversazione, a questo punto, sembra arenarsi prematuramente. A me non viene altro da dire e Pluto sembra innervosito. Mi chiede più volte se sono della polizia. I miei dinieghi non lo convincono. Si chiude ancora di più.
“Ora vado a dormire”, mi dice, ma non si muove dalla sedia a dondolo.
PLUTO: Non ne verrà niente di buono, da questa roba. Più la rimesti, la merda, e più puzza.
GG: Mi sembri infastidito. Stai tranquillo, il tuo nome non uscirà in alcun modo, ripeto. Non uscirà niente che possa ricondurre a te. Su questo puoi stare sereno al cento per cento.
Un’altra lunga pausa. Stavolta Pluto ne approfitta per aprire una bottiglia che nel buio non riesco a identificare. Si attacca e beve. Ma ci vuole almeno un’altra mezz’ora prima che il nostro incontro ingrani la marcia.
PLUTO: Un pedofilo è un colpo grosso per una piccola rivista, vero? Uno scoop.
GG: Non è questo l’obiettivo. Tu ti consideri un pedofilo?
PLUTO: Un pedofilo è qualcuno attratto sessualmente dai bambini, no? Neppure a mia madre l’ho mai negato. È stata la prima persona a saperlo. E gliel’ho detto io.
GG: Tua madre come l’ha presa?
PLUTO: Ero ragazzo, abitavamo ancora in campagna. Certe cose non erano così diffuse, negli anni settanta. Specie nei piccoli centri. Come la prese mia madre… mi disse di non parlarne con nessuno, di pensare al lavoro e di “limitarmi a guardare”. Che poi è quello che ho sempre fatto. Guardato e basta.
GG: C’è stata, se lo ricordi, una prima manifestazione del desiderio?
PLUTO: Sì. A quindici anni.
GG: Cosa è successo?
PLUTO: La comunità della chiesa doveva allestire il presepe vivente. Mancava un neonato per fare Gesù Bambino. Non nascevano bambini da sette anni, in paese – e il bambino più piccolo aveva appunto sette anni. A lui perciò assegnarono, per quanto poco realistico fosse, il ruolo di Gesù appena nato. Io mi occupavo dei costumi e, poco prima della messa in scena, chiesero a me di truccare il ragazzino per nascondere l’età. Gli ricoprii tutto il corpo di cerone. Ci misi due ore, non volevo finire più. Non lasciai scoperto nemmeno mezzo millimetro di pelle… Un impegno così, oggi, farebbe insospettire chiunque. All’epoca non ci pensò nessuno.
GG: Avevi una qualche consapevolezza del tuo desiderio?
PLUTO: Certo. Sapevo di desiderare quel bambino.
GG: Facesti qualcosa con lui nelle due ore di preparazione?
PLUTO: No. Gli applicai il cerone anche sui genitali – ma il ragazzino doveva apparire nudo sulla paglia, perciò faceva parte del mio compito. Non andai mai oltre.
GG: E dopo questo?
PLUTO: Pensai che una volta cresciuto di età anche il mio desiderio sarebbe maturato. Non più i bambini ma gli uomini. L’idea mi faceva paura – essere attratto da un coetaneo peloso e che, come me, iniziava a puzzare di sudore.
GG: Storie sentimentali? Relazioni?
PLUTO: Stavo per parlarne. Guarda come a volte la fortuna viene incontro agli onesti. Mi fidanzai qualche tempo dopo con una ragazza. Questa aveva due fratellini piccoli, due gemelli. D’estate giocavano senza vestiti nel giardino della loro casa. Nessuno si vergognava di niente, una cosa molto tranquilla, naturale. Era bello vederli schiacciare a piedi nudi gli insetti del prato, sedersi per togliere le spine, ripulirsi dalla terra prima di rientrare in casa. Una volta fecero a gara a chi calpestava più vermi. La mia ragazza era uscita per una commissione e, alla fine dei giochi, mi offrii io di pulirli. Fu bellissimo – e quanto abbiamo riso! Quei due mi adoravano.
GG: Quanto durò con la ragazza?
PLUTO: Un paio d’anni. Poi mi trasferii qui e la lasciai. Mi dispiacque soprattutto per i due gemelli. Per lei relativamente… non è che avessimo combinato o progettato granché nel frattempo. Siamo agli inizi degli anni ’80. Con due anni di ritardo avevo deciso di iscrivermi all’università. Di questa città mi piaceva l’anonimato. Non c’era, come al mio paese, obbligo di rapporti sociali. Infatti, i primi mesi, non frequentavo praticamente nessuno, a parte i miei colleghi di corso.
GG: Cosa studiavi?
PLUTO: Scienze Politiche. Di solito, quelli come me si iscrivono a Lettere per cercare nella letteratura un modo per giustificare a sé stessi la natura dei loro impulsi. Oppure a Psicologia, per ovvi motivi. O anche a Medicina, così da arrivare poi alla specializzazione psichiatrica o alla professione pediatrica. Dico questo sulla base della mia esperienza. Ho conosciuto centinaia di persone con passioni identiche o simili alle mie. Scienze Politiche mi piaceva perché era estranea, nuova, senza l’obbligo della passione e perciò più stimolante. Se qualcosa non mi piace lavoro meglio. Cerco di sbrigarmela il più in fretta possibile e sono più efficiente. Mi dispiace, comunque, di non essermi laureato.
GG: Come mai?
PLUTO: Alla morte di mia madre mi ritrovai in possesso di molte proprietà immobiliari. Non ritenni più utile studiare. Peccai di pigrizia, di comodità.
GG: Ok. E sull’altro versante? Quello del privato, dell’intimo.
PLUTO: Il periodo migliore della mia vita. Un via vai di persone e contatti. Noi amanti dei bambini ci mischiavamo alla comunità LGBT. Era una festa continua e non sempre i ruoli e le passioni erano chiare. Non era difficile che un omosessuale semplice o risolto abbordasse un ragazzino per scoparci. Checché ne possano dire oggi, non esisteva la sacra inviolabilità del preadolescente. Chiedevamo l’abbassamento dell’età del consenso, si parlava di nuove identità, di inedite e mai esplorate forme d’amore. In tutto questo, te lo ripeto per l’ennesima volta, io non facevo niente di fisico. Ma arrivai a mettere insieme una discreta collezione di riviste e vhs. Oggi, se la possedessi ancora, varrebbe una fortuna.
GG: Cosa si vedeva in questi video e nelle immagini che ti sono capitati per le mani?
PLUTO: C’era un po’ di tutto, dalle scene più soft a quelle più estreme come stupri e pestaggi. Ogni tanto capitava di vedere qualche omicidio. Ricordo una cassetta in cui un bambino molto grasso veniva picchiato a morte da alcuni coetanei. Poi facevano finta di coccolare il cadavere, lo truccavano e gli schiacciavano i testicoli.
GG: Ricordi anche se ti eccitò?
PLUTO: Sì, mi eccitò. La guardai qualche altra volta e poi la diedi via. Troppo senso di colpa.
GG: Il resto del decennio?
PLUTO: Dopo i fuochi iniziali tutto si spense lentamente. La paura dell’AIDS minò tantissimo la vita pubblica. A ogni serata vedevi persone che si tastavano di nascosto i linfonodi, gente che si chiudeva in bagno e vomitava per l’ansia. Chi prima aveva sbandierato la propria omosessualità, ora taceva e negava per paura di essere associato alla malattia. Questa angoscia si rifletteva anche nel nostro immaginario. Non c’erano più figure sorridenti, la felicità aveva smesso di essere sexy. Comparvero foto di ragazzini emaciati, pallidi, pieni di lividi. La volgarità e la violenza divennero categorie commerciali a sé. Per un periodo furono molto popolari delle videocassette, in cui dei giovanissimi bestemmiavano e gridavano ogni sorta di oscenità su uno sfondo bianco – solo questo per tutta la durata del video.
GG: Una specie di anticamera infernale, sembra.
PLUTO: Ma l’uomo si abitua a tutto. Io mi abituai, figurati. Ero giovane, benestante e potevo permettermi di non fare niente tutto il giorno. A fine mese ricavavo sempre una bella somma dagli affitti. Giocai persino in borsa, fomentato dal mito di Wall Street. Ero uno yuppie all’italiana. E, poi, a me il problema dell’AIDS non toccava minimamente. Non ero frocio e, quando dovevo scopare, mi accontentavo di qualche ragazza amica di amici. A occhi chiusi e con molta fantasia, certo, ma una donna è più vicina a un bambino di quanto non lo sia un maschio adulto. È anche una questione di pelle…
GG: Tu hai ripetuto diverse volte di non aver mai toccato un bambino, di non aver mai abusato di qualcuno. È stata una remora morale, la tua? Lo hai fatto per paura delle conseguenze? Per umanità?
PLUTO: Non l’ho mai fatto perché credo che, se lo facessi, i ragazzini non mi attrarrebbero più. Non li troverei più interessanti. E davvero, senza la mia attrazione per loro, non saprei dove sbattere la testa. Preferisco fantasticare oppure guardare. Nel mio mondo interiore non ho limiti morali. Posso immaginare ciò che voglio. Non ci sono vittime e il sangue, come posso dire, è finto. Questo non toglie che, se ti raccontassi ciò che mi passa per la testa, scapperesti sicuramente via. Il fatto che io parli con tanta lucidità, però, dovrebbe fugare ogni dubbio riguardo la mia pericolosità. Non sono pericoloso. Non agisco, non ho mai agito.
GG: Acquistando o diffondendo materiale pedopornografico, però, contribuisci a fomentare gli abusi e il mercato delle violenze.
PLUTO: Qua ti sbagli. Il mercato delle violenze, come lo chiami tu, esisterebbe anche senza di me. Siamo milioni. Che una goccia d’acqua faccia un oceano è una bugia per stronzi. E, comunque, non ho più niente a che fare con prodotti simili, da quando mi hanno rilasciato, quindi questi discorsi non mi riguardano in alcun modo.
GG: Com’è stata la vita in carcere? Girano molte storie su come venga trattato un pedofilo dietro le sbarre.
PLUTO: Non c’è stato molto clamore mediatico a precedere l’arrivo in carcere, dopo il mio arresto, perché, a conti fatti, nessuno aveva toccato nessuno. Perciò i primi giorni sembrava facile. Poi le voci iniziarono a girare ed ebbi non pochi problemi. Sì, in parte è tutto vero quello che si dice. È chiaro che lì dentro siamo reietti, proprio l’ultimo gradino. Un rapinatore si sentirà sempre e comunque superiore a un pedofilo.
GG: Sei mai stato aggredito?
PLUTO: Certo. Diverse volte. Anche da alcune guardie, durante gli spostamenti da una parte all’altra. La sera, quando mi mettevo a letto, immaginavo che a picchiarmi fossero stati dei bambini. Questa è un’immagine che ritorna spesso.
GG: Ritorna spesso. In che modo?
PLUTO: Non voglio parlare di questo. Continuiamo con la mia vita esteriore, piuttosto. Invece di sei anni, ne feci cinque. Uscii nel 2014. Decisi di non trasferirmi altrove. Ritornai qui, nel mio quartiere. Una scelta che qualcun altro avrebbe interpretato come una zappata sui piedi. Tutti sapevano quello che avevo fatto e, sicuro, non mi aspettavo comprensione o vicinanza dai minus habens. La vecchia portiera del palazzo disse che volentieri mi avrebbe strappato il cuore dalla bocca, se avesse potuto. Molti mi sputavano dietro. Le botte fanno male, ovvio. C’è il rischio di danni perenni, di rimanerci. Sono stato picchiato molte volte, dopo il mio ritorno qui. Te lo avevo già accennato prima. Non reagivo. Non bisogna reagire. Solo così si stufano. E, infatti, alla fine si sono stufati, sono anni che nessuno mi tocca. Mi picchiavano perché li facevo sentire vigliacchi, codardi, incapaci di accettare le fantasie e le voglie più comuni che tutti rinnegano per paura della felicità. L’ordine sociale ha paura della felicità umana. Io sono venuto al mondo per scuotere le coscienze.
GG: Pretesa eccessiva.
PLUTO: Perché?
GG: Perché, a parte la gente del quartiere, nessuno ti conosce, Pluto. Magari qualche psicologo, qualche tuo vecchio amico o gli archivi delle forze dell’ordine. Il tuo crimine non è stato niente di eclatante o radicale. Ridimensionati.
PLUTO: Io ho avuto il coraggio di stare dall’altra parte, di espormi pubblicamente. Ti pare poco? Io non rinnego niente. E, tra tanti, ci sono anche io. Quando sarà sdoganata la felicità, in futuro, citeranno anche il mio nome insieme a tutti gli altri.
GG: Ma non era una cazzata la storia della goccia che fa un oceano? E poi: di quale felicità da sdoganare stai parlando?
PLUTO: Quella del corpo, dell’essere liberi. Anche i bambini hanno dei desideri e provano piacere come noi. Abbiamo paura di questo. Temiamo i loro desideri perché sappiamo che sono più grandi e incontrollabili dei nostri. Non hanno forma. I desideri dei bambini possono travolgerci. Godono più di noi. Ti sei mai chiesto quanto possa godere un neonato, se stimolato a dovere?
GG: Prima di una certa età non si può provare piacere, è fisiologico.
PLUTO: E chi lo dice? Il neonato? Un po’ presuntuoso parlare per qualcuno che non ha capacità di esprimersi.
GG: Ti stai arrogando anche tu lo stesso diritto.
PLUTO: Sì. Con la differenza che voi parlate dalla parte dei censori, dei castratori. Io parlo dalla parte dell’amore e della condivisione. Amare un bambino non significa fargli violenza per forza. Crescete: questo è un pensiero primitivo, da Medioevo. Ogni età ha i suoi orgasmi e i suoi godimenti. Un neonato è tutto erogeno, puro piacere. “Dove lo tocchi suona”, come si dice. Gli basta una carezza, un bacino. Crescendo, il corpo predispone al piacere soltanto alcune zone. Crescendo, il corpo smarrisce l’innocenza e l’orgasmo si ridimensiona, si riduce al cazzo, alle palle, allo schizzo di sborra. Ma l’età è una cazzata. Siamo tutti uguali, dalla nascita fino alla morte. E a ogni età abbiamo diritto al piacere.
GG: Se, come hai detto, l’aspetto fisico è escluso dai tuoi desideri, perché accalorarsi tanto?
PLUTO: Perché è una questione di principio.
GG: Se avessi la possibilità di tornare indietro e cancellare per sempre, dall’inizio, le tue fantasie – lo faresti?
PLUTO: No. Assolutamente no. Le mie fantasie non hanno mai danneggiato nessuno. E alla vita non chiedo altro che questo. Di immaginare, di sognare. Poi si vedrà.
Gabriele Galloni
L'articolo Intervista con il vampiro. “Preferisco fantasticare. Nel mio mondo interiore non ho limiti morali” proviene da Pangea.
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