#foljk
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risetherivermoon · 2 years ago
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bellatrix and barty have a big sister & little brother dynamic, and i stand by it
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flesh-is-the-fever · 6 months ago
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"Commonwealth of Independent States?" More like, Commonwealth of Independent Based, am I right foljks
it's funny how people haven't gotten over the dissolution of the ussr, it's gone people it's not coming back
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solardrink · 3 years ago
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Tumblr media
streamer man ^_^ hes oh so beloved
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lebowskimike-blog · 7 years ago
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Hel (II)
L’atmosfera nel saloon era satura dall’acre odore di whiskey e dall’opprimente olezzo di baciodidonna. Qualcuno di quei gentiluomini aveva evidentemente avuto la brillante idea di lanciarlo in uno dei tizzoni all’ingresso dell’Auld Lang Syne. Archard Benoit ne osservava la lenta combustione. Bruciando, la resina contenuta nel verde ramoscello lanciava piccole scintille cerulee nella fiamma che manifestava la propria approvazione crepitando vivacemente. Sorseggiava la sua birra in disparte. Sufficientemente lontano dagli schiamazzi e le grasse risate che di tanto in tanto esplodevano nella sala. Erano state già due le avvenenti ragazze che, nel corso della serata, avevano offerto i loro servizi. La terza, evidentemente affascinata dall’uomo, aveva persino avanzato uno sconto piuttosto importante. Superò il tavolo a testa bassa e con le braccia lunghe sui fianchi quando sentì declinare l’offerta. La ragazza non era certo da biasimare. Con tutta probabilità anche le precedenti colleghe erano state spinte a muovere un’avance dall’aspetto intrigante di quell’uomo solitario. 
L’unico individuo in tutta la sala a mantenere sul capo un cappello da cowboy a tesa larga, lunghi capelli castani che arrivavano alle spalle, e due occhi cinerei che brillavano sotto l’ombra del copricapo. Tolti quei punti salienti, non avrebbe avuto nulla di eccezionale rispetto agli altri commensali. Come tutti gli altri vestiva infatti un poncho largo, blu jeans scoloriti dall’incessante sole meridionale ed un paio di stivali in cuoio dal tacco consunto. Ma quegli occhi… Marybeth Lowe percepiva in quegli occhi il freddo ed attraente bacio della morte. Era sicura che sotto quel serape non si celassero comuni pistole, ma la falce della Santa Muerte in persona. I suoi erano gli occhi di un predatore, ed un lupo non siede mai con le pecore. Lui sedeva in silenzio. Osservava il fondo del suo boccale di birra come una vecchia indovina legge il futuro nelle foglie di tè. Percepiva di sentirsi osservata dall’uomo misterioso sebbene sedesse a diversi tavoli da lei e gli desse le spalle. Come se madre natura gli avesse fornito un paio di occhi aggiuntivi sulla nuca. L’uomo al piano aveva abbozzato un principio di “Sing Lil’ Joe”, e sebbene non fosse particolarmente convinto nell’esecuzione, dall’area limitrofa al bancone si alzò un coro di voci lagnanti e impastate dall’alcol, un coro di cani randagi in preda a guaiti isterici. La verità era che sotto quel poncho, Archard Benoit non celava né la falce dell’Oscura Signora, né tantomeno comuni ‘pistole’. Una Colt non poteva essere definita una comune revolver, figuriamoci una pistola. Quando nello specifico era una Single Action Army in versione artillery. L’aveva rinominata ‘Hel’, in onore della gigantessa regina degli Inferi. La portava sul fianco sinistro, nella fondina in cuoio consunta quanto i suoi stivali. Quasi se ne scorse il luccichio quando si alzò dal suo tavolo, pronto per lasciare quel locale squallido dimenticato da Dio. Incrociò i grandi occhi della ragazza di prima, probabilmente non aveva smesso di fissarlo sin dal loro limitato scambio di parole e altrettanto avrebbe continuato ad osservare i battenti della porta alla sua uscita. Quegli occhi grandi e castani, quel piccolo naso scolpito all’insù dallo stesso artista che le aveva donato due labbra socchiuse e carnose la rendevano davvero graziosa. Naso numèro, lo chiamavano oltre i confini della sua città natale benché non ne avesse mai colto il motivo. In tutta Numa non vi erano ragazze con un naso di tale forma, ma sapeva come funzionassero i detti popolari così finì per utilizzarlo anche lui.
I battenti del locale si spalancarono con forza. Archard ne sentì stridere i cardini arrugginiti nonostante il chiasso proveniente dalle sue spalle. Rufus, il pianista, stava compiendo il terzo ritornello di ‘Sweet tiny love’ accompagnato da una dozzina di disperati. La comitiva canora si interruppe bruscamente alla vista dei cinque nuovi arrivati. Solo dalla cordiera proveniva un lieve tremolio residuo da tanta baldoria. Benché si trovasse a circa sei passi dall’uscio, gli uomini si guardarono ugualmente in torno scorrendo tra le facce sbigottite dei clienti alla ricerca dell’interessato. Parvero ingenuamente sorpresi quando si trovarono il cacciatore davanti, sin dal principio. Più precisamente tre dei cinque. Todd e Rodd sembravano più interessati a rovistare con il proprio indice dentro le rispettive narici. La prima falange scompariva all’interno del setto nasale. Non sembravano particolarmente svegli ed Archard era sicuro che non fosse stato per la stazza decisamente importante sarebbero finiti a fare gli sguatteri presso qualche taverna, magari proprio quella. Facevano decisamente scena e parevano persino minacciosi occupando singolarmente lo spazio vitale di due uomini.
«Con questa fanno tre lune, cacciatore!» parlò l’uomo in centro al quintetto. La sua corporatura era tozza e appariva ancora più sferica se paragonata ai due omoni parcheggiati al suo fianco. «Ne hanno trovato un altro mentre stai qui a bere e importunare le nostre donne!» dalla sala si levarono mormorii di consenso. Ad ogni parola i folti baffi dell’uomo panzuto parevano gonfiarsi e smorzavano di molto l’effetto vessatorio sebbene le sue parole risuonassero per tutta la stanza e gli conferissero una certa autorevolezza.
«Mi rammarico pensi questo del mio operato, Sceriffo.» Chinò la testa in segno di riverenza, sapeva quanto l’uomo dalla pancia prominente amasse questo genere di ossequi, proseguì con il discorso quando sentì di aver centrato il cuore del suo interlocutore. «Come può immaginare, questo genere di demoni sono scaltri e incredibilmente mortali. Rivolgo le mie più sincere condoglianze alla famiglia di questa nuova innocente vittima, se ne aveva una.»
«Non l’aveva.» Lo corresse immediatamente lo Sceriffo Donald Parkins. Tornò a scorrere con gli occhi i volti degli spettatori di quella conversazione con un’espressione intorbidita dalla reminiscenza di una ferita profonda. «Come nessuno di noi.»
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