#focei
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Elea denominata in epoca romana Velia, è un'antica polis della Magna Grecia.
Le origini di Velia sono legate alla battaglia di Alaia, in cui vide scontrarsi tre diverse popolazioni: focei, etruschi e cartaginesi.
La felice posizione geografica di Elea – situata su un promontorio a picco sul mare con due insenature che offrivano riparo dalle navi e dai venti e il territorio interno impervio – la rese molto forte.
Fu governata dalle buone leggi volute dal filosofo Parmenide.
Grazie a questo filosofo, nativo di Elea, si formò la cosiddetta “scuola eleatica” che influenzò molto il pensiero greco.
Uno degli allievi più importanti della scuola fu Zenone che molti considerano “padre della matematica di precisione”.
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Venivano con i barconi, venivano dall’Africa. Erano gaglioffi, oggi li chiameremmo pirati, gente di malaffare, trafficanti. Il “dito puntato” sulla Sicilia, la Tunisia con il suo capo Bon, era una delle vie più facili. Ma anche costeggiando lungo la Calabria e scendendo dall’alto come uccelli predatori era possibile giungere in Sicilia con facilità. Oggi sono afgani, pakistani, ed etiopi ed eritrei, mischiati a siriani, tunisini marocchini, e gente del centro Africa: nigeriani, maliani, ghaniani. Allora si chiamavano focesi, cumesi, calcidesi. Spesso mischiati a fenici, a ciprioti, cretesi e a mille altre etnie del Mediterraneo dell’epoca.
Copertina del libro di Massimo Frasca e Dario Palermo: Civiltà egee alla scoperta dell\’Occidente.
Venivano e trovavano le popolazioni siciliane perplesse se non contrariate da simili presenze. Gente che portava disordine, che rubava, che sovvertiva l’ordine religioso. Quando andava bene, commerciavano in droga: vino, e spezie provenienti dalla profondità dell’Anatolia e dell’Estremo Oriente. Attraverso il vino e il metallo convincevano i capi più restii a tollerare la loro presenza. Quando arrivavano in pochi avevano la furbizia di trattare; quando cominciarono ad arrivare più numerosi si prendevano semplicemente quello che ritenevano gli servisse. A Leontinoi dicono, i calcidensi trattarono; a Siracusa i corinzi fecero strage. D’altronde, quando si viene con le barche e poi non sai dove parcheggiarle, ti capita il parcheggiatore esoso, oppure quello che ti fa lo sgarro: bisogna stare attenti, e quella razza di viaggiatori erano davvero “navigati”, facci tagghiati, scafati. Sfruttavano tutto quello che era possibile sfruttare: il vento e la corrente, le stagioni (si navigava solo per i pochi mesi della buona stagione); poi si tirava la barca a riva e si seminava, ci si disponeva per passare l’inverno. Era gente povera, che veniva in contatto con popolazioni altrettanto povere e ci si derubava per niente. Le eccezioni erano ricordate. Si tramanda che le mura della città di Focea furono costruite grazie alla donazione del re spagnolo di Tartesso (Argantonio). i Focei furono i primi Greci ad intraprendere lunghi viaggi marittimi e a scoprire l’Adriatico, la Tirrenia, l’Iberia e Tartesso a bordo di agili penteconteri.
La pentecontera era un barcone con 25 vogatori da una parte e 25 dall’altra (50 vogatori, da cui il nome dato a questo tipo di barcone). Per intendersi: la nave Argo mitica era una pentecontera (e gli Argonauti erano appunto 50). La pentecontera era una nave da guerra, non a uso esclusivamente mercantile (le navi mercantili anche allora avevano il fondo tondo, per permettere di trasportare più roba). Quando si viaggia, è meglio essere preparati al peggio.
Si sparsero un po’ tutto il Mediterraneo, come il prezzemolo: ovunque c’era possibilità di attecchire, di creare un emporio, una colonia. Marsiglia (coste mediterranee della Francia odierna) fu fondata dai focei.
Qualche secolo dopo, nella distanza che tutto sfoca, si parlò di “greci” per queste popolazioni che cominciarono ad occupare le coste per poi addentrarsi cautamente all’interno dell’isola. E si ammirarono quali “monumenti” le cose che furono costruite dopo: templi, statue, monete. Man mano che gli archeologi scavavano, o i viaggiatori inglesi, tedeschi, francesi indicavano come reperti d’interesse turistico ed archeologico.
Si imparano un bel po’ di cose dalla lettura del libro di Massimo Frasca a Dario Palermo, “Civiltà egee alla scoperta dell’Occidente : Viaggi, esplorazioni, colonizzazioni” (edito dalla ragusana Edizione di storia e studi sociali). Un libro di archeologia scritto da due valenti archeologici, con taglio divulgativo ma scientifico. Nel primo, mirabile, saggio di Frasca, si parla delle città greche della fascia anatolica: Focea, Smirne, Cuma.
"La serie dei graffiti dell’agorà di Smirne costituisce, rivaleggiando con quella di Pompei, la collezione di graffiti più ricca del mondo antico" [1]
Cuma Eolica era una delle 12 città “Eolide”. Nell’VIII secolo ac, alcuni cumani e alcuni calcidesi arrivarono fino in Campania per fondare un’altra Cuma, che influenzerà Roma e avrà un ruolo culturale e religioso molto più importante di quanto normalmente si pensi. Ed Elea, che ha a che fare con Parmenide, la musica e la matematica, la filosofia e la medicina. Il saggio descrive quel che abbiamo finora rinvenuto, e l’influenza che queste città ebbero nel mondo egeo e mediterraneo “sprovincializzando” le nostre letture finora troppo concentrate sui territori siculi e dando una visione d’insieme e di più vasto respiro. Il Mediterraneo era davvero quella cosa “aperta” che Braudel ci ha indicato di contro la nostra visione “chiusa” e murata, abituata a una “cortina” marina che ancora non è caduta a differenza di quanto è avvenuto con l’arretramento della frontiera nell’Europa dell’Est e che anzi la terrorizzata Europa dei privilegi vacillanti vuole a tutti i costi ristabilire.
Il secondo saggio, quello di Palermo, ci aggiorna sul periodo pre-greco, sull’avventura e l’espansione dei cretesi (la “civiltà minoica”) in Sicilia. Oggi ne cominciamo a sapere molto di più delle poche scarne notizie che ne avevamo tramite i documenti storici greci (tutti posteriori di diversi secoli). Ancora troppo poco, ma quel poco risulta davvero affascinante e ci apre (attraverso le pagine di Palermo) intere pagine di pre-storia che non conoscevamo.
L’archeologia, così come la filologia e l’investigazione criminologica, è un logos indiziario. Attraverso la "prova" o l’evidenza dell’indizio ritrovato quale traccia dell’evento passato, si congettura l’ipotesi su "come si sono svolti i fatti". Purtroppo, in archeologia (e anche in filologia) quasi mai l’assassino confessa il misfatto. Si rinvengono oggetti, gli oggetti si cerca di interpretarli, il resto sono congetture. Se la criminologia recentemente può avvalersi di metodiche di attribuzione e di datazione "scientifiche" (es_ analisi del DNA), non così l’archeologia per cui solo il carbonio 14 e poche altre tecnologie aiutano nella datazione dei materiali organici. Per i materiali inorganici (le pietre) c’è poco e niente. Giusto l’acume di qualche archeologo che utilizza il metodo della scuola dell’arte (Warburg) per trovare similarità stilistiche tra anfore e fregi rinvenuti. Ho sempre trovato affascinante la concomitanza che criminologia e archeologia hanno avuto nei loro sviluppi, dall’Ottocento ad oggi, Sherlock Holmes e le grandi spedizioni archeologiche hanno mosso i loro passi assieme - assieme agli eserciti coloniali europei. Per il resto la ricostruzione è provare a far luce su un buio tenace.
In questo buio ciò che vediamo è spesso quello che fa parte della nostra esperienza, l’esperienza dell’"oggi". Così l’archeologia recente ha maggiormente compreso alcuni aspetti commerciali e tecnologici del passato pre-storico. Abbiamo avuto una consapevolezza maggiore delle epoche di cesura: epoche in cui per un qualche motivo "la storia" cambia (la metafora del fiume che devia o si riduce a un rivolo). Insomma, quella visione catastrofista che è propria della visione novecentesca e occidentale. Sappiamo ad es_ che "qualcosa" è avvenuto attorno al 1177 ac [2] con il "collasso" di tutta una serie di civiltà che nell’era del bronzo erano arrivate a costituire un sistema connesso (si pensi solo che lo stagno, necessario per il bronzo, proveniva dall’Afghanistan; il rame da Cipro ecc_). Qualcosa avverrà poi con l’uccisione di Archimede nel 212 ac nel settore scientifico [3].
Vicino Mussomeli (Caltanissetta) vi è il sito di Polizzello [4] su cui ha indagato Dario Palermo. Qui è il rinvenimento di un elmo cretese [5] che viene datato alla fine del VII secolo e che "costituisce sinora la più cospicua testimonianza della presenza cretese al di fuori della Grecia" [6]. Il saggio di Palermo ci riporta a una pre-storia in cui i pochi rinvenimenti archeologici dialogano con i testi che la tradizione storiografica greca e romana ci hanno lasciato e che testimoniano dei rapporti che esistevano tra Sicilia e Creta. La fondazione di Gela, in epoca post-1177. Ma (probabilmente) prima la fuga in Sicilia del mitico Dedalo, e la morte sempre in Sicilia dell’autocrate Minosse. Nel racconto di Diodoro e di Apollodoro, Minosse fu sepolto in Sicilia, e le truppe cretesi sbandate fondarono poi diverse città tra cui quella di Engyon, che divenne sede di un santuario dedicato al culto delle Madri (Matéres). Noi non sappiamo se Engyon è il sito di Polizzello o di Sant’Angelo Muxaro (per questo sito, in cui è stata rinvenuta una tomba molto grossa si è fatta l’ipotesi che potesse essere il sepolcro di Minosse [7]). E tuttavia la venerazione delle Madri rimanda non solo a una religiosità probabilmente attestata anche nella madrepatria Creta ma soprattutto a una civiltà pre-indoeuropea [8] che rimanda a un’epoca ancora antecedente quella del bronzo. Nella ricostruzione mitologica che i Greci operarono culturalmente successivamente, avvenne l’identificazione delle Madri con le donne che aiutarono Zeus bimbetto appena scampato dall’essere divorato dal padre-patrigno Kronos.
Il libro di Frasca e Palermo è davvero consigliato. I due saggi sono due viaggi, che invogliano il lettore a prendere valigia e notes e mettersi in viaggio per andare a visitare i luoghi descritti. [...]
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L’antica città di Velia regala nuove scoperte: gli elmi della battaglia di Alalia del 540 a.C.! Gli scavi al @parcoarcheologicovelia hanno portato alla luce i reperti risalenti alla più grande battaglia del Mediterraneo tra i coloni greci Focei e gli alleati Cartaginesi ed Etruschi. Gli scavi sono stati condotti sotto quello che è indicato come il Tempio di Atena, rivelando vasellame, armi, scudi ed elmi in perfetto stato di conservazione. La Campania non smette di stupire! (presso Parco Archeologico Velia) https://www.instagram.com/p/CZd1g9KtlW_/?utm_medium=tumblr
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Aleria (Corsica). Old Town. The city now has just over 2000 inhabitants. In addition to the coast, it consists of two inhabited areas, that of the modern hamlet of Caterragio (along the road to Bastia to the north and Porto Vecchio and Bonifacio to the south) and the historic center 500 meters from the hamlet. The Tavignano river flows there and fall into the sea. The historic center is the ancient Alalia, a Roman colony, but founded in 565 BC. by the hellenic Focei, Ionic exiles, colonized also by Etruscans and Carthaginians, before the Romans, who made it the Corsican capital, then it had 20,000 inhabitants. In the small medieval village, where the excavations of the ancient city are also located, there is the church of San Marcel of the fifteenth century, built by the Genoese on Pisan and fourth century remains; and the fort of Matra (1572), also built by the Genoese, where the archaeological museum is currently housed. Images: the fort/museum, Saint Marcel, detail of the bell tower, panorama of Aleria center. #city #oldtown #consistency #aleria #corsica #corse #alalia #flow #foundation #exile #matra #corsicanlife #oldtown #bastia #bonifacio #portovecchio #ionic #capital #travel #traveling #visiting #instatravel #travelling #tourism #instatraveling #travelgram #travelingram #massimopistis #sovVERSIvi #estremisti Information for the purchase of my new book "Estremisti!": the book at a cost of 12.00 euros (120 pages), can be ordered in bookstores (ISBN 978-88-591-5719-9 - Publisher Aletti) or online on the page http://www.alettieditore.it/emersi/2019/pistis.html from the link below. https://www.instagram.com/p/CMX292Kl2GJ/?igshid=k1ta7be5dbjm
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💗FILOSOFIA💗
“L'essere è, il non essere non è, pensare ed essere sono la stessa cosa.”
Parmenide di Elea
~Immagine dal web - Ascea, in Campania, in provincia di Salerno, ITALIA. È l’antica Elea – chiamata anche Velia –, la colonia greca fondata nel VI secolo a.C. dai Focei che fuggivano dalla Ionia (oggi in Turchia) insidiata dai Persiani. La patria della scuola filosofica di Senofane di Colofone, Parmenide, Zenone e Melisso di Samo.~ Per saperne di più su Parmenide cliccare il link sotto... https://www.youtube.com/watch?v=7MrEw5SAFCE&t=249s
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L'odissea dei Focei ad Ascea rivive in una rievocazione storica
L’odissea dei Focei ad Ascea rivive in una rievocazione storica
ASCEA Si svolgerà giovedì 23 luglio (alle 21) in Piazza Europa, a Marina di Ascea, nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, la Notte dei Focei, manifestazione organizzata per far rivivere i principi e gli ideali che spinsero questo popolo dell’Asia Minore, a scegliere la Costa Cilentana. Nel 540 a. C., dopo un lungo peregrinare, approdarono sulle nostre spiagge e, insieme agli Enotri,…
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Agilla, Focea, Alalia, Argantonio e Tartesso
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Agilla, Focea, Alalia, Argantonio e Tartesso
AGILLA Agilla era un toponimo, che designava una località sul mare ad una trentina di km a nord di Roma. Vi arrivarono migranti (succedeva pure allora, è sempre successo) dalla Grecia, i quali domandarono il nome della città. E qualcuno, che conosceva qualche parola di greco, disse “Chaire”, che vuol dire “salve” e si pronuncia Chere. I migranti equivocarono, e credettero che Chere fosse il nome della località. Per i romani pure, quel posto si chiamava Caere, cioè Cere. E Caere Vetus (tema veter-) è Cere antica, oggi Cerveteri. E, fino all’arrivo dei romani, Cere fu una delle città più importanti del mondo etrusco: ce lo direbbe la sontuosa necropoli, se non avessimo dati storici. Grazie a Cere, gli etruschi estesero il loro potere fino alla Campania, e si legarono in rapporti commerciali con la colonia greca in Calabria ionica di Sibari, ricca in maniera proverbiale (ricco e molle come un sibarita, si diceva), a sua volta in relazioni commerciali con Mileto (oggi Bodrun in Turchia asiatica, sul mare di Samo), che era il terminale delle merci e delle carovaniere, che collegavano il Mediterraneo con l’interno dell’Asia.
FOCEA E’ il nome di una della miriade di “colonie” greche, che tempestano il Mediterraneo (basta guardare la cartina su Google, digitando ‘colonizzazione greca’). Come le altre colonie greche dell’Anatolia, anche Focea divenne tributaria della Lidia. Pagavano il tributo al re di Lidia, il quale a sua volta, ricco e potente (la Lidia era la patria del re Mida, leggendario, quello che trasformava in oro tutto ciò che gli capitava di toccare. Dietro al mito è facile cogliere il riflesso di un dato storico, l’invenzione della moneta da parte dei lidi, che moltiplicò gli scambi e quindi la ricchezza) garantiva ai greci protezione ed un largo territorio pacificato in cui trafficare: una simbiosi, in pratica. Pagavano il tributo, certo, ma il re aveva lasciato loro la più ampia autonomia in tutti i campi. Usi, costumi, lingua, religione, amministrazione: tutto come prima.
I PERSIANI Ma nel 547 a.C. sotto la guida del conquistatore Ciro il Vecchio, i persiani sconfiggono il re della Lidia Creso, conquistandone il regno. Per i greci coloniali la situazione cambia radicalmente: il nuovo padrone non si accontenta del tributo, ma vuole togliere ai greci l’ampia autonomia data dai lidi, ed inglobarli nel sistema persiano, radicalmente diverso da quello greco. I greci ormai da almeno mezzo millennio in politica avevano un sistema democratico, nel quale erano cittadini, mentre ora il nuovo padrone li voleva sudditi; nella democrazia greca, purché si rispettassero le leggi (mai imposte da un’autorità, superiore perfino alla legge – il despota, che oggi qualcuno chiama garante – ma generate dal confronto in un’assemblea tra UGUALI) ognuno era libero di organizzare la propria vita come meglio credeva, specie in economia e lavoro, mentre il nuovo padrone vuole imporre economia e lavoro diretti e decisi dal centro, secondo lo schema economico antico-orientale. Insomma da cittadini che erano, dovevano trasformarsi in sudditi e sottoporsi a lavoro coatto, la forma di lavoro spesso scambiata per schiavitù, che è un’altra cosa.
La nuova situazione provocò uno stato di tensione molto forte nelle colonie greche, che si rendevano conto che il nuovo sistema politico ed economico, imposto dall’alto, per loro stava a significare la morte economica e culturale. Allora, morti per morti, tanto valeva ribellarsi: peggio di così com’era, non avrebbe potuto essere.. e si ribellarono anche i cittadini di Focea.
I FOCEI Dibatterono a lungo sul da farsi. Alla fine deliberarono di andarsene. Prima però gettarono tutte le cose preziose nel mare, e si legarono ad un giuramento, quello di non più tornare, finché quelle cose non fossero riemerse dal mare. Ed andarono nell’isola di Chio. Volevano comperarsi delle altre isole nei pressi, ma non ci riuscirono. Che fare, allora? Alcuni, a dispetto del giuramento, decisero di tornare a Focea e resistere ai persiani; altri invece si imbarcarono, destinazione Marsiglia, colonia focea. Misero in mare le navi e si diressero verso l’occidente, destinazione Marsiglia, loro colonia. Argantonio, re di Tartesso (vedi subito dopo), che già in precedenza molto si era speso a vantaggio dei greci di Focea, cercò in tutti i modi di convincerli ad unirsi con lui, ma non ci riuscì, ed i focei proseguirono verso la meta programmata, Marsiglia.
ARGANTONIO E TARTESSO Tartesso era un regno che interessava l’Andalusia e Gibilterra, dove, si dice, ci fossero le colonne erette da Eracle (o Ercole), a segnalare la fine del mondo. Poi c’era un enorme fiume, di nome Oceano, che circondava tutta la terra, immaginata come un disco piatto ed immobile, sospeso nel nulla, e nel cielo un andirivieni di sole luna e stelle. La vera scienza greca, però, aveva capito con chiarezza come stanno le cose: sistema eliocentrico e terra sferica (Aristarco di Samo ed Ipparco di Nicea), e dimensioni del globo terrestre misurate quasi con perfetta precisione da Eratostene di Cirene. Argantonio ed i tartessi volevano i greci solo per simpatia? No! Il fatto era che nell’Africa nord occidentale s’era fatta largo una città dall’enorme potenziale, Cartagine, che mirava alle ricchezze del sottosuolo di Tartesso (oro, argento, stagno, piombo). Quindi Argantonio vedeva nei focei gli ideali alleati contro la minaccia cartaginese. Del resto tra elemento greco ed elemento punico non correva buon sangue a causa della Sicilia, dove erano approdati entrambi. Ma i focei….
ALALIA E’ il nome di una subcolonia greca nel nord della Corsica. Intorno al 545 a.C. nelle sue acque si svolse una cruenta battaglia navale. Si fronteggiavano da una parte etruschi e cartaginesi coalizzati, e dall’altra i focei. Il mar Tirreno iniziava a pare stretto per sorreggere i traffici di tre gruppi etnici tutt’ e tre dediti al mercato: uno era di troppo, e quell’uno erano gli ultimi arrivati. La battaglia fu cruenta, e, a giudicare dal numero delle navi affondate, i greci avrebbero vinto. In realtà fu una vittoria risicata, molto simile ad una sconfitta: molte navi andarono a picco, e molti greci furono fatti prigionieri, e furono affidati agli etruschi di Cere, cioè di Agilla.
GLI ETRUSCHI Narra Erodoto che in tempi molto antichi ci fu in Lidia una terribile carestia, tanto che pian piano avevano dato fondo alle riserve di cibo messe da parte. Ma la conservazione dei cibi allora era ancora molto rudimentale e scarsa, e quindi presto le riserve finirono. Il re Atys, allora, emanò un bando, secondo cui si consentiva ai lidi di mangiare un giorno sì ed uno no. I giorni di digiuno li dovevano passare con la play station, pardon! con i giochi da tavolo. I lidi erano famosi per averli inventati tutti, tranne uno, gli scacchi, che provenivano dall’India o dalla Persia. Ma anche con il digiuno a date alterne le riserve alimentari cominciarono a scarseggiare. Allora il re Atys divise la popolazione in due parti, e premise a queste i suoi due figli, di nome Lido e Tirreno. Quindi a sorteggio si stabilì a quale delle due parti toccasse andarsene via in cerca di fortuna (non c’era ancora Salvini, allora, né l’acquiescenza vergognosa dei grullini, quindi si poteva andare). La sorte designò il gruppo di Tirreno, che salpò verso occidente, sistemandosi in Umbria e Tuscia. Il nome greco di etruschi è infatti TIRRENI, e Tirreno è il mare che bagna quelle terre. Ma già un altro storico conterraneo ma posteriore ad Erodoto, Dionigi di Alicarnasso, revocava in deciso dubbio l’origine lidia degli etruschi, propendendo per l’autoctonia. Ed è oggi il punto di vista degli esperti, anche se ogni tanto rispunta la teoria lidia. Gli etruschi avevano una società indifferenziata, in una sorta di comunismo primitivo. Ma avevano fatto una grande realizzazione: un forno a doppia camera di combustione, capace di sviluppare il calore necessario per scindere il ferro – allora raro e prezioso – dal resto del minerale ferroso. I greci, che navigavano verso la foce del Rodano, videro la bella cosa, ed instaurarono rapporti stabili con gli etruschi, dando loro arte, tecnica, scrittura ed usi vari. Ma poi, verso i focei, gli etruschi si allearono con i cartaginesi, e ci fu Alalia.
AGILLA E qui si chiude il cerchio aperto all’inizio di questo post. I prigionieri focei reduci della battaglia di Alalaia, furono portati ad Agilla. E lì, benché sotto la tutela del diritto delle genti, vennero massacrati sulla spiaggia di Cere. Da allora, dice Erodoto, tutti gli anni gli agillei sono tenuti a compiere cerimonie di espiazione. Dall’eccidio in poi, infatti, ogni essere vivente, che si trovasse a passare sul luogo del misfatto, diveniva sterile.
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