#finisce qui
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spettriedemoni · 4 months ago
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“So long, and thanks for all the fish”*
Eccoci qui dunque, è arrivato il momento: @spettriedemoni finisce qui.
Ormai questo blog non ha più motivo di essere. Non mi pento di averlo creato anni fa, beninteso, ma semplicemente ormai ha fatto il suo tempo. Il suo autore non è più lo stesso, sono cambiato e non ho più la necessità di scrivere qui.
Sto seguendo nuovi progetti di vita e professionali come sa chi mi conosce bene anche fuori da qui.
Non cancellerò il blog. Chi vorrà potrà curiosare nella mia vita così come era fino a ieri. Magari si farà qualche risata, forse si incazzerà o forse diverrà triste. Spero comunque di avergli lasciato qualcosa dentro, qualcosa di importante anche se piccola.
Probabilmente aprirò un altro blog più "vetrina" dove racconterò tramite i miei disegni quel che sto facendo. Nel caso mi riconoscerete se vi seguirò. A molti di voi sarò legato per sempre, troppo per perdervi di vista.
*Vi saluto con la citazione in alto, sono certo che molti di voi la conoscono. Se non la conoscete allora non potremo mai essere amici, sorry.
No, scherzo dai, vi voglio bene anche se non la conoscete.
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tardisslayer · 8 months ago
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Chi gli ha dato il permesso?
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omarfor-orchestra · 6 months ago
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E anche oggi dovevo farmi i cazzi miei e non aprire twt
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faceglitchsworld · 2 years ago
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filo-derba · 2 years ago
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oddio sentendomi la tachicardia e la cacca al culo che bello il ritorno ufficiale della roma ame
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im-tryingtoloveyou · 1 year ago
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Ci vogliono le analisi a tutti gli italiani, non è giusto che ci vada di mezzo solo Pogba
E cosa gli hanno dato a Milanello? Eh? Eh? Non li riconosco.
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peterrrei · 6 months ago
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e tutto finisce qui
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girasolealtramonto · 10 months ago
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“Una volta mi hai detto “che differenza c’è tra innamorarsi e amare? È la stessa cosa”, e io ti ho detto “no l’innamoramento è il momento, l’amore è quello che viene dopo”, ma tu hai riso dicendo che non avesse senso. E invece, ora lo so per certo che non mi sbagliavo. C’è il momento in cui ti innamori, in cui tutto è dolce e bello, vedi tutto andar bene e pensi di essere sul tetto del mondo. E poi arriva la realtà, le difficoltà che a volte non si riescono a superare, i problemi che non si riescono ad affrontare, gli eventi che non puoi cambiare. Ed è qui che capisci se dopo l’innamoramento c’è l’amore. Perché se c’è l’amore uno ci prova fino allo sfinimento, ci spera fino alla fine e anche dopo, ti aspetta anche quando sa che non tornerai. Perché se c’è l’amore, anche quando una storia finisce, quello rimane, e anche se inizialmente fa male, col tempo muta in un amore che ti accarezza, ti conforta, ti fa capire che le cose possono cambiare ma se hai amato non ti penti di nulla. L’amore è ciò che rimane quando le cose belle finiscono, e tutto ciò che hai sono i ricordi buoni di quel che è stato. È questa la differenza, ma io non sapevo spiegartela e tu non puoi capirla.”
@girasolealtramonto
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abr · 6 months ago
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La/il comunista si riconosce dai "NOI DOBBIAMO", seguito da cosa VOI dovete, perché loro sono già appuost'.
Non finisce qui: come spiega Milan Kundera che ci passò, la cosa più terrificante è che ai comunisti non basta facciate il vostro "dovere": lo dovete anche obbligatoriamente fare da felici e contenti. Loro vi guardano. Sempre.
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kyda · 1 month ago
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mi sto viziando troppo con il porridge a colazione ogni mattina e un americano sorseggiato con calma che è una cosa che a palermo non potevo fare visto che avevo tipo sette lezioni solo al primo semestre dalle 8 di mattina alle 8 di sera tutti i giorni. qui non si inizia mai prima delle 9 e non si finisce mai dopo le 17 (anzi scusate: 5pm) e per fortuna appena torno dovrei essere quasi a posto con le materie e poi mai più uni perché chi li rivuole quei ritmi? certamente non io. tuttavia ho degli assignment due che incombono su di me e ciò significa che non posso rilassarmi troppo anche se tutto ciò mi fa quasi pensare di sì. l'unica cosa che mi manca di unipa, ma che definirei il minimo indispensabile, anche se in italia abbiamo priorità diverse a quanto pare, è la pausa macchinetta del caffè fra una lezione e l'altra per sopravvivere: per noi sì macchinetta del caffè ovunque e assolutamente troppo high standard la carta igienica nei bagni
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diceriadelluntore · 2 months ago
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Storia Di Musica #341, Bee Gees, Main Course, 1975
Per le storie di musica con almeno tre fratelli coinvolti non potevano mancare. Oltre questo motivo importante, mi spinge a scrivere di loro anche il fatto che, come poche altre band, sono fisse nell'immaginario collettivo per un disco, la colonna sonora de La Febbre Del Sabato Sera. Sebbene il disco sia uno dei più venduti di tutti i tempi (probabilmente oltre 40 milioni di copie vendute), legato non solo al mondo musicale ma anche a quello cinematografico, si finisce per dimenticarsi di tutto il resto, cioè di una delle band più longeve e più di successo di tutti i tempi, che nella loro carriera lunga 60 anni ha sperimentato di tutto.
Barry, Robin e Maurice Gibb nascono appena dopo la guerra (Barry nel 1946, Robin e Maurice gemelli nel 1949, hanno anche una sorella maggiore, Leslie, nata nel 1945) sull'isola di Man. Si trasferiscono piccolissimi nei sobborghi di Manchester, dove Barry è coinvolto in numerosi episodi di vandalismo, che gli valgono una condanna con la condizionale. I genitori decisero di emigrare nei pressi di Brisbane, in Australia, nel 1958, dove nel marzo di quell'anno nacque Andy, l'ultimo dei fratelli Gibb. Lì sviluppano, in maniera spontanea, una grande intesa canora e musicale, tanto che i tre fratellini cantano in trio in una radio privata, Radio Brisbane. il deejay che li annuncia si chiama Bill Gates, l'autista che li va a prendere per portargli agli studi radiofonici si chiama Bill Goode. Pensando anche che fossero i Brothers Gibb, decidono di chiamare la band B.G.'s, poi scritto Bee Gees.
Sarebbe lunghissimo scrivere tutta la loro carriera, ma alcune cose le voglio ricordare: nel 1966, dopo una serie di successi in Australia, decidono di tornare in Gran Bretagna, il loro manager Robert Stigwood aggiunge al trio Vince Melouney alla chitarra e Colin Peterson alla batteria. In pochi anni collezionano successi a ripetizione, tra il 1967 e il 1969 pubblicano 4 album e decine di singoli, che vanno in classifica in tutto il mondo, Italia compresa. Tra questi dischi spicca il bellissimo Odessa, un concept album sulla scomparsa di una fittizia nave nel Mar Nero nel 1899, disco che ebbe brutta critica all'epoca, ma che oggi è considerato un capolavoro nascosto di quegli anni. E portò anche ad una rottura tra i fratelli: in disaccordo sull'idea di musica da fare, Robin si allontana dai due fratelli e sceglie di scrivere musica da solo. Barry e Maurice scelgono di proseguire senza di lui: esce così Tomorrow Tomorrow che è superato in quanto a vendite dal singolo di esordio di Robin, Saved By The Bell; Robin pubblicò anche due singoli cantati in lingua italiana, Agosto Ottobre e Un Milione Di Anni Fa. Più tardi provò a bissare il successo con One Million Years ma senza riuscirci, mentre il suo primo album, Robin's Reign, uscì nel 1970. A fine anni '70 ci fu la reunion, che venne considerata alla stregua di una rifondazione, e qui inizia il periodo d'oro della band.
Iniziano a collaborare con il grande produttore Arif Mardin, della etichetta Atlantic, che intuisce che per sfruttare al meglio le perfette armonie canore di cui sono capaci devono virare su suoni più decisi. Li avvicina alle sonorità soul, r'n'b, al funk e alla nascente disco music per farli diventare il gruppo bianco più famoso del genere. Il disco che ho scelto oggi è quello che i critici considerano il primo passo verso questo percorso.
Può sembrare sciocco definire il dodicesimo album di un gruppo con una serie di otto anni di dischi d'oro alle spalle una "svolta", ma è questo che è stato Main Course, che esce nel 1975. In copertina, un bellissimo disegno di Drew Struzan, famoso disegnatore, autore dei più famosi manifesti cinematografici. Main Course ha segnato un enorme cambiamento nel sound dei Bee Gees, abbandonando la forma ballata per un disco fresco, pieno di sonorità innovative e che ha altri primati che scopriremo tra poco. Registrato, su consiglio dell'amico Eric Clapton che lì si era trasferito (al 461 di Ocean Boulevard di Golden Beach, vicino Miami, come il titolo di un suo bellissimo disco) in Florida, le ballate dei dischi precedenti ci sono ancora, come Songbird e Country Lanes, ma la scrittura era più semplice e il resto era composto da orecchiabili melodie dance fortemente influenzate dalla musica soul di Philadelphia del periodo. Trainato dai singoli Jive Talkin', Nights On Broadway, la prima canzone a sfoggiare il falsetto che li renderà iconici e Fanny (Be Tender With My Love), attirò milioni di nuovi ascoltatori. La voce in falsetto di Barry Gibb divenne oggetto di scherno negli anni successivi, ma funziona: riusciva ad essere credibile in senso romantico quanto piuttosto una conquista per la serata, il che era in linea con i costumi sessuali della metà degli anni '70. Arif Mardin aveva convinto i Bee Gees a volgere il loro talento verso una direzione musicale che avevano sempre amato ma mai abbracciato, e basta ascoltare Wind Of Change o Edge Of The Universe per capirne il risultato eccellente. Barry, Robin e Maurice Gibb erano affascinati da R&B e soul da anni (To Love Somebody era stata scritta perché Otis Redding la cantasse), ma, in quanto britannici bianchi, temendo che potessero sembrare ridicoli, non avevano mai adattato quei suoni da soli. Non solo non sembravano ridicoli, ma divennero gli interpreti principi di questo stile, segnando un'era. In Main Course li accompagnano fior di musicisti: Blue Weaver, alle tastiere elettroniche, un marchio di fabbrica di qui in avanti, e calderone di idee infinite, Alan Kendall, che suonava in uno stile di chitarra funky e il batterista Dennis Byron, che suonava pattern più complicati di quanto gli fosse stato chiesto negli anni, furono anche loro felici della nuova direzione e costituirono il nucleo strumentale della band per i successivi sei anni.
Tra i record dei Bee Gees: oltre 250 milioni di copie vendute, un ruolo non sono da interpreti, ma da autori fondamentale (Barry ha scritto sedici "numeri uno" in America, come produttore quattordici). Sono presenti nella Rock and Roll Hall Of Fame (1997), nella Songwriters Hall Of Fame (1994), nella Vocal Group Hall Of Fame (2001) e hanno vinto otto Grammy Award tra cui il Grammy Legend Award. Sembra abbastanza per non essere coverizzati per la pubblicità dei fermenti anticolesterolo.
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catsloverword · 10 months ago
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Frasi ad effetto, auguri esplosivi, buona fine e migliore inizio, ora di bilanci... Potrei scrivere pensieri fortemente ispirati, ma ciò che quest'anno avevo da dire, l'ho detto ed è tutto contenuto in questo mio blog. Il mio anno è iniziato a maggio e finisce oggi. E, per citare una famosissima frase: "Dopotutto domani è un altro giorno" e si vedrà...
Grazie a Tutte le belle anime incontrate qui in questi mesi, che mi hanno letta ed emozionata.
Buona fine anno
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lucapizzelles · 4 months ago
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There were some mistakes in the original post which @sixteenthtryry pointed out, so I've edited this a bit! (a lot of the analysis was based on a small grammar thing that i misheard so :,,,D but still fun to me)
(Okay I spent like half an hour trying to find a specific post because brunosaderogatory made a post about how the Italian subs for Luca are different from the Italian dub, and also that the Italian subs are done by AI while the dub is actual human translators, but I can't find it. So jsyk that's the inspo for why-)
I've been transcribing the Italian dub for Luca and I noticed some really silly things already, but one in particular made me laugh/eyebrow raise/"jesus christ, Daniela."
In the lunch scene at the beginning of the movie Daniela says (parentheses are direct-ish translations (hence why it may seem a bit choppy). Disclaimer Italian is not my native language + I'm not super good at it, but I have some Spanish background + a friend who IS good at Italian that helped me translate):
English: Nope, nope! The end! Shut it down! [...] Well, the curious fish gets caught! We do not think, discuss, contemplate, or go anywhere near the surface. Got it?
Sub: No! No! Fine! Dacci un taglio! [...] Beh il pesce curioso viene pescato! Qui non si nomia, invoca, contempla, o sfiora mai e superficie. Intensi?
(No! No! The end! Give it a rest! [...] Well, the curious fish gets caught. We do not name, invoke, contemplate, or ever graze the surface. Understood?)
Dub: No! No! Fine! Dacci un taglio! [...] Sì, pesciolino curioso, finisce** in padella! Qui nessuno nomina, brama, invoca, contempla, o sfiora mai e superficie. Intesi? 
(No! No! The end! Give it a rest! [...] Yes, the curious fish finish in the pan! We do not name, invoke, yearn, contemplate, or ever graze the surface. Understood?)
under the cut for a crazy syntax analysis
**(said small grammar thing that I misheard, under the cut is analysis of if she had said "finisci" instead of "finisce," where it would have translated to a more direct "you" instead of being more general.)
A couple things I want to point out:
The sub is obviously a much more direct translation from English. Which is why the dub is important, there's certain nuances that non English speaking Italian readers of the sub wouldn't catch. And vice versa with a non Italian speaker reading English subs of the Italian dub. Namely, and you probably already saw it:
Daniela straight up tells Luca, directly speaking to and about him, that he, the curious fish, will be put into a pan if he goes near the surface. lmfao.
English has what's called a "generic you," which you're probably implicitly aware of, just maybe didn't there's a term for it. English speakers like to replace saying "one" (as a pronoun) with "you." I asked my friend Alex about this, if Italian has a way to distinguish this "generic you," and they do and it's the normal way of saying it:
my friend (shoutout): "The 'understood' you is called the 'impassive si' in Italian. ie: 'you (understood/generic) don't eat eggs with ketchup' -> 'non si mangia le uova con ketchup.' The Italian translates DIRECTLY to 'one does not eat eggs with ketchup.' The way it's formed is by just putting 'si' in front of the lui/lei conjugation of whatever the verb is. (me: so they have a way of distinguishing it? what's more common?) The 'you' thing is a translation thing specifically for English people. When talking specifically to someone you use 2nd person conjugations. When talking about everyone or the "understood/generic someone" you use 'si' + 3rd person singular. The way we say 'one' in English, which seems too formal/isn't used often, is the exact opposite in Italian, essentially."
TLDR: Italian has a specific way of saying the "generic you," like how English has the pronoun "one," which is primarily used above saying "you (generic)."
In an informal setting like at a family lunch, Daniela would not be using a "generic you." There is a specific way to say "one will finish in the pan" and she doesn't say that. As my friend put it:
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The use of "finisci" is specifically saying "YOU finish." It's the present, 2nd person tense of finire (to finish). In English, she just generally talks about any fish that is curious being "caught." The curious fish is implied to be Luca, but she doesn't really say it is.* The audience, understanding context, just picks that up, but if you (one) were a robot, one might not. In Italian she uses 'curious fish' as a title for Luca specifically, she is talking to him directly, the curious fish is EXPLICITLY him. Even a robot, lacking contextual skills, would get that, given the nature of the language and syntax used.
This whole thing is super instinctual, and we don't necessarily think about it when speaking or comprehending language. BUT it is a very fun thing from a syntax analysis/language localization perspective.
* also, it's a play on the proverb "curiosity killed the cat." Italian doesn't have this saying afaik, and if it has a similar one, then the translators chose not to use it. (unless the pan thing IS the Italian version, but iunnow, I doubt it, considering context)
And finally, a PAN?? Instead of just a generic "caught," she straight up tells him they'll eat him. damn.
She also specifically adds "yearns" when listing the things they don't do about the surface, something not present in neither the English version NOR the subs (of course). I just found that cool and silly and funny.
Sorry if I drilled in the finisci thing too much it's just like. HA that is so brutal. I love it.
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singinthegardns · 7 days ago
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Guarda che qua non si tratta di lasciarti andare e basta si tratta di lasciare andare tutti i domani che avevo immaginato per noi si tratta di capire che quello che desidero più di ogni altra cosa non potrà mai più accadere si tratta di smettere di sperare, e sai quant'è difficile? Si tratta di non venirti più a cercare quando la notte piango e se ti stringo per un secondo passa tutto, si tratta di sapere che domani non sarai non qui quando ti cercherò tra tanta gente e nessuno sarà te e nessuno sarà abbastanza per non sentirmi sola davvero, si tratta di aprire gli occhi al mattino e non avere un motivo per cui sorrido, si tratta di lasciare andare i tuoi sorrisi fino a che qualcun altro non li troverà e io non saprò che fine ha fatto quella promessa che non finisce mai quella che porti dentro che non finiamo mai, nemmeno l'ultimo giorno del mondo. Guarda che qua non si tratta di lasciarti andare basta, chiudere la porta e dimenticare, ripartire da zero perché non si può fare io mi sono mischiata con te coi tuoi colori e coi tuoi malumori io sono parte di noi e non so essere me stessa senza te che mi componi io posso lasciarti andare, ma non posso smettere di amare e non potrò mai.
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crisalide-imperfetta · 6 months ago
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“Una volta mi hai detto “che differenza c’è tra innamorarsi e amare? È la stessa cosa”, e io ti ho detto “no l’innamoramento è il momento, l’amore è quello che viene dopo”, ma tu hai riso dicendo che non avesse senso. E invece, ora lo so per certo che non mi sbagliavo. C’è il momento in cui ti innamori, in cui tutto è dolce e bello, vedi tutto andar bene e pensi di essere sul tetto del mondo. E poi arriva la realtà, le difficoltà che a volte non si riescono a superare, i problemi che non si riescono ad affrontare, gli eventi che non puoi cambiare. Ed è qui che capisci se dopo l’innamoramento c’è l’amore. Perché se c’è l’amore uno ci prova fino allo sfinimento, ci spera fino alla fine e anche dopo, ti aspetta anche quando sa che non tornerai. Perché se c’è l’amore, anche quando una storia finisce, quello rimane, e anche se inizialmente fa male, col tempo muta in un amore che ti accarezza, ti conforta, ti fa capire che le cose possono cambiare ma se hai amato non ti penti di nulla. L’amore è ciò che rimane quando le cose belle finiscono, e tutto ciò che hai sono i ricordi buoni di quel che è stato.
È questa la differenza, ma io non sapevo spiegartela e tu non puoi capirla.”
@girasolealtramonto
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princessofmistake · 1 month ago
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Benvenuti. E congratulazioni. Sono molto contento che ce l’abbiate fatta. Arrivare fin qui non è stato facile, lo so. Anzi, sospetto che sia stata più dura di quanto voi stessi pensiate. Tanto per cominciare, per consentire a me e a voi di essere qui in questo momento, trilioni di atomi, che vagavano ognuno per conto proprio, hanno avuto la gentilezza di assemblarsi in una combinazione molto complicata, e questo appositamente per creare noi. Si tratta di una configurazione molto particolare, mai sperimentata prima e che non potrà mai più ripetersi. Per i prossimi anni (ci auguriamo che siano ancora molti) queste minuscole particelle si impegneranno a cooperare senza mai lamentarsi in una serie di sforzi che richiederanno tutta la loro abilità, e questo al solo scopo di mantenerci integri e darci la possibilità di provare in prima persona quella particolare condizione, estremamente gradevole anche se spesso poco apprezzata, nota con il nome di esistenza.
Perché gli atomi si prendano questo disturbo resta ancora un enigma. Dal loro punto di vista, essere me o voi non è un’esperienza molto gratificante. In fondo, per quanto ci concedano la loro più devota attenzione, agli atomi non importa nulla di noi, anzi, non sanno neanche che esistiamo. Per la verità, non sanno di esistere nemmeno loro. Dopotutto, sono solo delle stupide particelle e non sono neanche vive. (È curioso notare che, se potessimo usare una pinzetta per scomporre il nostro corpo atomo per atomo, non otterremmo altro che un mucchietto di polvere – un mucchietto di atomi – i cui singoli granelli non sono mai stati vivi, ma, presi nel loro insieme, costituivano il nostro corpo.) Eppure, per l’intera durata della nostra esistenza, non faranno altro che rispondere, in qualche maniera, a un unico rigido impulso: fare in modo che noi continuiamo a essere noi.
Il brutto è che gli atomi sono creature volubili e la loro devozione è da ritenersi transitoria, molto transitoria. Una vita umana, per quanto lunga, raggiunge appena le 650.000 ore. E quando si trovano a sfrecciare nei pressi di quella modesta soglia, o in qualsiasi altro punto lì intorno, per ragioni assolutamente sconosciute, i nostri atomi decidono di spegnerci. Poi, silenziosamente, si slegano e se ne vanno ognuno per conto proprio, a diventare qualcos’altro. E per noi tutto finisce lì.
Eppure dovremmo essere contenti che ciò accada. In linea di massima, e per quanto ne sappiamo, è una cosa che non si verifica altrove, nell’universo. E questo è davvero un fatto strano, giacché gli atomi che qui sulla Terra si aggregano fra loro in modo spontaneo e naturale formando gli esseri viventi sono esattamente gli stessi che si rifiutano di farlo altrove. A prescindere da cosa altro possa essere, a livello chimico la vita è estremamente banale: carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto, un po’ di calcio, un goccetto di zolfo e una spolverata di altri elementi molto comuni. Nulla che non si possa trovare nella farmacia sotto casa. Tutto qui, non serve altro. L’unica particolarità degli atomi che costituiscono il nostro corpo è appunto il fatto che costituiscono noi. E questo, ovviamente, è il miracolo della vita.
Indipendentemente dal fatto che gli atomi diano luogo alla vita anche in angoli dell’universo diversi dal nostro, è pur vero che fanno moltissime cose: anzi, per la verità, fanno tutto il resto. Senza di loro non ci sarebbero né acqua né aria, né rocce né stelle. E nemmeno pianeti, lontane nubi gassose, o nebulose a spirale: nessuna di quelle cose, insomma, che rendono l’universo un luogo così gradevolmente concreto. Gli atomi sono talmente numerosi e necessari da indurci facilmente a dimenticare che in realtà potrebbero benissimo non esistere. Nessuna legge costringe l’universo a riempirsi di particelle di materia o a produrre luce, gravità e tutte quelle altre caratteristiche fondamentali per la nostra esistenza. Non è che l’universo debba esistere per forza. E infatti per un tempo lunghissimo non c’è stato. Non esistevano atomi e non esisteva nemmeno un universo in cui essi potessero fluttuare. Non c’era niente, niente di niente, da nessuna parte.
Sarà quindi il caso di rallegrarci per l’esistenza degli atomi. D’altra parte, il fatto che noi abbiamo i nostri atomi e che essi siano tanto determinati ad assemblarsi è solo una parte del processo che ci ha portati fin qui. Trovarci qui adesso, vivi, nel ventunesimo secolo, e così intelligenti da esserne consapevoli, significa essere stati i beneficiari di una straordinaria dose di fortuna biologica. Soppravvivere sulla Terra è una faccenda sorprendentemente complicata. La maggior parte (qualcuno sostiene il 99,9 per cento) dei miliardi e miliardi di specie viventi esistite dall’alba dei tempi, oggi non esiste più. La vita sulla Terra, come si vede, non è soltanto breve, ma anche terribilmente precaria. Una curiosa caratteristica della nostra esistenza è che veniamo da un pianeta adattissimo a promuovere la vita, e ancor più efficiente a portarla all’estinzione.
In genere, le specie presenti sulla Terra durano all’incirca solo quattro milioni di anni. Quindi, se uno ha intenzione di rimanere in circolazione per miliardi di anni, dev’essere mutevole tanto quanto gli atomi che lo compongono. Occorre essere pronti a modificare tutto di se stessi: forma, taglia, colore, specie di appartenenza. Tutto insomma. Ed essere pronti a farlo ripetutamente. Tutto questo è più facile a dirsi che a farsi, poiché il processo di trasformazione è assolutamente casuale. Per evolvere da «primordiale globulo atomico protoplasmico» (come dice la canzone di Gilbert e Sullivan) a esseri umani moderni, eretti e senzienti, abbiamo dovuto mutare, escogitando caratteristiche nuove, e abbiamo dovuto farlo in una sequenza temporale precisa e per un tempo estremamente lungo. In momenti diversi, negli ultimi 3,8 miliardi di anni dapprima abbiamo aborrito l’ossigeno e poi l’abbiamo amato alla follia; ci siamo fatti spuntare ali, pinne ed eleganti vele dorsali; abbiamo depositato uova e falciato l’aria con lingue biforcute; siamo stati lisci o pelosi, abbiamo vissuto sottoterra e sugli alberi; siamo stati grandi come cervi e piccoli come topi, e milioni di altre cose ancora. Una minima deviazione da ciascuno di questi processi evolutivi e adesso ci ritroveremmo a leccare alghe dalle pareti di una grotta, a ciondolare su una riva rocciosa alla maniera dei trichechi o ancora a sfiatare da un’apertura sopra la testa prima di immergerci a diciotto metri di profondità per concederci un boccone di quei deliziosi vermi che vivono affondati nella sabbia. La nostra fortuna, d’altra parte, non si è limitata al fatto di essere inclusi fin dai primordi in una linea evolutiva favorita dalla selezione: siamo stati anche estremamente, diciamo pure miracolosamente, fortunati per quanto riguarda il nostro albero genealogico personale. Consideriamo che per 3 miliardi e 800 milioni di anni – un periodo di tempo superiore all’età delle montagne, dei fiumi e degli oceani – ognuno dei nostri avi, per parte di padre e di madre, è stato abbastanza attraente da riuscire a trovarsi un compagno; abbastanza sano da essere in grado di riprodursi; e a tal punto benedetto dal fato e dalle circostanze da vivere abbastanza per farlo. Nessuno dei nostri diretti progenitori è stato schiacciato o divorato; nessuno è morto affogato, di fame, trafitto a tradimento, ferito anzitempo, o in qualsiasi altro modo distolto dal fondamentale compito della sua vita: quello di consegnare, al partner giusto e al momento giusto, quella minuscola quantità di materiale genetico necessaria a perpetuare l’unica possibile sequenza di combinazioni ereditarie che alla fine, incredibilmente, e per un tempo così breve, avrebbe prodotto ciascuno di noi.
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