#festoni
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E con questo direi che siamo ufficialmente a Napoli 😂
Napoletano? E famme 'na pizza! (cit.)
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Fabergé
L'Uovo del palazzo di Gatčina è una delle uova imperiali Fabergé, un uovo di Pasqua gioiello che l'ultimo Zar di Russia, Nicola II donò a sua madre l'Imperatrice vedova Marija, nel 1901.
Fu fabbricato a San Pietroburgo nel 1901 sotto la supervisione di Michael Perkhin,per conto del gioielliere russo Peter Carl Fabergé.
L'uovo d'oro è coperto da vari strati di smaltato bianco traslucido su un fondo arabescato con tecnica ghiglioscé e dipinto con un delicato disegno di rose rosa e ghirlande di foglie verdi e oro legate con fiocchi di nastri rossi in una varietà di festoni.
File di perline dividono l'uovo in dodici pannelli: verticalmente in sei spicchi ed orizzontalmente lungo il bordo dell'apertura. Alle due estremità sono fissati diamanti tagliati come lastre sottili, probabilmente per coprire il monogramma e l'anno del dono, che però sono stati rimossi. L'interno è foderato in velluto.
La parte superiore dell'uovo si apre per rivelare una riproduzione in miniatura, in oro di quattro colori, della residenza invernale principale dell'Imperatrice vedova: il palazzo costruito a Gatchina, un villaggio 45 chilometri a sud-ovest di San Pietroburgo, per il conte Grigorij Grigor'evič Orlov ed in seguito acquistato dallo Zar Paolo I.
La miniatura riproduce nei dettagli anche l'area attorno al palazzo, sono presenti cannoni, una bandiera, una statua di Paolo I, ed elementi del paesaggio.
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[ E così sprechi la vita.]
In qualche lontana città che non conosci e dove forse non ti accadrà di andare mai, c’è uno che ti aspetta… là dove si nascondono gli ultimi segreti della vita, giorno e notte resta aperta per te la porta del suo palazzo favoloso… Tu stenti qui la vita, vai vestito di grigio, perdi già i capelli, i conti alla metà del mese sono penosi. Sei uno dei tanti. Di anno in anno ambizioni e speranze si rattrappiscono. Quando incontri le belle donne, non hai più neanche il coraggio di fissarle. Ma laggiù, nella città di cui ignori il nome, un potente signore ti aspetta per toglierti ogni pena: per liberarti dalla fatica, dall’odio, dagli spaventi della notte… In qualche lontana terra, ma potrebbe darsi invece che sia molto più vicino. Forse il signore potente ti aspetta in una delle nostre città che tu conosci. Ma forse potrebbe essere più vicino ancora, a non più di cento chilometri, in una cittadina di provincia. Ci sono qui delle piazzette fuori mano dove i camion non passano: e ai lati sorgono certe anziane case piene di dignità con festoni di rampicanti…Ma può essere anche molto più vicino, veramente a due passi, tra le mura della tua stessa casa. Sulla scala, al terzo piano, hai mai notato, a destra del pianerottolo, quella porta senza campanello né etichetta? Qui forse, per agevolarti al massimo, ti attende colui che vorrebbe renderti felice: ma non ti può avvertire. Perciò prova, la prossima volta che ci passi davanti, prova a spingere l’uscio senza nome. Vedrai come cede. Dolcemente ruoterà sui cardini, un impulso irragionevole ti indurrà ad entrare, resterai sbalordito… Ma tu non provi ad aprire, indifferente ci passi davanti, su e giù per le scale mattina e sera, estate ed inverno, quest’anno e l’anno prossimo, trascurando l’occasione… Tra le mura della tua stessa casa. Ma come escludere che sia ancora più vicino colui che ti vuole bene? Mentre tu leggi queste righe egli forse è di là dalla porta, bada, nella stanza accanto; se ne sta quieto ad aspettarti, non parla, non tossisce, non si muove, non fa nulla per richiamare l’attenzione. A te scoprirlo. Ma tu, uomo, non ti alzi nemmeno, non apri la porta, non accendi la luce, non guardi. Oppure, se vai, non lo vedi. Egli siede in un angolo, tenendo nella destra un piccolo scettro di cristallo, e ti sorride. Però tu non lo vedi. Deluso, spegni, sbatti la porta, torni di là, scuoti il capo infastidito da queste nostre assurde insinuazioni: fra poco avrai dimenticato tutto. E così sprechi la vita.
Dino Buzzati - "boutique del mistero"
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Alcune foto di oggi (presepe a San Secondo di Pinerolo TO, a Bricherasio TO, babbo Natale e presepe a Bibiana TO e festoni vari Natalizi a Bagnolo Piemonte CN e presepe davanti al municipio a Porte TO)
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Isola di Terceira
Il viaggio alle Azzorre sta per terminare e gli ultimi giorni li trascorriamo sull'isola di Terceira. Il suo nome significa “la terza” perché è stata appunto la terza isola ad essere scoperta dopo Santa Maria e São Miguel ed è stata dichiarata Patrimonio Mondiale dall'Unesco. Quando arriviamo sono ancora in corso le celebrazioni per la grande festa di Sanjoaninas e non perdiamo l'occasione di gironzolare per le vie della città principale, Angra do Heroismo, abbellite con luminarie colorate e festoni.
Durante il giro vediamo esternamente la Cattedrale del Santissimo Salvatore che è un esempio mirabile dell'architettura portoghese.
Molto particolare l'opera di street art “Aerial Roots” dell'italiano Agostino Iacurci realizzata in occasione del Walk & Talk Festival del 2016.
Uscendo dalla città non mancano ortensie, campi e bovini (sembra che la popolazione di mucche sia quasi il doppio di quella umana) che creano un paesaggio simile a quello irlandese.
Facciamo anche un paio di soste al Miradouro de Santa Barbara ed al Miradouro de Alagoa dove le onde si infrangono sulle nere scogliere di basalto.
#viaggi#isola di terceira#terceira#angra do heroismo#cattedrale del santissimo salvatore#aerial roots#street art#ortensie#campi#bovini#paesaggi#panorami#miradouro de santa barbara#miradoouro de alagoa#natura#scogliere#isole azzorre#azzorre
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Feste...
Tempo che comanda al tempo
Tra le attese che nulla tradisce
Nelle luci appese ai balconi di condomini riuniti.
Affiancati come vecchi sposi
In un silenzio di tante parole rubate,
Tra le mura sottile, dietro i vetri appannati.
Feste che avanzano in un corteo
Senza soste solo rintocchi di campane
Nel ricordo di un passato
rimasto illeso leso tra pagine ingiallite di un vecchio album di fotografie...
Feste che nel fasto
Rivestono il fusto spoglio di alberi finti di festoni e sogni fin troppi veri.
Tra i desideri taciuti e quelli confessati
Tra le cose possibili e quelle fattibile...
Come il primo di giorni che si contano
Come oggi e domani...
Nell'avvento festoso,
segnato sul calendario
come le luci che nell'ardere scandiscono le ore...
pause dopo pause.
J.D
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La mia gente mette piccole luci
per le strade e dentro casa
appende festoni intermittenti.
Poi si veste elegante, stende una tovaglia
bellissima e al centro mette
candele di meraviglia,
stappa bottiglie, brinda.
E non sa perché,
non lo sa più, precisamente.
Ah la mia gente! quanto vorrebbe ancora
slabbrarsi, fiocinare una stella
e farsi uguale a lei. Uguale uguale.
E invece ciondola a volte
smemore di sua potenza. Perduta. Sola.
Allora vieni! Vieni guardiano
delle parole notturne,
ridacci tu l’intero, l’avventura,
la più viva parola.
Fa’ tutto grande immenso, stellato
fiammeggiato. Vieni bambino. Vieni
infinità.
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Mariangela Gualtieri
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È arrivato Dicembre, uno dei mesi più difficili dell' anno, insieme a quelli estivi. Il mese tradizionalmente dedicato alla famiglia, con vacanze e feste, il mese in cui si torna a casa, ci si ritrova tutti, si fa il bilancio di chiusura dell'anno passato e ci si prepara ad affrontare quello nuovo. Già da un po' le strade sono addobbate e i balconi iniziano a coprirsi di lucine; festoni, decorazioni e palline colorate affollano gli scaffali di tutti i negozi, insieme ai suggerimenti per i regali. È anche il mese del mio compleanno. Quando ero piccola quello era il "mio giorno", mia madre affittava la sala per le feste e la nonna arrivava dall' Abruzzo insieme alla mia tata, con la macchina stracolma di provviste, regali, dolci, sformati e timballi per la mia festa. E il giorno del mio compleanno era anche quello in cui mio padre faceva l'albero di Natale con me, almeno dai quattro ai dieci anni. Poi deve essere successo qualcosa, devo essere cresciuta senza accorgermene, perché hanno iniziato ad ordinare l'albero dal vivaio e a farlo arrivare a casa, a farlo addobbare a me sola. Niente più circolo, niente più dolci di nonna, ricordo di aver festeggiato qualche volta in pizzeria, fino alla mia orribile festa di diciott'anni, che credo sia stata l'ultima festa "ufficiale". Però almeno il Natale resisteva ancora. Con le mie cugine, con i nonni e tutti gli zii. Ma il tempo è passato, si è portato via prima il nonno e poi la nonna e, come succede in tante famiglie, con loro anche il Natale. Poi l'inizio del lavoro, prima nel commercio e in seguito nell' assistenza, e quelle delle feste sono diventate semplici giornate lavorative, un turno come un altro in una qualunque settimana invernale. Eppure il Natale sembra essere ancora lì fuori ad attendere, a cercare di attirare l'attenzione con le sue lucine colorate e vivaci, con i festoni che non si sa mai se mettere sull'albero oppure no ("Ma mettili! Riempiono i buchi!" "Ma no, pare un cotechino imbacuccato in carta da regalo con tutti quei festoni!!") e con le palline di cui si perde sempre qualche gancetto, così rimangono a languire in fondo allo scatolone delle decorazioni.
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Era la Vigilia di Natale e in un villaggio di campagna, un bambino si recò nel bosco alla ricerca di un ceppo di quercia da bruciare nel camino, come voleva la tradizione, nella notte Santa.Si attardò più del previsto e, sopraggiunta l’oscurità, non seppe ritrovare la strada per tornare a casa. Per giunta incominciò a cadere una fitta nevicata.Il bimbo si sentì assalire dall’angoscia e pensò a come, nei mesi precedenti, aveva atteso quel Natale, che forse non avrebbe potuto festeggiare.Nel bosco, ormai spoglio di foglie, vide un albero ancora verdeggiante e decise di rifugiarsi sotto i suoi rami: era un abete.Sopraggiunta una grande stanchezza, il piccolo si addormentò raggomitolandosi ai piedi del tronco e l’albero, intenerito, abbassò i suoi rami fino a far loro toccare il suolo in modo da formare come una capanna che proteggesse dalla neve e dal freddo il bambino.La mattina si svegliò, sentì in lontananza le voci degli abitanti del villaggio che si erano messi alla sua ricerca e, uscito dal suo ricovero, ancora stordito e impaurito per la brutta avventura, poté con grande gioia riabbracciare i suoi compaesani.Solo allora tutti si accorsero del meraviglioso spettacolo che si presentava davanti ai loro occhi: la neve caduta nella notte, posandosi sui rami frondosi, che la piana aveva piegato fino a terra. Aveva formato dei festoni, delle decorazioni e dei cristalli che, alla luce del sole che stava sorgendo, sembravano luci sfavillanti, di uno splendore incomparabile.In ricordo di quel fatto, l’abete venne adottato a simbolo del Natale e da allora in tutte le case viene addobbato ed illuminato, quasi per riprodurre lo spettacolo che gli abitanti del piccolo villaggio videro in quel lontano giorno.Da quello stesso giorno gli abeti nelle foreste hanno mantenuto, inoltre, la caratteristica di avere i rami pendenti verso terra.
WEB
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It was Christmas Eve and in a country village, a child went into the woods in search of an oak stump to burn in the fireplace, as tradition dictated, on Holy night.He lingered longer than expected and, when darkness came, he was unable to find his way back home. In addition, a heavy snow began to fall.The child felt attacked by anguish and thought of how, in the previous months, he had waited for that Christmas, which perhaps he could not have celebrated.In the woods, now stripped of leaves, he saw a still green tree and decided to take refuge under its branches: it was a fir.A great tiredness came, the little one fell asleep curling up at the foot of the trunk and the tree, moved, lowered its branches until they touched the ground so as to form a hut that protected the child from snow and cold.In the morning he woke up, heard in the distance the voices of the villagers who had set out in search of him and, having come out of his shelter, still dazed and frightened by the bad adventure, he was able to embrace his fellow villagers again with great joy.Only then did everyone realize the wonderful spectacle that was presented before their eyes: the snow that had fallen in the night, settling on the leafy branches, which the plain had bent down to the ground. He had formed festoons, decorations and crystals which, in the light of the rising sun, looked like sparkling lights of incomparable splendour.In memory of that fact, the fir was adopted as a symbol of Christmas and since then it has been decorated and lit up in all the houses, almost to reproduce the spectacle that the inhabitants of the small village saw on that distant day.Since that same day, the fir trees in the forests have also maintained the characteristic of having branches hanging towards the ground.
WEB
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Sagra sanctorum
La benedizione delle messi e delle bestie fertili.
Festoni, processione, frittelle e griglia mista maiale, cinquina, musica-musica-musica, vinaccio. Scrofe e porci indistinti sulla graticola e a sudare sulla pista liscia.
Suona l'orchestra "Gelso e i tulipani", tutti col bel vestito della festa, ma Gelso ha la camicia aperta, alla moda paesana, col vello maschio e i fiori sulla camicia. Lui ce l'ha diversa, verde, gli altri rossa. Che fan bandiera cha-cha-cha.
Mazurca ora, saltellano quei due, guardali guardali, che s'incrocian tutti che pare che cadano, ma non cadono mai, e poi mai. Che è come l'amore difficile, quello che l'equilibrio lo trovi solo se ti muovi, come a camminare che vien facile e non si fa fatica solo perchè si impara a mettere avanti il piede e a caderci sopra. Solo che è veloce.
Va' va' come vanno, se scopan così, ciao Pep, chissà che urla quella ecco perchè è tutto asciutto lui, ben drenato.
"51, 72, 64, 37", veloce la tombola, senza i commenti da smorfia, che qui l'unica acqua che si vede è quella del Ticino e quelle cose non sono arrivate su. Veloci a segnare coi fagioli sulle cartelle consunte conservate con cura dalla perpetua, nel cassetto della sagrestia, tra i ritagli d'ostia.
Che la tombola quest'anno è un corredo niente male, che poi era quello della figlia del Santino, che poveri cristiani i genitori, se n'è partita all'avventura con quel poco di buono del Tano, arrivato giusto per portarsela via lasciando il Cecco lì con la sua verginità. Che aveva fatto così fatica pure a farsi fare la sega da quella là, che invece col Tano pareva fosse una giumenta imbizzarrita. Pensa te.
"Va beh, dai, ciao... tombola!", eccola. Fatta dalla Marta, che c'ha un culo porco cane! Che poi quel culo pare sia una figa, da quel che dice il marito, che non manca mai di lodarlo. "Ma te ce l'hai piccolo, ti vien facile così!", e giù tutti a ridere, con la Fagiana che non ce la fa a non guardargli il pacco, più per riflesso incondizionato che per golosità, ma si sa, la Fagiana è la Fagiana.
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A casa dei miei non si faceva l'albero di natale, più per scazzo che per altro. Una volta ci provammo io e madre ma finimmo per discutere come al solito, solo per il gusto di provocare. Forse l'abbiamo fatto un'altra volta, ricordo dei festoni bianchi e delle luci chiare in una vecchia casa (ne abbiamo cambiate circa 8) ma ricordo anche le urla dei miei che in quel periodo litigavano parecchio.
Non abbiamo questa grandissima tradizione e non ho dei ricordi che mi legano. Ricordo che stavo male quando io passavo il natale come una domenica qualsiasi e il resto dei giorni a lavorare, mentre gli altri avevano queste famiglie felici piene di ricordi e regali. Poi sono cresciuto e per una serie di coincidenze astrali mi sono trovato a vivere il Natale, da solo, in una casa che non era quella dei miei. Una volta l'ho passato in casa di questo amico con cui non parlo più, a mangiare pasta al sugo e salsiccia mentre ero in videochiamata su Skype con un'amica, manco con la fidanzata dell'epoca.
Oggi tornavo da calcetto, con me in macchina uno che conosco dalle medie. Mi parla dell'Abruzzo, gli dico che voglio farmi periodo di Pasqua alle sagre, dice due stronzate, gli consiglio una pagina Instagram, mi dice che non lo utilizza quasi più, che è stanco di dover interagire col mondo, che vorrebbe una fidanzata e rinchiudersi in casa, che il resto degli amici sta facendo così. Avevo il cervello spento, un ginocchio sanguinante, la fame lancinante. Gli ho consigliato di scaricarsi bumble e boo. In un altro momento forse avrei aperto una discussione, o forse no. Alla fine chi sono per giudicare o discutere su un ideale di famiglia che non ho.
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Meduse
Non donne, ma esseri di una sostanza incomparabile, traslucida e sensibile,
carni di vetro follemente irritabili,
cupole di seta ondeggiante, corone trasparenti, lunghi nastri vivi percorsi tutti da rapide onde, frange e increspature che esse piegano e spiegano.
E intanto si voltano, si deformano, fuggono via, fluide quanto il fluido massiccio che le comprime, le sposa, le sostiene da ogni parte,
fa loro posto alla minima inflessione e le sostituisce nella forma.
Là, nella pienezza irriducibile dell'acqua che sembra non opporre alcuna resistenza, queste creature dispongono di una mobilità ideale, vi distendono e raccolgono la loro raggiante simmetria.
Niente suolo, niente solidi per queste ballerine assolute: niente palcoscenico, ma un centro dove appoggiarsi in tutti i punti che cedono dove si voglia.
Niente solidi, nei loro corpi di cristallo elastico, niente ossa, niente articolazioni, giunture invariabili, segmenti che si possano contare.
Mai nessuna ballerina umana, donna ardente, ebbra di movimento, del veleno delle sue forze eccedenti, della presenza infuocata di sguardi carichi di desiderio, mai ha saputo esprimere l'offerta imperiosa del sesso, l'appello mimico del bisogno di prostituzione, come questa grande medusa che, con gli scatti ondulatori
del suo flutto di gonne e festoni, che alza e rialza con insistenza strana e impudica, si trasforma in sogni di Eros.
Paul Valéry
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Sono le 00:20 ed io monto festoni di buon compleanno
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Napoli quanto sei bella piena di bandiere, sciarpe e festoni bianchi azzurri
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Grottesche e festoni entrarono nel mondo dell'arte del rinascimento grazie a una stupefacente scoperta: la Domus Aurea di Nerone. Nel blog trovate una storia legata alla bottega di Raffaello
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