#fasciature
Explore tagged Tumblr posts
Photo
Armando Marrocco Luogo del ritrovo
a cura di Toti Carpentieri
Edizioni Arte Due, Bollate 2014, 72 pagine, 22,5 x22,5
euro 30,00
email if you want to buy [email protected]
Torino, Spaziobianco 30 Ottobre - 24 Novembre 2014
Spaziobianco è lieto di presentare la mostra di uno dei padri nobili dell’arte contemporanea italiana. Da più di mezzo secolo Armando Marrocco crea opere originali, rigorose, poetiche, che costituiscono un unicum nel nostro panorama artistico. Marrocco ha sempre lavorato lontano dalle mode, sperimentando tecniche e materiali innovativi fin dai suoi esordi sotto la spinta di Lucio Fontana e Piero Manzoni. Ha avuto curatori illustri come, fra gli altri, Pierre Restany e Renato Barilli, ma la sua ricerca non si è mai adagiata nel corso dei decenni.
Oggi Armando Marrocco continua a produrre lavori straordinari e sorprendenti. La mostra che porta a Spaziobianco, Il luogo del ritrovo, curata da un critico anch’esso “storico” come Toti Carpentieri, è composta in prevalenza da grandi opere, alcune delle quali inedite. Esse fanno parte di uno dei filoni più significativi della sua attività artistica, quello delle “fasciature”, che inizia negli Anni Ottanta e che dura e si sviluppa ancora oggi. Sono opere nelle quali perfino un cuore solido come il marmo viene miracolosamente reso leggero dalla poesia. E’ la prima volta che Armando Marrocco porta a Torino una mostra personale di questa portata e di questa valenza artistica.
orders to: [email protected]
twitter: @fashionbooksmi
flickr: fashionbooksmilano
instagram: fashionbooksmilano
tumblr: fashionbooksmilano
1802/23
#Armando Marrocco#Luogo del ritrovo#art exhibition catalogue#Spaziobianco Torino 2014#Toti Carpentieri#fasciature#art books#fashionbooksmilano
6 notes
·
View notes
Text
Io che sistemo le fasciature per boxe
Mia madre: quindi questa palestra ti piace?
Io: si davvero molto
Lei: mi raccomando tu danza classica no eh
Io: no mamma, vado in giro a picchiare le persone ora e farmi spaccare naso e denti
Giustamente mi ha dato della cretina, perché forse intuisce anche lei che i suoi sono solo pregiudizi, ma va bene lo stesso
9 notes
·
View notes
Text
Ho ritrovato anche le foto precedenti all'intervento, quando avevi ancora le cicatrici sul petto e ti vergognavi di essere visto nudo. Ti avevo fatto delle foto per mostrarti quanto in realtà tu fossi bellissimo, ma non riuscivi a credermi. Poi un ciarlatano ti ha preso un sacco di soldi per farti un cambiamento minimo, lasciandoti per due volte buttato su un letto con i punti, le spugne per lavarti e le fasciature da cambiare. Dovevo farti da mangiare e accompagnarti in bagno, ma ne valeva la pena perché sapevo che ti saresti rialzato più forte di prima. Ti fissavi in continuazione allo specchio, ma non eri mai contento: era diventata un'ossessione e quando avevi dubbi ti dicevo"ma scherzi gioia? Sei migliorato tantissimo. Prima eri bellissimo ma ora sei stupendo". Non eri comunque soddisfatto: avevi iniziato con gli allenamenti ed eri peggiorato di nuovo. Poi una sera tua madre, l'unica che sapeva dell'intervento, ti ha osservato dicendo "È tornato il segno. Si vede di nuovo", distruggendo mesi di fatica da parte mia per farti sentire meglio con te stesso. Avevi iniziato a piangere come un bambino e avevi giurato che non saresti mai più uscito di casa. Eri crollato ma io ti ero stata vicina lo stesso. Non volevi raccontare niente a nessuno, "sono cose mie", ma questo significa che nessuno sapeva quanto fosse difficile starti vicino, tranne me. Quando non potevi uscire con gli amici dopo i vari interventi, a causa delle bende e dei sanguinamenti, inventavi scuse con tutti; ad oggi, temo tu mi abbia usata come scusa, inventando che avevamo avuto problemi a casa o dandomi la colpa del fatto che ti avessi fatto storie.
Ti ho amato quando stavi male fisicamente, quando stavi male lavorativamente e quando stavi male psicologicamente. Ho fatto sempre il massimo che ho potuto finché non ero troppo stanca per accettare altre difficoltà tra le mura di casa: a quel punto hai iniziato a cercare sostegno altrove e mi sono sentita tradita. Giuravi che non c'era nessun'altra, ma io mi sono sentita sostituita, perché sei passato dal non voler dire nulla a nessuno al tenere nascoste le cose a me. Meritavo almeno la verità.
Ho paura che tu non abbia mai apprezzato nulla. Io ti avrei amato anche in malattia, ma temo che tu, al mio posto, mi avresti abbandonata. O forse facendo così hai dimostrato che avresti abbandonato te stesso.
6 notes
·
View notes
Text
05/06/07 Fe
E' arrivato il momento di andare a Ravenna, alla Domus Nova; non che fossi particolarmente preoccupato dell'intervento in sé, più che altro dovevo essere sicuro di essermi portato via tutto l'occorrente per stare in camera, tra cui caricabatterie e cambi vari. Durante la mattinata mi hanno fatto un tampone e poi mi hanno inserito in stanza. Ore 9:17 del 5, sono pronto per l'intervento, il dottore con un bel pennarello nero mi ha segnato l'arto da operare e indicato di lavarmi con del disinfettante, indicato di mettermi il camice con l'apertura dietro, i copripiedi e la cuffia; ad essere onesti sono rimasto col dubbio e quindi non sicuro al 100% che fosse il destro, questa è stata la mia più grande preoccupazione, quindi paranoie su paranoie. Dopo aver dovuto cambiare posto per inserirmi l'ago, perché sulla mano evidentemente era troppo sottile la vena me l'hanno fatta sull'avambraccio. In seguito dopo un "questa ti farà girare la testa" era tutto pronto. Mi hanno passato del Betadine su tutta la gamba destra (iodio), per cui all'inizio ho visto tutta la mia gamba rossa pre ricovero. Ho ricordi confusi da quel momento in poi, ero cosciente ma non sentivo le gambe e inoltre hanno alzato un divisorio per non farmi vedere quel che facevano. Da lì in poi mi hanno portato in stanza e attaccato le varie flebo, in tutto l'operazione è durata circa un'oretta e mezza, forse due, non lo so, queste informazioni le ho constatate dal ragazzo accanto a me in stanza, il quale aveva sua madre con sé evidentemente perché minorenne. Prima che potessi mandare giù qualche boccone era necessario che urinassi su un "pappagallo" contenitore; fino alla sera non avevo lo stimolo, fino a quando le infermiere non mi hanno detto che potevano portarmi da mangiare dal momento che me l'ero fatta addosso xdxd, capita succede, d'altronde non avevo sensibilità dall'ombelico in giù. Purea di mele, grissini e del prosciutto cotto; poco male. Per fortuna mi ero portato dietro le cuffiette e il telefono altrimenti non so come avrei fatto a sopportare il tempo che passasse. Ore 22:00 è ora della punturina sulla pancia di Eparina per evitare che si creino trombosi etcc.. evita la coagulazione del sangue.
Decisamente intontito ma neanche troppissimo mi hanno cambiato le mutante sporche e rifatto il letto. Ho dormito decisamente tanto tempo sin dall'operazione fino ai due giorni seguenti. La parte migliore è stata quando mi hanno portato gli antidolorifici e antinfiammatori, che sollievo; ha iniziato a farmi male tosto la mattina del giorno 7. Il secondo giorno hanno dovuto togliere i drenaggi e cambiare la fasciature. Molto fastidioso. Pranzo abbastanza sbocchevole con pane, uova e zucchine, così come il secondo giorno con risi in bianco e una svizzera che sapeva di nulla, e patate al vapore. Il pomeriggio del 06 il fisioterapista mi ha messo il tutore e fatto fare 2 passi e anche fatto andare sulle scale, così ero libero di poter girovagare come volessi, in realtà sono andato solamente una volta alle macchinette al piano terra , usando l'ascensore per prendermi un kinder bueno e una schiacciatina. L'unico cibo mangiabile in 2 giorni e mezzo di ricovero. Dopo diverse visite da parte di infermieri, dottore etc la mattina del 07 finalmente è arrivato il foglio delle dimissioni con medicine da prendere per le successive settimane.
EE il pomeriggio del 07 sono pronto per tornare a casa.
0 notes
Text
Truppi
Parole mancate, e paure.
Sorrisi spenti, fasciature
E ferite ancora aperte,
Ferite stanche, mai chiuse.
Vorrei vederti illuminata,
Rinnovata, che respiri
Aria che non senti,
Che non vivi,
Aria che ti meriti.
C'è un mondo,
Un mare che non conosci.
La tua paura di tuffarti.
Vorrei vederti bagnata,
Di esperienze e non ansie.
Non di noia, Non di lacrime.
2 notes
·
View notes
Text
Fai male al tuo corpo per distruggere qualcosa che è dentro di te
Parte 3
..Il caos nella mia testa si calmava solo in quel momento.
Ogni volta percepivo il freddo della lametta tra le dita e la osservavo un istante. Il caos dei pensieri trovavano collegamenti a mille esperienze vissute e altre che avrei voluto vivere, continuamente, mi faceva venire un'emicrania paurosa
Ogni volta mi asciugavo le guance e prendevo coraggio.
A volte continuavo a insultarmi in silenzio, fino ad avere un attacco di panico. Ricordo che non riuscivo a respirare, i muscoli del petto si contraevano come a volermi soffocare.
Altre volte restavo come in trance. Seduta a terra a fissare il vuoto, le ultime lacrime scendevano timide e il respiro a singhiozzo, in silenzio.
Il sangue era molto bello, luccicava e aveva un colore così unico.
Stavo lì a guardarli colare, con i pensieri che piano piano si offuscavano allontanandosi.
Il respiro lentamente rallentava,così chiudevo gli occhi e facevo un respiro profondo. Non pensavo più. In quel momento mi sentivo profondamente Presente, i rimorsi del passato erano lontani e l'ansia del futuro diventava leggera.
Mi tranquillizzava e talvolta mi permetteva di avere la mente più lucida per pensare a cosa fare.
Spesso capitava che lo facessi per punirmi, pensavo il peggio di me, non mi sentivo in grado di fare nulla. Non mi sono sentita abbastanza per molto tempo.
Mi facevo davvero schifo come persona. Mi sentivo stupida e sopravvalutata dalle persone che mi dicevano "brava".
E di nuovo mi trovai a mentire. Una felpa nera era la mia migliore amica, anche d'estate.. Era frustrante inventare scuse per le fasciature ai polsi, i cerotti o i lividi sparsi sulle mie gambe...
Ogni giorno sembrava non finire mai.
#ana and mia#apatia#meditation#mindfulness#motivation#positivity#autolesionismo#sadness#sadquotes#depressione#depression
3 notes
·
View notes
Text
*Oggi in ospedale a Trevis gli vengono tolte le fasciature perchè le sue ferite sono guarite e sparite,gli viene anche comunicato che domani può uscire dall'ospedale insieme a Jonathan.
Trevis è felice ma ha un problema: è nudo e lui non ha vestiti in ospedale,non può uscire di certo così quindi chiama un'infermiera per dargli il telefono.
Usando il telefono chiama a Ibrahim Al-Badri che deve portargli i vestiti stasera oltre il cibo, il suo amico Ibra acconsentì,la chiamata finì e il telefono viene restituito.
Trevis a differenza di altri giorni sta molto bene sia fisicamente che mentalmente*
35 notes
·
View notes
Link
4 notes
·
View notes
Text
Lettera al coraggio
Caro Coraggio,
che nome importante e di prestigio porti, eppure questo tuo nome altisonante in non pochi casi ci può incutere soggezione.
Alle volte, proprio come un bambino che gioca a nascondino, sei bravo a nasconderti e coloro che ti stanno cercando compiono molta fatica e un lungo viaggio prima di stanare il tuo nascondiglio; però chissà se è solo merito della tua bravura a nasconderti e non farti trovare, oppure se un po’ ci mettiamo del nostro, sebbene il tuo nascondiglio ci appaia ovvio.
Personalmente credo sia un po’ l’insieme delle due cose, ovvero tu non sei sempre facile da reperire, ma spesso ci spaventi e questo fa sì che noi ci allontaniamo da te per paura di non raggiungerti mai, di fallire, oppure che arrivando ai tuoi piedi e facendo amicizia con te potremmo ficcarci nei guai o comunque riceveremmo amare e tremende ripercussioni fisiche e psichiche.
Coraggio devi sapere che talvolta già compiere il primo passo è un’azione che ci appare incompibile e ci fa paura, che suscita ansia e crea in noi il panico più totale, rendendo i nostri piedi foderati di scarpe in piombo e non solo ci inchiodano dove siamo, ma ci fanno anche sprofondare in noi stessi e soprattutto nelle nostre insicurezze.
Talvolta però ci invii in aiuto le forze o le persone che possono fornire queste forze per togliere queste fasciature di piombo per iniziare tranquilli il nostro viaggio anche se ben inteso, non privo di insidie ed ostacoli, altre volte riusciamo, anche se caduti a rialzarci ed a iniziare a voler credere nel tuo potere benefico e curativo, fino a rinascere e crescere come persone nuove e più forti.
Grazie al nostro sodalizio con te diventiamo individui più forti, sicuri di noi, più belli, più maturi, più indipendenti e la nostra autostima cresce.
Tu non ci sei solo nel quotidiano, ma anche in situazioni estreme.
Prendi possesso dei soldati nelle guerre che combattono per vincere o lottano per difendersi, ti affianchi ai medici nelle sale operatorie che lottano per salvare le vite dei loro pazienti, entri nelle stesse vene del paziente per aiutarlo a lottare contro la morte per la vita. Negli incidenti e nelle catastrofi naturali fa in modo che le persone apparentemente deboli provino quella scarica di adrenalina che gli permette di salvare delle vite e possibilmente anche la loro.
Certo nemmeno tu sei infallibile e spesso molti sono stati gli eroi caduti nelle loro battaglie, ma se purtroppo il tuo colpo è fallito, fai di tutto perché chi resta possa trovarti ed andare avanti verso il futuro.
Ci aiuti ad affrontare le nostre sfide, in alcuni casi ce ne porti di nuove, facendoci crescere, rendendoci uomini, rendendoci donne capaci a loro volta di consigliarti ed infonderti negli altri dopo che in noi stessi.
-umi-no-onnanoko (@umi-no-onnanoko / 19.03.21)
28 notes
·
View notes
Photo
- L’angelo caduto - cap.9
"Le persone legate dal destino si troveranno sempre a vicenda" THE WITCHER
Splendenti raggi solari bucano la fitta coltre di nuvole bianche, squarciando il cielo con la loro intensa luce. La nebbia che avvolge l'alta collina si dissolve, lasciando che il grande maniero del conte Straud sia visibile in tutta la sua oscura perfidia. I tetti appuntiti neri, le mura di un grigio antracide e le alte finestre oscurate osservano la bellezza di quella mattinata assolata, dove la luce si riflette contro la bianca neve emanando un'aura brillante, quasi accecante.
Il comandante Cullen cammina da solo nel fitto bosco di abeti, il rumore della neve che si infrange sotto i suoi passi. Non sembra sentire freddo, riscaldato dall'astro infuocato che governa un cielo ora terso. Il suo animo è tranquillo, serenamente contento. Non c'è timore sul suo viso, non c'è più la paura della lotta. Sorride alla vista della sua amata che lo saluta da lontano, pronta a correre verso di lui e gettarsi tra le sue braccia. L'idillio perfetto dopo anni di sanguinosa lotta per la sopravvivenza dell'umanità, anni di rinunce, di paure, di progetti rinviati. La luce che inonda il piccolo borgo oscuro di Forgotten Hollow è il simbolo della rinascita, del non temere più il buio della notte e le sue creature che si aggiravano tra quelle strade, pronte a porre fine ad un'altra vita umana senza pietà. Ed eccoli lì, gli eroi silenziosi di quella battaglia, la ragazza prescelta dal destino per porre fine a quel lungo capitolo di crudeltà, e il giovane comandante di un insolito esercito, compagno nella guerra e nella vita. Sono a pochi passi l'una dall'altro, si guardano, sorridono, una nuova vita pronta per essere scritta tra le pagine bianche di un altro libro dove non c'è più il male ad affliggere il mondo. Ancora un passo...
Un istante e il mondo idilliaco va in pezzi. La nebbia torna ad avvolgere la collina che sovrasta il piccolo borgo di Forgotten Hollow, il sole scompare dietro una fitta coltre di nuvole scure e il buio torna a dipingere le strade. Come un fuoco che divampa all'improvviso, la lunga chioma rossa appare alle spalle del comandante. Lo sguardo di lui si tramuta, il sorriso si dissolve e il terrore riempie i suoi occhi chiari. Un grido squarcia il silenzio della grande vallata. La cacciatrice tenta invano di muoversi in soccorso dell'uomo che ama, ma è tutto inutile. La vampira afferra il collo del comandante e in un secondo è tutto finito. I denti affilati affondano nella pelle dell'uomo in profondità bucando i tessuti e i muscoli fino alla giugulare dissanguandolo in pochi attimi. Il corpo freddo e inerme dell'uomo cade a terra con un tonfo sordo nella neve fredda e opaca, mentre la risata della vampira sovrasta il grido della cacciatrice sconfitta. L'uomo che ama non c'è più. Ne resta solo una carcassa vuota, senza più battiti, senza più anima.
Le sue urla di terrore riecheggiarono nella grande casa vittoriana. "Svegliati!" sussurrò una voce maschile scuotendola dal torpore. "No, ti prego. Cullen..." mormorò la cacciatrice in preda ai deliri. Un sussulto e i suoi grandi occhi celesti si aprirono. Le luci tenui della piccola stanza da letto la aiutarono a mettere a fuoco i dintorni non riconoscendoli. "Dove mi trovo?" domandò Helena guardandosi attorno. "Sei a villa Vatore, cacciatrice" rispose la stessa voce maschile che aveva tentanto di svegliarla pochi istanti prima. Helena accortasi di indossare soltanto la biancheria intima, tentò di coprirsi con le mani, ma una fitta di dolore al braccio la fece desistere.
"Chi sei?" domandò ancora osservando il suo misterioso interlocutore "Cosa è successo?" "Mi chiamo Caleb Vatore, cacciatrice. Non ricordi cosa è accaduto qualche notte fa?" chiese di rimando. "Io ricordo di essere stata attaccata da un gruppo di vampiri e poi quella rossa...tu...tu sei venuto ad aiutarmi?!" domandò retoricamente. Caleb fece cenno di assenso senza aggiungere altro. "Grazie, Caleb. Sarei probabilmente morta senza il tuo aiuto" concluse la cacciatrice. "E' stato un onore, cacciatrice." rispose l'uomo abbozzando un sorriso. La sua pelle era stranamente molto pallida, quasi lucida sotto le luci tenui della stanza. Gli occhi avevano la stessa tonalità del ghiaccio che contrastavano sotto i folti capelli scuri. Helena lo osservò attentamente, ma non disse una parola, benchè un dubbio si fosse insinuato nella sua mente. "Io ora ti lascio tranquilla. I tuoi abiti sono su quella poltrona lì" annunciò Caleb indicando la seduta nell'angolo. "Se hai fame scendi pure al piano inferiore. C'è del cibo in cucina appositamente per te. Io sarò nel salone, se avrai bisogno di qualcosa" "Caleb, dove siamo?" domandò Helena confusa. "A casa mia, te l'ho detto" rispose Caleb. "Intendevo in che posto" incalzò Helena, mentre i suoi dubbi si facevano sempre più pressanti. Caleb con un sospiro confessò "A Forgotten Hollow..."
La cacciatrice sussultò mentre i pezzi di un puzzle invisibile andavano ad incastrarsi alla perfezione. Le tende tirate e scure nella stanza, l'arredamento antiquato e la carnagione di Caleb potevano significare soltanto una cosa. "Sei un vampiro" annunciò Helena con lo sguardo attonito, fisso su Caleb. "Si, ma non temere. Non ho intenzione di farti del male. Se avessi voluto ucciderti lo avrei fatto quella notte e non mi sarei preso cura delle tue gravi ferite" dichiarò il vampiro sorridendo appena e mettendo in mostra i canini allungati. "Suppongo di dovermi fidare di te..." mormorò Helena abbassando lo sguardo e notando le pesanti fasciature che avvolgevano il suo corpo in più punti. Sull'addome la macchia di sangue era ancora visibile sulle bende, segno che in quel punto aveva subito forse il danno maggiore. "Caleb...da quanto tempo sono qui?" domandò poi. "Tre notti. Le ferite erano molto gravi quando ti ho trovata e non sei stata cosciente fino a questa mattina, ma le cure stanno dando i loro effetti. Presto potrai tornare a cacciare" rispose Caleb, in piedi davanti a lei come una statua di marmo. "Tre notti? Io devo tornare. Mi staranno cercando!" disse Helena mettendosi a sedere sul bordo del letto e tentando di alzarsi. Un capogiro la colse all'improvviso facendola ricadere di peso sul morbido materasso cigolante.
"Sei ancora debole per affrontare tutta quella strada da sola ed io adesso non posso uscire di qui" mormorò Caleb che era andato a sedersi accanto a lei con uno scatto fulmineo. "Ma io devo tornare a casa..." sussurrò lei accigliandosi. "Ascolta, ora riposa un altro pò. Intanto ti preparerò qualcosa da mangiare che possa rimetterti in forze e stanotte ti promettò che ti aiuterò a tornare a casa, se lo desideri." concluse Caleb aiutandola a stendersi. Helena asserì con la testa e si sdraiò di nuovo sul comodo letto abbandonandosi totalmente alla richiesta di riposo che il suo corpo necessitava.
Quando il sole fu alto nel cielo di metà pomeriggio la cacciatrice si ridestò dal suo sonno ristoratore, sentendosi finalmente più in forze e pronta per tornare a casa. Erano passati tre giorni dall'attacco della vampira ed Helena si domandava se i membri dell'Organizzazione l'avessero data ormai per morta e il suo pensiero volò inevitabilmente a Cullen. Aveva bisogno di far sapere a tutti che stava bene, che era viva e che aveva ricevuto un aiuto prezioso dall'ultima persona che si sarebbe mai aspettata. Come era possibile che un vampiro avesse aiutato proprio lei la cacciatrice, colei scelta dal destino per distruggerli tutti? Poteva davvero fidarsi di lui? Si mise a sedere sul bordo del materasso a molle che cigolò sotto il suo peso. La stanza era nella penombra ed Helena desiderò ardentemente aprire le tende per far filtrare un pò di luce esterna. Così si alzò lentamente per paura di un nuovo capogiro e andò verso una delle finestre coperte da pesanti drappi scuri. Afferrò un lembo e tirò, lasciando così che una flebile luce di metà pomeriggio entrasse ad illuminare la grande stanza da letto. Amava il sole e non poteva immaginare come fosse vivere per l'eternità senza più godere di quella meraviglia, benchè anche la sua vita si svolgesse per la maggior parte del tempo nell'oscurità. Raccolse i suoi vestiti sulla poltrona nell'angolo accanto alla porta e iniziò ad indossarli, facendo attenzione a non strapparsi le bende che Caleb le aveva accuratamente messo per coprire le sue ferite. Osservò la sua figura vestita nello specchio da terra dal vetro un pò appannato e pensò a quanto fosse sciocco tenere un oggetto simile in una casa abitata da un vampiro, dal momento che le creature della notte non potevano vedere la loro immagine riflessa su nessuna superficie.
Quando fu completamente vestita, Helena osservò i segni ancora visibili sul suo viso, domandandosi se sarebbero rimaste le cicatrici e fu allora che la sua attenzione cadde su una fotografica incorniciata sulla toeletta in legno chiaro. Ritraeva quattro persone, due donne, un uomo e una bambina di circa 7 anni, sorridenti e vestiti con abiti che, molto probabilmente, risalivano ai primi anni del novecento. La foto era ingiallita dal tempo, ma Helena riconobbe Caleb vestito con una giacca e un paio di pantaloni stretti sul ginocchio. Un berretto copriva i suoi capelli pettinati e il suo sguardo era autoritario, ma al contempo dolce e affabile. Accanto a lui c'era una donna, capelli chiari raccolti in uno chignon e un abito lungo che le fasciava il corpo esile. Un'altra donna coi capelli corti e scuri era in piedi sul lato opposto, anche lei in abito lungo e uno sguardo profondo. La bambina era adorabile con la sua treccia lunga e il vestitino corto e sembrava felice. Helena osservò quei volti domandandosi chi potessero essere le persone accanto a Caleb e se, anche loro, fossero vampiri e si aggirassero tra le mura di quella casa. Non aveva mai visto dei vampiri-bambini e neppure il suo Osservatore ne aveva mai fatto menzione alcuna. Il pensiero di quella bambina trasformata in un mostro immortale fece rabbrividire la cacciatrice. I suoi pensieri però vennero interrotti quando la porta della camera si aprì e la figura di Caleb apparve sull'uscio. La vista del sole che filtrava dalla finestra lo fece rizzare come un gatto spaventato ed Helena si affrettò a tirare di nuovo la tenda. "Perdonami. Volevo solo far entrare un pò di luce naturale" annunciò voltandosi verso il vampiro. "A volte piacerebbe anche a me vedere ancora il sole" dichiarò Caleb rabbuiandosi in volto, più di quanto non fosse già tenebroso. "Caleb, non ho potuto fare a meno di notare quella foto" disse Helena indicando la cornice sulla toeletta "Le altre persone ritratte con te, sono in questa casa adesso?" domandò poi di getto senza pensare alle conseguenze di quella sua richiesta. "Solo mia sorella Lilith...la donna coi capelli scuri" rispose Caleb abbassando lo sguardo. Helena non domandò dove fossero la donna e la bambina fotografate accanto al vampiro, temendo di porre un quesito scomodo all'uomo. Fu Caleb a prendere la parola, asserendo che le avrebbe raccontato una storia, se avesse avuto voglia di ascoltarla. La cacciatrice annuì silenziosamente mentre Caleb le faceva segno di seguirla.
Scesi al piano inferiore della villa, Caleb fece strada ad Helena e l'accompagnò verso il salotto dove il crepitio del fuoco riecheggiava tra le mura. Seduta su una comoda poltrona c'era la donna della fotografia, ma era molto diversa a vederla di persona. Era vestita con un abitino aderente che le fasciava le curve mettendo in risalto i muscoli ben definiti, un paio di calze a rete e tacchi talmente alti che solo a guardarli facevano venire le vertigini. I capelli lunghi e neri erano tirati dietro le spalle lasciando il viso completamente scoperto a metterne in mostra i piccoli occhi color ghiaccio come quelli di Caleb. Il trucco pesante incorniciava il tutto. Non aveva più nulla della donna della fotografia, quell'aria un pò ingenua e l'aspetto delicato di quei tempi andati. Come il fratello il susseguirsi inesorabile dell'eternità con i suoi eventi storici, le guerre, le carestie e le epidemie avevano indurito i suoi lineamenti. "Cacciatrice, lei è mia sorella Lilith" annuciò Caleb. "Salve" disse Helena cercando di trovare qualcosa ad effetto da dire in quella circostanza così anomala. La vampira non rivolse nessun tipo di saluto alla cacciatrice, ma si limitò a guardare il fratello con aria truce. "Lilith non essere maleducata" mormorò il vampiro ricambiando lo sguardo della sorella. "Perdona la sua mancanza di educazione. Mia sorella è sempre stata una ribelle" disse poi rivolgendosi ad Helena. "Magari tua sorella non gradisce la presenza della cacciatrice in casa sua e ne ha tutto il diritto" asserì Helena guardando la vampira. "Esattamente, ma mio fratello fa sempre di testa sua senza mai chiedere nulla. Non è vero Caleb?!" parlò Lilith. La sua voce era profonda, per nulla stridula. "Ne abbiamo già discusso, Lilith. La cacciatrice aveva bisogno di aiuto" ringhiò Caleb. Helena iniziò a sentirsi a disagio in quella discussione tra fratelli, e soprattutto tra vampiri. "E per aiutare lei hai ucciso Lauren, la tua creatrice!" disse Lilith di rimando. "Ho dovuto farlo..." intervenì Caleb, ma non terminò la frase perchè Helena si intromise chiedendo chi fosse Lauren. "Siediti Helena" disse poi il vampiro tornando ad un tono calmo e vellutato chiamandola per la prima volta con il suo nome e non con il ruolo che il destino le aveva imposto "Voglio raccontarti quella storia".
Nel frattempo lontano da villa Vatore e da Forgotten Hollow, a Tiamaranta's Fortress i membri dell'Organizzazione non si davano pace. Da giorni non avevano mai interrotto le ricerche di Helena, mentre i due maghi avevano tentato qualsiasi incantesimo di localizzazione, senza avere successo. Alcuni di loro avevano ormai perso le speranze di ritrovare la cacciatrice viva e vegeta, benchè Amelia continuasse ad insistere che se fosse stata uccisa, avrebbe percepito l'aura di una nuova prescelta. Chi non aveva mai smesso di sperare era il comandante. Non dormiva da quella mattina in cui era andato a Forgotten Hollow in cerca di Helena e aveva ritrovato soltanto il suo ciondolo. A malapena mangiava e le forze lo stavano abbandonando. Jo continuava a ripetergli di riposare, di mangiare o si sarebbe ammalato presto, ma Cullen era inamovibile e continuava a dire che se non avesse ritrovato Helena tanto valeva morire. Si era recato spesso a Forgotten Hollow alla ricerca di tracce che potevano essergli sfuggite quel giorno e, durante le ronde notturne, aveva affrontato diversi vampiri domandando se sapevano qualcosa a riguardo della sparizione della cacciatrice, prima di ucciderli. Ma di Helena nessuna traccia. Era come svanita nel nulla, mentre lei era sempre stata lì, a pochi passi da loro, al sicuro in una delle camere da letto di villa Vatore.
Mentre Helena ascoltava la storia che Caleb le stava narrando, a Tiamaranta's Fortress Cullen sedeva alla sua scrivania. Un foglio di carta bianca era poggiato davanti a sè e il comandante fissava il suo candore cercando le parole giuste da incidere. La speranza di rivedere Helena viva era ancora lì, aggrappata con le unghie alla sua anima e Cullen volle esternare i suoi sentimenti su quel pezzo di carta, augurandosi di poterle dare quella lettera una volta che fosse tornata.
"Senza dubbio questa mia lettera ti confonderà. Devo ammetterlo, non ho avuto molte opportunità di comporre nulla di natura personale. Forse è sciocco. Sei impegnata nella tua lotta, come lo sono anche io. Il nostro lavoro sembra non finire mai, ogni passo in avanti sembra finisca con quattro passi indietro. Ti ho vista oltrepassare quel cancello ogni notte per andare a combattere, tornando sempre. In queste notti ho atteso. La testa premuta contro le fredde pietre della finestra, aspettando di vedere la tua sagoma comparire all'orizzonte. Sembra patetico ora che lo scrivo, come se fossi una fanciulla in una torre che si strugge per un cavaliere. Non ho mai pensato che tu potessi non farcela. Al contrario, in ogni fase di questa missione, ho sempre creduto con fervore nel tuo successo. Le mie intenzioni con questa lettera non erano di attirare dubbi sulle tue capacità. La verità, la ragione di questo spreco di tempo è che ti amo. Sto qui chino sulla scrivania e osservo il consumarsi delle candele e tutto ciò che scorre nelle mie vene è una paura infernale che non potrei mai dirti. Non in futuro, ma adesso con te così lontana da me. Tu sei molto di più di quanto avrei potuto desiderare, sperato, necessitato. Hai distrutto le mie difese con uno sguardo. Mi hai fatto tremare in ginocchio e mi hai rialzato in piedi. Non mi sono mai sentito così vulnerabile come lo sono tra le tue braccia. La tua semplice presenza è un balsamo per la mia anima ferita, la stessa che darei per tenerti con me per sempre. Ti desidero. Baciare le tue labbra, perdermi nel tuo abbraccio, assaporare le tue cosce che tremano a cavalcioni sopra di me e sorridere mentre ti muovi sotto di me. La promessa dei tuoi sussulti che implorano di più infiamma il mio cuore e mi distoglie dalla sconforto della guerra. I miei sogni possono essere costellati per sempre da incubi, ma i miei pensieri, i miei momenti di veglia, sono dedicati a te. Sei un vino profumato che inebria la mia mente e la mia lingua, e libera l'uomo che temevo fosse perso per sempre dalle sue catene. Non avrei mai immaginato di essere diventato il tipo d'uomo che scrive una lettera d'amore. Di devozione. Una dichiarazione che ciò che voglio di più da questo mondo, dal Creatore stesso, sei tu. So che tornerai da me, passando per quel cancello e tra le mie braccia. E avevo bisogno che tu sapessi che mi troverai con la fronte premuta contro la fredda pietra che ti aspetta. Ti amo. Cullen"
Terminò di scrivere quella confessione che il sole aveva iniziato a discendere dietro la linea del mare. Poggiò la fronte contro il pugno chiuso, adagiando il gomito sul foglio di carta non più immacolato e chiuse gli occhi, mentre una smorfia di dolore gli tirò le labbra. "So che tornerai..." mormorò poi abbandonandosi totalmente ad una silenziosa disperazione che lo aveva accompagnato in quei giorni, senza lasciarlo mai, benchè la speranza del ritorno di Helena gli avesse dato la forza di non cedere.
Le ombre fuori Tiamaranta's Fortress iniziarono ad allungarsi col passare dei minuti, mentre la linea dell'orizzonte si tingeva delle tonalità del rosso del tramonto. Fu allora che una figura scura sopraggiunse oltre il fitto degli alberi che coprivano la scogliera dove si ergeva la fortezza. Passi veloci corsero tra i corridoi, sempre più affrettati. Senza bussare contro il battente di legno dello studio, Leliana aprì la porta di scatto trovando il comandante perso nei suoi pensieri malinconici. "Comandante" lo chiamò cercando di attirare la sua attenzione, ma Cullen non si mosse. "Cullen" chiamò ancora "La cacciatrice...è tornata!".
13 notes
·
View notes
Text
Differenza tra marsupio Keababies e marsupio LOISSER
Marsupio Keababies
Adatto per l'uso da un neonato a 35 libbre, il nostro fornitore di fasciature per neonati ti aiuta a calmare e lenire il tuo bambino senza problemi tenendolo vicino a te. Niente più mani e spalle stanche! Puoi anche allattare facilmente e discretamente mentre indossi il tuo bambino. Il nostro servizio fasciatoio è progettato specificamente utilizzando un tessuto elastico ma robusto in modo che il peso del bambino non affatichi la schiena e le spalle dopo lunghi periodi di utilizzo. La giusta quantità di elasticità mantiene il tuo bambino sicuro e comodo nella fasciatura senza volere un riadattamento costante. Questo fornitore di fasciature per bambini rivolto in avanti, rilassato e affidabile, è comodo da usare per le nuove mamme che indossano bambini !. Con il marsupio fasciatoio di KeaBabies, puoi tenere il tuo bambino vicino al petto per sentire il tuo battito cardiaco, il che lo fa sentire più protetto e sicuro.
Questo momento unico crea un legame ancora più adatto a te e al tuo bambino. L'involucro può anche fungere da copertura per l'allattamento al seno e cintura addominale dopo il parto! La fascia per bambini è adattabile a tutte le forme e dimensioni ed è provata ed esaminata da mamme di tutte le taglie. Puoi spostare di nuovo le cravatte per avvolgerle intorno alla vita e legarle sul davanti o legare saldamente la fascia intorno alla schiena. Questa flessibilità rende il nostro bambino avvolgente rilassato e sicuro. La nostra imbracatura per bambini è progettata principalmente per distribuire il peso del tuo bambino in modo uniforme mentre rimani a mani libere. Puoi spostare di nuovo le cravatte per avvolgerle intorno alla vita e legarle sul davanti o legare saldamente la fascia intorno alla schiena. Questa flessibilità rende il nostro bambino avvolgente rilassato e sicuro. La nostra imbracatura per bambini è progettata principalmente per distribuire il peso del tuo bambino in modo uniforme mentre rimani a mani libere. Puoi spostare di nuovo le cravatte per avvolgerle intorno alla vita e legarle sul davanti o legare saldamente la fascia intorno alla schiena. Questa flessibilità rende il nostro bambino avvolgente rilassato e sicuro. La nostra imbracatura per bambini è progettata principalmente per distribuire il peso del tuo bambino in modo uniforme mentre rimani a mani libere.
Marsupio LOISSER
Un marsupio ergonomico aiuta la giusta crescita del tuo bambino assicurando la corretta postura M dei fianchi. Pieno aiuto da 0 a 36 mesi Morbido come un marsupio, per quanto forte e sensibile come un vero marsupio. Custodia in cotone; Tessuto dall'ottimo interesse per i dettagli, il Marsupio Traspirante presenta inserti ventilati e fascia lombare totale, che si adattano dolcemente anche alla stagione più calda.
LOISSAR: il marsupio resistente, il marsupio rilassato, il marsupio certificato. Il Marsupio Portabebè, multi-versatile, davanti, dietro, allatta al seno per ogni esigenza del tuo Neonato, prova con nuove posizioni per il tuo Marsupio Baby, supera le valutazioni per zaini da alpinismo, robusto ma leggero, accoglie in sicurezza il tuo Neonato e il tuo Bebe ' , cuciture, spalline e cinghie accuratamente rinforzate
1 note
·
View note
Note
buonasera, doc! volevo chiederle un consiglio: due giorni fa mi è caduta sul piede un'asse di legno abbastanza pesante. ha colpito il trillice sull'unghia che ora è completamente nera sotto, il dito non ho problemi a muoverlo. non ho perso sangue e ho messo dell'ghiaccio. ho notato che sotto l'unghia, alla base, si sta accumulando del pus. sto facendo fasciature con crema antibiotica. mi consiglia di andare in pronto (o dal medico di base?) oppure di aspettare ancora non avendo troppo dolore?
Intanto
Per la lesione, se non accusi dolore, direi che è inutile andare in un pronto soccorso ma considera una visita dal medico qualora si dovesse gonfiare o diventare rosso.
Che l’unghia sia destinata a staccarsi per poi ricrescere, credo che sarà una cosa fisiologica e inevitabile.
4 notes
·
View notes
Text
La pratica d'ospedale non sta solo nell'assistere a complicate operazioni intestinali, nell'incidere peritonei, nel pinzare lobi polmonari, nell'amputar piedi, non sta davvero soltanto nel chiuder gli occhi ai morti o nel tirar fuori bambini per farli venire al mondo. La pratica d'ospedale non è soltanto questo: buttare con noncuranza nel secchio smaltato gambe e braccia intere o tagliate a metà. Non sta nel continuare a correr dietro come un cretino al primario e all'assistente e all'assistente dell'assistente, far parte del codazzo durante le visite. Né può consistere solo nel nascondere la verità ai pazienti e nemmeno nel dire: «Il pus naturalmente si scioglierà nel sangue e Lei sarà completamente guarito». O in centinaia d'altre simili fandonie. Nel dire: «Andrà tutto bene!» – quando non c'è piú nulla che possa andar bene. La pratica d'ospedale non serve soltanto a imparare a incidere e a ricucire, a far fasciature e a tener duro. La pratica d'ospedale deve anche fare i conti con realtà e possibilità extracorporee. Il compito che mi è stato affidato di osservare il pittore Strauch mi costringe a occuparmi di questo tipo di realtà e di possibilità. A esplorare qualcosa d'inesplorabile. A scoprirlo sino a un certo sorprendente grado.
1 note
·
View note
Photo
Migranti pagati 3 euro l'ora per turni di 11 ore nelle vigne venete Tre euro all'ora per 11 ore di lavoro nelle vigne. Era questa la vita di alcuni migranti secondo quanto accertato da un'indagine dei carabinieri del lavoro di Venezia, Padova e Rovigo che ha portato all'emissione di 4 misure cautelari con l'obbligo di dimora. L'accusa, nei confronti dei caporali, quattro cittadini marocchini, è di aver costituito un'associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della manodopera. Le indagini hanno accertato che i migranti che venivano impiegati nei vigneti, alcuni dei quali senza permesso di soggiorno, lavorano senza alcun dispositivo di protezione individuale e senza nessuna protezione assicurativa o previdenziale. Erano, di fatto, "fantasmi" a servizio della produzione vinicola locale. I lavoratori erano pagati tre euro l'ora, lavoravano anche 11 ore di fila, senza potersi riposare o mangiare. Chi si ribellava veniva picchiato, mentre altri, vittime di incidenti sul lavoro, erano costretti a tornare al lavoro il giorno dopo con fasciature ed ecchimosi. Gli stranieri impiegati non hanno avuto il coraggio di parlare perché speravano di ottenere il permesso di soggiorno, visto che molte delle vittime sono clandestine. Chi ha denunciato ha ottenuto un permesso soggiorno per motivi di giustizia anche grazie alla collaborazione con il progetto "Nave" di Venezia, associazione che offre supporto a stranieri e clandestini. globalist
4 notes
·
View notes
Text
Semplicemente "Tata"
L'Azteca è lo stadio di Città del Messico. All'ingresso c'è una targa che ricorda il "Partido del Siglo", la "Partita del Secolo" quella disputata tra Italia e Germania il 17 luglio del 1970 finita 4-3 per gli Azzurri.
Il quella partita interminabile il capitano tedesco Beckenbauer si lussò una spalla ma non fu sostituito ma giocò con una fasciatura per poter continuare a giocare.
Mi è tornato in mente oggi questo episodio quando ho letto della morte di José Luis Brown detto "Tata" libero dell'Argentina campione del mondo 1986.
La storia di Brown campione del mondo è abbastanza particolare. Alla vigilia del Mundial messicano del 1986 ha 30 anni e il Deportivo Español ha fatto sapere che non gli rinnoverà il contratto per l'anno successivo per cui il "Tata" è svincolato.
L'Argentina assegna i numeri in ordine alfabetico indipendentemente dai ruoli in quegli anni tranne per alcuni giocatori, per cui capita di vedere un centrocampista come Ardiles indossare la maglia con il numero 1 nell'82 o il portiere Fillol con il numero 7 in Spagna e con il numero 5 nel '78 nei mondiali che l' Argentina vince in casa sua. Nell'86 i portieri hanno i numeri 18 il titolare Pumpido, il 15 Islas e il 22 il terzo portiere Zelada. Gli unici giocatori che non seguono l'ordine alfabetico nell'assegnazione dei numeri sono Valdano a cui tocca il suo solito 11, Passarella cui toccherà il numero 6 essendo il libero della squadra e, ovviamente, Maradona cui va la 10. A Brown tocca il numero 5, lo stesso numero che aveva Beckenbauer nel '74 quando si era trasformato da regista a libero.
Passarella ha perso da qualche anno la fascia da capitano della nazionale Argentina a vantaggio di Maradona non senza qualche polemica. Alla vigilia del mondiale però si dice sarà lui il libero titolare del 5-3-2 dell'Argentina. Ma le cose vanno diversamente: Passarella è colpito da una forte gastroenterite che taluni ribattezzano la "Maledizione di Montezuma" così il suo posto al centro della difesa lo prende proprio José Luis Brown che ha capacità d'impostazione oltre ad essere un difensore roccioso e attento.
Sarà sempre titolare nelle 7 partite che l'Argentina disputa in quel mondiale fino alla finale contro la Germania Ovest.
I tedeschi, si sa, sono un osso duro e lo dimostra il fatto che quella è la seconda finale consecutiva che disputano.
Però l'Argentina parte bene e passa in vantaggio proprio con Brown.
youtube
Cuciuffo, terzino destro dell'Argentina, subisce fallo e il conseguente calcio di punizione viene battuto da Burruchaga il cui cross è troppo alto per il portiere tedesco Schumacher. Brown intuisce che il portiere ha sbagliato il tempo dell'uscita così salta per prendere quel pallone. Solo che davanti ha sé ha Maradona. A quel punto lui si rende colpevole di "lesa maestà" perché spinge via il suo capitano e fa gol.
Poco dopo però Brown si scontra con un avversario e si lussa una spalla.
La finale di un mondiale è troppo importante per farsi fermare da una semplice lussazione. In fondo se non sei un portiere le mani non ti servono così Brown discute col medico e decide di restare in campo, testardamente.
Prende la maglia bianco celeste che indossa, la strappa con i denti all'altezza dell'addome e infila il pollice del braccio che gli fa un male cane in quel buco. Niente fasciature, solo un dito infilato in uno strappo.
Continuerà a giocare così il resto della partita fino al 2-0 di Valdano e alla rimonta della Germania Ovest, la Germania che non si arrende mai come ben sappiamo noi italiani da quel 17 luglio del 1970, nello stesso stadio dove ora sta giocando contro l'Argentina.
Ma anche stavolta la Germania verrà battuta. Da un gol di Burruchaga lanciato da Maradona a pochi minuti dalla fine: 3-2 il risultato finale.
Beckenbauer è il CT della Germania il giorno della finale del 1986 in quello stadio dove 16 anni prima aveva giocato col braccio al collo.
Brown sarà vicino a Maradona quando "El Pibe de Oro" riceve la coppa del mondo FIFA scolpita dall'orafo Gazzaniga.
Da diverso tempo soffriva di Alzheimer e oggi a 62 anni se ne è andato.
Sarebbe bello se per questo ultimo viaggio avesse indossato quella maglietta bucata con i colori della sua nazione, quella indossata quando fece il primo gol di quella finale, quando divenne Campione del Mondo.
#il demone del calcio#Jose Luis Brown#Argentina 1986#campionati mondiali di calcio#Tata#storie di calcio
9 notes
·
View notes
Note
4, 9, 27
Grazie cara!!
4. What do you think you cook the best?
Amo fare i risotti, di tutti i tipi. Altrimenti me la cavo bene col salmone in crosta o col filetto di tonno
Il primo soccorso. In generale tutto, dalle fasciature all'estricazione col corpetto (KED). Perché da quando avevo 18 anni mi ci sono appassionato, ci sono cresciuto e sono in continuo aggiornamento proprio perché voglio essere sempre al meglio. E sono fortunato perché è diventato il mio lavoro
27. Your favorite movie from childhood?
Oddio da piccolo ero fissato con Star Wars e con Cortocircuito (film del 1986 di un robot che prende vita molto caruccio) e Corto circuito 2 (del 1989 e piangevo come una vigna quando lo menavano)
2 notes
·
View notes