#fa male vederti finalmente per quello che sei
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yellowinter · 1 day ago
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Sai perché ti piacciono i miei modi idealizzati?
Perché ti mettono su un piedistallo.
E tu, da brava narcisista, adori questa cosa.
Perché gonfia il tuo ego e ne hai bisogno.
Ami essere superiore agli altri e consideri tutti come delle merde.
Anche se nel profondo, dentro di te lo sai... che sei peggio di tutta la gente che giudichi male.
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worldofdarkmoods · 10 days ago
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Con me, chi semina distacco, raccoglie silenzio. Non è una minaccia, non è un ultimatum. È solo il risultato naturale di un cuore che ha imparato, a caro prezzo, quanto costi rincorrere chi non vuole essere raggiunto, quanto faccia male restare accanto a chi non riesce più nemmeno a vederti. Ho capito che non puoi trattenere nessuno, non puoi costringere qualcuno a restare, e soprattutto non puoi chiedere a una persona di darti ciò che non vuole o non sa dare.
All'inizio ci provi. Cerchi di ignorare i segnali, di giustificare i silenzi, di accettare le distanze come momentanee, come qualcosa che passerà. Ti dici che forse sei tu quella sbagliata, che forse stai pretendendo troppo. E così ti aggrappi a ogni singolo gesto, anche il più piccolo, sperando che basti a compensare tutto quello che manca. Ma non è mai abbastanza. Perché quando qualcuno sceglie di seminare distacco, lo fa senza guardare indietro, senza accorgersi delle crepe che lascia, delle ferite che continua ad aprire.
E allora ti ritrovi lì, con il cuore in mano e una testa piena di domande a cui nessuno risponderà. Perché? Cosa ho sbagliato? Cosa avrei potuto fare di diverso? Ma le risposte non arrivano, e anche se arrivassero, non cambierebbero niente. Perché il distacco non nasce per caso. È una scelta, anche quando sembra involontaria. È una strada che l’altra persona ha deciso di percorrere, lasciandoti indietro, spesso senza nemmeno voltarsi.
E così, un giorno, smetti di rincorrere. Non perché non ti importi più, non perché il dolore sia svanito, ma perché capisci che continuare a inseguire è inutile. Capisci che, a un certo punto, il tuo silenzio diventa l’unica risposta possibile. Non è un silenzio rabbioso, non è un muro che alzi per fare male. È un silenzio che parla di resa, di un cuore che si è arreso all’evidenza che certe battaglie non si possono vincere. È il silenzio di chi ha dato tutto e si è accorto che non c’era nessuno disposto a fare lo stesso.
Ma quel silenzio fa male, più di qualsiasi parola. Perché in quel vuoto che resta c’è il rumore assordante delle emozioni che non puoi più condividere, dei sogni che non vedranno mai la luce, delle speranze che hai coltivato solo per vederle appassire tra le mani. E allora ti chiedi: "Perché continuo a sperare? Perché continuo a credere che qualcuno, un giorno, possa vedere il mio silenzio non come un addio, ma come una richiesta di aiuto?"
Eppure, anche se cerchi di convincerti del contrario, quella speranza resta lì, appesa a un filo sottile, pronta a spezzarsi al minimo soffio. Perché il tuo cuore vuole ancora credere, vuole ancora aggrapparsi a qualcosa, anche quando la mente sa già che non c’è più nulla da salvare. E così il ciclo ricomincia: il distacco, il silenzio, il vuoto, e poi ancora quella speranza che non ti abbandona mai del tutto.
Ma più passa il tempo, più ti rendi conto che quel ciclo è una prigione. E allora provi a fare una scelta diversa. Decidi che il tuo silenzio non sarà più solo una risposta al dolore che ti hanno inflitto. Diventa il tuo scudo, il tuo rifugio, il tuo modo di ricominciare. Non perché non soffri più, non perché hai dimenticato, ma perché finalmente hai capito che l’unica persona su cui puoi davvero contare sei tu.
Con me, chi semina distacco, raccoglie silenzio. Ma quel silenzio non è solo la fine. È anche un nuovo inizio, un modo per ritrovarmi, per imparare a camminare da sola, per costruire qualcosa che nessuno potrà mai spezzare. Anche se fa male, anche se il vuoto resta, so che un giorno quel silenzio sarà la mia forza. E forse, quando quel giorno arriverà, non avrò più bisogno di parole per spiegare chi sono, cosa voglio, e soprattutto cosa non accetterò mai più.
Anonimo🖤
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Non penso lo leggerai mai ma ho bisogno di scrivertelo... la verità è che l'unica persona a cui vorrei raccontare ogni cosa resti tu. Ti ho fatto uscire dalla mia vita solo per paura, per gelosia, per paura di soffrire di più nel vederti amare un'altra e invece fa più male sapere di non poterti scrivere più nulla, fa più male non sentire come stai e cosa fai, se hai finito gli esami, se il tuo racconto sta avendo successo, se hai esultato al goal di ieri sera, se hai sfiorato con delicatezza l'astuccio dell'Inter che ti ho regalato quando la nostra squadra ha alzato quella coppa, se per te sarà lo stesso quando ricominceranno i programmi che ci hanno intrattenuto per tutto questo tempo e che ci hanno regalato le risate più belle. Ogni cosa ha perso un po' di entusiasmo da quando abbiamo separato le nostre strade. Mi domando spesso se sei più passato vicino a quella panchina o se la eviti con tutto te stesso per non lasciarti travolgere dai ricordi. Vorrei raccontarti che oggi inizierò finalmente a seguire le lezioni di scuola guida, vorrei raccontarti che non ancora finisco di pulire quelle maledette piastrelle, vorrei raccontarti la disavventura con quello sportello di orientamento lavoro, vorrei raccontarti che ho trovato una casa editrice vicina al mercatino, vorrei raccontarti degli spettacoli che ho visto in questo ultimo mese, vorrei raccontarti delle risate e delle lacrime di questi giorni, vorrei raccontarti anche di averci provato a far entrare qualcun altro nella mia vita e che nessuno ha varcato davvero quella soglia, vorrei dirti che senza te non è lo stesso, vorrei raccontarti delle ultime idee per il mio racconto, vorrei farti vedere il costume che probabilmente indosserò a carnevale, vorrei raccontarti come mi sono ritrovata spesso nella tana dei rubentini, dei commenti di mamma quando vede Inzaghi, vorrei raccontarti che forse anche papà inizia a sostenermi per il racconto a modo suo ti ricordi che temevo di no, vorrei raccontarti che a Pasqua forse andrò nel posto che tanto abbiamo sognato di vedere un giorno si proprio Civita di Bagnoregio, vorrei ridere ancora insieme a te per Crozza, per Paolantoni, per ogni stupidaggine che ci viene in mente, per tentare di batterti al fanta, vorrei scriverti ancora a topo invece di a dopo, vorrei vedere ancora i tuoi occhi furbetti color nocciola tostato come li avevo definiti io, vorrei ancora vedere i tuoi capelli ribelli e sentire la tua risata dolce, vorrei dirti che durante lo spettacolo di Peter Pan per un attimo ho pensato di averti a due posti davanti a me che quel ragazzo da dietro ti somigliava aveva perfino il tuo stesso neo sul collo, avevo il cuore che mi stava scoppiando ci ho davvero sperato che fossi tu anche se era impossibile e poi si è voltato, non eri tu ... Vorrei ammettere e scriverti che mi manchi.
Se solo non mi fossi innamorata di te, se solo non ci fossimo illusi per così tanto tempo ... forse la nostra amicizia sarebbe stata più forte di ogni cosa, forse io e te staremmo ancora parlando delle nostre giornate... Forse io e te saremmo ancora la più bella amicizia che sia esistita nella mia vita.
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sortilegio · 2 years ago
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A Isabelle
Riesco a immaginarti fare qualsiasi cosa, ad ogni tua età, perchè so esattamente com'eri. Varcare i controlli con un cappotto scuro, sotto un altro nome, gli occhiali da sole ben posizionati sul tuo nasino, farmi mille domande, spazientirti, essere cortese, chiamarmi per nome e poterti sentire pronunciarlo, essere schiva, intimare ai tuoi figli di piantarla perchè stai parlando con me. Saresti distante, certo non sei celebre per il tuo calore, la tua è un'altezzosa diffidenza. Hai parlato di freddezza: “ça me dit quelque chose”, dicevi.
Ancora, in un secondo scenario, immagino di farti da ombra, vederti tirare fuori una penna rossa dalla borsetta, scrivere il nome di un bambino, di guardarti e trovarti bella. "T'as un instant? S'il te plait.. Désolée eh, si je t'ai dérangée, c'est la première fois que je le fais". Saresti inarrivabile. 
Tu sei inarrivabile. Il destino di queste parole ne è la conferma. Ho scritto a tante donne, ho scritto a Bologna, a Venezia, a Parigi. Ma il vicolo cieco alla fine del quale sono inciampata questa volta non ha eguali. Sarebbe forse più facile incontrarti per strada e recitarti una poesia d’amore, chissà se ne esiste una che fa al caso nostro. Poi credo che mi squadreresti dall’alto del tuo metro e sessanta per poi girare i tacchi (con cui chissà se arrivi al metro e sessantatré) e andartene. Mi piace pensare che tutto ciò accadrebbe in Rue de Vaugirard, altezza quella che sappiamo noi.
Ci rimarrei poi un po’ male. Penserei che dovresti fare meno la preziosa, soprattutto dopo che ti sei fatta vedere nuda da me. Ti ho vista nuda ancora prima di vederti passeggiare per Rue de Vaugirard. Ancora prima di offrirti questi miei fiori bianchi. Stendili sul tuo corpo, che ora mi sottrai, quando avrò girato l’angolo, se vorrai. Fallo come lo faresti davanti a una telecamera vuota, riflessa nel grande occhio nero di nessuno. Spalma i petali su di te, rovesciali sui tuoi seni, tragicamente, come vivessi l’ardore di Fedra, il suo delirio. Vedi quello che vedo io? Recitalo! Recitaci! Di più! Voglio metterti in scena. Passa le dita sul collo, chiudi gli occhi, la tua bocca ciliegia un po’ più aperta, così..
Questa pretesa di dirigerti sfiora il ridicolo, specialmente se è vero che nessuno osa più farlo. Pensarmi la tua regista mi fa dimenticare di chi sei, della tua freddezza, della gente che cammina svelta in Rue de Vaugirard. Vorrei che fossi la mia attrice, perchè anche tu possa finalmente dimenticarti di me.
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seraphjcs · 1 year ago
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ehi.
vorrei scriverti ma so che non posso. so che non è una cosa giusta, che tutti mi direbbero che sto facendo una cazzata, che non mi farebbe bene per niente.
quindi sono qui.
dopo un anno che ormai tutto è andato a fanculo, ti chiederai com'è possibile che ancora non smetta di pensarci? perché non ci passo sopra e basta? me lo chiedo anche io tutti i giorni, tutte le notti in cui ti sogno, tutte le volte in cui ti nominano e mi viene quel groppo in gola tremendo.
non so più cosa provo esattamente. ti odio, ti voglio ancora bene, voglio picchiarti, ma voglio saperti al sicuro, spero tu sia felice, non voglio saperlo però, ho voglia di parlarti, spero di non vederti mai più.
se potessi farlo ti chiederei solo una cosa. perché? perché non mi hai più risposto? so che hai detto ad altri "non ne vale più la pena" ma questa come risposta non basta. perché non l'hai detto a me? perché non ne vale più la pena? perché hai deciso proprio di lasciarmi appesa per sempre?
forse ho fatto cose tremende che manco ho mai realizzato e quindi anche tu, odiandomi, hai voluto mandarmi a quel paese.
ma perché non farlo realmente? perché non rispondermi con un vaffanculo potente e lasciare che la cosa si chiudesse così? voglio capire perché non mi hai ritenuta degna di una risposta. dopo tutta la nostra amicizia, che sembrava una di quelle che non finiscono mai. avremmo potuto parlarne, lavorarci su, prenderci del tempo e riavvicinarci. invece mi hai lasciato appesa a questo filo trasparente, invisibile, che vedo solo io e nessuno intorno a me, che mi fa sembrare una pazza appesa al vuoto. ma quel filo c'è e lo sai bene, perché l'hai lasciato proprio tu nel momento in cui hai deciso di non scrivermi più.
mi chiedo tante cose. mi chiedo come stai ora. mi chiedo se mi pensi mai. mi chiedo cosa provi nei miei confronti, se ti manco oppure sei più felice senza di me. mi chiedo se ormai mi hai dimenticata per sempre, o se ti senti mai in colpa per non avermi mai dato risposta. ma non penso, o mi avresti riscritto anche mesi dopo. o forse no.
mi chiedo quale sarebbe la cosa giusta da fare.
perché io ci ho provato.
ad andare avanti.
a far finta di nulla.
a conoscere nuove persone.
a passarci sopra.
non ci riesco. e mi sento stupida. le persone intorno a me mi fanno sentire stupida. "ormai è passato un sacco di tempo, perché non la smetti con sta storia?".
ma davvero, io mi chiedo, come potrei? condividevamo tutto. eravamo due corpi e una sola persona. ed è stato così per anni. e poi mi hai appesa. è questo che crea tutta la rabbia dentro di me. non aver ricevuto un punto. doverlo mettere io, da sola, quando neanche avrei voluto.
non ho mai dubitato della nostra amicizia fino a quel momento. non voglio cancellare le cose belle che hai fatto per me, ma ammetto di averne dubitato. quando ho visto che non ero abbastanza importante per il tuo tempo o per una tua risposta. mi sono chiesta se ti fossi stancata di me e da quanto tempo ormai non vedevi l'ora di liberarti. mi sono chiesta se ti fossi semplicemente accontentata di me nell'attesa di conoscere qualcuno di più interessante. mi sono chiesta se eri felice finalmente di buttarmi fuori dalla tua vita. e non so più ormai distinguere la linea tra quello che è nella mia testa e quello che eri realmente. perché ormai non so cosa sei, o chi sei, dato che non ti riconosco più. e forse neanche tu riconosci più me.
quello che eravamo non lo saremo mai più. è perso per sempre, buttato via e distrutto. ingiustamente, a mio parere.
si spesso mi sento patetica. continuo a dare tutte le mie energie verso cose che non la meritano, verso persone a cui non interesso. e mi sento in colpa, perché ho paura di trascurare chi mi sta intorno perdendomi a pensare a chi mi ha abbandonata. rischiando di perdere pure loro.
cerca di capirmi, non è facile vivere nella mia testa. do tutta me stessa alle cose sbagliate, me ne rendo conto troppo tardi, ci sto male e non riesco a dimenticarle, ad estirpare tutte le radici di quei semi velenosi, che continuano a farmi male. mi odio per questo. mi chiudo in me stessa per questo. ma non odio quanto amore do, anche se mi faccio male. ne sono felice, perché significa che sono pura. non mi mantengo, nonostante abbia paura di essere ferita, non mi do limiti.
alcuni penseranno io sia stupida. forse lo sono. o forse sono loro ad essere stupidi, a passare la vita limitandosi. magari nessuno ha torto invece, perché tanto si finisce per farsi del male in entrambi i modi.
un po' ironico, ma forse questo dubbio non avrà mai risposta. un po' come me, perché non ho il coraggio di scriverti ancora, perché non hai interesse a scrivermi ancora.
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la-ragazza-turbata · 3 years ago
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Ho sperato per mesi di vederti tornare, essendo consapevole del fatto che non sarebbe successo.
Oggi sto andando avanti, ho provato a frequentare altre persone, ma c'è una parte di me che spera di poter parlare di nuovo con te.
Da quando ti ho conosciuto mi sento strana, come se mi mancasse qualcosa.
Mi manca parlare con te, ascoltare i tuoi consigli.
Molto probabilmente avevi ragione tu: io in te rivedo il padre che non ho mai avuto e ho confuso questo sentimento con qualcos'altro.
Non so se sia davvero così, ma tu eri davvero importante per me, e sapere che per te non è stato, non è e non sarà così, mi ha fatto male, mi fa male e mi farà male.
Te ne sei andato come se non fossi niente, ma dopotutto, io per te ero niente.
Non so che tipo di rapporto avrei voluto avere con te, ma di una cosa sono sicura: non ero felice di quello che avevamo, ho solo finto per un po' pur di non perderti.
Un giorno riuscirò a cancellare il tuo ricordo e potrò finalmente stare bene.
Ci vorrà tempo, ma so che succederà.
Il tuo abbandono non è stato né il primo né l'ultimo per me, perciò dovrei superarlo esattamente come gli altri.
Non mi hai mai cercata da quel maledetto giorno.
Sei sparito senza lasciare traccia del tuo passaggio.
Mi manchi ancora oggi, ma so che nella tua vita non c'è posto per me.
In questo mondo non c'è posto per noi.
Provo a pensare ad altro, ma non basta mai.
Qualche giorno fa ho parlato di quello che è successo tra noi con la mia assistente sociale, ovviamente senza accusarti di nulla.
Le ho raccontato di come ho distrutto il nostro rapporto, di quanto ti volessi bene e del tuo rifiuto.
Lei ha detto che avresti dovuto gestire la situazione in modo diverso, e che molto probabilmente non ci sei riuscito perché anche tu mi volevi bene.
Io invece non credo che sia andata così.
Tu non mi hai mai voluto bene.
Io ero una paziente come tante altre per te.
Spero che tu stia bene e sia felice, ovunque tu sia, perché meriti tanto.
Sei un uomo meraviglioso.
Ti scrivo tutto questo perché so che non leggerai il mio blog e non verrai a chiedere spiegazioni.
Fai parte degli sfoghi che non racconto a nessuno.
Nei miei testi ci sarà sempre spazio per te.
Anche se per molte persone queste parole sono sprecate e buttate al vento, e molto probabilmente è così, io non smetterò di scriverle.
Questo è solo uno dei tanti testi che scriverò sul mio dolore.
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laragazzadeifiocchi · 4 years ago
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"Mentre le ragazze della mia età facevano coi maschi prove di volo, io facevo prove di abbandono.
Dopo venti giorni di cinema, pizza, normalità, avvertivo l’urgenza di non vederli più.
Ricorrevo all’addio tramite sms: “Non funziona”, come si trattasse di un elettrodomestico.
Un introverso mi rispose con uno squillo e sparì nel nulla.
Un logorroico mi scrisse una lettera di cinque pagine in cui mi avvertiva che un dipendente era stato risarcito dall’azienda perché licenziato tramite sms, concludeva con: “Quanti danni morali dovrei chiedere io a te?”. Ora fa l’ avvocato.
Un ricco mi comprò un cellulare molto costoso per convincermi a richiamarlo. Non accettai: mi piacciono i regali, non gli investimenti. Ora lavora in Borsa.
Un mammone, che mi aveva invitato a casa sua per presentarmi, mi rispose “Mia madre ha preparato il pranzo, che le dico?”, gli consigliai di dirle che non avevo appetito. Ora le presentazioni le fa al ristorante.
Con loro ero stata prevedibile, inaffidabile, seriale: mai una foto insieme, una promessa, un ripensamento. Eppure, se li incontravo per caso, ci tenevano a fermarmi, volevano a tutti i costi offrirmi un caffè, azzardavano un contatto, mi chiedevano perché fosse finita, io mi chiedevo perché fosse iniziata, perché non m’insultassero, perché non sentissero l’oltraggio, l’orgoglio, l’abbaglio.
Avevo detto addio prima della fine: io per loro non avevo fatto in tempo a diventare stanchezza, ero rimpianto, voglia intatta, e loro per me non avevano fatto in tempo a diventare mancanza.
Ti ho conosciuto in pizzeria, a un cena universitaria. Stavi seduto accanto a una ragazza, lei era di Latina, ma sosteneva che sua nonna era regina d’Etiopia, tu la guardavi perplesso. Ho preso posto accanto a te, ho pensato: sei tu.
Un giorno quando racconterai ad altri il nostro inizio dirai che stavi parlando con una principessa ed è venuta a infastidirti una “zanzarina”, io ti dirò zanzarina a chi?, ma nei tuoi diminutivi sentirò il sollievo di non dover essere grande. Ci siamo rivisti un diciotto maggio alle diciotto, alla fine delle lezioni mi aspettavi. Hai chiesto il mio numero di telefono a un’amica comune e io l’ho rimproverata per avertelo dato.
Paura di te, delle nostre notti passate a passeggiare a vanvera per Roma, sai?, mi sembra che certe piazze e certe strade le abbiamo viste solo noi, non le ho più trovate. Mi hai portato in ristoranti sofisticati, ma dal Cinese ti sei fatto coraggio e m’hai baciato. Due giorno dopo ho provato a lasciarti: “Non funziona”, ti sei piantato sotto casa mia, hai pianto, hai detto “Aggiustiamola” e ci abbiamo provato.
A insegnarmi come si tiene e si lascia tenere una mano ce n’è voluto, io bravissima a scansare, mi prendevi la mano, indicavi un’insegna e dicevi “tienimela fino a lì, manca poco”. Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia. Abbiamo noleggiato cento film, non ne abbiamo seguito uno, abbiamo smesso di camuffare i nostri difetti, la discesa del mio naso, la tua altezza, i tuoi capelli arrabbiati, i miei più arrabbiati dei tuoi, il tuo ginocchio, la cicatrice che ho vicino all’orecchio, “bella questa malformazione” hai detto passandoci il dito sopra ed era come se la disegnassi tu in quel momento, ti ho detto “allora è una benformazione”. Abbiamo costruito un vocabolario nostro, di parole minuscole ed esagerate, di progetti fatti, un figlio coi capelli inevitabilmente arrabbiati e i denti a perle, tu gli insegni a guidare la macchina ma io gli dico di andare piano, io gli scrivo le favole ma tu gli spieghi come si sogna.
I venti giorni erano scaduti da mesi, anni, non tenevo più una contabilità precisa. La voglia restava intatta e cresceva invece di diminuire. E mi mancavi anche quando c’eri.
M’hai dato un anello, ti ho detto “è largo” senza nemmeno provarlo.
In chiesa ci tenevi ad andare insieme, io non ero praticante, non lo sono, però una volta ti ho accontentato. Il prete recitava il primo comandamento: “Non nominare il nome di Dio invano.”
Il nome di Dio invano non l’avevo mai fatto, ma di addio invano ne avevo detti tanti e dentro di me ho giurato di non aggiungerne un altro.
La nostra prima foto ce l’ha scattata un marocchino. Io ho provato a dire no, niente foto, ma tu ci tenevi, hai fatto quella faccia, quando facevi quella faccia io pensavo sempre “perché no?”. È il mio compleanno, mi hai regalato il bracciale col cuore, quello che guardando una vetrina ti ho detto che mi piaceva e tu sei stato attento. Siamo nella stessa immagine: io pallida, quasi trasparente, tu scuro; io col broncio costante, tu che sorridi e non serve chiedertelo. A guardare bene, ci separa un’interruzione, un precipizio, uno strappo netto: l’ho fatto io una sera in cui volevo cancellare le nostre prove e un attimo dopo già l’aggiustavo con lo scotch. La foto l’ho messa in una scatola insieme al bracciale col cuore, all’anello, a tutte le lettere e le parole che non c’assomigliano più.
Ma forse un gesto è solo un gesto e una frase è come tante, è chi la sente a caricarla di significato, cerco di convincermi ogni volta che un ragazzo mi fa una carezza, le mani sono mani, le tue, le sue, quelle di un altro, che differenza fa?, lui segue i miei lineamenti, scende sul collo, poi risale, si sofferma sulla cicatrice che ho vicino all’orecchio, penso: la benformazione, e scanso la sua mano infastidita. Vorrei che le parole per me non avessero tutta questa importanza, vorrei che non m’incatenassero a chi le dice, a chi le ho dette.
E maledico i ricordi felici perché fanno più male di quelli feriti.
Mi tornano in mente le vacanze estive, l’immagine di me bambina, il bagno al largo. Gli altri nuotavano dandosi slancio in lunghezza, con movimenti fluidi si mischiavano alle onde, seguivano la corrente, io m’immergevo quasi perpendicolare all’acqua, spingevo coi piedi, tenevo il respiro, volevo misurare il fondo, toccarlo, prendere una manciata di sabbia e portarla in superficie. Risalivo in modo scomposto, gli occhi rossi, il fiato grosso, stringevo la sabbia bagnata in pugno e mi sentivo più forte, sapevo cos’era il fondo, ero capace di toccarlo e risalire, la corrente fino a quel punto era un pericolo che sapevo gestire.
Ho la gastrite, ma la Coca non rinuncio a berla: me la facevi trovare già sgasata, prendevi un cucchiaino e le davi una girata. Ti ho amato per queste accortezze, per le sciocchezze che mi venivano concesse, perché non volevo essere saggia, volevo essere stronza e ragazzina. Ti ho amato perché certe volte non riuscivo a essere forte, volevo solo scivolarti tra le braccia e sentirti dire tutto passa, tutto passa, pure se non era vero, tutto passa, tranne noi, certo, tranne noi. Ti ho amato perché se non mangiavo avevo qualcuno che mi sgridava, perché mi mettevi a tradimento lo zucchero nel tè, perché se mi estraevano i denti del giudizio e avevo la faccia gonfia, mi volevi baciare uguale, perché insistevi per vedere i film horror e poi eri il primo a spaventarti, perché dopo un anno ancora ti spiegavo come arrivare a casa mia e tu alzavi gli occhi e ripetevi “la strada la so”, perché se camminavamo per strada curvavi le spalle per sembrare più basso e io salivo su ogni gradino possibile, perché se mi abbracci scompaio, perché una volta in macchina mentre ci stringevamo ti sei scordato d’inserire il freno a mano e abbiamo tamponato, perché quello che era normale diventava speciale, perché eravamo uno pure se eravamo due, ma soprattutto ti ho amato perché tu mi hai amata.
Paura di te, della corrente. Eravamo al largo, così al largo, dov’era il fondo?, dove la fine?
Sempre meno mia e sempre più tua. Dov’era il controllo? Dove l’autonomia?
Da quando ti ho lasciato, con un sms, mi comporto come se potessi incontrarti ovunque: a una mostra, una presentazione, in qualunque luogo pubblico mi trovi, tengo fisso lo sguardo sulla porta, aspettando di vederti entrare, cerco di farmi trovare sorridente, in buona compagnia, tra persone di successo e se qualcuno mi parla sottovoce e si fa audace, penso: se solo entrassi adesso, adesso, in questo momento, sarebbe un quadro perfetto.
Da quando ti ho lasciato, ogni mio momento è recitato come se tu dovessi assistere.
Lavoro vicino casa tua, ma allungo la strada per non passare lì sotto, ho il terrore d’incontrarti insieme a qualcuna, le tue mani sui suoi fianchi, vedervi attraversare la strada in fretta, con la certezza di finire sul letto e addormentarvi stanchi.
Ma ci s’incontra anche in una città enorme e senza farlo apposta: ci vediamo all’ospedale, io sono radioattiva, ho appena fatto una lastra, tu esci da un esame. Non ci tieni a fermarmi, non mi offri il caffè, a stento un cenno, mi dici parole indegne di te e di me, di noi, vorrei spiegarti, ma spiegarti cosa?, che la paura dell’abbandono fa fare cose assurde, che per paura di sentirsi dire addio un giorno, si pronuncia per primi e subito, mi chiedi “come stai?” e finalmente lo ammetto “male”, mi guardi tutta e dici “non sembra”, “tanto tu sei forte, sei saggia”, sì, io sono forte, sono saggia, “tu non ce l’hai il cuore come tutti gli altri”, già, io non ce l’ho il cuore come tutti gli altri, perché io ne ho uno solo di cuore, gli altri ne hanno almeno uno per ogni occasione.
Mi accompagni alla macchina, salgo, provo a mettere in moto. Niente. Provo di nuovo, provi anche tu ma il risultato è lo stesso. Non ho vinto io, non hai vinto tu. Spingiamo la stessa macchina che non è partita, non ha funzionato e non si sa perché, dev’essere la batteria, la benzina c’è, i presupposti per andare lontano c’erano.
Spingiamo e parliamo, le tue parole affilate, le mie così vaghe.
Penso: ti sto dicendo mille frasi adesso, ma vorrei dirtene solo una e non riesco.
Giulia carcasi - Perchè si dice addio.
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poetyca · 3 years ago
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La piccola anima e il sole – The Little Soul and The Sun – di Neale Donald Walsch
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La piccola anima e il sole
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Non avere paura del buio, ti aiuterà a trovare la luce di Neale Donald Walsch
(Sperling & Kupfer Editori) Ai miei futuri nipotini se mai ne avrò, e a tutte le Piccole Anime in attesa di venire al mondo. Siete per noi benedizione e speranza, innocenza e gioia, siete una promessa e la prova dell’amore infinito di Dio. C’era una volta, in un luogo fuori dal tempo, una Piccola Anima che disse a Dio: “Io so chi sono!” “Ma è meraviglioso! E dimmi, chi sei?” chiese il Creatore. “Sono la Luce!” Il volto di Dio si illuminò di un grande sorriso. “E’ proprio vero! Tu sei la Luce.” La Piccola Anima si sentì tanto felice, perchè aveva finalmente scoperto quello che tutti i suoi simili nel Regno avrebbero dovuto immaginare. “Oh”, mormorò, “è davvero fantastico!” Ben presto però, sapere chi era non fu più sufficiente. Sentiva crescere dentro di sè una certa agitazione, perchè voleva essere ciò che era. Tornò quindi da Dio (un’idea niente male per chiunque desideri essere Chi è in realtà) e, dopo aver esordito con un: “Ciao, Dio!” domandò: “Adesso che so Chi Sono, va bene se lo sono?” E Lui rispose: “Intendi dire che vuoi essere Chi Sei Già?” “Beh, una cosa è saperlo, ma quanto a esserlo veramente… Insomma, io voglio capire come ci si sente nell’essere la Luce!” “Ma tu sei la Luce”, ripetè Dio, sorridendo di nuovo. “Si, ma voglio scoprire che cosa si prova!” piagnucolò la Piccola Anima. “Eh, già” ammise il Creatore nascondendo a malapena una risatina, “avrei dovuto immaginarmelo. Hai sempre avuto un grande spirito d’avventura.” Poi cambiò espressione. “Però, però… C’è un problemino..” “Di che si tratta?” “Ebbene, non c’è altro che Luce. Vedi io ho creato solo ciò che sei e, di conseguenza, non posso suggerirti nulla per sentire Chi Sei, perchè non c’è niente che tu non sia.” “Ehh?” balbettò la Piccola Anima, che a quel punto faceva fatica a seguirlo. “Mettiamola in questo modo”, spiegò Dio. “Tu sei come una candela nel Sole. Oh, esisti, indubbiamente. In mezzo a milioni di miliardi di altre candele che tutte insieme lo rendono ciò che è. E il sole non sarebbe il Sole senza di te. Senza una delle sue fiammelle rimarrebbe una semplice stella… perche’ non risulterebbe altrettanto splendente. E, dunque, la domanda è questa: Come fare a riconoscersi nella Luce quando se ne è circondati ?” “Ehi”, protestò la Piccola Anima, “il Creatore sei tu. Escogita una soluzione !” Lui sorrise di nuovo. “L’ho già trovata”, affermo’. “Dal momento che non riesci a vederti come Luce quando sei dentro la luce, verrai sommerso dalle tenebre.” “E che cosa sarebbero queste tenebre” “Sono ciò che tu non sei” fu la Sua risposta. “Mi faranno paura?” “Solo se sceglierai di lasciarti intimorire”, lo tranquillizzò Dio. “In effetti, non esiste nulla di cui avere paura, a meno che non sia tu a decidere altrimenti. Vedi, siamo noi a inventarci tutto. A lavorare di fantasia.” “Ah, se è così…” fece un sospiro di sollievo la Piccola Anima. Poi Dio proseguì spiegando che si arriva alla percezione delle cose quando ci appare il loro esatto opposto. “E questa è una vera benedizione”, affermò, “perchè, se così non fosse, tu non riusciresti a distinguerle. Non capiresti che cos’è il Caldo senza il Freddo, ne’ che cos’è Su se non ci fosse Giù, ne’ Veloce senza Lento. Non sapresti che cos’è la Destra in mancanza della Sinistra, e neppure che cosa sono Qui e Adesso, se non ci fossero La’ e Poi. Perciò – concluse – quando le tenebre saranno ovunque, non dovrai agitare i pugni e maledirle. Sii piuttosto un fulgore nel buio e non farti prendere dalla collera. Allora saprai Chi Sei in Realtà, e anche tutti gli altri lo sapranno. Fa’ che la tua Luce risplenda al punto da mostrare a chiunque quanto sei speciale!” “Intendi dire che non é sbagliato fare in modo che gli altri capiscano il mio valore?” chiese la Piccola Anima. “Ma naturalmente!” ridacchiò Dio. “E’ sicuramente un bene! Rammenta, però, che non significa . Tutti sono speciali, ognuno a modo proprio! Tuttavia, molti lo hanno dimenticato. Capiranno che è buona cosa esserlo nel momento in cui lo comprenderai tu.” “Davvero?” esclamò la Piccola Anima danzando, saltellando e ridendo di gioia. “Posso essere speciale quanto voglio?” “Oh, si, e puoi iniziare fin da ora”, rispose il Creatore che danzava, saltellava e rideva a Sua volta. “In che modo ti va di esserlo?” “In che modo? Non capisco.” “Beh”, suggerì Dio, “essere la Luce non ha altri significati, ma l’essere speciali può essere interpretato in vari modi. Lo si è quando si è teneri, o quando si è gentili, o creativi. E ancora, si è speciali quando ci si dimostra pazienti. Ti vengono in mente altri esempi?” La Piccola Anima rimase seduta per qualche istante a riflettere. “Ne ho trovati un sacco!” esclamo’ infine. “Rendersi utili, e condividere le esperienze, e comportarsi da buoni amici. Essere premurosi nei confronti del prossimo. Ecco, questi sono modi per essere speciali!”. “Si!” ammise Dio, “e tu puoi sceglierli tutti, o trovare qualsiasi altro modo per essere speciale che ti vada a genio, in ogni momento. Ecco che cosa significa essere la Luce.” “So cosa voglio essere, io so cosa voglio essere!” annunciò la Piccola Anima sprizzando felicità da tutti i pori. E ho deciso che sceglierò quella parte che viene chiamata . Non è forse speciale essere indulgenti? “Oh, certo”, assicurò Dio. “E’ molto speciale.” “Va bene, è proprio quello che voglio essere. Voglio saper perdonare. Voglio Fare Esperienza in questo modo.” “C’è una cosa però che dovresti sapere.” La Piccola Anima fu quasi sul punto di perdere la pazienza. Sembrava ci fosse sempre qualche complicazione. “Che c’è ancora?” ribattè con un sospiro. “Non c’è nessuno da perdonare”, disse Dio. “Nessuno?” Era difficile credere a ciò che aveva appena udito. “Nessuno”, ripetè il Creatore. “Tutto ciò che ho creato è perfetto. Non esiste anima che sia meno perfetta di te. Guardati attorno.” Solo allora la Piccola Anima si rese conto che si era radunata una grande folla. Tanti altri suoni simili erano arrivati da ogni angolo del Regno perchè si era sparsa la voce di quella straordinaria conversazione con Dio e tutti volevano ascoltare. Osservando le innumerevoli altre anime radunate li’ intorno, non potè fare a meno di dare ragione al Creatore. Nessuna appariva meno meravigliosa, meno magnifica o meno perfetta. Tale era il prodigio di quello spettacolo, e tanta era la Luce che si sprigionava tutt’attorno, che la Piccola Anima riusciva a malapena a tenere lo sguardo fisso sulla moltitudine. “Chi, dunque, dovrebbe essere perdonato?” tornò alla carica Dio. “Accidenti, mi sa proprio che non mi divertirò! Mi sarebbe tanto piaciuto essere Colui Che Perdona. Volevo sapere come ci si sente a essere speciali in quel senso.” La Piccola Anima capì, in quel momento, che cosa di prova a essere tristi. Ma un’Anima Amica si fece avanti tra la folla e disse: “Non te la prendere, io ti aiuterò.” “Dici davvero? Ma che cosa puoi fare?” “Ecco, posso offrirti qualcuno da perdonare!” “Tu puoi…” “Certo! Posso venire nella tua prossima vita e fare qualcosa che ti consentirà di dimostrare la tua indulgenza.” “Ma perchè? Per quale motivo?” chiese la Piccola Anima. “Sei un Essere di suprema perfezione! Puoi vibrare a una velocità così grande da creare una Luce tanto splendente da impedirmi quasi di guardarti! Che cosa mai potrebbe indurti a rallentare le tue vibrazioni fino a offuscarla? Che cosa potrebbe spingere te -che sei in grado di danzare in cima alle stelle e viaggiare per il Regno alla velocità del pensiero- a calarti nella mia vita e divenire tanto pesante da compiere questo atto malvagio?” “E’ semplice”, spiegò l’Anima Amica, “perchè ti voglio bene.” Sentendo quella risposta, lo stupore invase la Piccola Anima. “Non essere tanto meravigliato, Piccola Anima. Tu hai fatto lo stesso per me. Davvero non ricordi? Oh, abbiamo danzato insieme molte volte, tu e io. Nel corso di tutte le età del mondo e di ogni periodo storico, abbiamo ballato. Abbiamo giocato per tutto l’arco del tempo e in molti luoghi. Solo che non te ne rammenti. “Entrambi siamo stati Tutto. Siamo stati Su e Giu’, la Sinistra e la Destra, il Qui e il La’, l’Adesso e il Poi; e anche maschio e femmina, bene e male: siamo ambedue stati la vittima e l’oppressore. Ci siamo incontrati spesso, tu e io, in passato; e ognuno ha offerto all’altro l’esatta e perfetta opportunità di Esprimersi e di Fare Esperienza di Ciò che Siamo in Realtà.” “E quindi”, continuò a spiegare l’Anima Amica, “io verrò nella tua prossima vita e, questa volta, sarò il . Commenterò nei tuoi confronti qualcosa di veramente terribile, e allora riuscirai a provare come ci si sente nei panni di Colui Che Perdona”. “Ma che cosa farai”, domandò la Piccola Anima, leggermente a disagio, “da risultare tanto tremendo?” “Oh”, rispose l’Anima Amica strizzando l’occhio, “ci faremo venire qualche bella idea”. Poi soggiunse a voce bassa: “Sai, tu hai ragione riguardo a una cosa”. “E quale sarebbe?” “Dovrò diminuire alquanto le mie vibrazioni, e aumentare a dismisura il mio peso per commettere questa brutta cosa. Mi toccherà fingere di essere ciò che non sono. E quindi, ti chiedo in cambio un favore.” “Oh, qualsiasi cosa, qualsiasi cosa!” gridò la Piccola Anima, che intanto ballava e cantava. “Riuscirò a perdonare, riuscirò a perdonare!” Poi si rese conto del silenzio dell’Anima Amica e allora chiese: “Che cosa posso fare per te? Sei davvero un angelo, sei così disponibile ad accontentarmi!” “E’ naturale che sia un angelo!” li interruppe Dio. “Ognuno di voi lo e’! E rammentatelo sempre: Io vi ho mandato solo angeli.” A quel punto la Piccola Anima sentì ancora più forte il desiderio di esaudire la richiesta e chiese di nuovo: “Che cosa posso fare per te?” “Quando ti colpirò e ti maltratterò, nell’attimo in cui commetterò la cosa peggiore che tu possa immaginare, in quello stesso istante …” “Si? Si…” “Dovrai rammentare Chi Sono in Realtà”, concluse l’Anima Amica gravemente. “Oh, ma lo farò!” esclamò la Piccola Anima, “lo prometto! Ti ricorderò sempre così come sei qui, in questo momento!” “Bene”, commentò l’Anima Amica, “perchè, vedi, dopo che avrò finto con tanta fatica, avrò dimenticato chi sono. E se non mi ricorderai per come sono, potrei non rammentarmelo per un sacco di tempo. Se mi scordassi Chi Sono, tu potresti addirittura dimenticare Chi Sei, e saremo perduti entrambi. E allora avremmo bisogno di un’altra anima che venisse in nostro soccorso per rammentarci Chi Siamo.” “No, questo non accadrà!” promise la Piccola Anima. “Io ti ricorderò! E ti ringrazierò per avermi fatto questo dono: l’opportunità di provare Chi Sono.” Quindi, l’accordo fu fatto. E la Piccola Anima andò verso una nuova vita, felice di essere la Luce e raggiante per la parte che aveva conquistato, la Capacità di Perdonare. Attese con ansia ogni momento in cui avrebbe potuto fare questa esperienza per ringraziare l’anima che con il suo amore l’aveva resa possibile. E in tutti gli istanti di quella nuova vita, ogni qualvolta compariva una nuova anima a portare gioia o tristezza –specialmente tristezza- ricordava quello che aveva detto Dio. “Rammentatelo sempre”, aveva affermato con un sorriso, “Io vi ho mandato solo angeli”. The Little Soul and The Sun A Children’s Parable by Neale Donald Walsch, Conversations With God Once upon no time, there was a little Soul who said to God, “I know who I am.” And God said, “That’s wonderful! Who are you?” And the Little Soul shouted, “I’m the Light!” God smiled a big smile. “That’s right!” God exclaimed. “You are the Light.” The Little Soul was so happy, for it had figured out what all the souls in the Kingdom were there to figure out. “Wow,” said the Little Soul, “this is really cool!” But soon, knowing who it was was not enough. The Little Soul felt stirrings inside, and now wanted to be who it was. And so the Little Soul went back to God (which is not a bad idea for all souls who want to be Who They Really Are) and said, “Hi, God! Now that I know Who I am, is it okay for me to be it?” And God said, “You mean you want to be Who You Already Are?” “Well,” replied the Little Soul,” it’s one thing to know Who I Am, and another thing altogether to actually be it. I want to feel what it’s like to be the Light!” “But you already are the Light,” God repeated, smiling again. “Yes, but I want to see what that feels like!” cried the Little Soul. “Well,” said God with a chuckle, “I suppose I should have known. You always were the adventuresome one.” Then God’s expression changed. “There’s only one thing…” “What?” asked the Little Soul. “Well, there is nothing else but the Light. You see, I created nothing but what you are; and so, there is no easy way for you to experience yourself as Who You Are, since there is nothing that you are not.” “Huh?” said the Little Soul, who was now a little confused. “Think of it this way,” said God. “You are like a candle in the Sun. Oh, you’re there all right. Along with a million, gazillion other candles who make up the Sun. And the sun would not be the Sun without you. Nay, it would be a sun without one of its candles…and that would not be the Sun at all; for it would not shine as brightly. Yet, how to know yourself as the Light when you are amidst the Light -that is the question.” “Well,” the Little Soul perked up, “you’re God. Think of something!” Once more God smiled. “I already have,” God said. “Since you cannot see yourself as the Light when you are in the Light, we’ll surround you with darkness.” “What’s darkness?” the Little Soul asked. God replied, “It is that which you are not.” “Will I be afraid of the dark?” cried the Little Soul. “Only if you choose to be,” God answered. “There is nothing, really, to be afraid of, unless you decide that there is. You see, we are making it all up. We are pretending.” “Oh,” said the Little Soul, and felt better already. Then God explained that, in order to experience anything at all, the exact opposite of it will appear. “It is a great gift,” God said, “because without it, you could not know what anything is like. You could not know Warm without Cold, Up without Down, Fast without Slow. You could not know Left without Right, Here without There, Now without Then.” “And so,” God concluded, “when you are surrounded with darkness, do not shake your fist and raise your voice and curse the darkness. Rather be a Light unto the darkness, and don’t be mad about it. Then you will know Who You Really Are, and all others will know, too. Let your Light shine so that everyone will know how special you are!” “You mean it’s okay to let others see how special I am?” asked the Little Soul. “Of course!” God chuckled. “It’s very okay! But remember,’special’ does not mean ‘better.’ Everybody is special, each in their own way! Yet many others have forgotten that. They will see that it is okay for them to be special only when you see that it is okay for you to be special.” “Wow,” said the Little Soul, dancing and skipping and laughing and jumping with joy. “I can be as special as I want to be!” “Yes, and you can start right now,” said God, who was dancing and skipping and laughing right along with the Little Soul. “What part of special do you want to be?” “What part of special?” the Little Soul repeated. “I don’t understand.” “Well,” God explained, “being the Light is being special, and being special has a lot of parts to it. It is special to be kind. It is special to be gentle. It is special to be creative. It is special to be patient. Can you think of any other ways it is special to be?” The Little Soul sat quietly for a moment. “I can think of lots of ways to be special!” the Little Soul then exclaimed. “It is special to be helpful. It is special to be sharing. It is special to be friendly. It is special to be considerate of others!” “Yes!” God agreed, “and you can be all of those things, or any part of special you wish to be, at any moment. That’s what it means to be the Light.” “I know what I want to be, I know what I want to be!” the Little Soul announced with great excitement. “I want to be the part of special called ‘forgiving’. Isn’t it special to be forgiving?” “Oh, yes,” God assured the Little Soul. “That is very special.” “Okay,” said the Little Soul. “That’s what I want to be. I want to be forgiving. I want to experience myself as that.” “Good,” said God, “but there’s one thing you should know.” The Little Soul was becoming a bit impatient now. It always seemed as though there were some complication. “What is it?” the Little Soul sighed. “There is no one to forgive.” “No one?” The Little Soul could hardly believe what had been said. “No one!” God repeated. “Everything I have made is perfect. There is not a single soul in all creation less perfect than you. Look around you.” It was then that the Little Soul realized a large crowd had gathered. Souls had come from far and wide ~ from all over the Kingdom ~ for the word had gone forth that the Little Soul was having this extraordinary conversation with God, and everyone wanted to hear what they were saying. Looking at the countless other souls gathered there, the Little Soul had to agree. None appeared less wonderful, less magnificent, or less perfect than the Little Soul itself. Such was the wonder of the souls gathered around, and so bright was their Light, that the Little Soul could scarcely gaze upon them. “Who, then, to forgive?” asked God. “Boy, this is going to be no fun at all!” grumbled the Little Soul. “I wanted to experience myself as One Who Forgives. I wanted to know what that part of special felt like.” And the Little Soul learned what it must feel like to be sad. But just then a Friendly Soul stepped forward from the crowd. “Not to worry, Little Soul,” the Friendly Soul said, “I will help you.” “You will?” the Little Soul brightened. “But what can you do?” “Why, I can give you someone to forgive!” “You can?” “Certainly!” chirped the Friendly Soul. “I can come into your next lifetime and do something for you to forgive.” “But why? Why would you do that?” the Little Soul asked. “You, who are a Being of such utter perfection! You, who vibrate with such a speed that it creates a Light so bright that I can hardly gaze upon you! What could cause you to want to slow down your vibration to such a speed that your bright Light would become dark and dense? What could cause you ~ who are so light that you dance upon the stars and move through the Kingdom with the speed of your thought–to come into my life and make yourself so heavy that you could do this bad thing?” “Simple,” the Friendly Soul said. “I would do it because I love you.” The Little Soul seemed surprised at the answer. “Don’t be so amazed,” said the Friendly Soul, “you have done the same thing for me. Don’t you remember? Oh, we have danced together, you and I, many times. Through the eons and across all the ages have we danced. Across all time and in many places have we played together. You just don’t remember.” “We have both been All Of It. We have been the Up and the Down of it, the Left and the Right of it. We have been the Here and the There of it, the Now and the Then of it. We have been the male and the female, the good and the bad; we have both been the victim and the villain of it.” “Thus have we come together, you and I, many times before; each bringing to the other the exact and perfect opportunity to Express and to Experience Who We Really Are. And so,” the Friendly Soul explained further, “I will come into your next lifetime and be the ‘bad one’ this time. I will do something really terrible, and then you can experience yourself as the One Who Forgives. “But what will you do?” the Little Soul asked, just a little nervously, “that will be so terrible?” “Oh,” replied the Friendly Soul with a twinkle, “we’ll think of something.” Then the Friendly Soul seemed to turn serious, and said in a quiet voice, “You are right about one thing, you know.” “What is that?” the Little Soul wanted to know. “I will have to slow down my vibration and become very heavy to do this not-so-nice thing. I will have to pretend to be something very unlike myself. And so, I have but one favour to ask of you in return.” “Oh, anything, anything!” cried the Little Soul, and began to dance and sing, “I get to be forgiving, I get to be forgiving!” Then the Little Soul saw that the Friendly Soul was remaining very quiet. “What is it?” the Little Soul asked. “What can I do for you? You are such an angel to be willing to do this for me!” “Of course this Friendly Soul is an angel!” God interrupted. “Everyone is! Always remember: I have sent you nothing but angels.” And so the Little Soul wanted more than ever to grant the Friendly Soul’s request. “What can I do for you?” the Little Soul asked again. “In the moment that I strike you and smite you,” the Friendly Soul replied, “in the moment that I do the worst to you that you could possible imagine ~ in that very moment…” “Yes?” the Little Soul interrupted, “yes…?””Remember Who I Really Am.” “Oh, I will!” cried the Little Soul, “I promise! I will always remember you as I see you right here, right now!” “Good,” said the Friendly Soul, “because, you see, I will have been pretending so hard, I will have forgotten myself. And if you do not remember me as I really am, I may not be able to remember for a very long time. And if I forget Who I Am, you may even forget Who You Are, and we will both be lost. Then we will need another soul to come along and remind us both of Who We Are.” “No, we won’t!” the Little Soul promised again. “I will remember you! And I will thank you for bringing me this gift ~ the chance to experience myself as Who I Am. ” And so, the agreement was made. And the Little Soul went forth into a new lifetime, excited to be the Light, which was very special, and excited to be that part of special called Forgiveness. And the Little Soul waited anxiously to be able to experience itself as Forgiveness, and to thank whatever other soul made it possible. And at all the moments in that new lifetime, whenever a new soul appeared on the scene, whether that new soul brought joy or sadness–and especially if it brought sadness–the Little Soul thought of what God had said. “Always remember,” God had smiled, “I have sent you nothing but angels.” by Neale Donald Walsch, Conversations With God
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ilmerlomaschio · 4 years ago
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Lettera di Henry Miller ad Anais Nin
Anais, tutto quello che posso dire è che sono pazzo di te. Ho cercato di scrivere una lettera ma non ce l'ho fatta. Ti scrivo in continuazione - nella mia testa- e i giorni passano e mi chiedo che cosa penserai tu. Aspetto con impazienza di vederti. Martedì è troppo lontano. E non solo martedì - mi chiedo quando verrai e se passerai la notte con me. quando potrò averti per un bel po'? E' un tormento per me vederti solo poche ore, e poi dover rinunciare a te. Quando ti vedo, tutto quello che avrei voluto dirti se ne va in fumo - il tempo è così prezioso e le parole sono estranee. Ma tu mi rendi così felice perché posso finalmente parlarti. Amo la tua vivacità, i tuoi preparativi di fuga, le tue gambe come una morsa, il calore fra le tue cosce. Sì, Anais, voglio smascherarti. Sono troppo galante con te. Voglio guardarti a lungo e con ardore, toglierti gli indumenti, coccolarti, esaminarti. Lo sai che ti ho guardata appena? Sei rivestita ancora di una sacralità eccessiva.
La tua lettera, ah quegli svarioni! Mi fanno sorridere. E mi inducono anche ad adorarti. E' vero, non ti apprezzo abbastanza. Verissimo. Ma non ho mai detto che tu non apprezzi me. Devi esserci un errore, nel tuo inglese. Affermarlo sarebbe troppo egoistico da parte mia.
Anais, non so come dirti ciò che provo. Vivo in un perenne stato di attesa. Arrivi, e il tempo vola come in un sogno E' solo quando te ne vai, che mi rendo davvero conto della tua presenza. E allora è troppo tardi. Tu mi instupidisci. Cerco di immaginarmi la tua vita a Louveciennes, ma non ci riesco. Walter Pach? Un ebbro sogno- e a parte questo non mi piace, non so dire perché. Il tuo libro? Anche questo sembra irreale. Soltanto quando tu arrivi e ti guardo, l'immagine si fa più chiara. Ma tu te ne vai così presto - non so che pensare. Sì, vedo con chiarezza la leggenda puskinniana. ti vedo con gli occhi della mente seduta su quel trono, gioielli attorno al collo, sandali, grandi anelli, unghie dipinte, strana voce spagnola intenta a vivere una sorta di menzogna che non è proprio una menzogna, piuttosto una fiaba.
Questa sera ha indossato i miei calzoni di velluto e mi sono accorto che sono macchiati. Ma in nessun modo riesco ad associare la macchia alla principessa di Louveciennes che tien corte con chitarristi, poeti, tenori e critici. Non ho fatto molti sforzi per togliere la macchia. Ti ho rivista entrare in bagno e appoggiare la testa sulla mia spalla. Non riesco a vederti intenta a scrivere An Unprofessional Study.
Tutto questo è un po' ebbro, Anais. Mi sto dicendo: "Ecco qui la prima donna con la quale posso essere assolutamente sincero." Ricordo che tu mi hai detto: "Potresti ingannarmi. E io non me ne renderei conto." Quando vado per i boulevard e ci penso - potrei ingannarti, sì, e mi piacerebbe farlo. Voglio dire che non posso mai essere completamente fedele - non è da me. Amo troppo le donne, o la vita - se le une o l'altra, non so. Ma tu ridi Anais, amo sentirti ridere. Tu sei l'unica donna che abbia il senso dell'allegria, una saggia tolleranza - semplicemente, dai l'impressione di spronarmi a tradirti. Ti amo per questo. E che cosa te lo fa fare - amore? Oh, è bello amare ed essere liberi allo stesso tempo.
Non so che aspettarmi da te, ma è qualcosa che ha del miracoloso. Intendo chiederti tutto, anche l'impossibile, perché tu mi incoraggi a farlo. Sei davvero forte. Mi piace persino il tuo inganno, il tuo tradimento. Mi sembra aristocratico. ( La parola "aristocratico" suona così male in bocca a me?)
Sì, Anais, pensavo come fare a tradirti, ma non ci riesco. Voglio te. Voglio spogliarti, involgarirti un tantino, ah non so quel che dico. Sono ubriaco perché tu non sei qui. Vorrei battere le mani e, voilà, ecco Anais. Voglio possederti, usarti. Voglio chiavarti, voglio insegnarti cose. No, non ti apprezzo, Dio me ne guardi! Forse voglio addirittura umiliarti un tantino - ma perché? perché? Perché non mi getto in ginocchio e mi limito ad adorarti? Non posso. Ti amo in allegria.
Questo ti va?
E, cara Anais, io sono tante cose. Tu ora vedi solo quelle buone - o, perlomeno, tu mi persuadi a crederlo. Ti voglio per un'intera giornata almeno. Voglio andare in giro con te, voglio possederti. Non sai quanto insaziabile io sia. O quanto vile. E quanto egoista!
Con te mi sono comportato sempre tutto ammodino. Ma ti avverto, non sono un angelo. Penso soprattutto di essere un po' sbronzo. Ti amo. Adesso vado a letto - mi costa troppa fatica restare sveglio. Ti amo. Sono insaziabile. Ti chiederò di fare l'impossibile. Che cosa sia, non lo so. Probabilmente tu me lo dirai. Sei più svelta di me. Amo la tua fica, Anais - mi fa impazzire. E il modo con cui pronunci il mio nome! Buon Dio, è irreale. Senti, sono proprio sbronzo. Mi fa male essere qui solo. Ho bisogno di te. Posso dirti qualsiasi cosa? Posso, sì? Vieni al più presto e chiavami. Godi con me. Serrami tra le tue cosce, riscaldami.
Henry
Louveciennes, 11 giugno 1932
**Henry** -
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fixedheaart · 4 years ago
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10 giugno 2021
non so se sono in grado di amare di nuovo. non dopo di te. mi hai devastato, rotto in pezzi talmente piccoli che anche se riuscissi a rimetterli tutti insieme non sarei la stassa persona perché le crepe resterebbero sempre evidenti. non sono più io. non ho la mia leggerezza, la mia spensieratezza, la mia voglia di buttarmi a capofitto in qualunque cosa. ho conosciuto una persona. è speciale. è come vorrei tu fossi stato con me. mi fa sentire bella, voluta, mi fa sentire al sicuro. ma non ce la faccio. anche quando tutto va bene il mio pensiero è rivolto a te. mi sei rimasto dentro, incastrato nell’anima. vederti, saperti diventato quello che sei mi distrugge. dov’è la persona che ho conosciuto? anche se non fosse più con me sarei felice lo stesso perché saprei che è sé stessa. tu invece sei diventaro un mostro, divori tutto quello che ti si pone davanti, come hai fatto con me. vorrei fartelo conoscere. mi sto davvero prendendo per lui. sarei curiosa di vedere l’effetto che ti fa vedermi contenta con qualcun’altro. perché lo sono. è travolgente, non mi è mai successo di essere colta così di sorpresa dai miei stessi sentimenti, nemmeno con te. forse è questo che mi fa una paura incredibile. che sia tutto troppo bello per essere vero. ho paura che lui si comporti come hai fatto tu con me. mi hai fatto credere che quello che mi merito è tutto tranne che l’amore ed io adesso sono terrorizzata che questa possa essere la verità. è così? in fondo mi conosci come pochissimi, forse nessuno mi conosce quindi dimmelo: è così? mi mancherai sempre un po’. nonostante tutto cercherò sempre un po’ di te negli altri. dal modo in cui mi guardavi, al modo in cui la tua voce si incrinava quando non stavi bene. è stupido me ne rendo conto, perché dovrei voler qualcosa che mi ha fatto tanto male? perché mi ha fatto anche tanto bene, questa è la risposta. sei e sarai sempre il mio pharmakos. mi consumi, mi fai bruciare. le nostre strade non si incroceranno più, è una promessa, ma ogni tanto mi volterò a guardare la strada che abbiamo percorso insieme e allora sul mio viso comparirà un timido sorriso accompagnato da un briciolo di amarezza per quello che potevamo essere ma non siamo mai stati. e allora guarderò avanti, magari al mio fianco ci sarà lui e finalmente potrò dire di averla superata ma quel momento non è ancora arrivato, non del tutto almeno.
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worldofdarkmoods · 22 days ago
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E se ci fosse un modo per cancellare tutto? Per premere un tasto e riscrivere questo anno che ha portato solo dolore, delusioni e ferite troppo profonde per essere ignorate. Aspettare il 2025 sembra l’unico sollievo, l’unica speranza rimasta.
Ti fai in quattro per chiunque. Portare felicità agli altri ti viene naturale, come se fosse scritto dentro di te. E non ti pesa, perché il sorriso di chi ami è più importante di ogni fatica, di ogni sacrificio. E anche quando il mondo sembra approfittarsi della tua bontà, tu non ti lasci spezzare. Continuavi a credere che ne valesse la pena. Che bastasse amare abbastanza per sistemare le cose, per riempire le crepe invisibili negli altri.
Ma quante volte sei stato messa da parte? Quante volte hai teso la mano e nessuno l’ha afferrata? Quante ferite hai nascosto dietro un sorriso, quante lacrime hai versato in silenzio? Eppure, non hai mai smesso. Non hai mai permesso al dolore di trasformarti in qualcosa che non eri. Hai continuato a credere nell’amore, nella speranza, nel bene.
Fino a quando non ce l’hai fatta più. Non è stata una decisione consapevole; è successo e basta. Qualcosa si è spento dentro di te. Non è rabbia, non è nemmeno tristezza. È rassegnazione. È il vuoto di chi ha dato tutto e non ha più niente da offrire. Non ti fidi più delle persone. Non credi più nelle loro parole, nelle loro promesse, nei loro gesti. Perché hai capito che la fiducia, una volta spezzata, non si ricompone mai del tutto.
E allora inizi ad allontanarti. Non perché non ti importi, ma perché non sai più come gestire il caos dentro di te. Allontani le persone perché non vuoi ferirle con il tuo dolore, perché non sai più come spiegare il peso che porti. Ti chiudi, non per cattiveria, ma per sopravvivere.
È un loop, un circolo vizioso da cui non riesci a uscire. Ti guardi intorno e non sai più chi hai accanto. Le facce sono le stesse, ma le connessioni sembrano sbiadite. Ti senti sola, anche in mezzo alla gente. E quando qualcuno prova ad avvicinarsi, alzi muri così alti che nemmeno tu sai più come abbatterli.
E se non importasse davvero alle persone che hai accanto? Se tutto il tuo dolore, il tuo sacrificio, passasse inosservato? È una domanda che ti perseguita, che ti tiene sveglia la notte. Ti chiedi se qualcuno vedrà mai la vera te, quella che lotta ogni giorno per rimanere intera.
Ma ecco la verità: non sei sbagliata. Non è colpa tua se ti senti così. Non è colpa tua se il mondo sembra troppo duro, troppo freddo per un cuore come il tuo. Hai fatto tutto quello che potevi. Hai amato, hai sperato, hai lottato. E anche se adesso ti senti spezzata, vuota, stanca, non hai fallito.
Forse il 2025 porterà un nuovo inizio. Forse sarà il momento in cui riuscirai a lasciare andare il peso di questo anno, di tutto quello che ti ha ferito. Forse sarà l’anno in cui troverai qualcuno che saprà vederti davvero, che non approfitterà della tua bontà, che ti farà sentire finalmente a casa.
Fino ad allora, resisti. Anche se fa male, anche se il mondo sembra troppo buio, resisti. Perché dentro di te c’è una forza che non si è mai spenta. Anche quando tutto il resto sembrava crollare, quella forza ti ha tenuto in piedi. E un giorno, troverai un motivo per sorridere di nuovo. Un motivo che non sarà legato al sacrificio o alla lotta, ma semplicemente alla gioia di essere te stessa.
Anonimo🖤
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chicca2110 · 5 years ago
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Ehi, io vorrei che tra noi non fosse mai finita.
Vorrei che potessimo sistemare tutto, ogni cosa tra di noi.
Poter tornare insieme per me sarebbe un sogno, la cosa più bella che mi possa capitare.
Stiamo attraversando un periodo un po' così.
Ci tengo a farti capire che io per te farei qualsiasi cosa, anche più di quello che ho già fatto in questi due anni.
Mi abbandonerei a te, alle tue braccia.
Vorrei abbracciarti e darti una marea di baci.
Mi piacerebbe fare l'amore con te, perché si è amore, non potrebbe essere nient'altro.
Io vorrei che potessimo fare dei figli insieme. Mettere su una bella famiglia fondata su amore e rispetto reciproco.
Vorrei vivere con te, stare a contatto tutti i giorni e dormire sempre insieme, abbracciati.
Mi manchi, mi manchi da morire.
E poi dove la trovi un'altra donna disposta a starti addosso come ti sto io, solo per avere in cambio amore vero e puro.
In fondo chiedo solo di essere amata, niente di più e niente di meno.
Tu questo me lo puoi dare? Riusciresti ad amarmi quanto ti amo io?
Io non posso e non voglio andare avanti così. Mi piacerebbe che tu traessi le tue conclusioni e arrivassi ad un dunque definitivo. Cosa stiamo qui a girarci intorno.
Ci separano quaranta maledetti chilometri ed è proprio uno schifo questa distanza che ci tiene lontani.
Io non resisto più voglio vederti. Ho bisogno di vederti.
Di toccarti, accarezzarti, passare le mie mani sui tuoi capelli.
Toccare la tua pancia per farti capire che ho voglia di noi, di fare l'amore con te. Perché si, quello è il modo tutto mio per dirti fammi tua. Per sempre.
Io non so più come dirtelo. Potrei scriverti ore ed ore. Anche per giorni, non mi stuferei mai di scrivere per te.
Di scrivere l'amore che provo per te.
Spero che tutta questa merda finisca al più presto, così ci possiamo vedere finalmente.
Mi manchi, te l'ho già detto per caso?
Non posso minimamente immaginare una vita senza te. Una vita in cui tu non sia affianco a me, proprio non me la immagino e mai lo farò.
Io ti desidero, ti voglio tutto per me.
Ti voglio con i tuoi pregi ed i tuoi difetti.
Ti voglio pacchetto completo.
Voglio te e mai vorrò nessun altro.
Voglio te perché nel mio cuore ci sei tu e non te ne andrai mai.
Voglio te, perché io ti amo.
Non posso fare a meno di te.
Ho il tuo sorriso stampato in mente.
Voglio ancora avere i tuoi occhi su di me.
Vorrei ancora averti dentro di me mentre facciamo l'amore, mentre tu mi fai sentire speciale e tutta tua.
Non possiamo mandare in malora quello che c'è stato o c'è tutt'ora tra di noi. Almeno io non butterei mai via niente del nostro rapporto, non potrei mai farlo.
E spero che non litigheremo mai più o se dovesse capitare è per cose sensate non per delle cazzate dove si può sorvolare.
Quello che io pubblico sui social e principalmente riferito a te. Ogni cosa che io leggo anche se non la posto è per te, mi fa pensare a te.
Sei nella mia mente ogni fottuto secondo.
Sei nel mio cuore da due anni.
Sei mio e basta.
Sono tua io?
Spero di si.
Spero che si aggiusterà tutto, ma proprio tutto.
Io voglio essere la tua donna, la tua migliore amica, la tua confidente, la tua persona. La donna che ti serve al tuo fianco, quella che si preoccupa di te. Quella che non ti fa mancare nulla. Quella donna che c'è per ogni cosa, per starti sempre vicino nel momento del bisogno.
Io penso tu sia l'uomo giusto per me, lo penso davvero.
Penso che se si dovesse sistemare tutto tra di noi, sarei la donna più felice sulla faccia della terra e di tutti i pianeti.
Spero che queste mie parole non siano invane, possano farti piacere e renderti felice. Io sto scrivendo solo ciò che sto pensando veramente e soprattutto la verità.
Tutto quello che scrivo lo dico perché esce dal mio cuore.
Il mio cuore è tuo. E mi auguro che il mio sia tuo.
In questi due anni ne abbiamo passate di tutti i colori, dalle cose belle a quelle più brutte. Ci siamo fatti anche del male, ma mi piacerebbe poter rimediare.
Ma ti rendi conto che con il tuo amore, il tuo affetto, standomi sempre vicino mi hai fatto passare l'anemia? Non è mica una cosa da poco eh.
Sei riuscito a farmi guarire quasi completamente e non potrò mai ringraziarti abbastanza per quello che hai fatto per me.
Se non ci fossi stato tu, mi toccava inventarti.
Sei stato fondamentale per me e lo sei tutt'ora.
Senza te la mia vita e come se non ci fosse perché manca la parte più importante per essere completa.
Ma ci pensi a noi? Ci pensi che se mi avessi detto ti amo quando provavi quel sentimento per me, sarebbe stato tutto diverso. Magari la nostra storia andrebbe a gonfie vele a quest'ora. Saremmo felici entrambi.
Non c'è cosa più bella di te, di stare in tua compagnia.
Vorrei che ti tornasse quel bel sorriso, quel sorriso di cui io mi sono innamorata perdutamente.
In quegli occhi io ci vedevo amore.
Tu nei miei cosa hai visto?
Quali sono realmente i sentimenti che tu provi per me? Perché proverai qualcosa per la donna che è stata al tuo fianco per due anni.
Io non mi arrendo, non lo farò mai.
Non ci penso minimamente; per me sei tutto, non posso pensare di arrendermi a nulla. Quando una cosa ne vale la pena si sa che non bisogna lasciarsela scappare. Ed io non intendo farti andare da nessuna parte.
Lotterei contro il mondo intero per te e per averti di nuovo tutto mio. Lotterei per il semplice fatto che sei tu ed a te ci tengo tantissimo. Lotterei perché so che il tempo non sarebbe sprecato. Lotterei perché se non lo si fa per amore, non saprei per quale altro motivo farlo.
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come-coca-cola · 5 years ago
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Mentre le ragazze della mia età facevano coi maschi prove di volo, io facevo prove di abbandono.
Dopo venti giorni di cinema, pizza, normalità, avvertivo l’urgenza di non vederli più. Ricorrevo all'addio tramite sms: "Non funziona", come si trattasse di un elettrodomestico.
Un introverso mi rispose con uno squillo e sparì nel nulla.
Un logorroico mi scrisse una lettera di cinque pagine in cui mi avvertiva che un dipendente era stato risarcito dall'azienda perché licenziato tramite sms, concludeva con: "Quanti danni morali dovrei chiedere io a te?". Ora fa l’ avvocato.
Un ricco mi comprò un cellulare molto costoso per convincermi a richiamarlo. Non accettai: mi piacciono i regali, non gli investimenti. Ora lavora in Borsa.
Un mammone, che mi aveva invitato a casa sua per presentarmi, mi rispose “Mia madre ha preparato il pranzo, che le dico?”, gli consigliai di dirle che non avevo appetito. Ora le presentazioni le fa al ristorante. Con loro ero stata prevedibile, inaffidabile, seriale: mai una foto insieme, una promessa, un ripensamento. Eppure, se li incontravo per caso, ci tenevano a fermarmi, volevano a tutti i costi offrirmi un caffè, azzardavano un contatto, mi chiedevano perché fosse finita, io mi chiedevo perché fosse iniziata, perché non m’insultassero, perché non sentissero l’oltraggio, l’orgoglio, l’abbaglio. Avevo detto addio prima della fine: io per loro non avevo fatto in tempo a diventare stanchezza, ero rimpianto, voglia intatta, e loro per me non avevano fatto in tempo a diventare mancanza.
Ti ho conosciuto in pizzeria, a un cena universitaria. Stavi seduto accanto a una ragazza, lei era di Latina, ma sosteneva che sua nonna era regina d'Etiopia, tu la guardavi perplesso. Ho preso posto accanto a te, ho pensato: sei tu. Un giorno quando racconterai ad altri il nostro inizio dirai che stavi parlando con una principessa ed è venuta a infastidirti una "zanzarina", io ti dirò zanzarina a chi?, ma nei tuoi diminutivi sentirò il sollievo di non dover essere grande. Ci siamo rivisti un diciotto maggio alle diciotto, alla fine delle lezioni mi aspettavi. Hai chiesto il mio numero di telefono a un’amica comune e io l’ho rimproverata per avertelo dato. Paura di te, delle nostre notti passate a passeggiare a vanvera, sai? Mi sembra che certe piazze e certe strade le abbiamo viste solo noi, non le ho più trovate. Mi hai portato in ristoranti sofisticati, ma dal Cinese ti sei fatto coraggio e m’hai baciato. Due giorno dopo ho provato a lasciarti: "Non funziona", ti sei piantato sotto casa mia, hai pianto, hai detto "Aggiustiamola" e ci abbiamo provato. A insegnarmi come si tiene e si lascia tenere una mano ce n’è voluto, io bravissima a scansare, mi prendevi la mano, indicavi un'insegna e dicevi "tienimela fino a lì, manca poco". Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia. Abbiamo noleggiato cento film, non ne abbiamo seguito uno, abbiamo smesso di camuffare i nostri difetti, la discesa del mio naso, la tua altezza, i tuoi capelli arrabbiati, i miei più arrabbiati dei tuoi, il tuo ginocchio, la cicatrice che ho vicino all'orecchio, "bella questa malformazione" hai detto passandoci il dito sopra ed era come se la disegnassi tu in quel momento, ti ho detto "allora è una benformazione". Abbiamo costruito un vocabolario nostro, di parole minuscole ed esagerate, di progetti fatti, un figlio coi capelli inevitabilmente arrabbiati e i denti a perle, tu gli insegni a guidare la macchina ma io gli dico di andare piano, io gli scrivo le favole ma tu gli spieghi come si sogna.
I venti giorni erano scaduti da mesi, anni, non tenevo più una contabilità precisa. La voglia restava intatta e cresceva invece di diminuire. E mi mancavi anche quando c’eri- M’hai dato un anello, ti ho detto "è largo" senza nemmeno provarlo. In chiesa ci tenevi ad andare insieme, io non ero praticante, non lo sono, però una volta ti ho accontentato. Il prete recitava il primo comandamento: "Non nominare il nome di Dio invano".
Il nome di Dio invano non l’avevo mai fatto, ma di addio invano ne avevo detti tanti e dentro di me ho giurato di non aggiungerne un altro. La nostra prima foto ce l’ha scattata un marocchino. Io ho provato a dire no, niente foto, ma tu ci tenevi, hai fatto quella faccia, quando facevi quella faccia io pensavo sempre "perché no?". È il mio compleanno, mi hai regalato il bracciale col cuore, quello che guardando una vetrina ti ho detto che mi piaceva e tu sei stato attento. Siamo nella stessa immagine: io pallida, quasi trasparente, tu scuro; io col broncio costante, tu che sorridi e non serve chiedertelo. A guardare bene, ci separa un’interruzione, un precipizio, uno strappo netto: l’ho fatto io una sera in cui volevo cancellare le nostre prove e un attimo dopo già l’aggiustavo con lo scotch. La foto l’ho messa in una scatola insieme al bracciale col cuore, all’anello, a tutte le lettere e le parole che non c’assomigliano più. Ma forse un gesto è solo un gesto e una frase è come tante, è chi la sente a caricarla di significato, cerco di convincermi ogni volta che un ragazzo mi fa una carezza, le mani sono mani, le tue, le sue, quelle di un altro, che differenza fa?, lui segue i miei lineamenti, scende sul collo, poi risale, si sofferma sulla cicatrice che ho vicino all’orecchio, penso: la benformazione, e scanso la sua mano infastidita. Vorrei che le parole per me non avessero tutta questa importanza, vorrei che non m’incatenassero a chi le dice, a chi le ho dette. E maledico i ricordi felici perché fanno più male di quelli feriti.
Mi tornano in mente le vacanze estive, l’immagine di me bambina, il bagno al largo. Gli altri nuotavano dandosi slancio in lunghezza, con movimenti fluidi si mischiavano alle onde, seguivano la corrente, io m’immergevo quasi perpendicolare all’acqua, spingevo coi piedi, tenevo il respiro, volevo misurare il fondo, toccarlo, prendere una manciata di sabbia e portarla in superficie. Risalivo in modo scomposto, gli occhi rossi, il fiato grosso, stringevo la sabbia bagnata in pugno e mi sentivo più forte, sapevo cos’era il fondo, ero capace di toccarlo e risalire, la corrente fino a quel punto era un pericolo che sapevo gestire.Ho la gastrite, ma la Coca non rinuncio a berla: me la facevi trovare già sgasata, prendevi un cucchiaino e le davi una girata. Ti ho amato per queste accortezze, per le sciocchezze che mi venivano concesse, perché non volevo essere saggia, volevo essere stronza e ragazzina. Ti ho amato perché certe volte non riuscivo a essere forte, volevo solo scivolarti tra le braccia e sentirti dire tutto passa, tutto passa, pure se non era vero, tutto passa, tranne noi, certo, tranne noi. Ti ho amato perché se non mangiavo avevo qualcuno che mi sgridava, perché mi mettevi a tradimento lo zucchero nel tè, perché se mi estraevano i denti del giudizio e avevo la faccia gonfia, mi volevi baciare uguale, perché insistevi per vedere i film horror e poi eri il primo a spaventarti, perché dopo un anno ancora ti spiegavo come arrivare a casa mia e tu alzavi gli occhi e ripetevi "la strada la so", perché se camminavamo per strada curvavi le spalle per sembrare più basso e io salivo su ogni gradino possibile, perché se mi abbracci scompaio, perché una volta in macchina mentre ci stringevamo ti sei scordato d’inserire il freno a mano e abbiamo tamponato, perché quello che era normale diventava speciale, perché eravamo uno pure se eravamo due, ma soprattutto ti ho amato perché tu mi hai amata. Paura di te, della corrente. Eravamo al largo, così al largo, dov’era il fondo?, dove la fine? Sempre meno mia e sempre più tua. Dov’era il controllo? Dove l’autonomia? Da quando ti ho lasciato, con un sms, mi comporto come se potessi incontrarti ovunque: a una mostra, una presentazione, in qualunque luogo pubblico mi trovi, tengo fisso lo sguardo sulla porta, aspettando di vederti entrare, cerco di farmi trovare sorridente, in buona compagnia, tra persone di successo e se qualcuno mi parla sottovoce e si fa audace, penso: se solo entrassi adesso, adesso, in questo momento, sarebbe un quadro perfetto. Da quando ti ho lasciato, ogni mio momento è recitato come se tu dovessi assistere.
Lavoro vicino casa tua, ma allungo la strada per non passare lì sotto, ho il terrore d’incontrarti insieme a qualcuna, le tue mani sui suoi fianchi, vedervi attraversare la strada in fretta, con la certezza di finire sul letto e addormentarvi stanchi. Ma ci s’incontra anche in una città enorme e senza farlo apposta: ci vediamo all’ospedale, io sono radioattiva, ho appena fatto una lastra, tu esci da un esame. Non ci tieni a fermarmi, non mi offri il caffè, a stento un cenno, mi dici parole indegne di te e di me, di noi, vorrei spiegarti, ma spiegarti cosa?, che la paura dell’abbandono fa fare cose assurde, che per paura di sentirsi dire addio un giorno, si pronuncia per primi e subito, mi chiedi "come stai?" e finalmente lo ammetto "male”, mi guardi tutta e dici "non sembra", "tanto tu sei forte, sei saggia", sì, io sono forte, sono saggia, "tu non ce l’hai il cuore come tutti gli altri", già, io non ce l’ho il cuore come tutti gli altri, perché io ne ho uno solo di cuore, gli altri ne hanno almeno uno per ogni occasione.
Mi accompagni alla macchina, salgo, provo a mettere in moto. Niente. Provo di nuovo, provi anche tu ma il risultato è lo stesso. Non ho vinto io, non hai vinto tu. Spingiamo la stessa macchina che non è partita, non ha funzionato e non si sa perché, dev’essere la batteria, la benzina c’è, i presupposti per andare lontano c’erano.
Spingiamo e parliamo, le tue parole affilate, le mie così vaghe.
Penso: ti sto dicendo mille frasi adesso, ma vorrei dirtene solo una e non riesco.
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gloriabourne · 6 years ago
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The one with Fabrizio’s birthday
Fabrizio controllò l'ora sul cellulare per l'ennesima volta.
Gli sembrava fossero passate ore da quando era entrato in quella stanza, da quando gli avevano messo davanti una torta con sopra una sua foto e una scritta di auguri. Invece era passata solo mezz'ora e lui già voleva andarsene.
Sapeva perfettamente di avere l'espressione di uno che avrebbe voluto essere ovunque tranne che in quel posto e sapeva che non era carino da parte sua, dopo la sorpresa che gli aveva organizzato negli studi della Sony.
Il fatto era che, quando aveva saputo che sarebbe andato a Milano il giorno del suo compleanno, aveva sperato di riuscire a ritagliarsi un po' di tempo per vedere Ermal.
Non chiedeva tanto. Gli bastava un'ora, giusto il tempo di un saluto, di abbracciarlo, di stare un po' con lui.
E invece, in tutta la giornata, non aveva avuto un minuto libero.
"Che hai?"
Fabrizio sollevò lo sguardo, trovandosi davanti Maurizio che lo guardava pensieroso.
Scosse la testa e mormorò: "Niente."
"Certo, come no. Pare che sia morto qualcuno dalla faccia che hai!"
Fabrizio si lasciò sfuggire una risata ma non rispose.
In fondo, che avrebbe potuto dire?
Che voleva andarsene perché aveva bisogno di vedere il suo fidanzato? Fidanzato di cui, tra l'altro, non aveva parlato a nessuno se non ai suoi amici più stretti.
"Guarda che si vede che non ti va di stare qui" disse Maurizio qualche attimo dopo.
"Ma no, figurati, non è quello" cercò di dire Fabrizio, senza sapere come continuare la frase perché in realtà Maurizio ci aveva visto giusto.
"Ho provato a mettermi un attimo nei tuoi panni. Se fosse il giorno del mio compleanno e io fossi nella stessa città in cui abita una persona che considero importante, sicuramente vorrei passare del tempo con questa persona. Non poterlo fare mi renderebbe nervoso, come minimo."
Fabrizio lo osservò in silenzio.
Non gli aveva mai detto nulla di Ermal. Aveva fatto attenzione a non nominarlo troppo spesso, per evitare che i suoi collaboratori si insospettissero; aveva sempre cercato di allontanarsi abbastanza quando era al telefono con lui, in modo che nessuno potesse sentire qualcosa di fraintendibile.
Eppure Maurizio sembrava aver capito tutto.
Lo vide buttare un'occhiata all'orologio che teneva al polso e sbuffare, mentre sembrava riflettere attentamente su qualcosa.
"Senti, se vai via adesso, hai circa un'ora e mezza prima che parta il treno. Le chiavi della macchina con cui siamo venuti dalla stazione fino qui, le ho io. Posso dartele. Pensi di farcela?"
Fabrizio spalancò gli occhi, dietro le lenti scure degli occhiali da sole, e disse: "Sei sicuro?"
"Onestamente, no. Sono terrorizzato dall'idea che decine di persone mi chiederanno che fine hai fatto e io dovrò inventarmi qualche cazzata. Senza contare che se riporti la macchina con un solo graffio, succede un casino. E se arrivi tardi in stazione, sappi che te la farò pagare. Ma mi sono rotto le palle di vederti con 'sta faccia."
Fabrizio sorrise e gli diede una pacca sulla spalla, prima di dire: "Ti prometto che arriverò in tempo."
Maurizio non fece nemmeno in tempo a rispondere.
Fabrizio gli aveva già sfilato le chiavi dalla mano ed era uscito, talmente veloce che nessuno sembrava essersene accorto.
  Negli ultimi mesi, Fabrizio era stato a Milano così spesso da conoscere quelle strade quasi quanto conosceva quelle di Roma, motivo per cui non fu così difficile raggiungere l'appartamento di Ermal in breve tempo.
La macchina del compagno era parcheggiata lungo la strada, di fronte al palazzo, segno che si trovava in casa.
Fabrizio parcheggio appena più avanti, nel primo posto libero, e poi corse rapidamente fino all'appartamento, passando per il portone principale che qualcuno prima di lui aveva lasciato aperto.
Arrivato sul pianerottolo, non fece nemmeno in tempo a suonare il campanello che la porta dell'appartamento si aprì.
Ermal lo fissava con un'espressione stupita ma felice. Aveva i capelli scompigliati e indossava una tuta sformata che Fabrizio aveva dimenticato a casa sua l'ultima volta che era stato lì.
Vedendolo con addosso i suoi vestiti, fu impossibile non sorridere.
"Ero affacciato alla finestra e ti ho visto scendere dalla macchina, ma non ero sicuro che fossi tu. Pensavo di avere le allucinazioni" disse Ermal.
Fabrizio scosse la testa sorridendo. "E invece sono proprio io."
Ermal si spostò per permettergli di entrare in casa. Poi, mentre chiudeva la porta, disse: "Che ci fai qui? Mi avevi detto di avere la giornata piena di impegni."
Fabrizio gli diede appena il tempo di terminare la frase, prima di spingerlo contro la porta chiusa e fiondarsi sulle sue labbra.
"Sono riuscito a liberarmi giusto il tempo di un saluto veloce" rispose Fabrizio, scostandosi leggermente. "È il mio compleanno e mi sono trovato circondato da decine di persone, quando in realtà l'unico che volevo con me, sei tu."
"Ora sono con te" rispose Ermal prima di baciarlo nuovamente.
La mancanza che sentivano ogni volta che erano separati, era così tanta che quando si rivedevano, quando finalmente erano di nuovo insieme, il cuore di entrambi sembrava scoppiare.
"Cazzo, Ermal..." mormorò Fabrizio mentre si allontanava da lui e appoggiava la fronte contro la sua, cercando di riprendere fiato.
"Che c'è?"
Fabrizio chiuse gli occhi e scosse la testa. "Non posso andare avanti così."
Ermal si immobilizzò, sentendo un'improvvisa sensazione di panico prendere il sopravvento.
Che diavolo stava succedendo? Che voleva dire che non poteva andare avanti così?
"Che significa?" chiese con un filo di voce.
"Che sto impazzendo a stare lontano da te. E ci siamo visti tre giorni fa! Tre giorni senza di te e io già mi sento morire. Ti voglio con me ogni secondo della giornata, cazzo" disse Fabrizio stringendo Ermal tra le due braccia e nascondendo il volto nell'incavo del suo collo.
Ermal si rilassò contro di lui, rendendosi conto che Fabrizio si stava semplicemente sfogando per qualcosa che sentiva anche lui, che non voleva lasciarlo o mettere dei limiti alla loro relazione.
"Che c'è? Che pensavi?" chiese Fabrizio.
Ermal si lasciò scappare una risata, sentendosi improvvisamente uno stupido per aver anche solo pensato che Fabrizio volesse lasciarlo.
"Onestamente? Ho pensato che stessi per mollarmi" disse coprendosi il volto con una mano, quasi vergognandosi per aver anche solo pensato una cosa simile.
"Mai. Non ti lascerei mai" confessò Fabrizio.
"Meno male, perché altrimenti sarebbe stato un po' imbarazzante darti il mio regalo" rispose Ermal, allontanandosi da Fabrizio e avvicinandosi al mobile del soggiorno.
"Ti ho già detto che non voglio nessun regalo" disse Fabrizio ma lo seguì comunque, curioso di sapere cosa avesse escogitato il suo compagno.
Ermal aveva lo sguardo fisso su un ripiano del mobile, sopra il quale era solito abbandonare il portafoglio e le chiavi di casa.
Ma quel giorno, i mazzi di chiavi sul ripiano erano due.
Ermal sospirò prima di afferrarne uno - quello con il portachiavi di Rocky Balboa - e si voltò verso Fabrizio.
"Non so se può essere considerato un vero regalo, però ho pensato che forse sarebbe ora di farti avere una copia delle chiavi di casa mia" disse Ermal porgendogli il mazzo di chiavi.
Lo sguardo di Fabrizio si spostò velocemente e più volte dal volto di Ermal alle chiavi che lui teneva ancora in mano.
Le afferrò, cercando di nascondere il leggero tremore che si era impossessato di lui.
"La chiave lunga è della porta di casa, quella tonda è del portone di ingresso, l'altra è quella del portoncino sul retro. Il portachiavi non è il massimo, lo so, ma l'ho trovato in un negozio qualche giorno fa e ti ho pensato" disse Ermal leggermente imbarazzato.
Fabrizio non aveva aperto bocca ed Ermal era a un passo dall'avere una crisi di nervi di fronte a quel silenzio. O meglio, si sentiva a metà tra una crisi di nervi e la voglia improvvisa di scavare una fossa e sotterrarsi, convinto di aver fatto un passo troppo importante senza considerare le conseguenze.
"No, ma figurati, mi piace il portachiavi" mormorò Fabrizio rigirandoselo tra le dita. Poi sollevò lo sguardo verso Ermal e aggiunse: "Scusa, mi piacciono tanto anche le chiavi. È davvero un regalo stupendo, solo che non me lo aspettavo."
Ermal si strinse nelle spalle, come se stesse parlando di qualcosa di poco conto, e disse: "Ho solo pensato che vieni spesso a Milano, a volte anche per lavoro, e ti farebbe comodo avere un posto in cui stare. Da quando stiamo insieme, casa mia è sempre stata anche casa tua, quindi farti avere le chiavi è solo una formalità."
"Sei sicuro? È un passo importante" disse Fabrizio passandosi nervosamente il mazzo di chiavi da una mano all'altro.
Non si aspettava un gesto del genere da Ermal, non dopo che aveva sempre dato l'impressione di essere quello più insicuro, quello con più dubbi, quello che si faceva più problemi quando c'era di mezzo la loro relazione.
Eppure, nonostante i dubbi e le insicurezze, Ermal aveva appena fatto un salto nel vuoto. E non gli aveva nemmeno chiesto di saltare con lui.
Non lo aveva messo di fronte a una scelta o a un obbligo, non gli aveva chiesto di trasferirsi da lui. Lo aveva semplicemente invitato a passare più tempo in quell'appartamento. Lo aveva invitato a condividere con lui un pezzo della sua vita.
"Sono sicuro. Ma se ti sembra troppo, o non ti va..." iniziò a dire Ermal.
Aveva deciso di regalare le chiavi di casa sua a Fabrizio senza pensarci troppo. Gli era sembrato semplicemente un gesto naturale.
Fabrizio era spesso a Milano e ad Ermal sembrava assurdo che dovesse stare in albergo, quando avrebbe tranquillamente potuto fermarsi a casa sua.
E poi non poteva nascondere che l'idea che Fabrizio passasse più tempo in quella casa, gli piaceva.
Amava Fabrizio. Lo amava più di quanto avesse mai amato chiunque altro e avrebbe voluto averlo accanto ogni secondo della sua vita.
Però, quando aveva deciso di dargli una copia delle chiavi, non aveva considerato la sua possibile reazione. Non aveva considerato che avrebbe potuto ricevere un rifiuto come risposta.
"No, no, fermo! Mica ho detto che hai avuto una brutta idea! Solo che è una cosa grossa, voglio che tu sia assolutamente convinto" lo bloccò Fabrizio.
"Bizio, ti ho regalato le chiavi di casa mia! Ti pare che l'avrei fatto se non fossi stato convinto?"
Di fronte alla consapevolezza che Ermal aveva fatto quel gesto rendendosi conto chiaramente di ciò che significava, Fabrizio sorrise e lo abbracciò di slancio.
"Quindi sei contento del regalo?" chiese Ermal stringendolo a sé, mentre Fabrizio affondava la faccia nell'incavo del suo collo.
"Certo che sono contento. Non vedo l'ora di tornare a Milano e usare 'ste chiavi, entrare qua come se fosse casa mia..."
"Lo è. Questa è casa tua, Fabrizio."
Fabrizio sorrise, con il volto ancora nascosto contro il collo di Ermal.
Per essere il tipo di persona che diceva di non saper gestire le relazioni importanti, era sorprendentemente felice di quell'impegno.
Sapere che Ermal era disposto a farlo entrare così tanto nella sua vita, a condividere la casa con lui nonostante le cose con Silvia non fossero andate bene e lui fosse rimasto scottato, rendeva Fabrizio più felice di quanto avrebbe mai ammesso.
Si scostò leggermente da Ermal, quel tanto che bastava a guardarlo in faccia, e nel momento in cui vide il suo sguardo capì.
Non era solo quell'appartamento a essere casa sua. Era ciò che avrebbe ottenuto insieme a quell'appartamento.
Le serate sul divano a guardare un film insieme; le giornate passate a cucinare non solo per sé stesso, ma per un'altra persona; le canzoni suonate insieme in un pomeriggio di pioggia; le notti trascorse nello stesso letto.
Quello era casa sua. Non l'appartamento, ma Ermal e tutto ciò che era disposto a dargli.
Fabrizio sorrise, stringendo in mano il mazzo di chiavi come per assicurarsi che fosse reale, poi guardò Ermal.
"Tu sei casa mia" disse.
Ed Ermal sorrise. Per lui era esattamente la stessa cosa.
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florifer-ego · 5 years ago
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finalmente mi siedo un po' ho fatto merenda ora con una pesca che ho raccolto dall'albero ancora tiepida di sole sono grata per tutto questo per il tramonto per questo cielo bellissimo che non devo dividere con nessuno poco fa sono passata davanti casa tua zia e mi sembra sempre di vederti lì seduta in un angolo con le tue mandorle con le tue faccende da sbrigare per me è sempre un po' domenica ed io bambina ti faccio i dispetti poi ti vengo a chiamare e ridiamo insieme di tanto e di poco ti penso spesso e ultimamente mi fa male il pensiero che tu abbia avuto così poco da questa vita che tu ti sia lasciata sempre le briciole per dare tutto a tutti non so se conta non so se conta adesso non so se lo saprai mai mai io ti voglio bene e ti ho voluto bene sempre e tanto in un modo tutto unico solo per te e per ogni minimo gesto per quello che sei e che eri ti porto con me sempre e non perdo occasione per raccontare di te a chi mi circonda vorrei tanto tu lo sapessi ma non ora non posso farci più nulla be ricaccio indietro le lacrime e ora filo dritta nella doccia che oggi mi è toccato aiutare a fare la salsa di pomodoro o forse sarebbe meglio chiamarla passata o non so come ma a casa mia si chiama salsa quindi va bene così e perciò ho pezzetti di pomodoro ovunque persino sulle sopracciglia e non so minimamente come ci siano arrivati lì quindi vado di corsissima che muoio di fame e non ho preparato nulla per cena
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itachi-with-a-chicken · 7 years ago
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BAGNINO AL LIDO AU PT 3
Olé
negli episodi precedenti e precelingua E FUTURAMA
Una cosa: ci sarà una parte quattro perché questi disgraziati mi fanno essere logorroica
Due cosa: sono onestamente shockata dal successo e da quanti di voi abbiano apprezzato una delle cose più a caso che ho scritto e onestamente dal profondo del mio kuore: GRZ
(spero solo di non deludervi)
Ermal aveva scoperto una cosa che odiava di più della sabbia
Ed era sentirsi un coglione perché credeva di piacere a qualcuno
Perché fin ora poteva accettare di venir rifiutato anche ogni santo giorno ma Fabrizio sembrava,,,,diverso???
"i ragazzi sono tutti uguali" sentenzia una voce alle sue spalle. Elisa, quella del bar, l'amica di Fabrizio.
Per quella sera Ermal fu intrattabile E VORREI VEDERE
E a ben vedere, per tutti i giorni a seguire
In teoria, era ben consapevole che non si erano detti nulla ufficialmente anzi, probabilmente era tutto nella sua testa
In pratica non poteva far a meno di fargli tutto completamente schifo incluso Fabrizio
Magari gli facesse davvero schifo Fabrizio
E quindi passa la giornata a rispondere a cazzo alle persone e a stare sotto l'ombrellone
Poi Fabrizio finalmente torna full force a passare il tempo libero con loro e oh boi. B o i
Ermal, internally: probabilmente non gli piacevo è libero di fare quello che vuole non stiamo insieme non ho nessun diritto di essere disturbato può farsi chi vuole ecc ecc ecc
Ermal, externally: HERE'S THE CHEATING BASTARD
Fabrizio dal canto suo basito basito suave suavecito non ci sta capendo un cazzo
Manca una mezza settimanella per stare con altri amici, torna, e si trova 3/4 del gruppo (ormai tra quello di Ermal e quello suo non c'era più distinzione) che gli fa i side eye, Ermal col veleno al posto della lingua e pure Elisa che lo guarda e scuote la testa
Fabrizio c'ha più F4 che anima
E lascia passare il primo giorno, che alla fine tutti parevano tornati alla normalità tranne Ermal
E fai passare il secondo, che magari c'ha i pensieri suoi e per questo risponde male
E via il terzo con Ermal campione nel mondo nell'ignorarlo e nello stare a km di distanza da lui
Al quarto, che Fabrizio stava là a suonare una canzone che si era studiato DI PROPOSITO per Ermal che ne avevano parlato, questo si alza e se ne va e allora no scusa che cazzo stiamo a dì
Il sole stava ancora tramontando che Ermal si era alzato e aveva preso a camminare in direzione con i piedi nell'acqua lungo il bagnasciuga e pareva gli avessero messo il pepe in culo per quanto scappava
Fabrizio si era messo letteralmente a correre per raggiungerlo e mettergli una mano sulla spalla
"mi spieghi che cazzo hai?"
Ermal, che ha 5 anni, lo guarda un momento e poi ricomincia a camminare PIÙ VELOCE
Fabrizio sta a tanto così dal placcarlo, ma ha imparato che a volte la miglior tattica è la pazienza
Quindi si mette e gli cammina affianco, aspettando che Ermal si rompa i coglioni
Neanche il tempo di pensarlo che Ermal sbotta "ma insomma non c'hai di meglio da fare?"
"ah no sono liberissimo"
E così per altri 10 minuti. Avevano superato la fine del "loro" lido da un bel po' ma Ermal non accennava a fermarsi
"vuoi farti tutta l'Italia dalla costa?" "E se anche fosse" "capirai che è un po' fuori di testa"
"non mi pare di aver chiesto il tuo parere"
Fabrizio si era rotto i coglioni pure troppo "Mi dici che ti ho fatto che stai tanto incazzato? Non ci vediamo da una settimana"
Truth is: Fabrizio era anche un po' ferito. Non diceva di volere le scene da cinema con tanto de corsa rallenty, ma nsomma
"Sicuro non ti sarai annoiato sta settimana. Non hai la tizia con cui vederti? O avete già scopato e non ti interessa più?"
A quel punto Ermal è costretto a fermarsi perché ha il polso bloccato in una stretta ferrea e uhm, forse aveva esagerato.
"di che cazzo stai parlando, oh?" "Mollami il braccio" "non mollo proprio niente ora mi sto stufando, pare che t'ho ucciso il gatto"
Ermal stacca con forza il polso dalla presa "sono sicuro che se torni, la tipa ti fa fare un altro giro. Non credo qualcuno ti direbbe mai di no"
"Ma che cazzo stai a dì che non scopo da tre mesi"
A quel punto stavano urlando e basta, spaventando quelle povere persone che si erano attardate per godere ancora del mare
"peggio per te che non sai cogliere i segnali, visto che praticamente te la sventolava davanti, l'altra sera" fu la risposta gelida di Ermal
Una lampadina minuscola, una minilucciola ancora non fulminata, si accende nel cervello di Fabrizio, con la sua Maria interiore che manda l'RVM delle serate alla ricerca di quello che intendeva l'altro e,,,,oh
"ma che sei geloso?"
Seh Fabbrì ciao.
Ermal ride istericamente
"No, Fabrizio, non sono geloso" "c'hai 'na strana maniera di dimostrarlo"
Non volendo, Fabrizio comincia a sorridere perché si insomma, il pensiero non poteva che fargli piacere.
E Ermal un po' si odiava di più perché aveva visto il sorrisino soddisfatto dell'altro e invece che incazzarsi ancora di più aveva voglia pure lui di sorridere damn when did he get so cute
"Non so di preciso cosa tu abbia visto o sentito dire o che cazzo ne so, ma non è successo niente"
"non mi devi spiegazioni o giustificazioni" "EH BOH EVIDENTEMENTE SI. È una tipa che mi ha presentato l'amico mio, Gallo, tedesca, non capivo un cazzo di quello che diceva e lei non capiva me e quando ha reso abbastanza chiaro quello che voleva ho declinato, tutto qua"
Per un momento c'era solo il rumore del mare e le voci in lontananza di gente e musica proveniente dai baretti, mentre Ermal assimilava l'informazione
"ma perché." Chiede infine, più a se stesso che a lui.
Fabrizio strabuzza leggermente gli occhi e se fosse in un anime avrebbe pure la mascella a terra perché IN CHE SENSO PERCHÉ TI DEVE FARE LA DICHIARAZIONE IN CARTA STAMPATA IO BOH
"cosa perché" "perché non ci sei stato" "perché non era chi mi interessava"
AH
"E chi è che ti interessa?" "Un cretino che mi ha fatto imparare una canzone intera degli Oasis, ecco chi"
A quel punto erano uno di fronte l'altro, Ermal ancora un po' titubante, quando Fabrizio lo prende per mano e comincia a marciare nella direzione da cui erano venuti
E se Ermal era in qualche maniera contrario non lo dava a vedere, anzi. Docilmente si lasciava portare mentre il suo cervello cercava di far mente locale tra quello che gli aveva detto e le implicazioni e tutti i sentimenti che si andavano impiastricciando nel mezzo
Perché la cold hard logic gli diceva che Fabrizio non era andato a letto una tipa pure bella da paura, per lui
E la mano che stringeva la sua (un po' troppo perché fosse una presa rilassata, quasi avesse paura Ermal sarebbe fuggito o boh cose) era un ulteriore prova
Ma,,,,,,,,,,non aveva senso. Non riusciva a processare una cosa del genere
E quindi non lo fa, perché l'ignoranza e il denial sono i motori che portano avanti questo mondo
Camminano in silenzio e riescono pure a rallentare il passo una volta che Ermal gli restituisce la stretta e gh sono così bellini per fortuna che Roberto aveva la macchina fotografica quella BuonaTM o Vige non sarebbe riuscito a fare la foto della VITA
(perché ovviamente li stavano tenendo d'occhio vi pare che un gruppo di pettegoli del genere si faceva i cazzi suoi, è già tanto che Paolo non avesse messo su i microfoni)(Temptation Island levati che qua stanno i professionisti)
Tornano dal gruppo, scagandoli di brutto in favore delle sdraio messe UNPOPPIÙINLLÀ su cui in teoria non ci si potrebbe mettere ma fregacazzi ci lavorano
Seduti uno di fianco all'altro, chitarra nel mezzo, Fabrizio prende a suonare le prime note di quella che Ermal riconosce immediatamente come Slide away
Che Fabrizio fosse bravo con la chitarra, Ermal lo sapeva da tempo, ma raramente cantava con serietà, lasciando di solito quella parte a qualcun'altro
E Ermal si sentì più speciale che mai solo per quel regalo
Perché per quanto acerba e incerta -e lasciamo perdere la pronuncia-, la voce di Fabrizio era qualcosa di assurdo
Il modo in cui accarezzava le parole e sentiva il testo
Now that you're mine, we'll find a way of chasing the sun. Let me be the one that shines with you.
Ermal rabbrividì all'ultimo ritornello, perché Fabrizio lo stava guardando dritto negli occhi e tutto ciò che voleva era togliere di mezzo la chitarra e baciarlo
E si sentiva stupido perché neanche un'ora prima avrebbe preferito non vederlo mai più
E ora Fabrizio stava spostando la chitarra e se lo era tirato addosso, facendo finire il naso di Ermal sotto il suo collo
"me sei mancato sta settimana" gli dice Fabrizio tra i capelli, prima di lasciarci un bacio
Ermal non risponde -non può- e si limita a stringere i bordi della maglietta
Rimangono così per un po'
Aka finché Ermal non sente la schiena fargli troppo male perché non era davvero la posizione più comoda del mondo e quelle sdraio sicuro non erano luxury
E tra una cosa e l'altra scemo e più scemo (vivibu) si cominciano a rendere conto che c'è un po' troppa gente in spiaggia
Cioè, davvero TROPPA
"ma che giorno è oggi?" "Uhm, martedì credo, perché?" "...il numero Fabbrì."
Insomma era il 7 e c'era la Festa di Nonsoché e la gente si era riversata sul lido perché facevano i fuochi d'artificio dall'acqua
Che in teoria è uno spettacolo bellissimo kudos a chi li prepara bravo chi spende i soldi e suvvia
In pratica c'era troppa gente per i gusti di entrambi che avrebbero preferito stare in ogni posto tranne che quello
Localizzare i loro amici era un casino perché si erano spostati senza manco avvisare
(Vige voleva andare ma in tre lo hanno placcato. Tre. Povero Vige)
Quindi Bizio c'ha l'idea del secolo e salta in piedi, mettendosi la chitarra sulla spalla e con l'altra mano prendendo il polso di Ermal
"ma dove stiamo andando? Vuoi approfittare del casino per rapirmi e uccidermi?"
Fabrizio alza gli occhi al cielo e non risponde, ma sente Ermal ridacchiare da solo
"vieni, conosco una scorciatoia"
Get ready for the final show ;)
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