#evitare di soffrire
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pur di evitare di soffrire faccio il colpevole per coprire e custodire questo nervo debole.
#evitare di soffrire#evitare#soffrire#Madame#Too Late#Nitro#il colpevole#faccio il colpevole#coprire#custodire#nervo#debole#nervo debole
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13 LUGLIO 1954 moriva FRIDA KAHLO
Un corpo fragile e uno spirito indomito.
Una vita difficile, quella di Frida Kahlo, segnata dalla lunga malattia e da grandi passioni, vissute senza remore, incondizionatamente con tutta sé stessa, abbandonano al cuore la razionalità.
La passione per l’arte, quella per il suo Messico e l’amore tormentato per Diego Rivera, il compagno di una vita.
Quella di Frida è stata una vita breve ma ricchissima perché vivere col cuore non significa limitarsi a contare i giorni, i mesi o gli anni, ma significa contare le emozioni, perché la vita non è mera sopravvivenza. E non è vero che chi vive più a lungo vive di più.
Frida Kahlo è stata un’artista coraggiosa, capace di trasformare la sofferenza in ispirazione, le sconfitte in capolavori, plasmando opere che sono un urlo orgoglioso e potente alla sfida del vivere.
LA VITA E LE OPERE DI FRIDA KAHLO:
RIASSUNTO IN DUE MINUTI (DI ARTE)
1. Frida Kahlo (Coyoacán 1907 – 1954) è considerata una delle più importanti pittrici messicane. Molti la annoverano tra gli artisti legati al movimento surrealista, ma lei non confermerà mai l’adesione a tale corrente.
Fin da bambina dimostra di avere un carattere forte, passionale, unito ad un talento e a delle capacità fuori dalla norma. Purtroppo la sua forza di carattere compensa un fisico debole: è infatti affetta da spina bifida, che i genitori e le persone intorno a lei scambiano per poliomielite, non riuscendola così a curare nel modo adeguato.
2. La prova più dura per Frida arriva però nel 1925. Un giorno, mentre torna da scuola in autobus viene coinvolta in un terribile incidente che le causa la frattura multipla della spina dorsale, di parecchie vertebre e del bacino. Rischia di morire e si salva solo sottoponendosi a 32 interventi chirurgici che la costringono a letto per mesi.
Ha solo 18 anni e le ferite al fisico la faranno soffrire per tutta la vita, compromettendo irrimediabilmente la sua mobilità.
3. Durante i mesi a letto immobilizzata da busti di metallo e gessi, i genitori le regalano colori e pennelli per aiutarla a passare le lunghe giornate. Questo regalo darà avvio ad una sfolgorante carriera artistica.
La prima opera di Frida è un autoritratto (a cui ne seguiranno molti altri) che dona ad un ragazzo di cui è innamorata.
4. I genitori incoraggiano sin da subito questa passione per l’arte, tanto da istallare uno specchio sul soffitto della camera di Frida, così che possa ritrarsi nei lunghi pomeriggi solitari. È questo il motivo dei numerosi autoritratti dell’artista. Lei stessa dirà: “Dipingo autoritratti perché sono spesso sola, perché sono la persona che conosco meglio”.
5. Frida Kahlo nel 1928, a 21 anni, si iscrive al partito comunista messicano, diventando una convinta attivista. È in quell’anno che conosce Diego Rivera, il pittore più famoso del Messico rivoluzionario. Lo aveva incontrato per la prima volta quando aveva solo quindici anni (e lui trentasei), sotto i ponteggi della scuola nazionale preparatoria, mentre Diego stava dipingendo un murale per l’auditorium della scuola.
6. Nel 1929 sposa Diego, nonostante lui abbia 21 anni più di lei e sia già al terzo matrimonio. Inoltre Diego ha fama di “donnaiolo” e marito infedele. Il loro sarà un rapporto fatto di arte, tradimenti, passione e pistole. Lei stessa dirà: “Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego Rivera.”
7. Frida Kahlo ha avuto molti amanti (uomini e donne), tra cui il rivoluzionario russo Lev Trotsky e il poeta André Breton, ma non riuscì mai ad avere figli, a causa del suo fisico compromesso dall’incidente. Quando rimase incinta del primo figlio, Frida fece di tutto per portare avanti la gravidanza. Si dovette arrendere solo quando i medici la costrinsero ad abortire per evitare che perdessero la vita sia lei che il bambino.
8. Frida Kahlo e Diego potevano considerarsi una “coppia aperta”, più per le infedeltà di Diego che per scelta di Frida, che soffrì molto per i tradimenti del marito che ebbe persino una relazione con la sorella minore di Frida, Cristina.
Vista l’impossibilità di fare affidamento sulla fedeltà di Diego, i due decisero di vivere in case separate, unite tra loro da un piccolo ponte, in modo che ognuno di loro potesse avere il proprio spazio “artistico”.
9. Le opere di Frida kahlo sono spesso state accostate al movimento Surrealista, ma Frida ha sempre rifiutato tale vicinanza sostenendo: “Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni”.
10. L’album dei Coldplay Viva la vida or Death and All His Friends (2008) si ispira ad una celebre frase che la Kahlo scrisse sul suo ultimo quadro, otto giorni prima della sua morte a soli 47 anni per cause ancora non del tutto certe.
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IL CANALE DEL DOLORE
È un argomento molto difficile da trattare per me, anzi, lo era fino a oggi pomeriggio, quando sono riuscito a trovare una metafora per definire il mio stato d'animo... stavo guidando, ho tirato fuori una penna dalla borsa e mi sono scribacchiato sul polso il titolo che avete letto là in alto, giusto per non dimenticare l'immagine che mi era apparsa.
Non credo proprio di soffrire di depressione (non rispetto i criteri maggiori), magari qualcosa di più simile a una pseudo-ciclotimia ma, vedete, potrei anche sbagliarmi però ho come l'impressione che le persone dividano le loro esperienze in positive e negative: da una parte le cose che le hanno fatte stare bene e che, se perseguite, continuano a far stare bene e dall'altra quelle negative, esperite nel passato e da evitare nel futuro.
Sbaglio nel pensare questo? Me lo confermate?
Ecco... per me funziona in modo completamente differente.
Io ho vissuto esperienze e basta, se percepite poi positive o negative dipende dalla mia vicinanza al Canale del Dolore.
Prendete la mia gattina Minou, che ci è stata accanto per tanti anni, fin dalla nascita di Figlia Grande.
Se percorro la mia vita nel verde paesaggio del mondo posso ricordarne con gioia i bei momenti condivisi assieme - quando la allattavo minuscola e miagolante, quando dal tavolo ha rubato un pollo arrosto intero più grande di lei e quando Figlia Grande divideva con lei i biscotti plasmon sul seggiolone. Poi però imbocco il viale di ghiaia che costeggia il canale del dolore e comincio a provare nostalgia - le zampate di fango che ancora resistono sotto al davanzale della finestra da cui entrava, il collarino viola che sbuca fuori da un cassetto - e poi comincio a camminare sugli argini del canale, dove mi prende la tristezza del vuoto che ha lasciato, di come forse avrei dovuto accarezzarla di più, di come a volte la sogno e sono pieno di gioia che sia tornata ma poi mi sveglio con le guance umide.
E infine cado nel canale del dolore, dove riconosco le mie colpe e ciò che avrei potuto fare e non ho fatto.
Intendiamoci, non succede sempre e soprattutto non succede per ogni cosa che ho vissuto ma il cammino è sempre potenzialmente quello.
Per dire, ho vissuto cose estremamente negative e mi basta riuscire a stare lontano da quel canale, nel verde della foresta del mondo, per riuscire comunque a evocare un ricordo di quello che di bello sono riuscito a tirare comunque fuori da esse.
Vi dirò, forse il trucco è camminare sul bordo di quel viale di ghiaia, attingendo alla malinconia per farmi più consapevole del tempo che scorre in una sola direzione e nel contempo non rimpiangere mai troppo ciò che non è più...
Però la vita è faticosa e in quel canale giacciono troppi nomi e troppi istanti perché il mio passo sia sempre fermo e dritto.
E fa male che il dolore nel caderci dentro offuschi i bei ricordi.
Vabbe'... stasera va così ma sono sicuro che domani qualcuno mi confermerà che c'è davvero del buono in questo mondo e che è giusto combattere per questo, quindi tranquilli <3
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Lei aveva paura di amare.
La sua mente percepiva come una minaccia l’imprevedibile, l’ignoto, perché ciò che lei non conosceva lo vedeva come incontrollabile.
Ad incuterle paura era uno scenario che all’apparenza non possedeva nulla di minaccioso, aveva una grossa difficoltà a spiegarsene le motivazioni.
Lei aveva paura di innamorarsi, paura di instaurare una relazione alla cui base ci fosse un vero innamoramento.
L'amore per lei non era come un qualcosa di positivo, qualcosa di benefico, era una cosa da evitare.
Eppure ricercava dall’altra parte vicinanza, affetto comprensione e stabilità, come tutti.
Viveva emozioni molto intense che percepiva come incontrollabili e pericolose, perché prendevano il sopravvento sul proprio modo abituale di fare e di pensare.
Cercava si un amore, vivere una relazione seria, ma ne era altresì spaventata e non riusciva a lasciarsi andare a causa delle sue resistenze mentali, che la bloccavano e non le permettevano di vivere serenamente una storia d’amore.
Era la sua "anoressia sentimentale" , non riusciva ad amare davvero per il timore di soffrire, ipercontrollando i propri sentimenti e esasperando il proprio bisogno di indipendenza e invulnerabilità.
Arrivava a manifestare veri e propri sintomi di ansia e paura sconsiderata e irragionevole, che la spingevano a evitare tutte quelle situazioni, o persone, che potevano portarla ad un coinvolgimento sentimentale.
Le vedeva come un pericolo alla propria stabilità emotiva, fino a portarla a sperimentare dei veri e propri attacchi di panico.
Rifiutava di impegnarsi, la paura d’amare nascondeva in lei il timore della perdita della libertà.
Aveva sempre creduto nell'amore, ma era incapace di amare.
Cit. Smokingago (liberamente tratto)
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Sempre avuto un rapporto molto forte con mio nipote. Forse perché sostituisce il figlio maschio che non ho avuto.
Lui parla e si confida con me molto più che con suo padre e con sua madre, mia figlia. Mi ha sempre raccontato i suoi sogni, le sue idee, le sue emozioni, i suoi problemi. E, da quando è diventato grande, è a me che racconta le sue cotte e le sue delusioni d’amore.
Il mio tesoro non ha fortuna con le ragazze. Saranno le ragazze d’oggi, che disprezzano i suoi modi gentili, timidi, la sua dolcezza. Quante volte ha pianto raccontandomi dei suoi amori non corrisposti. Eppure non è brutto, è solo impacciato. Da nonna l’ho confortato e incoraggiato. Quante volte l’ho stretto a me e accarezzato.
“Dovrei trovare una ragazza come te, nonna…” mi dice. “Sono solo una vecchia signora…” replico. “Sei bellissima, invece….”
Che tenerezza queste parole. E che piacere notare quando mi guarda, non di rado le gambe, e che tenerezza quando gli faccio capire che mi sono accorta e diventa tutto rosso. E che languore mi viene quando lo abbraccio stretto….e sento che si irrigidisce per evitare di stare troppo a contatto con me….”come vorrei trovare una ragazza che mi abbracci come fai tu, nonna….” “E come vorrei trovartela”, penso, senza dirglielo.
L’ennesima delusione d’amore lo ha fatto proprio soffrire. “nessuna mi vuole, nonna, nessuna mi vorrà mai…” Povera stella, penso, mentre lo stringo al mio petto, gli accarezzo il viso e i capelli, cerco di confortarlo, quanto vorrei dimostrarti il contrario….
Stiamo andando a un matrimonio di un familiare. Fuori città, ci fermeremo tutti a dormire in hotel. Mio genero guida, mia figlia sonnecchia sul sedile davanti, io e Marco siamo dietro.
È già buio fuori, in auto c’è silenzio. Marco seduto accanto a me sul sedile dietro sembra che insegua i suoi pensieri. Ma ho visto che spesso il suo sguardo è andato sulle mie gambe. Ne sono lusingata, come lo sarebbe ogni donna. Le muovo e le accavallo. La gonna sale. Le scopre. Lui non perde un movimento. Puoi anche fargli vedere il reggicalze, mi dico, che c’è di male, questo ragazzo si deve svegliare….
Avvicino le labbra alle sue orecchie e gli sussurro: “Ma che guardi?” “N..n..niente, nonna”, è la ovvia, ma bugiarda, risposta.
“Ti piacciono le mie calze?”, insisto, provocatrice. Gli prendo la mano, la guido sulle ginocchia, poi sulle cosce. Lascio che gonna e soprabito vi ricadano sopra per nasconderla. Mio genero è assorto nella guida, mia figlia, sua madre, dorme. E Marco continua il viaggio con la mano che accarezza le mie gambe…..
Il matrimonio è noioso come tutte le cerimonie. La folla di parenti mi da la scusa per evitare Marco. Lo guardo ogni tanto, a distanza, solo, un po’ incupito, non simpatizza con nessuna delle altre ragazze presenti. Peraltro tutte brutte o insipide. Loro.
La festa è finita, tutti salutano e vanno via. Noi siamo troppo lontani per rientrare in nottata. Ci hanno riservato una camera in albergo. Una per mia figlia e mio genero, Marco ha la sua, io la mia.
Quando entro, mi sdraio un attimo, a riposare e ..pensare.
Gli scrivo un messaggio: “Marco, tesoro, non riesco a prendere sonno, mi ci vorrebbe una boccata d’aria. Ho paura però da sola a quest’ora. Mi faresti compagnia? Tra dieci minuti giù nella hall?”
Ovviamente risponde di sì. Ma io faccio passare, dieci, poi quindici, poi venti minuti. Alla fine gli scrivo di nuovo, un nuovo messaggio: “ho cambiato idea. Sono stanca. Vieni a trovarmi in camera?”
Quando bussa gli apro subito. Sbarra gli occhi nel vedere sua nonna accoglierlo in sottoveste. Da quel che è accaduto in macchina in poi non capisce più cosa stia succedendo. Lo faccio sedere sul divanetto che c’è in camera. Sufficientemente piccolo da stargli praticamente addosso. Gli prendo il viso fra le mani, lo costringo a guardarmi negli occhi. “Volevo stare un po’ sola con te” gli dico. Gli faccio appoggiare il viso sul seno. Prendo la sua mano e, stavolta, la guido decisa, non più solo sulle gambe, ma proprio in mezzo alle cosce.
“Pensi sempre che sia bellissima, tesoro?” Un suono strozzato esce dalla sua bocca, a metà fra un sì e un singhiozzo di timidezza.
“Non è vero che nessuna donna ti vuole, amore.” Lo bacio delicatamente sulle labbra. “Ti mostrerò io come ci si comporta con le donne, tesoro. Ti insegnerò io….come si fa l’amore….”
Lo porto sul letto dove si fa spogliare docilmente. Accarezzo il suo corpo. Solo al momento di abbassargli gli slip, il pudore lo trattiene, mi prende il polso. Ma non basta certo questa timida resistenza a fermarmi. Adesso è nudo, e gli accarezzo il pene, duro, grande.
Salgo su di lui mettendomi a cavalcioni. Accarezzo sensualmente il suo petto, i suoi capezzoli, lo sento fremere sotto di me. Mi abbasso su di lui. Quando lo sento penetrarmi mi scappa un gemito di piacere. “Accidenti, nipote, le ragazze di oggi non capiscono proprio niente….” , penso.
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Trovo interessante
che nella parola soffrire
ci sia tutto il verbo offrire,
come se il dolore lasciasse un piccolo consiglio
dentro il suo termine
perché è questo l'unico modo che abbiamo
per oltrepassare una sofferenza,
offrendola alla vita
senza celarla nei nostri intimi
per evitare di far vedere agli altri
i piccoli bui che ci portiamo dentro,
le alluvioni nascosti dietro le quinte degli occhi,
le crepe sui muri del pensiero,
le bolle d'aria nella carta da parati
dei nostri respiri
regalandoci tutti. si guarisce così.
regalando tutto quello che abbiamo,
perfino un disastro interiore
offrendo una paura a un nostro amico,
un'apprensione al bosco
il dolore di una perdita al mare,
il mare ama ascoltare, sentire la nostra voce
è un suo diritto
si guarisce offrendo i nostri timori
alla danza, alla lettura, alle uscite con gli amori,
si guarisce da un lutto con il silenzio,
offrendo la nostra perdita al respiro lento,
perché siamo il contrario di una ferita
guariamo quando restiamo aperti.
[gio evan]
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Con gli anni si confermano le mie naturali certezze con le quali ho fatto a cazzotti pensando di essere sbagliata, intransigente, malata, non affidabile e quindi non lucida nelle mie reazioni.
Ma la verità è che mi accorgo che la mia incomunicabilità col prossimo si interrompe sempre nell’esatto momento in cui il prossimo non ha un vissuto particolarmente difficile.
Possiamo rigirarcela come vogliamo, e mi dispiace fare questo discorso perché non voglio far passare le “sfighe” esistenziali come un qualcosa che ti rende necessariamente superiore. Infatti qui non si tratta di sentirsi superiori, si tratta di non capirsi, si tratta del fatto che anche coloro che ti amano, se non hanno vissuto certe cose sulla loro pelle, non capiranno mai. C’è proprio un’incomunicabilità alla base. Per contro, tutte le persone (nessuna esclusa), con le quali ho interagito negli anni che hanno vissuto senza mezzi termini l’inferno in terra non c’è mai stato un momento in cui non mi sia sentita compresa o anche solo legittimata a reagire in un certo modo. Io penso che da qualche anno la narrazione che si fa sull’essere funzionali nella vita, sul trovare il lato positivo, sull’andate avanti in un modo o nell’altro, sul non fermarsi mai, siano dovute al fatto che la gente (non la società), ma le singole persone, ad oggi, non sono più disposte a soffrire per cinque minuti. Non reggono l’horror vacui, e quindi si nutrono di tutto quello che possono per evitare il problema, evitare i pensieri.
Purtroppo a me non è stata data questa attitudine, io non riesco a guardarmi in faccia se so che c’è qualcosa che non va in me o in coloro che mi circondano, non riesco a guardarmi Netflix se sono addolorata per un’amica, una relazione conclusa, non riesco ad avere quel piglio di chi ti dice “Esci e vai a fare una passeggiata!” Non ce l’ho, perché ho imparato, da qualche tempo, che il dolore, di qualsiasi natura, è parte integrante della vita di ciascuno, e quindi dobbiamo farci i conti e sentirlo, altrimenti vivremmo magari una vita felice e accomodante, ma non autentica, finta. In sostanza: avremmo davvero buttato la nostra esistenza attraverso lo sforzo di non pensare mai, non soffrire mai, non sentire mai; e che alla fine, per questo, riesce più facile sentirsi capiti da chi quel dolore lo prova ogni giorno. E forse è proprio così che si risale.
Io delle persone che mi dicono di pensare positivo, persone che stimo, che ho amato, persone a cui voglio un bene dell’anima, a questo punto della mia vita: non so che farmene. È legittimo che voi andiate via se la cosa comincia a essere pesante per voi, è legittimo però che io rimanga fedele a me stessa. E quando mi guardo allo specchio io mi riconosco. Voi, dubito.
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Quando sei stato deluso dall'amore in cui credevi, dall'amicizia su cui contavi, dalla vita che sognavi, quando c'è sempre qualcosa che ti viene a far male. Trovi solo una strada per evitare di soffrire di più, ti chiudi a riccio e come un riccio pungi chi si vuole avvicinare. Tieni tutti a distanza, buoni e cattivi, perché non hai più la forza di sopportare nulla.
Fabio Volo
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La spennatura
"Malgrado il dolore intollerabile, Makena sopportò in silenzio per non dare a nessuno la soddisfazione di vederla soffrire. Nel tempo si era indurita a tal punto da non emettere più nemmeno un verso agonizzante, con grande disappunto dei suoi aguzzini.
Mentre il torturatore aveva preso a rimuovere il piumaggio della schiava con una lentezza esasperante, gli altri due servitori raccoglievano celeri le piume dal pavimento e, dopo averle ripulite il più possibile dal sangue della loro proprietaria, le depositavano cauti nelle ceste. più tardi le avrebbero lavate con acqua e cenere per evitare che si rovinassero e renderle pronte all’uso."
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Non evitare di amare per paura di soffrire.
Sarebbe come evitare di vivere per paura di morire.
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Mi prepari la colazione come ogni volta che resto a dormire la sera prima da te. Mi baci tra un ingrediente e l'altro. Finché non spegni tutto e mi prendi in braccio, mi porti in camera da letto e decidi che sono più buona dei pancakes che stavi preparando. I tuoi occhi sono così concentrati su di me e mi sorridi. Quel sorriso mi fa così bene. Restiamo a letto e mi racconti quando da piccolo andavi in montagna con i tuoi genitori e tuo fratello. Io ascolto con attenzione, per non perdermi neanche una virgola ed immagino un te bambino. Mi racconti con eccitazione tutte le cose che vorresti fare con me, ci butti un complimento in mezzo ogni tanto. Io cerco di tenermi un po' a distanza. Non fisicamente, ma con il cuore. Cerco di non dartene troppo, giusto un pezzetto. Dopotutto te lo sei guadagnato. Vivo la nostra relazione in punta di piedi. Tu invece sei così tranquillo, mi dici come ti senti a stare con me, mi dici quello che pensi, mi dici cosa ti piace. Io ascolto e mi godo la semplice felicità di essere lì, con te. Mi prendi la mano, mi carezzi i capelli, li respiri. Io mi sento bene. Mi dedico completamente a te e ad i nostri momenti insieme. Mi dico di aprirmi un po' e di parlarti di me, della mia vita. Me lo impongo. Tu sei sempre così onesto e sincero con me. Chi non ha paura? Chi non vuole evitare di soffrire? Ma tu mi scruti con i tuoi occhi azzurri ed hai sempre una risposta gentile. Tra le lenzuola ti dico ogni mio segreto, ogni mio pensiero e ti concedo pezzi sempre più grandi del mio cuore.
Ecco: ormai e tuo. Ma tu non sei qui.
Soffio sulle candeline. Accenno un sorriso. Avrei voluto fossi qui. Avrei voluto mi dicessi che ti sei sbagliato, che sono io. Che del mio cuore ti prenderai cura.
Anche se non sapevi dove fossi e cosa stessi facendo. Ho aspettato che lo scoprissi. Ho aspettato che arrivassi da un momento all'altro dicendo che ti dispiace. Dicendo che volevi stare con me. Che i pancakes per qualcun'altra non li potresti mai cucinare. Che i miei occhi verdi brillano alla luce del sole.
Io ti ho aspettato anche se tu non lo sapevi.
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la tristezza è il mio riposo, la rabbia la mia benzina
.
serena per mia apatia, sarò acqua in un'altra vita
per ora sono pazzia, la mia analista è in terapia
da quando mi odio, mi confesso
sono tua adesso, il tallone è scoperto
una striscia di sangue sopra il cartongesso
.
perdo peso e corpo
recco, svengo e dormo
pur di evitare di soffrire faccio la colpevole
per coprire e custodire questo nervo debole
un arbusto cagionevole che fa le spine spesse
per ferire chi lo pesta perché non l'ha visto bene
ora provo a star bene, ti amo e ti sta bene
mi ami e stiamo bene
sono la peggio beffa per chi sceglie di volermi
ma sono la meglio bestia per chi paga per vedermi
.
cos'è che ti manca?
cos'è che mi manca?
non lo so
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13 LUGLIO 1954 moriva FRIDA KAHLO
Un corpo fragile e uno spirito indomito.
Una vita difficile, quella di Frida Kahlo, segnata dalla lunga malattia e da grandi passioni, vissute senza remore, incondizionatamente con tutta sé stessa, abbandonano al cuore la razionalità.
La passione per l’arte, quella per il suo Messico e l’amore tormentato per Diego Rivera, il compagno di una vita.
Quella di Frida è stata una vita breve ma ricchissima perché vivere col cuore non significa limitarsi a contare i giorni, i mesi o gli anni, ma significa contare le emozioni, perché la vita non è mera sopravvivenza. E non è vero che chi vive più a lungo vive di più.
Frida Kahlo è stata un’artista coraggiosa, capace di trasformare la sofferenza in ispirazione, le sconfitte in capolavori, plasmando opere che sono un urlo orgoglioso e potente alla sfida del vivere.
LA VITA E LE OPERE DI FRIDA KAHLO:
RIASSUNTO IN DUE MINUTI (DI ARTE)
1. Frida Kahlo (Coyoacán 1907 – 1954) è considerata una delle più importanti pittrici messicane. Molti la annoverano tra gli artisti legati al movimento surrealista, ma lei non confermerà mai l’adesione a tale corrente.
Fin da bambina dimostra di avere un carattere forte, passionale, unito ad un talento e a delle capacità fuori dalla norma. Purtroppo la sua forza di carattere compensa un fisico debole: è infatti affetta da spina bifida, che i genitori e le persone intorno a lei scambiano per poliomielite, non riuscendola così a curare nel modo adeguato.
2. La prova più dura per Frida arriva però nel 1925. Un giorno, mentre torna da scuola in autobus viene coinvolta in un terribile incidente che le causa la frattura multipla della spina dorsale, di parecchie vertebre e del bacino. Rischia di morire e si salva solo sottoponendosi a 32 interventi chirurgici che la costringono a letto per mesi.
Ha solo 18 anni e le ferite al fisico la faranno soffrire per tutta la vita, compromettendo irrimediabilmente la sua mobilità.
3. Durante i mesi a letto immobilizzata da busti di metallo e gessi, i genitori le regalano colori e pennelli per aiutarla a passare le lunghe giornate. Questo regalo darà avvio ad una sfolgorante carriera artistica.
La prima opera di Frida è un autoritratto (a cui ne seguiranno molti altri) che dona ad un ragazzo di cui è innamorata.
4. I genitori incoraggiano sin da subito questa passione per l’arte, tanto da istallare uno specchio sul soffitto della camera di Frida, così che possa ritrarsi nei lunghi pomeriggi solitari. È questo il motivo dei numerosi autoritratti dell’artista. Lei stessa dirà: “Dipingo autoritratti perché sono spesso sola, perché sono la persona che conosco meglio”.
5. Frida Kahlo nel 1928, a 21 anni, si iscrive al partito comunista messicano, diventando una convinta attivista. È in quell’anno che conosce Diego Rivera, il pittore più famoso del Messico rivoluzionario. Lo aveva incontrato per la prima volta quando aveva solo quindici anni (e lui trentasei), sotto i ponteggi della scuola nazionale preparatoria, mentre Diego stava dipingendo un murale per l’auditorium della scuola.
6. Nel 1929 sposa Diego, nonostante lui abbia 21 anni più di lei e sia già al terzo matrimonio. Inoltre Diego ha fama di “donnaiolo” e marito infedele. Il loro sarà un rapporto fatto di arte, tradimenti, passione e pistole. Lei stessa dirà: “Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego Rivera.”
7. Frida Kahlo ha avuto molti amanti (uomini e donne), tra cui il rivoluzionario russo Lev Trotsky e il poeta André Breton, ma non riuscì mai ad avere figli, a causa del suo fisico compromesso dall’incidente. Quando rimase incinta del primo figlio, Frida fece di tutto per portare avanti la gravidanza. Si dovette arrendere solo quando i medici la costrinsero ad abortire per evitare che perdessero la vita sia lei che il bambino.
8. Frida Kahlo e Diego potevano considerarsi una “coppia aperta”, più per le infedeltà di Diego che per scelta di Frida, che soffrì molto per i tradimenti del marito che ebbe persino una relazione con la sorella minore di Frida, Cristina.
Vista l’impossibilità di fare affidamento sulla fedeltà di Diego, i due decisero di vivere in case separate, unite tra loro da un piccolo ponte, in modo che ognuno di loro potesse avere il proprio spazio “artistico”.
9. Le opere di Frida kahlo sono spesso state accostate al movimento Surrealista, ma Frida ha sempre rifiutato tale vicinanza sostenendo: “Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni”.
10. L’album dei Coldplay Viva la vida or Death and All His Friends (2008) si ispira ad una celebre frase che la Kahlo scrisse sul suo ultimo quadro, otto giorni prima della sua morte a soli 47 anni per cause ancora non del tutto certe.
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È talmente difficile dimenticare, rinunciare a qualcuno e al suo intero mondo che adesso ho il terrore di aprire il mio cuore a qualcun altro.
Che senso ha innamorarsi se poi devo soffrire così dopo? Non è mai andata bene e ormai non ci credo più.
Quando mi lego a qualcuno lo faccio in maniera totale, tu diventi importante e il resto degli altri uomini sparisce. Amo totalmente e mai a metà, non so controllare i sentimenti né dosarli q.b. come nelle ricette.
Quindi perché rischiare ancora? Non ho potuto evitare di soffrire prima, cerco almeno di proteggermi da altre sofferenze.
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DELUSIONI D’amore
( o cosiddette)
De-ludere significa uscire dal GIOCO .
E qual è Questo gioco se non PLASMARE L’Immagine dell’altro fino a farla COMBACIARE CON L’idea che CI FA COMODO IN QUEL MOMENTO ?
Noi tutti che siamo stati in qualche modo FERITI dalla vita, pensiamo in fondo al cuore che gli altri ci DEBBANO QUALCOSA.
che debbano risarcirci, darci quel che ci è stato RUBATO NELL’ INFANZIA .
Questa cecità , o per dirla all’ orientale, quest’ignoranza di come STANNO REALMENTE LE COSE CI CONDUCE A indicibili sofferenze.
E credetemi ogni giorno visito tante persone e sono 11 anni che lo faccio e NULLA FA SOFFRIRE DI PIU’ le persone DI UNA RELAZIONE FINITA .
Ma cosa c’è Dietro tutta questa sofferenza?
Il NON VOLER VEDERE
non voler vedere che ognuno è
fatto come è fatto e NON È
Suo compito soddisfare i nostri bisogni.
figli
Fidanzati\e
Mamme
Padri
Amici
Mogli mariti colleghi
Nessuno e SOTTOLINEO NESSUNO NEANCHE QUELLI CHE PAGHIAMO sono TENUTI A SODDISFARE I NS BISOGNI INFANTILI FRUSTRATI .
Invece noi ce ne andiamo in giro dentro una bolla, una stratificazione di ferite e irrisolti:
E TRAMITE QUELLA INTERAGIAMO e piu’ quello strato e ‘ CEMENTIFICATO piu’ SPINGE L’altro a doversi adattare.
Hai mai sentito che in presenza di qualcuno FATICHI A SENTIRTI SCIOLTO E LIBERO ?
Beh quella persona ha una cementificazione di dolori nel suo campo energetico e quel materiale irrisolto NON TI PERMETTE DI VEDERE CHIARAMENTE CHI E COSA HAI DAVANTI .
Per questo è NOSTRO DOVERE guarire.
Per questo è nostro dovere ripulirci , a prescindere da chi o cosa abbia causato quel dolore ,
Per EVITARE DI FARE VIOLENZA AGLI ALTRI E A NOI STESSI ,
Per consentirci di VEDERE LE COSE E LE PERSONE PER QUELLE CHE SONO e non piu’ come Salva-vita o tranquillanti .
Una volta ripulito il campo , possiamo VEDERE E SCEGLIERE ma fino a quel Momento siamo sia VITTIME CHE CARNEFICI
Claudia Crispolti
#codipendenza #narcisismo #delusioni #relazioni #campoenergetico
Para Portadas illustrazioni
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non mi leggerai, e non mi interessa. ma scrivo comunque a te, come se lo stessi facendo, perché ho bisogno di liberarmi di queste parole e di questo fottuto sentimento che mi accompagna. mi dispiace quasi che tu ti sia comportato così, anche se al momento la rabbia è l’unica cosa che sento. sì, perché sono nera nei tuoi confronti, una persona che non sa cos’è il rispetto come te non me l’aspettavo, sopratutto da quanto ti ha sempre dato fastidio che le persone lo mancassero.
comunque vabe, sì, mi dispiace ma più per te che per me. perché spero ti vergognerai, prima o poi, di come mi hai trattato, contando quanto ho fatto e quanto avrei fatto per te, in caso ce ne fosse avuto l’occasione. ma vabe, l’occasione l’hai distrutta ogni giorno che abbozzavo e accettavo le tue scuse, per poi ritrovarmi a pezzi con tutto che fuoriusciva, ma io imperterrita dovevo sbatterci la testa pur di capire che non era il caso, che non siamo mai stati connessi realmente, perché io ero e sono ad un punto e tu ad un altro, quasi completamente opposto al mio. mi dispiace perché probabilmente ti ho creduto diverso, ma sai, la colpa non è quasi neanche tua, anche se ti sei posto in un modo che era completamente diverso da ciò che ti sei rivelato. dio, forse l’italiano stasera lo mando a puttane.
io non so, a volte penso di aver sbagliato qualcosa, ma continuo a ripetermi, per evitare di impazzire, che non ho sbagliato niente se non quando ho cominciato ad insistere per un confronto, perché tu avevi già deciso di chiudere in quel modo, mentre per me era indispensabile gyardarti negli occhi e farti capire non so, qualcosa, come il modo in cui mi hai fatto soffrire con quella dannata frase. chissà, forse è quella la tua vera natura, “ma poi non rompermi il cazzo dopo” come se l’unica cosa che avessi fatto fosse stata darti fastidio, e mi chiedo che ci sei stato a fa tre mesi accanto ad una persona che dai, ti ha solo rotto il cazzo. ma poi? ma poi mi devo pure sentire in difetto, perché sei sparito in un lampo, come se fossi dimenticabile, come se non avessimo condiviso niente, come se non fossi mai stata niente per te. e forse è proprio questo il problema nella mia testa, sapere di aver dato tanto ad una persona che neanche mi considerava.
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