#etica della sperimentazione
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Inquietanti esperimenti scientifici: un racconto di scienza e orrore
Gli inquietanti esperimenti scientifici hanno avuto un ruolo fondamentale nel progresso della conoscenza umana, permettendo scoperte che hanno cambiato per sempre il nostro modo di vivere. La ricerca, in molte delle sue forme, è stata il motore che ha spinto l’umanità verso l’innovazione. Tuttavia, dietro a molti dei traguardi raggiunti, si nascondono storie che sfidano le convenzioni morali e…
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Il progetto S.A.V.E. per contrastare l’abbandono della Valtellina
In Valtellina si sta lavorando alla produzione di nuove bevande, il sidro e la birra al lampone con l’obiettivo di contrastare l’abbandono del territorio e favorire l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. La Cooperativa Solares coltiva nella nuova serra-tunnel, acquistata grazie ai finanziamenti emessi dal bando ideeRete del Gruppo Assimoco, i frutti che sono utilizzati per aromatizzare la birra. In parallelo il birrificio Pintalpina della Cooperativa Elianto ha potuto installare Galileo, il nuovo macchinario che permette di recuperare la CO2 della fermentazione brassicola, evitando che si disperda nell’ambiente e dando vita a un nuovo modello di economia circolare. La sperimentazione del sidro effettuata lo scorso anno è partita da due ingredienti del territorio valtellinese: le mele red moon e granny smith, la cui raccolta è affidata alla Cooperativa Sociale agricola Il Gabbiano. Nel 2024 una seconda sperimentazione avrà luogo partendo invece da una mela più zuccherina: la mela pinova. Il risultato finale darà una bevanda a bassa gradazione alcolica con un colore ed un gusto ricercato e particolarissimo. La nuova birra al lampone del Birrificio Pintalpina è prodotta a Chiuro con i lamponi raccolti in terreni prima incolti e ora recuperati attraverso la coltivazione di 300 nuove piante a cura della Cooperativa So.la.re.s di Bormio. Con il progetto S.A.V.E. si mira a promuovere un’agricoltura etica, che opera nella logica dell’economia circolare, rispettando l’ambiente e limitando lo spreco alimentare, ma anche a promuovere e supportare l’integrazione sociale di persone svantaggiate e fragili, che possano ritrovare nel terreno agricolo una nuova possibilità di sentirsi parte di una comunità. Oggi il progetto S.A.V.E. ha permesso di attivare 8 tirocini professionali. Si vuole così facilitare la creazione di un sistema agroecologico per uno sviluppo e un’innovazione sostenibile. Read the full article
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n-indiadi
Redazione
07-10-2014La Fondazione di Bill Gates sta passando guai in India, come riportano Health Impact News, Economic Times India e VacTruth. La Corte Suprema indiana sta infatti indagando sull’ente del miliardario americano per sperimentazioni non corrette e illegali di vaccini sui bambini. Ma non solo.
Health Impact News e Economic Times India riportano come la Bill & Melinda Gates Foundation sia stata messa sotto accusa per questioni riguardanti i vaccini. Tutto è nato da un esposto presentato da alcuni cittadini indiani contro l’Oms, la Gates Foundation e il PATH (Program for Appropriate Technology in Health), accusati di avere sperimentato vaccini su una popolazione assolutamente non informata, vulnerabile e analfabeta, senza fornire né alle famiglie né alle ragazzine le informazioni idonee ad ottenere appunto un consenso informato, senza dare informazioni sui potenziali eventi avversi di quei vaccini e senza garantire alcuna sorveglianza postvaccinale. La notizia è stata resa pubblica in prima battuta dell’Economic Times India in un articolo con il quale si spiegava che erano stati effettuati test su 16.000 bambine di una scuola tribale nell’Andhra Pradesh, utilizzando il vaccino per il papilloma virus (HPV), nella fattispecie il Gardasil. Nel giro di qualche settimana l’inchiesta ha fatto il giro del mondo. Secondo l’articolo scritto da KP Narayana Kumar, entro un mese dalla vaccinazione molte delle bambine si sono ammalate e un po’ di tempo dopo cinque di esse sono morte. Altre due bambine sono risultate decedute a Vadodara, nel Gujarat, dove altre 14.000 ragazzine erano state vaccinate con un altro vaccino HPV, il Cervarix prodotto dalla GlaxoSmithKline (GSK). La cosa sconcertante che sarebbe emersa è che molti dei consensi informati erano stati firmati illegalmente o dai custodi delle residenze dove stavano le studentesse o da familiari analfabeti. Tutto ciò è stato scoperto solo quando gli attivisti dell’associazione SAMA, un gruppo a tutela della salute delle donne, ha deciso di investigare per scoprire cosa era accaduto. L’articolo spiega anche che 120 ragazzine sono state male, con sintomi che variavano dalle crisi epilettiche a forti dolori di stomaco, mal di testa e cambiamenti dell’umore. L’Economic Times ha riportato come ci siano stati anche casi di comparsa precoce del mestruo subito dopo la vaccinazione, forti sanguinamenti e crampi tra molte studentesse. La correlazione con la vaccinazione però è stata subito esclusa, senza nemmeno indagini approfondite, preferendo addebitare tutto a psicosi suicidarie, malaria, infezioni virali, eccetera. L’organizzazione che ha finanziato lo studio era proprio la Gates Foundation che però definì quel progetto come un autentico successo. E proprio sulla base di quelle affermazioni, l’Oms, la International Federation of Gynaecology and Obstetrics e la Federation of Obstetric and Gynaecological Societies of India hanno raccomandato la vaccinazione come di provata sicurezza ed efficacia come misura preventiva del cancro alla cervice. I firmatari dell’esposto alla Corte Suprema indiana hanno anche sostenuto come non sia la prima volta che accadono fatti del genere.
Nel dicembre 2012 nel piccolo villaggio di Gouro, nel Chad, 500 bambini sono stati chiusi dentro la loro scuola e, da quanto ricostruito sempre dai giornali e dall’associazione americana VacTruth, costretti a ricevere il vaccino per la meningite A senza che i genitori sapessero nulla. Il vaccino non era ancora stato autorizzato poiché doveva ancora passare attraverso le fasi tre e quattro della sperimentazione. Nel giro di qualche ora 106 bambini cominciarono ad accusare mal di testa, vomito, convulsioni gravi e paralisi. Stando alle ricostruzioni, hanno dovuto attendere una settimana l’arrivo di un medico, mentre il personale che aveva somministrato loro il vaccino continuava a vaccinare altre persone nel villaggio. Quando poi il medico è arrivato, ha ammesso di non poter fare più nulla per quei bambini. I fatti sono stati riportati da un piccolo quotidiano locale, La Voix, secondo cui alcuni bambini sono poi stati trasferiti all’ospedale a N’Djamena, capitale del Chad. Molti di essi sono ritornati al villaggio senza una diagnosi e alle famiglie pare sia stata data una somma di denaro, senza alcun documento firmato ma dopo aver ribadito che non si era trattato di danno dovuto al vaccino. L’unica televisione che ha parlato di questi bambini è stato un canale locale, chiamato Tchad, che ha mostrato anche il primo ministro mentre faceva loro visita in ospedale.
Spostiamoci in Pakistan e andiamo a leggere cosa scrive l’Express Tribune da Islamabad. E’ stata messa in piedi un’inchiesta governativa che ha scoperto come “il vaccino antipolio per bambini finanziato dalla Global Alliance for Vaccination and Immunisation stia causando morti e disabilità in alcune regioni, tra cui il Pakistan”. Addirittura la Prime Minister’s Inspection Commission (PMIC) avrebbe raccomandato al primo ministro Yousaf Raza Gilani di sospendere immediatamente tutti i tipi di vaccino forniti dal GAVI. Secondo l’Express Tribune, le principali vaccinazioni incriminate erano l’antipolio e il vaccino pentavalente che si sospettano essere la causa di morti e disabilità in Pakistan, India, Sri Lanka, Bhutan e Giappone. Da sottolineare come il GAVI sia finanziato dal Bill and Melinda Gates Children’s Vaccine Program, dalla International Federation of Pharmaceutical Manufacturers Association, dalla Rockefeller Foundation, dall’United Nations Children’s Fund (UNICEF), dall’Oms e dalla Banca Mondiale. Il rapporto della commissione asseriva poi che i vaccini non risultavano testati in laboratorio per confermarne efficacia e sicurezza.
Ma non è finita qua. Nel 2012 Ramesh Shankar Mumbai, redattore per il sito web Pharmabiz, ha riportati come due medici indiani avessero accusato la Gates Foundation e l’Oms di mancanza di etica. Mumbai ha raccontato come i dottori Neetu Vashisht e Jacob Puliyel del Dipartimento di Pediatria del St. Stephens Hospital a Delhi avessero lanciato dure accuse in uno studio comparso nell’aprile di quell’anno sull’Indian Journal of Medical Ethics rimproverando una totale mancanza di trasparenza. Gli autori dello studio facevano notare come l’incidenza di paralisi flaccida fosse aumentata in proporzione all’aumentare delle dosi di vaccino antipolio somministrate e come i bambini con quel tipo di paralisi avessero un rischio doppio di morire rispetto al rischio prodotto dalla polio dovuta a virus selvaggio.
Nel 2013 appare un altro articolo sul sito web Occupy Corporatism, scritto da Susanne Posel, secondo cui il GAVI stava usando un vaccino non testato sui bambini pakistani causando innumerevoli morti.
Anche ammettendo che nelle ricostruzioni fatte da giornalisti e medici ci siano imprecisioni o elementi ancora non del tutto confermati, pare possibile ignorare fatti come questi? O non dovrebbero invece indurre chi prende certe decisioni a mettere in discussione approcci e sistemi?
Referenze
http://healthimpactnews.com/2014/bill-melinda-gates-foundation-vaccine-empire-on-trial-in-india
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Attenzione: traspare una perversa intenzione, sotto scusa di pandemie definite a tavolino, imporre vaccinazioni obbligatorie a massa di italiani. Se un buon numero di pecore si presta al gioco, il lupo può mangiare tutte le pecore. Ovviamente non si parla qui di vecchi, veri vaccini, scoperti da veri scienziati, quando esisteva l'etica. Qui si parla di business, di lobby dei vaccini mortiferi. Basterebbe conservare il diritto sacro a non consentire di mettere le mani sui nostri nonni, figli e nipoti, alcuni dei quali bruciati a Bergamo (indagate sul perchè). Le precedenti pandemie, rivelatesi bufale (documentatevi), non sono riuscite in ciò, i vaccini comprati 24 milioni di cui solo 1 milione usato nella Italia, luogo di sperimentazione dell' "ordine" mondiale della salute Bill Gates e compagni di merende, e...i vaccini avanzati indovinate a chi hanno cercato di venderli? All'Africa. Voi notate oggi molta etica nella medicina? Evidentemente no, essa è oggi un business. Purtroppo i nostri giovani medici spesso sono attratti dai soldi, non dal giuramento di Ippocrate, che non sanno neanche chi sia, spesso. Ergo, se volete un futuro per il vostro paese, rifiutate assolutamente ogni obbligo, a cui gradatamente stanno abituandoci, chi? Lo sapete e lo vedete se stupidi non siete. Non siatelo, stupidi, :). Notte serena ma ....svegli. Divulgate a tappeto in tutti i social e studiate studiate studiate, pecorelle belle.
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Un’equipe di scienziati che tenta di impiantare una delle tipologie di DNA più evolute nell’enzima di fermentazione dello yogurt. Una scienziata facente parte del progetto che ruba questo enzima e lo usa per produrre yogurt in casa. Uno yogurt senziente e razionale che prende il controllo politico dell’Ohio e crea una società perfetta dal punto di vista economico e sociale. Sempre lo stesso yogurt che a causa dell’incapacità degli essere umani, si autoproclama presidente degli Stati Uniti. Sembra una storia davvero bizzarra, è la trama di uno dei 18 episodi della recente serie TV distribuita da Netflix: Love Death + Robots. E’ una serie animata antologica per adulti. E’ stata creata da Tim Miller, e prodotta da Joshua Donen, David Fincher Jennifer Miller e Tim Miller. Ogni episodio è a sé stante e consiste in una sperimentazione sia stilistica che, verrebbe da dire, concettuale. In effetti non solo da episodio a episodio ci troviamo di fronte a una molteplicità di stili di animazione (da quella classica alle più moderne forme di CGI) ma ci vengono forniti anche infiniti spunti di riflessione su svariate tematiche. Da temi più intimi e psicologici a problemi politici riguardanti il futuro della razza umana. “Il dominio dello yogurt”, così si intitola l’episodio che sopra ho cercato di riassumere e che ora cercheremo di analizzare è incentrato sul tema della politica. Più nello specifico sul rapporto tra l’uomo e la politica con tutte le problematiche etiche che ne derivano
L’essere umano e la politica
Uno degli aspetti che più fa riflettere, durante questo episodio è il modo in cui lo yogurt conquista il potere diventando presidente di una nazione. Egli semplicemente offre all’attuale presidente le istruzioni per eliminare il debito pubblico in un solo anno. A patto però che le sue indicazioni vengano seguite alla lettera, cosa che ovviamente non accade. Allora lo yogurt si trova costretto ad assumere il potere per salvare l’intera popolazione da una gravissima crisi, innestata dalla stupidità dei politici. Il fatto che un prodotto come lo yogurt, che sostanzialmente è un oggetto ma che in questo caso è stato dotato di razionalità, riesca là dove l’essere umano aveva fallito mette in luce molti aspetti interessanti. Innanzi tutto evidenzia come l’uomo che pure è il creatore della politica non sia adatto alla pratica di questa attività. E il motivo è semplice, come dice lo yogurt al presidente: “I vostri esperti sono troppo coinvolti per poter risolvere il problema”. L’uomo non riesce nella politica, intesa come scienza che si occupa della realizzazione del bene comune, perché troppo influenzato da interessi privati e particolari. Nel corso di tutta la storia c’è stato questo contrasto tra bene pubblico e bene privato e quasi tutti maggiori pensatori si sono espressi a favore di una promozione dell’uno o dell’altro. Ciò però su cui tutti i filosofi che si sono occupati di tale tematica, sono d’accordo è la stretta relazione e implicazione tra politica e bene comune. Detto in altre parole: il politico deve occuparsi del bene della comunità senza essere distratto dall’interesse privato.
La politica nella Repubblica di Platone: perché si arriva alla tesi comunitaria
Platone, nella Repubblica, cerca di esprimere esattamente questa tesi quando delinea la divisione dei ruoli nel suo progetto di società. Il filosofo ateniese era consapevole infatti di come gli interessi privati potessero rovinare la gestione politica della città ed era conscio anche della difficoltà dell’uomo nel resistere a queste inclinazioni. Chi meglio di lui d’altronde poteva saperlo, era stato affascinato per un momento dall’idea di intraprendere la carriera politica, ma deluso per la condanna di Socrate (maestro di Platone), abbandonò questa strada. La politica resta comunque l’interesse maggiore di Platone ed è presente nella sua riflessione anche quando apparentemente l’ambito di indagine del filosofo sembra essere di tutt’altro tipo. La sua opera politica per eccellenza è la Repubblica, la quale contiene espresso appieno il problema delle inclinazioni private nel contesto politico e cerca di fornirne una soluzione. Nel tentativo di risolvere questo difficile rapporto, Platone arriva a teorizzare quello che oggi, in maniera non del tutto corretta, è noto come: comunismo platonico. Per il filosofo ateniese insomma, la soluzione a tutti i problemi non sarebbe arrivata da uno yogurt dotato di razionalità ma da una società giusta, laddove con giusta si intende ben equilibrata. Perché possa essere realizzata la Kallipolis platonica devono darsi tre condizioni e una di queste riguarda proprio l’idea che le classi superiori,dei governanti e dei guardiani, mettano in comune i loro beni.Il politico deve occuparsi della città ed essendo la privatezza la prima ragione delle inclinazioni private, egli non dovrà possedere nulla. Questa tesi comunitaria ovviamente non è da intendersi come germe di un comunismo marxista ma ha valenza semplicemente etica. Se l’essere umano non riesce a non perseguire i suoi interessi privati, come sostiene lo yogurt di Love Death + Robots, allora la soluzione sarà quella di fare in modo che non possegga nulla.
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Come immagino si capisca, io disprezzo il pensiero scientifico. Il che è diverso dal disprezzare la scienza - che è solo una collezione di metodologie - ma anche diverso dal disprezzare lo scientismo - che ugualmente disprezzo, ma non significa granché visto che il termine già implica una connotazione negativa. Disprezzo la visione della realtà come un sistema chiuso e regolare di cause ed effetti retto da relazioni interne costanti sulle quali è possibile esprimere valutazioni non soggettive. Siccome il mio disprezzo è strutturale ed indipendente dal fatto che venga scoperta la bomba atomica o la cura per il cancro, trovo futile spolverarlo quando succedono cose particolarmente sgradevoli come la clonazione delle scimmiette in Cina. L’evento, però, mi ha colpito a livello emotivo più che intellettuale. Ho ripensato a Emmanuel Levinas: Il volto si sottrae al possesso, al mio potere. Nella sua epifania, nell’espressione, il sensibile, che è ancora afferrabile, si muta in resistenza totale alla presa. Questo mutamento è possibile solo grazie all’apertura di una nuova dimensione. Infatti la resistenza alla presa non si produce come una resistenza insormontabile, come durezza della roccia contro cui è inutile lo sforzo della mano, come lontananza di una stella nell’immensità dello spazio. L’espressione che il volto introduce nel mondo non sfida la debolezza del mio potere, ma il mio potere di potere.
Sono le parole perfette: il volto di questi animali, pur nella condizione della cavia che sopprime l’alterità in funzione dell’asservimento al meccanismo autoreferenziale della sperimentazione, continua comunque a contrapporre al nostro potere di potere la propria identità e la propria unicità. In nessun modo possiamo obliare questa presenza che ci chiede silenziosamente di fermare la violenza, di non uccidere l’inerme, nonostante la moltiplicazione del nostro potere su di lui. Il volto, dell’animale, dell’uomo, di Dio, rimane unico e altro, la sua percezione è l’atto sovranamente umano del quale il pensiero scientifico non può rendere conto, e contro il quale si scaglia e infine si infrange.
È piuttosto comune, per i difensori della sperimentazione animale e del pensiero scientifico in generale, rifugiarsi dietro una cruda etica benthamiana del maggior beneficio per il maggior numero - fatto ironico, visto che Bentham ha introdotto in Occidente il dibattito sui diritti degli animali, ma nemmeno troppo, visto l’orrore intrinseco a qualsiasi etica utilitaristica e a qualsiasi discorso che, come ricorda Simone Weil, separi il diritto dal sacro. Ho sempre trovato quegli argomenti di una stupidità disarmante, nella misura in cui assumono già come premessa ciò che tentano di dimostrare.
Ovvero, un paradigma formulaico della vita umana, misurabile in salute, potenza, benessere materiale. Dalla mia centralità agnostica, però, io vedo da una parte la schiava Blandina, che nel secondo secolo va incontro al martirio cantando, e dall’altra il reparto di terapia intensiva di un ospedale. Quale di queste due immagini mi sosterrà davanti alla disperazione della morte? Non posso scegliere, perché la prima mi è stata sottratta. La vittima di quello che gli imbecilli chiamano progresso non è la tradizione: è il pensabile.
Se fossi malato vorrei essere curato, nonostante il disgusto che provo di fronte all’idea di rendermi complice del sistema. Ma solo perché ho paura. Se potessi, vorrei non aver paura. Se potessi ancora pensarlo, vorrei un mondo in cui fosse possibile non essere disperati - il disperato che non sa di essere disperato, nei termini di Kierkegaard. Ma mi è impossibile pensarlo, nel gelo del mio necessario agnosticismo. Il mondo moderno è una prigione da cui nemmeno l’immaginazione può evadere.
Credo che il concetto di professione disabilitante, usato da Ivan Illich per denunciare i pericoli di una società iperspecializzata, possa essere applicato all’intera modernità. Il “progresso” è disabilitante perché offre farmaci contro la disperazione dopo averla resa inevitabile: una medicalizzazione non solo del corpo umano, ma dell’essere umano nella sua totalità.
Le scimmiette in Cina sono state modificate geneticamente per sviluppare l’insonnia. C’è questa immagine da supplizio infernale, i loro occhi da lemure spalancati eternamente contro di noi. Il volto dell’ucciso che si muta nella condanna, il volto di Cristo giudice. L’esperimento, si legge, serve a sviluppare nuove terapie contro la depressione. Se non fossimo diventati dei mostri, forse, non ne avremmo avuto bisogno.
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Bologna, parte la stagione al Teatro delle Moline
Bologna, parte la stagione al Teatro delle Moline. La stagione 2022-2023 del Teatro delle Moline di Bologna si apre all’insegna della multidisciplinarietà con Hamlet Puppet, uno spettacolo di musica, parola e movimento, della coreografa e danzatrice Michela Lucenti, in scena da giovedì 10 a domenica 13 novembre 2022 nell’ambito di Carne, la rassegna di danza dedicata alla drammaturgia fisica di ERT / Teatro Nazionale, curata da Lucenti stessa. La performance è una coraggiosa sperimentazione nata dall’incontro tra la coreografa, il musicista Paolo Spaccamonti, la regista e autrice Giorgina Pi e il sound designer Valerio Vigliar. Una produzione Balletto Civile Bluemotion/Angelo Mai, Blucinque, in collaborazione con Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale. Hamlet Puppet è una ballad-perfomance che affronta le vicende di Amleto ma dal punto di vista del fantasma del padre. Quando lo spettro arriva sembra un diavolo in carne ed ossa e la sua ambiguità riflette la confusione generale dei personaggi. Ergendosi sopra un podio radiofonico, declama il famoso monologo della fine del primo atto, che in scena viene indagato, decostruito e ri-assemblato. L’orrendo tradimento del fratello e della moglie viene infatti rivelato per frammenti che si tramutano nei refrain di un cupo disco in stile Nick Cave. Lo spirito chiederà al giovane principe di seguirlo e vendicarlo, ma cosa significa vendicare un padre? Amleto, a sua volta fantasma di se stesso, diviene un fantoccio del teatro, un ectoplasma, uno spaventapasseri che prende vita e guarda il mondo da un nuovo punto di vista. Un personaggio che solleva alcune domande cruciali: il peso dei padri ricade su ognuno di noi? Quante volte ci chiediamo se sia meglio essere o non essere, forse dormire. Ma è ancora questo il problema? Attraverso un linguaggio ricco e ibrido che unisce immagini, musica, canto, recitazione e danza, il pubblico è invitato a ragionare attorno al significato di essere eredi, ma anche all’essenza della vita e dell’arte. In un’installazione avvolta da una sonicsphere - generata dalle distorsioni elettriche di una chitarra- cardiogramma - la scena è immersa in un flusso continuo di suoni da cui nascono brani e ritornelli che si fissano nella testa dello spettatore. In questo ambiente sonoro, Amleto danza in maniera ossessiva e frammentata, ma sempre mantenendo alta la guardia, sempre con la speranza che lo spettro riappaia. Michela Lucenti (1971) conosce la compagnia di Pina Bausch attraverso i suoi danzatori Beatrice Libonati e Jan Minarik e alla Scuola del Teatro Stabile di Genova incontra la ricerca di Jerzy Grotowski negli insegnamenti di Thomas Richards. Dopo l’esperienza de L’IMPASTO Comunità Teatrale Nomade, nel 2003 fonda Balletto Civile, progetto artistico animato da una forte tensione etica. I primi lavori sono sostenuti e prodotti da CSS / Teatro Stabile d’Innovazione del FVG. Tra il 2005 e il 2007 la collaborazione con Valter Malosti ha portato alle creazioni The Sound of a Voice di Philip Glass, Disco Pigs di Enda Walsh, Nietsche/Ecce Homo, Macbeth e Venere e Adone da Shakespeare. Nel 2007 Ismael Ivo (al tempo direttore della Biennale Danza di Venezia) la chiama nello spettacolo Il mercato del corpo, e le commissiona Creatura (2008). Dal 2009 al 2014 la ricerca e la produzione di Balletto Civile sono sostenute da Fondazione Teatro Due di Parma: in questi anni nascono spettacoli di successo tra cui How long is now e Il Sacro della Primavera. Balletto Civile ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui il Premio ANCT (2010 e 2012); il Premio Hystrio Corpo a Corpo (2016); il Premio Danza&Danza come Miglior Produzione dell'anno 2017 con Bad Lambs; il Premio rete Critica 2020 - sezione Danza e immagini con M.A.D. Museo Antropologico del Danzatore; il Premio Ivo Chiesa Miglior Coreografia nel 2021. Dal 2022 Michela Lucenti è artista associata di ERT / Teatro Nazionale, per cui cura la rassegna Carne. A ottobre 2022 ha debuttato all’interno di VIE Festival e Carne con il nuovo spettacolo Karnival insieme alla sua compagnia Balletto Civile, produzione ERT. Giorgina Pi si specializza a Parigi, conciliando l’interesse per il teatro e i gender studies. Autrice di saggi e articoli, regista, attivista, videomaker, femminista, fa parte del collettivo artistico Angelo Mai. Con il gruppo Bluemotion realizza spettacoli e immagina ambientazioni, in un lavoro che coniuga arti della scena, ricerca visuale e musica dal vivo. Paolo Spaccamonti è un chitarrista e compositore torinese. La sua è una discografia ricchissima, con molte collaborazioni con eccellenze del panorama discografico musicale italiano e internazionale ai quali si aggiungono musiche per teatro, numerosi lavori per reading, televisione e varie sonorizzazioni dal vivo di film muti. Valerio Vigliar è compositore, performer e sound designer romano, da più di vent’anni attivo nel mondo del cinema, del teatro, delle arti performative e della discografia. Teatro Arena del Sole, via Indipendenza 44 – Bologna Prezzi dei biglietti: da 7 € a 15 € esclusa prevendita Biglietteria: dal martedì al sabato dalle ore 11.00 alle 14.00 e dalle 16.30 alle 19.00 Tel. 051 2910910 - [email protected] | bologna.emiliaromagnateatro.com... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Viviana Varese. La chef stellata dalla parte delle donne
https://www.unadonnalgiorno.it/viviana-varese/
Ho sempre cercato di fare entrare più donne possibili nella squadra, perché contrariamente allo stereotipo vigente, le donne creano un equilibrio diverso nel gruppo, che fa bene a tutti. Nel mio staff ci sono persone di varie provenienze, credo, orientamenti sessuali: lo ripeto, in cucina è fondamentale imparare a essere inclusivi perché nelle differenze si cresce. Ormai numerose ricerche, a livello internazionale, ci ripetono che un ambiente variegato favorisce la creatività. E noi donne lo sappiamo bene.
Viviana Varese è la chef patron di ViVa, il ristorante stellato con sede da Eataly Smeraldo a Milano.
Nata a Salerno nel 1974 è figlia di ristoratori, la sua formazione è stata inizialmente “tutta sul campo” e “tutta mediterranea“.
Ha fatto vari stage, tra cui uno al celebre ristorante di Gualtiero Marchesi, due stelle Michelin.
A soli 25 anni, nel 1999, ha aperto il suo primo ristorante, Il Girasole, nel lodigiano e continuato a seguire corsi professionali con grandi maestri e master specifici di alta pasticceria, specializzandosi soprattutto sul cioccolato.
Dall’incontro con Sandra Ciciriello è nato, nel 2007, il ristorante Alice a Milano che, in breve tempo, è diventato rinomato per la sua cucina a base di pesce e di carne di grande qualità e subito segnalato dalle più prestigiose guide italiane.
Nel 2010 è stata nominata giovane emergente dal Gambero Rosso e premiata come chef donna dell’anno da Identità Golose.
Nel 2012 ha ricevuto la prima stella Michelin.
L’anno successivo, Alice si è trasferito presso Eataly diventando ViVa.
La cucina di Viviana Varese è un mondo ricco di alchimie, coniuga tradizione mediterranea e sperimentazione, un mondo di gusti e profumi, di colori e invenzioni con materie prime di grande qualità. Col suo staff tutto al femminile, ha vinto una scommessa nel difficile mondo maschile della ristorazione.
Viviana Varese e Sandra Ciciriello hanno anche condotto una trasmissione televisiva su RealTime, La Chef e la Boss.
Fa parte del circuito Parabere, network mondiale delle donne del mondo della gastronomia, che si impegna a promuovere una cucina etica, inclusiva e che aiuti le donne a diventare protagoniste.
Durante il primo lockdown dovuto dalla pandemia di Covid-19, Viviana Varese, ha avuto un’idea brillante: ha aperto una gelateria e pasticceria artigianale che ha chiamato Io sono Viva, dolci e gelati, in cui ha coniugato la cultura del cibo con l’attività sociale.
Il bellissimo progetto le è valso il riconoscimento internazionale di Champion of change assegnatole da World’s 50 Best Restaurants che l’ha scelta fra i tre eroi e eroine non celebrate nel mondo della ristorazione.
Ha messo su una squadra di sole donne formata in collaborazione con Cadmi – Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate di Milano, il primo centro antiviolenza italiano, che da quasi quarant’anni aiuta chi ha vissuto violenza fisica, psicologica, sessuale, economica o stalking. L’obiettivo è ridare a queste donne dignità e indipendenza economica attraverso il lavoro e sostenere il centro a cui devolve un euro per ogni chilo di gelato venduto.
Io sono Viva, dolci e gelati è uno spazio gastronomico di alta qualità, ma soprattutto un inno alla vita, alla rinascita, alla gioia e alla condivisione
Nel suo staff, ha assunto tutte donne italiane e straniere fuoriuscite da percorsi di violenza.
Da imprenditrice virtuosa Viviana Varese ha capito che bisogna investire nella formazione di persone che tentano di uscire da contesti difficili, quali donne e persone rifugiate, per una questione di lungimiranza e di etica.
Ha già aperto anche il secondo spazio e non ci resta che augurarle tutto il meglio, perché se queste esperienze funzionano creano precedenti virtuosi per il raggiungimento dell’empowerment femminile.
Che dire, chiunque si trovi o viva a Milano, dovrebbe andare a comprare il gustosissimo gelato della chef virtuosa che aiuta le altre donne.
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A volte si tratta di riscoprire prima di tutto la gioia e la ricchezza del camminare insieme: in questo frastagliato orizzonte la Rete di Cooperazione Educativa “C’è speranza se accade @” (nata intorno al pensiero e all’amicizia di Mario Lodi e Gianfranco Zavalloni, ma anche alla pedagogia critica, tra gli altri, di don Lorenzo Milani, Maria Montessori, Célestin Freinet…), la redazione di Comune e l’Asilo Bosco Caffarella promuovono due giorni a Roma (sabato 6 e domenica 7 ottobre) di scambio e approfondimento all’interno di “Fabbrica di Roma ReAct”, festival multidisciplinare promosso dall’associazione Comunitaria all’ex Cartiera Latina (Via Appia antica 42). A questa iniziativa, parteciperà anche Lunaria, con un laboratorio sul
“Come possiamo creare un mondo nuovo dal basso nei territori dove viviamo e nelle scuole che frequentiamo ogni giorno? La scuola e più in generale l’educazione sono destinati soltanto a imitare il proprio tempo? È evidente: abbiamo bisogno di un apprendimento diverso e diffuso oltre le pareti delle classi, aperto al territorio e al mondo, per creare prima di tutto comunità di ricerca e sperimentare pedagogie interculturali. Esperienze, reti e libri dimostrano che, nonostante gli ostacoli, è comunque possibile e che non serve per forza attendere interventi dall’alto”. Qui di seguito il programma delle iniziative organizzate da Rete di Cooperazione Educativa, la redazione di Comune e Bosco Caffarella, nell’ambito di “Miraggi migranti”, alcuni laboratori e momenti di approfondimento rivolti a insegnanti, educatori e genitori dedicati ai nessi che legano accoglienza, condivisione ed educazione.
All’interno di Miraggi Migranti, domenica 7 ottobre, sarà promossa anche la videoproiezione del film “La mia classe” (di Daniele Gaglianone con Valerio Mastandrea nelle parti del maestro di una classe di immigrati, un viaggio tra finzione cinematografica e realtà). Interverrà Gino Clemente, sceneggiatore del film. La partecipazione a questa seconda iniziativa, fortemente legata ai temi di Miraggi migranti, sarà libera e gratuita.
SABATO 6
1) Lunaria. Prevenzione del razzismo (sab 6, ore 15/18) Alcuni casi esemplari (maturati dall’esperienza del Libro bianco sul razzismo e da Cronachediordinariorazzismo.org
2) Cemea. Le forme del gioco dal singolare al plurale (sab 6, ore 15/18) La lingua come contesto educativo
3) Asinitas. Fare scuola, fare pensiero, fare anima (sab 6, ore 15/18) La narrazione come strumento educativo
4) Ass. Altramente. Io leggo, dunque sono (sab 6, ore 15/18) Pezzettini (festa della lettura) tutto l’anno
5) Caritas di Roma (…) (sab 6, ore 15/18)
DOMENICA 7
6) Lìscìa Sulle tracce di Tik (dom 7, ore 10/13) Laboratorio di ludopedagogia “Tik” è un’assemblea politica, una ricerca e una sperimentazione che dal 2016 Liscìa porta avanti sul tema delle migrazioni con il metodo della ludopedagogia (giocare per conoscere conoscere per trasformare)
7) Ass. Matura Infanzia/Circ. G. Rodari La radio-scuola (dom 7, ore 10/13) Una radio per fare scuola fra oralità, tecnologia e scrittura Inventare, produrre, comunicare i saperi attraverso centri d’interesse, apprendimento cooperativo e grammatiche fantastiche. La radio-scuola fra oralità, tecnologia e scrittura
8) ZaLab. Flying Roots. Video partecipativo (dom 7, ore 10/13) La percezione delle identità, l’altro, lo straniero Videoproiezione dedicata a un progetto di cinema sociale che si è svolto nel quartiere Esquilino, dedicato ad adolescenti per lo più di seconda generazione.
9) Movimento di Cooperazione Educativa Il nome (dom 7, ore 10/13) Un buon avvio d’accoglienza di una persona è fare spazio nella testa al suo nome Il nome porta una confidenza e la confidenza porta a sentirsi a casa, anche quando la tua casa è lontana. Nel nostro nome rileggiamo storie familiari, gli affetti più intimi, l’infanzia. Ma ogni nome rimanda anche a una “cultura” e a una storia collettiva. Un viaggio tra gestualità, narrazioni, manipolazione di materiali e uso di linguaggi teatrali
10) Roberta Ventura. Alfabetizzazione al conflitto (dom 7, ore 10/13) Sperimentiamo la gestione nonviolenta del conflitto (interpersonale e sociale) Cosa si intende per “conflitto”? Da cosa nasce e a quali conseguenze può portare? Laboratorio/training con attività e giochi di simulazione sul conflitto a livello micro (relazioni interpersonali) e macro (quello che J. Galtung definisce “violenza strutturale”) e sulla gestione nonviolenta del conflitto secondo D. Dolci (laboratori di maieutica)
11) Anna Maria Bruni. L’altro di me (dom 7, ore 10/13) Tre ore di laboratorio teatrale per scoprire se stessi attraverso gli altri Siamo tutti connessi. Di più, ognuno è parte dell’altro. Dentro lo specchio io posso vedere una moltiplicazione esponenziale di me, che come cerchi nell’acqua appartengono al mio centro come io appartengo a loro. Posso lasciarmi incantare dal mio aspetto, preoccuparmene e occuparmene, e posso guardare oltre. Lo specchio è lì… Un laboratorio teatrale per scoprire se stessi attraverso giochi di relazione
12) Sabrina D’Orsi. Vivere semplice (dom 7, ore 10/13) Un incontro con l’autrice del libro “Vivere semplice. Con i figli, con se stessi” Un momento di confronto sulla necessità che i genitori facciano la loro parte a proposito di educazione interculturale, accoglienza, inclusione sociale, solidarietà con le scelte degli insegnanti.
13) Liberi Nantes. Pietralata open, giochi in campo (dom 7, pomeriggio) Giochi, sport, divertimento per tutti e tutte, migranti e non, grandi e piccoli Al campo Campo Sportivo XXV Aprile, Pietralata: un pomeriggio di giochi in campo. Una giornata all’insegna del gioco e del divertimento per tutte e tutti, bambini compresi. Palla in campo e giochi a sorpresa. Nel corso dell’iniziativa saranno presentati i risultati del nostro progetto Erasmus+ S(up)port Refugees Integration interamente dedicato alle donne migranti coinvolte con diverse discipline sportive
Per partecipare è necessario prenotarsi in anticipo (proposta quota/donazione di 10 euro a laboratorio-incontro, 15 euro per due laboratori-incontri, uno il sabato e uno la domenica). È possibile prenotare – a partire da martedì 11 settembre – con PAYPAL oppure con un BONIFICO (l’IBAN IT58X0501803200000000164164; Banca Pop. Etica, Roma; nella causale bisognerà indicare il numero di laboratorio-incontro scelto). Subito dopo occorre inviare una email a [email protected] segnalando nome, cognome, numero e titolo del laboratorio-incontro (per l’evento numero “13” promosso da Liberi Nantes, l’unico non ospitato all’ex Cartiera Latina di Via Appia antica, non occorre la prenotazione ma molta voglia di mettersi in gioco).
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29 gen 2021 12:19 1. PERCHÉ GLI STATI UNITI (PFIZER) E LA GERMANIA (BIONTECH) CONTINUANO AD ATTACCARE E SOLLEVARE DUBBI SULL’EFFICACIA DEL VACCINO DELL’AZIENDA ANGLO-SVEDESE ASTRAZENECA (SECONDO LA GERMANIA EFFICACE SOLO PER LE PERSONE DI ETÀ COMPRESA TRA 18 E 64 ANNI)? 2. L’ERRORE DEL VACCINO SVILUPPATO DALL’UNIVERSITÀ DI OXFORD INSIEME ALL’ITALIANA IRBM DI POMEZIA NON È NELLA PROCEDURA DELLA SPERIMENTAZIONE CLINICA MA DI AVER FISSATO UN PREZZO DI € 2,80 A DOSE, IMPORTO CHE SOVVERTIVA IL MERCATO DEL FARMACO OCCIDENTALE 3. L’ANTIDOTO DI ASTRAZENECA, PRONTO A OTTOBRE 2020, FU “CONGELATO” DALL'EMA: CHI AVREBBE COMPRATO IL VACCINO PFIZER-BIONTECH A 20 EURO A DOSE (CON TRASPORTO A -80 GRADI) MENTRE UNA DOSE DI OXFORD COSTA 2,80 EURO E SI PUÒ DISTRIBUIRE IN FARMACIA COME L’ANTINFLUENZALE? UNA INDECENTE GUERRA DA 50 MILIARDI DI DOLLARI SULLA NOSTRA PELLE
(ANSA) - BRUXELLES, 29 GEN - "Vogliamo pubblicare oggi" il contratto con AstraZeneca. "Stiamo discutendo con la società di quali parti devono essere oscurate".
Lo ha detto la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, parlando all'emittente tedesca Deutschlandfunk
(ANSA) - BERLINO, 29 GEN - La Germania si aspetta un'approvazione di AstraZeneca da parte dell'Ue, ma con delle limitazioni. Lo ha detto il ministro della Salute tedesco, Jens Spahn, in conferenza stampa a Berlino.
DAGOREPORT - IL FILM DEL VACCINO ASTRAZENECA
Alcuni giornali tedeschi, tra cui Handelsblatt e Bild, citando fonti del governo di Berlino - che ovviamente subito è stato costretto a smentire - hanno scritto che il vaccino di Astrazeneca avrebbe una efficacia addirittura dell’8% sugli anziani over 65.
L’azienda ha subito risposto che tali affermazioni “sono completamente sbagliate” ed ha aggiunto: “a novembre, abbiamo pubblicato dati su ‘’The Lancet’’ che dimostrano che gli anziani hanno mostrato forti risposte immunitarie al vaccino con il 100% che produceva anticorpi specifici contro la proteina Spike del Coronavirus, Sars-Cov2 dopo la seconda dose”.
La notizia pubblicata è talmente incredibile che si stenta a credere che due giornali ritenuti seri possano averla stampata. Ma perché, allora ci chiediamo, questi tabloid tedeschi, anche autorevoli, dopo quelli americani che hanno lanciato attacchi forsennati contro Astrazeneca, continuano ad attaccare e sollevare dubbi sull’efficacia del vaccino dell’azienda anglo-svedese?
Perché tanto livore su un siero che ormai è già stato approvato in molti stati come Inghilterra e India ed è stato inoculato a milioni di persone senza evidenziare alcun effetto collaterale degno di nota e su cui, ormai, sono in arrivo non dati sperimentali, ma report di grandi campagne vaccinali? Perché un trattamento tanto acrimonioso, astioso e malevolo da parte della stampa americana e tedesca?
Dagospia si è fatti un’idea. Sbagliata forse, ma è la nostra idea maturata dopo una serie di riflessioni su fatti concreti. La colpa di Astrazeneca non è quella di avere fatto errori nella procedura della sperimentazione clinica. Tutte le menate sulla mezza dose, la dose intera e le altre amenità criticate dalla stampa americana e tedesca sono il dito che indica la luna.
Astrazeneca non è una startup di ragazzini speranzosi, ma una multinazionale con centinaia di testi clinici all’attivo. L’idea che ci passa nel cervello, quindi, è che l’errore vero di Astrazeneca sia stato solo di aver fissato un prezzo di € 2,80 a dose, importo che sovvertiva il mercato del farmaco occidentale.
Che i russi e i cinesi vendessero il vaccino a pochi euro e usassero quell’arma per aumentare la loro influenza politica nelle aree povere del pianeta era ed è una cosa scontata e quindi accettabile e accettata dai potenti del mondo occidentale.
Ma che nelle due aree ricche del mondo, USA ed Europa, una multinazionale farmaceutica rompesse le regole del mercato in nome di una convinzione etica, danneggiando gli interessi di chi sul pianeta può ciò che vuole, era ed è una cosa intollerabile.
Prima riflessione: quali governanti occidentali avrebbero potuto comprare una sola dose del vaccino di Pfizer (americana)–Biontech (tedesca), con un prezzo di 15/20 euro a dose ed una logistica pazzesca, se fosse arrivato sul mercato prima o contemporaneamente al loro vaccino quello di Astrazeneca che costa € 2,80 a dose e si può distribuire in farmacia come l’antinfluenzale?
I cittadini li avrebbero inseguiti con i forconi, perché stiamo parlando per un miliardo di dosi di un costo di 15/20 miliardi di euro all’anno contro 2,8 miliardi. Un sovrapprezzo di una quindicina di miliardi, (ripetiamo, miliardi) di euro. (Praticamente il costo di una finanziaria di uno stato ricco).
Oltretutto, Pfizer e Biontech hanno il passaporto della prima potenza economica e militare del mondo e della potenza padrona dell’Europa. Astrazeneca invece è protetta da quel sovranista trumpiano, brutto sporco e cattivo, di Boris Johnson che è fuori dell’Europa ed ha perso il grande alleato che doveva accompagnarlo ad una Brexit felice, sostituito dall’amministrazione Biden di tutt’altro umore nei suoi confronti.
Ma hanno dimenticato che Boris Johnson è stato il primo a credere nel vaccino che stavano sviluppando l’Università di Oxford insieme all’italiana IRBM di Pomezia. A febbraio 2020 il governo inglese ha finanziato la ricerca ed a maggio ha firmato il contratto con Astrazeneca, (a cui era stato conferito il ruolo di produrre e distribuire il vaccino su scala globale), per una fornitura di 100 milioni di dosi prodotte in laboratori inglesi che il governo stesso aveva subito riunito in Consorzio.
L’unione europea si è svegliata solo ad agosto 2020 quando ha visto che Astrazeneca era vicina alla conclusione della sperimentazione clinica di Fase 3 con almeno tre mesi di vantaggio su tutti i concorrenti. E qui casca l’asino.
Infatti, se già era intollerabile che nei libri di storia piantasse la bandierina del primo vaccino anticovid una multinazionale inglese e non una americana, sicuramente sarà apparso troppo, troppo “irritante” che questo vaccino costasse 2,80 euro a dose.
E, guarda caso, subito è cominciata sui giornali americani e poi tedeschi la menata dell’efficacia più o meno giusta per gli anziani, i neonati e le fanciulle in fiore e poi la denuncia dei presunti errori nella sperimentazione, nella conferenza stampa di presentazione dei dati etc. etc., anche se ancora oggi l’unica multinazionale ad aver pubblicato i dati di Fase 3 su una rivista scientifica di primordine come ‘’Lancet’’ è proprio Astrazeneca.
Ma nel frattempo è cominciato lo stillicidio delle interviste, delle dichiarazioni e degli annunci di “fonti autorevoli” che distillavano dubbi, sospetti e supposizioni sul vaccino di Oxford. Il tutto prontamente ripreso e amplificato da giornali e TV e fatto proprio dall’esercito di professori, veri o finti, virologi, epidemiologi, microbiologi, infermieri e portantini che in emozionate interviste parlavano e parlano, parlano, parlano e affermano la qualunque, ovviamente spesso riprendendo, (forse talvolta su commissione), i dubbi sull’efficacia del vaccino Astrazeneca.
E quindi l’obiettivo di lorsignori è stato raggiunto. Il virus del dubbio è stato inoculato nelle coronarie del sistema informativo occidentale.
Ma, all’improvviso, solo dopo che Pfizer/Biontech avevano fatto il pieno di ordini d’acquisto a 15/20 euro a dose, olé!, l’Europa si è ricordata che c’era il vaccino di Astrazeneca: il processo di autorizzazione quindi è stato finalmente velocizzato, cominciando la pantomima della faccia feroce con la multinazionale in nome della tutela dell’interesse alla salute dei cittadini europei.
Alla Commissione europea hanno dimenticato che a febbraio e maggio 2020, mentre il governo inglese pagava la ricerca del vaccino A2D1222, loro dormivano, ovviamente senza ricordarsi del vero e proprio boicottaggio che Astrazeneca ha subito e continua a subire da sei mesi, pur potendo il vaccino essere approvato a ottobre scorso con ovvia accelerazione della produzione.
E poi ci scandalizziamo delle cose assurde che accadono nei regimi dittatoriali nella convinzione che certe cose nelle democrazie occidentali non possano accadere. E allora la conclusione che ci scappa è una sola: approvate questo vaccino sperando che arrivi prima possibile in farmacia e per cortesia piantatela con le fake sull’efficacia 8% o 80% o 100%. I cittadini non sono stupidi. E se verrà approvato con la limitazione delle persone over 65 tutti sapremo il perché c’è quel detto: “follow the money”.
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Chiedete sempre il consenso informato.
Cronaca
Virus, l'unico italiano nel team del vaccino cubano: "Pronto entro metà 2021, sarà pubblico e gratuito"
di Matteo Pucciarelli
L'immunologo Fabrizio Chiodo, 35 anni: "A Cuba su 11 milioni di persone, ci sono stati 145 morti. E la percentuale di guariti è del 92,5 per cento, tutti curati con farmaci homemade, visto l'embargo che dura da 58 anni. Nel tempo il Paese, a causa dell'isolamento, si è creato un arsenale biotecnologico di livello"
26 DICEMBRE 2020
3 MINUTI DI LETTURA
Fabrizio Chiodo, siciliano di Palermo, ha 35 anni ed è l'unico straniero che sta lavorando nel team statale cubano alla ricerca dei vaccini contro il Covid-19. Professore di Chimica e immunologia dei carboidrati all'Avana, una lunga esperienza in Spagna e poi in Olanda, è da poco rientrato in Italia al Cnr di Pozzuoli. Causa restrizioni ai viaggi, i lavori li segue da lontano, quindi. "Entro metà 2021 anche Cuba avrà il suo vaccino, pubblico e gratuito", racconta.
Adesso a che punto siete?
"Ci sono quattro vaccini cubani disegnati, sviluppati e testati in sperimentazione sui 57 nella lista dell'Oms. Cuba produce il 90 per cento dei vaccini che vengono somministrati alla propria popolazione, l'esperienza di decenni di ricerca pubblica è fondamentale. Personalmente sto lavorando al Soberana 1 e al Soberana 2, che significano "sovrana", dei quattro sono quelli più avanzati nello sviluppo".
In quale fase si trovano i due Soberana?
"Contiamo di terminare la fase 3 entro i primi tre mesi nel 2021. Ovvero il clinical trial in umano, dove si misura l'efficacia del vaccino, per poi cominciare con la campagna vaccinale da giugno 2021, utilizzando formulazioni e targeting diversi in base all'età della popolazione".
Che filosofia scientifica state seguendo?
"In pratica è stato cambiato un solo "pezzettino" della formulazione di vaccini pre-esistenti, utilizzando quindi molecole già presenti in altre formulazioni. Cuba ha l'unico vaccino bivalente contro meningococco B e C, esiste da 14 anni, la base come adiuvante è quella. Doveva essere una tecnologia altamente scalabile, che se ne potessero produrre molte dosi quindi, stabile a temperatura diverse, utile sia in ambito pediatrico che nelle persone anziane. Quindi invece di sviluppare un vaccino tutto daccapo, abbiamo sfruttato quel che già c'era".
A Cuba la pandemia quanti morti ha fatto?
"Su 11 milioni e mezzo ci sono stati 145 morti, relativamente pochi. Lo si deve al fatto che Cuba ha sempre coniugato il sistema sanitario pubblico con il mondo accademico e della ricerca, e c'è grande fiducia attorno ad essi. Il Paese ha il più alto rapporto tra medici e cittadini, il medico di base è quasi un parente aggiunto per ogni famiglia. Nel corso degli anni i dottori cubani in giro per il mondo con le brigate di solidarietà hanno fatto esperienza con l'Ebola in Africa, in più c'è ed è ben conosciuta la febbre dengue. Insomma, per le pandemie esisteva per forza di cosa una forma di attenzione molto alta".
Anche a Cuba le forme di tutela contro il contagio sono quelle classiche? Cioè mascherina, distanziamento e così via?
"Sì, è così. La percentuale di guariti al Covid-19 è del 92,5 per cento, tutti curati con farmaci homemade, visto l'embargo che dura da 58 anni. Nel tempo il Paese, a causa dell'isolamento, si è creato un arsenale biotecnologico di livello".
L'esperienza dei medici cubani che arrivarono in Lombardia e Piemonte durante la prima ondata per aiutare a fronteggiare l'emergenza è servita?
"Un primo background lo abbiamo ricevuto dalla Cina, ma anche l'esperienza italiana è sicuramente stata utile. Ad oggi Cuba ha ancora 40 brigate in giro per il mondo, fanno parte della storia solidale dell'isola, e in più permettono di affinare osservazione e capacità in campo medico".
Il vaccino cubano che destino avrà? Rimarrà solo nell'isola?
"L'intento principale è produrlo per Cuba, ma essendo un paese socialista verrà distribuito in tutti i paesi in via sviluppo che lo richiedono in maniera gratuita. Ad oggi Bio Cuba Pharma ha 40 mila lavoratori ed esporta già in 48 paesi nel mondo. Con l'Oms inoltre Cuba mantiene un buon rapporto istituzionale. Devo dire che in campo di ricerca nessuno al mondo sta utilizzando i nostri approcci, che però hanno un enorme vantaggio: i costi sono più bassi".
Dal suo punto di vista, i vaccini "capitalisti" sono un buon prodotto?
"Non metto in dubbio l'efficacia di nessun vaccino in commercio, assolutamente, posso essere critico solo delle modalità di produzione e distribuzione. Il "cattivo" non è Pfizer, per dire, ma penso il modello economico in sé. Contestare un vaccino che ha superato i passaggi ufficiali significherebbe far crollare la scienza. Ci chiediamo tutti invece, a livello globale, quanto durerà la copertura, come funzionerà con i richiami, ma appunto: sono quesiti che riguardano il mondo intero".
A Cuba i vaccini sono obbligatori?
"No, ma ricordo che nel 2013 quando arrivai le persone ci chiedevano novità sul vaccino contro il tumore al polmone, che al momento è anch'esso in clinical trial. I quali sono tutti composti da volontari, mentre le altre compagnie danno un indennizzo. Per dire che i cubani hanno grande fiducia nella scienza e nel sistema vaccinale. Non c'è bisogno di obbligare nessuno".
Quando pubblicherete i risultati delle vostre ricerche?
"I nostri prodotti vanno protetti intellettualmente, ci stiamo lavorando e i brevetti sono pubblici ma stiamo aspettando il via libera dell'ufficio brevetti per pubblicare nelle riviste scientifiche internazionali. A breve comunque".
Uscendo dal campo medico, ma lei è comunista?
"Sì, la risposta è sì, senza giri di parole. Solo a Cuba è possibile lavorare ad un prodotto che vada dal laboratorio alla clinica in maniera totalmente pubblica. Faccio questo lavoro principalmente per gli altri, è la mia etica, che si sposa in pieno con il lavoro portato avanti nell'isola".
Repubblica.it
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il capitalismo che...?
alla conferenza un tizio che faceva una delle light talks (cioè 10 minuti invece di un’ora), ci ha ricordato che se mangiamo cioccolato supportiamo lo schiavismo. nel frattempo tesseva le lodi di una società che aveva smesso di supportare la sperimentazione animale. purtroppo non mi è venuto in mente di farlo, ma avrei dovuto raggiungerlo e dirgli che: - se mangi verdura - se ti vesti - se ha uno smartphone - se hai un computer (Windows o Apple) supporti lo schiavismo. nel frattempo però le cavie da laboratorio vivono meglio della maggior parte della popolazione mondiale. nutrite con pasti regolari, vivendo in posto caldo e tutto per loro, con regolare somministrazione di antidolorifici. magari non vivono molto, ma vivono bene. il bello è che non era il nemmeno l’argomento della sua lettura. il suo argomento era: i progetti si fanno ed escono dalla porta solo se fanno soldi, quindi anche i designer devono impegnarsi a capire le necessità del business, invece di trovare sempre nuovi modi di bruciarli (se il business sta imparando il linguaggio del design e a come interfacciarsi con noi, anche noi dovremmo fare lo stesso). oh, però in maniera etica.
cioè, quel che diceva aveva senso e per un attimo ho pensato di essere davanti a un trekkie, fino a che ha detto le parole “capitalismo responsabile”.
magari alla prossima volta mi devo proporre su una lettura sui paradossi.
[edit specifico: no, non supporto lo schiavismo. sono solo consapevole che il solo essere nata in questo lato del mondo, mi pone in una condizione di superiorità rispetto ad altri milioni di persone, che il mio benessere dipende dal malessere loro e a meno ché di isolarmi in una montagna a vivere come nel 1200, non è una cosa modificabile. potessi farei finire il capitalismo domani. purtroppo sono solo umana]
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Plasma iperimmune, davvero il governatore toscano vuol querelare Giuseppe De Donno?
Lo pneumologo mantovano è atteso alla commissione Salute del Senato, dove dovrebbe annunciare la pubblicazione scientifica. Intanto le polemiche non si fermano. Ma la notizia che il governatore della Toscana voglia denunciare Giuseppe De Donno appare francamente surreale... Di Edoardo Montolli Questa storia è iniziata con gesti eroici e pernacchie. Da una parte c’era lo pneumologo di un ospedale di provincia, Giuseppe De Donno, che salvava 48 vite con il plasma mentre in Italia si consumava una strage da coronavirus. Dall’altra c’erano virologi che pontificavano in tv su quanto fosse caro e nientemeno che pericoloso il plasma. Lo pneumologo salvava, unico caso al mondo, una ventottenne incinta di sei mesi, grazie al plasma, Pamela Vincenzi. E come premio i Nas chiedevano informazioni sul perché avesse fatto quell’infusione. Il 25 marzo Mantova era la prima città occidentale a registrare un trial sul plasma iperimmune. Altrove si sperimentavano farmaci contro l’artrtite reumatoide e l’Avigan, un farmaco del quale vi abbiamo già raccontato la vera storia. Di fatto, al plasma, non credeva nessuno. - GUARDA Plasma iperimmune, da Pisa la risposta a Giuseppe De Donno: “Mettere da parte campanilismi” - GUARDA LA VERITÀ SUL PLASMA Quando però il signor Luigi, 51 anni, dato già per spacciato a Bergamo, è stato letteralmente strappato alla morte dal team mantovano, su ordine del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e quando i guariti sono diventati troppi, le cose sono cambiate. Ci sono numerosi ospedali che hanno seguito il protocollo del San Matteo di Pavia e del Poma di Mantova. Anche all’estero. Negli Stati Uniti viene ora testato in 116 università. Giustina De Silvestro, dell’ospedale di Padova (uno di quelli che segue il protocollo di De Donno), a proposito dei costi e della difficoltà di preparare il plasma, dice a Le Iene: «Tutti i servizi trasfusionali sono attrezzati per la raccolta del plasma, non è difficile da preparare». E lo pneumologo Andrea Vianello aggiunge: «Una sacca di plasma costa intorno agli 80 euro. Con tre somministrazioni siamo intorno ai 300 euro complessivi. I farmaci antivirali possono arrivare a costare anche 4, 5 o 6 volte di più». E quanto alla pericolosità: «Non è noto per causare importanti effetti collaterali. Lo possono ricevere tutti, salvo che non ci siano controindicazioni specificatamente legate al soggetto». Qualcuno aveva pure azzardato l’ipotesi che il plasma fosse poco: ma con oltre 100mila guariti e appena qualche migliaio di malati, anche quest’obiezione si è dimostrata scientificamente ridicola. Plasma iperimmune, Giuseppe De Donno: “Così la politica ha prevalso sulla scienza”- L’INTERVISTA IL CARRO DEL VINCITORE In una guerra che l’intero mondo ha perso, dove i più celebri esperti di epidemie hanno rimediato figure veramente penose, nella cittadina di Mantova un medico sconosciuto ai più vinceva le sue battaglie. Poi, cosa sia accaduto non si sa. Ma anche il più sprovveduto degli ingenui capirebbe che le cose non tornano più. Domani De Donno sarà alla commissione Salute del Senato a parlare degli esiti della sperimentazione che, ha sempre assicurato, a Mantova non ha fatto registrare vittime. Ha già annunciato che la comunità scientifica internazionale ha approvato tre suoi lavori. E chissà che proprio a Palazzo Madama il medico non parli già dell’approvazione della ricerca sul plasma da parte di una prestigiosa pubblicazione scientifica. Nel frattempo, con una mossa assolutamente repentina e incomprensibile sotto il profilo dell’esperienza maturata sul campo, Iss e Aifa hanno scelto come capofila per la sperimentazione nazionale l’ospedale di Pisa, che al 5 maggio aveva trattato 2 casi. Due! Tsunami su Giuseppe De Donno: Iss e Aifa scartano il protocollo di Mantova e scelgono quello di Pisa - LEGGI LE FRASI De Donno rispondeva sarcastico a Radio Padania Libera: «Solo in Italia poteva succedere una cosa del genere. Come fa ad essere considerato esperto della materia e capofila un centro che ha trattato due casi con il plasma? Cremona per casistica li ha superati trenta volte. Noi certamente non lo seguiremo e andremo per la nostra strada». Il medico ne aveva per tutti, dai politici locali (“mi hanno dato del demente”) agli scienziati da salotto, dalle trasmissioni tv fino all’AVIS, che non era insorta quando gli esperti avevano diffuso la scemenza che il plasma fosse pericoloso (come dire che le donazioni di sangue sono inutili!), fino al ministro della Salute che non aveva ordinato alle Regioni di fare banche del plasma (il Veneto si appresta ora ad aprirle indipendentemente dall’esito della ricerca). E doveva sentirsi dire anche, a mezzo stampa, dal direttore dell’Auop di Pisa Silvia Briani: «Vorrei smorzare le polemiche che, in questa fase, non hanno alcun senso, esortare a mettere da parte campanilismi di sorta», confondendo evidentemente il campanilismo con il merito. Un merito conquistato sul campo dallo pneumologo mentre veniva irriso e circondato da balle sul plasma che qualsiasi studente di medicina sapeva essere tali, figuriamoci gli esperti che le diffondevano. E un merito che oggi gli viene tolto con la sperimentazione affidata a Pisa per ragioni che la dottoressa Briani stabilisce come «qualitative e non quantitative». Anche perché, con 2 casi trattati, sarebbe stato difficile interpretarla diversamente. E fa sapere che già 4 regioni avevano aderito al loro protocollo, evidentemente sulla cieca fiducia, perché con 2 pazienti ci vuole solo quella. Plasma iperimmune, Mario Martinetti: “Associato alla giusta terapia domiciliare, azzererà la mortalità da coronavirus” - GUARDA I SILENZI ASSORDANTI In tutto questo la Regione Lombardia, che ha la più alta mortalità del mondo per coronavirus (tasso di letalità al 18,2%, con punte del 27% a Bergamo), che non ne ha azzeccata una, dai protocolli assenti sulle terapie domiciliari alle mascherine fantasma, dai contagiati inviati nelle rsa - dove avrebbero fatto stragi - all’inutile app anonima per i lombardi, accetta tutto di buon grado. Ed è davvero spiazzante ciò che il governatore Attilio Fontana dice serenamente a Mattino Cinque: «In questo momento credo che si debba riconoscere merito ai nostri ricercatori e se si è deciso che non si deve dare un riconoscimento politico va bene cosi, l’importante è che si riesca ad arrivare ad una soluzione per il virus». Ma qui non si parla di riconoscimento politico, ma di riconoscimento scientifico. Qui non si parla di salire sul carro dei vincitori, ma di salvare vite umane, troppe delle quali perse per le demenziali politiche fatte a Roma e in Lombardia. Il virologo Giulio Tarro: “La terapia contro il coronavirus c’è già: è il plasma iperimmune” - LEGGI LE PAROLE DI DE DONNO Ma lo pneumologo mantovano, che sulla sua pagina Facebook veste scherzosamente i panni di Iron Man, non ci sta a subire tutto in silenzio. Non ci sta ad essere dipinto prima come una sorta di stregone un po’ avventato (quando invece la tecnica che usa ha oltre cento anni di storia) e poi, quando tutti hanno accertato la bontà del suo lavoro, ad essere messo da parte. Ma non del tutto: che collabori, dalla sua Mantova. Suona quasi come un’offesa. Così, su Facebook, scrive: «Non ho mai approvato quegli scienziati che, dopo essere stati scelti dalla politica, chiedono collaborazione. Non ho mai approvato chi, pur non facendo parte di quel mondo, usa la Religione per ammiccarsi i cattolici. Oggi leggo sui giornali tante cose distensive. Leggo del Presidente AVIS che si giustifica con una lettera che è una pezza peggiore del buco. Leggo di ricercatori diventati “servi in una vigna”, leggo di AIFA. Leggo di ISS». E aggiunge, per mettere subito le cose in chiaro: «Leggo poi sulla Gazzetta che una Azienda ci ha donato una macchina per fare il nostro lavoro. Quindi? Sono pieno di richieste di Aziende che vogliono donarci frigo, agitatori, miscelatori. Dirò sempre di si. Se non c’è intento condizionatorio. Non sono contro l’Industria se questa è etica. Sono rimasto orfano a tre anni. Ho lottato una vita, con mia sorella, la mia complice di vita. Non ho scheletri nell’armadio. Pertanto... se ora che il plasma è stato sdoganato volete spostare il dibattito su corruttela e corruzione... nessun problema. Per altri forse si». Plasma iperimmune, Giuseppe De Donno costretto al silenzio dai vertici dell’ospedale. Ecco cos’è successo - LEGGI IL PLASMA SAREBBE IN CANTINA E sempre sui social: «Mi sono dovuto sperticare. Ho trascurato la mia famiglia. Ho accettato insulti. Accuse di ricercare visibilità. Ma se non avessi fatto tutto questo, il plasma sarebbe in cantina. E sentire tutti questi scienziati, a cominciare da Andrea Vianello, che sostengono la mia lotta, beh, mi fa dormire sereno. Sentire il Prof Santin, poi, che racconta della multicentrica degli USA, partita di recente... Sentire dire che il plasma è democratico, gratuito, disponibile...» Anche a Crema il plasma iperimmune. Il radiologo Maurizio Borghetti: “Efficace nei casi gravi” - LEGGI LE VOCI DI QUERELA Ma il caso non sarebbe chiuso qui. Secondo La Voce di Mantova, dopo che De Donno ha detto che la scelta di fare la sperimentazione a Pisa è una scelta politica «per il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ci potrebbero essere gli estremi per un’azione legale contro il medico del Poma». Addirittura, scrive il quotidiano di Mantova «a minacciare azioni legali ci pensa il governatore toscano Rossi che avrebbe già dato mandato di tutelare a livello legale l’immagine della politica sanitaria e dell’Azienda ospedaliera di Pisa». Ma davvero? Irriso, messo da parte e pure denunciato? Personalmente non ci credo. Non credo ci siano gli estremi per una diffamazione, tantomeno credo che il governatore abbia in mente di presentare una querela contro lo pneumologo. Anche se, a dirla tutta, in una causa del genere avremmo forse la possibilità di capire davvero cosa sia successo in questa storia surreale. E a tratti, molti tratti, vergognosa. - TUTTO SUL PLASMA IPERIMMUNE Edoardo Montolli Gli ultimi libri di Edoardo Montolli Read the full article
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Intelligenza Artificiale: le sfide etiche, sociali e culturali per il 2020
L'inizio del 2020 è stato accompagnato da una serie di eventi significativi che aiutano a comprendere la complessità del periodo storico che stiamo vivendo: disordini sociali connessi a diseguaglianze socio-economiche sempre più accentuate, crisi climatiche legate alla mancata dismissione di sistemi produttivi ed energetici non sostenibili, attacchi informatici sempre più sofisticati che puntano a scavalcare le difese perimetrali dei nostri sistemi con tecniche di social engineering che fanno leva sulla soglia di attenzione umana. All'interno di un quadro simile, nei confronti del quale la politica non sembra in grado di fornire risposte adeguate, le nuove tecnologie innovative godono di enormi aspettative, nella speranza che possano essere utilizzate per risolvere i problemi di una società sempre più complessa anziché limitarsi a creare ricchezza concentrata in un numero sempre inferiore di mani. In quest'ottica è particolarmente importante il ruolo dell'Intelligenza Artificiale, una disciplina che fornisce già da diversi anni sviluppi applicativi promettenti in ambito hardware e software ma che, fino ad oggi, viene utilizzata soprattutto a corredo dell'offerta di prodotti realizzati e commercializzati da aziende private.
Il Libro Bianco sull'AI di AgID
Nella speranza che questa tendenza possa invertirsi grazie a investimenti sempre maggiori da parte di paesi e organizzazioni interessate al miglioramento della qualità della vita in ambito globale, presentiamo una sintesi dei principali concetti contenuti in una pubblicazione particolarmente significativa in materia: il Libro Bianco sull'Intelligenza Artificiale al servizio del cittadino, realizzato da Agenzia per l'Italia Digitale nel 2018 e disponibile gratuitamente in formato PDF (in versione italiana o in lingua inglese) e in formato HTML su ReadTheDocs.io per la consultazione online. Il volume, realizzato dalla Task force IA di AgID, illustra una serie di linee guida per un utilizzo sostenibile e responsabile dell’Intelligenza Artificiale nella Pubblica amministrazione; il documento è rivolto a scuole, strutture sanitarie, Comuni, Tribunali, Ministeri, e contiene moltelici raccomandazioni e indicazioni su come sfruttare al meglio le opportunità offerte dall’Intelligenza Artificiale, definendo i perimetri legati alle criticità e agli aspetti problematici connessi al loro utilizzo. Si tratta di un lavoro estrmamaente interessante, frutto del lavoro di circa 30 esperti sul tema e realizzato grazie al coinvolgimento attivo di oltre 100 soggetti pubblici e privati che si occupano di IA in Italia.
Nove livelli di sfida
Il punto più interessante del libro è costituito a nostro avviso dalla parte iniziale, dove vengono raccontate, attraverso un approccio multidisciplinare e sistemico, nove sfide principali connesse all’applicazione dell’IA nel settore pubblico. Ciascuna sfida è riconducibile a una parola o a un concetto che è fondamentale mettere a fuoco. Etica La prima sfida suggerita dal libro bianco è di ordine etico e segue le linee guida auspicabili per lo sviluppo di qualsiasi tecnologia innovativa: affermando con forza il principio antropocentrico, secondo cui l’Intelligenza Artificiale deve essere sempre messa al servizio delle persone e non viceversa. Tecnologia La seconda sfida si gioca sul piano della tecnologia e va affrontata lavorando per ridurre la "distanza" (digital divide) che ancora esiste tra la AI e il modo di ragionare e di vivere delle persone, in particolare relativamente ai concetti di personalizzazione e adattività. Competenze Il terzo livello di sfida riguarda il piano delle competenze, che vanno costruite e accompagnate opportunamente sia per gli operatori (capire come funzionano gli algoritmi) che per i cittadini (imparare a relazionarsi con le macchine per continuare a esercitare il proprio ruolo e i propri diritti). Dati Il quarto livello riguarda l'utilizzo consapevole e corretto dei dati, che devono essere di buona qualità, verificati, standardizzati, opportunamente filtrati (per mezzo di tecnologie semantiche e ontologie) e quindi resi disponibili ai cittadini senza discriminazioni. Normativa Strettamente collegato ai dati è il quinto livello di sfida, che pertiene il piano prettamente normativo: i tre aspetti che il libro evidenzia sono il diritto alla privacy, la sicurezza dei dati e la responsabilità giuridica. Pubblica Amministrazione Di particolare importanza per garantire il rispetto delle linee guida tracciate dal libro è il ruolo che dovrà avere la pubblica amministrazione nelle azioni di supporto che sarà necessario intraprendere per accompagnare i cittadini in questo processo di trasformazione: il tutto, ovviamente, sempre nell'ottica di affiancare le persone, non sostituirle (non-disruptive innovation). Per un ulteriore approfondimento su questo importantissimo concetto, suggeriamo la lettura dell'articolo Intelligenza Artificiale e disruptive innovation pubblicato qualche mese fa su questo blog. Prevenzione Il settimo livello di sfida riguarda le attività di prevenzione che dovranno essere svolte durante il percorso di accompagnamento ipotizzato per i cittadini: si auspica l'implementazione di meccanismi di tutela sociale che riescano a contenere opportunamente le diseguaglianze economiche, sociali e culturali che potrebbero garantire i benefici di questa tecnologia soltanto ad alcune categorie di persone privilegiate (digital divide); al contrario, è fondamentale battersi affinché i benefici possano essere distribuiti in modo orizzontale tutta la popolazione, evitando discriminazioni e/o sperequazioni di qualsivoglia tipo. Impatto Condizione necessaria per poter accompagnare il processo di innovazione a livello sociale, politico e culturale è l'utilizzo di opportuni metodi di misurazione dell'impatto di questi cambiamenti; questo può avvenire attraverso l'elaborazione e l'utilizzo di metriche che siano in grado di fornire dati il più possibile precisi sulla soddisfazione delle persone e dell’efficacia dell’impiego dell’AI nei processi esistent, al fine di poterli migliorare in modo iterativo e incrementale (continuous improvement, continuous feedback). Cultura L'ultima sfida è di ordine culturale, intesa come attività di "costruzione del significato" di queste nuove tecnologie relativamente alla loro influenza sull'essere umano e sull'evoluzione dei rapporti sociali: è importante individuare i vantaggi e gli svantaggi, le opportunità e i rischi, i punti di forza e gli elementi di criticità.
AI e Eudaimonia
Un modo “olistico” per accostarsi al tema dell’intelligenza artificiale è fornito in una pubblicazione del 2017 a cura dell’IEEE - Global Initiative on Ethics of Autonomous and Intelligent Systems, dove l’AI è messa in relazione con il concetto Aristotelico di Eudaimonia (traducibile con "essere in compagnia di un buon demone"). Un paragone affascinante e particolarmente efficace, che identifica l'Intelligenza Artificiale come un compagno potente che può portare benessere e prosperità, a patto di riuscire a comprenderne la natura e gestirne le molteplici implicazioni etiche, sociali e culturali nel modo migliore: un obiettivo che può essere conseguito solo a patto di comprendere nel profondo i nove livelli di sfida che abbiamo provato a descrivere in questo articolo e mettere in campo le misure adeguate per vincerle.
Ambiti di applicazione
A titolo esemplificativo della portata dell'Intelligenza Artificiale proponiamo un elenco dei principali ambiti applicativi di questa tecnologia, che corrispondono ai principali percorsi di sperimentazione e specializzazione che oggi vengono portati avanti in Italia e nel mondo. RAFFORZARE SICUREZZA INFORMATICA E PRIVACY PREVENIRE TUMORI E MALATTIE RENDERE PIÙ EFFICIENTE L’UTILIZZO DI ENERGIA PULITA GARANTIRE MAGGIORE SICUREZZA FINANZIARIA TRASFORMARE L’ISTRUZIONE GLOBALE AUMENTARE SALUTE E BENESSERE INFLUENZARE LA CRESCITA ECONOMICA CONTRASTARE I CAMBIAMENTI CLIMATICI RIDURRE LA DISPARITÀ DI REDDITO RIDURRE LA DISPARITÀ DI GENERE
Possibili rischi
Concludiamo questo articolo con un elenco dei possibili rischi dovuti a un'applicazione dolosa o incauta dell'AI. DIGITALI: Phishing automatizzato, creazione di email false, siti web e link per sottrarre informazioni; Hacking massivo, attraverso la scoperta automatizzata delle vulnerabilità dei sistemi; Ingannare altre IA sfruttando a proprio vantaggio i difetti nell’interpretazione della realtà. FISICI: Terrorismo automatizzato che utilizza droni o veicoli autonomi come armi; Sciami di Robot che cercano di raggiungere lo stesso obiettivo; Attacchi remoti, resi possibili dal fatto che i robot autonomi possono essere controllati da qualunque distanza. POLITICI: Propaganda, attraverso immagini e video falsi facilmente generabili; Rimozione automatica del dissenso, grazie alla possibilità di trovare, analizzare e rimuovere automaticamente testi ed immagini; Persuasione personalizzata, con l’utilizzo di informazioni pubbliche per influenzare l’opinione di qualcuno. Per ridurre al minimo la probabilità e l'impatto dei rischi sopra elencati è fondamentale garantire la sicurezza della IA, specialmente quando le prime applicazioni pratiche usciranno dalle odierne fasi di sperimentazione e saranno utilizzate con funzioni dichiaratamente operative: ci rifeiamo ad esempio ai sistemi di controllo del traffico terrestre, navale e aereo, alla guida automatica dei veicoli, alla cura dei malati, e così via. Read the full article
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Festival del Wellness a Roma: per una visione del benessere a 360°
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/festival-del-wellness-a-roma-per-una-visione-del-benessere-a-360/
Festival del Wellness a Roma: per una visione del benessere a 360°
Festival del Wellness a Roma: per una visione del benessere a 360°
Mancano ancora pochi giorni, ma cresce l’attesa per la partenza della prima edizione romana del Festival del Wellness che si terrà dal 26 al 28 ottobre presso la Nuova Fiera di Roma. La kermesse ha un format decisamente innovativo per promuovere al meglio una visione del benessere a 360°e con l’obiettivo di migliorare lo stile di vita sia a livello individuale che collettivo in senso globale.
Migliorare il proprio stile di vita non significa considerare solo alcune aree, ma prenderle in esame tutte quante, poiché la migliore comprensione che possiamo avere per ciascuna è possibile solamente se riconosciamo la sua appartenenza in ciascuna delle altre.
Il concept tradizionale di fiera si integra dunque con quello dell’ “Action Living”, ovvero veicolare informazioni attraverso modalità comunicative dinamiche, facilitando il dialogo tra le aziende ed i visitatori più esigenti.
Caratterizzato da aree denominate ‘Agorà’: per i settori di Agricoltura, Etica&Spiritualità, Bioedilizia, Beauty&Fashion, Turismo&SPA, Energia&Ambiente, Medicine&Benessere, Sport&Fitness, è studiato per valorizzare le caratteristiche del singolo integrate con le molteplici attraverso la visione estesa di benessere universale, come vuole la filosofia del Festival stesso. Quindi le aree si compenetrano generando un sistema energetico che si autoalimenta continuamente.
Verranno approfonditi temi come la medicina integrata e l’olismo, la bioedilizia e le energie rinnovabili, la cosmesi bio/naturale, l’alimentazione, l’agricoltura e la paesaggistica, l’abbigliamento sostenibile, cura del corpo bio e molto altro.
Non saranno presenti solo le tipiche aree espositive, ma anche installazioni tematiche e scenografiche, corsi di formazione, tavole rotonde, conferenze e presentazioni, workshop e laboratori, live show in diretta streaming e un’area B2B dedicata alle aziende.
Nelle aree ACTION LIVING si vuole rendere il visitatore assoluto protagonisti di un percorso emozionale in cui l’ambiente scenografico e la musica, accompagneranno la sperimentazione di diversi prodotti, metodi e servizi.
Mancano ancora pochi giorni, ma cresce l’attesa per la partenza della prima edizione romana del Festival del Wellness che si terrà dal 26 al 28 ottobre presso la Nuova Fiera di Roma. La kermesse ha un format decisamente innovativo per promuovere al meglio una visione del benessere a 360°e con …
Nadia Sessa
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Direndonckblancke
Ultimi giorni per visitare la mostra allestita al museo Bozar di Bruxelles che, assieme alla rivista A+ Architecture, definisce i contorni di uno studio di architettura oggi rappresentativo della recente generazione fiamminga.
Lara Schrjver (1) nella sua introduzione alla monografia, punta l’attenzione a cosa significhi e caratterizzi l’architettura di questa piccola regione al nord del Belgio. A lato della vecchia scuola che riporta nomi conosciuti già dagli anni 80 e 90, come Marcel Smets, André Loeckx, Hilde Heynen, si delinea sempre più una tendenza che oltrepassa vecchie eredità, per piuttosto creare nuovi linguaggi del tutto indipendenti.
La zona delle fiandre si caratterizza per un’economia recente principalmente basata su medio piccole attività private dall’alto profilo, una dirigenza giovane che spinta da ricerca e innovazione, predilige giovani architetti e linguaggi moderni. Sprovincializzati da vecchi deja-vu e orientati alla sperimentazione formale e all’uso di materiali ecologici, i giovani studi alternano etica e costruzione dirigendosi su territori espressivi radicali e post-minimalisti.
Ricerca di una complessità formale, ma non tanto iconica come quella olandese ma più sottile, più ricercata, meno evidente. i materiali vengono utilizzati in modo intelligente e spesso provocatorio, giocando con un intelligente umorismo tipico belga.
Alexandre Dierendonck (1971) e Isabelle Blancke (1973) laureati in architettura a Sint-Lucas a Ghant, dopo diverse collaborazioni tra francia e in Belgio, sotto la guida di nomi prestigiosi come Stephane Bell, Xavier de Geyter, Christian de Portzamparc e Dominique Perrault si uniscono nel 2009 creando la firma di architettura Direndonckblancke.
I progetti, tra alloggi e servizi, caratterizzati da un apparente semplicità, celano invece ricerca nei dettagli e uso di materiali ricorrenti nella costruzione di queste zone, come il blocco di cemento portante e apparente o i solai e copertura in legno, oppure ancora il rivestimento metallico o in fibrocemento, tutti sistemi semplici e usati nelle costruzioni più ricorrenti. L’accostamento intelligente di materiali e colori determina facciate sbarazzine ma al contempo prive di stonature. Tutto é equilibrato, misurato, preciso. L’impressione generale che traspare sfogliando la monografia o passeggiando tra i progetti esposti é la costruzione, si pensa per costruire, per essere fattibile e giusto, ma al contempo semplice e giocoso grazie a una sana, quasi etica, ricerca cromatica.
Altro fattore connotante é il disegno e la rappresentazione, sembra che il Belgio oggi faccia scuola e diriga i nuovi codici della rappresentazione architettonica.(2)
Direndonckblancke ricerca una via personale e soprattutto coerente alla forma e materiali: estrema semplicità al limite del naif in piena estetica ecologico minimalista. L’uso del plastico a tratti simbolico a tratti iperealista ci conduce all’interno degli spazi in modo intelligente e sottile, ci permette di sognare e ragionare in progetti dal futuro pulito, organizzato. Rosa e pastello.
(1) Lara Schrjver. “Direndonckblacke, Flemish Architects in a widening circle of influence”. London, Koening Books. 2019.
(2) Jean-Philippe Hugron. Trame et collage à l'école belge in Architecture d'aujourd'hui 425. Juin 2018
* foto Filip Dujardin http://www.filipdujardin.be/
https://www.bozar.be/en/activities/149783-dierendonckblancke
http://dierendonckblancke.eu/
Stefano Ferracini
Stefano Ferracini (Treviso 1974), Architetto. Dopo anni di formazione e lavoro tra Italia e Portogallo, si stabilisce in Belgio. Insegna architettura d’interni a Esa Saint Luc Bruxelles.
https://sfarchitecture.tumblr.com/
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