#espressività teatrale
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pier-carlo-universe · 21 days ago
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Eleonora Duse: Un omaggio alla Divina che divenne fuoco. Museo d'Arte Costantino Barbella. Chieti
Martedì 14 gennaio 2025, alle ore 17, presso il Museo d'Arte Costantino Barbella di Chieti, si terrà la presentazione del libro Eleonora Duse.
Martedì 14 gennaio 2025, alle ore 17, presso il Museo d’Arte Costantino Barbella di Chieti, si terrà la presentazione del libro Eleonora Duse. Come l’onda sulla duna, la Divina che divenne fuoco (Edizioni Solfanelli). L’evento è organizzato da Auser Unitel Chieti e vede il patrocinio del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”, dell’Associazione Culturale Terra dei Padri, di Unitel Auser, e del…
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carmenvicinanza · 2 months ago
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Maricla Boggio
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Maricla Boggio, drammaturga, regista e giornalista, è autrice di numerose sceneggiature, drammaturgie, testi di critica, libri di narrativa, saggistica e antropologia.
La sua produzione teatrale è tutta caratterizzata dall’impegno politico e sociale e da un grande interesse antropologico per ciò che è ritenuto diverso.
Nella sua militanza culturale fatta di teatro, insegnamento, film, documentari e tanto altro, ha valorizzato molte figure femminili e affrontato diverse e controverse tematiche come il disagio dei manicomi, la religione, la guerra, l’Olocausto, la mafia, la piaga dell’Aids. Non c’è, praticamente, tema sociale o accadimento storico che non abbia affrontato.
Dal 2007 è direttrice editoriale della rivista teatrale Ridotto.
Nata a Torino l’11 dicembre 1937 è laureata in legge e diplomata in regia all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, dove ha insegnato recitazione, teorie e tecniche dell’interpretazione e drammaturgia. È stata docente di Espressività Teatrale e Scienza della Formazione all’Università Salesiana di Viterbo.
Nel 1969 è stata regista e autrice, insieme a Franco Cuomo, di Santa Maria dei Battuti, rapporto sulla istituzione psichiatrica e sua negazione in quindici misteri, su vessazioni e abusi nell’ambito in ambito psichiatrico, nove anni prima della Legge Basaglia e, successivamente di Compagno Gramsci, Passione 1514 e Egloga, presentata alla Biennale di Venezia nel 1972.
Nel 1973 ha fondato, con Dacia Maraini e Edith Bruck, il Teatro femminista della Maddalena.
Nel periodo della seconda ondata femminista, tra gli anni Settanta e Ottanta, ha scritto testi come Marisa della Magliana, diventato il primo telefilm femminista italiano, Anna Kuliscioff – Con gli scritti di Anna Kuliscioff sulla condizione della donna, Fedra, La monaca portoghese, Medea, Mamma eroina, Donne di spade, Anita Garibaldi – L’ultimo sogno di Anita Ribeiro sposata Garibaldi e Schegge: vite di quartiere, che ha avuto la regia di Andrea Camilleri.
Nel 1991 ha fondato l’associazione Isabella Andreini comica gelosa che ha riunito autrici, attrici, registe, studiose e operatrici teatrali.
Ha vinto due volte il Premio Giacomo Matteotti, nel 2004, con Matteotti, l’ultimo discorso e, nel 2011, con La Merlin.
Insignita con numerosi riconoscimenti,  tra cui il Cavalierato al Merito della Repubblica Italiana.
Dal 2022, è stato istituito il Premio Nazionale di drammaturgia Maricla Boggio sostenuto dalla SIAD (Società Italiana Autori Drammatici) per valorizzare autori e autrici senza alcuna discriminazione e offrire a Compagnie e attori/attrici testi nuovi e inediti.
Nella sua lunga e prolifica carriera, da vera intellettuale belligerante, ha schivato ogni moda mantenendosi fedele alla sua idea di drammaturgia civile.
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casalcova · 1 year ago
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Vi presentiamo i nostri corsi:
MESTIERE DELL'ATTORE | AVANZATO
Il corso, a cadenza monosettimanale, è rivolto a chi abbia già frequentato corsi di teatro e voglia migliorare la propria preparazione con un percorso mirato ad approfondire le basi della recitazione sperimentando un percorso più avanzato.
Durante il corso si lavorerà su movimento, voce, espressività corporea, interpretazione.
Il laboratorio si chiuderà con uno spettacolo teatrale.
Prima lezione di prova gratuita (prenotazione obbligatoria).
Durata: da Ottobre a Maggio
Quando: lunedì
Orario: 20.30-22.45
Inizio lezioni: lunedì 16 ottobre
Fine lezioni: lunedì 3 giugno
Insegnanti: @silvia.zacchini.kab e @francescoghezzialcova
Info: [email protected] | 3335807826
(In foto: Elia Passeri)
#teatro #corsiteatro #corsirecitazione #corsiteatropiacenza #actorstraining #corsirecitazionepiacenza #kabukista #kabukistateatro #teatropiacenza #piacenzateatro #FindYourFire
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dilebe06 · 2 years ago
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Tokyo Revengers
Mi erano mancati. Mi erano mancate la serie giapponesi, quelle belle introspettive e cariche di significati botte e sentimenti come solo in made in japan riescono a tirar fuori.
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Ora, vedere questo live action è stato un parto. Lo pedinavo dalla sua uscita l'anno scorso, stalkerando qualsiasi fansub lo volesse subbare in italiano. Ma nulla. Mesi, giorni, ore... niente. Nessuno che lo prendesse nemmeno in considerazione. Angosciante.
Dunque ho deciso di trovare il modo di vedermelo per i fatti miei e dopo 2 giorni di bestemmie, imprecazioni, santi tirati giù dal calendario, ce l'ho fatta!
Due premesse importanti del perché questo film e non altri:
Yuki Yamada
Risse da gang
Io amo alla follia Yuki Yamada: esteticamente e recitativamente è uno dei miei attori giapponesi preferiti. Come amo il genere di drama di gang e botte. Potevo dunque perdermi un film che, sulla carta, mi dava queste due cose?!
Non ho letto il manga di Tokyo Revengers e non ho visto l'anime, motivo per il quale mi sono approcciata alla visione da vera e propria neofita.
E mi è piaciuto un casino. Seriamente.
Perché Tokyo Revengers non è solo botte -alla High and Low per intenderci - ma ha una storia di base, ricca di eventi: salti nel tempo, linee temporali, divergenze... sono rimasta piacevolmente stupita del perfetto mixer tra risse senza senso e trama orizzontale molto profonda e così interessante. Volendo ti ci puoi fare pippe mentali per ore.
Bellissimo inoltre il concetto legato al personaggio di Mickey: il suo cadere nell'oscurità o rimanere nella "retta via", questione questa centrale e leitmotiv di tutta la storia e che il film porta su schermo, a mio parere, in maniera encomiabile.
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Oltre a ciò, temi quali l'amicizia o credere nei proprio sogni tornano prepotentemente per tutta la storia, insieme a introspezioni e profondità.
Davvero buoni poi tutti i personaggi e i loro attori: di Yuki c'è poco da dire perché è perfetto. Il suo compare Mikey - Yoshizawa Ryo - l'ho trovato credibile e davvero bravo. Come " bravo" è anche Mikey appunto: le sue credenze, il suo rapporto con Draken e la facilità con cui fa amicizia con Takemichi mostrano il lato più bello di questo personaggio.
Mi è anche piaciuto Kitamura nel ruolo di Takemichi: le smorfie e le sue espressioni mi hanno fatto ridere un sacco. Ma ovviamente c'è di più oltre la sua espressività. Takemichi è chiamato infatti a compiere una missione "quasi impossibile" e che si complicherà sempre di più andando avanti con la storia. E sia il suo personaggio che l'attore che lo interpreta credo abbiano fatto davvero un buon lavoro. Punto di merito poi per il fatto che Takemichi non sia un rissaiolo random che mena le mani solo per fare a gara a chi ce l'ha più grosso.
Unico punto su cui posso storcere il naso è la recitazione che in certe scene trovo terribilmente esagerata, quasi teatrale. Ma quella è una peculiarità delle serie giapponesi a cui ormai sono abituata.
Detto questo, non vedo l'ora di vedere anche altri film di questo prodotto: è chiaro - anche ad una neofita come me - che la storia è ben lungi dal finire.
VOTO: 8.2
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tempi-dispari · 2 years ago
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Pipapop, la libertà di esprimersi
Eterogenea e interessante la compilation di Pipapop, Corner vol. 5. Al suo interno si alternano artisti che toccano i generi più disparati, uniti dalla libera espressività. La musica intesa come espressione di se stessi a prescindere dalla modalità e dal genere. Così possiamo trovare lo space rock di Emma Grace, il jazzeggiante Dnezzar che colora il suo brano con spaccati jazz, appunto, acustici, uniti al cantautorato internazionale.
Il viaggio, perché di questo si tratta, prosegue con la riuscitissima collaborazione tra Bologna violenta e Pierpaolo Capovilla che sfocia in un brano caustico, minimale negli arrangiamenti, recitato più che cantato, in pieno stile Capovilla. I temi trattati sono quelli del ricordo di scambi di opinioni in momenti di convivialità, come spiega lo stesso cantante, negli anni 70. Voltando l’angolo arriva Charles Wallace. Questo porta la rotta su un versante acustico, dalle tinte country/folk. Si prosegue con il brano sperimentale degli A parallel. I nostri hanno utilizzato la canzone tradizionale francese alla quale hanno aggiunto un recitato molto teatrale. Il brano è una ballata lenta, strascicata, molto intensa. Segna il passo successivo
Pino Nuvola grazie ad uno strumentale acustico sognante, etereo, d’atmosfera. I toni, pur partenda da una base unplugged, si alzano con gli EHCS. La loro ballata semi acustica ha interessanti crescendo elettrici che si alternano ai momenti di calma. Intervalli elettrici che riescono a raggiungere un buon muro di suono pur restando in ambito rock. Si cambia registro con i Boby Solo. Si torna all’acustico ma con sapore scanzonato, indie per certi versi. Accompagnamento essenziale su un ritmo easy listening e solare. Un po’ ‘chitarra da spiaggia’ un po’ cantautorato.
Rompe l’atmosfera serena Marcelo con un brano non etichettabile. Indie, elettronoise, psyco rock, tutto assieme per un canzone tutta da scoprire. Proseguono l’esposizione del mondo Pipapop i Caniggiah. Partono con una in dialetto veneto (almeno così pare) per spoi spostarsi su lidi elettro pop. Ad imprezziosire il tutto ci pensano cori dai colori folk mischiati ad interventi di elettronica su una base di pianoforte. Interessante il contributo di xoX.
Questo presenta una ballata acustica con orchestrazione di violini, inserti chitarra crunch, e un cantato indie/post rock. Penultimo artista in lista è Riccardo Buck. La sua canzone è una ballata acustica, leggera. Il testo si rifà a momenti sereni, ricordi d’infanzia. Tutto su un tappeto arpeggiato. Chiude la compilation Capitano Merletti con un ulteriore cambio di direzione. Questa volta è il britpop anni ’90 a fare capolino. Oasis, Verve sono i primi nomi che vengono in mente come indicazioni stilistiche.
In conclusione: un disco interessante, eterogeneo e multicolore. Una buona presentazione di artisti con diverse estrazioni ma tutti accomunati dalla volontà di esprimersi liberamente. Non è un disco facile. Va fatto girare più e più volte, anche solo per capire qual è il brano che si preferisce e quindi il genere più adatto alla propria sensibilità. Un ottimo spaccato di sensazioni e emozioni.
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micro961 · 5 years ago
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Paola Massoni “Alkemèlia” un viaggio spirituale una finestra sul presente che guarda alle antiche tradizioni Preziosa si fa la contaminazione tra il pop contemporaneo e la musica classica.
Un insolito sentiero musicale che ripercorre con originalità e personalità quella cosiddetta “zona di confine”, dove trovano incontro e mutua contaminazione il pop contemporaneo e la musica classica. “Alkemèlia” è il primo disco di inediti di Paola Massoni, un prezioso lavoro iniziato nel 2012 e approdato alla pubblicazione per la RadiciMusic di Firenze e disponibile su tutti i canali fisici e digitali dal 9 Novembre 2019. Disponibile anche in una prestigiosa edizione limitata autografata su carta metallizzata, un vero artigianato Made in Italy da collezione.
“Alkemèlia” custodisce brani presentati per la prima volta dal vivo nell’ambito della “Trilogia di Mèlia”, ciclo teatrale con musica (Il Sogno, Il Viaggio, La Visione), il cui testo è stato pubblicato nel libro “I Misteriosi Mondi di Mèlia” edito da Ibiskos Ulivieri e vincitore del premio speciale “Scrivere per il teatro” al Concorso internazionale di Letteratura Città di Pontremoli. Paola Massoni, cantante, autrice e scrittrice, che come interprete si è fatta conoscere anche con i precedenti lavori “Songs for Christmas” e “Belcanto” (contenenti brani sacri e di Natale il primo e arie d’opera e canzoni napoletane il secondo), muovendosi con la sua voce di soprano pop-lirico dalle svariate sfumature in un singolare ensemble classico-elettronico, ci restituisce composizioni che spaziano dalla canzone d’arte alla musica classica e alle sonorità più astratte di quella contemporanea, con influenze dal mondo del cinema, del musical e della musica elettronica. Un viaggio culturale ed estetico dove il suono e la melodia non sono secondi ad una particolare ricerca poetica dei testi, dando così luogo ad uno stile personale, classico e al tempo stesso aperto alla sperimentazione. Soprano lirico e pop, autrice di testi di spettacoli teatrali musicali, poesie, racconti, compositrice, pianista e attrice, artista dalla personalità eclettica, particolarmente apprezzata per la sua espressività e le sue doti attoriali e comunicative, svolge attività compositiva e concertistica sia in Italia che all’estero, coniugandola con l’attività didattica. Laureata con il massimo dei voti e la Lode in Canto e Discipline Musicali, Lettere Moderne ad indirizzo storico-musicale e in Pianoforte, è docente di Storia e Letteratura italiana nei Licei statali e di Canto, Rieducazione vocale (Metodo Barthélémy) e Pianoforte presso la Scuola di Musica Ass. Kalliope, Accademia della Voce Artistica, della quale è fondatrice e presidente. Duttile voce, il suo repertorio spazia dalla musica sacra, all’opera, dalla musica da film alle Canzoni d’Arte e alla musica contemporanea e world music; nelle sue composizioni, in cui spiccano dolcezza melodica e varietà armonica, ama sperimentare la commistione tra i vari generi musicali. Ha inciso alcuni album sia come interprete (Belcanto, Songs for Christmas) che come compositrice (Alkemèlia, contenente molti brani della Trilogia di Mèlia). Si è esibita con artisti di rinomata fama, tra cui Albertazzi, Albano, Bocelli, in Rai (Premio Bellisario "Donne ad alta quota") e in importanti festivals musicali. Vincitrice di borse di studio e concorsi nazionali e internazionali di canto lirico, ha ricevuto premi e menzioni speciali e d’onore per i suoi testi poetici e narrativi. È tra gli autori dell’Antologia dedicata al 50° anniversario del Premio Nobel Salvatore Quasimodo, curata da Aletti Editore, e dell’Antologia Omaggio a Leonardo dedicata ai 500 anni dell’anniversario di Leonardo da Vinci per la Ibiskos Ulivieri. Per la Trilogia I Misteriosi Mondi di Mèlia, sua prima pubblicazione, ha ottenuto al Concorso internazionale di Letteratura Città di Pontremoli 2018, il Premio Speciale “Scrivere per il teatro”.
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fotopadova · 7 years ago
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Lyda Borelli primadonna del novecento
di Nicola Bustreo 
 -- Ricordo e passione di un’attrice “stereoscopica”
 La sempre delicata cornice di Palazzo Cini ospita nella galleria temporanea tra il 1 settembre e il 15 novembre 2017 una nuova mostra dove la fotografia è stata proposta ma anche valorizzata come documento primario. L’esposizione s’intitola Lyda Borelli primadonna del Novencento ed è stata curata dalla professoressa Maria Ida Biggi, direttrice dell’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini di Venezia. Il progetto e’ stato realizzato , in accordo con gli eredi di Lyda Borelli, con la collaborazione di istituzioni quali SIAE – Biblioteca e Raccolta Teatrale del Burcardo, Roma; ICCD – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, Roma; Fratelli Alinari,  Fondazione per la Storia della Fotografia, Firenze.
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Entrata della mostra a Palazzo Cini
La mostra racconta le vicende artistiche dell’attrice veneziana attraverso una serie di documenti inediti, vestiti ma soprattutto un’ampia produzione fotografica sull’attrice e dell’attrice. Si potranno ammirare gli scatti di alcuni dei più grandi fotografi del tempo: Mario Nunes Vais, Arturo Varischi e Giovanni Artico, Emilio Sommariva e Attilio Badodi, per i quali la Borelli ha posato sia in abiti di scena, sia dando sfoggio delle sue celebri toilettes. Proprio questa varietà di punti idi vista permette allo spettatore di immergersi in una sorta di metafora del mondo del teatro dove realtà e finzione corrono a braccetto  e forse possono scambiarsi i ruoli nelle rispettive vite.
Il sapore e’ quello della belle époque e dell’illusione più magica.
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Vestiti di scena (1910-1015) di Lyda Borelli, ICCD Gabinetto Fotografico Nazionale, Archivio Nunes Vais, Roma
La mostra e’ dedicata agli estimatori dell’attrice, del mondo del teatro come del cinematografo muto italiano dove l’attrice e il suo gesto erano i medium con i quali si riassumevano  parole ed l’estetica scenografica. E proprio a risaltare questa espressività assordante, seppur priva di rumore, sono le fotografie dell’attrice nelle sue pose e nelle sue espressioni rese ancor più uniche dai costumi di scena del tempo, che d’improvviso prendono vita in abiti di lusso realizzati ad hoc dalla sartoria veneziana Atelier Nicolao o gli sgargianti quanto preziosi gioielli.
La selezione delle immagini si è rivelata fondamentale, quanto necessariamente puntuale, per valorizzare tutti gli altri documenti scritti, le locandine degli spettacoli come  i libretti di sala e gli abiti presenti nelle sale.
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Lyda Borelli in Salome' (1909-1910), ICCD Gabinetto Fotografico Nazionale, Archivio Nunes Vais, Roma
 L’occasione di questa celebrazione e di questo racconto ci fa scoprire inoltre una Lyda Borelli “stereoscopica”: un viaggio tridimensionale alla scoperta della vita privata dell’attrice e della sua tournée in Sudamerica (1909-1910), fruibile dal pubblico grazie alle videoproiezioni curate da Umberto Saraceni di Visual Lab.
La stereoscopia si conferma la fotografia del teatro permettendo di amplificarne, ma soprattutto di implementarne, la percezione della tridimensionalità sia fisica sia intellettuale del contesto teatrale. Cinema e Fotografia si mischiano in un dolce balletto e fondendosi danno vita a una nuova filosofia di Teatro.
Questa sala rappresenta simbolicamente la missione sull’immagine intrapresa dalla Fondazione Giorgio Cini. Dalle Nozze di Cana di Paolo Veronese riprodotte digitalmente nel 2009 e riconsegnate alla città nelle sale del Convitto palladiano nell’isola di San Giorgio come copia siamo giunti alle stereoscopie di Lyda Borelli, dove teatro, cinema, fotografia si trasformano in immagine e ci permettono di assistere ad un nuovo incontro tra il presente e il passato.
Informazioni utili:
Durata della mostra: 1 settembre – 15 novembre 2017 Orari: 11.00 – 19.00, chiuso il martedì (ultimo ingresso ore 18.15) Sede: Palazzo Cini,: San Vio, Dorsoduro 864 Venezia
Catalogo in mostra: Il Teatro di Lyda Borelli, a cura di Maria Ida Biggi e Marianna Zannoni, Fratelli Alinari, Firenze 2017
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BANDO PER LA SCENEGGIATURA  DI UN CORTO ANIMATO
SOGGETTO Il tema principale del cortometraggio sarà la falsificazione nella dimensione del racconto. La dinamica della storia dovrà essere costruita all'interno di una coppia e del loro spazio ideale. Non vi sono limiti di genere. I due soggetti non hanno alcun tipo di restrizione per quel che concerne il sesso, l'età, lo stato di salute, la provenienza etnica o la razza animale. I due sono confinati, per tutta la durata del racconto, in uno spazio limitato, che si presenta come un luogo appartenente alla quotidianità di entrambi, all'interno della quale si sentono a proprio agio. Sono loro i due protagonisti esclusivi del racconto: uno dei due avrà il ruolo del cantastorie, l'altro dell'ascoltatore. Il cantastorie inizierà narrando dei fatti personali passati, l'ascoltatore presterà un’assoluta fiducia nella verosimiglianza di ciò che viene lui/lei detto. Solo lo spettatore in sé è però in grado, attraverso un espediente narrativo, di visualizzare i veri fatti narrati dal cantastorie, che attraverso la propria soggettività sta plasmando una realtà altra diversa dai fatti reali. Un segno di questa contraffazione giunge anche all'orecchio del ascoltatore, che dovrà così ritrattare la cieca fiducia che aveva nei confronti del cantastorie il quale, più o meno intenzionalmente, gli ha mentito. L' ascoltatore dovrà allora decidere se rinnovare la sua fiducia e credere alla soggettività del cantastorie o invece ricercare l'oggettività intrinseca dei fatti reali che ancora non conosce ma, solo, intuisce. Lo spettatore dovrebbe poter cogliere l'impossibiltà di raggiungere questa realtà, poiché ambedue i protagonisti sono circoscritti alla loro soggettività che trasla, inequivocabilmente, la verità. n.b. Il punto di vista dello spettatore deve essere esterno, al massimo vicino all'ascoltatore- ne vivrà con lui il dilemma-. NOTA DELL' AUTORE Il bando è indetto col fine eventuale di creare una collaborazione fra regista e sceneggiatore. Qualora non fosse possibile, il regista si prende la libertà di cambiare in parte e a suo piacimento alcune parti della sceneggiatura vincente. Principale intento è sottolineare i confini della libertà di interpretazione attraverso la duttilità di un mezzo come l'animazione. REFERENCES Occhi blu capelli neri, Marguerite Duras, scritto teatrale (ambientazione, dialoghi). Le braci, Sándor Márai, romanzo (dinamiche). Buffalo 66, Vicent Gallo, film (flashback). Le lacrime amare di Petra von Kant, Rainer Werner Fassbinder, film (ambientazione). Una giornata particolare, Ettore Scola, film (ambientazione, sonoro) Vésuves-short, animated film. MONTEPREMI E PARAMETRI DI GIUDIZIO In palio, per la migliore sceneggiatura, sono previsti 300 euro. Verrà premiato lo scritto che, ad insindacabile giudizio della giuria, aderisce al soggetto sopra presentato con maggiore eloquenza, espressività ed audacia. Inoltre verrà rilevato chi strutturerà lo scritto con la consapevolezza del mezzo narrativo dell'animazione. CHI PUO PARTECIPARE Il bando è esteso a chiunque voglia partecipare purchè maggiorenne. TEMPISTICHE È possibile aderire al bando dal momento della sua pubblicazione, il 15 Febbraio 2017, fino alla sua scadenza. Il termine ultimo per presentare la sceneggiatura è il 15 Aprile 2017. Il 5 Maggio verrà comunicato ai partecipanti, tramite mail, il vincitore. COME PARTECIPARE Per partecipare il candidato dovrà inviare, entro i termini definiti, la propria sceneggiatura alla mail: [email protected] Verranno accettati solo gli invii conformi. L'iniziativa è gratuita e non prevede tassa d'iscrizione. Lo scritto da consegnare avrà un numero massimo di 8 pagine ed un minimo di 5- esculsa la copertina- il candidato è invitato a titolare il testo. La sceneggiatura dovrà inoltre essere scritta in forma americana, font courier dimensione 12. L'elaborato deve essere consegnato nel formato PDF. Ogni concorrente può partecipare con un massimo di tre sceneggiature da inviare IN UNICA SOLUZIONE. Possono essere inviati solo elaborati originali ed inediti (ovvero mai premiati o prodotti o pubblicati). CONECESSIONI E IMPEGNI-DIRITTI D'AUTORE L’invio degli elaborati implica l’accettazione del presente Regolamento. Il comitato declina ogni responsabilità e onere in seguito all’ esistenza di diritti spettanti a terzi. Ogni utente, partecipando all’iniziativa e con la sottoscrizione dell’apposita domanda d'iscrizione dichiara di avere la piena titolarità dei diritti sul materiale inviato nonchè di acconsentire alla cessione a titolo gratuito in perpetuo e nel Mondo dei diritti d’autore e/o dei diritti connessi per la pubblicazione e l’utilizzazione degli stessi da parte di /o di soggetti terzi dalla stessa individuati (inter alia: realizzarne un cortometraggio, tradurre e riprodurre la sceneggiatura a tale scopo; un cortometraggio (messa a punto di versioni differenti); tradurre il cortometraggio dalla lingua originale, mediante doppiaggio o sottotitolatura; riprodurre il cortometraggio su supporti audiovisivi o supporti dati di ogni genere; proporre il cortometraggio al pubblico, cederlo o diffonderlo in altro modo; proiettare il cortometraggio, renderlo fruibile o metterlo a disposizione direttamente o mediante un procedimento qualsiasi in modo tale che chiunque possa accedervi dal luogo e nel momento di sua scelta; utilizzare i personaggi, i fotogrammi ecc. del un cortometraggio a scopo di merchandising; integrare il cortometraggio in un prodotto multimediale e distribuirlo.
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casalcova · 2 years ago
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#KabukistaStudio si riparte!
Il laboratorio è rivolto a persone che abbiano già maturato una certa esperienza teatrale - o abbiano già seguito altri corsi con Kabukista - e vogliano ora approfondire in modo mirato aspetti specifici del lavoro attoriale, sperimentando e condividendo la nostra pratica di formazione permanente.
Il percorso proposto sarà diviso in due parti: la prima verrà dedicata al lavoro di laboratorio vero e proprio, articolato su temi e segmenti specifici (per questa stagione: costruzione fisica del personaggio, tecnica Laban, messa in scena, espressività vocale); nella seconda ci dedicheremo all’allestimento di una messa in scena.
Questo tipo di percorso prevede un numero di posti limitati in modo da consentire un lavoro più attento alle esigenze e alle peculiarità di ciascun partecipante.
Puoi avere più informazioni su di noi e il nostro spazio al sito www.kabukista.it
Inizio: martedì 18 ottobre
Durata: da ottobre 2022 a maggio 2023
Quando: ogni martedì
Orario: dalle 20.30 alle 22.45
Dove: spazio Farnese41 Piacenza
Per info e iscrizioni scrivici qui [email protected]
#siriparte! #perfezionamentoteatrale #corsiteatro #teatro #corsirecitazione #kabukista #teatropiacenza #piacenzateatro #trainingteatro #carichicomemolle #kabukistateatro #kabukistastudio
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sergiopietracaprina · 5 years ago
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Antonio e Roberta Gambardella, Lucia Casadio, Fabio Tordelli, Giovanna Caiola, Claudio Mazzi, Senia Verani, Asia Pavoletti, Pina Panico tutti interpreti nem film "Marzocco, la torre dei venti"1 hsergiopietracaprinaDieci interpreti per il film Marzocco.ANTONIO GAMBARDELLA-un gentiluomo di altri secoli, un simpaticissimo filosofo della vita, pacifico e sicuro, teatralmente un "Gilberto Govi" partenopeo, la mia più sincera stima Antonio!ROBERTA GAMBARDELLA-Persona responsabile, riservata, sensibile e sentimentale, di evidente scuola teatrale partenopea, interpreta magistralmente il suo personaggio, una notevole indole espressiva dotata di una dolce e calda voce, complimenti Roberta!LUCIA CASADIO- una solarità mistica la sua che traspare dalle sue espressioni interpretative sorprendenti, una notevole scoperta per il cinema allietata anche dalla bellezza del suo volto!PINA PANICO-Già interprete nel film "Il pugno chiuso di Dio", là dove ci fosse stata necessità, dimostra ancora la sua capacità e professionalità anche in questo lungometraggio, un personaggio a cui non si può che voler bene!SENIA VERANI-Seria, professionale, diligente e intelligente, applica tutte queste sue qualità nell'interpretazione realizzando su se stesa una trasformazione espressiva dettata dal suo animo sentimentale e passionale, la bellezza poi non guasta il compendio, complimenti!SINY LO-personaggio biblico, serio e professionale, diligente e paziente, impersona con carattere il suo personaggio, i miei rispetti Siny!GIOVANNA CAIOLA-Simpatica e spiritosa, affabile e disponibile, un sorriso giocondiano il suo, un'interpretazione evidentemente da esperta di mestiere teatrale!FABIO TORDELLI-un fisico da boxeur il suo, un volto truce che riesce a nascondere la sua dolcezza d'animo, un entusiasmo unico e curioso, un piacere lavorare con lui!CLAUDIO MAZZI-Persona unica dotata di socievolezza, disponibilità, onestà, il mondo girerebbe meglio se tutti fossero come lui, tutto questo lo ha espresso nella sua interpretazione, grazie!ASIA PAVOLETTI-Dolce e tenera espressività che nasconde la sua compostezza e maturità. La suA fresca giovinezza rende etereo il suo personaggio sognante, brava! ci interpreti del film "Marzocco la torre dei venti"
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italianaradio · 5 years ago
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Peter Dinklage: 10 cose che non sai sull’attore
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/peter-dinklage-10-cose-che-non-sai-sullattore/
Peter Dinklage: 10 cose che non sai sull’attore
Peter Dinklage: 10 cose che non sai sull’attore
Peter Dinklage: 10 cose che non sai sull’attore
Divenuto celebre soltanto negli ultimi dieci anni, l’attore Peter Dinklage ha conquistato la televisione grazie al ruolo di Tyrion Lannister nella serie Il Trono di Spade, grazie alla quale ha vinto numerosi premi, affermandosi come interprete di grande talento. Dinklage è poi apparso anche in diversi celebri film degli ultimi anni, dando prova di saper padroneggiare tanto ruoli drammatici quanto comici.
Ecco 10 cose che non sai di Peter Dinklage.
Peter Dinklage: i suoi film
1. Ha partecipato a celebri film. L’attore debutta al cinema nel 1995 con il film Si gira a Manhattan, e nella prima parte della sua carriera ottiene ruoli da caratterista in film come Biancaneve nella foresta nera (1997), Human Nature (2001), Elf – Un elfo di nome Buddy (2003), Lassie (2005), Prova a incastrarmi (2006), Funeral Party (2007), e Le cronache di Narnia – Il principe Caspian (2008). Con X-Men – Giorni di un futuro passato (2014) inizia ad ottenere ruoli di maggior rilievo, recitando poi in Pixels (2015), The Boss (2016), Tre manifesti a Ebbing, Missouri (2017), Rememory (2017), Avengers: Infinity War (2018) e I Think We’re Alone Now (2018).
2. È celebre per il ruolo in Il Trono di Spade. Dopo aver recitato in alcuni episodi di serie come Threshold (2005-2006), Nip/Tuck (2006) e 30 Rock (2009), Dinklage diventa celebre ricoprendo il ruolo di Tyrion Lannister nella serie HBO Il Trono di Spade. Il suo personaggio, tra i protagonisti della serie, ha da subito conquistato l’apprezzamento del pubblico, portando l’attore a ricoprire il ruolo per otto stagioni e un totale di 67 episodi. Nel 2018 recita inoltre nel film televisivo My Dinner with Hervé.
3. Ha ricoperto il ruolo di produttore. Nel corso della sua carriera l’attore ha prodotto diversi film, tra cui l’indipendente I Think We’re Alone Now, dove figura anche come interprete accanto all’attrice Elle Fanning, e il film televisivo My Dinner with Hervé. L’attore riprenderà il ruolo di produttore anche per gli annunciati film The Thicket e The Dwarf.
Peter Dinklage e Erica Schmidt
4. È sposato. Qualche anno prima di ottenere la fama mondiale, l’attore sposa la regista teatrale Emma Schmidt, nel 2005. La coppia, particolarmente riservata, ha da quel momento mantenuto la propria vita privata lontana dai riflettori e dai social network. È noto però che i due hanno avuto due figli, rispettivamente nel 2011 e nel 2017, di cui non hanno mai rivelato il sesso o il nome.
Peter Dinklage in Le Cronache di Narnia
5. Ha recitato nel celebre film fantasy. Nel film Le cronache di Narnia – Il principe Caspian, uscito al cinema nel 2008, l’attore ricopre il ruolo del nano Trumpkin, ma risulta quasi irriconoscibile per via del pesante trucco che ne trasforma la fisionomia e in particolare il volto e la sua espressività.
Peter Dinklage in Infinity War
6. Ha preso parte al celebre cinecomic. A lungo si è dibattuto su quale personaggio Dinklage avrebbe ricoperto all’interno del film Avengers: Infinity War. Le varie supposizioni si sono tuttavia rivelate errate al momento dell’uscita del film, dove Dinklage ha interpretato Eitri, re dei nani i quali però sono giganti rispetto al resto dei personaggi. Nel film il personaggio aiuterà Thor a forgiare una nuova arma con cui fronteggiare il perfido Thanos.
Peter Dinklage in Il Trono di Spade
7. Ha vinto numerosi premi per il suo ruolo. Grazie alla serie, e brillante personaggio di Tyrion Lannister, Dinklage è stato nominato per ben otto volte consecutive come miglior attore non protagonista ai premi Emmy. L’attore ha poi vinto il premio per la prima, la quinta, la settima e l’ottava stagione, segnando un nuovo record.
8. È uno dei pochi personaggi a non aver ricevuto critiche dai fan. Il Trono di Spade è stato un enorme successo di pubblico, ma ha anche dato vita ad alcune feroci critiche circa alcune scelte fatte per alcuni personaggi o per il finale della serie. Tali critiche non hanno tuttavia mai visto protagonista il personaggio interpretato da Dinklage, che è stato invece definito il migliore della serie. L’attore è stato in più occasioni lodato per la sua interpretazione nel corso delle 8 stagioni.
Peter Dinklage: il suo patrimonio
9. È tra gli attori più più pagati della televisione. Nel corso della sua carriera l’attore ha potuto partecipare a progetti dal buon riscontro economico, ma è stata la serie Il Trono di Spade a fare la sua fortuna, permettendogli di raggiungere un patrimonio stimato di circa 25 milioni. Dinklage è stato anche tra gli attori più pagati della televisione, percependo uno salario di 1,1 milioni di dollari per episodio.
Peter Dinklage età e altezza
10. Peter Dinklage è nato a Morristown, nel New Jersey, Stati Uniti, l’11 giugno 1969. L’attore è alto complessivamente 132 centimetri.
Fonte: IMDb
    Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Peter Dinklage: 10 cose che non sai sull’attore
Divenuto celebre soltanto negli ultimi dieci anni, l’attore Peter Dinklage ha conquistato la televisione grazie al ruolo di Tyrion Lannister nella serie Il Trono di Spade, grazie alla quale ha vinto numerosi premi, affermandosi come interprete di grande talento. Dinklage è poi apparso anche in diversi celebri film degli ultimi anni, dando prova di saper […]
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Gianmaria Cataldo
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tmnotizie · 5 years ago
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SAN BENEDETTO – Martedì 1 ottobre, con un incontro di presentazione alle ore 19:00 presso il Palariviera a San Benedetto del Tronto, prenderà il via un Laboratorio di Formazione Teatrale con la direzione artistica di Eugenia Brega e Paolo Clementi del Teatro delle Foglie.
Si tratta di un percorso formativo a 360 gradi dedicato a giovani e adulti che intendano sperimentare e crescere artisticamente nella dinamica del laboratorio espressivo teatrale, luogo di apprendimento tecnico ma anche di confronto con se stessi e con gli altri, e propone la pratica attiva delle principali materie dell’Arte Attoriale: Dizione e impostazione della voce, Lettura espressiva, Recitazione e interpretazione, Mimo e clownerie, Espressione corporea e training plastico, Improvvisazione teatrale, Tecniche di rilassamento.
L’attività può essere intesa come percorso di formazione ma anche spazio per conoscere ed esplorare se stessi. Le aspettative dei partecipanti possono essere diverse, così come i livelli di esperienza. Lavoreranno insieme principianti e allievi avanzati per una precisa scelta di metodo; una “palestra per l’attore” quindi, ma anche uno spazio per coltivare la propria espressività, la propria capacità di comunicare e di creare.
Dopo il primo incontro di presentazione, le lezioni prenderanno il via l’8 Ottobre e si svolgeranno ogni martedì dalle ore 19 alle 21 presso la Sala Musical al secondo piano del Palariviera. Il laboratorio avrà la durata di 8 mesi al termine dei quali verrà allestito uno spettacolo con tutti i partecipanti. Alla fine delle attività verrà rilasciato un attestato.
Per ulteriori informazioni e per le iscrizioni si possono utilizzare i seguenti contatti: 3358119319 o [email protected]
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paolafoggetti · 7 years ago
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MODELLI DRAMMATICO/TEATRALI IN PSICOTERAPIA E RIABILITAZIONE
“…Benedetti sono quelli in cui passione e ragione sono ben mescolati che così essi non sono che flauti che il dito della fortuna possa suonare sul tasto che le piace.”
[W. Shakespeare, Amleto, tr.it. A. Serpieri, Milano, Feltrinelli, 1980, atto II, scena 2] 
Ogni essere umano fin dalla nascita impara a conoscere e poi a rappresentare il proprio “teatro”.
La “scena” di quello che siamo si costruisce nell’interazione concreta con l’altro, si organizza nel tempo attraverso il vissuto esperienziale con il mondo e la propria cultura.
Nella finzione del teatro e anche nella vita, dietro ogni “verità” c’è un processo immaginativo (Ruggieri, 2001). L’immaginazione - intesa non come fantasia, ma come immagine mentale quale elemento costitutivo dei processi cognitivi - assume un ruolo  fondamentale nel costruire l’esperienza di realtà.    
Noi rappresentiamo quello che riusciamo a immaginare.  
La mente umana è in continua evoluzione e, potenzialmente, è una mente creativa.
Il “teatro interiore” e la visione del mondo sono, quindi, un processo dinamico, immaginativo e rappresentazionale: chi siamo, dove siamo, cosa faremo.
Come tutta l’Arte-terapia la Dramma-teatro-terapia e lo Psicodramma stimolano questo processo creativo, evolutivo e trasformativo dell’uomo.
Per meglio comprendere la nascita e lo sviluppo dell’uso del Dramma come strumento curativo e di crescita espressiva è importante fare un salto temporale di oltre un secolo fa, anni in cui iniziano i grandi movimenti anticonformisti in campo artistico, politico e sociale.
 Breve rassegna storica della Prima e Seconda Riforma Teatrale: verso un “Teatro Sociale” e Psicopedagogico.  
 Dalla seconda metà dell’ottocento e per tutto il novecento avviene un processo di forte cambiamento negli ambiti artistici, psicologici e socio-pedagogici. In Germania con I Meininger, si avvia un fenomeno che prende il nome di de-teatralizzazione; la rappresentazione ossessiva per il “vero” che elimina la scenografia e utilizza attori non formati, ma persone che improvvisano se stessi sulla scena con gesti, posture libere e spontanee. In Russia, nei primi del novecento, il grande regista Kostantin S. Stanislawskij (1863-1938), avvia una ricerca sulla figura dell’attore e sul ruolo del conduttore che segna la nascita della regia teatrale e del Teatro d’Avanguardia della prima grande Riforma. Il pensiero e la tecnica sperimentale di Stanislawskij è complessa e articolata, il suo principale intento è di natura pedagogica (Ruggieri, 2001). L’attore fa un lavoro su ste stesso alla ricerca di una rappresentazione il più possibile autentica a partire dalle capacità espressive che devono risultare il più possibile “credibili”. Il sentimento autentico del personaggio è il punto d’arrivo e non di partenza del lavoro, per giungere alla sua completa identificazione con il personaggio (Ruggeri, 2001). L’individuo, attraverso l’azione, può avere la possibilità di esperire il sentimento, non prima. Solo dopo la riproduzione spontanea del gesto, che non deve essere una semplice imitazione meccanica, l’attore può profondamente essere in contatto con il personaggio. Il maestro russo intravede una forte relazione tra queste tre componenti: attività motoria (gesto)-azione-sentimento. Quello che intende sperimentare è che i sentimenti non possono essere rappresentati tout-court, ma essere generati quando l’attore vive o rivive situazioni autentiche attraverso l’azione corporea, immedesimato nel contesto esistenziale del personaggio. Rivivere interiormente la parte presuppone un lavoro costante su se stesso che consente di comunicare all’esterno situazioni interne inafferrabili. Il meccanismo interferente (l’inafferrabilità) a cui si riferisce Stanislawskij è la rigidità posturale dell’individuo, dovuta a tensioni muscolari eccessive, che bloccano, inibiscono i processi interni di immaginazione, quindi, di immedesimazione: “Se i muscoli sono tirati come corde e il corpo è legato, non se ne può far nulla. I muscoli tesi come cavi, i sentimenti come ragnatele. Non si può spezzare un cavo con una ragnatela. […] la base è dunque quella del rilassamento dei muscoli e […] solo dopo vengono gli elementi della personificazione”.
In questa direzione, assolutamente innovativa, si articola la dinamica interazione tra il regista conduttore e l’attore che insieme ricercano la verità del testo, attraverso un lavoro sulla espressività delle azioni motorie che producono il gesto epressivo. Le linee del modello Stanislawskij, essenzialmente, sono costituite dalla reviviscenza e dalla personificazione, in cui i processi d’immaginazione, appunto, hanno un ruolo fondamentale, (Ruggieri, 2001). Stanislawkij porta avanti la sua ricerca per molti anni e, nel 1905 affida a Vsevolod Mejerchol’d (1874-1940), suo allievo, la direzione di un teatro sperimentale con il quale rivoluziona l’intero paradigma teatrale: elimina la lettura del testo a tavolino, utilizza altri spazi scenici fuori dal Teatro, va direttamente in scena e sperimenta insieme agli attori, (non provenienti dal Teatro dell’Arte), nuove modalità espressive attraverso le improvvisazioni. Ben presto, però, il maestro russo si accorge che forse i tempi ancora non sono maturi, gli attori stessi hanno difficoltà a staccarsi dai metodi tradizionali di recitazione e Stanislawskij chiude do studio di Mejerchol’d. Tuttavia il lavoro continua e si aprono, poco dopo, altri Studi. Mejerchol’d fortemente condizionato dalle conquiste del teatro simbolista francese applica altre modifiche: rinnova lo spazio scenico includendo gli spettatori, che divengono un elemento co-partecipativo dell’evento teatrale.
Antonin Artaud 1896-1948), nel 1920 delinea il suo Teatro della Crudeltà, una vera rivoluzione contro la tradizione occidentale ed esprime un teatro immediato, anticonformista espresso con il “fine di liberare l’inconscio e di sovvertire pensiero e logica”, tentando di avvicinare il teatro alla vita come una forma di riscatto sociale e umano, influenzando profondamente tutta la corrente della Neoavanguardia del teatro degli anni sessanta e settanta.
Intanto, durante la seconda guerra mondiale, Bertolt Brecht (1898-1956) lascia la Germania sotto il potere nazista e avvia lo sviluppo della sua Riforma, sociale e politica del teatro che lo consacra come uno dei fondatori del teatro contemporaneo. E’ un tentativo, quello di Brecht, di modificare il tessuto sociale-politico dei suoi tempi che esorta i suoi attori a entrare nel vivere quotidiano, prima di tutto, come uomini ancor prima che attori, proclamando il rifiuto del naturalismo e del teatro borghese. Lo spettatore deve essenzialmente capire e non sentire, contrapponendosi totalmente all’identificazione di Stanislawskij. Attraverso la tecnica dell’estraneazione (Verfremdungseffekt) che propone agli attori, lo spettatore, oltre ad evitare ogni coinvolgimento emotivo, deve essere facilitato a sviluppare un atteggiamento critico e riflessivo sugli eventi rappresentati. Il metodo di Brecht (forma epica che si contrappone alla forma drammatica) è fortemente condizionato da una spinta di rinnovamento politico e istituzionale che il maestro avverte come l’unica condizione si salvezza dell’uomo che deve divenire consapevole del suo stato sociale.
Nel panorama internazionale i promotori della seconda riforma sono senza dubbio Julian Back e Judith Malina, fondatori nel 1947 del Living Theatre e non può essere dimenticato Jerzy Grotowsky (1933-1999), nonché Eugenio Barba e Peter Brook. Questi maestri si considerano in continuità con i loro colleghi dei primi decenni del secolo scorso e ripropongono la nuova riforma come per un compimento di un ciclo (Perrelli, 2009). Tutti, a diversi livelli, si confrontano con il grande primo maestro Stanislawskij, che dal 1905 in poi, insieme ad altri, diede vita al “teatro laboratorio”, quel luogo di ricerca nel quale “fosse possibile sperimentare sull’arte di un attore riscattato dalla passività e dalla ruotine della professione, addirittura dall’obbligo stesso della rappresentazione”, (Perrelli, 2009).
Grotowsky, più degli altri, cerca di approfondire e ampliare il lavoro di Stanislawskij, di “formulare delle risposte” a quesiti rimasti aperti, un impegno di ricerca che conduce per tutta la vita. Nasce così ciò che Grotowsky definisce il Teatro Povero, un teatro che mette in evidenza essenzialmente il lavoro sull’attore coinvolgendo il pubblico, eliminando ogni mezzo tecnologico e ponendo l’accento sui rapporti umani. Utilizza tecniche psico-corporee: yoga, allenamento biomeccanico di Mejerchol’d che hanno lo scopo di far emergere la psicologia dell’attore durante le rappresentazioni. La memoria dei gesti, la continua ripetizione delle singole azioni vengono elaborate fino al più piccolo dettaglio e - a differenza di Stanislawskij - il lavoro sulle piccole azioni fisiche diviene il metodo che mette in moto la verità dell’attore, affinché si rappresenti una “vita reale” nello spettacolo. Nel laboratori di Grotowsky non vengono recitati i personaggi ma si creano azioni direttamente con i ricordi personali. Il testo teatrale, quando esiste, viene elaborato e rappresentato direttamente dal vissuto personale degli attori.
Parallelamente al grande fermento della ricerca in campo teatrale che caratterizza tutta la seconda riforma, si aprono nuovi orizzonti anche nel campo della psicologia sperimentale e della psicoanalisi; si sviluppano le prime forme di cura in psicologia e riabilitazione attraverso l’uso del teatro: nasce lo Psicodramma.
 Lo Psicodramma
 E’ una tecnica formalizzata da Jacob Levi Moreno nel 1946 e rappresenta il primo tentativo di usare il teatro e l’attività di gruppo in senso terapeutico. Moreno (1889-1974) medico e filosofo, si forma a Vienna ma esercita per pochi anni la professione di medico. Si occupa dei problemi dell’espressività mediante esperienze di gruppo condotte nei campi di concentramento per prigionieri di guerra. Fonda un teatro sperimentale di recitazione a soggetto, il Teatro della Spontaneità (Steigreftheatre), che gli permette di plasmare il suo modello arteterapeutico. Nella metà del novecento si trasferisce negli Stati Uniti dove fonda un centro di ricerca sull’esperienza psicodrammatica. La tecnica dello Psicodramma si focalizza principalmente sulla spontaneità dell’azione, ovvero sulla libertà con la quale ogni individuo è in grado di assumere il proprio ruolo: unità fondamentale del comportamento umano. Moreno sollecita i membri del gruppo alla spontaneità, ad esprimere l’emotività, l’immaginazione, i propri sogni. Il lavoro consiste nel rappresentare storie, situazioni di vita attuale, passata o sognata, in cui il protagonista racconta se stesso. La tecnica drammatica moreniana ha come primo obiettivo quello di far emergere, nel qui e ora, le sensazioni, le emozioni, gli stati affettivi della vita reale dei partecipanti e intervenire nel momento stesso in cui questi vengono agiti e rappresentati. Lo Psicodramma ha una struttura ben definita e si compone di tre fasi: il riscaldamento, la rappresentazione, la condivisione. Durante il riscaldamento, i partecipanti sono invitati dal conduttore ad esternare quello che desiderano e di cui sono consapevoli in un clima protetto dalla cornice terapeutica privo di giudizi e critiche. Sono utilizzate diverse tecniche di autopercezione corporea e immaginativa guidata allo scopo di favorire condizioni che aiutino ogni membro del gruppo a lasciarsi andare e superare il blocco espressivo di aspetti di sé intimi e preziosi. Quando il gruppo si è riscaldato si passa alla fase successiva della rappresentazione: chi vuole lavorare si propone e il gruppo decide su chi sarà il protagonista. In questa fase un tema/problematica viene espressa in azione fisica e verbale, tutti gli elementi della scena vengono esteriorizzati in forma “vivente” e attiva sotto forma di personaggi e oggetti. Gli altri membri del gruppo fungono da Io Ausiliari rappresentando aspetti diversi del sé, personaggi e oggetti del protagonista così come sono da egli vissuti. Il conduttore in questa fase, come un vero regista, aiuta tutti i soggetti a entrare il più possibile, ad ogni livello, nel “personaggio” conscio e inconscio da rappresentare. Le tecniche utilizzate sono diverse e vengono scelte dal conduttore con attenzione e creatività a seconda della necessità di ogni singolo membro del gruppo. Una volta conclusa la rappresentazione si giunge alla fase della condivisione che rappresenta il momento del confronto di gruppo sui vissuti personali durante il lavoro svolto.
Moreno fin dal principio e per tutta la sua vita, studia gli effetti del lavoro psicodrammatico sottolineando l’importanza del Gruppo, come aggregazione umana. Tenta anche di creare una Scienza di gruppo e del lavoro dei gruppi. Riconosce la dimensione biologica-sociale dell’uomo in un’epoca storica in cui questi concetti erano sconosciuti.
Moreno rivolto a Freud: “Inizio là dove lei finisce. Nel suo studio lei pone le persone in una posizione artificiale, io le incontro per strada, a casa loro, nel loro ambiente naturale. Lei analizza i loro sogni, io cerco di dar loro il coraggio di sognare ancora. […]”.
 La Drammaterapia
 Il termine Dramma-terapia nasce per la prima volta nel 1959 con l’opera di Peter Slade, maestro inglese del Teatro educativo. Rispetto allo psicodramma moreniano, si afferma come disciplina, più tardi, negli anni 70 del secolo scorso in Gran Bretagna per poi diffondersi negli Stati Uniti e in Canada e solo successivamente nel resto dell’Europa.
La British Association for Dramatherapists così definisce la Drammaterapia: “… è una forma di terapia psicologica, in cui tutti gli strumenti della rappresentazione teatrale sono utilizzati all’interno della relazione terapeutica. I Drammaterapeuti sono nello stesso tempo artisti e clinici e attingono ai loro corsi di formazione in teatro/dramma e terapia per creare metodi per coinvolgere i clienti ad ottenere cambiamenti psicologici, emotivi e sociali. La terapia dà la stessa importanza al corpo e alla mente nel contesto drammatico; storie, miti, testi teatrali, burattini, maschere e improvvisazione sono esempi della gamma di interventi artistici di cui un Drammaterapeuta può servirsi…”
Negli anni a venire sono le ricerche e i lavori di Sue Jennings (1978) che sviluppano la drammaterapia in percorsi curativi e di benessere, sancendo il passaggio definitivo “tra la forma teatrale che si piega a obiettivi terapeutici e/o educativi a l’arte drammatica rinnovata nel suo rinascere nuova in ogni gruppo, terapeutica in quanto creativa”, (S. Petruzzella, 2008). S. Jennings con la sua forza metodologica riesce a dare uno statuto epistemologico alla drammaterapia e un concreto riconoscimento della professione. Nell’ambito del panorama internazionale, altri importanti contributi provengono da Brian Way, Roger Grainger e Robert Landy.
 Dramma-Teatro-Terapia e Psicodramma a confronto
Entrambi i metodi attingono all’uso di strumenti artistici per dare forma e stimolare processi formativi, riabilitativi e psicoterapeutici.
In entrambi i metodi l’attenzione è focalizzata ai processi di integrazione mente corpo ( immaginazione-gesto-espressione-sentimento-pensiero-rappresentazione)
Per la Dramma-Teatro-Terapia il corpo inteso in senso anatomico coincide con il vissuto emotivo, e i sentimenti sono il prodotto del corpo in azione. L’esperienza soggettiva del corpo fatta di sensazioni, percezioni, immaginazione, sentimenti e azioni rappresentano il sistema integrato di tutta l’esperienza terapeutica, esplorativa o riabilitativa.
L’esperienza drammatica dell’azione: la posizione del corpo (postura) e il movimento del corpo nello spazio (acting), informa e racconta una storia: “chi sono, cosa sto provando ora, cosa significa questo per me”. Tutti i livelli comunicativi: preverbali (gesti, espressioni facciali spontanee), prossemici (come il corpo si muove nello spazio relazionale e occupa lo spazio), paraverbali (ritmo, tono della voce, timbro), verbali (parole), rappresentano la complessità dell’essere umano che immagina se stesso in relazione col mondo. Nello spazio-tempo della “metafora teatrale” le azioni propongono una narrazione che ha a che fare con la vita di ognuno di noi, con pensieri, sentimenti, desideri che nella loro essenza ci appartengono. In questa accezione il teatro è universalmente comprensibile e condivisibile. Questa potenzialità fa parte della struttura profonda dell’uomo e presiede al gioco infantile, un gioco condiviso di “storie comuni”.
La scena teatrale, definisce uno spazio transizionale e opera come un ponte tra il mondo interno e quello esterno. E’ lo spazio dove l’illusione e il gioco sono accettati. Lavorando con la Dramma-terapia o con lo Psicodramma le persone sono accompagnate a portare il mondo della memoria, della fantasia e del mito nella scena terapeutica, dove il contesto del come-sé permette una maggiore libertà di esplorazione e d’espressione.
Come nel teatro, nel lavoro dramma-terapeutico è la credibilità della finzione, che consente alla persona di assumere quella giusta distanza estetica (protettiva) affinché possa immaginare e quindi rappresentare se stessa “come se” fosse un’altra, in modo, appunto credibile. In tal senso il concetto della credibilità della finzione diviene, esso stesso, un obiettivo, perché presuppone un lavoro basato sul riconoscimento, la modulazione, l’integrazione e l’espressione dei propri stati affettivi, attraverso l’esperienza di sé.
Gli aspetti terapeutici del teatro hanno antiche origini, già Aristotele nella sua Poetica introduce il concetto di catarsi come la purificazione e liberazione delle forti passioni rappresentate nella tragedia greca.
Oggi le evidenze della ricerca psico-neuro-fisiologica, le scienze cognitive, nonché gli studi sull’infant research, spiegano meglio come e perché gli interventi integrati mente-corpo, in arteterapia possono essere efficaci strumenti di cura e di crescita personale.
Lavorare con le tecniche teatrali in psicologia e riabilitazione consente di svelare delle parti più autentiche di sé che possono essere bloccate o inibite sotto la maschera dei ruoli sociali-educativi, permettendo il recupero della spontaneità e della libertà creativa.
Lo Psicodramma e la Dramma-teatro-terapia sono metodi psicoterapeutici simili, che hanno radici comuni, ma si focalizzano su diversi aspetti del processo espressivo.
Diversamente dallo Psicodramma, la Drammaterapia o Teatroterapia non ha un singolo fondatore e negli ultimi trent’anni questa disciplina è andata sempre più evolvendosi integrando paradigmi teorici e clinici diversi, divenendo sempre più sofisticata.
Le differenze principali tra le due discipline arteterapeutiche riguardano la diversificazione dei metodi utilizzati: lo Psicodramma moreniano non utilizza una “metodologia teatrale” e non ha un “paradigma artistico” ma utilizza il lavoro dei ruoli e il teatro solo come metafora. Mentre la Drammaterapia è un Arteterapia in senso stretto, assume nella sua complessità l’intero impianto teatrale: spazio scenico, percezione dello spazio, presenza scenica, allusione scenica, ruoli, personaggi, burattini, maschere, musica, tecniche psicocorporee, lavoro sulla voce, improvvisazione, immaginazione, rappresentazione. Inoltre la Drammaterapia lavora indirettamente sui vissuti autobiografici e sui contenuti inconsci della persona, modulando la distanza estetica, mentre nelle regole dello Psicodramma i partecipanti lavorano direttamente sui contenuti consci e inconsci della propria storia individuale.  
Per entrare sempre più nella complessità dell’intervento arteterapeutico del Dramma un’altra differenza tra i due metodi consiste nella diversa gestione delle dinamiche di gruppo. Foulkes (1964, p.104) utilizza il concetto di “matrice” per indicare il terreno comune da cui si genera un gruppo, inoltre la matrice rappresenta l’elemento comune che permette la comunicazione tra i membri. Qualsiasi comunicazione del gruppo e al gruppo, sia in forma verbale che in forma non verbale, provoca una risonanza negli altri membri del gruppo e nel terapeuta. Le dinamiche possono essere evidenziate dal conduttore e vengono affrontate in gruppo. La matrice quindi, riguarda il gruppo in qualsiasi contesto intersoggettivo, sia che si riferisca ad un gruppo analitico, psicodrammatico o drammaterapeutico. La differenza consiste, nell’importanza attribuita e nella modalità di intervento che il conduttore mette in atto, a seconda dello scopo da perseguire.
Nella Drammaterapia la matrice del gruppo viene esplorata in modo libero e fluttuante, mentre nello Psicodramma viene definita nei primi cinque minuti di una sessione ed informa sulla scelta del protagonista.
Anche il ruolo del terapeuta cambia a seconda delle tecniche utilizzate. Nello Psicodramma il conduttore è maggiormente direttivo, mentre può avere una presenza più facilitante il dramma-terapeuta, ma sostanzialmente le funzioni principali sono le stesse: analista, terapeuta, leader di gruppo, regista.
Nel lavoro dramma-terapeutico molto spesso possono essere presenti le prove e lo spettacolo, una performance conclusiva.
In Italia i paradigmi teorici contemporanei (Ruggieri, Petruzzella, Cavallo, Rossi e altri) e le ricerche nel campo delle Artiterapie collocano la Drammaterapia come una disciplina di confine tra Scienza e Arte, partendo dall’idea che ogni individuo abbia delle capacità drammatiche naturali e intersoggettive fin dal suo sviluppo: imitazione, identificazione, risonanza empatica, sintonia affettiva, potenzialmente attive per tutta la vita. In Dramma-Teatro-Terapia i copioni da rappresentare come strumento terapeutico, educativo e/o riabilitativo sono generalmente scelti da testi del teatro, classico e/o contemporaneo proposti dal conduttore o dai partecipanti, ma vengono utilizzate anche storie autobiografiche, poesie, racconti, etc. I testi, improvvisati o non, vengono scelti tenendo conto delle esigenze terapeutiche e degli obiettivi da perseguire. Anche in questo caso le fasi sono assimilabili al modello psicodrammatico e possono essere sintetizzate in: fondazione (conoscenza iniziale e utilizzo di tecniche psicocorporee), creazione (messa in scena del testo con tutti i suoi elementi e la rappresentazione), condivisione (lavoro di gruppo sull’esperienza drammatica).
  Nel Teatro, come nella pratica Drammaterapeutica, “il corpo gioca a “mettere in scena”, a portare esistenza, altri immaginari possibili. La creazione di un nuovo “qui e ora” annoda mille immaginari possibili…”, (V. Ruggieri, 2001). Un corpo presente “contiene” dinamicamente la concretezza della libertà immaginativa tra passato e futuro.
Paola Foggetti
Articolo integrale su www.teoriaperta.it
 Bibliografia
Acocella, M.C., Rossi O. (2017), “Le nuove arti terapie. Percorsi nella relazione d’aiuto”. Roma, Franco Angeli Editore.
Aristotele, "La poetica", (1987), Firenze, La Nuova Italia.
Artaud, A. (1968), "Il teatro e il suo doppio" Torino, Einaudi Editore.
Brook, P. (1993), "La porta aperta", in BROOK, P., (1968). "The empty space". Trad.It. "Lo spazio vuoto", Bulzoni Editore, 1998.
Cavallo, M. (1997), "Teatro e psicologia: un incontro necessario", Informazione in psicologia, psicoterapia, psichiatria, n. 31.
Diderot, D. (1993), "Il paradosso dell'attore", Roma, Editori Riuniti.
Fuolkes, S.H. (1976), “La psicoterapia gruppoanalitica. Metodi e principi”, Roma, Astrolabio.
Grotowski, J. (1968), "Towards a Poor Theatre", Trad.It. "Per un teatro povero", Roma, Bulzoni Editore, 1970.
Jennnings, S. (1987/92), "Dramatherapy. Theory and practice", vol. 1 & 2, London, Routledge.
Landy, R.J. (1994), "Drama Therapy: Concepts, Theories and Practices", Springfield, Thomas, Trad.It. "Drammaterapia. Concetti, teorie e pratica", Roma, Edizioni Universitarie Romane.
Mejerchol’d, V. (1993), "L'attore biomeccanico", Milano, Ubulibri.
Moreno, J.L. (1985), "Manuale di psicodramma. Il teatro come terapia", Roma, Astrolabio.
Perrelli, F. (2009), “I maestri della ricerca teatrale. Il Living, Grotowski, Barba e Brook”, Editori Laterza.
Petrella, F. (1985), "La mente come teatro. Antropologia teatrale e psicoanalisi", Torino, C.S.T.
Pitruzzella, S. (2014), “Mettersi in scena. Drammaterapia, creatività e intersoggettività”, Roma, Franco Angeli Editore.
Ruggieri, V. (1996), "L'esperienza teatrale: inquadramento psicofisiologico", Informazione in psicologia, psicoterapia, psichiatria, n. 27.
Ruggieri, V. (1997), “L’esperienza estetica. Fondamenti psicofisiologici per un’educazione estetica”, Armando Editore
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Stanislawskij, K. (1982), "Il lavoro dell'attore su se stesso", Bari, Laterza Edizioni.
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sciscianonotizie · 5 years ago
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‘Come una bestia’, l’uomo gladiatore degli istinti all’Arena Spartacus Festival
Santa Maria Capua Vetere, 10 lug. – Fra la realtà materiale e l’immaginario si inseriscono le categorie del simbolico. Lo spettacolo teatrale ‘Come una bestia’, in cartellone all’Arena Spartacus Festival, Baracca dei Buffoni, sintetizza perfettamente l’aderenza tra il mondo animale ed i comportamenti umani. A dare vita agli istinti animaleschi è la vivace espressività dell’attore Antonio Perna...
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casalcova · 5 years ago
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LA VOCE ESPRESSIVA
NUOVO MODULO !!
Seminario teatrale di espressività vocale
condotto da Francesco Ghezzi
Dal 19 novembre per 4 martedì
Rivolto a cantanti, attori, e a tutti coloro a cui serva usare con espressività e naturalezza la voce, il seminario ha l’obiettivo di lavorare in maniera intensiva sulla comunicatività e l’intensità della propria interpretazione vocale.
Ognuno possiede una voce in grado di esprimere un’infinita varietà di emozioni e di pensiero. Ma le tensioni accumulate, le difese, le inibizioni e le reazioni negative a quello che viviamo riducono l’efficenza della comunicazione.
Attraverso una serie di esercizi scioglieremo i nodi che tengono legate le grandi potenzialità che ognuno di noi ha dentro sé, divenendone consapevoli. Impareremo ad usare con consapevolezza i personali spazi di energia e risonanza, sfrutteremo la qualità dell’emozione, ci serviremo delle innumerevoli e naturali sfumature emotive liberando le risorse interne. Perché la voce è uno strumento vivo, sensibile e dalle innumerevoli e ricchissime sfaccettature.
Inizio: 19 novembre 2019
Durata: 4 incontri (martedì 19 e 26 novembre, 3 e 10 dicembre)
Orario: dalle 20.30 alle 22.45
Costo: 50 euro + tessera associativa annuale (10 euro)
Dove: Piacenza, spazio Farnese41
Per info e prenotazioni puoi scrivere a
www.kabukista.it
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pangeanews · 5 years ago
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Franca Valeri 100 anni! Ritratto di una donna geniale, dall’intelligenza sopraffina, autentico modello di femminilità (altro che Barbie…)
Iniziamo con un aneddoto. Alla morte di Alberto Sordi, nel giugno del 1990, fra le centinaia, migliaia di necrologi, spiccava quello, ironicamente sintetico, di Franca Valeri, che, dalle pagine del “Corriere della sera”, così salutava il collega di tanti set: Ciao, Cretinetti. Con quell’epiteto così sarcasticamente milanese, Elvira Almiraghi/Franca Valeri, l’imprenditrice co-protagonista de Il vedovo (1959), si rivolgeva al marito, interpretato appunto da Sordi, adultero maldestro, affarista di scarse fortune e di ancor più scarso intuito criminale. Ma, nella memoria collettiva, Elvira è solo una delle tante facce della “Franca nazionale” (all’anagrafe Franca Maria Norsa), che il 31 luglio compie cento anni.
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A questa presenza così incisiva nel panorama cinematografico, televisivo, ma anche teatrale (senza dimenticare che da molto tempo Franca Valeri si dedica con successo alla regia di opere liriche) Aldo Dalla Vecchia dedica Viva la Franca. Il secolo lieve della Signorina Snob (Graphe.it), agile volumetto che ripercorre le tappe della carriera di questa figura così poliedrica, a partire dall’infanzia, con la fascinazione precoce per la lirica: “I miei primi sei anni furono pieni di avvenimenti: cambiammo indirizzo e i miei mi portarono per la prima volta alla Scala a vedere Il Trovatore. L’opera mi piacque subito. Non capivo molto, ma vedere il sipario, le scene, i cantanti, e poi la musica ha sempre avuto su di me sempre un potere irreversibile: mi sembrava di aver varcato la soglia di un mondo migliore”.
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Riservata, educata, elegante e melomane fin da bambina, la piccola Franca ha già nell’infanzia il teatro nel sangue, e un mito sopra tutti: Ettore Petrolini, di cui la piccola conosce tutte le battute, e che una sera, dopo lo spettacolo, di fronte alla dichiarazione di ammirazione della giovanissima fan, la prende addirittura in braccio, per la gioia della bambina. Un incontro che segna, insomma. Dopo il liceo, e gli orrori della guerra, Franca si dedica al teatro: a conti fatti, fu forse una fortuna che, dopo aver sostenuto un provino nei panni di Elettra di Les Mouches di J.-P. Sartre per entrare nell’Accademia Silvio D’Amico, Franca non fosse stata ammessa. A questo punto, infatti, diventerà fondamentale l’esperienza del romano Teatro Arlecchino, dove la Valeri, lavorando insieme ad altri giovani artisti, prenderà sempre più coscienza dei suoi straordinari mezzi espressivi. Da lì verrà poi l’avventura parigina del Teatro dei Gobbi, in cui, insieme ad Alberto Bonucci e Vittorio Caprioli, inaugurerà un tipo di spettacolo dal vivo ancora sconosciuto in Italia, fatto di sketch brevissimi, dialoghi fulminanti, battute a raffica, ritmo frenetico, grande uso di mimica ed espressività corporea: e, sullo sfondo, invece delle elaborate scenografie in auge nel teatro del tempo, un semplice fondale.
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E se poi pensiamo ai film, vediamo attuarsi l’assoluto paradosso che racchiude l’unicità di Franca Valeri: i film da lei interpretati si concentrano negli anni Cinquanta, con uno strascico nel 1961 e 1962 (in cui ella interpretò rispettivamente Leoni al Sole e Parigi o cara). Il suo anno d’oro è il 1955, in cui girò ben cinque pellicole, con il primo ruolo da protagonista in Piccola Posta, di Steno. Qui Franca Valeri compie un doppio salto mortale attoriale, nel ruolo della eccentrica baronessa Eva Bolasky, “polacca per parte di madre”, dall’incredibile chioma platinata, curatrice della rubrica di consulenza sentimentale di “Lady Eva” su un noto rotocalco, dalle cui pagine, dall’alto delle sue esotiche ascendenze nobiliari, consiglia le lettrici in ambasce per patemi amorosi. In realtà, la baronessa polacca si chiama Filomena Cangiullo e vive in una casetta della periferia romana in compagnia della madre, che la aiuta a smaltire la montagna di missive ricevute dalle lettrici. Nel film, le vicende dell’esotica e inesistente baronessa si intrecciano con quelle di Rodolfo Vanzino Castelfusano d’Arezzo, intrepretato da Alberto Sordi, che alla fine, nella classica scena risolutiva al commissariato, si scoprirà essere un millantatore e truffatore, specializzato in colpi ai danni di ingenue vecchine.
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Ma è Il segno di Venere, di Dino Risi, pure del 1955, a far brillare il genio peculiare di Franca Valeri, che, in questa pellicola interpreta Cesira, cugina di Agnese, interpretata da una ventunenne Sophia Loren. Le due ragazze vivono a Roma con il papà di Agnese, interpretato da Peppino De Filippo, e con una zia, una strepitosa Tina Pica. Intorno ad Agnese, bellissima e procace, ma anche attorno alla più dimessa Cesira si crea una girandola incredibile di situazioni imbarazzanti e grottesche, grazie anche a una serie di personaggi maschili molto caratterizzati, fra i quali Vittorio De Sica (il poeta truffatore), Raf Vallone (l’onesto vigile del fuoco) e Alberto Sordi (il faccendiere aduso a vivere di espedienti). La sceneggiatura, scritta quasi solo da Franca Valeri, con alcuni consigli di Edoardo Anton ed Ennio Flaiano, rivela tutto il genio di questa donna: Cesira, infatti, non è il solito personaggio di contorno, nonostante al suo fianco brilli la solare imponenza della Loren. Cesira, protagonista del film e “motore” di tutti gli incontri, è un’autentica romantica, ridimensionata dalla conoscenza dei propri limiti e dalle batoste a getto continuo: Cesira è rimasta al palo, ma, tuttavia, continua a provarci. Questo fa de Il segno di Venere il film che rivela la sommersa, cinica malinconia dell’attrice. Poi, venne Il Vedovo: e quale donna non vorrebbe avere l’intelligenza pragmatica, l’asciutta capacità di azione, la decisione di Elvira?
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Gli anni Sessanta si aprono invece con due grandi film: Leoni al sole (1961) e Parigi o cara (1962). Il primo, diretto da Vittorio Caprioli, che era allora compagno di Franca Valeri, interpretato da Caprioli stesso insieme a Carlo Giuffré e Philippe Leroy, riflette sui temi del cameratismo maschile, dello scollamento fra l’immagine ideale di eterno conquistatore che ogni uomo accarezza e l’impietoso passare del tempo, accennando anche – particolare temerario per l’epoca – la tema dell’impotenza. Nella seconda pellicola, la coppia Caprioli-Valeri si spinge anche più in là: Franca Valeri interpreta una donna eccentrica, Delia, che veste abiti incredibili e si acconcia con parrucche sempre diverse, la quale da Roma si trasferisce a Parigi per raggiungere il fratello. Ma i suoi sogni di gloria si infrangeranno contro la dura realtà della vita in una metropoli: Delia finirà per vivere in un appartamentino claustrofobico e con le finestre murate nella squallida periferia cittadina, e vedrà la Tour Eiffel solo quando starà sulla via del ritorno, accingendosi a rientrare in Italia con il pizzaiolo (interpretato da Vittorio Caprioli) da sempre innamorato di lei, ma rinunciando anche a tutti i suoi sogni di gloria. Il film è modernissimo, con dialoghi magnifici, e pervaso da un’estetica camp straordinaria, presenta anche, con le dovute cautele data l’epoca e la censura sempre in agguato, il tema dell’omosessualità, grazie alla figura del fratello di Delia, interpretato da Fiorenzo Fiorentini.
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Gli anni Settanta porteranno meno ruoli cinematografici, ma memorabile è la spassosa caricatura di una regista, chiaramente ravvisabile in Lina Wertmüller, che la Valeri offrirà in quel cult che è Ultimo tango a Zagarol (1973), in cui ella interpreta l’equivalente che nel film di Bertolucci è il giovane Jean-Pierre Léaud. L’ultimo suo ruolo al cinema è nel 1983, in una commedia all’italiana; ma nel frattempo Franca Valeri ha capito, con intelligenza sopraffina, il potere sempre crescente che ha la televisione: sul piccolo schermo ella aveva debuttato fin dal 1956, con Idillio villereccio di G. B. Shaw, diretta da A. Falqui e in coppia con Caprioli, e memorabile sarà nel 1968 il suo ritorno al teatro in TV con Felicita Colombo, commedia brillante di G. Adami. Ma nemmeno negli show veri e propri manca la zampata della Valeri, a partire da La regina e io (1957), curioso prototipo del salotto televisivo con Nilla Pizzi: e poi arriveranno Stasera Rita, Studio Uno, Sabato sera, sino a Magazine 3 e La posta del cuore negli anni Novanta, in cui Franca Valeri perfeziona e dipana il suo personale repertorio di personaggi, dalla Signorina Snob alla Sora Cecioni a Cesira la manicure. Per chi, come me, era adolescente negli anni Novanta, Franca Valeri poi è stata la presenza fissa di tante fiction (Norma e Felice, nel 1995, con Gino Bramieri; Caro Maestro e Caro Maestro 2; Linda e il Brigadiere nel 2000).
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Guardando all’intelligenza di questa donna così moderna sin da quando, negli anni Cinquanta, alle ragazze si proponeva quasi esclusivamente il modello femminile dell’Angelo del focolare, viene da chiedersi se un vero modello per la donna italiana del tempo – e anche di oggi – non sia proprio questa attrice dal talento proteiforme, capace di reinventarsi mille volte e di attraversare un secolo con la sua creatività. Certo, Franca Valeri, per nascita, educazione, gusti, non era propriamente un modello alla portata di tutti; ma magari le ragazze degli anni Venti del ventunesimo secolo, invece di correre dal tatuatore e dal chirurgo plastico per essere tutte uguali a un unico modello (Barbie?), pensassero a costruire se stesse come una opera d’arte frutto di creatività e intelligenza!
Silvia Stucchi
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