#Edizioni Solfanelli
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pier-carlo-universe · 29 days ago
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Eleonora Duse: Un omaggio alla Divina che divenne fuoco. Museo d'Arte Costantino Barbella. Chieti
Martedì 14 gennaio 2025, alle ore 17, presso il Museo d'Arte Costantino Barbella di Chieti, si terrà la presentazione del libro Eleonora Duse.
Martedì 14 gennaio 2025, alle ore 17, presso il Museo d’Arte Costantino Barbella di Chieti, si terrà la presentazione del libro Eleonora Duse. Come l’onda sulla duna, la Divina che divenne fuoco (Edizioni Solfanelli). L’evento è organizzato da Auser Unitel Chieti e vede il patrocinio del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”, dell’Associazione Culturale Terra dei Padri, di Unitel Auser, e del…
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muatyland · 2 months ago
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Intervista natalizia all'Autore Vittorio Piccirillo
View this post on Instagram A post shared by MuatyLand.com (@muatyland) Ben tornati a tutti lettori, oggi tornano le interviste del Calendario dell’Avvento, in collaborazione con Be Strong edizioni e Il blog di Eleonora Marsella. Può parlarci dei suoi libri pubblicati finora? A oggi ho pubblicato tre romanzi della serie “Pattuglia Stellare” (“La Nebulosa Degli Spettri”, 2009, Solfanelli; “La…
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nardonews24 · 2 years ago
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IL VIDEO DELLA PRESENTAZIONE DEL SAGGIO SU "GIUSEPPE MARIO ARPINO
IL VIDEO DELLA PRESENTAZIONE DEL SAGGIO SU “GIUSEPPE MARIO ARPINO
Nel Chiostro dei Domenicani la Presentazione del saggio sul modugnese “Giuseppe Mario Arpino. Il diplomatico di Ferdinando II di Borbone” (edizioni Solfanelli e presentazione di Marino Pagano) – Interventi di Crocifisso Aloisi (moderatore) e Edoardo Vitale (direttore della storica rivista “L’Alfiere” e Presidente di “Sud e Civiltà “) – Video di Mauro Longo (more…)
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bibliotecasanvalentino · 5 years ago
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In Biblioteca puoi scoprire autori e opere che non conoscevi o di cui avevi sentito parlare ma che ancora non avevi avuto modo di leggere. Ed è per questo che abbiamo deciso di dedicare un angolo alla scoperta di questi "tesori nascosti".
Oggi l'opera e l'autore prescelti sono: "Pensieri eretici" di Massimo Carulli.
Massimo Carulli, nato e cresciuto a Scerni, in provincia di Chieti, inizia la sua attività di fumettista nel 2015, proponendo storie ambientate nella sua terra, l'Abruzzo, esordendo nella scena letteraria con la casa editrice teatina Edizioni Tabula Fati diretta da Marco Solfanelli.
Il mondo della graphic novel e del fumetto d’autore costituiscono nicchie letterarie, davvero dei mondi a parte (specie nel panorama editoriale italiano) conosciuti ed apprezzati soprattutto dagli appassionati e dagli intenditori del genere. Io ammetto di essere una profana del settore, più legata alle parole che alle immagini, eppure mi sono accostata con interesse e curiosità ai disegni di Carulli, seguendone il tratto schietto e preciso, rincorrendo insieme al flusso della narrazione anche il movimento delle sue linee in bianco e nero. E proprio dalle linee della sua bic nera, con intensità, ironia e un carattere spiccatamente originale, vengono raccontati in questa raccolta i tanti aspetti (e le altrettante contraddizioni) della terra abruzzese, attraverso il personaggio di Tumass: un personaggio che ricorre nelle opere di Carulli, itinerante come itineranti sono pure le narrazioni di cui è protagonista, oltre che interprete di tematiche attuali e profonde. L’autore, infatti, con i suoi lavori ci e si racconta e induce chi legge a sorridere (in alcuni casi di un riso amaro) ed a riflettere sui temi dell’emigrazione, del lavoro, della famiglia, della religione, della politica, dei sentimenti.
La raccolta a fumetti “Pensieri eretici” è una vicenda che narra di santità ed eresia, di storia e memoria, indagando anche su quella forma di religiosità che spesso diventa indottrinamento e strumento di propaganda politica. Il titolo di quest’opera è forse l’aspetto che più mi ha incuriosita, suggerendomene quasi la lettura, e proprio a partire dal suo titolo ho cercato di trarre una mia personale interpretazione. “Pensieri eretici” suona sì provocatorio al primo impatto, ma l’etimologia dell’aggettivo “eretico” ne restituisce una lettura di un livello diverso, più profondo: “eresia” in greco indica la scelta e anche l’avere un’opinione divergente rispetto al senso comune, perciò è qualcosa che ha a che vedere (anche) con il coraggio.
Ho capito di essere nella “giusta direzione” una volta arrivata alla conclusione della raccolta di Massimo Carulli che affida ad una poesia/preghiera di Don Luigi Ciotti proprio sull’eresia e l’essere “eretici” il significato stesso della narrazione:
Vi auguro di essere eretici.
Eresia viene dal greco e vuol dire scelta.
Eretico è la persona che sceglie e, in questo senso
è colui che più della verità ama la ricerca della verità.
E allora io ve lo auguro di cuore
questo coraggio dell’eresia.
Vi auguro l’eresia dei fatti
prima che delle parole,
l’eresia della coerenza, del coraggio,
della gratuità, della responsabilità
e dell’impegno.
Oggi è eretico
chi mette la propria libertà
al servizio degli altri.
Chi impegna la propria libertà
per chi ancora libero non è.
Eretico è chi non si accontenta
dei saperi di seconda mano,
chi studia, chi approfondisce,
chi si mette in gioco in quello che fa.
Eretico è chi si ribella
al sonno delle coscienze,
chi non si rassegna alle ingiustizie.
Chi non pensa che la povertà sia una fatalità.
Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo
e dell’indifferenza.
Eretico è chi ha il coraggio
di avere più coraggio.
Recensione a cura di Rita Pagliara
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anticattocomunismo · 6 years ago
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Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira (1929-2018)
Arnaldo Vidigal Xavier da Silveir apparteneva, tanto dal lato paterno quanto dal materno, a famiglie conosciute in Brasile per il loro rilievo, specialmente nella politica, nel diritto e nell’imprenditoria. Nacque nel 1929 in San Paolo del Brasile dove fece i suoi studi presso i padri gesuiti, prima nel Colégio São Luiz, poi nel Seminário Central da Imaculada Conceição.
In seguito entrò alla Facoltà di Diritto della Universidade Católica de São Paulo, dove, nel 1956, si diplomò in Scienze Giuridiche e Sociali. Esercitò la professione di avvocato fino agli ultimi giorni, dirigendo anche il dipartimento giuridico della nota impresa di costruzioni Adolpho Lindenberg. Fu professore di Propedêutica da História  e poi di Morale e Sociologia nella Facoltà di Filosofia, Scienze e Lettere   São Bento, e nella Facoltà di Scienze economiche Coração de Jesus, entrambe della Pontificia Università Cattolica d San Paolo.
Fu uno dei fondatori del mensile di cultura Catolicismo, edito sotto l’egida di mons. Antonio de Castro Mayer, vescovo di Campos, e autore di importanti studi sopra il Magistero della Chiesa, il Magistero Conciliare e l’infallibilità pontificia. Tra i suoi numerosi scritti, rivolti innanzitutto alla difesa della Fede cattolica e della ortodossia, senza nessuna preoccupazione da parte sua di carriera o prestigio accademico, ricordiamo:
Qual é a autoridade doutrinária dos documentos pontifícios e conciliares(nº 202, out. 1967);
Não apenas a heresia pode ser condenada pela autoridade eclesiástica(nº 203, nov. 1967);
Atos, gestos, atitudes e omissões podem caracterizar o herege(nº 204, dic. 1967);
Em resposta a um imaginário leitor progressista (nº 206, feb. 1968);
Pode um católico rejeitar a Humanae Vitae? (nº 212/214, ago-ott. 1968);
Pode haver erro em documento do Magistério? (nº 223, luglio 1969);
Resistência pública a decisões da autoridade eclesiástica (nº 224, ago. 1969).
Questi studi hanno avuto grande ripercussione e sono stati riprodotti dalla stampa cattolica di tutto il mondo. Alcuni di essi sono stati tradotti in inglese e pubblicati con il titolo Can Documents of the Magisterium of the Church Contain Errors? (The American Society for the Defense of Tradition, Family and Property – TFP, Spring Grove, Pennsylvania 2015),
Nel 1970 Arnaldo Xavier da Silveira pubblicò, in edizione limitata, le Considerazioni sull’“Ordo Missae” di Paolo VI che includeva uno studio sulla Ipotesi teologica di un Papa eretico. Il lavoro fu poi pubblicato in francese, con il titolo La Nouvelle Messe de Paul VI: Qu’en Penser? (Diffusion de la Pensée Française, Chiré-en-Montreuil 1975), ma la diffusione dell’opera, secondo quanto pensava l’autore, fu proibita dallo stesso Paolo VI. La parte dedicata al “Papa eretico” tradotta nel 2016 a cura di Inter Multiplices Una Vox, è stata pubblicato in italiano, con il titolo Ipotesi Teologica di un Papa eretico dalle Edizioni Solfanelli di Chieti, e nel 2018 in inglese, con un nuovo capitolo e aggiornamento con il titolo, Can a Pope be … a heretic? (Caminhos Romanos, Portugal 2018). Nel 2017 Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira fu uno dei primi firmatari della Correctio filalis a papa Francesco. Nel convegno sul modernismo organizzato nel giugno del 2018 dalla Fondazione Lepanto, il suo nome è stato spesso ricordato come uno dei più seri studiosi contemporanei della crisi della Chiesa.
Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira è stato membro fondatore e uno dei direttori della Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Família e Propriedade, la prima delle associazioni con questo nome (TFP) che esistono oggi in numerosi paesi dei cinque continenti, tutte ispirate all’opera e al pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira. Confortato dai sacramenti della Chiesa, è morto a San Paolo il 19 settembre di quest’anno, in seguito a complicazioni cardiache. Lascia una vedova e quattro figli e nipoti.
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pangeanews · 6 years ago
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A 80 anni dalla morte, ci vergogniamo di D’Annunzio. Per leggerlo come si deve bisogna andare in Francia o sfogliare una rivista a Londra
Va a finire che tocca arpionarsi alle bianche scogliere di Dover per capire chi è stato. In life, he played. E giocò bene, va detto. Su Granta, che non è esattamente una fanzine reazionaria ma una delle più importanti riviste letterarie d’Albione (nata nel 1889 dall’entusiasmo di un pugno di studenti di Cambridge, risorta negli anni Settanta, ha la fama di far esordire i futuri campioni delle patrie lettere, tra i tantissimi ha pubblicato Martin Amis e Kazuo Ishiguro, Hanif Kureishi e Salman Rushdie, Zadie Smith e Jeanette Winterson), Rebecca Watson firma un appassionato reportage dal Vittoriale degli Italiani, Five are the fingers, and five are the sins. Interessante il sobrio finale. “L’uomo che è stato il prototipo del fascismo, che ha sperimentato, in profonda apatia, gli effetti della fama e del potere, si indebolì. I discorsi si interruppero, ma la scrittura continuò. A 74 anni è morto di emorragia cerebrale, dopo vent’anni passati al Vittoriale, un tempo sufficiente per riposare, per perfezionare la sua già stravagante dimora, per camminare, per leggere, per traviare, ma non, a quanto pare, per rimpiangere”.
*
Gabriele D’Annunzio ha giocato la vita, se l’è giocata tutta – e ora è diventato una macchietta, un fumetto. Parto da un dato di fatto. D’Annunzio muore nel 1938, 80 anni fa. L’editoria, dell’anniversario, se ne è voluttuosamente fottuta. Piccole cose per tenaci editori (Il fastello della mirra. Autobiografia, per Bibliotheka; L’uomo che rubò la ‘Gioconda’ per Solfanelli; Italia o morte per Idrovolante; Temperino Rosso ripropone Il piacere mentre Salerno pubblica la Francesca da Rimini), qualche studio eccentrico (Chez D’Annunzio di Marcel Boulenger per Odoya; D’Annunzio. Tra le più moderne vicende di Gianni Oliva per Bruno Mondadori; D’Annunzio e il piacere della moda di Giordano Bruno Guerri per Rubbettino), poco altro. Dove sono i testi inediti, gli studi clamorosi, le antologie divulgative? Cosa è successo? C’è che ci vergogniamo del poeta-soldato, del poeta romanziere, del poeta vertiginoso, dell’uomo che scrisse come un dio (meglio di Oscar Wilde), volle essere onorato come una divinità e oggi è pigliato a uova in faccia. Già. Se negli Usa ogni peto di Hemingway – saggio spurio, lettera prepuberale, racconto osceno nel cassetto – è venduto come un diamante, da noi Hemingway è usato per stigmatizzare il guerrafondaio D’Annunzio (“Chi meglio ha sintetizzato questi sentimenti è stato Ernest Hemingway: ‘Capito il figlio di puttana?/ Mezzo milione di mangia spaghetti morti/ E lui se ne fotte’”, così Andrea Cortellessa nella ‘riveduta’ Antologia dei poeti italiani nella prima guerra mondiale).
*
Poco giova, d’altronde, misurare il grado di candida purezza dei poeti – che tali sono perché hanno l’anima lurida, per altro, e sempre qualcosa da farsi perdonare. L’Ungaretti che scrive a Mario Puccini del “D’Annunzio che fa ‘le pose plastiche’ in ginocchio davanti ai feretri… ‘eterna modella’ che mentre in ogni casa d’Italia c’è il lutto… fa il fatuo esteta”, è quello che adorna l’edizione 1923 del Porto sepolto con una Presentazione di Benito Mussolini (che ne scrive come di “una testimonianza profonda della poesia fatta di sensibilità, di tormento, di ricerca, di passione e di mistero”), al quale, si sa, il protagonismo del Vate non andava giù. Così, nell’anno dell’anniversario della morte, chi vuole leggere di D’Annunzio si deve nutrire delle 700 pagine che gli dedica Maurizio Serra nella biografia, D’Annunzio le Magnifique, edita in Francia, da Grasset; oppure fa un giro al Vittoriale leggendo Granta, a Londra. Il resto, sono gli articoli didascalici usciti per il centenario dal ‘volo su Vienna’. D’Annunzio, appunto, ridotto a puro gesto, a ornamento inane, a macchietta.
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Il punto non è cosa ti piace, ma chi sei. Parlare di D’Annunzio – per chi ancora lo conosce – è roba da bar: c’è chi ne difende l’etica, l’egida dell’estetica, chi lo fa a fette con il tagliaunghie – meglio Alcyone, ché il resto è fuffa retorica – chi lo interpreta come virus fascista, con lenti politiche. D’Annunzio, genio lirico totale – fece poesia anche facendo pubblicità – è inafferrabile: ci fosse qualcuno, oggi, a condurci verso la grande sbornia di Fiume (per altro, rileggetevi la Carta del Carnaro, please: “La Repubblica del Carnaro è una democrazia diretta che ha per base il lavoro produttivo e come criterio organico le più larghe autonomie funzionali e locali. Essa conferma perciò la sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione; ma riconosce maggiori diritti ai produttori e decentra per quanto è possibile i poteri dello Stato, onde assicurare l’armonica convivenza degli elementi che la compongono”), chi ha il coraggio di dar fede alle fole di un poeta?
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Per carità, colpa sua: D’Annunzio è l’icona della contraddizione, a forza di voler piacere risulta insopportabile, non possiamo semplicemente leggerlo?
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Vorrei dire un’altra cosa, ora. D’Annunzio fonda l’identità italiana moderna. Letteraria, eroica, ironica, anarchica. Sta nelle nostre vene anche quando vorremmo tagliarcele. Esempio. Il padre di mio zio, piemontese, comunista, ha raccolto i giornali che censiscono la morte di D’Annunzio. Lo zio li ha conservati, per donarli a me, anche se di reliquie m’importa nulla. Mio zio è cresciuto a casa della zia, partigiana onorata dallo Stato, affittava una parte della casa alla sede del PCI locale, gli veniva il conato in gozzo solo a sentir parlare di D’Annunzio. Eppure, in casa custodisce le prime edizioni di molte sue opere. E i giornali. Di cui mi ha fatto dono il Natale scorso. Perché? Perché si fa, perché la poesia si eleva sulle convinzioni politiche, perché D’Annunzio è D’Annunzio. L’elzeviro di prima pagina de La Stampa, 2 marzo 1938, dal titolo vertiginoso (Poeta dei nostri destini), recita: “Gabriele d’Annunzio è morto! D’un tratto, la notizia coglie e percuote le fantasie e i cuori, come alcunché di assurdo e inverosimile. Così immedesimato era quest’Uomo nello spirito di nostra gente, e così vivo; da cinquant’anni era la sua presenza nella storia nostra, e nel pensiero e negli affetti, così sovrastante ed eccelsa, che se non l’idea stessa di perennità, certo, oscuramente, misteriosamente, pareva legata ormai alla sua immagine, eroica, l’idea della necessità”. Alla faccia dei tromboni retorici, poi rimproverano Gabriele… Poco più avanti, a pagina 5, un titolo che ancora turba: Le vibranti giornate che l’Italia prepara a Hitler. Si cita, nel grand tour nazista, anche “La sosta artistica di Firenze”. Intorno a quella ‘gita’, un altro poeta, antidannunziano, Eugenio Montale, scriverà una delle sue poesie più grandi, La primavera hitleriana. D’Annunzio muore, la Storia va avanti. Anche quella letteraria. (d.b.)
L'articolo A 80 anni dalla morte, ci vergogniamo di D’Annunzio. Per leggerlo come si deve bisogna andare in Francia o sfogliare una rivista a Londra proviene da Pangea.
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latinabiz · 4 years ago
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La prima edizione del libro della Bettin fa il sold out
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Copertina LogoLibro Bettin È iniziata come un’indagine di cronaca, un lavoro giornalistico, un diario annotato giorno dopo giorno, tra un centro di accoglienza e l’altro, fino a diventare un vero e proprio libro. Nessun fatto inventato, ma solo l’esperienza sul campo. Un’esperienza maturata dalla giornalista veneziana, nata nelle Marche, Serenella Bettin, che si è tradotta in un lavoro dove i fatti nudi e crudi sono diventati un’analisi sul fenomeno migratorio negli hot spot e non solo, attraversando i centri di accoglienza e gli hub di tutto il Nordest fino alla Lombardia. È il percorso sulla via della disperazione che la giornalista ha affrontato nel libro “Aspettando che arrivi sera”, già andato in ristampa. La verità nuda e cruda lungo una via della disperazione che molto toglie alla speranza dell'esito positivo della fuga da miseria, violenza e guerra. Qui una recensione: https://blog.ilgiornale.it/franza/2021/03/23/aspettando-che-arrivi-serail-libro-inchiesta-di-serenella-bettin-collega-de-il-giornale-dal-fronte-ecco-una-memorabilecronaca-diario-che-racconta-limmigrazione-bomba-ita/ Ecco quindi che dal lavoro sul campo esce un romanzo, un reportage, un diario, con i racconti, le testimonianze, le storie, gli aneddoti e le vite vissute a metà tra il filo spinato nelle ex caserme nelle campagne del nordest fino a Milano. Ha raccontato Serenella Bettin: “Vuole essere un modo alternativo di raccontare l’immigrazione. Un romanzo, un reportage, un diario, con i racconti, le testimonianze, le storie, gli aneddoti, le vite vissute a metà tra il filo spinato e la finta accoglienza. È un romanzo con le varie inchieste finite sopra il tavolo della magistratura e con le visite fatte nei centri di accoglienza, prevalentemente veneti. Ma anche l’hub di Milano. Una regione, il Veneto, che ha conosciuto la bomba dei migranti in tutti i suoi aspetti: dal sovraffollamento dei centri, alle rivolte, dalle proteste, alle marce, fino agli scandali che hanno coinvolto le cooperative. Truffe, maltrattamenti, falsi in atto pubblico, associazione per delinquere nella frode di pubbliche forniture. È un diario, cominciato nel 2016, da quando l’immigrazione in Veneto diventò vera e propria emergenza, fino alla chiusura dei più grandi centri: San Siro di Bagnoli di Sopra, in provincia di Padova; ma soprattutto Conetta, nel veneziano, la cui ex base militare per la gioia dei cittadini è stata chiusa il 20 dicembre 2018. Tra il 2016 e il 2018 "ho fatto Conetta, Bagnoli, sono andata a Padova, nell'ex Prandina, a Treviso all'ex caserma Serena, a Oderzo, negli hotel dismessi. Tra Conetta e Bagnoli ci sono stati periodi in cui c'erano oltre 2400 migranti e Conetta è una frazione che ha 196 abitanti: per una frazione di appena 200 anime, se arrivano oltre mille profughi, crei un malessere. Ho parlato con le persone del posto, ho raccolto le loro storie, molti avevano paura. A Bagnoli ci sono stati anche due tentativi di stupro. Ma sono anche andata nell'hub di Milano, per scoprire come in Italia quando ottieni il permesso di soggiorno, il tuo posto nel mondo è sotto un cavalcavia di una tangenziale". IL NUOVO LIBRO: “Contro il CoroNavirus – La peggiore gestione di una pandemia” Ho cominciato a scrivere queste note dalla prima sera in cui mi spedirono a Vo’ Euganeo, in provincia di Padova, per fare un servizio. Vo’ è stato uno dei primi comuni colpiti dal Coronavirus. Presi molta paura quella sera. Tantissima. Da lì ho iniziato ad annotare tutto. Storie, racconti, testimonianze, dati, interviste. Da lì ho iniziato giorno per giorno ad approfondire, a studiare, ad ascoltare le vite degli altri, a raccoglierle, a viverle. Dalla prima alla terza fase cambia la percezione, l’umore, cambiano le sensazioni. Vuole essere una testimonianza di chi a modo suo ha provato a raccontare... Breve Bio Serenella Bettin, 37 anni, giornalista. Nata a Fermo, nelle Marche, trapiantata in Veneto, è cresciuta a cavallo tra Padova, Venezia e Treviso. Laureata in Scienze Giuridiche, appassionata di diritto penale, inizia la sua attività giornalistica nel 2013 lavorando al Gazzettino, il quotidiano del Nordest. Dopo quattro anni passa a La Nuova Venezia ma dopo sette mesi la sua collaborazione viene interrotta perché le sue idee non sono in linea con l’editore. Ora collabora con il Giornale, il Giornale.it e con il settimanale Oggi. Corrispondente del Nordest, scrive di attualità e cronaca. Ha scritto su Panorama e il Foglio. Dal 2016 si occupa di immigrazione e terrorismo, ha girato i campi di accoglienza di tutto il Nordest e ha seguito le inchieste sui foreign fighters partiti da Belluno per andare a combattere in Siria, pubblicate poi in un libro con l’inviato di guerra Fausto Biloslavo e Pier Luigi Bianchi Cagliesi: “Bosnia Erzegovina - Porta dell’islam verso l’Europa”, edito Solfanelli. É stata in Kosovo, lungo la rotta Balcanica in Slovenia e recentemente in Bosnia e Serbia. Nel 2019 ha pubblicato il libro - diario sull’immigrazione “Aspettando che arrivi sera – l’immigrazione come nessuno ve l’ha mai raccontata”. Ora in uscito il libro sul coronavirus. “Contro il COROnavirus – La peggiore gestione di una pandemia”, edito Male Edizioni. Fotografa per lavoro e per passione, ama la nautica e il mondo delle barche. Realizza servizi all’interno dei cantieri. Ha un blog. Adora le storie. 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