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#era pure dea
ipierrealism · 2 months
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Porca miseria stamani appena sveglio la mente mi ha riportato ad un ricordo random di tipo 8 anni fa ed ho ovviamente realizzato solo ora che avevo totalmente ignorato i tentativi di una persona che mi piaceva di provarci con me, perché ovviamente se non sono autistico nelle relazioni sociali non sono Pierre
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la maglia della dea con la scritta LETE gigante rossa :')
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crazy-so-na-sega · 3 months
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Karl Jax ha osservato che tra le dee e le eroine d’Omero non ce n’è una che abbia i capelli neri. Odisseo è l’unico eroe omerico bruno, ma l’abitudine a ritrarre gli eroi biondi è così forte che in due passi dell’Odissea (Xlll, 397, 431) anche lui è detto xanthòs. E, d’altronde, Odisseo si differenzia anche per i suoi caratteri psicologici, segnatamente per la sua astuzia: Gobineau vedeva in lui l’eroe “nella cui genealogia il sangue dei guerrieri achei si è fuso con quello di madri cananee”. In genere però, il disprezzo dei Greci d’epoca omerica per il tipo levantino, è scolpita dal loro disprezzo per i Fenici, bollati come “uomìni subdoli”, “arciimbroglioni” (Iliade XIX, 288). Tra gli dei omerici, Afrodite è bionda, come pure Demetra. Atena è, per eccellenza, “l’occhicerulea Atena”. Il termine adoperato è glaukopis, che certo è in relazione anche col simbolismo della civetta, sacra alla dea (glaux = civetta: occhi scintillanti, occhi di civetta), ma che in senso antropomorfico vale “occhicerulea”: Aulo Gellio (Il, 26, 17) spiega glaucum con “grigio-azzurro” e traduce glaukopis con caesia “die Himmelbluaugige“. Pindaro completa il ritratto omerico della dea chiamandola glaukopis e xanthà. Apollo è phoibos “luminoso, raggiante” e anche xoutòs. Era, sposa di Zeus e modello della matrona ellenica, è leukòlenos, “la dea dalle bianche braccia”, tipico tratto della bellezza femminile della razza nordica.
La grande arte classica, che data da questo secolo, ha ritratto quel tipo alto, con tratti fini e regolari, che è proprio della razza nordica, e quale oggi si può trovare compattamente solo in alcune regioni contadine della Svezia. Anche la razza mediterranea ha tratti regolari, ma è di piccola statura, e quell’impronta più fiera, quel modellato più energico del naso e del mento che fanno la fisionomia classica, sono da ricondursi alla razza nordica: “Ancora Aristotele scrive nella sua Etica Nicomachea che per la bellezza si richiede un corpo grande, di un corpo piccolo sì può dire che sia grazioso e ben fatto ma non propriamente bello. Questo corpo piccolo e grazioso è essenzialmente quello mediterraneo, come appare a uomini di sentire nordico. Per la sensibilità nordica il contenuto fisico e spirituale della razza mediterranea non è sufficiente ad attingere la vera ‘bellezza’, perché qui per la bellezza si richiede una certa gravità interiore, una grandezza d’animo che dai Greci di sensibilità nordica fu sintetizzata nel concetto della megalopsychìa… La figura mediterranea agli occhi dell’uomo nordico apparirà sempre troppo leggera e troppo inconsistente perché i suoi tratti fisici siano ammirati come “belli”.
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non me ne vogliano le tappe brune...;-)
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Una delle cose più tipiche degli uomini che tradiscono è che cambiano atteggiamento nei confronti del cellulare . Improvvisamente se lo portano sempre appresso , neanche fosse il pacemaker .Se lo portano pure in bagno . Che tu dici : “ma che fa , si è scaricato una nuova applicazione? L’app sciacquone? “
Non lo so, come è possibile che se lo porta in bagno …la cosa che però ti dà la prova è chiedergli : “scusa mi puoi dare il tuo telefonino che voglio leggere i tuoi sms ?”
Dopo un primo attacco catatonico e dopo avere tirato fuori una serie di leggi sulla privacy , che tu dici : dammi sto telefonino che in Italia non hanno mai messo in galera nessuno, a me mi devono mettere in galera , dammi il cellulare…
Apre la finestra e lo lancia , piuttosto che darlo a te lo distrugge proprio.
Quelli più intelligenti si sono comprati il cellulare con l’impronta digitale . La mia amica , per recuperare i dati del marito , di notte gli ha tagliato il polpastrello
Perché noi non ci fermiamo davanti a niente
Ma per par condicio , già che abbiamo anche dei casi , come fate voi uomini a capire se una donna vi tradisce ?
Non lo scoprirete mai . MAi . Non avete speranza
Vi dico solo che Era , la dea del matrimonio e della fedeltà coniugale , non solo ha tradito il marito Zeus ma quello non se ne è mai accorto
E quello era un Dio
Voi che speranza c’avete?
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Teresa Mannino
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thecatcherinthemind · 9 months
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Oh raga quattro anni fa oggi scappavo dall'ospedale con la cannula nel braccio.
Ho appena ricordato quella prima settimana del 2020 e mi sono venuti i brividi: abbandonata in DEA per giorni senza visita a vedere gente che moriva nelle barelle, mentre io ero attaccata alla bombola di ossigeno e dovevo fare i bisognini sulla traversina come i canos ❣️ e a furia di farmi male le EGA mi avevano lasciato il braccio viola ❣️
Tra l'altro ci ero finita dopo che un giovanissimo medico mi aveva fatto un'iniezione di cortisone nel culo per un semplice attacco d'asma ed ero svenuta in guardia. E i migliori fan si ricorderanno che quella notte avevo pure le mutande in pizzo rosso, quindi quando mi ha chiesto di abbassare i pantaloni ho esitato un attimo; era ovvio che l'anno sarebbe iniziato alla grande.
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Circe, ammettiamolo una volta buona: tu sei una che ha capito tutto. Sì, certo, hai una brutta fama, figlia mia. «E’ una Circe, è una Circe!» dicono quelli che ti vogliono criticare, e si fermano per farlo a qualche dettaglio di contorno, tipo il fatto che trasformavi gli uomini in maiali. Che poi, anche senza essere maga, ci volesse un granché.
Circe, la grande ammaliatrice, il prototipo della donna fatale e pericolosa, quella ti rovina l’esistenza e la famiglia, un disastro e una jattura.
Ma quando mai? No, davvero, ditemelo, spiegatemelo bene, perché se una si va a leggere l’Odissea, ma tutta tutta, da principio alla fine, sta cosa non si trova, e Circe, al contrario, ne viene fuori come una donna molto ammodo e riservata, anzi persino schiva, che se ne sta tranquilla sulle sue, non seduce, non gattamorteggia. Pure con gli uomini, si fa gli affari suoi quando capita e il tizio vale, ma poi non frigna, non lagna, lo lascia andare via senza drammi e senza patemi, battendo di molte misure le sue discendenti donne in carriera tutte Sex and The City, che però dopo lacrimano come scolarette non appena quello con cui hanno deciso di fidanzarsi parte per un convegno di due giorni a Canicattì e le lascia sole a rimirare l’armadio di Manolo Blahnik.
Certo, la famiglia di provenienza aiuta. Ti chiamano maga, ma in realtà eri la figlia del Sole, e quindi fin da piccola di cose ne devi aver viste di ogni. Dea di prima grandezza, quindi, per ascendenza quasi più antica di Zeus, quel parvenu che s’era preso l’Olimpo con un colpo di mano.
Tu, di antica razza e di antico potere. t’eri ritirata nell’isola tua, ed è difficile darti torto. Ai confini del mondo e soprattutto lontano dalle rotte frequentate, perché gli umani dilagavano ovunque e tu di mischiarti con loro non avevi gana. Snob? Certo, ma non più di qualsiasi vip odierno, e poi la privacy nella nostra società è ipertutelata, perché Circe non ne dovrebbe aver diritto?
Lì, nella tua isola, non dai fastidio a nessuno. Capita invece che molti diano fastidio a te. Ogni tanto qualcuno arriva e da bravo mortale si crede autorizzato a sbarcare e fare come se fosse a casa propria. Tanto tu sei donna, no? Quindi si piazza sulla spiaggia, poi sale al tuo palazzo, e pretende accoglienza, e tavola pronta, e magari anche qualche conforto che va più in là. Tanto tu sei single, no? Quindi, nella testa di questi idioti, sei a disposizione, anzi dovresti pure essere grata se t’invadono e si piazzano lì a farsi servire, che almeno riempiono la tua noiosa vita con la loro imprescindibile presenza.
Tu, che sei una gran signora, mica strepiti o lagni. No, che diamine. Possono scocciarti, ma umiliarti mai. Così li accogli con il più sarcastico dei sorrisi, che loro, scemi, scambiano per ancillare benevolenza. Sei l’ospite perfetta: li curi, li coccoli, servi loro cibo prelibato. Ci mancherebbe altro che ti abbassi a lottare o a perdere la calma. E poi, zacchete, quando meno se lo aspettano, un goccetto di pozione qua e là mischiata ai cibi, li trasformi in ciò che poi è loro vera natura: sono porci invasori, che porci diventino davvero.
Hai torto? No, eccheccazzo. Un giudice equo archivierebbe nell’ambito della legittima difesa, anche se esercitata con somma e perfida intelligenza. Che nessuno riesce mai a battere davvero, poi. Perché persino Ulisse, che con te la sfanga, mica si salva per acume suo: è Ermes a dagli una dritta e fornirgli l’antidoto al tuo veleno. Sennò anche lui, da solo, sarebbe finito a grufolare nel tuo recinto e poi a trasformarsi in porchetta.
Certo, poi tra voi nascono le scintille. E vorrei ben vedere. Lui è Ulisse, uno che ha tanto fascino da riempire l’intero Mediterraneo e oltre. Lo vuoi tra i tuoi trofei. Ma tu sei Circe, però. E infatti, gli stai a fianco ma da pari a pari, e comunque gli fai capire che la distanza c’è. Se Calipso si era umiliata ad offrirgli il matrimonio e l’immortalità, a te manco passa per la testa. E’ uomo, caspita, e tu sei dea. Può essere divertente e intelligente, ma alla lunga è solo un mortale, e viene a noia. Così lo ospiti, finché diverte te, e lo aiuti pure, perché ritrovi la strada di casa, regalandogli anche un’ultima notte di favoloso sesso d’addio. Vuole tornare dalla moglie? E che torni. La dimensione sua è quella là: la casa, la sposa, l’isoletta su cui comandare indiscusso, perché alla fin fine anche il più intelligente dei maschi quello vuole, un posto dove nessuno lo contesti e possa sentirsi re.
Per cui lo metti sulla nave, dopo aver controllato che si porti via ben tutti quegli zotici dei suoi compagni, e gli fai ciao ciao con la manina quando sparisce all’orizzonte.
Poi te ne torni a casa tua, che hai un sacco di cose da fare, non ultimo magari accogliere qualche altro bel marinaio sperduto e più giovane, naufragato qua e là. C’è un mondo, attorno, e tu sei libera ed immortale. E guardando all’orizzonte la barca che si allontana, sorridi.
Perché loro, poveretti, pensano che tu sia una povera donnetta sola senza un uomo. E tu, invece, Circe, sei una dea.
Galatea Vaglio
Illustrazione Circe di Franz von Stuck (dettaglio)
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diceriadelluntore · 9 months
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A Caval Donato...
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Questa è una storia famosa, probabilmente tra le più famose di tutti i tempi, che mi è venuta voglia di raccontare perchè è rinvenuta alla memoria per una di quelle connessioni magiche (che è una spiegazione molto più bella, romantica e "sensata" della semplice casualità) tra le persone.
La domanda è: quanto siamo disposti a ritenerci ingenui?
La risposta è in parte suggerita dalla foto che ho scovato, una miniatura del Cavallo di Troia che fu usato nel film Troy (del 2004 diretto da Wolfgang Petersen, con un cast stellare) che riprende, molto liberamente, le vicende della Guerra di Troia.
Il Mito del Cavallo di Troia è l'emblema del più grande stratagemma del Mito, o è una pagina di assoluta ingenuità? Per chi non la ricorda, la storia è riassumibile così: al decimo anno di assedio della città di Troia, i Greci capitanati da Agamennone, che muove guerra alla città dopo il ratto di sua moglie Elena da parte di Paride, figlio del Re troiano Priamo, sfiniti da un conflitto che si trascina senza soluzione, costruiscono un enorme cavallo di legno. Lo fabbrica Epeo, ispirato dalla dea Atena, che lo consiglia su come farlo. L'idea è di nascondere guerrieri all'interno del gigantesco cavallo. Quanti? Le fonti sono discordanti, e per "convenzione" se ne contano 40, capitanati da Odisseo, il più astuto dei guerrieri achei. Diffondono la voce che stanchi sono in ritiro e che quel cavallo è un'offerta propiziatoria agli dei per un sicuro ritorno in patria. I Troiani viste le navi allontanarsi, aprono le porte della città e sulla spiaggia trovano questo gigantesco cavallo. Che farne? Alcuni vogliono bruciarlo, altri buttarlo da una rupe, altri sondano con le lance la pancia, per capire cosa ci sia all'interno. Però la maggior parte, tra cui il Re Priamo, vuole portarlo all'interno delle possenti mura, e consacrarlo a Re Poseidone, a cui l'animale è sacro. Sembra fatta, ma Laocoonte, il sacerdote, tuona la famosa frase riportata da Virgilio nell'Eneide: Timeo Danaos et dona ferentes (Ho paura dei Danai, (i Greci) e dei doni che portano). Viene portato a discuterne un prigioniero greco, Sinone, catturato pochi giorni prima, pieno di lividi: si era presentato come compagno di Palamede, nemico di Odisseo, che lo prese in odio, e fece si che l'indovino Calcante lo indicasse come capro espiatorio sacrificale per il ritorno in patria degli eroi Achei. In realtà, fu mandato come spia da Odisseo, e quei lividi furono fatti apposta dalle percosse degli altri eroi per far apparire realistica la sua versione. Con arte finissima, Sinone diviene fonte di informazioni per i Troiani, che gli chiedono: a che serve il cavallo? Sinone risponde: fu costruito come offerta ad Atena, dopo che Diomede con Odisseo rubò il Palladio, la più bella statua dedicata alla dea. Fu costruito così grande per impedire che i Troiani lo facessero bottino di guerra per introdurlo nelle proprie mura.
Si è ancora indecisi su che fare, quando un prodigio avvenne: Laocoonte, mentre sacrificava un toro, fu aggredito da giganteschi serpenti provenienti dal mare, che uccisero lui e i suoi due figli (in foto, la Statua del Laocoonte conservata ai Musei Vaticani).
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Convinti che fosse la vendetta degli Dei per aver scagliato la lancia contro il Cavallo, i Troiani montano delle ruote e lo spingono dentro le mura della città. Non servono a nulla i richiami di Cassandra che questo porterà alla rovina di Troia: ma la sacerdotessa, che pure ebbe da Apollo il dono della profezia, fu dallo stesso condannata a non essere mai creduta, poichè non si concesse al suo amore. Il resto è noto: giunta la notte, i guerrieri greci escono dal cavallo, aprono le porte della città e segnalano alle navi, che erano appostate nella vicina isola di Tenedo che le porte sono aperte. In un assedio apocalittico, la città è saccheggiata tra battaglie, stupri, gesta incredibili.
Ma davvero i Troiani furono così ingenui? La domanda è nata come lo stesso mito, tanto che sin dai tempi antichi molti hanno cercato di andare oltre il "simbolismo" e dare spiegazioni pratiche: tra le più famose ipotesi, Pausania (nel suo leggendario Periegesi della Grecia) suppone che il cavallo fosse in realtà una macchina da guerra, simile all'ariete, che fu decisiva nell'abbattimento delle mura di Troia. E simili spiegazioni le danno Plinio il Vecchio (Naturalis Historia VII, 202), Servio Danilino (Servus Auctus) e altri commentari all'Eneide. Già perchè a dispetto di quello che si può pensare, nei due capolavori omerici non se ne parla affatto: l'Iliade finisce con la morte di Ettore, pochi mesi prima dell'episodio del Cavallo, l'Odissea si svolge dopo la guerra e l'episodio è solo accennato in qualche passaggio. Tutto quello che sappiamo sul Mito è frutto delle rielaborazioni di autori posteriori a Omero, sebbene è unanimemente riconosciuto dagli studiosi che il Mito del cavallo fosse ampiamente conosciuto già ai tempi del cieco cantore (il cosiddetto Ciclo Troiano è la raccolta di poemi epici greci che trattavano la storia della Guerra di Troia e il suo seguito. I poemi in questione sono i Cypria, l'Etiopide, la Piccola Iliade, l'Iliou persis (La caduta di Ilio), i Nostoi (I ritorni) e la Telegonia). Virgilio ne riporta una dettagliata descrizione quando lo fa raccontare dal troiano Enea, che si salvò come è noto dall'assedio, per poi andare a fondare la stirpe che fonderà Roma.
Tra le più recenti sfide al dibattito, quella del professore Tiboni, archeologo navale, che in vari articoli ipotizza che "il cavallo" fosse in realtà "una nave", chiamata così per una polena a forma di testa equina che campeggiava sulla prua: evidenti prove iconografiche smentiscono tale idea, la più famosa è il vaso pythos conservato al Museo di Mykonos
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risalente al VII secolo a.C., che mostra i guerrieri all'interno di un cavallo gigantesco, portato con le ruote all'interno della città.
Ma ribadisco la domanda: fu solo ingenuità? Dietro lo stratagemma ci furono interventi di divinità, giochi di potere, la stanchezza della guerra. Ma se ancora può rimanere il sorriso sulla scelta troiana, ricordo un particolare interessante, totalmente moderno: i virus informatici che, con uno stratagemma, si insinuano nei nostri dispositivi, sono chiamati Trojan non per caso, e molti di loro giocano sull'intervento di chi li legge o vede (aprire un link, inviare una email e così via...): quante volte dopo aver fatto per emozione, per mancanza di attenzione, per fretta qualcosa, a mente fredda ragionandoci ci siamo dati degli ingenui? Siamo proprio sicuri che in ognuno di noi non scorra un po' di quel sangue Troiano?
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andrea-non-sa-tornare · 10 months
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ORIONE
Orione, secondo la mitologia greca, era un gigante cacciatore, nato da Poseidone ed Euriale figlia del re di Creta, Minosse. Quando fu sull’isola di Chio si innamorò perdutamente di Merope e volle corteggiarla, ma la cosa infastidì il padre di lei, re Enopio, che lo fece accecare ed allontanare dall’isola. Orione trovò rifugio nell’isola di Lemno e qui incontrò Efesto che ebbe pietà di lui e, affidandolo alla guida di Cedalione, lo fece accompagnare verso est, luogo in cui sorgeva il sole e dove incontrò Eos, l’Aurora, grazie alla quale riacquistò la vista. Secondo un’altra versione fu lo stesso Efesto che fabbricò degli occhi nuovi per il gigante. Lui ne fu talmente felice che ricominciò a cacciare senza mai fermarsi, fin quando arrivò alla dimora di Eos, della quale si innamorò e sposò.
Si narra che Orione avesse degli stupendi occhi chiari che gli permettevano di andar a caccia persino di notte, in compagnia del suo fedele cane Sirio e spesso si univa a loro la Dea Artemide che s’invaghì di lui e nonostante il suo voto di castità, non esitò a fargli esplicite offerte che lui declinò, perché non voleva tradire la moglie Eos, alla quale era grato di avergli restituito la vista.
All’inizio Artemide ammirò la fedeltà di Orione ma in seguito, quando seppe che si era invaghito delle sette Pleiadi, figlie di Atlante e Pleione, e che le molestava pure, andò su tutte le furie e allora escogitò un piano per punirlo. Gli inviò uno scorpione nella sua tenda e quando questi vi ritornò col suo fedele animale, il mostro nascosto nell’ombra, attese che i due, stanchissimi dalla pesante battuta di caccia, si addormentassero e punse per primo Sirio che, svegliatosi, tentò di difendere il proprio padrone e infine punse Orione e lo uccise.
Un’altra versione della storia dice che è invece Apollo, geloso delle attenzioni che la sorella dedica al bel cacciatore, a mandare lo scorpione che uccide Orione e che Zeus, adirato, scaglia una delle sue saette che fulmina lo scorpione, poi li pone entrambi in cielo come costellazioni. Orione risplende nell’emisfero Boreale mentre affronta la carica del toro, seguito dalla costellazione del cane maggiore, con la stella Sirio che brilla più delle altre e la costellazione dello Scorpione, invece, sorge quando quella di Orione tramonta, in maniera che i due non debbano più incrociare i propri destini.
La mitologia romana ci racconta, invece, un’altra versione sulle vicende di Orione. Secondo i racconti di Ovidio, Igino, Servio, Tzetzes e Lattanzio, Orione sarebbe nato dall’urina di tre Dei: Giove, Mercurio e Nettuno e che, per tale motivo, gli venne attribuito il nome di Tripater.
Narrano gli autori che un giorno i tre Dei si aggiravano nelle campagne della Beozia. Assetati ed affamati si fermarono nell’umile capanna del contadino Ireo, il quale offrì loro la sua gentile ospitalità, senza sapere chi fossero quei tre sconosciuti. Gli Dei decisero di mantenere l’anonimato, per vedere come si sarebbe comportato, con loro, quel contadino. Il pover uomo non esitò a donar loro tutto ciò che aveva e colpiti da tale gesto, essi decisero di rivelar le loro vere identità.
D’innanzi a simile rivelazione, Ireo sbiancò ma una volta ripresosi, uscì fuori dalla capanna e immolò a quei Dei, uno dei suoi tori più belli. Giove, ammirato da quel comportamento, disse a Ireo di chiedere qualsiasi desiderio che lui lo avrebbe esaudito, così l’uomo chiese che gli venisse concesso di aver un figlio, ma senza doversi risposare, perché aveva promesso alla moglie, morta da poco, che non si sarebbe mai più risposato. Giove gli disse di portare la pelle del toro immolato e vi orinò sopra e stessa cosa fecero anche Nettuno e Mercurio, poi suggerì di seppellirla nell’orto e attendere nove mesi prima di riprenderla. Ireo ubbidì e dopo nove mesi dissotterrò la pelle e vi trovò avvolto un bambino che allevò e che chiamò Urion, ( appunto da Urina), che in seguito cambiò in Orion.
Si narra che, in brevissimo tempo, Orione divenne un gigante di straordinaria bellezza. La stessa Dea Diana andava spesso a caccia assieme a lui, poi se ne innamorò perdutamente e sembra questa sia stata la causa di tutti i guai dell’uomo.
Infatti sulla morte di Orione ci giungono diverse versioni, quasi tutte legate alla Dea Diana. Ovidio ci racconta che sia stata la stessa Diana, folle di gelosia, ad uccidere Orione, a colpi di freccia, sull’isola di Ortigia, invece Igino ci narra che Orione perì per mano della dea Diana, dopo aver tentato di violentarla.
Secondo un’altra leggenda, Diana attendeva Orione, per una battuta di caccia, una mattina presto. Le si fece incontro il fratello Apollo che, geloso di quell’amore che distraeva la sorella dai suoi impegni, escogitò un sistema per sbarazzarsi del problema. Sfidò la sorella a colpire con arco e frecce, una figura in movimento, in lontananza, lei lo fece e felice ed esultante per aver centrato il bersaglio, attese che la sua preda raggiungesse la riva, ma quando ciò avvenne e si rese conto di aver colpito Orione alle tempie e di averlo ucciso, la sua gioia si tramutò in dolore e pianse tutte le sue lacrime. Giove, impietosito, tramutò Orione e il cane Sirio in costellazioni, in maniera che Diana, sollevando lo sguardo sulla volta celeste, potesse osservarlo per l’eternità.
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elenascrive · 2 months
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Sarebbe potuto essere un lunedì come tanti, molti altri quello odierno ma sentivo che non sarebbe stato così. A cominciare dalla data, il 22, che da qualche anno a questa parte si sta rivelando essere un Giorno Speciale giacché portatore di cose inaspettate, sia nel bene che nel male. Stavolta infatti mi ha portato la visione Piena della Mia Amata Dea. E dire che la mattinata era cominciata in salita, dopo essere stata letteralmente schiacciata a bordo del bus più strapieno che mai, che per questo ha messo anche a dura prova il Mio spirito di sopravvivenza completamente avvolta da un odore di sudore eccessivo, che mi ha fatto mancare quasi il fiato. Fortuna che poi sono riuscita a scappare da tale morsa, tornando a respirare regolare. Non appena giungo al solito incrocio per intraprendere la strada che mi conduce a lavoro, ecco che m’appare di fronte: Lei, Sua Maestà, La quale era talmente luminosa ed immensa d’arrivare perfino a sembrare Sua Maestà Il Sole. Subito comincia lo stupore accompagnato dall’immancabile commozione. Di nuovo senza fiato ma stavolta per l’inarrestabile euforia. Come ogni mese, la Speranza di poterla ammirare era fortissima dentro di Me insieme alla paura che potesse non accadere. Esattamente come era successo il mese scorso quando a causa del maltempo, non era stato possibile provando per questo profondo dispiacere. Non questa volta. Ha sentito forte il Mio richiamo rispondendo immediatamente Presente, poiché quando ho bisogno Lei c’è. Non si manifesta mai a caso. Ecco perché, per l’ennesima volta, la commozione che ho provato è stata intensa e fortissima, poiché il Miracolo si stava compiendo di nuovo. Nonostante il tremore, di colpo presi il telefono tra le mani per immortalare tale attimo da brivido. Cominciai a scattare foto a ripetizione senza dunque fermarmi, augurandomi che tra queste ve ne fosse almeno qualcuna di accettabile. Sta diventando una vera e propria sfida quella di riuscire a fotografarla come si deve, che mi auguro di riuscire a vincere o prima o poi. Ci siamo accompagnate sino alla fine della strada e ancora una volta lo confesso, è stata dura salutarla. Avrei voluto rimanere un altro pò con Lei, per continuare a raccontarle a voce quel che il Cuore aveva già iniziato a fare, quando i Miei occhi l’avevano incontrata. Le cose che ho da dirle infatti sono sempre tantissime e lo sa. Tra queste gliene ho affidata una in particolare, quella di farmi da tramite per farmi sentire vicina a delle Persone Care ora distanti, per dire Loro quanto Io li stia pensando e quanto sono importanti per Me. So per certa che lo sta già facendo e non posso che amarla certamente di più.
Inutile aggiungere che pure il resto della Giornata poi è stata magnificamente leggera e spensierata, tanto d’avvertire la strana percezione che non fosse lunedì, non provando nemmeno l’odio per l’odiosa afa estiva. Questo magico incontro mi ha restituita come nuova, libera e meno pesante di prima.
Come se non bastasse, quando sono rientrata a casa ad attendermi vi erano altre due incredibili Sorprese: il prelibato croissant al pistacchio amorevolmente acquistato prima del Mio arrivo da quell’Angelo di Mio fratello ed un souvenir giunto da parte di un Amico rientrato oggi dalla propria vacanza, reo di essersi ricordato della promessa fatta prima di partire. Scoprire che entrambi mi hanno pensata mi fa ripiombare nuovamente nella commozione. Ad entrambi va il Mio più sincero e sentito riconoscimento.
Non mi resta che dire: alla faccia della pessima reputazione del lunedì… mi sa tanto che dopo questo dovrò cominciare seriamente a rivalutarlo.
@elenascrive
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heytheredeann · 1 year
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no aspetta ti stai guardando i film nostrani? non sono per lo più pattume alla de sica? hai qualche rec?
GUARDA pensavo la stessa cosa pure io, solo che poi mi è capitato di guardare un film italiano interessante, poi un altro, e ho finito per pensare che okay, ci sono le cazzate alla De Sica, cinepanettoni e compagnia, però a questo punto se mi sono CAPITATI dei bei film, sarà che sono io che sono prevenuta e non me li sto andando a cercare i film italiani belli?
Se andiamo a vedere anche i film statunitensi variano molto per qualità, semplicemente ne guardiamo talmente tanti che riconosciamo che non necessariamente i film brutti riflettono la qualità dell'intero cinema americano.
Non conosco ovviamente i tuoi gusti, ma ti faccio un elenco di film italiani che ho visto e che mi sono piaciuti, in ordine casuale (molti sono su Netflix):
Moglie e marito (2017)
Storia di un uomo e una donna sposati ma sull'orlo del divorzio che si ritrovano, dopo un esperimento mal riuscito, uno nel corpo dell'altra. L'ho trovato carino e interessante, e merita punti anche solo per Kasia Smutniak vestita da uomo francamente ahah
Perfetti sconosciuti (2016)
Film tratto da un'opera teatrale se non sbaglio, quindi che si svolge quasi interamente in un solo set, mi aspettavo che fosse noiosetto e invece è stato molto coinvolgente, pieno di intrecci, colpi di scena e personaggi interessanti da cercare di inquadrare durante la storia. La premessa è una cena tra amici, durante la quale per gioco vengono messi i telefoni di tutti sul tavolo e letti ad alta voce tutti i messaggi/ascoltate in vivavoce tutte le chiamate.
La dea fortuna (2019)
Forse uno dei miei film preferiti in assoluto, italiani o no. Parla di una coppia gay in crisi, dopo 15 anni passati insieme, che si ritrova a doversi occupare dei figli della migliore amica di uno dei due, che è malata e non vuole che sia la propria madre a prenderli a carico.
Lasciarsi un giorno a Roma (2022)
Una storia di coppie un po' disastrate, il protagonista in particolare si occupa in segreto di gestire una posta del cuore, dove riceve una richiesta di consiglio da parte della sua fidanzata, che vuole lasciarlo. Il protagonista inizia a parlarle, senza rivelare la propria identità, per capire come salvare la relazione. In parallelo, un amico del protagonista ha difficoltà a gestire il rapporto con la moglie, sindaco di Roma. Mi era piaciuto moltissimo il finale.
Il padre d'Italia (2017)
Racconta dell'amicizia tra un uomo gay che si è recentemente lasciato con il fidanzato per via delle loro diverse idee sull'aspetto che avrebbe dovuto avere la loro famiglia in futuro, e una ragazza incinta senza nessuno a cui appoggiarsi. Veramente molto bello, ho sentito molto vicine le difficoltà del protagonista a costruirsi un futuro in quanto appartenente a una categoria per cui non esistono veramente script in questo paese, così come ho molto apprezzato l'insistenza del suo ex fidanzato a non accontentarsi delle briciole che gli vengono concesse solo perché "c'è chi sta peggio". Bello bello bello.
Era ora (2023)
Un uomo con molte difficoltà a gestire il suo tempo, per lo più in termini di bilancio lavoro-famiglia, si ritrova incastrato in una specie di loop temporale in cui ogni volta che si sveglia è passato un intero anno, di cui lui non ha memoria. Cerca, quindi, di sistemare la propria vita nell'unico giorno che ha a disposizione, con poco successo ovviamente.
Le fate ignoranti (2001)
QUEER QUEER QUEER! Bello bello, anche qui ho amato moltissimo il finale. Storia di una vedova che scopre che il marito la tradiva con un uomo da sette anni, e finisce per avvicinarsi a questo gruppo di amici queer.
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ambrenoir · 1 year
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Circe, ammettiamolo una volta buona: tu sei una che ha capito tutto. Sì, certo, hai una brutta fama, figlia mia. «E’ una Circe, è una Circe!» dicono quelli che ti vogliono criticare, e si fermano per farlo a qualche dettaglio di contorno, tipo il fatto che trasformavi gli uomini in maiali. Che poi, anche senza essere maga, ci volesse un granché.
Circe, la grande ammaliatrice, il prototipo della donna fatale e pericolosa, quella ti rovina l’esistenza e la famiglia, un disastro e una jattura.
Ma quando mai? No, davvero, ditemelo, spiegatemelo bene, perché se una si va a leggere l’Odissea, ma tutta tutta, da principio alla fine, sta cosa non si trova, e Circe, al contrario, ne viene fuori come una donna molto ammodo e riservata, anzi persino schiva, che se ne sta tranquilla sulle sue, non seduce, non gattamorteggia. Pure con gli uomini, si fa gli affari suoi quando capita e il tizio vale, ma poi non frigna, non lagna, lo lascia andare via senza drammi e senza patemi, battendo di molte misure le sue discendenti donne in carriera tutte Sex and The City, che però dopo lacrimano come scolarette non appena quello con cui hanno deciso di fidanzarsi parte per un convegno di due giorni a Canicattì e le lascia sole a rimirare l’armadio di Manolo Blahnik.
Certo, la famiglia di provenienza aiuta. Ti chiamano maga, ma in realtà eri la figlia del Sole, e quindi fin da piccola di cose ne devi aver viste di ogni. Dea di prima grandezza, quindi, per ascendenza quasi più antica di Zeus, quel parvenu che s’era preso l’Olimpo con un colpo di mano.
Tu, di antica razza e di antico potere. t’eri ritirata nell’isola tua, ed è difficile darti torto. Ai confini del mondo e soprattutto lontano dalle rotte frequentate, perché gli umani dilagavano ovunque e tu di mischiarti con loro non avevi gana. Snob? Certo, ma non più di qualsiasi vip odierno, e poi la privacy nella nostra società è ipertutelata, perché Circe non ne dovrebbe aver diritto?
Lì, nella tua isola, non dai fastidio a nessuno. Capita invece che molti diano fastidio a te. Ogni tanto qualcuno arriva e da bravo mortale si crede autorizzato a sbarcare e fare come se fosse a casa propria. Tanto tu sei donna, no? Quindi si piazza sulla spiaggia, poi sale al tuo palazzo, e pretende accoglienza, e tavola pronta, e magari anche qualche conforto che va più in là. Tanto tu sei single, no? Quindi, nella testa di questi idioti, sei a disposizione, anzi dovresti pure essere grata se t’invadono e si piazzano lì a farsi servire, che almeno riempiono la tua noiosa vita con la loro imprescindibile presenza.
Tu, che sei una gran signora, mica strepiti o lagni. No, che diamine. Possono scocciarti, ma umiliarti mai. Così li accogli con il più sarcastico dei sorrisi, che loro, scemi, scambiano per ancillare benevolenza. Sei l’ospite perfetta: li curi, li coccoli, servi loro cibo prelibato. Ci mancherebbe altro che ti abbassi a lottare o a perdere la calma. E poi, zacchete, quando meno se lo aspettano, un goccetto di pozione qua e là mischiata ai cibi, li trasformi in ciò che poi è loro vera natura: sono porci invasori, che porci diventino davvero.
Hai torto? No, eccheccazzo. Un giudice equo archivierebbe nell’ambito della legittima difesa, anche se esercitata con somma e perfida intelligenza. Che nessuno riesce mai a battere davvero, poi. Perché persino Ulisse, che con te la sfanga, mica si salva per acume suo: è Ermes a dagli una dritta e fornirgli l’antidoto al tuo veleno. Sennò anche lui, da solo, sarebbe finito a grufolare nel tuo recinto e poi a trasformarsi in porchetta.
Certo, poi tra voi nascono le scintille. E vorrei ben vedere. Lui è Ulisse, uno che ha tanto fascino da riempire l’intero Mediterraneo e oltre. Lo vuoi tra i tuoi trofei. Ma tu sei Circe, però. E infatti, gli stai a fianco ma da pari a pari, e comunque gli fai capire che la distanza c’è. Se Calipso si era umiliata ad offrirgli il matrimonio e l’immortalità, a te manco passa per la testa. E’ uomo, caspita, e tu sei dea. Può essere divertente e intelligente, ma alla lunga è solo un mortale, e viene a noia. Così lo ospiti, finché diverte te, e lo aiuti pure, perché ritrovi la strada di casa, regalandogli anche un’ultima notte di favoloso sesso d’addio. Vuole tornare dalla moglie? E che torni. La dimensione sua è quella là: la casa, la sposa, l’isoletta su cui comandare indiscusso, perché alla fin fine anche il più intelligente dei maschi quello vuole, un posto dove nessuno lo contesti e possa sentirsi re.
Per cui lo metti sulla nave, dopo aver controllato che si porti via ben tutti quegli zotici dei suoi compagni, e gli fai ciao ciao con la manina quando sparisce all’orizzonte.
Poi te ne torni a casa tua, che hai un sacco di cose da fare, non ultimo magari accogliere qualche altro bel marinaio sperduto e più giovane, naufragato qua e là. C’è un mondo, attorno, e tu sei libera ed immortale. E guardando all’orizzonte la barca che si allontana, sorridi.
Perché loro, poveretti, pensano che tu sia una povera donnetta sola senza un uomo. E tu, invece, Circe, sei una dea.
Galatea Vaglio
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stregh · 7 months
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7 Febbraio 1944, Lunedì
Moriva a Fiesole, uccisa durante i bombardamenti, il soprano e attrice cinematografica LINA CAVALIERI
Offrendo ancora bambina ai passanti le violette per un baiocco e un sorriso gratis. Spesso "passa ponte" e, di nascosto dei genitori, a 13 anni, già donna e con i riccioli neri fluenti, s' intrufola al Baraccone delle Meravigliea piazza Pepe, rifacendo il verso alla sciantosa. Così la scopre un maestro di canto, che convince i genitori a farle educare la voce. Basta poco e debutta in abitino di cretonne alla Torre di Belisario a Porta Pinciana; solo un piattino passando tra il pubblicoa fine spettacolo per la "chetta", la questua. Ma è brava e bella, e allora la invitano al Grande Orfeo,e da lì al Salone Margherita. Niente più piattino, ma un contratto e un boa di struzzo. E diventa la diva del pubblico borghese del caféchantant di Roma, esaltata pure da Trilussa: «Fior d' orchidea,/ il bacio dato sulla bocca tua/ lo paragono al bacio d' una dea». Che la qualifica un personaggio di Roma. Ma eccola richiesta a Napoli e Milano; la sua bellezza e il suo modo di cantare seducente nel giro di dieci anni la portano a Parigi per le Folies-Bergères, a Londra per l' Empire, a Vienna per l' English Garden. Arriva a competere con la Bella Otero, ma finisce per essere lei la più bella del mondo, secondo la qualifica che le assegna D' Annunzio nel 1899 nella dedica di una copia del Piacere, definendola «massima testimonianza di Venere in Terra». Ormai ha migliorato tanto la sua voce da trasformarsi in cantate lirica, debuttando nel 1900 nella Bohème al San Carlo di Napoli. Sulla scena è splendido vederla più che udirla, fra portamento sensuale e sontuose acconciature. Famoso per audacia resta il bacio a Enrico Caruso sul palcoscenico del Metropolitan Opera di New York, al termine del duetto della Fedora. Da allora Lina negli Stati Uniti è "The kissing primadonna". E si diverte a sposarsi. Quattro matrimoni per quattro divorzi. Nel 1899 con il principe russo Aleksandr Bariatinsky; nel 1908 per soli 8 giorni con il milionario americano Robert Winthrop Chanler; nel 1913 con il tenore francese Lucien Muratore; nel 1927 con il pilota automobilistico Giuseppe Campari. E tanti altri amori, dall' industriale Davide Campari che la segue in tournée per pubblicizzare il suo aperitivo, al re del Kazan che la sposerebbe se abbandonasse le scene, ai cantanti Mattia Battistini e Tito Schipa, a Guglielmo Marconi. Fino al suo impresario Arnaldo Pavoni, con il quale passa gli ultimi anni tra la villa della Cappuccina a Rieti e quella di Fiesole. Il 7 Febbraio 1944, durante un attacco aereo su Firenze, una bomba distrugge la villa, seppellendola sotto le macerie con Pavoni e la cameriera. Gina Lollobrigida la rievocherà nel film "La donna più bella del mondo" del 1955. Era nata a Viterbo il 24 dicembre 1875.
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box-box-stay-out · 1 year
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Stasera mi trovo in un conflitto di interessi per cui è difficile veramente schierarmi
C'è il derby nerazzurro
Ma visto anche che c'è Juve Milan domani, probabilmente la cosa migliore sarebbe una vittoria dell'Atalanta
Tuttavia, a differenza delle altre volte dove la vittoria di una inevitabilmente era dolorosa per l'altra ma risultava comunque migliore del pareggio che non avrebbe premiato nessuno
Questa volta penso che il pareggio non sia così male visti i punti e le posizioni attuali
Sempre sperando che comunque Juve Milan finisca pure in pareggio o vinca la Juve
Ma in ogni caso, considerato anche lo stato attuale della Dea, occorre procedere con prudenza
Come hanno più volte sottolineato le mie colleghe della deablr, se l'Atalanta va in Champions probabilmente non sarà assolutamente preparata, al massimo se arrivasse terza nel girone di Champions, ripiegherebbe in Europa League, con la quarta posizione invece sarebbe un po' uno spreco
Quindi con calma
Ma in ogni caso, visto tutto quanto, l'ago pende appunto leggermente verso il lato bergamasco
E quindi ancora una volta
Uniamo le forze popolo Atalantino
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francobollito · 9 months
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Una delle cose più tipiche degli uomini che tradiscono è che cambiano atteggiamento nei confronti del cellulare . Improvvisamente se lo portano sempre appresso , neanche fosse il pacemaker .Se lo portano pure in bagno . Che tu dici : “ma che fa , si è scaricato una nuova applicazione? L’app sciacquone? “
Non lo so, come è possibile che se lo porta in bagno …la cosa che però ti dà la prova è chiedergli : “scusa mi puoi dare il tuo telefonino che voglio leggere i tuoi sms ?”
Dopo un primo attacco catatonico e dopo avere tirato fuori una serie di leggi sulla privacy , che tu dici : dammi sto telefonino che in Italia non hanno mai messo in galera nessuno, a me mi devono mettere in galera , dammi il cellulare…
Apre la finestra e lo lancia , piuttosto che darlo a te lo distrugge proprio.
Quelli più intelligenti si sono comprati il cellulare con l’impronta digitale . La mia amica , per recuperare i dati del marito , di notte gli ha tagliato il polpastrello
Perché noi non ci fermiamo davanti a niente
Ma per par condicio , già che abbiamo anche dei casi , come fate voi uomini a capire se una donna vi tradisce ?
Non lo scoprirete mai . MAi . Non avete speranza
Vi dico solo che Era , la dea del matrimonio e della fedeltà coniugale , non solo ha tradito il marito Zeus ma quello non se ne è mai accorto
E quello era un Dio
Voi che speranza c’avete?
Teresa Mannino
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1solone · 1 year
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ELENA DI SPARTA
(Elena di Troia - Elena)
Elena fu allevata in casa di Tindaro e ancora giovinetta fu al centro di numerosi miti di seduzione: Teseo la rapì che era ancora fanciulla.
Elena infatti era ritenuta la donna più bella del mondo, e poiché i pretendenti erano numerosi, Tindaro, sotto consiglio di Ulisse, lasciò che ogni decisione fosse della ragazza, onde evitare che una sua interferenza potesse causare una guerra.
La scelta cadde su Menelao, principe di Micene, che sposandola divenne re di Sparta. Dalla loro unione nacque Ermione.
La sorella Clitennestra sposò invece Agamennone, fratello di Menelao.
I pretendenti e il «giuramento di Tindaro»
«E molte vite sono morte per me sullo Scamandro,
e io, che pure tanto ho sofferto, sono maledetta,
ritenuta da tutti traditrice di mio marito
e rea di avere acceso una guerra tremenda per la Grecia.»
Quando fu in età da marito tutti i capi Greci pretesero la sua mano. Siccome la loro rivalità rischiava di generare un conflitto, su suggerimento di Ulisse, Tindaro sacrificò un cavallo sulla cui pelle fece salire i pretendenti per farli giurare che, chiunque fosse stato il fortunato sposo, tutti avrebbero dovuto accorrere in suo aiuto nel caso qualcuno avesse tentato di rapirgli la sposa.
Quando era ormai moglie di Menelao Elena venne rapita dal principe troiano Paride e il patto di solidarietà stipulato tra i pretendenti alla sua mano spinse gli stessi, con a capo Agamennone, a dichiarare guerra a Troia.
Elena sui bastioni di Troia, nella quale Gustave Moreau raffigura una Elena inespressiva, con una faccia vuota o angosciata.
Per vendicare il rapimento di Elena da parte del principe troiano Paride (al quale Afrodite aveva promesso la più bella delle donne) Menelao e suo fratello Agamennone organizzarono una spedizione contro Troia chiedendo aiuto a tutti i partecipanti al patto di Tindaro.
Nell'Iliade Elena è un personaggio tragico, obbligata a essere la moglie di Paride dalla dea Afrodite.
Nessuna colpa le può essere rinfacciata, data la sua incolpevole bellezza, anche se le si dà la colpa della guerra che insanguina Troia e se lei stessa si rimprovera continuamente di essere la causa di tanti mali, sebbene sia consapevole che, in definitiva, quanto accaduto è dovuto al Fato.
Non è una donna felice, disprezza Paride ed è invisa a molti troiani: solo Priamo ed Ettore si mostrano gentili con lei, e in occasione della morte di quest'ultimo, Elena proverà un sincero dolore.
Alla morte di Paride Elena è costretta a sposare il fratello Deifobo.
I greci fanno irruzione nella camera da letto trovando Deifobo addormentato e ubriaco.
Le versioni a questo punto divergono: sia per quanto riguarda l'identità dell'uccisore di Deifobo (Menelao, Ulisse o entrambi) sia sul fatto se il troiano si fosse risvegliato o no.
Nel secondo libro dell'Eneide, durante l'incendio di Troia, Enea vede da lontano Elena ed è preso dall'impulso di ucciderla, ma ne viene dissuaso dalla madre Venere, che lo esorta a fuggire dalla città con i familiari.
Nell'Odissea Elena appare riconciliata con il marito e tornata a Sparta per regnarvi al suo fianco, anche se malvista dai sudditi.
Si narra anche che Oreste avesse cercato di ucciderla.
Secondo altre versioni ebbe una fine misera. Altre ancora la divinizzano insieme ai fratelli Castore e Polluce.
Venere salva Elena dalla furia di Enea, Jacques Sablet, 1779.
Un'altra versione vuole che, dopo la morte di Menelao, due figli naturali di costui cacciassero Elena e la costringessero a rifugiarsi presso Rodi, dove Polisso la fece impiccare per avere causato la morte di tanti eroi sotto le mura di Troia, fra cui suo marito Tlepolemo.
Il mito di Elena è descritto nell'Iliade e nell'Odissea, ma molti poeti successivi a Omero modificarono il personaggio e la sua mitologia. Alcune leggende la indicano figlia di Nemesi, la dea della vendetta e della giustizia. Euripide, nella tragicommedia Elena, segue quel filone mitico secondo cui Elena non fu mai rapita da Paride né visse a Troia né fu ripresa da Menelao, ma sempre visse nascosta in Egitto, costretta da Era che mise al posto suo, a Sparta, un'immagine d'aria, un simulacro vivente, per ingannare Paride e vendicarsi di non essere stata scelta al posto di Afrodite.
Così sono esistite due Elena, una in Egitto e una a Troia.
Inoltre, secondo altri miti, le anime di Elena e Achille, dopo la morte e la discesa nel Tartaro, furono assunte nell'Isola dei Beati (o Campi Elisi) per i loro meriti, e lì ebbero un figlio, Euforione.
Secondo una variante del mito, fu Elena, divenuta dea dopo la morte, a discendere negli Inferi attratta dall'ombra di Achille per giacere con lui generando il semi-dio Euforione.
I personaggi di Elena ed Euforione, seppure con molte varianti, sono ripresi da Goethe nel suo Faust.…‿ℒℴνℯ⁀❣🌹
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Circe, ammettiamolo una volta buona: tu sei una che ha capito tutto. Sì, certo, hai una brutta fama, figlia mia. «E’ una Circe, è una Circe!» dicono quelli che ti vogliono criticare, e si fermano per farlo a qualche dettaglio di contorno, tipo il fatto che trasformavi gli uomini in maiali. Che poi, anche senza essere maga, ci volesse un granché.
Circe, la grande ammaliatrice, il prototipo della donna fatale e pericolosa, quella ti rovina l’esistenza e la famiglia, un disastro e una jattura.
Ma quando mai? No, davvero, ditemelo, spiegatemelo bene, perché se una si va a leggere l’Odissea, ma tutta tutta, da principio alla fine, sta cosa non si trova, e Circe, al contrario, ne viene fuori come una donna molto ammodo e riservata, anzi persino schiva, che se ne sta tranquilla sulle sue, non seduce, non gattamorteggia. Pure con gli uomini, si fa gli affari suoi quando capita e il tizio vale, ma poi non frigna, non lagna, lo lascia andare via senza drammi e senza patemi, battendo di molte misure le sue discendenti donne in carriera tutte Sex and The City, che però dopo lacrimano come scolarette non appena quello con cui hanno deciso di fidanzarsi parte per un convegno di due giorni a Canicattì e le lascia sole a rimirare l’armadio di Manolo Blahnik.
Certo, la famiglia di provenienza aiuta. Ti chiamano maga, ma in realtà eri la figlia del Sole, e quindi fin da piccola di cose ne devi aver viste di ogni. Dea di prima grandezza, quindi, per ascendenza quasi più antica di Zeus, quel parvenu che s’era preso l’Olimpo con un colpo di mano.
Tu, di antica razza e di antico potere. t’eri ritirata nell’isola tua, ed è difficile darti torto. Ai confini del mondo e soprattutto lontano dalle rotte frequentate, perché gli umani dilagavano ovunque e tu di mischiarti con loro non avevi gana. Snob? Certo, ma non più di qualsiasi vip odierno, e poi la privacy nella nostra società è ipertutelata, perché Circe non ne dovrebbe aver diritto?
Lì, nella tua isola, non dai fastidio a nessuno. Capita invece che molti diano fastidio a te. Ogni tanto qualcuno arriva e da bravo mortale si crede autorizzato a sbarcare e fare come se fosse a casa propria. Tanto tu sei donna, no? Quindi si piazza sulla spiaggia, poi sale al tuo palazzo, e pretende accoglienza, e tavola pronta, e magari anche qualche conforto che va più in là. Tanto tu sei single, no? Quindi, nella testa di questi idioti, sei a disposizione, anzi dovresti pure essere grata se t’invadono e si piazzano lì a farsi servire, che almeno riempiono la tua noiosa vita con la loro imprescindibile presenza.
Tu, che sei una gran signora, mica strepiti o lagni. No, che diamine. Possono scocciarti, ma umiliarti mai. Così li accogli con il più sarcastico dei sorrisi, che loro, scemi, scambiano per ancillare benevolenza. Sei l’ospite perfetta: li curi, li coccoli, servi loro cibo prelibato. Ci mancherebbe altro che ti abbassi a lottare o a perdere la calma. E poi, zacchete, quando meno se lo aspettano, un goccetto di pozione qua e là mischiata ai cibi, li trasformi in ciò che poi è loro vera natura: sono porci invasori, che porci diventino davvero.
Hai torto? No, eccheccazzo. Un giudice equo archivierebbe nell’ambito della legittima difesa, anche se esercitata con somma e perfida intelligenza. Che nessuno riesce mai a battere davvero, poi. Perché persino Ulisse, che con te la sfanga, mica si salva per acume suo: è Ermes a dagli una dritta e fornirgli l’antidoto al tuo veleno. Sennò anche lui, da solo, sarebbe finito a grufolare nel tuo recinto e poi a trasformarsi in porchetta.
Certo, poi tra voi nascono le scintille. E vorrei ben vedere. Lui è Ulisse, uno che ha tanto fascino da riempire l’intero Mediterraneo e oltre. Lo vuoi tra i tuoi trofei. Ma tu sei Circe, però. E infatti, gli stai a fianco ma da pari a pari, e comunque gli fai capire che la distanza c’è. Se Calipso si era umiliata ad offrirgli il matrimonio e l’immortalità, a te manco passa per la testa. E’ uomo, caspita, e tu sei dea. Può essere divertente e intelligente, ma alla lunga è solo un mortale, e viene a noia. Così lo ospiti, finché diverte te, e lo aiuti pure, perché ritrovi la strada di casa, regalandogli anche un’ultima notte di favoloso sesso d’addio. Vuole tornare dalla moglie? E che torni. La dimensione sua è quella là: la casa, la sposa, l’isoletta su cui comandare indiscusso, perché alla fin fine anche il più intelligente dei maschi quello vuole, un posto dove nessuno lo contesti e possa sentirsi re.
Per cui lo metti sulla nave, dopo aver controllato che si porti via ben tutti quegli zotici dei suoi compagni, e gli fai ciao ciao con la manina quando sparisce all’orizzonte.
Poi te ne torni a casa tua, che hai un sacco di cose da fare, non ultimo magari accogliere qualche altro bel marinaio sperduto e più giovane, naufragato qua e là. C’è un mondo, attorno, e tu sei libera ed immortale. E guardando all’orizzonte la barca che si allontana, sorridi.
Perché loro, poveretti, pensano che tu sia una povera donnetta sola senza un uomo. E tu, invece, Circe, sei una dea.
Galatea Vaglio
Illustrazione Circe di Franz von Stuck (dettaglio)
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