Tumgik
#con otto anni di ritardo
ipierrealism · 2 months
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Porca miseria stamani appena sveglio la mente mi ha riportato ad un ricordo random di tipo 8 anni fa ed ho ovviamente realizzato solo ora che avevo totalmente ignorato i tentativi di una persona che mi piaceva di provarci con me, perché ovviamente se non sono autistico nelle relazioni sociali non sono Pierre
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curiositasmundi · 1 year
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Un violento temporale nel nord-ovest del Nevada ha condizionato nei giorni scorsi l’edizione del 2023 del Burning Man, il popolare festival statunitense in cui decine di migliaia di persone si riuniscono ogni anno nel deserto Black Rock per creare una specie di città provvisoria, bruciare un’enorme scultura antropomorfa di legno, smontare tutto e andarsene. Nella giornata di lunedì, dopo un miglioramento delle condizioni meteorologiche e del terreno, i partecipanti hanno cominciato a lasciare l’area del festival dopo che diversi eventi in programma erano stati posticipati o annullati, e circa 72mila persone erano rimaste isolate a causa del pantano che impediva a loro o a chiunque altro di attraversare il deserto.
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Si ritiene che il temporale dei giorni scorsi sia stato il più lungo e intenso mai passato sul deserto di Black Rock durante un’edizione del Burning Man, un festival di arte e musica piuttosto unico, che si tiene in questa sede dal 1991 ma esiste dal 1986, e il cui biglietto di ingresso costa 575 dollari (circa 532 euro). L’eccezionalità dell’evento meteorologico e le sue conseguenze pratiche immediate hanno aggiunto elementi di attualità a un lungo dibattito sul festival, di cui si parla da anni per altre ragioni: le sue caratteristiche atipiche – non è un festival musicale, come il Coachella o Woodstock – e l’evoluzione che ha subìto nel corso del tempo.
Il Burning Man è oggi considerato non più un evento della controcultura statunitense come lo era all’inizio, alla fine degli anni Ottanta, ma il raduno noto per essere frequentato anche dai CEO della Silicon Valley e da altre persone ricche e famose, che a volte raggiungono il deserto con jet privati, atterrando in un piccolo aeroporto provvisorio, e poi alloggiano in camper di lusso. Mark Zuckerberg e Elon Musk sono tra i più famosi frequentatori abituali del festival, per esempio, anche se quest’anno non si è visto nessuno dei due. Di sicuro c’erano invece, tra gli altri, il produttore discografico Diplo e il comico Chris Rock, andati via sull’auto di un loro fan dopo aver attraversato otto chilometri di fango a piedi, ha scritto Diplo.
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Non è la prima volta che i partecipanti si trovano in difficoltà al Burning Man, che si tiene alla fine dell’estate e nei primi anni era organizzato in una spiaggia a San Francisco. Dopo l’annullamento delle edizioni del 2020 e del 2021 a causa della pandemia, l’edizione del 2022 si era svolta in condizioni di caldo estremo, con temperature fino a 39 gradi, che avevano reso ancora più difficili da sopportare le otto ore in coda trascorse dalle persone per lasciare il deserto alla fine del festival.
L’edizione del 2023 era cominciata con qualche giorno di ritardo per le conseguenze del passaggio dell’uragano Hilary, che aveva rallentato i lavori di allestimento della città provvisoria. All’inizio del festival c’era stata inoltre una manifestazione di un gruppo di ambientalisti, di cui si era parlato anche perché si era sparsa la voce infondata che alcuni di loro fossero armati. I membri del gruppo, poi allontanati con la forza dalla polizia (armata), avevano occupato l’unica strada di accesso a Black Rock City, sostenendo che gli attuali fenomeni di consumismo del festival siano antitetici alla controcultura originaria del Burning Man. Reggevano cartelli con la scritta «Abolire il capitalismo» e «La Terra ha bisogno del nostro aiuto».
Piogge intense come quelle degli ultimi giorni sono relativamente insolite tra agosto e settembre nel deserto Black Rock: solo nella giornata di venerdì è caduta la quantità di pioggia che normalmente cade in tre mesi. La parte conclusiva dei nove giorni di festival è peraltro quella più affollata, perché include le molte persone che arrivano per assistere all’incendio della gigantesca scultura di legno.
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Da alcuni anni gli organizzatori del Burning Man cercano di rispondere alle critiche segnalando il loro impegno in progetti di sostenibilità ambientale e compensazione delle emissioni di gas serra. In un loro rapporto sulla sostenibilità ambientale nel 2023 hanno indicato, tra le altre cose, un nuovo programma sperimentale di installazione di pannelli solari nella città provvisoria. Gli attivisti ritengono che le misure siano insufficienti per mitigare gli effetti del riscaldamento globale.
Accartocciando uno dei volantini distribuiti dagli attivisti durante la protesta lungo la strada di accesso a Black Rock City, una persona che stava raggiungendo il festival ha detto al Guardian: «Ho dei pannelli solari, sul mio camper, mentre i manifestanti sono arrivati qui in macchine normali. Stanno letteralmente aggravando il cambiamento climatico».
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lamilanomagazine · 7 months
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Caserta: 56 anni complessivi di DASPO nei confronti di 14 soggetti responsabili di disordini durante la partita Casertana – Foggia
Caserta: 56 anni complessivi di DASPO nei confronti di 14 soggetti responsabili di disordini durante la partita Casertana – Foggia. La Polizia di Stato di Caserta ha identificato 14 tifosi coinvolti nei tafferugli avvenuti nel corso dell'incontro di calcio Casertana – Foggia, disputato il 4 dicembre 2023 presso lo Stadio "A. Pinto" di Caserta, valevole per il campionato nazionale di Lega Pro. Al termine delle attività investigative, condotte dalla DIGOS della Questura di Caserta, il Questore Andrea Grassi ha emesso nei loro confronti la misura di prevenzione del divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, meglio nota come "daspo". Nel complesso, sono stati comminati, a carico dei 14 tifosi identificati, 56 anni di divieto di ingresso negli stadi di tutta Italia. Per due di loro, recidivi in quanto già destinatari della stessa misura negli scorsi anni, il provvedimento è stato adottato con l'aggiunta dell'obbligo di firma, prima e dopo la disputa degli incontri di calcio della propria squadra. Nel corso della partita, disputata nella serata del 4 dicembre 2023, parte di entrambe le tifoserie si rese protagonista di gravissimi comportamenti, pericolosi per l'ordine e la sicurezza pubblica, in particolare durante l'intervallo tra il primo ed il secondo tempo, che determinarono la ripresa del match con oltre quaranta minuti di ritardo. Oltre ad accendere e lanciare fumogeni e petardi, introdotti illegalmente nell'impianto eludendo le operazioni di filtraggio a cura degli steward, i tifosi coinvolti nei tafferugli ingaggiarono un reciproco lancio di pietre ed oggetti, finanche disfacendo parte del calcestruzzo degli spalti e dei rivestimenti dei bagni. Dopo aver divelto uno dei cancelli, parte della tifoseria di casa invase il rettangolo di gioco tentando di raggiungere il settore ospiti. Le indagini hanno consentito di individuare ed identificare compiutamente otto sostenitori della squadra di casa e sei tifosi ospiti, resisi responsabili, a vario titolo, dei reati di scavalcamento, lancio e porto di oggetti contundenti, travisamento ingiustificato del volto e danneggiamento aggravato, nonché delle lesioni subite dal personale della Polizia di Stato intervenuto nel settore ospiti per interrompere le violente condotte in atto. Negli scontri, infatti, sei operatori di polizia riportarono lesioni, mentre, grazie all'intervento del contingente in servizio di ordine pubblico, non si registrarono feriti tra gli spettatori.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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il-contastorie · 8 months
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Il Contastorie: 12 anni di magia fiabesca
Il Contastorie: 12 anni di magia fiabesca. "Il Contastorie" festeggia 12 anni di magia fiabesca con 132 episodi e oltre 650.000 riproduzioni su Spotify. Con zero pubblicità, il podcast ha conquistato 5586 follower. Episodi come "Il Gruffalò" e "Una zuppa di sasso" hanno incantato migliaia di ascoltatori. Continua a condividere e a seguire questa meravigliosa avventura!
Un saluto affettuoso a tutti gli ascoltatori del podcast. Io sono Tiziano, il vostro Contastorie, e oggi sono qui per festeggiare insieme a voi un anniversario… con qualche giorno di ritardo. Il 27 gennaio del 2012 veniva pubblicata online la fiaba “Cappuccetto Rosso” sul podcast “Il Contastorie”. Era un esperimento, lasciato con altre tre fiabe nel dimenticatoio per quasi otto anni, quando mi…
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giancarlonicoli · 10 months
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22 nov 2023 16:00
“IN CASA LO CHIAMO ISTERIX” - ILARIA CERRINA FERONI RACCONTA LA SUA STORIA QUARANTENNALE (E LE LITI EPICHE) CON GIORGIO FORATTINI: "LE SUE VIGNETTE NON SONO PIACIUTE A D’ALEMA, A CRAXI, A CASELLI. COME LA PRENDEVA? LUI BENE, ERO IO A RIMANERCI MALE. DI GIORGIO HO SENTITO TANTE COSE INGIUSTE: UNA È CHE ERA VENALE, QUANDO SO PER CERTO DI TANTI SOLDI CHE HA PRESTATO. GLI DAVANO DEL FASCISTA, SOLO PERCHÉ NON ERA COMUNISTA” – IL FASCINO DI BERLUSCONI (“ERAVAMO A VENEZIA E SI OFFRÌ DI RIPORTARCI A MILANO IN ELICOTTERO, MA RIFIUTAI”) – “DOMANI DONIAMO IL SUO ARCHIVIO ALLA TRIENNALE DI MILANO” -
Elvira Serra per il “Corriere della Sera” - Estratti
Giorgio Forattini e Ilaria Cerrina Feroni stanno insieme da quarant’anni e sono sposati da 26. Da sette vivono una nuova fase dell’amore, quella della dolcezza incondizionata, della purezza dei sentimenti: nel 2016, durante un intervento chirurgico, l’anestesia ha restituito lo storico vignettista di Repubblica , della Stampa e del Giornale a una innocenza tenera e spiritosa; i ricordi hanno lasciato il posto a una quotidianità semplice.
I nuovi riti sono il bacio sulla mano di Ilaria prima di mettersi a dormire, i «rintocchi» che le fa per accertarsi che ci sia sempre, «mi vuoi bene?» appesi a una risposta affermativa. Vivono circondati da libri e quadri in una casa di ringhiera che fu caserma di Radetzky, in zona Porta Venezia a Milano, con fichi e nespoli nel cortile condominiale, cachi, melograni, un ulivo e frutti rossi.
Giorgio, cosa le piace di più di sua moglie?
«La bellezza e l’allegria. Sono felice di stare con lei, mi sono sempre divertito molto.
È stato un colpo di fulmine».
Del divertimento, delle liti epiche, dei viaggi, dei regali, degli amici, di tutto quello che ha cementato questa elegante e bellissima coppia di 92 e 80 anni, continuiamo a parlare con Ilaria, memoria storica degli otto lustri volati in un soffio, come succede con le cose che rendono felici.
Si ricorda il vostro primo incontro?
«Certo, anche perché è l’unico anniversario che festeggiamo: il 13 dicembre 1983 a Venezia, all’Harry’s Bar. Arrivavo in ritardo da Milano e lui era già seduto a tavola con Giovanni Nuvoletti, Giampaolo Pansa e una collega della Stampa . Giorgio avrebbe dovuto presentare un libro nel pomeriggio e io ero la responsabile dell’ufficio stampa Mondadori, con cui pubblicava».
Davvero colpo di fulmine?
«Sì. Non capivo perché mi sentissi così emozionata. Mi colpirono gli occhi celestissimi. Era carino con tutti, in particolare con i camerieri. Semplice, timido, educato».
La storia cominciò subito?
«Lui stava chiudendo con Samaritana Rattazzi. Per fortuna lei si innamorò di un altro!».
(…)
E come faceva lui a mandare le vignette?
«Certe volte era in ferie. Altre lo salvava il fax. Per anni siamo andati d’estate in Sardegna, in una struttura molto semplice di fronte all’isola di Caprera, si chiamava Li Capanni. Un paradiso: gli avevano messo a disposizione un fax personale. Purtroppo poi Peter Gabriel lo ha comprato e non siamo più tornati».
(…)
E lei non protestava?
«Non protestavo? Qui a Milano quando si è liberato l’appartamento accanto l’ho comprato e ce l’ho spedito!».
Condividevate la passione per la pittura: avete anche seguito un corso insieme.
«Sì, a Parigi. Una volta dovevamo replicare un autoritratto di Delacroix e mentre dipingevo mi accorsi che dietro di lui si era formato un capannello di persone che ridevano: gli aveva fatto una caricatura, era più forte di lui».
Avete ancora casa a Parigi?
«No, l’abbiamo venduta durante il Covid, ormai ci andavamo pochissimo. Però ci abbiamo trascorso 25 anni, mi sentivo prigioniera politica!
Giorgio voleva andare sempre negli stessi ristoranti, negli stessi mercatini di antiquariato, era molto abitudinario».
In Francia vi siete anche sposati.
«Sì, il 20 settembre del 1997 al Consolato italiano, che era un ex casino. I suoi testimoni erano Renzo Piano, Giancarlo Giannini, Umberto Veronesi e Salvatore Accardo. Le mie Emanuela Properzi e Nicoletta Prinetti Castelletti. Arrivai in auto con i miei figli, perché gli sposi non si dovevano vedere prima: peccato che lui non ci fosse, perché il pullmino che avevo noleggiato per trasportare gli ospiti, una quindicina in tutto, non conosceva la strada. E mica c’erano i cellulari come ora, che ti fanno da mappa».
Era vestita di bianco?
«No, indossavo un bellissimo Versace arancione che mi aveva regalato Giorgio. È sempre stato molto generoso. Mi ha regalato tanti gioielli, che però sono in banca, io indosso solo le perle: finalmente quando ho compiuto 70 anni lo ha capito. Dopo le nozze andammo a casa nostra e la sera continuammo i festeggiamenti con cena e balli a casa di Renzo Piano».
Amico di sempre.
«Abbiamo girato mezza Europa per assistere alle inaugurazioni dei suoi progetti. Siamo stati anche alla Casa Bianca quando ricevette il Pritzker e gli inquilini erano Bill e Hillary Clinton. Lei mi fece un’ottima impressione, il suo discorso fu impeccabile; lui mi colpì meno. Ci fecero fare il tour nello Studio ovale».
Liti epiche?
«Sempre prima dell’uscita dei suoi libri».
Ma sono stati tantissimi!
«Infatti lo chiamavo Isterix».
E lui come la chiamava? «Ciuciu, ancora adesso».
Giorgio Forattini è stato querelato più volte. Le sue vignette non sono piaciute a D’Alema, a Craxi, a Caselli, a Orlando. Come la prendeva?
«Lui bene, ero io a rimanerci male. Di Giorgio ho sentito tante cose ingiuste: una è che era venale, quando so per certo di tanti soldi che ha prestato e che non sono mai tornati indietro. Gli davano del fascista, semplicemente perché non era comunista. Una volta presi da parte Oreste Del Buono: “Tu puoi dire quello che vuoi su Giorgio, ma dopo averlo conosciuto”. Organizzai una cena e cambiò idea».
E con Eugenio Scalfari com’era il rapporto?
«A Scalfari Giorgio piaceva proprio fisicamente, lo trovava elegantissimo. Conservo il loro epistolario, è bellissimo. Scritto in un italiano meraviglioso: questo puoi farlo, questo non puoi farlo. Giorgio faceva sempre come voleva lui».
Di Berlusconi subì il fascino.
«Lo stimava. Però io mantenni le distanze. Una volta a Venezia per il Campiello si offrì di riportarci a Milano in elicottero, ma rifiutai».
Le ha mai fatto una caricatura?
«Sì, mio malgrado, perché mi ha fatta bruttissima: nei libretti sociali o nelle brochure che faceva per le banche. Ma tanto anche se mi opponevo non mi dava retta».
Domani pomeriggio donerà il suo archivio alla Triennale di Milano. Un’iniziativa del presidente Stefano Boeri. «L’archivio di Giorgio comprende circa diecimila vignette e sarà utilizzato anche con le scuole. Per questa cerimonia ci saranno i nostri amici cari: Renzo, Accardo, Giancarlo Giannini, Antonio Ricci, Montezemolo e tanti altri. Si collegherà in video perfino Fiorello. Sarà bello vederli tutti intorno a lui».
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achillepievorace · 1 year
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1° luglio 2023: Siviglia -Roma
Giornata caldissima nella capitale dell’Andalusia, con i termometri della città che segnavano 45°.
Dopo una nutriente colazione andalusa, a base di jamon e churros al solito Catunambù, partiamo in direzione della sempre splendida Plaza de Espana che, per quanto storpiata dal palco per i concerti, è comunque magnifica.
Da lì muoviamo verso l’Alcazar, dove spendiamo una buona ora, nonostante il caldo torrido. Poi a pranzo alla Cerveceria La Giralda, per una carrellata di squisite tapas al fresco dei nebulizzatori. Davvero una felice scoperta, nonostante la posizione “superturistica”. Con soli 35€ mangiamo abbondantemente in tre. Provaci a Roma, vicino al Colosseo.
Per ripararci dal caldo, non potendo più contare sulla pensione, ci rifugiamo al museo Casa della Scienza, dove trascorriamo una buona ora tra le varie, interessantissime esposizioni.
Poi in aeroporto, dove scopriamo che l’aereo parte con 2 ore di ritardo. Ho un nuovo slogan per la compagnia aerea: “Wizzair: it’s cheap, worth less”.
Volendo tirare le somme di questo splendido viaggio, posso solo dire che tanto l’Algarve che l’Andalusia (che avevo già visitato otto anni fa) sono delle regioni fantastiche: splendidi paesaggi, architetture uniche e cibi deliziosi ne fanno delle mete di assoluto interesse. La Spagna costa un po’ meno del Portogallo, per mangiare si può spendere veramente poco. I posti che mi sono piaciuti di più sono stati Sagres, per l’atmosfera da fine del mondo che si respira, Olaho, per l’autenticità dell’antica architettura, e Cadiz, per la vivibilità, il clima ed i fantastici scorci.
Ed i cibi? Difficile stilare una classifica, sia in Portogallo che in Spagna hanno piatti deliziosi, posso solo dire che non mi è affatto mancata la pasta!
Buona estate!!
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a-tarassia · 3 years
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Il vecchio mondo sta morendo, quello nuovo tarda a comparire (semi cit.)
Workers Don’t Want Their Old Jobs on the Old Terms - “labor shortages” is a good thing, not a problem. The pandemic may have given many Americans a chance to figure out what really matters to them — and the money they were being paid for unpleasant jobs, some now realize, just wasn’t enough
Stamattina mi sono imbattuta in una discussione sulla situazione lavorativa attuale, ovvero la mancanza di incontro tra la curva di domanda e quella dell’offerta di cui tanto si è lamentato soprattutto alla ripartenza estiva, non ci sono lavoratori è colpa del reddito di cittadinanza. Niente di più falso se si considera la percentuale di cittadini (nuclei familiari) che si affida al rdc, basterebbe solo cercare i dati e scoprire che di certo qualcuno a cui serve lavorare è rimasto, ma. È tutto più complicato di così, quindi mettiamo da parte i titoli clickbait del new journalism e approfondiamo il malessere, questa nuova forma di presa di coscienza della classe lavorativa del tipo “preferisco la povertà alla schiavitù”. Come sempre, visto anche l’inciso di cui sopra, tratto da un articolo pubblicato sul New York Times e scritto dall’economista Paul Krugman, dicevo, come sempre accade negli ultimi secoli, le prime avvisaglie di discrepanza culturale tra passato e presente (futuro) partono dagli Stati Uniti, possiamo stare qui ore, giorni, mesi, anni, a discutere sulla caratteristica dicotomica dell’America, ma quello che ne trarremmo sarebbe la solita vecchia cantilena: è troppo diversa, stratificata e grande per poterla rinchiudere in una categorizzazione, quindi deal with it. Negli USA, posto in cui non hanno mai dato uno stipendio effettivo ai camerieri,  la questione lavoro è tematica dominante di cui ormai si discute senza se e senza ma.
Da qualche mese anche in Italia siamo arrivati al punto in cui si grida alla mancanza di manodopera, ma come gli ultimi dati ufficiali hanno dimostrato ciò non è propriamente vero, anzi, secondo i dati dell’Inps in Italia da gennaio 2021 ci sono state 617mila assunzioni in più rispetto allo stesso periodo del 2020. Però come ben sappiamo le statistiche sono effimere e cangianti, come delle olografie, cambiano in base al punto da cui le guardi e al risultato che vuoi ottenere, quindi giri la luce cambi angolazione un po’ e ti dicono quello che vuoi sentirti dire. Dove sta quindi la verità? Sempre dalla parte dei lavoratori, non ci si sbaglia.
Non dico che stiamo sopravvivendo su condizioni lavorative discusse e concordate nel 1930, ma quasi, di sicuro dal 1980 quasi nulla è cambiato a momenti nemmeno gli stipendi. You remember Scala Mobile? Innanzitutto io stessa che ho un CCNL e quindi dovrei essere tra le più tutelate mi  ritroverò un aumento indiscriminato dei prezzi e costo della vita sicuramente dal 2022, causati dalla Cina (vista soprattutto la situazione complessa di approvvigionamento, scarsità di materie prime e ritardi improponibili nelle spedizioni), sapete se non diversifichi le sedi di produzione internazionali, oggi tantissime in Asia, e ti fai mandare tutto dalla Cina, se la Cina aumenta il prezzo dei container, finchè non corri ai ripari (come?) possiamo discuterne in un altro luogo di questo), l’aumento te lo ciucci tutto e chi lo paga? Bravissimi. E secondo voi gli stipendi saranno adeguati? Bravissimi. Oltre che gli stipendi erano già inadeguati prima, figuriamoci tra un po’, vogliamo parlare di quanto invece sono aumentati gli stipendi dei CEO? Parliamone ancora dati alla mano:
41 million people lost their jobs in 2020 as the pandemic ravaged the U.S. economy, the most layoffs in at least two decades. But CEOs had a pretty good year. A great one, in fact, earning 351 times on average as much as the typical worker in their industry (qui)
Poco, solo 351 volte di più.
The weekend was won with no reduction in pay for workers and there was a gradual reduction in hours since then until about the 1980s. But since the 1980s working hours have not reduced at all, despite greater automation and new technology. We're overdue a reduction in working hours. (qui)
Toccando il punto, invece, delle ore lavorative (un articolo al link sopra), che nel migliore dei casi restano otto per cinque giorni a settimana, è chiaro che la regolamentazione rimasta invariata da oltre trent’anni deve essere rivista. Non solo servono meno ore per fare le stesse cose, ma si dovrebbe rivedere radicalmente i contratti così come sono stati concepiti dai sindacati quasi un secolo fa, lavorare part time, lavorare meno lavorare tutti, turnazioni, dare spazio alla digitalizzazione che straripa dall’armadio come farebbero tutte quelle tshirt nuove che hai comprato, mentre ti ostini ad utilizzare quella vecchia coi buchi perché sei affezionato e non ti va di cambiare che hai paura del nuovo. Digitalizzazione che porterebbe finalmente in campo molti giovani che sono specializzati nel settore ed eviterebbe perdite di tempo inutili e dannose per ogni individuo e spreco ingente di carta che io renderei legalmente perseguibile. È chiaro ed evidente che ridurre le ore lavorative e rimettere in mano agli individui il proprio tempo li rende persone più felici, you don’t say? La produzione resta invariata se non moltiplicata e hanno più tempo per spendere i soldi che portano a casa, per dirla in termini capitalistici:
Aumenti gli stipendi, aumenti il tempo libero, aumenti i guadagni, it’s not a difficult concept.
Riduzione di ore e regolamentazione del lavoro da remoto, che ad oggi esiste in varie forme in base a cosa fa più comodo all’azienda, ho sentito anche il concetto di mobile working, che tradotto è un altro modo per metterla nel culo al lavoratore. in Italia le aziende stanno ancora aspettando una risposta dallo Stato in termini di legislatura del lavoro agile, voi avete visto qualcosa? Io no e lavoro in un’azienda a cui piacerebbe, almeno in questo caso, fare un passo avanti. Il mondo della ristorazione, della logistica, dei servizi essenziali, necessita di controlli, strutturazione e tutele per i dipendenti, dovrebbe senza ombra di dubbio essere preso d’assalto dalla convenzione di ginevra, perché sfido io che un ragazzo nato negli anni ’90 oggi potrebbe prendere la decisione di chiudersi in catene per due spicci salvo che non sia davvero disperato o completamente pazzo. Qualcuno ha visto Sorry we missed you, di Ken Loach? È un consiglio. Poi dopo ci continueremo a lamentare che Amazon ci porta la presa schuko con un giorno di ritardo, ma almeno ci sentiremo in colpa. Dici non vogliono lavorare, ma meno male e grazie, salvate anche noi per favore ragazzi!
Dopo quasi due anni trascorsi chiusi in casa a fare a meno di tutto, forse finalmente qualcuno ha capito che magari si può fare a meno anche di lavorare a certe condizioni? Forse qualcuno ha capito che nella vita voleva fare altro, anche intrecciare cestini e venderli ai vicini o riprendersi mentre in doccia si lava il culo usando la spugna coi piedi e postarlo su onlyfans? Non trovo manodopera per il mio ristorante costruito abusivamente sulla spiaggia vista gabbiani e per cui pago 5€ all’anno al demanio, chiedo solo dieci ore al giorno sette giorni a settimana più straordinari nelle due centrali di agosto e pago profumatamente seicento euro al mese magari dovrebbe essere sostituito con assumo regolarmente con tutte le tutele del caso, malattie, ferie, stipendio adeguato e orario secondo contratto nazionale e partire da lì innanzitutto senza discriminazione di razza o sesso? Se avessimo regolamentato tutti gli stranieri che chiedono documenti legali dalla notte dei tempi forse anche il problema di “ci rubano il lavoro” sarebbe risolto con “meno male che da voi state alla canna del gas così almeno ho chi mi serve ai tavoli”, ma siamo un popolo di razzisti, questa sarebbe semplice utopia. È un discorso classista? Lo chiamerei più realista, sarebbe anche funzionale se si facesse di necessità virtù, ma anche le necessità in questo caso sono da prendere con le pinze. Sarebbe in ogni caso un improvement per tutti, ma troppo intelligente. È lampante come per determinate tipologie di lavoro necessitiamo di manodopera estera, non facciamo discorsi da finti buonisti, per quanto ci sia ancora l’italiano che fa il pizzaiolo, quella che fa la badante, l’oss, quello che impasta il cemento o guida la ruspa o raccoglie arance e pomodori è ovvio che saranno lavori per cui dovremmo sempre di più affidarci a chi arriva da fuori, questo per vari motivi che spero di non dovervi spiegare e quindi è anche arrivata l’ora che si smetta di fare finta che non sia così e mettere una mano anche sulla questione immigrazione in senso umano, civile, legale e burocratico. Again, più lavorano, più guadagnano, più tempo hanno, più spendono. Certo, la sostituzione razziale.
Anche il lavoro è un bene, un prodotto per cui c’è domanda e offerta e per cui deve esistere differenziazione, se si vuole occupare più gente possibile bisogna che ci siano più posti di lavoro possibili e non solo in termini quantitativi, ma anche e soprattutto qualitativi, le specializzazioni sono cambiate, le attitudini sono cambiate, le generazioni si evolvono e anche la realtà si sta chiaramente sdoppiando perché viviamo parallelamente nel mondo fisico e in quello virtuale e in entrambe serve la struttura digitale.
Siamo indietro, indietrissimo, in retromarcia.
Se l’istruzione fosse in linea coi tempi e pure preparasse professionalità adatte a gestire il mondo digitale il mercato del lavoro non sarebbe al passo, la stragrande maggioranza delle aziende ancora fa fatica ad abbandonare gli archivi fisici per essere banali, moltissime non hanno nemmeno ancora previsto lontanamente l’e-commerce nemmeno all’interno del gruppo stesso, digitalizzazione degli acquisti.
Stampiamo le fatture per portarle da un ufficio ad un altro, come possiamo pretendere di capire che serve un ufficio che gestisca i dati del sito quando il sito è ancora in manutenzione dal 2001 e sulla pagina facebook non c’è manco la foto sulla cover?
Le ragazzine vogliono fare le influencer, le youtuber, aprirsi un canale su twitch per far vedere le tette dipinte da unicorno rosa e noi invece di insegnare loro come gestire il mondo virtuale, fare dei corsi a scuola su diritti e doveri nell’era digitale e strutturare un pensiero anche per un domani lavorativo, che magari capiscono che esistono altri lavori nel campo anche più divertenti e remunerativi le incalziamo perché non vogliono fare le cassiere e poi le riempiamo di nozioni sul femminismo e il bodyshaming.
I ragazzi di oggi non studiano, beh convincimi che hanno torto.
Se la regolamentazione del mercato del lavoro si adeguasse e rivedesse la struttura dell'offerta per renderla attuale, in linea con le nuove necessità,  generazioni e in linea con le contingenze del momento, evidentemente diverse da anche solo cinque anni fa, allora potremmo parlare di un confronto tra domanda e offerta e dissertare sui numeri.
Se invece si continua a proporre situazioni lavorative tali e quali al 1950, senza considerare necessità ambientali, parità di genere, riduzione di orario di lavoro, smartworking, turnazioni, diversificazione dei compiti per le nuove specializzazioni soprattutto digitali, attitudini delle nuove generazioni e etica, soprattutto etica lavorativa, allora ogni discorso è aria fritta.
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yomersapiens · 3 years
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(È un pensiero nato da qualche mese e mi spaventa essere arrivato ad ascoltarlo ma non posso più fare finta di niente. Non faccio altro che ripeterlo in terapia, che non mi sento nel luogo giusto, che mi sento lontano da casa. La sindrome dell’esiliato. Ma chi mi ci ha mandato in questo esilio se non io da solo? Nessuno mi ha mai obbligato a fare le valigie tanti anni fa e partire. Il tedesco sarà sempre un grosso limite. Inutile nasconderlo. Si tratta di ridurre i miei pensieri in qualcosa di più facile da esporre. In inglese mi sento falso. Divento un cliché frutto delle serie tv che guardo. Uno che ripete frasi fatte e le adatta. Ogni volta che esprimo il desiderio di tornare in Italia accompagno il tutto con “fallimento” e “sconfitta”. Come se la mia esperienza all’estero e a Vienna fosse una gara di resistenza. Perché tornare dove mi sento più a mio agio, nella mia testa, è visto come una rinuncia? Forse per l’odio sviluppato nel corso degli anni per chi non prova nemmeno a migliorare la propria condizione. Ma guardiamo in faccia la realtà. Sono diventato quello che più temevo: uno che si lamenta sempre. Mi lamento del tempo grigio. Della pioggia. Del freddo. Del freddo dentro le persone. Delle distanze. Della difficoltà di comunicazione. Del costo delle case. Del cibo. Della qualità delle verdure. Ok mi lamentavo di tutto questo anche quando vivevo in Italia. Che palle sono davvero uno che si lamenta e basta? Devo averlo preso da mio padre anche lui non fa altro è il suo hobby preferito dopo l’ipocondria. Voglio andarmene da qui e per quanto possa risultare banale e senza senso, per un periodo desidero tornare in Italia. Vienna doveva durare sei mesi, non otto anni. Ok che sono uno pigro e inadatto al cambiamento, ma qua mi sembra di aver esagerato. Non ho idea del dove e del quando. So solo che ogni sette anni dicono che le cellule del tuo corpo cambino completamente. Sono una persona nuova allora. Un anno in ritardo sulla tabella di marcia. Se penso a tutto quello che mi manca e che non conosco, quante cose nuove da scoprire e di cui lamentarmi. Accadrà. Svuotare la cantina di mio padre mi ha fatto capire quanto mi manca non possedere nulla e qua ho troppe cose in casa. Troppi scaffali pieni e credo la mia vita sia destinata ad essere racchiusa in tre borse. Una per i vestiti. Una per la musica e i videogiochi. Una per le medicine e il caffè. Che poi è la stessa cosa.)
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nonsochisonopiu · 3 years
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Con la paura di sognarti ancora
(it’s ok)
“Ero diretto a casa, ma ho sentito l’altoparlante nominare la tua città, ho messo subito la giacca e preso lo zaino. Sono alla stazione ma non so dov’è casa tua, mi mandi la posizione?”
Leggo il messaggio 7 minuti dopo, mentre ero seduta sul wc in pausa. Il bar è pieno di gente. 
“Stacco tra mezz’ora da lavoro, ti mando la posizione e puoi venire qui”
Aspetto qualche secondo per realizzare. 
“Non mi aspettavo questo messaggio”
Visualizzato. 
Esco dal bagno, e con un’espressione di totale perdizione continuo a lavorare.
(All of them dreams)
Guardo l’orologio ogni due minuti. E dopo una ventina di minuti ti vedo fuori scrutare il cellulare e guardarti intorno. Sei qui. Da dietro il bancone ti vedo, i nostri sguardi si incrociano. 
Prendo la mia giacca ed esco. Sono le otto di sera, andiamo a bere.
Non riesco a dirti una parola. Fumo un sacco di sigarette, ho perso il conto.
(About the weather)
Non riesco. Non riesco a stare ferma. Non riesco a non guardarti negli occhi e farmi passare la voglia di baciarti. 
Bevo il mio ultimo sorso, ti guardo e ti bacio. Ti bacio come facevo prima, anni fa.
Ti trascino verso casa, sempre senza dire una parola.
(Miffed)
Inserisco le chiavi nel portone, ti guido per mano verso l’ascensore. Ed è lì che ti guardo ancora. Ti bacio, più forte di prima. Entriamo nell’appartamento mentre cominciamo a toglierci i vestiti. Sono tutti stesi a terra mentre noi lo siamo sul letto. Ci tocchiamo, come mai prima. Ci desideriamo.
I nostri gemiti sono intrecciati ora, vanno all’unisono. Oh, che momento.
Ed è lì che le nostre voci si spezzano, insieme, uniti da un unico orgasmo, mentre resto su di te, abbracciata al tuo corpo. Non riesco a staccarmi.
E tu non smetti di accarezzarmi la schiena e respirare forte sul mio petto. 
(Middle of my mind)
Come posso lasciarti? Come posso staccarmi da te?
Non lo faccio. Mi prendi i capelli in una stretta forte e ricominci a baciarmi, ancora, più veloce. Lo rifacciamo, di nuovo, meglio di prima. Le mie gambe tremano ma non mi importa, non le sento nemmeno più, ma continuo a respirare affannosa. 
(157)
Sussurro un ti amo. Ti fermi per cercare il mio sguardo nel buio per poi accarezzarmi la testa.
Lì finiamo di nuovo. La mia testa è sul tuo petto a contare i tuoi battiti.
“Anche io” rispondi in ritardo. E mi stringi di più verso di te. 
Ce lo siamo detto, finalmente. Finalmente ci amiamo.
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corallorosso · 3 years
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Sulla storia di Laura Boldrini non mi sembra che ci sia molto da dire. Ho aspettato un po’ a parlarne perché volevo sentire anche la sua versione dei fatti. E anche lei, in pratica, non ha smentito nulla di quanto affermato dalle due donne che l’accusano. Ha parlato di “ritardi” dovuti al fatto che non riusciva a contattare il referente del CAF nel caso della collaboratrice domestica licenziata in tronco dopo otto anni perché si era rifiutata di lavorare anche il sabato (10 mesi di ritardo sulla liquidazione, manco stesse cercando di parlare con Joe Biden) e del fatto che lei “è una donna sola”, quindi era perfettamente normale mandare la sua collaboratrice parlamentare a pagare il sarto e a prenotarle il parrucchiere, pagandola con i fondi pubblici. Quanto al fatto che abbia licenziato in tronco una donna che le aveva chiesto di lavorare in smart working a causa di un figlio malato, poi, era nel suo pieno diritto di farlo. Quello che ne esce fuori è il ritratto di una ex sinistra ormai completamente e intimamente borghese, che si riempie la bocca di concetti come “tolleranza” e “solidarietà”, che si batte per gli asterischi alla fine delle parole ma che poi, nei fatti, si comporta come la peggiore destra. Quella sinistra che parla di migranti ma che non è in grado di percepire la sofferenza di chi ha vicino. La “mia” sinistra, quella che vorrei, si fonda sui diritti civili e i diritti sociali. Se togli i primi dall’equazione diventi uguale alla destra sociale, se dimentichi i secondi, diventi Renzi. Ecco, la ex sinistra parlamentare attuale ormai si è completamente renzizzata. Ma in maniera intima, irreversibile. E non mi stupisce che Laura Boldrini, di fronte alle accuse che le sono state mosse, parli di una “campagna d’odio contro di lei” dovuta al fatto che “parte della società non digerisce le donne assertive”, perché buttarla sul maschilismo è, probabilmente, l’unica cosa che le è rimasta per giustificarsi. Il problema è che l’articolo che ha scoperchiato tutto questo l’ha scritto Selvaggia Lucarelli. Che è una donna, e pure piuttosto “assertiva”, per utilizzare un termine boldriniano. Non c’è nessun particolare problema legale, in quanto emerso ai danni di Laura Boldrini (o se c’è qualcosa, di sicuro non è particolarmente grave), semmai ce n’è uno etico e morale grande come una casa. O almeno dovrebbe esserci, se esistesse ancora una sinistra che non debba vergognarsi del proprio nome. In un mondo normale, Laura Boldrini si dovrebbe dimettere e sparire dalla politica. O al limite passare a Italia Viva. Che poi, in fondo, è più o meno la stessa cosa. Emiliano Rubbi
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i-am-a-polpetta · 4 years
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No ma raga mi avete taggato nel giochino in cui devo dire che sono stupida senza dire espressamente che sono stupida.... Raga che magie che mi state chiedendo eheh
- una volta ho mangiato otto banane in un giorno e quando mia mamma mi chiese spiegazioni dal momento che la ciotola era vuota le dissi "Ma' c'avevo voglia oh"
- mia mamma mi regalò una bicicletta ultra figa (perché un tempo ero stra appassionata) con la quale io mi credevo 100%Brumotti abbombazza e praticamente decisi di fare un trick saltando dei cartoni messi da me e la gang che erano alti praticamente come la ruota. Inutile dire che finì abbombazza con un livido sulla gamba grande quanto la mano di Gianni Morandi.
- quando avevo tipo 4 anni mi sono tagliata i capelli da sola perché avevo caldo e sembravo tipo la lesbichella di the L world.
- ancora adesso, quando devo assaggiare qualcosa, lo sberlecco e se vedo che non mi piace lo faccio mangiare agli altri (che sono poi mio fratello e sorella che da anni sopportano me che sono una chiavica e non mi piace niente)
- una volta ho fatto esplodere l'aspirapolvere....
Insomma dai, ho fatto anche di peggio eheh
Io taggo, anche se un po' in ritardo: @problemino, @vogliofarelafotografa, @souvlakispac3station, @pyxisminor, @pgfone <3
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gregor-samsung · 3 years
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“ Mio padre aveva insistito molto sullo studio. Quel bisogno mi era venuto da lui. Nella sua chiacchiera ora aggressiva ora accorata c'era sempre il rimpianto di non aver studiato a sufficienza, a cui però associava subito il disprezzo per l'istruzione senza intelligenza e senza fantasia. Affrontava di petto ogni diplomato o laureato. Voleva confrontarsi con loro e dimostrare di saperne di più, o comunque di saper trarre dal poco che conosceva più di quanto sapesse chiunque avesse fatto studi regolari. Da ragazzo non riuscivo a capire. Oggi era diplomato, domani no. Sfoderava competenze in ogni settore, teoria e pratica. Con disappunto di mia madre, a volte azzardava persino di essere laureato. Quella situazione confusa per anni mi ha causato imbarazzi, non sapevo come definirlo con gli amici. Poi piano piano Federì si è rassegnato e invecchiando ha preferito ammettere che non aveva diplomi né lauree. Ma lo ha fatto solo per poter meglio inveire contro suo padre. Colpa di don Mimì, diceva. Il tornitore, quando quel suo figlio di genio compì il decimo anno, decise bruscamente di mandarlo a lavorare in Francia, presso un fratello che era emigrato. Ma trovò l'opposizione durissima di nonna Funzella e di Filomena. E poiché temeva le scenate di sua moglie - vere dimostrazioni di furia senza alcun senso del limite: Filumè sapeva diventare pericolosa per sé e per gli altri -, si rassegnò momentaneamente a iscrivere il bambino alla scuola di avviamento al lavoro «Casanova», otto ore al giorno di frequenza, un anticipo dell'officina, della fabbrica. In genere a quel punto Federì apriva una parentesi per predirmi: «Tu invece studierai. Io non sono come mio padre. Tu potrai fare tutto quello che ti piace: l'ingegnere delle ferrovie, qualsiasi cosa. Non ti contrasterò». Ascoltavo e sentivo che avrei preferito essere contrastato. Confusamente intuivo che dietro quel «qualsiasi cosa» si nascondeva la necessità che facessi una cosa di grande soddisfazione per lui, tipo appunto l'ingegnere delle ferrovie. Perciò venivo preso dalla paura di non soddisfare le sue aspettative e gli invidiavo quel suo genitore che gli aveva messo i bastoni tra le ruote in tutti i modi, dandogli agio poi di dire: «Tutta colpa di mio padre». Ma lui non se ne accorgeva, chiudeva la parentesi e ribadiva: «Voleva mandarmi a faticare». Solo grazie ad altre terribili scenate di Filomena, memorabili in tutto il caseggiato, era riuscito a sottrarsi ancora una volta, finito l'avviamento, al lavoro. Don Mimì, spaventato, si era piegato di nuovo e aveva mandato il figlio all'Alessandro Volta per farlo diplomare operaio specializzato. Intanto le provava tutte per rendergli difficile la vita scolastica: non pagava le tasse se non con molto ritardo, non gli comprava i libri, lo aveva messo in condizioni di fargli perdere anni, di farlo cacciare da scuola. Il racconto di mio padre, di solito così colorito, in quell'area si perdeva in sussurri. Ancora negli anni novanta, anche dentro i quaderni delle sue memorie, lasciava calare una nebbia sulle storie smargiasse di precocità artistica, si perdeva la traccia della sua vivace autocelebrazione, si ottundeva il gusto di reinventarsi da capo a piedi. Accadeva come se il suo genio a quel punto si fosse raccolto in sé e, umiliato, avesse deciso di tacere. “
Domenico Starnone, Via Gemito, Feltrinelli (collana Universale Economica n° 8858), 2017⁶; pp. 251-52.
[Prima Edizione originale: 2001]
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curiositasmundi · 4 years
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3 Cose a caso su di me
Con immane ritardo giustificato  dal fatto che ho scoperto solo oggi la funzione Mention della Activity, partecipo alla nomina di @unfilodaria
If you get this, answer with 3 random facts about yourself and send it to the last 7 blogs in your notifications, anonymously or not! Let’s get to know the person behind the blog ❤
Tre fatti casuali che mi riguardano:
1- Ho un gattone(molto one) che non è il mio gatto. Per una serena convivenza, essendo io il suo umano di riferimento, abbiamo stipulato quanto segue: - Cibo, riparo e cure in cambio di gran coccolegrattopucciose con fusa Xtreme rigorosamente in Dolby Surround™. - Solo cibo umido in busta o crocchini, niente fegati, residui di carbonare, ragù e porcherie che ti mangi tu (io) in cambio di sguardi intensi e contatti telepatici dopo che hai fumato. - Io non so cosa fai tu quando esci di casa e tu non devi sapere quello che faccio io dopo che sono uscito da casa tua.
2- Quando ho cambiato la moto ho fatto la strada fino al concessionario sulla vecchia, le ho parlato per tutta la strada dicendole che avevamo avuto il nostro tempo per una storia bella e intensa fatta di strade e di rotonde, di tangenziali e tornanti, che lei mi ha insegnato tanto, a dosare il gas in curva a scalare fino alla linea dello stop, a piegare e sì.. lo so che ti piaceva quando ti solleticavo le pedane, ma ora quel tempo è terminato, ti prego capiscimi, non sei tu, sono io. Arrivato dal concessionario le ho accarezzato la sella e l’ho salutata, è stato molto commovente. Poi son salito sulla nuova moto fiammante e son partito, una volta ingranata la quarta le ho detto: E allora bella? Ci facciamo un bel pieno e poi ti porto in un bel posticino sui colli, che ne dici?
3- A dodici anni sono scappato di casa. Erano le quattro del pomeriggio e avevo messo dentro un grande tovagliolo aperto sul tavolo: 3 pacchetti di cracker Doria, 2 scatolette di tonno, un Toblerone (qualcuno sa perché), il coltellino a serramanico, il Manuale delle Giovani Marmotte (vol.1), un rotolo di spago, un po’ di carta igienica, una mela e la borraccia con l’acqua. Poi una volta chiuso il tovagliolo dagli angoli legandoli alla fine di un bastone da scopa  me lo sono carcicato in spalla e senza dire niente a nessuno sono uscito di casa. Dopo cento metri ho incontrato Ginetto sulla sua Graziella con elaborazione Polini che mi ha chiesto dove stessi andando con quel fagotto, Sono scappato di casa gli dico e quello dice Togo! (al tempo non si diceva figo) vengo con te! E siamo andati verso l’argine dove abbiamo trovato Lele e Icio che stavano costruendo un rifugio dentro un gran cespuglio, quindi li aiutiamo fino a farla diventare una tana tutta nostra, intanto ci era venuta fame e allora abbiamo dato fondo al mio fagotto, poi ci simo messi a leggere il manuale delle Giovani Marmotte e fare la punta ai rami col coltelino per farci le frecce mentre fabbricavamo anche degli archi, poi abbiamo studiato fino al tramonto elaboratissime strategie militari per difender la nostra postazione e per le otto ero a casa seduto a tavola con mia madre che versa la minestra, Ma non dovevi fare il polpettone stasera? Eh, ero convinta ci fossero ancora due scatole di tonno e invece no, quindi minestra.
Non taggo nessuno, chi vuole pigli.
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lamilanomagazine · 1 year
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Il Titan è imploso: morti i 5 passeggeri a bordo
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Il Titan è imploso: morti i 5 passeggeri a bordo. Il sommergibile Titan ha avuto una “catastrofica perdita di pressione”: è imploso ad oltre 3mila metri di profondità nelle acque del Nord Atlantico. Non ci sono sopravvissuti. I cinque passeggeri all’interno del sommergibile Titan erano il milionario britannico Hamish Harding (58 anni), il businessman pakistano Shahzada Dawood (48 anni) col figlio Suleman (19 anni), l’esploratore e pilota di sommergibili francese Paul-Henri Nargeolet (77 anni) e Stockton Rush (61 anni), il patron di OceanGate, l’azienda proprietaria del Titan. “Crediamo che l'equipaggio del nostro sommergibile sia morto”. Lo afferma OceanGate in una nota, confermando la morte dei cinque passeggeri del sottomarino disperso da domenica. Fra i rottami trovati dal robot impegnato nelle ricerche ci sarebbero la parte posteriore e il telaio di atterraggio del sommergibile disperso sulle orme del Titanic. Lo riporta la Bbc citando un esperto e un amico dei passeggeri. Secondo i funzionari della Guardia Costiera Usa il campo di detriti del Titan è stato scoperto vicino al naufragio del Titanic, ma è troppo presto per dire esattamente quando si sia verificata "la catastrofica implosione”. Non è dunque chiaro se l'implosione sia avvenuta domenica o nei giorni successivi, durante la ricerca internazionale per ritrovare il sommergibile scomparso. Il campo di detriti del Titan si trovava a circa 488 metri dal Titanic. Rimangono dubbi sulle otto ore intercorse tra il momento in cui il Titan ha perso la comunicazione con la superficie e il momento in cui la sua nave di supporto canadese, il rompighiaccio Polar Prince, ne ha denunciato la scomparsa alla Guardia Costiera degli Stati Uniti. Il ritardo deve ancora essere spiegato dalla società proprietaria del sommergibile, OceanGate Expeditions. Sean Leet, capo della società comproprietaria della nave di supporto del Titan, non ha discusso la cronologia, dicendo solo che «tutti i protocolli sono stati seguiti per la missione». Ma gli esperti che hanno familiarità con l'esplorazione di acque profonde affermano che quelle ore perse sollevano molti interrogativi. Al Telegraph la famiglia del miliardario britannico Hamish Harding, che è a bordo del sommergibile Titan, accusa OceanGate di aver impiegato «troppo tempo» per lanciare l’allarme. Un ritardo di otto ore, è «troppo lungo», afferma Kathleen Cosnett, cugina di Harding. Il sommergibile ha perso il contatto con la nave di superficie Polar Prince intorno alle 9:45 ora locale di domenica, ma la Guardia Costiera degli Stati Uniti non è stata informata della sua scomparsa fino alle 17:40.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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victoriarott · 3 years
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Se controlli le informazioni, puoi controllare la maggior parte degli imprevisti.
mood: sollevata. // craving: Monica. // ost: i rumori dell'aeroporto e dei povery come me che aspettano i voli di domani.
Mi mancavano tutti tantissimo prima di partire. Avevo tanta ansia, perché c'erano solo tre treni che facevano al caso mio, che mi avrebbero portata qui, sana e salva.
Ho preso quello più vicino all'orario di imbarco (04:45), cioè quello che mi avrebbe portata all'aeroporto alle 23 e qualcosa, del giorno prima.
Ho guardato su TripAdvisor se era effettivamente possibile sostare tutta la notte.
Quattro anni fa, dicono online, sì. Però meglio farsi trovare prima delle 22, ora di chiusura dell'aeroporto, a eccezione del terminal partenze, aperto H24.
Potevo fidarmi di un vecchio scambio di messaggi pubblici e assumere che ciò che veniva detto valesse anche ora in epoca Covid? Siete molto ottimisti, se pensate di no.
Cambio prenotazione e scelgo il primo treno della sera, che mi avrebbe portata qui alle 21:05.
Arriviamo comunque a qualche ora prima della partenza: tampone ancora da fare, valigie sfatte, nessuna bilancia in casa, fogli importanti da stampare, carta da caricare...
Alle 19:15 avevo appena terminato di fare gli zainetti (7 kg in tutto, alla faccia vostra, compagnie aeree & sfruttamenti).
Il treno + navetta aeroportuale previsti per le 19:58.
Ma né mamma, né soprattutto io, ci muoviamo.
Abbiamo parlato poco, litigato tanto e ci manchiamo già, io lo manifesto, lei meno.
Resto con lei e i gatti fino alle 20:15. Mangio in quel quarto d'ora fra le otto e le otto e un quarto.
Partenza prevista, a piedi, per le 20:15. Usciamo alle 20:30.
Torniamo indietro, lei ripone la bici (e sottolinea a caso che sono lenta, a nemmeno tre metri dal cancello di casa, con le scarpe che mi stritolano i piedi, kekzzvuoiii), prende le chiavi del furgone, saluto Elliot per "l'ultima volta" e partiamo.
In stazione siamo stranamente puntuali - stranamente, perché nessuna delle due è capace di controllare il tempo. Possiamo instradarci anche con ore d'anticipo, il modo per entrare in una dimensione spazio temporale solamente nostra, lo troviamo comunque.
Ho le lacrime agli occhi. Sta anche per vendere la macchina. Sta per cominciare il trasloco verso la nostra vera casa (per ora), senza di me.
Mi manca già tanto, glielo dico, lei guarda il cielo, come per dire "🤦".
Entriamo in stazione, scendiamo e saliamo usando le scale e ler una volta non l'ascensore coi valigioni pieni di vita, con calma, cosa che non accadeva da un anno.
E poi, boh, aspettiamo quella decina di minuti su un binario ormai fin troppo familiare, in una stazione che ormai è casa essa stessa.
E quei minuti sembrano non passare mai, non sappiamo che dirci, non riesco a calmare l'ansia del non sapere se mi faranno la multa (NB: coi regionali e i regionali veloci, non dovrebbero, mai, perché dovrebbe fare fede la prova d'acquisto, nei casi di ritardi, ecc. Così mi avevano detto, il giorno in cui dovevo assolutamente partire per Firenze e ho quasi fatto venire un attacco di cuore allo Shōgun, cioè alla genitrice, perché avevo perso il treno all'alba, primo di tante altre coincidenze ecc. Ecc.).
E poi, pensavo, avendo due biglietti (di cui uno non più valido, ma chi se ne, uno che avevo volutamente perso e l'altro che avevo volutamente ignorato, e trovandomi su "quello di mezzo" tra le due fasce orarie, avrei dovuto considerarmi "in ritardo" o "in anticipo"?
Il treno arriva e parte quando sono ancora faccia a faccia con mamma, io dentro, in piedi, nel corridoio e lei fuori, sulla banchina.
Il macchinista non aspetta nemmeno un po' e le porte scorrevoli si incontrano a metà, chiudendosi sull'immagine di mamma con gli occhi pieni di lacrime che non verserà perché almeno io posso partire ed esplorare un'altra piccola parte di mondo.
A lei, chissà quando toccherà. Chissà quando potrà permettersi di dire ad alta voce e con orgoglio "vado in ferie"?
Durante il viaggio in treno, mi scrivo con Monica e Abigail. A Moni, racconto il programma della serata, le mie ansie e le mie preoccupazioni, lei mi rassicura e dice che, in ogni caso, dovessi trovare l'aeroporto inagibile, la notte resterà (forse) sveglia a studiare. Mi basta, scherziamo un po', poi cerco di collegare il telefono alle prese del treno: non funzionano le mie e non funzionano quelle delle mie vicine tedesche.
"Vbb, tanto, ho il telefono di ricambio".
Il mio non va quasi più, ma mi ostino a usarlo. Lo sanno tutti e tutti si chiedono il perché.
Perché mi affeziono. Con poca cura, ma mi affeziono.
E poi, detesto gli sprechi.
Arrivo in stazione a Verona Porta Nuova con il cuore che batte ancora un po' perché non è passato alcun controllore.
Sono capace di mantenere questo stato d'animo irrequieto e inquieto anche quando ho perfettamente ragione perché non si ha mai perfettamente ragione.
Il mio cervello è così, non si spegne mai, è sempre in allerta, pronto a esaminare insieme una quantità esagerata e al limite dell'ossessivo, qualunque informazione.
Spero di fare presto quell'esame per l'ADHD, parte seconda di un capitolo infinito.
Esco nel piazzale insieme a una marea di altra gente, perlopiù tedeschi, e noto subito il tabellone gigantesco degli autobus.
"199".
È alla mia destra, poco più distante.
Ad accogliermi, un autista annoiato, che vorrebbe solo staccare dal turno e farsi i cavoli suoi. È gentile, comunque, a modo suo perché chiarisce in modo molto laconico e netto i miei dubbi sul nascere.
Partiamo, in due (l'autista e io), in un autobus ENORME e deserto.
Arriviamo all'aeroporto dopo una quindicina di minuti, proprio come indicato nell'orario.
Scendo, di fronte al terminal arrivi, e ricordandomi la mappa della stazione, mi dirigo alla mia sinistra.
Insicura e pigra come sono, finisco comunque col domandare, balbettando, se la direzione che ho preso è giusta e le guardie mi dicono di sì.
Ed ora, eccomi qui.
Accanto a me, si è seduta una combriccola di ragazzi, chissà se condivideremo anche lo stesso aereo?
Ormai non è nemmeno più il 3, direi che sta andando bene. Però non ho ancora scattato nessuna foto e sinceramente ha proprio bisogno di quella cioccolatMilka.
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armoniaprivata · 3 years
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L'onore
Fa freddo, molto freddo.
Il piccolo termosifone che ho alle spalle non riscalda abbastanza e non mi basta mettere le mani fra le gambe.
Fa freddo anche nel mio io più profondo; come se Roberto avesse aperto una enorme ghiacciaia e mi ci avesse scaraventata dentro.
Serro forte i pugni ma l’unico effetto che provoco è un piccolo dolore al palmo delle mani e il rossore dei miei polpastrelli.
A Roma è calata improvvisamente la temperatura, la gente che, fino a poco tempo fa, indossava ancora maglioncini leggeri di cotone, ora è avviluppata in grosse sciarpe di lana variopinte.
Il rosso, il giallo e il ruggine si confondono alla perfezione con le chiome degli alberi che riesco a vedere in strada.
L’autunno è agli antipodi della primavera dove tutto rinasce.
In autunno muore la natura, ma non per me.
E’ un ciclo vitale e questi colori pastello mi fanno tuffare in un mare di ricordi.
Mia nonna, Anna, era una matrona di vecchio stampo, fin troppo severa e austera, almeno cosi mi raccontava mia mamma; per me invece era la nonnina che elargiva consigli sottoforma di proverbi.
Ogni volta che l’andavo a trovare, le raccontavo le mie storie sentimentali e lei, ridendo, mi raccontava
delle scappatelle che aveva avuto in gioventù con un marine americano.
All’epoca lei e mio nonno non erano sposati e lei, bionda e prosperosa era la ragazza più corteggiata di tutta Anzio.
Mi raccontava di quando, ventenne, si era concessa per la prima volta a quello straniero, dall’animo burbero e con braccia possenti che ogni volta che la stringeva a se, sembrava volesse stritolarla.
Amavo sentire le storie di mia nonna mentre ero da lei a bere un thè tutti i giovedì pomeriggio.
È passato un anno da quando è morta e ora i miei giorni sono più vuoti.
Chissà cosa mi direbbe ora, chissà quale consiglio mi darebbe.
Quando parlavamo della sua scappatella le chiedevo se aveva avuto paura delle reazioni di nonno, quando
capì che lei non era vergine.
Mi rispose fiera di se
“Un uomo, quando fa l’amore con una donna, la onora!”
Sono quasi otto mesi che non vengo onorata; sono distrutta e, in cuor mio, so già cosa mi avrebbe consigliato.
“Se l’onore non è di casa, sarà uccel di bosco” e mi avrebbe strizzato l’occhio attraverso il grosso specchio della sua camera da letto.
Ma quanto fa freddo? Raccolgo le mani a cucchiaio e me le porto alla bocca. Soffio un pò di aria tra i palmi e me le sfrego. Cerco disperatamente di riscaldarle, ma non riesco nell’intento.
Stamattina mi sono anche coperta abbastanza; ho messo dei collant pesantissimi, e un paio di jeans attillati e altrettanto pesanti, sopra il più caldo dei miei maglioni di lana.
Ma nulla.
Il freddo lo sento entrare dentro di me fin dentro le ossa provocandomi dei brividi terribili, come se avessi la febbre.
Appena arriva il Professore penso che gli chiederò un permesso per il pomeriggio. Andrò a casa, mi berrò un bel thè caldo all’arancia e cannella e mi metterò sul divano con il mio plaid preferito.
Intanto che aspetterò Roberto, leggerò quel libro di racconti.
Me l’ha regalato mio cognato Vittorio e ne parla tanto bene; dice che è tratto da un NewsGroup su internet, dove lui passa tutto il suo tempo libero a rimorchiare giovani donzelle.
Poi sarà il momento di parlare…
Non è possibile che non facciamo l’amore da mesi.
Sono alta, bionda e bella e a lavoro il mio capo, ogni volta, mi fa le solite battutine stupide.
Si vede lontano un miglio che vorrebbe portarmi a letto.
Un giorno forse gli dirò anche di si, non solo per vedere l’espressione inebetita nel suo volto, ma per vedere, anche, se avrà il coraggio delle sue intenzioni.
Ma è lui che non deve aver remore o sono io?
Mi sento una ragazzina alle prime armi e non capisco più nulla; eppure ho trentacinque anni e non so ancora cosa fare della mia vita.
Paolo, il professore, di anni ne ha cinquantatré, e se li porta anche bene.
Fisico asciutto e capelli brizzolati sempre ben curati. Sul volto quelle rughe d’espressione lo fanno essere affascinante.
E’ un chirurgo molto stimato, porta sempre la giacca ed è sempre ben vestito con completi griffati.
Roberto al suo confronto è sciatto e insipido, però lo amo.
Lo amo dal primo giorno che l’ho visto, ben tre anni fa.
Per lui ho dimenticato il mio ex-marito e sono partita subito in vacanza, senza pensarci un attimo.
L’ho conosciuto a casa di amici durante una festa in pieno luglio. Faceva molto caldo quel giorno tanto che  non avevo messo il reggiseno e dalla camicetta facevano bella figura i miei seni rotondi.
Mi ero separata da poco e volevo godermi la vita; volevo ridere e divertirmi e non pensare a nulla.
Niente uomini, nessuna famiglia e niente sesso. Almeno questo è quello che pensavo all’epoca.
Quella sera tutti fecero gli stupidi cercando di rimorchiarmi. L’unico che non si avvicinò mai fu lui.
Era nell’angolo intento a parlare con alcuni ragazzi e non mi aveva degnato neanche di uno sguardo.
Appena l’ho visto parlare con il festeggiato ho sfruttato l’occasione per avvicinarmi e il nostro amico in comune fece le debite presentazioni.
Lo guardavo fisso negli occhi, verdi come due splendidi smeraldi. Rimasi incantata e forse è stata proprio
l’espressione di quello sguardo che mi ha fatto innamorare.
Mi ha lasciato subito a parlare con il mio amico, per tornare a discutere con gli altri per affrontare gli ultimi dettagli del viaggio che avevano in mente di fare da lì a poco.
Quindici giorni attraversando l’ Irlanda da sud a nord.
Mi sono gettata subito nei loro discorsi chiedendo altre informazioni.
Erano in quattro: Roberto, Vittorio, il fratello, Marco e Mario, due loro amici.
“Se una donna non vi imbarazza e non vi è di peso, mi piacerebbe unirmi alla compagnia”
Ricordo benissimo ancora la loro faccia sbalordita. Non conoscevo nessuno di quei ragazzi e vedere le loro
espressioni mi aveva fatto sorridere e sbeffeggiarli un po’.
Roberto aveva cominciato a fare delle battute e a farmi ridere. Si, i suoi occhi e la capacità di farmi ridere
avevano perfettamente centrato il bersaglio del mio cuore.
Mi ricordo il terzo giorno di vacanza, quando eravamo usciti prestissimo dal nostro B&B alle porte di Limerick per andare all’aeroporto di Shannon a bere il vero Irish Coffee. Avevamo riso per tutta la mattina e, poi, alla fine, il bacio.
Le sue mani, grandi e calde, sembravano esperte e riuscirono in un attimo a sbottonarmi camicia e gonna e già erano intente a sbirciare tra le mie antiche resistenze di donna separata.
In quell’attimo avevo capito che senza sesso e senza amore non potevo vivere. Mi sentivo desiderata e al centro delle attenzioni di quell' uomo con lo sguardo magnetico e penetrante.
Non pensavo di essere in un’ auto noleggiata e abbiamo fatto l’amore in maniera forte e prepotente.
Mi voleva e lo sentivo dal cuore che gli batteva forte nel petto, lo sentivo da come mi stringeva le braccia mentre mi baciava, e lo sentivo quando, caldo, è entrato in me in maniera forte e dolce allo stesso tempo.
In quel momento non ho pensato nè a preservativi nè ad anticoncezionali. Solo noi due in mezzo ad un verde sconfinato ed io ero persa nei suoi occhi; sapevo benissimo che da quel viaggio non avrei mai voluto più tornare.
Io non mi ricordo quanti orgasmi ho avuto, so solo che era stato così inaspettato e bello.
Continua a far freddo…
Forse ho davvero qualche linea di febbre.
Ma Paolo dove è?
Quando arriverà?
Sono già le dieci passate e tra poco ha il primo appuntamento.
Perché sono otto mesi che Roberto non mi si avvicina? Avrà un’altra?
“Pronto? Paolo ma dove sei? Sei in ritardo. Fra poco arriveranno i primi clienti. Come? Devo disdire tutto? Ma come faccio? Chi arriva dalla Svizzera? Per quattro, cinque giorni? Ah ok. Va bene. Ma a che ora sarà qui? Va bene ci penso io però sbrigati.”
Stefano, il figlio del professore, è arrivato un minuto dopo che ho chiuso la telefonata.
Sapevo che era un ventottenne e che assomigliava alla ex moglie del mio capo.
Alto, chioma fluente castana chiara incastonata in un fisico asciutto.
Dal fisico e dal portamento sembrava un principe e aveva degli occhi cerulei, grandi ed espressivi. Un piccolo accenno di barba incolta ornava le mascelle pronunciate; lo vedevo fisso, davanti a me, con i suoi occhi che mi scrutavano da cima a piedi.
Allungo la mano
“Piacere io sono..”
“Martina…Papà mi ha parlato molto di te.”
Arrossisco… Cerco di cambiare discorso.
“Tuo padre sarà qui tra poco. E’ imbottigliato nel traffico. Tutti a fare regali” sorrido.
“Di tutte le cose che mi ha detto, però, devo dire che su una ha profondamente ragione, su un’altra ha torto in pieno”
Balbetto un cioè, anzi più precisamente biascico un cioè
“Papà ha detto che sei una donna bellissima, e sono d’accordo, ma ha anche detto che saresti una mamma
perfetta. Ecco. Io come mamma non riesco a vederti”
Mi parla con aria altezzosa e con il sopracciglio inquisitore.
Insolente. Ma come ti permetti di parlarmi così? Cafone e maleducato. Alzo anch’io il sopracciglio a mo’ di sfida e per fargli capire che è stato scortese. Molto probabilmente in Svizzera non sono così bravi ad insegnare bon ton.
Comincia a ridere di gusto e, cominciando a prendermi in giro, si avvia verso lo studio del padre.
Lo seguo mentre il livore divampa in me.
Vorrei tanto dirgliene quattro ma non posso, ho paura di perdere il posto di lavoro e, in questo periodo, mi servono soldi per cercare di comprare casa con Roberto.
Già Roberto.
Anche lui ha il potere di farmi incazzare come pochi. A volte mi fa delle battute così idiote che mi fanno imbestialire e più sa che mi infastidiscono, più ne fa.
Stefano si sfila la giacca color piombo e la posa delicatamente su una delle due poltrone poste di fronte alla scrivania del padre. Il sole di quella fredda mattina filtra pigro fra le tende color crema riempiendo di tepore quella stanza, di solito cosi fredda.
Mentre chiedo se vuole del caffè o del thè sento il trillo del mio telefonino che mi annuncia dell’arrivo di un
messaggio.
Mi congedo dalla sua vista con un pizzico di rammarico, perchè quel piacevole sole che mi stava lentamente abbracciando, stava sciogliendo anche quella morsa di freddo interiore che mi aveva avvolta.
Sms di Roberto.
“Stasera tardo. Non mi aspettare sveglia”
Cazzo. Bastardo.
Ma come tardi? Bastardo. Allora è vero ne sono sicura, ne ha un’altra. Bastardo.
E sicuramente si scoperà lei stanotte e chissà da quanto tempo va avanti questa storia.
Bastardo.
Il leggero tepore che prima scorreva in me, ora è un torrente in piena e il rancore avvampa ogni centimetro
del mio corpo.
Due mani mi prendono alla base del collo dietro la testa.
Stefano con voce calma mi sta chiedendo cosa succede; forse ha sentito qualche mia imprecazione o forse
ci sta provando con me.
Mi vorrei voltare ma le sue mani mi stanno conducendo in un altro mondo.
Troppo sbrigativo!!
Forse dovrei tradirlo e farlo col primo che capita e, Stefano, potrebbe far al caso mio.
No, no che scema che sono… non posso farlo con un tipo che neanche conosco e che, fisico a parte, non è il mio ideale di uomo.
No, no non posso.
Ora mi volto e gli dico che non è nulla… Però che mani calde che ha…
Potrei aspettare qualche minuto e lasciarlo fare… D’altronde è un piccolo massaggio sul collo.
No, no ma che penso. Ora mi volto e lo faccio smettere.
Un lungo bacio.
Ma mi sta baciando.
Che belle labbra che ha e sembra anche saperci fare. Dai è solo un bacio Martina, ora che smette ci faremo tutti e due una grossa risata e poi basta.
Lontani un chilometro l’uno dall’altra.
Ma che sta facendo con quella mano? Mi sta cingendo la vita, lo sento entrare sotto il maglione e si fa ancora più audace…
Ora è sotto la maglietta.
Staccati Martina, staccati. Non è il tuo compagno…
Si, ma cavolo bacia bene, e sembra proprio saperci fare…
Con l’altra mano mi sfiora i fianchi e, risalendo, arriva fino al seno destro.
Lo palpa con decisione mentre la sua lingua continua a rincorrere la mia.
Finalmente si stacca dalle mie labbra, ma non da me e, continuando la sua corsa, finisce a baciarmi e a
mordermi leggermente il collo.
So che potrei parlare, so che potrei fermarlo, ma sono immersa nel suo profumo e mi sento naufraga in un oceano di sensazioni perse nella notte dei tempi.
Ho paura di lasciarmi trasportare da questo uragano, ma forse non è paura, ma la voglia di voler cavalcare quest’ onda di emozioni e risentirmi io, donna.
Basta incartamenti, giornali con annunci di case, basta lenzuola mai troppo disordinate.
Voglio sentirmi donna e non puttana e, anche se lo fossi, non me ne frega niente.
Anzi no, voglio essere
puttana e donna.
Afferro con forza le sue braccia all’altezza dei bicipiti. Il corpo che prima pensavo asciutto è, invece, ben modellato. Questa volta sono io a baciarlo, sono io a infilargli la lingua in bocca.
Sono una donna e sono una puttana.
Lo mordo forte sul collo provocandogli un po’ di dolore. Le mie mani sono senza freni e corrono
all’impazzata sul suo corpo. Dapprima sul collo, fra i capelli e poi ripercorrendo la strada al contrario, finiscono la loro corsa sulla patta dei pantaloni.
Vorrei chinarmi e assaggiarlo.
Non riesco a fare in tempo. Mi solleva il maglione e la maglietta con un sol gesto. Il freddo e l’eccitazione
fanno risaltare lo stato dei miei capezzoli. Ne prende uno tra le dita, lo tira a se e comincia a morderlo e
succhiarlo. Il primo impatto di dolore è ora sostituito dal piacere.
Con l’altra mano sbottona i miei jeans e delicatamente comincia ad abbassarli.
Lo aiuto e, con un paio di movimenti di anca, li faccio scivolare fino alle caviglie.
Abbasso anche i collant e lo sento scivolare in basso; le sue mani ora stringono i miei glutei e il suo volto è
sul mio pube. Mi bacia sul leggero perizoma che indosso e lo sento sempre più vicino.
Il freddo mi fa rabbrividire o almeno è il mio pensiero. Forse è la situazione, forse è l’essere qui nuda davanti uno sconosciuto o forse sono semplicemente eccitata e non mi importa di avere il pelo pubico non in ordine… D’altronde non facevo sesso con nessuno.
È lì, che si muove sotto di me, sento il suo respiro aumentare.
Piccole scosse mi percorrono lo stomaco e lo imploro di continuare; non provavo queste emozioni da tempo, troppo tempo.
Mi appoggio alla scrivania e le mie mani stringono forte il bordo. Allargo leggermente le gambe e sento il suo respiro sempre più forte sulla figa e un nuovo tremore mi scuote nuovamente la pelle.
Lo sento abbassare le mutandine e separare le labbra con le dita.
Sprofonda la sua bocca dentro di me, mentre, istintivamente, sollevo i glutei appoggiandoli sulla scrivania e divarico ancora di più le gambe.
Sembra che mi stia divorando e lentamente si dirige verso il clitoride mentre con un dito mi esplora intimamente.
Si ferma un secondo per respirare e un ombra di panico cala nei miei occhi.
Se ne accorge perché mi chiede se va tutto bene.
Si va bene ma non fermarti più, non riuscirei più a gestirlo.
Cazzo sono troppo eccitata e non puoi lasciarmi cosi.
La mia mente risponde per me, la bocca, invece, sibila un si.
Il mio viso paonazzo dal desiderio non è bugiardo, sono eccitata e voglio che continui il suo accurato lavoro.
Sprofonda di nuovo tra le pieghe del mio sesso e, finalmente, la sua lingua raggiunge la punta tremolante e gonfia del mio clitoride.
Primo elettroshock di sollievo e piacere. Stringo più forte le mani.
Prende quella piccola escrescenza turgida tra i denti e lo succhia delicatamente…
Il mio corpo risponde
contorcendo e sussultando.
È ancora quasi del tutto vestito e vedevo la sua erezione spingere contro i pantaloni.
Lo sento azzardare un
delicato morso al clitoride mentre sto venendo per la prima volta…
Un forte sospiro mi esce dal petto, il corpo si scuote mentre con le mani lo sposto dai miei genitali.
Appena il tremore si sta affievolendo lo vedo ritornare su di me e leccare solo il profilo della figa per
permettere di calmarmi.
I muscoli si stanno rilassando e un “E’ stato bello” esce dalla mia bocca.
Si alza, toglie camicia e slaccia la cintura.
È pronto per il resto del lavoro…
Boxer, vedo il cazzo che si solleva liberandosi rapido dalla costrizione che lo tratteneva.
Scendo dalla scrivania, ferma di fronte a lui
“Lascia che io…”
Dlin dlon
“Cazzo la porta… deve essere tuo padre, vai tu ad aprire io vado in bagno”
Prendo i miei vestiti e scappo in bagno.
Sorrido…
Stefano sarà in città per alcuni giorni...
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