#epigrammi marziale
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Epigramma
Ecco il Vesuvio, ove beate un giorno Ombre spandea la pampinosa vite; Ecco di Bacco il placido soggiorno, Ecco le balze al Nume sì gradite. Di Venere la sede ed il diletto Albergo è questo de' scherzosi Amori; Fu questo il luogo un dì cotanto accetto De' Satiri giocondi ai lieti cori. Tutto fu preda delle fiamme, e tutto Al suol consunto e incenerito giacque; Avvolge il colle spaventevol lutto: A' Numi istessi un tanto orror dispiacque.
(Giacomo Leopardi, 1812, traduzione da Marziale)
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" Se ti sembro un libro troppo ampio, ove la parola "Fine" arriva molto tardi, leggi pochi carmi: così diventerò un libretto. Molto spesso la mia pagina finisce con un breve epigramma: rendimi tu stesso, per tuo uso, corto quanto vuoi."
Marziale, Epigrammata , X, 1
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*L'AUTOEROTISMO NELLA ROMA ANTICA*
Quando non vi erano partner a disposizione, entrambi i sessi praticavano l’autoerotismo.
Le donne si dilettavano utilizzando dei falli artificiali rivestiti in cuoio, a volte agganciati a lacci anch’essi di cuoio e stretti in vita, per simulare una penetrazione maschile; il lubrificante usato era molto probabilmente l’olio di oliva.
La testimonianza di questo strumento è attestata dall’opera del poeta greco Eroda, dove dalla conversazione tra due amiche si intuisce che l’oggetto in discussione era un fallo in cuoio, opera del calzolaio Cerdona.
Un’altra fonte attestante l’esistenza di questi oggetti è la coppa di Epiktetos, nella quale una donna stringe soddisfatta nelle sue mani ben due falli artificiali.
Per gli uomini lo strumento era quello usato anche oggi, la mano; l’unica differenza era il fatto che il piacevole aiuto veniva fornito dalla sinistra e non dalla abituale destra, almeno così ci dice Marziale:
«Pontico, perché tu non chiavi mai e tieni per amante la sinistra e questa mano amica fai servire agli uffici di Venere...»;
e aggiunge con mordacia una non tanto velata condanna:
«A Orazio bastò una sola chiavata per generare tre ardimentosi Orazi, una a Marte per fare due gemelli. Tutto sarebbe perduto se entrambi fossero stati dei masturbatori delegando alle mani la ricerca dei godimenti immondi. La natura medesima ti dice, credi: “Questo che sperdi tra le dita è un uomo, Pontico”».
L’uso della mano sinistra come protagonista assoluta dell’autoerotismo maschile è confermato anche da una scritta pompeiana.
Per degli uomini nati per dominare il mondo, le dimensioni della propria virilità erano importanti.
I possessori di un membro dalla misura extra large suscitavano una notevole ammirazione, e Priapo, divinità legata alla fecondità maschile, non esitava nel ricordare loro, minaccioso e fiero, l’importanza di detenerne uno forte e vigoroso.
Tratto dal libro: Passioni e divertimenti nella Roma Antica
Fonti storiche:
Eroda, Mimiambi, VI, La conversazione intima.
Marziale, Epigrammi, VIII, 41.
CIL, IV, 2066.
Da Passioni e divertimenti della Roma antica. (Dott. Silvana Ceccucci)
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Nec tecum vivere possum, nec sine te.
-Marziale
Complicanze.
Barbara
Foto Helmut Newton.
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Difficilis facilis, iucundus acerbus es idem: nec tecum possum vivere, nec sine te.
{Complicata e facile, gioviale e aspra tu sei, contemporaneamente: né con te, né senza di te ormai posso vivere.}
Marziale, Epigrammi, XII, 46
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Non copra le tenere ossa una dura zolla, e per lei, terra, non essere un peso: lei non lo fu per te.
Marziale
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Le origini del ricco Nordest: i gaudenti romani di Altino e Lio Piccolo
Le origini del ricco Nordest: i gaudenti romani di Altino e Lio Piccolo
Nella ricca età imperiale, il Nordest e la città di Altino erano un luogo di delizie e di svago. E la mostra a Lio Piccolo (VE) lo conferma.
Altino e Lio Piccolo luogo di delizie in età romana
Acque placide di laguna, greggi di pecore che danno buona lana, ricchi campi, belle ville ornate con gusto e vita placida che si può godere stando a tavola, distesi su un comodo triclinio. Questa è…
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Veloce, tu lamenti
ch'io componga degli epigrammi lunghi.
Li scrivi più brevi certamente
tu che non scrivi niente.
Marziale, Epigrammi.
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Non ci sono soldi in casa:mi resta solo questo da fare.Regolo, mettere in vendita i tuoi regali: me li vuoi comprare?
Marziale- Epigrammi
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14 agosto 2018
Mi fermo un attimo a riflettere a sera post vesperum et ante completorium per l’esame di coscienza giornaliero e per vedere se le mie azioni quotidiane sono state in sintonia con la Volontà di Dio. Infatti la cosa che più mi atterrisce è che un giorno, volente o nolente, dovrò presentarmi dinanzi a Dio e rendere conto della mia vita implorando perdono per le mie piccole, a volte grandi mancanze quotidiane durante la vita. Mi domando assai spesso quale sia il posto in questo mondo che non comprendo più, in questo mondo nel quale mi pare di non essere compreso, quasi che il mio modo di comunicare sia troppo antico se non sbagliato. Scorrendo i meandri della rete trovo tanti novelli “Marco Valerio Marziale” che inondano i blog di epigrammi e aforismi con cui pensano di dare lezioni di vita. Devo dire che alcuni sono anche interessanti sia per lo stile che per il contenuto; altri è meglio lasciare perdere.
Passeggiando a sera per le viottole del Parco cittadino ho notato con piacere ancora scritte e dediche incise sui tronchi dei platani e su qualche panchina scritte col bianchetto....
Mi è tornata in mente la mia giovinezza perduta e forse mai vissuta appieno. Già all’epoca (siamo nella seconda metà degli anni 90 del secolo ormai concluso da quasi 4 lustri) il mondo stava cambiando. E io nemmeno me ne ero accorto e osservavo dall’ “esterno” senza capire.
21 anni fa tu fosti la prima (e forse l’unica) persona che ebbe compreso il mio modo di comunicare e di instaurare rapporti umani complessi (al di là della mera conoscenza). Ci incontrammo su quel treno un sabato a vespro nel mentre tornavo dal Mare. Un viaggio e due servizi. L’aria di mare e comprare libri per la scuola. Era ottobre 1997. Il primo giorno più bello della mia vita fino ad allora. Era di sabato. Il sabato dopo ripetei il viaggio trovandola alla andata. Inutile dire che passammo insieme una giornata che non dimenticherei nemmeno se tra mezzo secolo mi sarà arrivata la demenza senile. Mi pareva di conoscerla da secoli. Tornati alla base le domandai se il sabato dopo ci saremmo rivisti. “Chiamami verso giovedì” disse lei con quel sorriso che aveva sempre. “Come faccio a chiamarti? Non ho il tuo numero e nemmeno l’indirizzo”- risposi
Sempre col suo sorriso replicò con fare finto scocciato: “E tu non chiedermelo eh”. Prese un pezzo di carta che aveva in tasca e mi scrisse il numero. L’unico che conosco a memoria ancora oggi a distanza di 16 anni dall’ultima volta che lo composi.
Per tutto il 98 ci incontravamo tutti i sabati. Il treno ci portava sempre al mare poi ci perdemmo di vista quando fu trasferita ad un altro compartimento delle ferrovie. Un anno e mezzo dopo ci ritrovammo e avrebbe dovuto essere per sempre se non ci avesse messo lo zampino la morte.
Felice di essermi tolto un gran peso dal cuore. Un peso che tenevo dentro da tanti, troppi anni. Alla fine avrò fatto 3400 km ma ora mi dispiace non esserci riuscito prima. Tanti km in cui ho avuto tempo di riflettere sui miei ultimi 20 anni di vita. Non sono perfetto. Ho scoperto una forza interiore che non pensavo neanche io di avere. Ma è una follia forse fare tutti quei km solo per entrare in quel camposanto nel quale nel 2012 e prima non ebbi mai più il coraggio di entrare da quel giorno funesto. Il sepolcro con la sua brava lapide è sempre là. Pensavo ci fosse anche una fotografia ma non c’era (e forse è stato meglio così). Ho messo dei fiori (finti perché non strappo alla vita i fiori) credo che tornerò spesso laggiù adesso. Ora posso dire di avere superato tutti i sensi di colpa che mi sono fatto negli anni. Il peggiore fu quello di non essere arrivato in tempo per strapparti alla morte. Ti vidi solo esalare l’ultimo respiro e ti chiusi gli occhi. Sembravi un angelo, pareva che dormissi. Con oggi ho capito tante cose. Mi hai dato la chiave di un rinnovamento totale della mia persona. Nel silenzio meditativo ho compreso tutti i miei sbagli (anche i più recenti soprattutto nei rapporti umani; devo adattare la comunicativa al tempo in cui vivo) non compresi durante le meditazioni. Avevo bisogno di entrare in quel camposanto. Ho messo 3 lustri a ritrovare me stesso. Ora sono migliore. È ora di ricominciare a vivere finalmente perché tu avresti voluto che non fossi mai triste. E forse se nel 2012 fossi entrato non avrei fatto la più grande stupidata della mia vita nel 2014 che tra poco sarà risolta pure in tribunale. Mi ero messo con la persona sbagliata che l’anno passato ha levato definitivamente le tende. Ora basta sciogliere il nodo in pretura e ristabilire imperativamente i miei diritti. Poi chi lo sa che ne sarà di me in futuro. Sono pronto. Ora si parte verso casa, verso una nuova vita. Verso un nuovo “io”.
16 agosto 2018
Mi par di non comprendere ne il mondo contemporaneo ne i miei simili esseri umani. Mi par di vivere in un mondo nel quale l’educazione, la sincerità, l’empatia, la sensibilità d’animo insomma sono viste come debolezze. Sembra che occorra indossare sempre una maschera. Insomma pare che si debba recitare un copione in questa vita e che non si possa più, per fare strada, o più semplicemente per essere accettati, essere solamente se stessi e basta. Tutto ciò si ripercuote nei rapporti umani ora anche troppo facilitati da social network vari. Troppa facilità nel comunicare e troppa facilità ad essere fraintesi. Troppa impaziente nell’attendere risposta che a volte nemmeno giunge.
Un tempo di immediato c’era il telefono e basta. E serviva per comunicare cose urgenti che non potevano attendere le tempistiche postali. Serviva anche per un saluto veloce se trattavasi di persona importante per noi. Se no c’erano le lettere. Ed era, mi sovvengo, un rituale oramai perduto. Infatti pare più facile avere un contatto Facebook o Instagram piuttosto che l’indirizzo postale delle persone o il numero di telefono. Certuni si offendono pure se gli domandi il numero di telefono.
Dicevo poc’anzi che era un rituale scrivere una missiva a qualche persona interessante.
Per quanto mi riguarda vi era il tavolino sull’angolo del balcone (per parea quel luogo ove “Sile e Cagnan s’accompagnan). Sul tavolino veniva posta la macchina per scrivere (se trattavasi di lettera informale) oppure la piuma d’oca, la boccetta d’inchiostro la serie di pennini e la carta assorbente e la carta da lettere scelta rigorosamente tra varie qualità a seconda dell’importanza della persona. Il grammofono e la lanterna a petrolio perché si scriveva sempre a sera. E in un altro cantone del tavolo trovava posto la ceralacca e i vari sigilli da apporre. Ogni parola era ragionata e posata. Per l’occasione poteva essere d’uopo fumare la pipa o un buon sigaro. Prima di scrivere sulla carta da lettera sovente si faceva a macchina una brutta copia. L’indomani mattina si cercava una bucalettere e si imbucava. Le attese erano interminabili... ma che gioia quando si riceveva risposta.
22 agosto ore 23
Assiso come sempre alla foce del Cassarate vedo passare il cigno solitario che ogni sera passa a salutarmi dal lago sempre la dove il fiume cessa e comincia il lago. Mi torna in mente una sera di 17 anni fa quando tu dolce F. eri ancora viva e insieme a me. Tornato a casa in orario ti vidi la tra la cucina e il salotto contenta che quella sera, forse, avremmo potuto cenare insieme e poi parlare di alcune cose e non lasciarci scritti i post it in giro per casa. Pioveva che Dio la mandava quella sera e quello stare a casa con te mi dava un gran conforto. “Staremo insieme usque ad finem vitae”, finché morte non ci separi. E in un certo senso fu così, eziandio che speravo che avremmo passato insieme tanti anni.
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Due Parole
tornando a casa leggo due poesie di guerra poi due epigrammi di Marziale apro il libro sul cavalcavia scavalco-via una merda poi una lattina sbrodolante poi un capello bianco poi un arrivederci lasciato da chissà chi chissà quando questa città è sempre più sporca - penso poi un po' ridacchio e mi viene in mente una poesia ma che non scrivo e che recito un po' a mente e un poco a bassa voce la luce sta scendendo dietro la stazione i lampioni sono già sull'attenti arriverà la scossa e brilleranno anche loro come i miei occhi - mi accorgo che - ho la vita in una tasca - e la nostalgia nell'altra ci infilo dentro le mani fino a scomparire come due parole.
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"O amabilissimo Marziale, ecco le cose che rendono felice la vita: un patrimonio non acquistato con la fatica, ma ottenuto per eredità; un podere fertile, un focolare sempre acceso; niente processi, pochi impegni di cliente, una mente tranquilla; il vigore di un uomo libero, un corpo sano; un animo schietto ma accorto, amici del tuo stesso grado; commensali cordiali, cibi non troppo complicati; notti prive di ebbrezza, ma libere da affanni; una donna che sappia consolarti, ma non sguaiata; un sonno che renda brevi le tenebre notturne; essere contento del proprio stato e non preferirne un altro; non temere né desiderare la morte."
Marziale, Epigrammi, X, 47
(trad. di G. Norcio)
E questo è l'originale in endecasillabi faleci:
Vitam quae faciant beatiorem,
iucundissime Martialis, haec sunt:
res non parta labore, sed relicta;
non ingratus ager, focus perennis;
lis numquam, toga rara, mens quieta;
vires ingenuae, salubre corpus;
prudens simplicitas, pares amici;
convictus facilis, sine arte mensa;
nox non ebria, sed soluta curis;
non tristis torus et tamen pudicus;
somnus qui faciat breves tenebras;
quod sis esse velis nihilque malis;
summum nec metuas diem nec optes.
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BECAUSE MY ASS IS LOCATED ON THE BACK OF MY BODY
Io Taylor Swift me l’immagino un po’ come Sally Brown, la sorella del buon vecchio Charlie: una che ha raggiunto la pace interiore, ma continua ad avere scocciature esteriori. Che si tratti di frequentare quanti e quali ragazzi vuole, di raccontare nelle sue canzoni esperienze di vita vissuta, di decidere in che termini mettere a disposizione la sua musica sulle piattaforme di streaming, di decidere se e come parlare di temi caldi come la politica o le Women’s March, o di donare 250.000 dollari a Ke$ha per aiutarla a sostenere le spese legali del suo processo per violenza sessuale, per qualcuno, per quelli cioè che Gesù chiamava frustrati del cazzo poveri di spirito, questa ragazza ha torto a prescindere.
Chiunque può frequentare chi vuole ma lei no, è una troia.
(vabbè, siamo realistici, è più che altro un privilegio degli uomini poter frequentare chi si vuole senza venire additati)
Qualsiasi cantautore può raccontare nelle sue canzoni le proprie esperienze ma lei no, lo fa solo perché le piace fare la vittima. (a questo link il post sulla faida con Katy Perry)
Qualunque musicista può decidere di non usufruire delle piattaforme di streaming, specie se non retribuiscono adeguatamente gli artisti minori ma lei no, è soltanto un’avida opportunista attaccata ai soldi.
(a questo link il post sulla questione Spotify)
Qualsiasi membro del mondo dello spettacolo può sollecitare la gente ad andare a votare ma omettere di specificare per quale candidato (perché anche negli USA il voto è segreto e personale), ma lei no, doveva dire di votare per la Clinton. Non l’ha fatto, è evidentemente una schifosa supporter di Trump.
Qualsiasi celebrità può semplicemente twittare il proprio sostegno alle Women’s March senza parteciparvi, ma lei no, doveva essere presente contemporaneamente a quella di Washington, di Los Angeles, di Chicago e di Approdo del Re.
Chiunque può donare denaro per aiutare una persona in difficoltà (nel caso di specie, Ke$ha) senza doverlo per forza pubblicizzare ai quattro venti, ma lei no, doveva scrivere un tweet a sostegno, e la donazione non è poi così importante, voglio dire, essere in grado di pagare gli avvocati che ti assistono fa così anni ’90.
Avete capito il meccanismo.
Ma se è vero che Taylor ha un che di Sally Brown, è altrettanto vero che ha pure un che di Elizabeth Swann. Avete presente, sì? Pirati dei Caraibi 3, quando si piazza a muso duro davanti a Beckett e gli fa “noi combatteremo... e voi morirete”. Ecco. Perché puoi anche decidere di andare addosso a Taylor agitando in aria i sassi di Ours e i mattoni di New Romantics, però non lamentarti sei lei ti scruta negli occhi come un Velociraptor... e poi ti asfalta.
Tutto ciò ci porta quindi ai recenti eventi di questo torrido agosto, dove c’è stata un bel po’ di asfaltatura, fatti a loro volta collegati a quelli del giugno 2013.
Nelle puntate precedenti:
Il 2 giugno 2013, durante un meet-and-greet con i fan prima di un concerto a Denver, Taylor posava per una foto con il dj David Mueller e la allora fidanzata di quest’ultimo;
Mueller procedeva quindi ad infilare una mano sotto alla gonna di Taylor palpandole poi il sedere;
Avvertita la sicurezza - ma senza coinvolgere la polizia per evitare che la faccenda diventasse di dominio pubblico - Mueller veniva fatto allontanare;
Venivano altresì avvertiti la madre di Taylor e alcuni membri del suo staff. La foto incriminata veniva quindi trasmessa all’emittente radio KYGO, datrice di lavoro di Mueller;
Due giorni dopo il fatto KYGO licenziava il dj in quanto venivano meno i “requisiti morali” necessari per continuare il rapporto di lavoro;
La foto, intanto, arrivava alla redazione del sito TMZ, e poi veniva “leakata” su internet;
Nel settembre 2015 Mueller citava in giudizio Taylor, sua madre Andrea e il collaboratore di Taylor Frank Bell, sostenendo che le accuse mosse contro di lui fossero false, di aver ingiustamente perso il lavoro a causa delle pressioni del Team Swift nei confronti di KYGO, e di aver visto la sua reputazione rovinata. Secondo Mueller, era stato il suo collega Eddie Haskell ad aver palpato il sedere a Taylor;
Nell’ottobre 2015 Taylor, in risposta, citava a sua volta in giudizio Mueller per molestie sessuali, giudicando pretestuose le affermazioni del dj;
Nell’agosto 2016, Mueller insisteva affinché Taylor facesse cadere le accuse contro di lui;
Mueller chiedeva come risarcimento la ragguardevole cifra di 3 milioni di dollari. Taylor, da parte sua, quella simbolica di 1 dollaro, perché per lei non era questione di fare soldi dal processo, ma di dimostrare al mondo in generale, e alle donne in particolare, che si può, e soprattutto si deve, far valere il proprio diritto di essere le uniche e sole padrone del proprio corpo.
Fast-forward di un anno:
Il processo, di cui riporto e commento le questioni principali, si è aperto il 7 agosto 2017, per concludersi il 14.
L’ho seguito via Twitter: il telefono cinguettava in continuazione le notifiche di tipo tutti i giornalisti presenti a Denver, roba che mi mancava solo il meteorologo e avevo fatto l’en plein.
Al banco dei testimoni si sono succedute un sacco di persone, tra cui gli stessi Mueller e Taylor. Ed è stato il più grande spettacolo dopo il big bang gli spaghetti alla carbonara. 7 agosto:
La testimonianza di Mueller è stata imprecisa, incerta ed evasiva. Prima non ricordava dove aveva messo la mano, poi sì, ricordava di averle toccato le costole, prima il pugno era chiuso, poi il palmo era rivolto orizzontalmente verso il pavimento, poi c’era la marmotta che confezionava la cioccolata.
[questa foto è stata tra le prove addotte dall’avvocato di Taylor: in effetti, a giudicare dalla posizione del braccio di Mueller, la sua mano poteva toccare le costole di Taylor solo se Taylor fosse stata UN DANNATO PICASSO! Perché oh, a me tredici anni di Grey’s Anatomy hanno insegnato che il culo sta giù e le costole stanno più su, poi non so che telefilm guarda ‘sto maiale...]
Circa invece le presunte pressioni fatte da Taylor, da Andrea e dal management all’emittente radiofonica affinché lo licenziassero, Mueller ha infine ammesso che in effetti la radio già pensava non rinnovargli il contratto ben prima di questa squallida faccenda. Questa cosa si commenta da sola.
Ma forse la parte migliore di tutta la sua deposizione è la seguente. Un’accusa di molestie sessuali certo rovinerebbe la reputazione di chiunque, e infatti nel fare causa a Taylor Mueller non ha tralasciato di farlo presente. Se non fosse che, sempre durante la sua deposizione, ha dovuto ammettere di essere stato lui a parlare della cosa a ben trentasette (T R E N T A S E T T E) persone, quando Taylor aveva rinunciato a chiamare la polizia proprio per evitare di rendere pubblica la cosa. Anche questa cosa si commenta da sola, io mi limito soltanto ad un F4 basita. 10 agosto:
Di contro, Taylor è stata strepitosa. Non ha mai cambiato versione, a differenza di Mueller, non si è mai contraddetta né ha contraddetto le altre testimonianze a suo favore, è sempre stata precisa nello spiegare i fatti, ha sempre individuato con sicurezza Mueller come autore del fatto (e non Haskell), non ha mai fatto mistero di quanto quel gesto l’abbia disgustata. Tutto questo con una sassiness che Enrico Mentana può soltanto imparare.
Nel corso degli anni aveva già dato prova di non essere abile e pungente con le parole soltanto nei testi delle sue canzoni. Tanto per rinfrescarvi la memoria:
“Davvero non c’è una sensazione comparabile a quella di scrivere una canzone su qualcuno che è stato davvero cattivo con te, qualcuno che ti odia profondamente e rende la tua vita un inferno, e poi vincerci un Grammy” [Grammy Awards 2012]
“Ai fans, che vengono ai concerti e comprano gli album. Voglio soltanto che sappiate una cosa: siete la relazione più lunga e più bella che abbia mai avuto” [Billboard Music Awards 2013]
“Come prima donna a vincere due volte Album of the year ai Grammy, voglio dire a tutte le giovani donne là fuori: ci sarà qualcuno, lungo la strada, che proverà a sminuire il vostro successo o a prendersi il merito per i vostri traguardi o la vostra fama, ma se vi concentrate sul lavoro e non lasciate che questa gente vi distragga, un giorno, quando arriverete dove state andando, vi guarderete intorno e saprete che siete state voi e le persone che vi amano a farvi arrivare fin lì, e sarà la sensazione più grandiosa del mondo” [Grammy Awards 2016]
Così, se Taylor è un po’ Sally Brown e un po’ Elizabeth Swann, mi permetto di dire che è anche un po’ Marco Valerio Marziale.
Marziale è stato un epigrammista romano nato sotto Caligola e morto sotto Traiano. Scriveva cose tipo
“Il tuo cagnolino, Manneia, ti lecca il volto e le labbra: non mi stupisco, poiché ai cani piace mangiare la merda” [Epigrammi, I, 83]
“Vuoi sapere perché non ti mando i miei libretti? Non voglio che mi mandi, Pontiliano, i tuoi” [Epigrammi, VII, 3]
“Vuoi sposare Prisco: non mi stupisco, Paola, scema non sei. Prisco non ti vuole sposare: scemo non è neppure lui” [Epigrammi, IX, 10]
“Io non so che cos’è quello che tu, Fausto, scrivi a così tante ragazze. So solo questo: che nessuna scrive a te” [Epigrammi, XI, 64]
Così, alla domanda dell’avvocato di Mueller, McFarland, se fosse stato il caso di avere un atteggiamento di critica nei confronti della sua guarda del corpo che non ha impedito il fatto, Taylor ha risposto
“Ho un atteggiamento di critica nei confronti del suo cliente per aver infilato la sua mano sotto la mia gonna e avermi afferrato il culo”
(mic drop #1)
Quando lo stesso avvocato le ha chiesto se il suo team avesse conservato tutte le foto scattate durante il meet-and-greet incriminato [e che quindi avrebbero potute essere prodotte come prova a discarico del suo cliente], Taylor ha risposto
“No, perché ci avete messo due anni per farmi causa”
(mic drop #2)
Quando McFarland ha domandato come mai la gonna non sembrasse arruffata sul davanti, avendo Taylor stessa affermato che Mueller gliel’avesse alzata, lei ha risposto
“Perché il mio culo è situato nella parte posteriore del mio corpo”
(mic drop #3)
Quando McFarland ha osservato che forse quel giorno avrebbe dovuto prendersi una pausa, se Mueller l’aveva tanto sconvolta, Taylor ha ribattuto
“E il suo cliente avrebbe potuto farsi una foto normale con me”
(mic drop #4)
Infine, Taylor ha detto qualcosa che, in effetti, è più una verità universale che una semplice risposta arguta:
“Non permetterò che lei o il suo cliente facciano sembrare questa cosa [il licenziamento] come se fosse colpa mia, perché non lo è”.
(mic drop #5)
Chiunque frequenti internet per qualcosa che non sia soltanto condividere foto di gattini o spoiler di telefilm, avrà infatti certamente notato che - in tema di violenza o molestie sessuali - ci sarà sempre qualcuno che proverà ad addossare una qualche colpa alla vittima, perché magari indossava una “arrapante” gonna corta anziché la tuta da sci. Ecco, così come uno che si veste come il Conte Dracula non sta implicitamente chiedendo di vedersi infilzato il cuore con un paletto di frassino, così una ragazza che sceglie di indossare una gonna corta non sta implicitamente chiedendo di essere molestata.
La colpa è sempre e comunque di chi decide di molestare o di violentare. Scolpitelo nella pietra.
In questo caso in particolare, Taylor ha infatti altresì aggiunto che tutta la malasorte occorsa a Mueller da quel giorno - il licenziamento, la reputazione rovinata - non ha altri artefici se non lui stesso: è stata, né più né meno, la conseguenza delle sue disgustose azioni. 12 agosto:
Il giudice ha ritenuto di sollevare Taylor dalle accuse di aver interferito con il licenziamento di Mueller, perché non c’erano prove che avesse agito in merito, lasciando tuttavia il caso aperto nei confronti di Andrea Swift e Frank Bell. 14 agosto:
Le arringhe finali dei due avvocati, Greg McFarland per Mueller e Douglas Baldridge per Taylor, hanno fondamentalmente fatto il sunto di quanto già argomentato e dibattuto nel corso dei precedenti cinque giorni di udienza. È stato un processo lungo in termini di ore giornaliere ed estenuante in termini di argomenti trattati, e in effetti il sesto giorno entrambe le parti accusavano lo stress accumulato. Mueller era teso e nervoso, ma non ce ne frega assolutamente niente, e Taylor decisamente provata, tanto da scoppiare a piangere durante l’arringa dell’avvocato di controparte.
Da un lato, McFarland ha insistito sul fatto che le accuse mosse contro Mueller fossero assolutamente false, che l’espressione di Taylor nella foto non fosse quella di una che stava venendo molestata e che se avesse provato a scansarsi - come affermato invece dalla controparte - sarebbe apparsa molto più sbilanciata rispetto al centro, e che non c’è alcuna prova che l’aggressione sia avvenuta perché nessuno - né la stessa Taylor né il suo staff - ha agito tempestivamente per fermare Muller.
Ha inoltre ribadito che l’obiettivo del suo cliente non sono i soldi, e che tutte le testimonianze portate da Taylor non fossero attendibili perché provenienti da suoi dipendenti, mentre attendibile doveva essere considerata quella della ex fidanzata di Mueller.
(ochèi, per non sapere né leggere e né scrivere: 1) chiedere tre milioni di dollari non è agire per soldi?; 2) la testimonianza di un dipendente non vale mentre quella di una fidanzata - che peraltro era rivolta verso la macchina fotografica e quindi non può in ogni caso aver visto nulla - sì?)
Dall’altro, Baldridge ha invece argomentato facendo leva sulla scarsa credibilità di uno che ha cambiato versione più di una volta (al contrario di Taylor, che è rimasta coerente nel corso dei quattro anni) e che ha distrutto i dispositivi elettronici contenenti la registrazione della sua conversazione con i suoi datori di lavoro.
E quasi come a voler rendere pan per focaccia a McFarland che ha tirato in ballo l’espressione di Taylor nella foto, così Baldridge ha affermato che quella di Mueller è l’espressione compiaciuta di qualcuno che si sta divertendo a fare qualcosa che non dovrebbe.
In risposta alle allegazioni della controparte sul non aver agito tempestivamente per fermare o segnalare l’aggressione, Baldrige ha poi spiegato che essendo presenti dei bambini nella stanza, il team di Taylor ha ritenuto opportuno aspettare un momento più riservato per far presente la cosa.
Infine, ma non per questo meno importante, Baldridge ha ribadito che, con questo processo, Taylor ha voluto dare un segnale importante a tutte le donne, cioè di avere il coraggio di far valere il proprio diritto di “dire no”.
È stato poi di nuovo il turno di McFarland per le contestazioni, nelle quali ha affermato che “la legge dovrebbe scoraggiare le denunce avventate di abusi sessuali”.
Baldridge ha invece chiosato che Mueller “ha perso il lavoro perché le ha palpato il sedere ed è stato beccato. E ora sta cercando di convincervi ad accanirvi di nuovo contro di lei perché vuole pararsi il deretano. È tempo di porre fine alla persecuzione delle vittime [di abusi] in questa corte e in questa nazione”.
La palla è quindi passata ai giurati (che sono giudici dei fatti, mentre il giudice lo è della legge), sei donne e due uomini, affinché emettessero verdetto unanime basato unicamente su quanto visto e ascoltato in aula, senza dar credito ad eventuali dicerie, pregiudizi o qualsiasi altra cosa appresa al di fuori del tribunale (detto abbastanza in soldoni, le istruzioni del giudice erano molto più specifiche e articolate).
Alle 16:45 ora di Denver, Colorado (00:45 del 15 agosto ora italiana), dopo quasi quattro ore di deliberazione, la giuria ha iniziato a leggere il verdetto (per dovere di cronaca mi sento di dire che stavo letteralmente infartando):
VITTORIA SU TUTTA LA LINEA! TIÈ, INCASSA E PORTA A CASA! WE STAND UP CHAMPIONS TONIGHT!
La giuria ha ritenuto che né Andrea Swift né Frank Bell abbiano interferito con la decisione di KYGO di licenziare Mueller, e soprattutto ha giudicato “preponderanti” le prove secondo le quali Mueller ha molestato Taylor, riconoscendole quindi il famoso dollaro di risarcimento.
[reazione a caldo: l’eleganza prima di tutto]
E insomma, niente: Mueller, che andava palpando culi, è stato preso a calci nel culo. Io la chiamo giustizia poetica.
[giunta a questo punto, posso spiegare l’abbondare della parola “culo” al posto di più eleganti sinonimi. Non è perché io ami il vernacolo degli scaricatori di porto - ochèi, in realtà sì - ma perché durante le udienze è stata usata la parola “ass”. Si è trattato un modo per sottolineare la volgarità del gesto di Mueller. In effetti, un termine di sapore neutro come “bottom” (fondoschiena) non sarebbe risultato altrettanto efficace]
Ora, se saltellare sulla Luna è stato, per Neil Armstrong, un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità, questo verdetto non è stata solo la vittoria di Taylor contro Mueller, ma la vittoria simbolica di tutte le donne che si troveranno ad affrontare situazioni simili o addirittura peggiori: si deve alzare la testa, e si può ottenere giustizia.
E non è una conclusione scontata: non in un paese come gli Stati Uniti, governato da un presidente che ha affermato che le donne vanno afferrate “by the pussy”. O, per quel che ci riguarda più da vicino, in un paese come l’Italia in cui l’incitamento allo stupro da parte dei webeti è visto come una legittima critica politica all’operato dell’attuale terza carica dello Stato, Laura Boldrini.
E no, non è “solo una palpatina, capirai, c’è di peggio”. Si tratta di lasciar decidere alle donne cosa è o non è tollerabile rispetto al proprio corpo. Ed è sacrosanto.
Ora, riallacciandomi all’apertura del post, cioè che Taylor ha torto a prescindere e ogni cosa che fa la fa per i soldi o per avere pubblicità, c’è qualcuno che avuto il coraggio di dire che anche questo processo potrebbe essere stato soltanto un modo per far parlare di sé. Tutto ciò è meraviglioso, si è raggiunto un livello di complottismo che perfino i terrapiattisti iniziano a sembrare persone ragionevoli. Praticamente, Taylor ha inventato le accuse contro Mueller nel 2013 nella speranza che questi le facesse causa due anni dopo per avere poi un bel po’ di pubblicità nel 2017. Non perdo nemmeno tempo ad arrabbiarmi, perché - come si dice dalle mie parti - poi farei due fatiche, e semplicemente mi inchino di fronte a tali livelli di delirio mentale perché c’è evidentemente del genio.
Poi ci si chiede perché la donne non denuncino e siano restie a chiedere sostegno: se anche una persona ricca sfondata e famosa viene accusata di agire solo per il proprio tornaconto economico o per attirare l’attenzione, come può una persona comune pensare che che la sua voce verrà ascoltata e il suo grido d’aiuto compreso?
E tralasciamo l’omertoso silenzio di tutte quelle persone (specie tra le celebrità) che sono le prime a riempirsi la bocca di femminismo ma quando poi si tratta di difendere T-Swizzle (ma non in quanto Taylor Swift, eh, ma in quanto donna, che per sventura però si chiama Taylor Swift) hanno improvvisamente cose più importanti di cui parlare, oh, hey, comprate il mio singolo, who’s Taylor Swift anyway? Ewww.
Ma questo processo è il saltello sulla Luna di Neil Armstrong. Ed è una vittoria anche per loro.
“Riconosco il privilegio di cui godo nella vita, nella società e nella mia capacità di sopportare gli enormi costi di difendermi in un processo del genere. La mia speranza è che sia d’aiuto a tutte quelle voci che dovrebbero parimenti essere ascoltate. Per questa ragione, nell’immediato futuro farò delle donazioni alle organizzazioni che aiutano le vittime di molestie sessuali a difendersi” ha dichiarato Taylor al termine dell’ultima udienza.
Abbiamo vinto, oh.
E per dirla di nuovo con Elizabeth Swann, su le bandiere.
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Dialetti salentini: scuèrpu
di Armando Polito
La voce al singolare designa il pero selvatico detto anche calapricu1 o piràscinu2(prima foto), ma pure l’arbusto spinoso delle more selvatiche in passato usato come ostacolo dissuasivo dall’oltrepassare un atu3(seconda foto).
Per l’etimo non posso che partire dal maestro universalmente riconosciuto, cioè il Rohlfs. Egli, però, non dà alcuna proposta etimologica, rimandando da scuerpu a scorpu e da questo a scuorve, dove invita solo ad un confronto con il napoletano scuòvero e rinvia da capo a scorpu. Al lemma scuèrpulu, poi, evidente diminutivo di scuèrpu, invita ad un confronto con il calabrese scuorpu e scòrpuru (c’è anche la variante scuòrpuru).
Passo ad Antonio Garrisi che nel suo Dizionario leccese-italiano, Capone, Cavallino, 1990, così tratta il lemma:
scuerpu sm. Pruno, frutice spinoso in genere, che nasce spontaneo nelle siepi; sterpo secco. [lat. med. excorpo(rus) ].
Con questo lemma il Garrisi (sulle cui etimologie spesso ho avuto da obiettare in più di un mio post su questo blog) ha superato se stesso e sul piano metodologico e su quello dell’acribia. Partendo, infatti, dall’idea che s- iniziale sia ciò che rimane di ex latino (ipotesi iniziale più che legittima) rimaneva da risolvere il resto (-cuerpu): e siccome, da solo cuerpu in salentino significa corpo, come non pensare al latino corpus/corporis, da cui derivano cuerpu e corpo? Troppo facile, direte! E, infatti, bisognava mettere in campo un latino medioevale excorpo(rus), dal quale sarebbe derivato scuerpu. Ma, se si comprende il passaggio ex->s-, giustificare l’apocope di –rus sarebbe impresa titanica. Non è finita: pure io, che titano non sono, ho difficoltà a comprendere la congruenza semantica di questo etimo e sfido chiunque a trovare, anche nel più recondito lessico medioevale, l’attestazione di excorporus, che non ho esitazione a definire dato truffaldino e fuorviante, in parole povere totalmente inventato. Il Garrisi potrebbe essere stato suggestionato dalla variante calabrese scuòrpuru, che, come ho detto sopra citando il Rholfs, si alterna a scuorpu, di cui essa è diminutivo: da scorpulu, per cui quella r in origine era una l e, quindi, con cuerpu/corpo non ha nulla a che fare.
Chiudo la rassegna con Giuseppe Presicce, che in Il dialetto salentino come si parla a Scorrano (http://www.dialettosalentino.it/scorpu.html) così tratta il lemma in questione:
Lo scorpium(m) che si legge è da emendare in scorpiu(m) e questa volta lo dico memore che chissà in quanti miei scritti sarò incorso nella stessa svista o errore di battitura rimasto poi lì in bella vista perché non ho avuto occasione di accorgermene o perché nessuno lo ha notato o me lo ha fatto notare. Sulla citazione di Plinio, invece, il discorso si fa complicato.
Scorpium è l’accusativo di scorpius, il cui uso nel latino classico spazia dalla zoologia (col significato di scorpione e di scorfano) all’astronomia (col significato di Scorpione, la costellazione), all’arte militare (era il nome di una macchina da guerra che scagliava pietre, dardi ed altri proiettili), alla botanica (nome di un arbusto detto anche tragos). Scorpius appartiene alla seconda declinazione (scorpius/scorpii), ma nei significati prima riportati era in uso anche scorpio/scorpionis, dal cui accusativo (scorpionem) è l’italiano scorpione.
Per quanto riguarda la botanica, branca che qui ci interessa, Plinio nella Naturalis historia usa scorpius/scorpii una sola volta:
XXVII, 116: Est et alia herba tragos, quam aliqui scorpion vocant, semipedem alta, fruticosa, sine foliis, pusillis racemis rubentibus, grano tritici, acuto cacumine, et ipse in maritimis nascens. Huius ramorum X aut XII cacumina trita exvino pota coeliacis, dysentericis, sanguinem exscreantibus, mensium abundantiae auxiliantur. (C’è anche l’altra erba trago, che alcuni chiamano scorpio, alta mezzo piede, cespugliosa, senza foglie, con piccoli grappoli rosseggianti, col seme simile a quello del grano, con cima appuntita, anch’essa nascente nei luoghi marittimi. Dieci o dodici cime dei suoi rami pestate e bevute col vino giovano ai sofferenti di stomaco, ai dissenterici, a chi sputa sangue e all’abbondanza del mestruo)
Scòrpion è un accusativo alla greca che suppone un nominativo scòrpios, che è la trascrizione del greco σκορπίος (leggi scorpìos). lo spostamento dell’accento dal greco al latino è assolutamente normale essendo la penultima breve.
Scorpio/scorpionis, invece, è usato nei seguenti passi:
XIII, 37: Tragon et Asia fert, sive scorpionem, veprem sine foliis, racemis rubentibus, ad medicinae usum. (Anche l’Asia produce il trago o scorpione, rovo senza foglie, dai grappoli rosseggianti, adatto ad uso medicinale)
XXI, 54 Ergo quaedam herbarum spinosae sunt, quaedam sine spinis. Spinosarum multae species. In totum spina est asparagus, scorpio: nullum enim folium habet (Dunque alcune delle erbe sono spinose, altre senza spine. Molte sono le specie di quelle spinose. Tutto spina è l’asparago, lo scorpione: infatti non ha alcuna foglia)
XXII, 17: Ex argumento nomen accepit scorpio herba. Semen enim habet ad similitudinem caudae scorpionis, folis pauca. Valet et adversus animal nominis sui. Est et alia eiusdem nominis effectusque sine foliis, asparagi caule, in cacumine aculeum habens, et inde nomen. (Non a caso l’erba scorpione ha preso questo nome. Ha infatti il seme che assomiglia alla coda dello scorpione, scarsa di foglie. È efficace contro i morsi dell’animale da cui trae il nome. Ce n’è un’altra con lo stesso nome ed effetto senza foglie, col gambo di asparago, con in cima un aculeo, da cui il nome).
A questo passo pliniano si riferisce il Presicce, ma qui Plinio usa scorpio/scorpionis e non scorpius/scorpii.
Al di là della problematica identificazione sicura del nostro scuerpu con una delle specie ricordate da Plinio, suscita perplessità che ad uno studioso come il Rohlfs non sia balenato un possibile riferimento al latino scorpius. io non escluderei che la sua prudenza sia legata a motivi fonetici. Infatti, se l’esito –o– >-ue– è assolutamente normale (mentre –i->-ue– non lo sarebbe se pensassimo a scirpus che significa giunco), rimane da spiegare la perdita della –i– , anche se la sua posizione atona potrebbe aver favorito la sua caduta.
La i risulta ingombrante anche se si ipotizzasse la derivazione da scorpio/scorpionis e, più precisamente, non, come sarebbe regola, dall’accusativo scorpionem, ma dal nominativo scorpio, fenomeno rarissimo, come in uomo che, secondo l’interpretazione corrente, è fatto derivare dal nominativo homo e non dall’accusativo hominem.
E allora? So che qualcuno mi accuserà di fantasticare, ma anche nello studio degli etimi la fantasia non guasta. Intanto passo dalla botanica alla zoologia ricordando che scòrfano deriva dalla variante regionale scòrpena o scorpèna, che è dal latino scorpaena (per cui scorpèna è più corretto di scòrpena, anche se scorfano ne ha ereditato l’accento, che, poi, è quello della voce originaria greca che sto per citare), a sua volta dal greco σκόρπαινα (leggi scòrpaina), derivato dallo σκορπίος prima ricordato. La terminazione in –αινα ricorre in alcuni nomi femminili come, per esempio, in λέαινα (leggi lèaina), che significa leonessa, di fronte al maschile λέων (leggi leon). Ora, togliendo –αινα a σκόρπαινα mi rimarrebbe σκόρ-, in cui, come ognun vede, la ι di σκορπίος è scomparsa.
Spesso la fantasia passa dal trotto al galoppo. Premetto che a Roma alcuni gladiatori erano vere e proprie celebrità, seguite come oggi lo sono i vip televisivi e, cosa abbastanza comune anche allora, ognuno esibiva un nome, è il caso di dire, di combattimento, cioè un soprannome che ne sintetizzava le doti. Su un piano leggermente inferiore si collocavano gli aurighi.
Marziale (I-II secolo d. C.) nei suoi Epigrammi ne ha immortalato uno di nome Scorpo4:
IV, 67: Praetorem pauper centum sestertia Gaurus/orabat cana notus amicitia,/dicebatque suis haec tantum deesse trecentis,/ut posset domino plaudere iustus eques./Praetor ait: – Scis me Scorpo Thalloque daturum,/atque utinam centum milia sola darem -./- A pudet ingratae, pudet ah male divitis arcae./Quod non das equiti, vis dare, praetor, equo? -.(Il povero Gauro conosciuto per antica amicizia chiedeva al pretore cento sesterzi e diceva che tanti ne mancavano ai suoi trecento per poter applaudire l’imperatore da perfetto cavaliere. Il pretore disse. – Tu sai che dovrò pagare Scorpo e Tallo e volesse il cielo che ne dessi solo centomila -. Ah, vergogna dell’ingrato forziere malamente ricco! Ciò che non dai al cavaliere, lo vuoi dare, o pretore, al cavallo? -)
V, 25: – Quadringenta tibi non sunt, Chaerestrate: surge,/Lectius ecce venit: sta, fuge, curre, late -./
Ecquis, io, revocat discedentemque reducit?/Ecquis, io, largas pandit amicus opes?/Quem chartis famaeque damus populisque loquendum?/Quis Stygios non volt totus adire lacus?/Hoc, rogo, non melius, quam rubro pulpita nimbo/spargere et effuso permaduisse croco?/Quam non sensuro dare quadringenta caballo,/aureus ut Scorpi nasus ubique micet?/O frustra locuples, o dissimulator amici,/haec legis et laudas? Quae tibi fama perit! (Cherostrato, tu non hai i quattrocento: alzati, ecco viene Lezio; fermo, scappa, corri, nasconditi! Chi mai, ahimè, lo richiama e lo fa tornare mentre se ne va? Chi mai, ahimè, gli mette a disposizione da amico ampie ricchezze? Chi consegniamo agli scritti e alla fama e perché la gente ne parli? Chi non vuole entrare tutto nelle acque dello Stige? Questo, chiedo, non è meglio che spargere i palcoscenici di pioggia rossa e profumarli di zafferano spruzzato? Che darne quattrocento al cavallo che non proverà nulla affinché l’aureo naso di Scorpo brilli ovunque? O inutilmente ricco, o ingannatore dell’amico, tu questo scegli e lodi? Quale fama ti è venuta meno!)
X, 50: Frangat Idumaeas tristis Victoria palmas,/plange, Favor, saeva pectora nuda manu; mutet Honor cultus, et iniquis munera flammis/mitte coronatas, Gloria maesta, comas./Heu facinus! Prima fraudatus, Scorpe, iuventa/occidis et nigros tam cito iungis equos./Curribus illa tuis semper properata brevisque/cur fuit et vitae tam prope meta tuae? (La Vittoria rompa triste le palme idumee, tu, o Favore, batti il nudo petto con mano crudele, l’Onore cambi abito e tu, o Gloria, getta mesta la tua chioma coronata come dono alle ingiuste fiamme. Oh delitto! Ingannato nel fiore della giovinezza, tu, o Scorpo, muori e tanto rapidamente aggioghi i neri cavalli. Quella meta sempre cercata dal tuo cocchio e in breve raggiunta perché fu tanto vicina pure alla tua vita?)
X, 53: Ille ego sum Scorpus, clamosi gloria circi,/plausus, Roma, tui deliciaeque breves,/ invida quem Lachesis raptum trieteride nona,/dum numerat palmas, credidit esse senem. Io sono il famoso Scorpo, gloria del rumoroso circo, di te, o Roma, entusiasmo e breve delizia, che l’invidiosa Lachesi, mentre contava le vittorie, credette che io fossi vecchio, rapendomi a ventisette anni) /
XI, 1: Quo tu, quo, liber otiose, tendis/Cultus Sidone non cotidiana?/Numquid Parthenium videre? Certe:/ Vadas et redeas inevolutus:/libros non legit ille, sed libellos;/nec Musis vacat, aut suis vacaret./Ecquid te satis aestimas beatum,/contingunt tibi si manus minores?/Vicini pete porticum Quirini:/turbam non habet otiosiorem/Pompeius vel Agenoris puella,/vel primae dominus levis carinae./Sunt illic duo tresve, qui revolvant/nostrarum tineas ineptiarum,/sed cum sponsio fabulaeque lassae/de Scorpo fuerint et Incitato.(Dove tu, ozioso libro, dove ti dirigi adorno di porpora non usuale? Forse a vedere Partenio [segretario di Domiziano e protettore di Marziale]? Certamente: vai e ritorna senza essere stato letto; egli non legge i libri ma i libretti né ha tempo per le Muse o solo per le sue ne avrebbe. Forse ti stimi sufficientemente beato se ti toccano mani meno nobili? Dirigiti verso il portico del vicino Quirino; non ha una folla più sfaccendata (quello di) Pompeo o (del)la figlia di Agenore [Europa] o (de)il signore della prima leggera nave [Giasone]. Lì ci sono due o tre che scuoteranno le tarme delle mie schiocchezze, ma quando la scommessa e i racconti su Scorpo ed Incitato saranno stanchi)
Che questo Scorpo fosse famoso per la sua abilità a punzecchiare i cavalli o a pungere (in senso metaforico) gli avversari? Anche se così fosse, però, come spiegare il passaggio da Scorpius a Scorpus?
Se la letteratura con Marziale ci ha lasciato il ricordo di un auriga col nome di Scorpo, l’epigrafia è stata molto più generosa: CIL VI 10052: Vicit Scorpus equis his/Pegasus Elates Andraemo Cotynus (Ha vinto Scorpo con questi cavalli: Pegaso, Elate, Andremone, Citino). L’epigrafe, rinvenuta a Roma, è datata tra l’81 ed il 96 d, C. , per cui molto probabilmente questo Scorpo coincide con quello immortalato da Marziale.
Un altro agitator (auriga) di nome Scorpus compare in un’altra epigrafe(CIL, VI, 10048) datata tra il 146 e il 150 d. C. (dunque è un personaggio vissuto successivamente a quello di Marziale ma rispetto al quale la scelta del nome di battaglia molto probabilmente non è casuale), della quale riporto il pezzo che ci interessa: … Flavius Scorpus victor II … et Pompeius Musclosus victor III … (Flavio Scorpo due volte vincitore e Pompeo Muscoloso tre volte vincitore …). 4
Frutto di fantasia,ma in senso buono, è certamente questo canto popolare di Lecce e Cavallino in tema, tratto dal volume II di Canti e racconti del popolo italiano a cura di D. Comparetti e A. D’ancona dedicato ai Canti popolari delle provincie meridionali raccolti da A. Casetti e V. Imbriani, v. I, , Loescher, Roma, Firenze, Torino, 1871, p. 101. Lo trascrivo di seguito, con la mia traduzione in italiano corrente e qualche nota, senza anticipare nulla sul sostrato erotico del componimento e lasciando a voi l’identificazione non letterale di sciardinu, porta segreta, milu ‘ngranatu, ‘brecueccu e, dolce in fondo, atu.
Beddha, allu tou sciardinu nci su’ statu,
de la porta segreta su’ trasutu;
de pizzu a pizzu l’aggiu camenatu,
lu sciardinieri nu’ mm’ha canusciutu.
Nde l’aggiu cueutu lu milu ‘ngranatu,
e lu ‘brecueccua tou caru tenutu.
Mo’ nci aggiu misu lu scuerpu allu atub,
trasa ci ole, ca ieu nd’aggiu ‘ssutu.
Bella al tuo giardino ci sono stato,
dalla porta segreta sono entrato;
in lungo e in largo ci ho camminato,
il giardiniere non mi ha riconosciuto.
Ne ho colto la melagrana,
e la pesca tua tenuta cara.
Adesso ho messo il rovo sul passaggio;
entri chi vuole, che io ne sono uscito.
____________
a Brecueccu è la pesca; con le varianti percocu e bbricuecu è dal latino praecoquu(m)=(frutto) precoce. Avevo promesso che nulla avrei detto sull’interpretazione metaforica di questo come degli altri dettagli. Prima di congedarmi, però, voglio dare il famoso aiutino ai lettori più giovani ed anche a quelli della mia età con problemi di memoria: nel 1976 uscì la commedia erotica all’italiana Il solco di pesca con Gloria Guida nella parte di Tonina …
b Vedi la nota n. 3
____________
1 Dal latino calabrix attestato solo in Plinio, Naturalis historia, XVII, 14: Et zizizpha grano seruntur mense Aprili. Tuberes melius inseruntur in pruno silvestri, et malo cotoneo, et in calabrice: ea est spina silvestris. (Le giuggiole si sotterrano col nocciolo nel mese di aprile. Il lazzeruolo s’innesta meglio sul susino selvatico, sul melo cotogno e sul pero selvatico: questa è una pianta spinosa selvatica)
2 Dalla radice pir- di piru (pero) + un suffisso dispregiativo –àscinu, come, al femminile, purpàscina (polpo femmina, di dimensioni maggiori rispetto al maschio e dalle carni meno tenere) dalla radice purp– di purpu (polpo) + -àscina.
3 Sull’atu vedi http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/08/dialetti-salentini-atu/
4 Di Scorpus onomastico di persone comuni molte sono le testimonianze epigrafiche, ne riporto, a titolo di esempio, un paio:
CIL VI, 15413: D(is) M(anibus) Claudiae/Eutychiae/P(ublius) Aelius Aug(usti) lib(ertus)/Scorpus /coniugi/ sanctissim(ae) fec(it) (Agli dei Mani di Claudia Eutichia Publio Elio Scorpo liberto di Augusto fece alla moglie santissima). Qui Scorpus in terza posizione mpstra chiaramente la sua natura di cognomen (soprannome)
CIL V, 582, 11: ]/Aug(usti) lib(erto) tabul(ario)/Symphorus et/Scorpus liberti/et heredes patron(o)/bene merenti/fecer(unt) (al liberto contabile di Augusto i liberti Sinforo e Scorpo e gli eredi riconoscenti fecero al protettore)
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A scuola di Epigrammi
Con orrore oggi ho scoperto di non aver affatto capito cosa sono gli epigrammi. Ma se ciò non bastasse è un intero mondo dove una ricerca tira l'altra, essendo io assolutamente ignorante di queste cose. la definizione di Epigranna è: L'epigramma non rappresenta un genere letterario impegnato, ma ha le seguenti caratteristiche: - Brevitas: sono componimenti poetici brevi - Legati la sfera della poesia d'occasione. - Forte varietas tematica.Quindi le caratteristiche dell'epigramma sono l'individualismo, la varietas tematiche, la scelta del distico elegiaco e la brevitas. Ok!! E qui si apre un mondo. Supponendo che sappiamo cosa siano la brevitas e la vetitas... cos'è il distico elegiastico? Per distico elegiaco si intende un distico (insieme di due versi, dal gr. διστιχον distichon comp. della particella δισ dis- due volte - e στίχος stichos - fila, schiera e, parlando di poesie, verso) composto da un esametro e un pentametro. Esso è tipico della poesia elegiaca. Inizialmente era caratteristico di brevi testi scritti su oggetti di vita quotidiana (vasellame, ...), poi divenne una vera e propria forma poetica. Nella poesia latina fu adoperato tra gli altri da Catullo e da Tibullo. Quest'ultimo fu un maestro del distico elegiaco e propose frequenti rime interne nel pentametro. Successivamente Ovidio scrisse in distici elegiaci pressoché tutte le sue opere, tranne le Metamorfosi e il poemetto Halieutica, mentre Marziale utilizzò i distici elegiaci nei suoi epigrammi. Negli epigrammi moderni Giosuè Carducci trasferì nella metrica italiana combinando, per l'esametro, prevalentemente un settenario piano con un novenario piano e, per il pentametro, un settenario o un quinario piano con un settenario piano. Qui la domanda successiva è che sono il pentamentro, esametro ect ect...?? Come si è detto, l’esametro è il verso, di provenienza greca, tipico della poesia epica: è dunque un verso ‘nobile’. Fu usato anche nella poesia didascalica e bucolica, nella satira, nell’epistolografia in versi e, in unione con il pentametro, nella poesia elegiaca. Insieme ad altri versi, ricorre infine in alcune strofe liriche. Il pentametro è un verso formato da due commi (parti) uguali, in ciascuno dei quali si trovano due dattili e una sillaba lunga. I dattili possono essere sostituiti dagli spondei solo nel primo comma. La cesura è sempre la semiquinaria e cade tra i due commi tra i quali, in genere, non c’è sinalefe né iato. Per la Treccani in modo esaustivo ce lo spiega... La brevità, come sua conseguenza, ha portato spesso gli autori di epigrammi, già nell'antichità, a concentrare il loro pensiero in modo sempre più asciutto, fino ad arrivare a vere e proprie sentenze lapidarie, argute e fulminanti. I Latini dicevano appunto che l'epigramma doveva avere "un fulmine alla fine". La sentenza finale, spesso, illumina il significato di tutto il componimento, rivelando il pensiero profondo dell'autore o mettendo a fuoco una situazione paradossale e inaspettata, sia comica sia tragica. L'ultimo o gli ultimi due versi di un epigramma, che in genere tende a non superare i sei versi, sono insomma la parte più incisiva e significativa del componimento, nonché la più curata dall'autore (figure retoriche, proverbi, giochi di parole o altro). Epigramma è innanzitutto un componimento breve e ben definito. Proprio perché il poeta ha a disposizione pochi versi, deve esprimere ciò che ha da dire in modo veloce e nitido, deve mirare, cioè, a colpire il lettore con poche frasi. L'estensione limitata e l'efficacia della comunicazione sono le due caratteristiche principali dei componimenti che chiamiamo epigrammi, in ogni epoca e in ogni cultura. Dopo questa lunga spiegazione, io non ho ancora capito la messe in funzione ma spero che a qualcuno sia stata utile. Intanto cerco di mettere in pratica nei miei epigrammi e se non sono pienamente pentametrici o esametrici almeno saranno pienamente veritas e brevitas 😅
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Questa bambina, padre Frontone, madre Flaccilla, a voi l’affido, boccuccia e gioia mia, perché, piccina, Erotion non tremi davanti alle ombre oscure e alle orride bocche del cane del Tartaro. Avrebbe compiuto il suo sesto gelido inverno, se fosse vissuta altrettanti giorni e non meno. Tra padroni tanto vecchi giochi gioiosa e garrisca il mio nome con voce incerta. Non copra le tenere ossa una dura zolla, e per lei, terra, non essere un peso: lei non lo fu per te.
Marziale
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