Shadowhunters, ci rendiamo che potrebbe non essere facile raccapezzarsi in questo mare di nuovi personaggi – capire perché alcuni siano così amati o disprezzati, o perché alcune coppie siano già incredibilmente popolari, o chi sia imparentato con chi.
Abbiamo quindi pensato, ora che di giorni all’uscita del libro ne mancano davvero pochissimi (tre appena!), di presentarvi almeno i principali, con la speranza che questa piccola guida vi torni utile.
NESSUNA DESCRIZIONE CONTIENE SPOILER DI CHAIN OF GOLD. Come sempre, ci teniamo a non rivelare nulla di nulla e a lasciare che vi godiate il viaggio senza spoiler.
Non abbiamo inserito nelle descrizioni nulla più di quanto non fosse già stato dichiarato negli anni (tentando, quando possibile o necessario, di fornirvi anche le fonti dietro le nostre dichiarazioni).
Link nostri per acquistare il libro su Amazon.it: edizione italiana | edizione US | edizione UK | Kindle italiano | Kindle US | Kindle UK
NOTA BENE: abbiamo inserito alcune informazioni provenienti dall’albero genealogico di Clockwork Princess (sotto il tag spoiler: per visualizzarle dovrete cliccare sull’area sfocata). Tenete presente che l’albero genealogico è ricco di inesattezze, e che le date di morte/i matrimoni/i figli potrebbero essere falsi.
PS: nella sezione “Materiale per conoscerlo/a meglio” NON sono presenti snippet, ma solo le storie presenti nelle raccolte pubblicate nel corso degli anni e quelle che Cassie ha caricato gratuitamente durante gli ultimi dieci mesi.
PPS: quando verranno pubblicate ulteriori illustrazioni di Charlie Bowater, le aggiungeremo al post!
CORDELIA CARSTAIRS
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Dal primo post sui personaggi di TLH di Cassie.
Carta dei tarocchi.
In “Storia di Illustri Shadowhunters”.
Nei ritratti promozionali di “Chain of Gold”.
Cordelia è la cugina di Jem Carstairs. I suoi genitori sono Elias e Sona Carstairs, e ha anche un fratello maggiore, Alastair.
Durante gli eventi de La Catena d’Oro, Cordelia ha diciassette anni (è nata nel 1885 a Tehran, in quella che allora era chiamata Persia). Ha i capelli rossi e gli occhi neri, ed è alta circa 175 cm. Il suo libro preferito è Layla e Majnun di Nizami (per maggiori informazioni, cliccate qui), mentre l’animale che ama di più è il gatto persiano.
È stata Cordelia a ereditare la spada di famiglia, e sappiamo che il suo legame con Cortana è molto forte (esempio: qui).
Entrambi i fratelli Herondale sono suoi amici d’infanzia (grazie alla cocciutaggine di Will, che ha fatto i salti mortali perché si incontrassero di frequente).
A causa delle precarie condizioni di salute del padre, però, Cordelia e la sua famiglia hanno sempre viaggiato moltissimo, e questo le ha sfortunatamente impedito di stringere altre amicizie significative.
Il più grande desiderio di Cordelia e Lucie Herondale è di diventare parabatai, e logicamente Will non fa che incoraggiarle (qui, ad esempio).
Sin da bambina, Cordelia è innamorata di James Herondale. Cassie in persona l’ha rivelato anni fa, nel post in cui per la prima volta ci descriveva i personaggi di The Last Hours (qui).
Almeno per il momento, però, Cordelia è costretta a nascondere i suoi sentimenti.
Benché si vogliano reciprocamente molto bene, il rapporto tra Cordelia e suo fratello Alastair è diventato sempre più complicato con il passare degli anni.
Non ha mai avuto la possibilità di frequentare particolarmente suo cugino Jem.
Soprannomi: Daisy (datole da James; alcuni esempi: qui, qui); Layla (utilizzato dai suoi familiari).
Materiale per conoscerla meglio: benché Cordelia non sia ufficialmente comparsa in nessuno dei racconti pubblicati in ebook, è stata comunque protagonista di alcune delle storie caricate gratuitamente da Cassie nel corso degli ultimi mesi:
1899, solo citata – Nothing But Shadows | Soltanto Ombre (contenuto nella raccolta cartacea: Tales from the Shadowhunter Academy | Le Cronache dell’Accademia Shadowhunters);
1897 – Parigi;
1898 – Devonshire;
1899 – Francia [Prima parte];
1899 – Francia [Seconda parte].
Secondo l’albero genealogico de La Principessa: [spoiler]ha sposato James Herondale. I due hanno avuto un figlio, Owen, nato nel 1912. È poi venuta a mancare nel 1962.[/spoiler]
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[email protected][/KGVID]
JAMES HERONDALE
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Dal primo post sui personaggi di TLH di Cassie.
Carta dei tarocchi.
In “Storia di Illustri Shadowhunters”.
Nei ritratti promozionali di “Chain of Gold”.
James è il primogenito di Will Herondale e Tessa Gray. Ha una sorella minore, Lucie, e un parabatai, Matthew Fairchild.
Ha diciassette anni (è nato nel 1886 a Londra) e vive nell’Istituto insieme alla sua famiglia. Ha i capelli neri come Will, ma i suoi occhi sono di un dorato brillante (eredità del nonno demone). È alto circa 183 cm. Quando legge, indossa gli occhiali.
Il suo libro preferito è Grandi Speranze di Charles Dickens; l’animale che ama di più in assoluto è il lupo.
Deve ovviamente il suo nome a Jem Carstairs (qui, ma anche qui).
Ha ereditato dal nonno demone l’abilità di trasformarsi in una sorta di “ombra”, cosa che gli ha fatto e gli fa vivere forti momenti di disagio.
I suoi più cari amici sono Matthew, Christopher Lightwood (suo cugino da parte di padre) e Thomas Lightwood. I quattro hanno affittato una stanza in una taverna (la Devil Tavern), e lì passano il loro tempo libero.
Sia Cordelia Carstairs che Grace Blackthorn sono sue amiche d’infanzia. La frequentazione tra James e Grace non è però di dominio pubblico, e Matthew sembra essere l’unico a conoscenza di questo legame (ed è chiaramente contrario: qui; tenete presente che l’estratto è sì tratto dal primo capitolo del libro, ma è stato pubblicato nel lontano 2014, e negli anni la scena è stata modificata/ampliata).
James ha frequentato l’Accademia Shadowhunters insieme a Matthew, Christopher e Thomas, ma a causa di un brutto “scherzo” di alcuni bulli (tra cui Alastair Carstairs) è stato espulso (e Matthew ha fatto il possibile per farsi cacciare a sua volta, portando accidentalmente Christopher via con sé. Thomas ha invece terminato l’anno scolastico, salvo poi decidere di non tornarci più).
Il periodo passato all’Accademia Shadowhunters l’ha logicamente spinto a provare una discreta antipatia nei confronti di Alastair.
Soprannomi: Jamie.
Materiale per conoscerlo meglio:
1888, in versione bambino – The Whitechapel Fiend | Il demone di Whitechapel (contenuto nella raccolta cartacea: Tales from the Shadowhunter Academy | Le Cronache dell’Accademia Shadowhunters);
1889, in versione bambino – Londra, Natale [Prima parte];
1897 – Parigi;
1899 – Francia [Prima parte];
1899 – Francia [Seconda parte];
1899 – Nothing But Shadows | Soltanto Ombre (contenuto nella raccolta cartacea: Tales from the Shadowhunter Academy | Le Cronache dell’Accademia Shadowhunters);
1900 – Londra;
1900 – La Città di Ossa;
1901 – Cast Long Shadows | Verità nell’Ombra (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre);
1901 – Every Exquisite Thing | Croce e delizia (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre);
1903 – The Midnight Heir | L’Erede di Mezzanotte (contenuto nella raccolta cartacea: The Bane Chronicles | Le Cronache di Magnus Bane).
Secondo l’albero genealogico de La Principessa: [spoiler]ha sposato Cordelia Carstairs. I due hanno avuto un figlio, Owen, nato nel 1912. È poi venuto a mancare nel 1963.[/spoiler]
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LUCIE HERONDALE
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Dal primo post sui personaggi di TLH di Cassie.
Carta dei tarocchi.
In “Storia di Illustri Shadowhunters”.
Nei ritratti promozionali di “Chain of Gold”.
Lucie Herondale è la secondogenita di Will Herondale e Tessa Gray. Ha un fratello maggiore, James. È nata a Londra nel 1887, e vive nell’Istituto con la sua famiglia.
È alta circa 162cm, ha i capelli castani e gli occhi azzurri (di una sfumatura più pallida rispetto a quelli blu del padre) e il suo libro preferito è Il Castello di Otranto di Horace Walpole. Deve il suo nome a Lucie Manette, personaggio di Racconto di Due Città di Charles Dickens. Il suo animale preferito è il passero.
Come il fratello, ha ereditato dal nonno demone delle abilità peculiari: non si sa ancora di cosa si tratti, però.
La sua migliore amica è Cordelia Carstairs: le due desiderano ardentemente diventare parabatai, e hanno il più completo appoggio di Will (qui, ad esempio).
Benché le due abbiano avuto modo di vedersi solo di rado durante l’infanzia, a causa dei continui spostamenti della famiglia di Cordelia, si sono sempre tenute in contatto grazie alle lettere.
Lucie sogna di diventare una scrittrice (ne parla ad esempio nel prologo del romanzo, qui), e ormai da anni sta lavorando a un romanzo dedicato alla sua migliore amica, “The Beautiful Cordelia”. Le due si scambiano costanti aggiornamenti sul libro.
Lucie ha un ottimo rapporto con gli amici del fratello (in particolare con Thomas, come rivelato qui), ed è spesso in loro compagnia. Non sembra invece provare particolare simpatia per Alastair Carstairs (qui).
Da bambina, Lucie ha incontrato il fantasma di Jesse Blackthorn in una foresta e l’ha scambiato per un changeling (nel già citato prologo e anche qui). Pur non avendolo rivisto per sei anni, il mistero che lo circonda la affascina.
Soprannomi: Luce.
Materiale per conoscerla meglio:
1888, in versione neonata – The Whitechapel Fiend | Il demone di Whitechapel (contenuto nella raccolta cartacea: Tales from the Shadowhunter Academy | Le Cronache dell’Accademia Shadowhunters);
1897 – Parigi;
1897 – Londra;
1899, solo citata – Nothing But Shadows | Soltanto Ombre (contenuto nella raccolta cartacea: Tales from the Shadowhunter Academy | Le Cronache dell’Accademia Shadowhunters);
1899 – Francia [Prima parte];
1900 – La Città di Ossa;
1901 – Cast Long Shadows | Verità nell’Ombra (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre);
1901 – Every Exquisite Thing | Croce e delizia (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre);
1903 – Prologo di Chain of Gold.
Secondo l’albero genealogico de La Principessa: [spoiler]la data di nascita di Lucie presente nell’albero è volutamente sbagliata, e dovremmo scoprire il perché nel corso dei romanzi. Lucie ha sposato Jesse. Non sappiamo quanti figli abbiano avuto (si consiglia di consultare l’albero genealogico dei Blackthorn per saperne di più), ma lei e Jesse dovrebbero essere gli antenati dei Blackthorn moderni. È morta nel 1959.[/spoiler]
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MATTHEW FAIRCHILD
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Dal primo post sui personaggi di TLH di Cassie.
Carta dei tarocchi.
In “Storia di Illustri Shadowhunters”.
Nei ritratti promozionali di “Chain of Gold”.
Matthew Fairchild è il secondogenito di Henry Branwell e Charlotte Fairchild. Ha un fratello maggiore, Charles.
È nato ad Alicante nel 1886, e ha brevemente frequentato l’Accademia Shadowhunters insieme a James Herondale (di cui poi è diventato il parabatai), Christopher Lightwood e Thomas Lightwood.
I quattro hanno stretto un legame fortissimo, e passano molto del loro tempo nella stanza della Devil Tavern che hanno preso in affitto.
È alto circa 178 cm, e ha i capelli biondi e gli occhi di un verde scurissimo.
Il suo scrittore preferito è Oscar Wilde (il libro che ama di più, invece, è Il Ritratto di Dorian Gray), e per lui prova una vera e propria venerazione – al punto da dare il suo nome al golden retriever che gli ha regalato James per il compleanno (dopo averlo trovato abbandonato in strada).
Matthew può sembrare superficiale, ma è una persona molto attenta e affettuosa.
Sa comunque come covare rancore – in particolare nei confronti di Alastair Carstairs, per cui prova un odio profondo (le motivazioni dietro questa sua rabbia sono rese evidenti in Verità nell’Ombra).
Neanche i rapporti con suo fratello Charles sono propriamente idilliaci (del resto, Charles sa essere insopportabile…).
È invece molto amico di Lucie Herondale, a cui chiaramente tiene molto, e di Anna Lightwood, che ammira tantissimo.
Non sembra provare particolare simpatia per Grace Blackthorn, benché sia a conoscenza dei sentimenti che James prova per lei.
Soprannomi: Math.
Materiale per conoscerlo meglio:
1899, solo citato – Francia [Prima parte];
1899 – Nothing But Shadows | Soltanto Ombre (contenuto nella raccolta cartacea: Tales from the Shadowhunter Academy | Le Cronache dell’Accademia Shadowhunters);
1900 – Londra;
1900 – La Città di Ossa;
1901 – Londra;
1901 – Cast Long Shadows | Verità nell’Ombra (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre);
1901 – Every Exquisite Thing | Croce e delizia (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre).
Secondo l’albero genealogico de La Principessa: la famiglia Fairchild non è inclusa nell’albero.
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THOMAS LIGHTWOOD
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In “Storia di Illustri Shadowhunters”.
Nei ritratti promozionali di “Chain of Gold”.
Thomas è il terzogenito di Sophie e Gideon Lightwood. Ha due sorelle maggiori, Barbara ed Eugenia. È il cugino di Anna, Christopher e Alexander Lightwood.
Deve il suo nome al defunto Thomas Tanner (personaggio comparso ne L’Angelo).
Ha diciotto anni (è nato nel 1885 a Idris) e – con i suoi 195 cm – è in assoluto il più alto tra i personaggi di The Last Hours. Paradossalmente, da bambino era molto gracile e minuto, al punto da destare preoccupazione nei suoi familiari. Ha i capelli castani e gli occhi nocciola. Il suo libro preferito è Rubáiyát of Omar Khayyám (maggiori informazioni: qui), mentre l’animale che ama di più è il gufo.
I suoi migliori amici sono James Herondale, Matthew Fairchild e Christopher Lightwood. Va molto d’accordo anche con Lucie Herondale (come testimoniato anche da post e snippet come questo qui).
Ha recentemente terminato il suo anno di studio in Spagna. Durante il soggiorno all’estero, si è fatto un tatuaggio sul braccio.
Thomas è l’unico tra i “Merry Thieves” a non provare antipatia/detestare Alastair Carstairs: benché non si possano definire amici, sono comunque in rapporti cordiali, e Thomas sembra volergli sinceramente bene.
Soprannomi: Tom.
Materiale per conoscerlo meglio:
1889 – Londra, Natale [Prima parte];
1889 – Londra, Natale [Seconda parte];
1899, solo citato – Francia [Prima parte];
1899 – Nothing But Shadows | Soltanto Ombre (contenuto nella raccolta cartacea: Tales from the Shadowhunter Academy | Le Cronache dell’Accademia Shadowhunters);
1900 – Londra;
1901 – Cast Long Shadows | Verità nell’Ombra (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre);
1901 – Every Exquisite Thing | Croce e delizia (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre).
Secondo l’albero genealogico de La Principessa: [spoiler]l’albero sostiene che Thomas sia morto a circa trent’anni, nel 1915. Non risultano mogli o figli (si consiglia di consultare l’albero genealogico dei Lightwood per saperne di più).[/spoiler]
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[email protected][/KGVID]
CHRISTOPHER LIGHTWOOD
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Dal primo post sui personaggi di TLH di Cassie.
In “Storia di Illustri Shadowhunters”.
Christopher Lightwood è il secondogenito di Cecily Herondale e Gabriel Lightwood. Ha una sorella maggiore, Anna, e un fratello minore di circa tre anni, Alexander.
I suoi migliori amici sono suo cugino James Herondale, Matthew Fairchild e suo cugino Thomas Lightwood. Ha ovviamente un’ottima relazione anche con sua sorella Anna e sua cugina Lucie Herondale.
Non sembra invece provare particolare simpatia per Alastair Carstairs.
Christopher ha un po’ la testa tra le nuvole e sa essere parecchio eccentrico, ma è estremamente intelligente: ama la scienza e prova una fortissima ammirazione per Henry Branwell. I due passano molto tempo insieme in laboratorio.
Il suo sogno è inventare, un giorno, qualcosa che possa aiutare tutti gli Shadowhunters.
Ha i capelli castani e gli occhi blu. È nato nel 1887.
Lo stregone Ragnor Fell – che insegnava all’Accademia Shadowhunters nel periodo in cui Christopher l’ha frequentata – è terrorizzato dal suo potere distruttivo (dal momento che Christopher a volte si lascia talmente prendere dai suoi esperimenti da non rendersi conto di quanto i risultati possano essere pericolosi… o esplosivi).
Soprannomi: Kit.
Materiale per conoscerlo meglio:
1899, solo citato – Francia [Prima parte];
1899 – Nothing But Shadows | Soltanto Ombre (contenuto nella raccolta cartacea: Tales from the Shadowhunter Academy | Le Cronache dell’Accademia Shadowhunters);
1900 – Londra;
1901 – Londra;
1901 – Cast Long Shadows | Verità nell’Ombra (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre);
1901 – Every Exquisite Thing | Croce e delizia (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre).
Secondo l’albero genealogico de La Principessa: [spoiler]ha sposato la figlia adottiva di Tatiana, Grace Blackthorn. I due hanno avuto un figlio nel 1908, Isidore. È morto nel 1938.[/spoiler]
ALASTAIR CARSTAIRS
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Dal primo post sui personaggi di TLH di Cassie.
In “Storia di Illustri Shadowhunters”.
Nei ritratti promozionali di “Chain of Gold”.
Alastair è il primogenito di Elias Carstairs e sua moglie Sona. Ha una sorella minore, Cordelia.
È il cugino di Jem.
Ha i capelli neri, ma li ha recentemente tinti di biondo. I suoi occhi sono neri come quelli della sorella. È nato nel 1984 a Parigi, quindi nel corso de La Catena d’Oro ha circa diciannove anni. È alto circa 178 cm.
Il suo libro preferito è Il Principe di Machiavelli, e gli piacciono i porcospini.
Durante la sua permanenza all’Accademia Shadowhunters è riuscito ad attirare le antipatie di James Herondale, Matthew Fairchild e Christopher Lightwood. Ha invece una relazione cordiale con Thomas (che rientra nella breve “Lista Delle Quattro Persone Al Mondo Che Piacciono Ad Alastair”, insieme a Cordelia, sua madre Sona e Charles Fairchild: qui).
Il rapporto con Cordelia si è fatto progressivamente sempre più complicato nel corso degli anni.
Alastair ha incontrato Charles a Parigi, e i due sono diventati davvero molto intimi.
Matthew invece lo disprezza apertamente (soprattutto a causa degli avvenimenti raccontati in Verità nell’Ombra).
Soprannomi: //
Materiale per conoscerlo meglio:
1897, solo citato – Parigi;
1898 – Devonshire;
1899 – Francia [Prima parte];
1899 – Francia [Seconda parte];
1899 – Nothing But Shadows | Soltanto Ombre (contenuto nella raccolta cartacea: Tales from the Shadowhunter Academy | Le Cronache dell’Accademia Shadowhunters);
1901 – Cast Long Shadows | Verità nell’Ombra (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre).
Secondo l’albero genealogico de La Principessa: [spoiler]non si hanno notizie di eventuali mogli e figli, e nell’albero viene spiegato che la documentazione manca o è andata smarrita. A lui vengono comunque collegati i Carstairs dei giorni nostri. È morto nel 1928. Il suo nome, sull’albero, è “Alistair”.[/spoiler]
[KGVID width=”100″ height=”56″]https://www.shadowhunters.it/wp-content/uploads/2020/02/Alastair-Carstairs.mp4[/KGVID]
ANNA LIGHTWOOD
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Dal primo post sui personaggi di TLH di Cassie.
In “Storia di Illustri Shadowhunters”.
Nei ritratti promozionali di “Chain of Gold”.
Anna è la primogenita di Cecily Herondale e Gabriel Lightwood. Ha due fratelli minori: Christopher, vicino a lei per età, e il piccolo Alexander, che di anni ne ha circa tre.
Ha i capelli neri e gli occhi blu. È alta ben 180 cm.
Il libro che ama di più sono i diari segreti di Anne Lister (per saperne di più su Anne Lister: Wikipedia in inglese). Il suo animale preferito, invece, è il serpente.
Anna veste da uomo, è apertamente lesbica ed è ammirata e rispettata dagli Shadowhunters di Londra. Ha un appartamento tutto suo a Percy Street.
Ha ereditato la collana con il rubino di sua madre Cecily.
Anna è molto affezionata al gruppo di James Herondale, Matthew Fairchild (con cui condivide l’amore per la moda e le feste), Christopher e Thomas Lightwood (e a Lucie Herondale, ovviamente).
Ha un ottimo rapporto con i suoi genitori: quando il primo amore di Anna è naufragato tristemente, è stata Cecily a tirarla su di morale, e in quell’occasione i suoi genitori le hanno anche regalato il suo primo completo da uomo.
Ha giurato a se stessa di non lasciare mai più che una ragazza le spezzi il cuore.
Soprannomi: //
Materiale per conoscerla meglio:
1885 (circa) – L’annuncio della prima gravidanza di Tessa (una Anna bambina gioca con Charles Fairchild);
1888, in versione bambina – The Whitechapel Fiend | Il demone di Whitechapel (contenuto nella raccolta cartacea: Tales from the Shadowhunter Academy | Le Cronache dell’Accademia Shadowhunters);
1899 – Francia [Prima parte];
1899, solo una breve menzione – Nothing But Shadows | Soltanto Ombre (contenuto nella raccolta cartacea: Tales from the Shadowhunter Academy | Le Cronache dell’Accademia Shadowhunters);
1900 – Londra;
1901 – Londra;
1901, solo citata – Cast Long Shadows | Verità nell’Ombra (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre);
1901 – Every Exquisite Thing | Croce e delizia (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre).
Secondo l’albero genealogico de La Principessa: [spoiler]è morta nel 1941.[/spoiler]
[KGVID width=”100″ height=”56″]https://www.shadowhunters.it/wp-content/uploads/2020/02/Anna-Lightwood.mp4[/KGVID]
JESSE BLACKTHORN
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Dal primo post sui personaggi di TLH di Cassie.
Carta dei tarocchi.
In “Storia di Illustri Shadowhunters”.
Nei ritratti promozionali di “Chain of Gold”.
Jesse è il figlio di Tatiana Blackthorn (nata Lightwood) e di suo marito Rupert, morto durante gli eventi de La Principessa. Ha una sorella adottiva più giovane di lui, Grace.
Jesse è nato nel 1879 – ed è venuto a mancare ad appena sedici anni, perché troppo debole e malaticcio per le rune degli Shadowhunters.
Tatiana considera gli altri Nephilim responsabili della morte del figlio e sembra interessata a riportarlo in vita.
Lucie Herondale, Tatiana e Grace sono le uniche persone in grado di vedere il suo fantasma.
Pare essere in buoni rapporti con sua sorella Grace.
Quando Lucie aveva dieci anni, l’ha incontrata nella foresta di Brocelind (come ufficialmente rivelato nel prologo del romanzo, ma già accennato in passato da Cassie).
Ha i capelli neri e gli occhi verdi, e una cicatrice sulla mano a forma della runa della Vista (qui).
Porta al collo il medaglione dei Blackthorn. In vita suonava il piano.
Soprannomi: //
Materiale per conoscerlo meglio:
1889 – Londra, Natale [Prima parte];
1897, breve e vaghissima menzione – Parigi;
1897, breve e vaghissima menzione – Londra;
1903 – Prologo di Chain of Gold.
Secondo l’albero genealogico de La Principessa: [spoiler]Jesse ha sposato Lucie. Non sappiamo quanti figli abbiano avuto (si consiglia di consultare l’albero genealogico dei Blackthorn per saperne di più), ma lui e Lucie dovrebbero essere gli antenati dei Blackthorn moderni. È morto (di nuovo?) nel 1938.[/spoiler]
GRACE BLACKTHORN
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Dal primo post sui personaggi di TLH di Cassie.
Carta dei tarocchi.
In “Storia di Illustri Shadowhunters”.
Nelle illustrazioni promozionali di “Chain of Gold”.
Grace Blackthorn (nata Cartwright) è la figlia adottiva di Tatiana Lightwood, e la sorella minore di Jesse Blackthorn.
È un’amica d’infanzia di James Herondale; i due sembrano avere una relazione complicata (che il parabatai di James, Matthew Fairchild, non appoggia).
Grace è stata cresciuta da Tatiana come un’arma di cui servirsi per vendicarsi di quegli Shadowhunters (leggi: Will, Gabriel, Gideon, ecc.) che considera responsabili della morte del marito, del padre e del figlio.
Tuttavia, benché nel racconto L’Erede di Mezzanotte abbia puntato una spada contro Magnus, non sembra che Grace sia stata addestrata come Shadowhunter (difatti la sua arma preferita sono le forcine per capelli).
Sappiamo che è molto legata a suo fratello Jesse.
Grace è bella e gelida come una statua (come osservato ad esempio qui, nello snippet 35). Ha i capelli di un biondo argenteo e gli occhi grigi. È nata nel 1886 a Leeds, in Inghilterra.
Il suo libro preferito è La Donna In Bianco di Wilkie Collins, mentre gli animali che ama di più sono le falene e i ragni. È alta circa 165 cm.
Soprannomi: //
Materiale per conoscerla meglio:
1899, breve menzione – Nothing But Shadows | Soltanto Ombre (contenuto nella raccolta cartacea: Tales from the Shadowhunter Academy | Le Cronache dell’Accademia Shadowhunters);
1900, menzionata una volta – Londra;
1903 – The Midnight Heir | L’Erede di Mezzanotte (contenuto nella raccolta cartacea: The Bane Chronicles | Le Cronache di Magnus Bane).
Secondo l’albero genealogico de La Principessa: [spoiler]ha sposato Christopher Lightwood. I due hanno avuto un figlio nel 1908, Isidore. È morta nel 1940.[/spoiler]
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CHARLES BUFORD FAIRCHILD
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Dal primo post sui personaggi di TLH di Cassie.
In “Storia di Illustri Shadowhunters”.
Charles è il primogenito di Henry Branwell e Charlotte Fairchild (che era incinta di lui nel corso de Il Principe e de La Principessa). Ha un fratello minore, Matthew.
È nato nel 1879, e ha i capelli rossi e gli occhi verdi. È un personaggio estremamente ambizioso: desidera infatti prendere il posto di sua madre, un giorno, e diventare il prossimo Console.
Questo lo spinge spesso a prendere decisioni per interesse, più che per ragioni sentimentali, e col risultare insopportabile (qui, ad esempio, Anna sembra davvero arrabbiata con lui).
Nel corso dell’anno che ha trascorso a Parigi, gestendo l’Istituto della città, ha incontrato e fatto amicizia con Alastair Carstairs. I due sono molto vicini.
È fidanzato con l’unica figlia dell’Inquisitore Bridgestock, Ariadne.
Soprannomi: //
Materiale per conoscerlo meglio:
1885 (circa) – L’annuncio della prima gravidanza di Tessa (qui Charles era un tenero bambino che giocava con la piccola Anna);
1899, solo citato – Nothing But Shadows | Soltanto Ombre (contenuto nella raccolta cartacea: Tales from the Shadowhunter Academy | Le Cronache dell’Accademia Shadowhunters);
1901 – Cast Long Shadows | Verità nell’Ombra (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre);
1901 – Every Exquisite Thing | Croce e delizia (contenuto nella raccolta cartacea: Ghosts of the Shadow Market | Fantasmi del Mercato delle Ombre).
Secondo l’albero genealogico de La Principessa: la famiglia Fairchild non è inclusa nell’albero.
Aspettando #ChainofGold: chi sono i protagonisti? Shadowhunters, ci rendiamo che potrebbe non essere facile raccapezzarsi in questo mare di nuovi personaggi – capire perché alcuni siano così amati o disprezzati, o perché alcune coppie siano già incredibilmente popolari, o chi sia imparentato con chi.
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“Nel penetrare quella scrittura tenebrosa…”: catabasi nell’enigma Malraux (ovvero, dialogo con Stefania Ricciardi)
C’è qualcosa di radioso nella tenebra – certamente di ipnotico. Nel 1933 il Nobel per la letteratura va a Ivan Bunin, raffinatissimo scrittore russo emigrato a Parigi – ed è proprio quello l’anno in cui André Malraux, autore di romanzi lancinanti e lanciati – I conquistatori, La via dei re – mette un riflettore sul ceffo screziato della Storia, usando il coltello pubblica La condizione umana, e vince il Goncourt. Quel romanzo. Un manifesto dell’individualismo feroce, della fede nell’amicizia, del tradimento della Storia – sopra la linea di galleggiamento di un Asia fluorescente, livida, bizantina. L’epica della contraddizione in un linguaggio che lambisce l’esplosione, varca gli estremi, i chiaroscuri, come se Malraux usasse una penna caravaggesca, costellasse di candele la trama, un Georges de La Tour che anticipa i tremori postumani di Philip K. Dick. “Trasformò il viso: bocca serrata e tirata verso il mento, occhi socchiusi, come un samurai da Carnevale. E come se l’angoscia che le parole non bastavano a tradurre si esprimesse direttamente in tutta la sua potenza, cominciò subito a fare smorfie: eccolo tramutarsi in una scimmia, in un idiota, in un tipo spaventato, in un viso tumefatto, in tutte le maschere del grottesco che un volto umano può esprimere”: eccolo lì, l’autoritratto di Malraux, l’uomo dalle mille facce, il romanziere e l’ambizioso, l’ambivalente seduttore, l’ambiguo truffatore, il bandito e l’uomo politico, lo zerbino di De Gaulle e il sodale di Picasso, l’avventuriero e il diplomatico, l’uomo che ha vissuto troppo incarnando un inquieto senso di morte, l’antitutto. Ma uno scrittore non è questo, uno che si inscrive nella vita e che resta, inossidabilmente, inafferrabile? Ridotto a quel romanzo pazzesco, La condizione umana, più utile di tanta filosofia da gattabuia esistenzialista, Malraux torna a noi con un linguaggio sgargiante, nella nuova edizione Bompiani del capolavoro, tessuto da Stefania Ricciardi, già traduttrice di Marguerite Yourcenar, di Claude Simon, tra i tanti. Con Stefania siamo d’accordo: occorre ripubblicare – e ritradurre – le Antimemorie, che sono l’autobiografia romanzesca – o il romanzo autobiografico – di Malraux, lo specchio istoriato e ustorio de La condizione umana. Didatta della Storia, allucinato dal proprio ego, dilagante, Malraux teneva sulla lingua l’Asia (“Ho udito i frammenti di tegole mandarine della Città Imperiale quando le volpi sbucavano fra gli astri violetti ai piedi delle muraglie; i frammenti turchesi della Scuola coranica di Isfahan dove le rose crescevano ormai selvatiche dietro porte d’argento; i frammenti di porcellana dei templi siamesi che vengono ancora chiamati pagode…”), nel palmo sinistro l’Occidente e negli occhi la vita, dacché “gli artisti non parlano d’arte che in termini di vita, e la vita delle opere è diventata per loro il maggiore enigma”. Catabasi, dunque, nell’enigma Malraux. (d.b.)
“La condizione umana”: ci dettagli l’importanza di questo romanzo, che è anche l’apice del talento letterario di Malraux, in cui, mi pare, si traccia una ‘terza via’ tra i romanzi assoluti (Joyce, per dire) e quelli ‘di genere’. Cosa la affascina di quel romanzo?
Pubblicata nel 1933 da Gaston Gallimard, che per l’occasione strappa definitivamente Malraux a Grasset, La condizione umana, rappresenta ancora oggi una pietra miliare del Novecento letterario, tanto da figurare al quinto posto nella classifica dei migliori cento libri del secolo stilata da “Le Monde” in collaborazione con la FNAC, precedendo classici come quelli di Céline, Nabokov, Fitzgerald, García Márquez. Per quanto le classifiche siano opinabili, è comunque il segno della sua centralità nell’immaginario comune e nel dibattito contemporaneo non solo francese, se si pensa che Mario Vargas Llosa ha indicato La condizione umana come un’opera maestra, una delle più folgoranti della nostra epoca. Credo che il tempo continui a conferire grandezza a questo romanzo incentrato sull’uomo di fronte al proprio destino, con gli eventi storici che, lungi dall’essere un semplice sfondo, si riflettono nella coscienza dei personaggi. Al di là della profezia – tutto sommato facile – dell’ascesa dell’Oriente nello scacchiere politico mondiale, Malraux ha saputo cogliere il vertiginoso divenire dell’uomo novecentesco e credo che sia questa sua capacità premonitrice a costituire la grandezza della Condizione umana attraverso il tempo.
Ciò detto, mi sembra opportuno ricordare le profonde innovazioni sul piano stilistico e tematico che hanno contribuito al successo dell’opera, coronata dal Prix Goncourt. Malraux, strutturando il testo sulle tecniche del cinema, ha cambiato il modo di scrivere, sulla scia di altri capolavori dell’epoca come Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald ma soprattutto Manhattan transfert di John Don Passos, entrambi del 1925. Il confronto tra il manoscritto e l’edizione Gallimard del 1933 – passando per la versione apparsa in anteprima, da gennaio a giugno, sulla “Nouvelle Revue Française” – mostra il montaggio di scene scritte in momenti diversi e assemblate come sequenze di una messinscena narrativa. Nell’ottica tematica, La condizione umana introduce una novità di rilievo nella letteratura francese: perno del plot non è più l’introspezione o la psicologia – soprattutto amorosa – dei personaggi, ma la situazione dell’uomo nella Storia e nell’universo, un’esperienza non meno importante ma di sicuro meno esplorata.
Sul piano strettamente personale, il fascino del romanzo ha più volti: è il brivido che percorre Chen prima d’infilzare il coltello nella sua vittima dormiente, è l’immensità del dono di Katow che si accolla sofferenze atroci risparmiandole a due giovani semisconosciuti, è il viso “da morta” di May respinta dall’uomo che ama e che la ama, è il dolore per la perdita di una persona cara. Sono pagine toccanti perché mostrano l’animo umano non solo nell’eroismo, ma anche nella percezione della propria limitatezza e negli impulsi più carnali come il rancore, la gelosia, la vendetta.
La lingua di Malraux, ovvero: la fatica del traduttore. Come ha fatto ingresso nel linguaggio di Malraux, che strategie ha usato?
Come sempre, mi accosto all’opera da tradurre tendendo innanzitutto l’orecchio. È fondamentale: cerco di cogliere il ritmo, l’intonazione – che avvicina all’intenzione del testo. La prosa sfrondata, sincopata, della Condizione umana non facilita l’approccio. La “resistenza della carne al coltello” che perseguita il giovane Chen anche dopo l’omicidio si è come riflessa nella resistenza che avvertivo nel penetrare quella scrittura tenebrosa, a tratti criptica, straniante, ma con repentini, significativi squarci di luce: non a caso nel manoscritto, a margine, compaiono parole come éclairage e lumière. Il “disegno” delle scene narrate non è stato complicato. La difficoltà maggiore è consistita nell’applicare il chiaroscuro: gli effetti di luce, che Malraux dosa con parsimonia sortendo esiti tra i più poetici, e le gradazioni d’ombra, marcate da un’allusività variamente declinata. Credo che alcune scene non proprio nitide – e la foschia e la nebbia sono una costante nel romanzo –, certi ritratti sfumati, le parole sottintese, se da un lato confermano l’aura di mistero che cinge ogni essere umano, dall’altro invocano la partecipazione del lettore e alimentano la sua fantasia nel riempire quei vuoti, nel mettere a fuoco un’immagine. Ho trovato affascinante anche questo aspetto. L’edizione originale della Bibliothèque de la Pléiade, con l’apparato critico e le molteplici varianti tra le diverse edizioni fino a quella definitiva del ’46, mi ha aiutato a orientarmi nelle zone più oscure. È evidente, poi, che non si è trattato di entrare solo nel linguaggio di Malraux, ma anche nel contesto storico e culturale della Cina e della rivolta operaia di Shanghai nel 1927, il che ha richiesto un notevole lavoro documentale.
Qual è il tema sotterraneo della “Condizione umana”, che idea di mondo, di vita, tra azione e lacerazione, appare?
L’idea di una grande labilità: se non si agisce con efficacia e tempismo, tutto può crollare da un momento all’altro, un impero finanziario come l’ideale politico. Anche il potere è effimero, illusorio e, nella fattispecie, addirittura in balia degli umori femminili: l’insuccesso più cocente per Ferral, il presidente della Camera di commercio francese e del Consorzio franco-asiatico, è la beffa inflittagli dall’amante, non il fallimento delle proprie imprese. Di durevole restano l’amicizia e la fraternità, e l’adesione a valori comuni ha un tale spessore da prevalere sull’esito concreto dell’azione. Eppure il potere ha attentato alla condizione umana, perché ha trasformato quasi tutti gli uomini in bestie. Significativa la riflessione di Kyo in carcere: “Quegli esseri indistinguibili che brulicavano dietro le sbarre, inquietanti come i crostacei e i colossali insetti dei suoi incubi infantili, non erano più umani del carceriere. Solitudine e umiliazione totali”. Ecco, il tema sotterraneo del romanzo credo risieda proprio nell’idea di solitudine, spesso accompagnata dall’umiliazione, che pervade i personaggi a livelli diversi. Sfuggire a questa situazione è difficile se non impossibile. C’è chi s’impegna nell’azione, chi si rifugia nell’oppio, chi si crea un mondo alternativo. È il caso di Clappique, l’estroso personaggio che incarna quel tratto di stramberia onnipresente in Malraux, forse per compensare la gravità della meditazione metafisica.
In Malraux, sappiamo, vita immaginata e vissuta, biografia e romanzo si confondono. Penso, per questo, che le ‘Antimemorie’ siano il suo vero capolavoro, l’emblema di un intellettuale ‘anti-’, pur essendo stato fautore della cultura nella Francia ‘gollista’. È d’accordo?
A mio parere il capolavoro di Malraux è La condizione umana, ma le Antimemorie reggono egregiamente il confronto. Anche in questo caso Malraux ha cambiato il modo di scrivere un genere, l’autobiografia, tradizionalmente fondata sulla verità fattuale. Ponendo le memorie della propria vita all’intersezione con quella tendenza che dieci anni dopo, nel 1977, Serge Doubrovsky avrebbe definito autofiction, vale a dire la “finzione di eventi e fatti strettamente reali”, Malraux ha rinnovato il canone delle opere non inventate scritte in prima persona: il ricordo non è più da cercare dietro di sé, ma davanti a sé. Nella retrospezione, dunque, e nel futuro prospettico, perché il vissuto di un individuo è fatto anche di fantasie inconfessate, di desideri inappagati, di attese. È un concetto espresso peraltro dal Clappique della Condizione umana: “Non contava né il vero né il falso, ma il vissuto”; “Bisogna introdurre i mezzi dell’arte nella vita, mio caro, non per farne arte, ah! Buon Dio, no!, ma per una vita più ricca”. Per l’elevato valore di testimonianza narrativa, mi auguro che Bompiani ristampi le Antimemorie, dopo averle pubblicate nel ’68.
Provo una fatale affinità. La Yourcenar e Malraux sono scrittori entrambi affascinati dalla Storia e dalle culture ‘altre’. La differenza del loro linguaggio cela anche una differenza di personalità, penso. Chiedo a lei, che li ha tradotti entrambi, di tracciarla.
Tra Malraux che ha fatto delle bugie una forma d’arte e Yourcenar che ha improntato la propria vita alla ricerca della verità non può esserci distanza maggiore, riflessa tutta nelle rispettive opere. Malraux era ossessionato dall’azione. Nella Condizione umana si legge: “Un uomo è la somma delle sue azioni. Di ciò che ha fatto, di ciò che può fare. Nient’altro”. Anche lo stile di vita è in palese contrasto. Al rigore anche espressivo di Yourcenar, al riserbo più assoluto e alla fuga dai riflettori, alle battaglie ecologiche, pacifiste e salutiste, si contrappone la leggendaria mitomania di Malraux, l’atteggiarsi a dandy, l’esistenza fuori dal comune, modellata sul mito, con frequenti incursioni nell’alcol e nella cocaina. La passione comune per i viaggi, per l’Oriente e per la Storia sottende implicazioni diverse. Se l’autrice delle Memorie di Adriano era stata educata ai viaggi sin dall’infanzia, e il richiamo dell’Oriente era anzitutto culturale (settantacinquenne, aveva deciso di studiare il giapponese) e filosofico, religioso, legato al buddismo, i primi viaggi di Malraux, in particolare quello con la moglie Clara in Indocina, per ritagliare alcuni bassorilievi e rivenderli a qualche ricco collezionista europeo o americano, avevano uno scopo materiale, e il desiderio d’Oriente rappresentava il fascino dell’avventura esotica, comune a tanti giovani intellettuali. Riguardo alla Storia, per Yourcenar era una fonte preziosa di conoscenza per andare alle radici del mondo e di se stessa, mentre per Malraux era l’occasione di lanciarsi nell’azione: la guerra di Spagna, la Resistenza francese. Si tratta di due personalità originali che nutrivano sogni altrettanto originali: Malraux voleva diventare Dio, Yourcenar desiderava morire “ad occhi aperti”.
Non mi pare che Malraux, che pure ha scritto libri vertiginosi – penso ai saggi su Picasso, l’idea del ‘Museo immaginario’ – goda di grande successo in Italia, rispetto ad autori come Camus e la Yourcenar. Come mai, secondo lei?
Camus e Yourcenar sono romanzieri di maggiore impatto, sia per i temi trattati che per la scrittura. Non so poi fino a che punto la poliedricità della figura di Malraux – critico d’arte, oratore, uomo d’azione, ministro in due governi de Gaulle – abbia condizionato il giudizio sulla sua opera letteraria, considerata perlopiù “politica” e legata a un contesto ben preciso.
Da esperta: che cosa andrebbe tradotto in Italia della letteratura francese, che cosa, ora, vorrebbe tradurre?
François Bon, classe ’53, meriterebbe l’attenzione del pubblico italiano: Sortie d’usine, Paysage fer, Daewoo sono pregevoli narrazioni tra fiction e nonfiction, il terreno più fecondo della letteratura attuale. Infine, ho riletto di recente un bellissimo romanzo ambientato a Barcellona, La marge, dello scrittore surrealista André Pieyre de Mandiargues. Prix Goncourt 1967, è stato pubblicato da Feltrinelli nel ’68, con la traduzione di Antonio Porta. Ecco, mi piacerebbe ritradurlo. È un altro romanzo da riportare in libreria, insieme alle Antimemorie, naturalmente.
L'articolo “Nel penetrare quella scrittura tenebrosa…”: catabasi nell’enigma Malraux (ovvero, dialogo con Stefania Ricciardi) proviene da Pangea.
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