#e anche per quando quello blu prima la invita con un cenno e poi va a prenderla saltellando e la porta propriamente sul palco per la mano
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randomwriteronline · 9 months ago
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open my head and there's Donatella Rettore on loop
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Capitolo 58 - Il patto, il nome e il principe (Seconda Parte)
Nel capitolo precedente: Angie fa uno strano incubo sul suo futuro in cui diventa una scrittrice di romanzetti rosa a sfondo fantasy e viene svegliata da una telefonata di Eddie, che le ricorda che finalmente è venerdì, cioè il giorno in cui riveleranno agli amici che stanno insieme. Stone, dopo essere sparito per un po’ per riflettere su quanto gli aveva detto Grace, va a prenderla al lavoro e chiarisce le cose con lei. Angie e Eddie si baciano sotto casa di lei, convinti che Jeff, Mike e Dave, che li aspettano nel furgone della band per andare insieme al concerto, li abbiano visti e stiano parlando di loro. Quando arrivano al van, invece, li scoprono intenti a discutere dell’ultimo episodio di Twin Peaks.
***
Rosa. Stanno diventando rosa. I miei colpi di sole viola si stanno lentamente, ma inesorabilmente, sbiadendo in un fucsia-gomma da masticare triste di sottomarca, mentre la tinta blu scuro sta via via scaricando del tutto, lasciando il posto al mio vecchio e banale castano. China, in bilico, sopra la turca, analizzo le ciocche che mi penzolano davanti alla faccia, illuminate dalla luce ronzante del bagno dell'Ok Hotel. Dopo aver tirato l'acqua ed essermi ricomposta, sento il volume della musica del locale alzarsi e abbassarsi subito dopo, seguito da chiacchiere e risate femminili. Qualcun altro è entrato in bagno e allora io resto qui. Non so perché, ma non mi piace incontrare altra gente uscendo dal bagno, mi mette a disagio. Non ho nulla contro l'andare al cesso in due, tre, cinque, dieci ragazze, ma se devo fare pipì, io sono quella che la fa sempre per ultima e dice alle altre di andare pure e che le raggiungerà fuori. Non posso certo usare questo sistema con le sconosciute, soprattutto nei cessi dei locali con file interminabili fuori dalla porta, allora che faccio? La tengo oppure cedo, cercando di evitare di incrociare lo sguardo con quello della tizia che entra dopo di me, a cui non frega un cazzo della sottoscritta ovviamente e vuole solo farla. Stavolta però è presto, il concerto deve ancora iniziare e i bagni erano vuoti, almeno finché non sono entrate queste. Chissà quante sono? Dalle voci sembrano tre, dovrò aspettare qua dentro per poco, sperando che nessuna cominci a farsi domande sul perché la mia porta è chiusa a chiave.
"Ma voi li avete già sentiti questi Pearl Jam?" la domanda posta da una di loro non sfugge alle mie orecchie, concentrate sui loro discorsi, fino a quel momento solo allo scopo di capire quando se ne sarebbero andate, ma ora ancora più attente.
"Non ancora, ma Emma sì, vero?" risponde un'altra voce un po' più acuta della precedente.
"Sì, e il cantante è un figo pazzesco" la terza voce ha un accento vagamente bostoniano, non riesco a capire se è un accento vero che la ragazza cerca di camuffare o se è una parlata che non le appartiene ma che calca apposta, non saprei per quale motivo. Ed è l'accento ad attirare per primo la mia attenzione, più che quello che dice.
"Va beh, per quello non serve sentirlo cantare, basta avere gli occhi per guardare" ribatte la prima voce sghignazzando.
"Sì, visto così è carino, ma sul palco è ancora più sexy. Vedrete che mi darete ragione"
"Non è male, ma io sono più orientata sul bassista" interviene di nuovo la voce numero due, che viene subito coperta da quella delle sue amiche.
"Lo sappiamo, lo sappiamo!"
"E' dai Green River che sei orientata su di lui, magari dovresti cambiare orientamento, visto che non c'è storia, che dici?"
"Tornerà single prima o poi, no? Mica se la sposerà Miss Perfezione" l'innocuo, e tutto sommato lusinghiero, soprannome dato da queste tipe alla mia amica mi dà un po' fastidio, diversamente dagli apprezzamenti su Eddie, che mi fanno quasi... piacere? Sì, piacere. Sono normale o cosa?
"Punta sui single della band, fidati" Emma-forse-Boston cerca di dissuadere l'amica dalla sua cotta per Jeff.
"Che poi sarebbe solo il chitarrista"
"Ma chi? Stone? Non si è ancora ripreso dalla storia disagiata con Valerie? O intendi l'altro?"
"L'altro. Stone ha la ragazza, avrà ritrovato la fiducia nel genere femminile"
"Oppure questa tipa la tiene a distanza di sicurezza dalle sue chitarre eheheh"
Ma chi è Valerie? Devo ricordarmi di chiederlo a Meg.
"Quindi restano la chitarra solista e il cantante. Tu ti prendi il chitarrista"
"Il cantante non è single"
"No?" chiedono le altre due in coro.
"No, ha la ragazza a casa che lo aspetta, o che sta per raggiungerlo, dipende da come va con la band"
"Ma di dov'è?"
"California, non so bene dove"
"Los Angeles"
"Secondo te uno che vuol fare musica parte da Los Angeles, che è il centro di tutto, e viene a infognarsi a Seattle? Ho sentito che è di San Francisco"
"NO, SAN DIEGO "sul momento quasi non capisco di chi sia la quarta voce, poi realizzo: sono io stessa, uscita dal bagno praticamente urlando.
"E tu... che ne sai? Chi sei?" ora che vedo il terzetto mi rendo conto che non è per niente come lo avevo immaginato. Voce numero 1, che nella mia testa è una sorta di capo del gruppetto, è alta quanto me, magrissima, e tutta occhi, occhi grandi e verdi, bellissimi, i capelli scuri raccolti in una coda alta tiratissima, orecchini a cerchio giganti. La ragazza di Boston sembra uscita da un episodio di Baywatch, bionda, occhi azzurri e fisico da urlo strizzato in un mini-abito nero, mentre la fan di Jeff con la voce acuta è la più alta di tutte, con spalle da nuotatrice evidenziate da un top a fascia, occhi neri e naso leggermente aquilino che le dà un'aria esotica e affascinante.
"Lo so perché lo conosco" faccio spallucce mentre mi butto sul lavandino a lavarmi le mani, focalizzando tutta la mia attenzione sul rosa dei miei cazzo di colpi di sole nello specchio.
"Sì, aspetta...ti ho vista con l'amica di Stone e Jeff, la bionda che lavora da Roxy... come si chiama?"
"Meg, è la mia coinquilina" rispondo al capo guardandola attraverso lo specchio.
"Conosci Jeff? E' ancora fidanzato?"
"Eheh sì, mi spiace"
"Visto, te l'avevo detto?"
"Allora ripiego sul cantante, tanto se la tipa è a San Diego che ne sa? Occhio non vede, cuore non duole"
"Non sta più con quella ragazza, si sono lasciati quando si è trasferito qui" mi fermo prima di aggiungere altri particolari intimi e non richiesti, anche se ho un insensato e improvviso desiderio di riverarli tutti, fino all'ultimo.
"VISTO? ALLORA E' SINGLE!"
"Lo dicevo io"
"In realt��... sta uscendo con un'altra ragazza, una che sta qui a Seattle" e che poi sarei io, ho una voglia matta di dirlo, ma perché? Che mi sta succedendo? Non starò mica diventando gelosa? Ho detto a Eddie che la sua gelosia nei confronti di Jerry non aveva alcun senso, ma almeno quella aveva delle basi. Dopotutto Jerry è il mio ex, è venuto a cercarmi e abbiamo passato del tempo in uno spazio ristretto da soli. Queste invece sono delle ragazze random che hanno solo detto che Eddie è carino. E grazie al cazzo. E' normale che lo pensino .Allora, perché parlo?
"E chi è?"
"Va beh, uscire non significa avere una fede al dito o chissà cosa"
"Ma come si chiama lui?"
"Già, è vero, come cazzo si chiama?"
"Eddie"
"E com'è Eddie? Come tipo, intendo"
"E'..." è dolce, sexy, divertente, timido, fuori di testa, romantico, buffo, protettivo, silenzioso, sgraziato, intelligente, appassionato, concreto, fedele, sincero, affidabile e altri ottocento aggettivi che mi vengono in mente, ma che tengo per me "... è ok, non parla molto, ma è simpatico"
"Un figo che parla poco: l'uomo perfetto" sentenzia la bionda, scatenando le risate di tutte e tre.
Io intanto continuo a sciacquarmi le mani e se insisto ancora un po' mi verranno le dita palmate. Chiudo il rubinetto e scrollo le mani nel lavandino, prima di indirizzarmi verso il ventilatore asciugamani con tre paia di occhi addosso.
"Allora ce lo presenti?" mi chiede la pertica quando ho già una mano sulla maniglia della porta e sto per uscire.
"Sì, certo!" sto ancora cercando di interpretare il mio comportamento quando esco dal bagno, seguita a ruota dal gruppetto, e chi ti trovo proprio lì, di fronte, con una mano in tasca e l'altra impegnata a reggere un bicchiere?
"Ehi, finalmente! Mi stavo preoccupando, c'era coda?" mi chiede notando che non sono l'unica a uscire dal bagno. Io gli vado incontro strofinando le mani ancora un po' umide sui miei jeans e, ben conscia di avere gli occhi del trio puntati su di me, faccio una cosa onestamente incomprensibile: allaccio le braccia al collo di Eddie e lo bacio come se lo avessi baciato per l'ultima volta un mese prima e non venti minuti fa, nel backstage, cercando di suscitare una qualche reazione in Stone e Dave, che però proprio in quel momento non stavano guardando dalla nostra parte. Cos'è? Improvvisamente sono diventata un'esibizionista?
"Stavo parlando con le ragazze" mi stacco dalle sue labbra, gli rubo la birra dalle mani e ne bevo un sorso, dopodiché mi giro verso il terzetto di mandibole cadute a terra alle mie spalle.
"Parla poco, ma si fa capire" il capo è la prima a rompere il ghiaccio, facendo ridere le altre due, e anche me, sotto i baffi.
"Si fa capire molto bene, direi" aggiunge la stangona.
"Ahah dai andiamo, ciao Eddie, buon concerto!" la Boston vamp prende le altre due per mano e le invita ad allontanarsi con lei.
"Ciao Eddie!"
"Dio che figura di merda"
"Ma va, che abbiamo detto in fondo?"
"Beh, insomma..."
Seguo finché posso la conversazione a tre, poi, quando le ragazze scompaiono dal mio radar, mi volto di nuovo e trovo l'espressione perplessa di Eddie.
"Le conosci?"
"Più o meno. Dai, andiamo che fra poco tocca a voi"
Io e Eddie ci salutiamo sotto il palco con un bacio, poco dopo aver intravisto Meg venire dalla nostra parte, ma quando ci separiamo notiamo che la mia coinquilina è più impegnata a imprecare contro un tizio, reo di averla urtata e aver quasi rovesciato il suo cocktail sulla maglietta nuova di lei, piuttosto che a guardare noi e le nostre effusioni. Eddie alza le spalle, fa un cenno di saluto a Meg e se ne va nel backstage a prepararsi.
"Non devi più far finta di non sapere niente di Eddie e me"
"Ah no? Ok, comunque quello stronzo davvero non guardava dove andava!" ribadisce voltandosi verso l'anonimo malcapitato, ormai già sparito fra la gente.
"No, abbiamo deciso di dirlo. Cioè, di farlo sapere, più che altro. Non nasconderci, ecco"
"Ah! Allora è per questo che state limonando a caso per tutto il locale?"
"Esagerata"
"No, hai ragione, forse sotto al mixer non l'hai ancora slinguazzato. E nemmeno davanti ai cessi"
"Ahahah piantala! E comunque, ehm, davanti ai cessi sì, anche"
"HA!"
"A tal proposito, ho bisogno di una consulenza. Della dottoressa Meg"
"Uhm"
"Sai che non mi piace approfittare dei tuoi studi in psicologia"
"Studi alquanto miseri"
"E della tua grande passione non solo accademica per la materia, ma... sono strana e ho bisogno che mi dici perché sono strana"
"Allora, prima di tutto ti ringrazio per la fiducia che hai in me, probabilmente malriposta, perché deve essere enorme se pensi che basti così poco per risolvere l'enigma Angelina Pacifico"
"Sto parlando seriamente"
"E poi sono lusingata, perché in genere sono io a impicciarmi dei cazzi tuoi cercando di psicanalizzarti e farti ragionare, mentre stavolta sei tu a chiedermelo spontaneamente. Sento che c'è una lacrima di commozione pronta a uscire"
"Ho fatto una cosa strana prima e non me la spiego"
"Ok, spara"
Ignoro il suo sarcasmo, pur apprezzandolo, e le racconto tutto quello che è successo con le tre sconosciute in bagno, mentre lei mi ascolta in un silenzio innaturale. Innaturale sia per lei, perché onestamente non penso di averla mai sentita tacere così a lungo, sia per il luogo, un locale affollato di persone, voci e rumori, anzi, casino puro.
"Quindi? Che mi sta succedendo? Sono diventata gelosa come Eddie? La gelosia è contagiosa? Oppure sono diventata stronza e basta?"
"Eddie è geloso?"
"Sì. Beh, un pochino" questo capitolo meglio affrontarlo un'altra volta.
"Il giusto, insomma"
"Oddio, giusto... cos'è giusto? La gelosia non è giusta, è stupida. E sto diventando stupida anch'io a quanto pare"
"Non sono del tutto d'accordo con la tua affermazione, comunque la gelosia non c'entra un cazzo col tuo exploit di prima"
"No?"
"No bella, non è gelosia, te lo dico io cos'è. Sono tre cose"
"Tre? Addirittura?"
"Numero uno: sei pedante"
"Vuoi dire pesante?"
"No, proprio pedante, è più forte di te. Se uno dice una cosa sbagliata lo devi correggere, nulla ti può trattenere, neanche la tua timidezza patologica. Se fosse stata una questione di gelosia saresti saltata fuori subito dal gabinetto, insultandole e dicendo loro di tenere giù le mani dal tuo uomo, invece te ne sei rimasta lì, buona buona, chiusa in quella toilette puzzolente a sentire le tipe sbavare per il tuo ragazzo finché non hanno cominciato a snocciolare informazioni sbagliate. A quel punto non ce l'hai fatta, dovevi dire la tua e illuminarle"
"Quindi mi sarei messa al centro dell'attenzione solo per fare la maestrina?"
"Non solo, ma anche. In questo, lasciatelo dire, tu e Stone siete uguali. Spaventosamente uguali"
"Smettila, mi dai i brividi"
"Numero due: cerchi approvazione"
"Approvazione?"
"Tutti vogliono piacere agli altri, per qualcuno è un po' più importante, soprattutto se ha un'autostima che traballa"
"Cos'è un'autostima?"
"Se fossi stata gelosa mi avresti descritto quelle tre come delle stronze o delle racchie o entrambe le cose, invece sembra quasi ti stessero simpatiche"
"Infatti, è così"
"Appunto. Tre ragazze simpatiche e carine che avevano un interesse comune con te, senza saperlo. Gli hai detto che conosci Eddie perché, inconsciamente, volevi ti accettassero"
"Oh"
"Numero tre... beh, il numero tre è il mio preferito"
"Ah sì?"
"Sì. Perché, cara Angie, sono lieta di comunicarti che alla veneranda età di diciotto anni"
"E mezzo"
"Diciotto anni e mezzo..." si corregge alzando gli occhi al cielo "... dopo tutto questo tempo, hai finalmente appreso uno dei concetti fondamentali della vita, nonché una delle sensazioni più gradevoli"
"Ovvero?"
"Ahahahah tirarsela, è ovvio"
"Tirarsela? Io non me la sono mai tirata nella mia vita!" forse giusto due secondi, quella famosa sera sfigata, con la cameriera del Canlis, aspettando Jerry. Si è visto poi com'è andata a finire.
"Appunto, ti ho detto che ci hai messo qualche annetto..."
"Ma poi tirarmela per cosa?"
"Perché Eddie è il tuo ragazzo, no?"
"E che c'entro io? Mica è un merito di cui vantarsi!"
"Questo lo dici tu, ma il tuo subconscio la pensa diversamente. Rifletti, hai trovato l'approvazione delle tue nuove amichette e quando hai visto Eddie potevi limitarti a presentargliele di sfuggita e andartene con lui, invece hai puntato dritto su Vedder e lo hai baciato lì davanti a loro, sapendo bene che le avresti lasciate di sasso. E non provarci neanche a dirmi che ti è venuto spontaneo e non hai pensato nemmeno per un secondo alla loro reazione, perché non ci credo per un cazzo"
"Beh, in effetti, ok, sì, ci ho pensato, un po'..."
"Stai col tipo che piaceva a tutte loro, quella è l'approvazione definitiva, quasi una consacrazione"
"Me la tiro senza un motivo valido, cosa sono diventata?"
"Pfff adesso non esagerare, dai!"
"Sono una persona orribile!"
"Ecco che parte l'Angie-dramma in 3, 2, 1" Meg fa il conto alla rovescia con le dita a un centimetro dal mio naso.
"Non capisci? Vuol dire che ho trattato Eddie come un oggetto, una merce di scambio!"
"Stai con un ragazzo carino e te la sei tirata un attimo, capirai!"
"Un trofeo per alimentare la mia autostima"
"La stai facendo più grave di quanto non sia, davvero. Cioè come tuo solito"
"Un ragazzo decente mi caga e mi monto la testa?"
"Un ragazzo decente ti caga, state insieme e non vi dovete nascondere per un motivo o per l'altro. Da quant'è che non ti capita?"
"Ehm... un sacco di tempo?" una relazione normale? Sono anni, direi. Ma poi, ce l'ho mai avuta una relazione normale?
"Stai col cantante di una band coi contro-cazzi di cui parlano tutti in città, io lo urlerei a tutti quelli che incontro, figurati. Vedila così: non sei orgogliosa di Eddie e di cosa sta facendo nella band?"
"Beh sì"
"E allora, sei orgogliosa e lo comunichi in giro, come lo hai comunicato a quelle tre"
"Infilandogli la lingua in gola davanti a loro?"
"Esatto. Ad ogni modo, considerando che lo stai facendo in ogni angolo di questo locale, ti avrebbero vista comunque a un certo punto"
"Non è detto, soprattutto se sono attente come i nostri amici, che non si sono ancora accorti di niente"
"O magari se ne sono accorti, ma vogliono essere discreti"
"Discrezione? Stone?"
"Beh, in effetti..."
"A proposito di Stone: chi è Valerie"
"ODDIO, VALERIE??? DOV'E'?!"
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"Mi sembra assurdo che tutti odino il Kingdome. Voglio dire, è il vostro stadio!" da quando sono qui a Seattle non ho trovato un tifoso che sia uno che non si sia lamentato dello stadio o che non l'abbia liquidato con sufficienza come una semplice location mai troppo amata dai cittadini. Jerry non è da meno, mentre discutiamo al bancone del bar in attesa dei nostri drink.
"Non è che lo odiamo, è che c'è di meglio. Sicuramente per il football non fa così schifo come per il baseball. O forse è solo questione di punti di vista: se i Mariners non giocassero così di merda, sarebbe lo stadio del cuore, come Wrigley Field per Chicago eheh"
"Non bestemmiamo, per cortesia! Non ci sono ancora stato comunque, devo andare a vedere coi miei occhi" lo spintono per gioco, afferro il bicchiere che il barista mi ha appena allungato e Cantrell fa lo stesso, facendomi un cenno di ringraziamento perché ho offerto io e continuando a parlare.
"Io ci ho camminato, anzi, ci ho corso! Sei anni fa, no, sette, quando i Seahawks hanno battuto i Raiders 13 a 7 al Wild Card Game e c'è stata una mega-invasione di campo dei tifosi. Ovviamente poi è andato a finire tutto in merda e la settimana dopo le abbiamo prese da Miami, ma in quel momento ci credevamo! Comunque il Kingdome lo fa la gente"
"Il dodicesimo uomo, no?" annuisco e, mentre faccio scorrere lo sguardo in giro per il locale, lo incrocio per caso con quello di Angie, poco lontana.
"Già, tolto quello e l'adrenalina, il campo di per sé fa cagare, sembrava di camminare su del cemento ricoperto di moquette verde"
"Io invece ci dormirei sull'erba di Wrigley..." guardo di nuovo nella stessa direzione di prima, ma non vedo più la mia ragazza "Ma anche sulle gradinate"
"Anche al Kingdome si può dormire bene, quando piove c'è la copertura che ti ripara. Al massimo te ne può cadere qualche pezzo in testa, ma che vuoi che sia" Jerry ridacchia sorseggiando il suo whisky, ma quasi si strozza, e io pure, quando una persona a caso compare dal nulla, praticamente urlando nelle nostre orecchie.
"CIAO RAGAZZI! VI STATE DIVERTENDO??"
"Oddio! Ciao Angie, uhm sì, direi di sì" Jerry la guarda perplesso mentre io istintivamente le circondo le spalle con un braccio.
"PERCHE'?"
"Come perché?"
"Cioè, ehm, voglio dire, come mai? Di che parlate?"
"Baseball" rispondo, probabilmente con gli occhi a forma di stella, come ogni volta che penso al mio sport preferito.
"E football" aggiunge Cantrell per poi finire in un sorso il suo drink.
"Sport eh? Una normale conversazione tra maschi, insomma..."
"Non necessariamente tra-" sto per obiettare sull'interesse prettamente maschile per lo sport quando il mio interlocutore mi interrompe.
"Vado a cercare Sean. Ho visto Layne con Demri quindi mi sa che hanno rifatto pace e mi tocca andare a casa col mio batterista. Ci vediamo!"
"Ci si vede!" lo saluto mentre si allontana con le mani in tasca e Angie fa lo stesso, ma a voce più alta.
"CIAO! Ok, che succede?" mi chiede rivolgendosi subito dopo a me con un'espressione serissima sul volto.
"Che succede? Niente, che deve succedere?"
"Di che stavate parlando davvero?"
"Che vuoi dire? Di sport, te l'ho già detto"
"Sì e io sono Doris Sams" ribatte incrociando le braccia e guardandomi male.
"Non è che sai giocare anche a baseball per caso?" la lascio andare a incrocio le braccia anch'io guardandola con sospetto per prenderla in giro.
"No"
"Non ci posso credere! Dobbiamo fare due lanci qualche volta"
"Non so giocare! Ma so come si gioca e so quattro cose di storia, ti ricordo che mio padre è un tifoso praticamente di tutti gli sport"
"Non lo so... sei molto brava a fingere di non saper fare le cose, non è vero?"
"E tu e il tuo amico siete molto bravi a fare finta di niente e cambiare argomento al momento giusto, non è vero?"
"Il mio amico?"
"Jerry... sì beh, amico per modo di dire"
"Guarda che stavamo parlando davvero del Kingdome"
"Sì, certo. E il dibattito era così animato che l'hai pure strattonato. Ovvio"
"Ahah gli ho dato una spintarella, per scherzo!"
"Oh sì, per scherzo"
"Angie, non so che cosa ti frulla per la testa e non so cos'hai visto, ma davvero, stavamo chiacchierando del più e del meno e stop"
"Stavate chiacchierando?"
"Sì"
"Tu e Jerry chiacchierate?"
"Sì. Come ben sai gli esseri umani sono animali sociali, interagiscono tra di loro e-"
"Piantala! Sai cosa voglio dire..."
"Non è che siamo migliori amici o cosa, ma ci conosciamo, perciò capita di fare quattro chiacchiere ogni tanto" alzo le spalle e da un lato mi viene da ridere al pensiero di Angie che accorre temendo un imminente duello tra me e il suo ex, dall'altro penso che tutto sommato un paio di pugni se li meriterebbe anche.
"E non avete parlato di nient'altro?"
"No, di che dovevamo parlare?"
"Non so, magari gli hai detto qualcosa per l'altra sera..."
"Perché avrei dovuto?" pensavo che Angie mi mandasse a fare in culo dopo quella prima scenata del cazzo, invece abbiamo fatto pace, la cosa è risolta. Perché dovrei andare a smuovere le acque?
"Boh, non lo so, forse perché a me hai fatto una testa così!" ribatte lei e d'un tratto mi sembra quasi esserci rimasta male.
"Che c'entra, io sto con te, mica con lui..."
"Ok, ma mi hai quasi mangiata viva al telefono. Invece lui niente? Se la cava così? Quattro chiacchiere al bar tra amiconi?"
"Angie, non ho capito, un secondo fa eri tutta allarmata perché pensavi gli avessi detto qualcosa e ora invece sei offesa perché non l'ho fatto. Sono io che non ci arrivo o non ha un cazzo di senso?"
Apre la bocca come per rispondere, poi la richiude e si guarda attorno come se fosse in cerca delle parole giuste fra la folla del locale, prima di ammettere, quasi mortificata: "Non ha un cazzo di senso, non lo so nemmeno io onestamente"
"Ehi, guarda che è tutto a posto, ok? Io e Jerry abbiamo un rapporto civile tra colleghi. E poi chi cazzo se ne frega di Jerry" le prendo il viso tra le mani e la costringo a guardarmi mentre la accarezzo e le sorrido per tranquillizzarla e farle capire che si sta agitando per niente.
"Ok. Ma come fate? Cioè, quando si parla di me, intendo"
"Semplice: noi non parliamo di te. Vuoi qualcosa?" rispondo secco, voltandomi verso il bancone e richiamando l'attenzione del barista per ordinare un altro giro per me, visto che Angie fa di no con la testa.
"Sì, va beh, ma se capita?"
"Non capita. Neanche una coca? O un succo?"
"No, grazie. Ma come fai a esserne sicuro? Se salto fuori come argomento in una discussione come vi comportate?"
"Non ci comportiamo in nessuna maniera perché non può succedere, Angie... Windbreaker?"
"Sbagliato. Comunque il fatto che non sia mai successo finora non esclude possa capitare in futuro" Angie sorride al mio tentativo buttato lì indovinare il suo secondo nome, ma non demorde sul tema.
"Lo escludo io, al 100%. Io e Jerry non parliamo di te e basta"
"Mai?"
"Mai, anche perché abbiamo fatto un patto" mi lascio sfuggire l'ultimo dettaglio e me ne pento un secondo dopo, non appena vedo l'espressione di Angie che registra questa informazione.
"Voi avete fatto... COSA??"
"Abbiamo stretto un accordo di non belligeranza che soddisfa entrambe le parti" ok, io non sono soddisfatto al 100%, e sicuramente nemmeno lui, ma almeno per ora sta funzionando.
"Hai fatto un patto con Cantrell? Su di me? E quando?" dopo ogni domanda lascia un paio di secondi di pausa, in cui io faccio sì con la testa. Ma la terza richiede una risposta più articolata.
"A San Diego" articolata per modo di dire.
"A SAN DIEGO? Hai detto a Jerry di noi quando me ne sono andata?"
"In realtà, prima..."
"COME PRIMA??"
"E comunque non gliel'ho detto io, è stato lui" Angie non mi sembra convinta o forse è solo che non ci sta capendo molto. Allora le racconto del nostro mini-battibecco allo Yates Club, di come Jerry aveva capito tutto e si era incazzato perché non gliel'avevo detto prima.
"Cioè, fammi capire: lui ha fatto quel cazzo che voleva con me e ha avuto il coraggio di prendersela con te perché non gli hai fatto sapere prima di essere interessato alla sua ex ragazza, che lui ha trattato come una pezza da piedi? Perché avresti dovuto riservargli questa cortesia? E poi, da cosa l'avrebbe capito che ci piacevamo, scusa?"
"Si vede che è un buon osservatore." o che io faccio schifo a nascondere cosa provo, ma evito di dirlo perché lei fa altrettanto schifo a capire i sentimenti degli altri e non voglio ferirla "Comunque un po' aveva ragione perché eravamo in tour assieme e ogni tanto lui mi chiedeva di te e si confidava con me e io avrei potuto confessare i miei sentimenti o almeno cambiare argomento e invece stavo lì a sentirlo. Quindi un po' merda lo sono stato"
"Si confidava con te?"
"Già"
"E che ti diceva di me?"
"Perché ti interessa? E' importante? E poi, non lo immagini?" se mi sono ingelosito così tanto l'altra sera è anche perché so che lui le sbava ancora dietro, mica per niente.
"No, ma sarei curiosa di sapere: 1) come fa ad essere ancora vivo e 2) come hai fatto a trattenerti durante tutto il tour"
"Non so, sarà che forse avevo fatto una certa promessa a una certa persona speciale di non spaccare la faccia a un certo ex e di mantenere un certo segreto e non combinare casini in generale"
"Caspita, sei proprio un tipo di parola, allora"
"Sono uno di cui ci si può fidare"
"Allora lo fai un patto anche con me?"
"Certo, tutto quello che vuoi"
"Il patto è... che non parliamo di Jerry"
"Ah"
"Tipo mai, ok?"
"Beh ecco..."
"Io non lo nomino a te e tu non lo nomini a me. Non è che lo possiamo cancellare dalle nostre vite, semplicemente non avremo mai più attivamente una conversazione su di lui, va bene?
"Non è così semplice..."
"Beh, se puoi fare un patto con lui non vedo perché non puoi fare lo stesso patto con me, che per giunta sono la tua ragazza" incrocia di nuovo le braccia e da come mi guarda so che non uscirò vivo da questa situazione se non accettando questo cazzo di accordo. L'unica cosa che posso fare è cercare di trarne il maggior vantaggio possibile.
"Infatti, posso farlo. Ci sto..." le tendo la mano e lei me la stringe "A una condizione"
"Quale sarebbe?" molla la mia mano sospettosa e secondo me davvero non sa dove sto per andare a parare.
"Che mi riveli finalmente il tuo secondo nome" alza gli occhi al cielo e nasconde a malapena un sorrisetto, forse si aspettava qualcosa di peggio.
"Ok, ci sto" mi stringe di nuovo la mano e io sono tutt'orecchi.
"Quindi?"
"Lo sai che ti sto offrendo un'arma potentissima, vero? Mi prenderai per il culo a vita per questa cosa"
"Scommetto che è un nome stupendo"
"Più che stupendo, stupefacente, come le sostanze che si facevano i miei quando hanno deciso di chiamarmi così"
"Così come?"
"Angelina...Qualcosa Wind Pacifico"
"Ma se è W puntato non può essere-"
"Anche l'altro pezzo inizia per W"
"Whirlwind!"mi viene di getto e per una spontanea associazione di idee nella mente mi scorre il testo di Like a hurricane di Neil Young e già me la vedo perfetta protagonista di quel capolavoro.
"No, è tutto insieme ma in teoria sarebbe una parola separata"
"Oh" sicura sicura? Perché quella ci stava davvero bene.
"E' un aggettivo" precisa mentre nel mio film mentale esco definitivamente dal bar fumoso di Neil e mi chiudo la porta alle spalle.
"Windy Wind?"
"Ahahah vaffanculo, Eddie!"
"Ok, serio. Warm Wind?" penso al calore dei suoi abbracci e della sua sola presenza in generale, ma lei fa no con la testa.
"Mia madre era...è una fan di Nina Simone. Quindi?"
"Uhm..."
"Forse se ti dico Station to station di David Bowie ti aiuto di più"
Scorro mentalmente la tracklist del disco finché non arrivo a forse una delle migliori performance vocali di Bowie di sempre, proprio alla fine.
Wild is the wind.
"Angelina Wildwind Pacifico"
"Colpita e affondata"
"Ma è fighissimo!"
"Ok ma... Vento folle? Io? mi ci vedi?" arrossisce e scuote la testa e si nasconde il viso con le mani.
"A dire il vero, ti si addice perfettamente"
"Come no? Si addice perfettamente alla persona più noiosa e banale del mondo"
"No, alla persona più forte e imprevedibile e bella da mozzare il fiato del mondo. Almeno, della parte di mondo che conosco io, che è poi l'unica che mi interessa perché ci sei tu" Angie si leva le mani dalla faccia e mi guarda seria seria senza aprire bocca e per un attimo mi illudo davvero di averla lasciata senza parole o per lo meno nella condizione di essere costretta a riconoscere e accettare un cazzo di complimento una volta tanto.
"Ahahah bel mondodi merda!" scoppia a ridere di botto e mi abbraccia, stretto.
"Quanto cazzo sei scema da uno a dieci?" io stringo di più.
"Non lo so, ma direi che a questo punto abbiamo un patto, giusto?" alza la testa per guardarmi e libera la sua manina destra dalla mia presa per siglare il nostro accordo definitivamente.
"Giusto. Affare fatto" la sciolgo dall'abbraccio e le stringo la mano, per poi tirarla di nuovo verso di me e sigillare il patto nella maniera che preferisco.
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Time to take a ride, time to take it in a midnight eye
And if you want to go, get on below
"Va beh, dove cavolo sono finiti quei due? Io e Dave dobbiamo aprire i regali!" siamo riusciti a raggrupparci più o meno tutti attorno a un paio di tavoli dell'Ok Hotel, do una pacca sulla spalla di Krusen che si risveglia di botto. Stava in fissa da quando è iniziato il pezzo dei Sonic Youth. O forse da quando è iniziata la serata.
"Prima li ho intravisti al bar" il batterista azzarda un'ipotesi e considerando che al bar ci ha trascorso tutto il tempo prima e dopo il concerto, Angie e Eddie potrebbe averli visti chissà quando. Potrebbero essere benissimo in Messico a quest'ora.
"Non ci sono più al bar, veniamo giusto da lì" McCready e Staley si uniscono a noi con due birre fresche fresche in mano, a proposito di gente che dovrebbe darsi una calmata.
"Ma sì, saranno in giro a limonare in qualche angolo del locale" è il commento di Stone, seduto di fronte a me, che tiene una mano sulla spalla di Grace, mentre agita l'altra nell'aria come per scacciare via un pensiero di poco conto.
"Ma chi? Eddie e Puffetta?" Gazzettino Cornell dall'altro capo del tavolo non poteva lasciarsi sfuggire il gossip dell'ultim'ora e sia Stone che Grace annuiscono.
"E' tutta la sera che non fanno altro, siamo al limite degli atti osceni in luogo pubblico" Mike condisce ulteriormente il pettegolezzo, seguito da Ben e Kim, che iniziano un vero e proprio siparietto, serissimo, che ci fa piegare tutti in due dalle risate.
"Io non ho mai visto una cosa del genere"
"A un certo punto li abbiamo cronometrati"
"Ci annoiavamo"
"Dodici minuti e mezzo di lingua"
"Ma lingua ininterrotta eh? Cioè, senza pause"
"Sembravano due cazzo di quattordicenni"
"Beh, Angie non è che sia tanto più grande, ci può stare"
"Ok, ma Eddie? Ma poi anche a livello pratico, cioè, io non ho capito come cazzo facevano a respirare"
"Avranno le branchie, cazzo ne so"
"Ahahahah ma che stronzi che siete!" la mia ragazza ci rimprovera tutti, ma prende a sberle sul coppino solo me.
"Si vede che stanno recuperando il tempo perso e voi siete solo invidiosi" Meg si unisce nel difendere i due piccioncini.
"Ho capito, ma DODICI MINUTI E TRENTA SECONDI" Kim ribadisce il concetto scandendo bene la tempistica da record.
"Invidiosi e guardoni!" ci si mette pure Grace.
"Erano in cima alle scale, era impossibile non vederli" il chitarrista fa spallucce e il suo bassista annuisce.
"Da qualsiasi punto e angolazione"
"Dodici minuti e mezzo sulle scale?" mi diverto a gettare benzina sul fuoco, i due musicisti mi guardano e allargano le braccia per ribadire la loro incredulità.
"Sì!"
"Allora il record è che Angie non sia caduta di sotto su qualcuno, visti i precedenti" commenta Cornell ridendo sotto i baffi.
"Dio, quanto ti piace quella storia!" Layne quasi si strozza con la sua birra e poi ride in faccia a Chris.
"Va beh, comunque siete delle merde, tutto questo casino per qualche effusione. Solo perché si sono lasciati un po' andare non significa che stiano sempre lì a sbaciucchiarsi ventiquattr'ore su ventiqu- Oh, aspè, sì, eccoli lì, si stanno baciando vicino alla porta" Meg interrompe bruscamente la sua arringa di difesa e il momento è comico perché tutti ci giriamo all'unisono e fra quelli che stanno dietro c'è chi si alza, chi si avvicina e chi allunga il collo per vedere meglio la nuova coppia non tanto nuova accanto all'ingresso del locale. Anche gli sconosciuti che ci passano davanti si girano dalla stessa parte per capire che cazzo stiamo fissando.
Non sappiamo se siano passati più di dodici minuti e mezzo dall'inizio di quest'ultima sessione, ma quei due si staccano e Eddie butta l'occhio proprio verso di noi, che come dei cazzoni ci giriamo e torniamo a parlare tra di noi, o meglio, a fare finta di chiacchierare del più e del meno, come se niente fosse, come se non ci avesse sgamati in pieno. Con la coda dell'occhio li vedo avvicinarsi e alzo la voce a caso.
"Va beh, anch'io adoro Goo, è un disco della madonna, non c'è neanche bisogno di dirlo. Dicevo solo che metterlo su per intero in un locale, lasciandolo andare, mi sa tanto di... sciatteria? Si dice così? Cioè, non dico tenere un dj o uno stronzo qualsiasi solo a mettere i dischi e fare una selezione, ma almeno prendersi il tempo in settimana di fare una cazzo di compilation e suonare quella, anche in repeat, non mi sembra uno sforzo così immane. Oh, ciao ragazzi, dov'eravate?" mi rivolgo prima a Stone e Dave, che mi guardano stralunati, poi a Angie e Eddie che arrivano al tavolo.
"In giro. Hai già aperto i regali? Manca il mio!" Angie alza le spalle e ravana nella sua borsa in cerca di qualcosa, per poi estrarre un pacchetto non troppo piccolo, anzi.
"Che figo, un set di pennelli nuovi, grazie!" esulto scartandolo.
"Me l'ha detto un uccellino che ti servivano..." Angie guarda per aria facendo la gnorri, esattamente come quell'uccellino che conosco bene e che le sta accanto. Questi due pirla stanno proprio bene assieme.
"Oh e questo è il mio" l'uccellino infila le mani nella borsa della sua bella e ne tira fuori un altro pacchetto tutt'altro che piccolo, che si rivela essere Subway art, un libro fotografico sulla graffiti art che volevo prendermi da una vita.
Posso dire di concludere questo compleanno in attivo, tra corde, cavi, kit di attrezzi, set di acrilici, un paio di buoni dell'Easy Street Records, ambìti e apprezzati tanto quanto il buono spesa del supermercato che mi ha preso Meg, e altri regali apparentemente più inutili, ma graditissimi, come l'appendichiavi da muro a forma di testata di Marshall con quattro portachiavi a jack: grazie Alice!
In tutto questo scambio di doni e auguri, Eddie e Angie sono seduti in un angolo e praticamente osservati speciali da parte di tutto il tavolo, che li guarda come si guarda un documentario sugli animali nella stagione degli amori. I due partecipano alle conversazioni e fanno finta di niente, anche se di tanto in tanto parlano zitti zitti tra di loro.
"Angie deve dirvi una cosa comunque" Eddie se ne viene fuori con questa cosa così dal nulla, in un momento in cui siamo tutti in silenzio a riprendere fiato dopo una battuta letteralmente del cazzo di Stone, che ha suggerito come titolo del brano di punta della nostra band fittizia nel film di Cameron Crowe Touch me I'm Dick, tanto per prendere un po' per il culo Mark Arm e soci. A proposito, chissà se Chris ha già buttato giù i brani del demo di Cliff? Devo ricordarmi di chiederglielo.
"Che cosa?" chiede Meg per prima, visto che nessuno parla, nemmeno Angie, che ha prima squadrato malissimo Eddie e poi ha iniziato a guardarci uno per uno e a sbiancare.
"C'entra il film?" chiede Layne.
"No, non c'entra il film"
"Molli l'università?" prova Dave.
"No! Perché dovrei?" nega quasi schifata Angie.
"E' una cosa personale?" se non lo conoscessi direi che Stone sta cercando di mettere Angie a suo agio aiutandola a sputare il rospo, ma visto che lo conosco posso dire senz'ombra di dubbio che si sta solo divertendo alle spalle della poveretta.
"Beh, sì, ma... mmm... non riguarda solo me, ecco"
"E chi?" la incalzo io.
"Eddie" "Io" rispondono i due piccioncini in coro.
"Oh cazzo, sei incinta?" McCready si distingue come sempre per il tatto e la delicatezza.
"ODDIO NO! Ma che cazzo dici?" Angie si alza in piedi allibita, mentre Eddie ride e basta.
"E allora? Qual è questa notizia?" Cornell è tutto orecchi e in questo momento me lo immagino armato di penna e blocchetto come un cronista di altri tempi.
"Quello che Angie sta cercando di dire è che-" Eddie si asciuga gli occhi con la manica della camicia e prova a rispondere, ma la ragazza lo interrompe.
"Stiamo insieme"
"..."
"Io e Eddie. Stiamo assieme"
"..."
"Da un po'"
"Quasi un mese" le suggerisce lui sottovoce.
"Quasi un mese" ripete lei e guarda le nostre facce in cerca di qualcosa che non riesce a trovare ed evidentemente ha deciso che la cosa migliore da fare è continuare ad aggiungere particolari o a ripetere lo stesso concetto con parole diverse finché non l'avrà trovato. O finché qualcuno di noi non aprirà la bocca.
"..."
"Tre settimane e qualcosa"
"..."
"Praticamente siamo una coppia"
"..."
"Cioè, lui è il mio ragazzo e io-"
"E lei è la mia ragazza"
"Wow, che coincidenza" Stone non si trattiene e io mi nascondo la faccia tra le mani per non far vedere che rido.
"In che senso?"
"Ok. State insieme e...?" Mike cerca di indagare ancora e se le chiede di nuovo se è incinta giuro che rotolo giù dalla sedia.
"E basta" Angie risponde e si risiede.
"E sarebbe questa la notizia?" Kim domanda mantenendo un'espressione serissima.
"Perché? Qual è il problema? E' perché pensate sia troppo piccola? Guardate che ne abbiamo parlato, lo so bene anch'io che-" Angie sta per lanciarsi in un discorso senza uscita, ma la sua coinquilina la blocca e fa scoppiare tutti a ridere.
"Angie-dramma del tutto immotivato in 3, 2, 1..."
Tutti tranne Angie, ovviamente.
"Perché ridete? C'è qualcosa che non so?"
"Quello che non sai è che tutti ora sanno che quello che tu sei convinta nessuno di noi sapesse, in realtà era ben noto a tutti quanti" Stone risponde alla sua maniera e la faccia di Mike mi lascia intendere che non ci ha capito molto.
"Eh?" il chitarrista conferma la mia ipotesi.
"Cioè ridiamo perché la notizia la sapevamo già" gli spiego riaccendendo la lampadina nel suo cervello.
"Ah!"
"Allora ci avete visti, insomma, stasera? No perché non dicevate niente..."
"Per chi ci hai presi? Noi siamo tipi discreti!" dichiara Cornell e sembra quasi crederci lui stesso.
"E comunque lo sapevamo già da prima di stasera" aggiunge Ben senza pensarci.
"Come lo sapevate già? MEG?? GLIEL'HAI DETTO, VERO??" Angie si rialza e ruggisce contro la sua amica.
"Come faceva a dirlo, scusa, se non lo sapeva?" Eddie domanda alla sua ragazza, ormai ufficiale, con perplessità.
"No! Infatti! Non lo sapeva! Ma... boh, magari lo aveva intuito. LO AVEVI INTUITO?"
"Lo avevo intuito" confessa Meg.
"ECCO!"
"Ma non ho detto un cazzo a nessuno, giuro" alza le mani come per difendersi, Angie decide di crederle e allora torna a squadrare noi uno per uno, prima di puntare dritto sul suo ragazzo.
"GLIEL'HAI DETTO TU!"
"No no, ti assicuro che io non ho aperto bocca, ho fatto come mi hai chiesto tu"
"E allora come facevate a saperlo?"
"A me l'ha detto Stone" dal nulla la voce dell'innocenza di McCready.
"Anche a me l'ha detto Stone, perché c'ero anch'io quella sera. E anche Dave" confesso e pure il batterista annuisce.
"Anche a noi l'ha detto Stone, ma un'altra sera, almeno credo" Chris guarda Kim e Ben che fanno sì con la testa.
"Per ovvi motivi, l'ha detto anche a me" Grace alza la mano e confessa timidamente.
"A me l'ha detto Jeff. Che gliel'ha detto Stone" anche Laura dice la sua.
"C'è qualcuno a cui Stone non l'ha detto, cazzo?" Angie sbotta incredula.
"Io! Io ho capito tutto da solo, sono un genio!" Layne alza la mano e la agita in aria tutto felice, come il vincitore di un gioco a premi in tv.
"E tu, invece? Tu come lo sapevi, genio?" Angie si rivolge a Gossard in cagnesco, ma Stone le risponde tranquillissimo.
"Io penso di averlo saputo ancora prima di te che sareste finiti insieme, Puffetta"
"Che vuoi dire?"
"Che fate entrambi schifo a fare gli innamorati inconsapevoli. Siete fatti l'uno per l'altra" traduco in Jeffese e tutti annuiscono, perfino Eddie.
"Eravamo così ovvi?"
"Noooooo"
"Non così tanto"
"Ma vaaaaa"
"E' che Stone è un acutissimo osservatore"
"E' che Stone non si fa i cazzi suoi, punto"
Sono solo alcune delle nostre risposte date in ordine sparso per non far sentire troppo una merda la piccola Angie.
"Dai, si è capito subito che avevano una certa intesa. Dalla prima sera che si sono incontrati, l'ho capito a mie spese visto che ci avevo scommesso su, ti ricordi Mikey?" mi piace che Stone, un po' come me, rievochi i ricordi in base alle scommesse fatte.
"Vero! Anch'io ci ho rimesso un deca perché pensavo non vi sareste cagati, invece avete attaccato bottone subito, sembrava vi conosceste già"
"Sorvolo sull'ennesima scommessa fatta sulla pelle di un'amica... ma, in un certo senso, noi ci conoscevamo già per davvero" Angie confessa e fa scattare mille campanelli d'allarme nella mia testa.
"COSA? COME? SUL SERIO?"
"Jeff?" Stone mi apostrofa dubbioso, mentre io continuo a dissimulare, alla mia maldestra maniera.
"IN CHE SENSO VICONOSCEVATE GIA'? QUESTA Sì CHE E' UNA NOTIZIA!"
"L'avevo incontrato da Roxy la sera prima, era venuto lì a mangiare"
"NOTIZIA NEL SENSO CHE E' UN FATTO NUOVO, MAI SENTITO"
"Jeff tu non ne sapevi niente, vero?" Stone non molla e ormai è chiaro che mi ha già sgamato alla grande, sono fregato.
Il mio sputtanamento per lo meno ha un merito: il battibecco che scatta subito dopo tra me, Stone e Mike circa i venti dollari che secondo loro gli dovrei restituire, sposta un po' l'attenzione da Angie che, finalmente libera dall'imbarazzo, si risiede e si gode la scena dei nostri amici che mi fanno il culo, mano nella mano con il suo nuovo ragazzo.
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wwffb · 5 years ago
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Utopia Wonderland
High Street High%20Street 21:38 9/1 Evanna_Winchell ( Hogsmeade, Mercatini di Natale | 2 Gennaio, pomeriggio ) Il banchetto allestito da Utopia per i mercatini di Natale ad Hogsmeade sembra appena uscito da un libro di fiabe, con le sue decorazioni innevate e quelle giovani streghe che si atteggiano da piccole fatine incantate. Il paesaggio invernale del villaggio è già di per sé magico, ma il banchetto allestito dal WWFFB ha saputo comunque dare un tocco in più per l`evenienza. Tutto sembra essere appena uscito dal regno dei ghiacci, a partire da quelle forme - che sia un fiore o un piccolo animale - che prendono vita intorno allo stand grazie alla polvere di stelle Utopia. La stessa che poi si ritrovano addosso anche le fanciulle che presenziano il banchetto. Ed Evanna è esattamente una di loro, infagottata nella sua mantellina bianca dello stesso colore della neve, con le ciglia dipinte di bianco e svariati disegni visibili sul corpo. I capelli sono sciolti ma le ciocche davanti sono comunque raccolte in una sottile treccia mista a nastrini sulle tonalità del blu. L`atmosfera è decisamente piacevole, le strade sono piene di maghi e streghe che si godono l`ultimo giorno di questo mercatino. Lei se ne sta in piedi lì accanto, un sorriso stampato sul viso che viene indirizzando un po` a tutti i passanti mentre gli stessi vengono invitati ad avvicinarsi per provare questa fantomatica polvere di stelle. 21:46 9/1 Orla_OToole ( 2.1 pomeriggio – xmas market ) Ha adocchiato lo splendore dello stand Utopia da quando ha messo piede per la prima volta ai mercatini, eppure tra una cosa e l’altra, complice un vago intimorimento che la presenza di quelle bellissime fatine da fiaba le incute, non ha trovato davvero il coraggio di curiosare da vicino. Ha aspettato sino ad oggi, mossa dal tipico “adesso o mai più”, anche abbastanza letterale poiché è l’ultimo giorno di mercatini natalizi: meglio tardi che mai. Per proteggersi dal gelo invernale indossa una sorta di cappotto-mantella verde in fantasia scozzese sotto cui sbucano le gambe avvolte da collant autoriscaldanti con tanto di stivaletti in vernice neri. In testa un basco color senape fa da contrasto alla sfumatura rosa del biondo dei capelli, lunghi e lasciati sciolti oltre le spalle. È quando un primo fiorellino incantato si dirige in sua direzione trascinato dal vento che fa anche il primo passo verso lo stand un po’ timidamente, poi altri, avvicinandosi così meglio per osservare in primis le decorazioni da regno di ghiaccio che lo rendono irresistibile con aria decisamente affascinata… tanto da allungare una mano per provare a sfiorare quei fiocchi di neve incantati che inseguono i passanti come lei. 21:57 9/1 Evanna_Winchell ( Hogsmeade, Mercatini di Natale | 2 Gennaio, pomeriggio ) Al momento non c`è nessuno che ha superato la curiosità per avvicinarsi di più allo stand, per questo lei se ne resta semplicemente lì a sorridere e ad osservare incantata - pure lei sì - quelle forme che prendono vita nell`aria dalla semplice polvere che viene soffiata, di tanto in tanto, da lei o dalle altre. Pur essendo abbastanza rapita da tutto ciò, non fatica ad adocchiare la piccola figura della ragazzina avvicinarsi con un po` di incertezza verso il banchetto. Il busto ruota leggermente solo per ritrovarsela di fronte mentre quello stesso sorriso viene rivolto alla ragazza, decisamente più marcato e sincero. « Ciao » la saluta piegando leggermente il viso verso il basso. Purtroppo è alta - tanto - quindi non può fare altrimenti. « Sono belli vero? » indica con un cenno del capo i fiocchi di neve che hanno attirato l`attenzione della ragazza, portando anche lei lo sguardo su di essi momentaneamente. « Sono fatti con la polvere di stelle » che fa molto favole, appunto, ma è vero. « Se vuoi la puoi provare » la invita anche, aspettando comunque una risposta affermativa della ragazza prima di fare qualsiasi altra cosa. 22:12 9/1 Orla_OToole ( 2.1 pomeriggio – xmas market ) Si è solo momentaneamente scordata delle fatine candide che popolano lo stand e se ne ricorda quando una di loro la saluta, facendola appena sobbalzare, tutta concentrata su quei bellissimi fiocchi magici. «Oh» esclama colta di sorpresa nel voltarsi verso Evanna «Ciao..» le risponde con un filo di timidezza nel ritrovarsela davanti in quegli abiti fiabeschi che la distraggono per una manciata di secondi buoni, costringendola a risponderle con un palese ritardo e un sorriso sulle labbra «Oh sì, moltissimo!» per poi sgranare un po’ gli occhi quando le spiega di cosa sono fatti «Ma.. ma quelle vere..?» gli occhioni blu che si sgranano con espressione incantata. Poco vero che sia una trovata pubblicitaria, perché su di lei comunque ha fatto centro in pieno «Sì, per favore..» esclama infatti con tono sognante nell’avvicinarsi di più al banco e offrirsi alle capaci manine di Evanna e chi altra con un sincero «Anche tu sei molto bella!». 22:27 9/1 Evanna_Winchell ( Hogsmeade, Mercatini di Natale | 2 Gennaio, pomeriggio ) La timidezza che mostra Orla le fa solo aumentare il sorriso mentre riesce perfettamente a mettersi nei suoi panni. Insomma, anche lei quando era più piccola guardava le ragazze più grandi con gli occhi mezzi ammaliati mezzi intimoriti. Ridacchia quando le fa quella domanda sulla polvere di stella, ma non c`è traccia di presa in giro nel tono. « Non credo » arriccia semplicemente le labbra « Ma pensare che siano quelle vere rende tutto più magico, no? » per lei decisamente lo è. Anche se ha diciottanni si fa ancora meravigliare dalle piccole cose. Come è giusto che sia. Si ritrova anche a battere le mani quasi in modo infantile quando la più piccola accetta di farsi disegnare qualcosina con la polvere. L`entusiasmo altrui la coinvolge eccome. La invita quindi ad avvicinarsi di più al banchetto, lì dove ci sono sacchetti di polvere di stelle sparsi un po` ovunque, coroncine e cappelli. Alza lo sguardo poi quando Orla le fa quel complimento che, giuro, quasi la fa arrossire. « Ti ringrazio » potete sentire la gioia nella sua voce? « Anche tu lo sei. Hai dei capelli bellissimi » ammette sorridendole ancora. « Cosa vuoi che ti disegni? » le chiede poi prendendo in mano un piccolo pennellino « Non sono un`artista ma non sono neanche così male » scherza stringendosi leggermente nelle spalle. 22:41 9/1 Orla_OToole ( 2.1 pomeriggio – xmas market ) Fa spallucce sulle questione polvere di stelle, ribattendo «Oh beh meglio così… non vorrei mai che la vera polvere di stelle andasse esaurita tutta in una volta..!» concludendo con una leggera risatina. Come che sia lei non vede l’ora di averne un po’ addosso. Le sorride ed è il suo turno di arrossire quando è Evanna a farle i complimenti per i capelli nuovi di zecca «Ti piacciono? Li ho fatti da poco qui al Grindylocks!» poi, cogliendo con lo sguardo i nastrini annodati alle treccine di lei aggiunge «Mi piace molto come li hai intrecciati, sai? Magari un giorno provo anche io questo look..» mentre si sistema davanti alla ex-Corvonero per agevolarla nel lavoro con il trucco. «Oh, posso scegliere io..?» un po’ stralunata nel domandarlo prima che appaia un’espressione pensosa nel raccogliere le idee per qualche momento «Mi piacerebbe tanto un topolino. Si può..?» sempre gentile nei modi e un sorriso sulle labbra nel non distogliere lo sguardo da Evanna. 23:06 9/1 Evanna_Winchell ( Hogsmeade, Mercatini di Natale | 2 Gennaio, pomeriggio ) « Hai ragione » e ride pure lei per quello che dice la ragazza sulla polvere di stelle. « Certo che mi piacciono » conferma annuendo vistosamente. « Forse dovrei cambiare anche io i miei capelli » fa arricciando le labbra in un`espressione indecisa. In realtà l`idea di tagliare quei capelli così lunghi o di cambiare il colore la preoccupa un po`, ma un cambiamento ogni tanto ci può stare. E le viene automatico toccarsi con la mano quella porzione di capelli intrecciata con i nastrini quando Orla li tira in ballo. « Grazie. Mi piace un sacco intrecciarli con i nastri » della serie che ovunque vada si porta sempre appresso un nastrino. « Sono sicura che ti starebbe bene » quel look. Annuisce invece quando la ragazzina chiede conferma sulla forma del disegno. « Certo che sì » per poi attendere di sentire la sua risposta definitiva. « E topolino sia! » conferma allungando la mano solo per farsi porgere quella altrui. « Ti va bene sulla mano? Così si vede di più » che un topolino in faccia non sa quanto potrebbe essere carino. Deciso il posto, comunque, prende ad intingere il pennello nella polvere di stelle per iniziare a creare quel piccolo topolino nella maniera più carina e adorabile che le riesce. 23:20 9/1 Orla_OToole ( 2.1 pomeriggio – xmas market ) Lo sguardo le si illumina di colpo quando è Evanna stessa a proporre l’idea di cambiare colore ai propri capelli, trascinandola nell’entusiasmo del momento «Ohhh dovresti, sì! Sono bellissimi anche adesso, però poi sarebbero davvero speciali! Potresti… uhm potresti farteli schiarire sulle punte–no, anzi!! Potresti farli sull’azzurro grigio e le punte azzurre chiaro!!» così si abbina al nastrino che le va indicare subito dopo. Ad ogni modo qui è lei quella che è andata lì a farsi disegnare con la polverina Utopia, non l’altra a chiedere consigli sui capelli. La felicità per aver accettato il disegno del piccolo roditore le strappa un «Grazie!» corredato di sorriso a tremila denti, andando così a tirare un po’ su la manica del cappotto e maglione sotto per scoprire la mano almeno sino al polso e rendere il lavoro più facile ad Evanna «Sì, va benissimo lì, dove ti viene più facile». Quindi approfitterebbe della vicinanza per guardare meglio, di nascosto il più possibile, il trucco che adorna la giovane strega, quasi studiandolo con occhio clinico nel volerne carpire i segreti. Quando poi invece è sul lavoro in corso che focalizza la propria attenzione le andrebbe a spiegare con calma «L’ho scelto perché il mio amico Sir Mirtillo è proprio un topolino enfatico tutto bianco, sai?» arricciando un po’ il nasino in una smorfietta allegra prima di aggiungere «Io comunque mi chiamo Órla..» attenendo chiaramente di scoprire il nome della sua fatina. 23:28 9/1 Evanna_Winchell ( Hogsmeade, Mercatini di Natale | 2 Gennaio, pomeriggio ) L`entusiasmo che coinvolge la ragazzina quando accenna di voler cambiare capelli le suscita una risata adorabile. « Mi piace l`idea dell`azzurro grigio. A quel punto potrei diventare davvero una creaturina dei ghiacci » scherza ma forse ci fa davvero un pensierino sull`idea della ragazzina. E` vero sono qui per la polvere di fata, ma i consigli sui capelli sono sempre ben accetti. Di nuovo le sorride quando Orla la ringrazia per poi cominciare a disegnarle il topolino sulla mano, grazie anche allo spazio ricavato dalla stessa secondina nel tirarsi un po` più su la manica. Ci si impegna davvero anche perché non vuole disegnarle qualcosa di brutto, rovinerebbe tutta l`immagine fatata che Utopia vuole mantenere per il banchetto. Alza gli occhi un attimo quando la ragazzina le spiega il motivo della sua scelta. « Tenterò di rendergli giustizia allora » e alla fine il disegno non sta venendo neanche poi così male. Sgrana gli occhi poi quando la più piccola si presenta. « Che maleducata, non te l`avevo nemmeno chiesto » s`imbroncia pure. « Io sono Evanna, comunque » ennesimo sorriso gentile in sua direzione. Blocca i movimenti una volta completato il disegno, allontana leggermente la mano solo per ammirare il risultato finale che è piuttosto carino. Un topino un po` stilizzato tutto bianco. Sarà che magari la polvere di stelle rende tutto più bello. « Ecco qua! » esordisce alla fine « Spero ti piaccia » davvero. 23:43 9/1 Orla_OToole ( 2.1 pomeriggio – xmas market ) «Ohhw mi piacerebbe un sacco poterti vedere così!» non può fare a meno di commentare nel congiungere brevemente le mani davanti a sé. Poi però la lascia fare, limitandosi ad ammirare quelle bellissime ciglia colorate di bianco come fossero cristalli di ghiaccio. Ma il vero protagonista è il topino di polvere di stelle lì sulla sua mano che sta prendendo forma poco a poco e che sbircia senza mostrare alcun segno di impazienza, così che Evanna – il cui nome scopre solo dopo - possa operare senza disturbi. Arriccia anche le labbra in un sorriso annuendole, certa che renderà perfetta giustizia a Sir Mirtillo. «Tranquilla!» la rassicura poi sulla mancata presentazione «Non ci ho pensato prima io!» sempre pronta a non far sentire gli altri in colpa; e di sicuro non c’è motivo di farlo quando la sua mano, a lavoro compiuto, sfoggia un carinissimo topolino bianco «Ohh! Ma è bellissimo, grazie!!» entusiasta del risultato tanto che muove la mano per vedere i riflessi opalescenti di quella bellissima polvere che, quasi quasi… «Senti ma ne posso comprare una confezione..? Così mi fai vedere anche..» qualche altro prodotto Utopia che ora comincia ad adocchiare, cercando di farsi insegnare qualcosa di più sui trucchi et simili.
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orgogliocorvonero · 8 years ago
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Allenamento Aprile
[ Allenamento Cheers ] Finito l'esercizio e sentiti i pareri di Emma, giustamente lei si pensava di potersene tornare a posto senza dover dare altre dimostrazioni. Che siamo timidine e non ci piace stare troppo al centro dell'attenzione. E invece no, Emma oggi ci ha preso di mira chiedendo addirittura un altro esercizio. Una fantastica verticale. Quello diciamo che non è esattamente l'esercizio in cui va meglio, ma giustamente non possiamo avere tutte le gioie e bisogna anche dimostrare i proprio punti deboli per riuscire a migliorare sempre di più. Infondo quello è sempre il suo primo anno ( di ginnastica, cheerleading e tutto quello che ti pare ). Il motivo principale per cui non le riesce poi così bene la verticale è che in questo ultimo periodo ha acquisito più muscoli per quanto riguarda le gambe che muscoli sulle braccia che ancora restano un po' graciline. Ovviamente piano piano ci sta lavorando ma sicuramente non si trova a suo agio come fare una spaccata. La richiesta, quindi, in un primo momento sembra terrorizzarla un po'. « Ah, ok va bene » fa guardando Emma con gli occhi un po' impauriti ma abbozzando un sorriso. Principalmente, non vogliamo fare brutta figura. Si schiarisce la gola allontanandosi di nuovo di qualche passo dalla capo cheers e drizzando tutto d'un botto le spalle, alzando in contemporanea la testa, mento alto e tutto. Le braccia vengono alzate con decisione sopra il capo, i palmi aperti e la gamba destra leggermente più avanti rispetto alla sinistra. E fino a qua ci siamo. Poi è tutta una questione di slancio e di equilibrio. Si da quella prima spinta iniziale che converge verso il basso e le fa poggiare con uno scatto i palmi contro il terreno, il tutto cercando di mantenere il busto e le gambe perfettamente tese - punte comprese. Una volta poggiati i palmi a terra e sollevate le gambe, entra in scena il fatto equilibrio - che è il più compicato ammettiamolo. La verticale è imprecisa sotto parecchi punti di vista come la distanza non parallela fra le mani, il corpo leggermente spostato in avanti e le gambe che non riescono proprio a starsene ferme e unite l'una contro l'altra. Per gli standardi di Emma è sicuramente uno scempio. In ogni caso lei cerca di aggiustare un po' la posizione ma ancora le riesce difficile e la cosa che vuole assolutamente evitare è quella di cadere a terra. Quindi dopo essere rimasta in equilibrio - un po' precario - per un paio di secondi, si rimette in piedi mantenendo - almeno quello - una postura più o meno elegante con le gambe unite e dritte e il busto tirato verso l'indietro accompagnato da spalle dritte e braccia tese lungo i fianchi. L'espressione che ha sul viso è un po' insofferente ma diamo anche la colpa all'ansia da prestazione. In ogni caso non ci abbiamo provato, ora spetta ad Emmina del nostro cuore giudicarci. Magari non con troppa cattiveria. 
20:31 28/4 David_ArangoVillegas (Allenamento Cheers) Mamma e papà hanno litigato di nuovo. Mamma è quella megera di Emma con l`istinto materno alla Voldermort e papà è la combustione ormonale vivente che, nel corpo di David, oggi è arrivato in ritardo per una lunga `chiacchierata` con tale Hanna, una del quinto dalle curve `generose`. Stamattina lui e Eileen non si sono presentati agli allenamenti e, se con la secondina Emma ha saputo risolvere strappandole promesse diligenti, a David è stata riservata solita dolcezza: fulmini dagli occhi, ordini freddi e il silenzio lapidario di chi non ha nemmeno insulti da sprecarti contro. Se n`è stato un po` in disparte quindi, più silenzioso del solito, a fissare la bionda capitana con vago dileggio nel pigro distendersi delle labbra. Gli stivali hanno calpestato rapidi i numerosi scalini della corsa - stavolta Emma ha preteso corsa in punte, tranne a lui ovviamente - e ora vengono mossi contro il pavimento legnoso degli spalti come a scaricare un`adrenalina in carica. La tensione muscolare, la fatica, il rischio di cadute e dolori sono tutto ciò che gli servono per starsene un po` tranquillo, momenti in cui l`apatia dominante lascia spazio a tracce di spensieratezza. Assalire Faunya l`ha incupito, ma scalare la Torre di Astronomia (per metà) a mani nude, rischiando schiantarsi al suolo, lo ha risollevato d`umore, soprattutto all`idea di aver interrotto un po` di lezioni di Astronomie. Le gioie di uno scapestrato egoista, insomma. < Ma quella? > chiede adesso, mentre riprendono il fiato dopo il riscaldamento iniziale che ora hanno garantito alla muscolatura atletica del ragazzo la temperatura giusta per trascurare il mantello. E` IRIS la figurina che indica con un cenno del capo, seduta in cima agli spalti, abbastanza distante da non `disturbare`. Emma lo ignora, puntualmente, e richiama Evanna perché esegua il suo esercizio, quella spaccata che lui osserva con lo sguardo fessurizzato di ragionamenti tutti maschili - dolorosi per tanti versi - e la faccia d`uno che preferirebbee un po` allontanare gli occhi, un po` avvicinarsi. Lui ha saltato in toto quel genere di esercizio femminile ma Emma non lo esclude quando, concluso Evanna, invita TUTTI (maschile) a imitare la Winchell, cosa che trova lui a incassare la testa tra le spalle e guardarla con diffidenza e un po` d`odio. Normale amministrazione. 21:16 28/4 Faunya_Florent [dopo le lezioni] Non è proprio facile riuscire a concentrarsi su di un dettaglio alla volta, quando nelle vene scorrono ancora le ultime gocce di Filtro delle Quattro Essenze e si finisce con l`assomigliare ad una banderuola sospinta dal vento che una ne pensa, cento ne inizia, e mille non ne conclude. Naturalmente si è accorta dell`assenza ingiustificata di Eileen e di David di quella mattina... ad un certo punto; e fra una cosa e l`altra, piano piano, è riuscita a carpire anche l`attuale atteggiamento del ragazzo, al quale avrà tentato d`avvicinarsi di tanto in tanto nel corso del loro riscaldamento. Non ha posto domande, non ha sprecato fiato necessario con chiacchiere di poco conto, limitandosi a lanciargli occhiate alle volte confuse ed altre decisamente esasperate, quasi ad incalzarlo a tornare alla normalità. Reduce dalla corsa, si è da poco liberata del calore opprimente della sua felpa babbana, facendo a meno di un po` di stoffa svolazzante. Una canotta blu si intravede ora al di sotto della maglia grigia, scollo a barca, che le lascia leggermente scoperte le spalle; al di sotto un paio di comodi pantaloni che si ferman sul polpaccio e calzini rosa cipria che cercano di richiamare l`attenzione, ergendosi appena oltre l`orlo delle scarpe. Un po` la stessa cosa che fa lei, sollevandosi ancora sulle punte dolenti e stringendo lo sguardo in favore degli spalti, quando le viene indicata la figuretta solitaria di Iris < Spie! > urla, non si sa con quale fiato, cominciando a fendere l`aria con un dito accusatorio < Ah, no > si rende conto subito dopo, mutando umore < Sembra una della nostra Casa > fa spallucce, tornando ad osservare la compagna di stanza già all`opera. In apparenza non teme il confronto e, quando si tratta di replicare l`esercizio in prima persona, si concede giusto un momento di esitazione - nel quale si risistema inutilmente la coda, baciata dal biondo platino e dal vento < Vai > bisbiglia, dandosi la carica. E cerca di sfruttare proprio quel senso di leggerezza che il filtro le conferisce per darsi lo slancio necessario a sovvertire l`ordine naturale delle cose, scambiando palmi sudaticci sull`erba con piedi che vanno a calciare l`aria prima di trovare il loro equilibrio, a tratti tremante. Cosa lascia per strada? Le punte, come al solito dimentica di tenderle come da manuale, spendendo piuttosto le sue energie per mantenere ben alta la verticale, a costo di puntellarsi di tanto in tanto sulle mani, spostando il peso del corpo da una all`altra. 21:34 28/4 Eileen_Walker [Allenamento] Eileen si sente un po’ a disagio sapendo che David ed Emma hanno litigato. Oggi né lei né il ragazzo più grande si sono presentati all’allenamento. L’unica cosa che si ricorda è che non riusciva a dormire, David neppure e mentre parlavano lei si dev’essere addormentata perché poi si è ritrovata nel dormitorio maschile con David. Imbarazzo a parte, che le ha reso la faccia di un rosso acceso, Eileen ha subito anche l’ira fredda come un ghiacciaio di Emma, che si è risolta velocemente con tante promesse di “non lo faccio più, lo giuro” ed “è successo una sola volta e mai più”. Cosa che l’ha portata a mettere più impegno nell’allenamento di oggi, solo per far vedere alla capitana che è dispiaciuta, ma veramente tanto. Con la solita tuta pescata da qualche parte del baule, un paio di leggins neri, la giacca blu con cerniera di una tuta di cui non trova più i pantaloni e scarpe da tennis bianche, Eileen si rifà uno chignon in testa dopo la corsa sulle punte, approfittando che Emma ha chiesto ad Evanna di fare una verticale per riprendere fiato e risistemarsi i capelli biondi. In lontananza riesce a vedere la figura di Iris, che è venuta a vedere gli allenamenti come le aveva promesso. Dopo è il turno di Faunya a fare la verticale ed Eileen trova sempre strano vedere l’amica con quei capelli biondo platino, sinceramente la preferisce al naturale. Eileen è rimasta in silenzio per tutto l’allenamento, sia un po’ per l’imbarazzo sia perché si sente veramente sotto soggezione sotto lo sguardo di Emma, che rappresenta il gelo artico del polo nord. Dopo Faunya, è il suo turno. Alza le braccia e divarica leggermente le gambe, in modo che piedi, ginocchia, tronco e testa siano tutti allineati verticalmente. Porta in avanti la gamba destra per fare un lungo passo, stando bene attenta di camminare dritto, mentre inizia a portare il corpo in avanti e la gamba sinistra inizia a sollevarsi da terra, usando lo slancio del corpo che si muove in avanti. Tiene le braccia dritte e muove la testa verso il suolo. Non appena le mani toccano terra, Eileen tiene le braccia perfettamente tese, successivamente raddrizzando torso e le gambe che rimangono unite e con le punte tese, mentre la testa rimane normale, un po’ come se invece di sottosopra fosse in piedi. Mantiene l’equilibrio muovendosi lentamente con le dita delle mani. 21:58 28/4 Aconite_McNiadh (Allenamento, dopo le lezioni) Cosa sarebbe un giorno ad Hogwarts senza i due allenamenti spezza ossa di quella Megera acida e intransigente di Emma? Non potrebbe rispondere perchè ormai non si ricorda nemmeno più che cosa vul dire avere degli attimi di libertà al di fuori delle lezioni senza per forza ritrovarsi a sperimentare crampi da qualche parte, un muscoli stirati o una patina di sudore freddo. Stesso sudore che bagna la sua fronte in questo momento, quando decelera progressivamente l`andamento della corsa, le punte che si susseguono ordinamente con più agio, fino ad assumere il ritmo di una camminata, quasi. D`altronde non bisogna mai e poi mai fermarsi di Diffido dopo una corsa, vero Emma? Solo dopo aver percorso qualche metro supplementare in questo modo si decide a riappoggiare i talloni a terra, allungando le braccia all`indietro, un momvimento unito dal saldo intrico di dita scrocchiante, fino a che le è possibile. Uno sguardo incorniciato dall`unirsi di un paio di sopracciglia castane si posa su DAVID, bello tranquillo e seduto sugli spalti. Sbuffa, stricando le mani e spostandosi dalla fronte una ciocca appiccicaticca e sfuggita alla treccia. Segue a ruota le altre ragazze nell`esecuzione dell`esercizio. Non appena Eileen si rimette in piedi, lei solleva le braccia, stese e tesissime a toccare le orecchie, distanziando al contempo i piedi in modo che si trovino al livello delle spalle. Segue un passo in avanti col piede destro prima di inclinarsi col busto e darsi un certo slancio quando le mani poggiano a terra, in modo da unire perfettamente le gambe. Rimane in quella posizione per qualche secondo, prima di iniziare a spostarsi per il campo muovendo i palmi delle mani. 22:05 28/4 David_ArangoVillegas `Le punteeeee! La teeeeesta, Florent!` sarà probabilmente il mantra che perseguiterà Faunya nel sonno fino a quando non accontenterà Emma che stavolta, già imbolidata per David, suona ancor più severa col rimprovero e provoca in lui uno sbuffo che però, saggiamente, scarica silenziosamente camminando un po` in tondo e guardando sempre altrove. Ha ignorato un po` Faunya, ma le sue occhiate sono servite a zittirlo ogni volta che ha invece avuto l`istinto di rispondere male a Emma. Con le mani intrecciate ad appiattire un po` la cresta di ricci, il ragazzo si avvicina a passi pigri proprio alla loro vento Esmeralda, raggiungendola un po` di spalle. < Cosetta mi fulmini ma ha ragione > le dice con ancora la testa reclinata all`indietro e incassata tra le spalle irrigidite dallo sforzo del riscaldamento - lui ci va sempre pesante. Nella voce, giustamente, tutta la recitenza oggi a dare ragione a Emma e il tono di voce che, pur basso, rischia comunque essere ascoltato dalla bionda senza che lui se ne faccia un problema. < E` un po` nervosa oggi > La giustifica lui, minimizzando come al solito, che tanto non è lui quello a vedersi i sogni di vita distrutti da una squadra alle prime armi - e un tizio, lui, che prende le cose trppo poco sul serio. < Devi usare la testa nel senso, devi allargare il tuo raggio di concentrazione. Per ora stai pensando solo da busto a ginocchia, forse le braccia. Pensa ai tuoi piedi da gitana come alla tua bacchetta, al prossimo. Poi potrai riequilibrare la tecnica dopo, che tanto non hai paura.> `di cadere`, insomma. Succede qualcosa di simile quando è lui a eseguire complicate capriole a mezz`aria in fondo: deve restaer concentrare per avere controllo anche della direzione che assumono i diversi muscoli del corpo in modo da saper integrarci un secondo giro o che altro. Emma ne ha anche per Eileen, oggi: l`accusa d`essere troppo tesa ed è David, quasi gli avessero smosso le antennine, a fare un passo avanti per dire ad alta voce < Perfetta, Walker >. Mamma e papà han bisogno di terapia. Evanna non viene risparmiata ma viene usata come esempio per far notaer alle altre come lei riesca a integrare il portamento in un esercizio in cui - Emma non si risparmia - riesce male. Lui il suo esercizio lo esegue a suo modo, cioè avvicinando a EILEEN in verticale per posizionarsi frontale all`immaginario percorso che lei ha compiuto per salire in verticale. < Ti tengo io. Fai quella spaccata del ponte > le dice, osando una cosa bruttissima, cioè allungando le mani a destra e sinistra della vita sottosopra della ragazzina. Lei potrebbe crollare ma lui ha valutato abbia abbastanza equilibrio da non farlo; non si sentirebbe altrimenti (forse) tranquillo a suggerirle con la mano di inarcarsi con la schiena sul braccio che lui tiene teso in modo da accogliere il suo peso per fortuna leggero. L`altro resta mobile in zona vita femminile, per fare in modo che , una volta compiuta quella rovesciata in cui l`accompagna (spronandola < Fidati>), entrambe le mani l`afferrino per sollevarla in alto. Acrobazie random con la piccola Eileen, yeah. E Aconite, non gioire: a Emma non piace vederti camminare con le mani, perché `non è elegante`. Che l`esercizio con Eileen riesca o meno, quel che segue riporta Evanna come protagonista. Lei e la sua spaccata (finally).
[Allenamento Cheers  ] L'allenamento si sta svolgendo come al solito, il tempo non è dei migliori ma loro non si sono fatte bloccare da questo e come quei tre pomeriggi a settimana da un paio di mesi a questa parte, si stanno allenando sotto le direttive di Emma. Hanno già fatto la solita corsa pre-riscaldamento che ormai sembra essere diventata di routine, non solo negli allenamenti ufficiali pomeridiani ma anche quasi tutte le mattine e nei pomeriggi in cui effettivamente hanno del tempo libero. Può capitare che le prenda la voglia di farsi una corsetta, per intenderci. Ormai se una cosa ce la siamo fissata in testa, continueremo a farla, soprattutto se fa bene. Sono nel bel mezzo del riscaldamento, quasi alla fine si può dire. Eseguono vari esercizi per sciogliere i nodi e per preparare i muscoli all'allenamento vero e proprio. Stanno giusto finendo l'ultimo esercizio quando Emma si rialza in piedi chiamandola al centro dell'attenzione. Inutile descrivere l'ansia che le prende una volta raggiunta la figura della capo cheers. La guarda dal basso verso l'alto con la postura impettita di chi vuole fare solo bella figura. La richiesta a bruciapelo che le fa Emma successivamente, per un attimo la lascia interdetta. Non se lo aspettava. Ma sempre riprendersi in fretta quando si accorge che l'esercizio appena richiesto da Emma è anche quello che ultimamente sembra venirle meglio. Quindi un piccolo sospiro di sollievo ce lo concediamo. L'esercizio in questione è la spaccata, Emma non specifica se vuole la frontale o la laterale ma lei comincia a mettersi in ogni caso in posizione accennando un piccolo sorriso verso la capitana. Di parlare non se ne parla. Si posiziona accanto ad Emma ma ad una distanza relativamente larga che possa lasciarle libero lo spazio per eseguire l'esercizio, è voltata verso i compagni ma non li guarda effettivamente. Ansia da prestazione. Addrizza la schiena portando le mani contro i fianchi e allineando il collo con la postura dritta del busto, alzando il mento e puntando lo sguardo dritto davanti a se. I piedi si piegano automaticamente evidenziando la punta mentre il corpo comincia a scendere lentamente seguendo la linea delle gambe. La postura resta dritta, così come la testa e lo sguardo serio resta concentrato su un punto indecifrabile. In modo non eccessivamente lento, raggiunge terra riuscendo a toccare quasi definitivamente il terreno con il bacino, le gambe che mantengono quel fastidioso pizzicorio. Un lieve sorriso si fa spazio sulle labbra mentre mantiene per qualche minuto la posizione impegnandosi nel mantenere la schiena e la testa dritte e perpendicolari. Nel rialzarsi mantiene sempre la postura più dritta possibile - giusto perché ci guarda Emma eh - gesticolando appena un po' con le mani e ritrovandosi di nuovo in piedi accanto alla capitana. Lo sguardo un po' da cucciolo smarrito in attesa di qualsiasi tipo di giudizio.
22:17 28/4 Faunya_Florent [dopo le lezioni] Le ci vuole il rimprovero di Emma per ricordarsi di essere dotata anche di piedi - brutti piedacci lasciati allo sbando che, al grido della Capitana, sussultano prima di tendersi forse con più lena del necessario. Quando smonta dalla sua verticale, sforzandosi d`atterrare con un minimo di grazia, le gira leggermente la testa; si porta una mano alla fronte, sul viso, a raccogliere le ciocche ribelli smosse dalla brezza che l`accompagna. Un po` stupita nell`intercettare finalmente un cenno di vita da parte di David, forse anche provata dall`esercizio e dai rimproveri, quando lui giustifica Emma lei scuote rapidamente la testa, come a chiedergli di non farlo < Non mi dà fastidio > circa. Anche perché lo sa, molto nel profondo, che le sgridate di Emma sono soltanto il suo personale gesto d`amore nei loro confronti. Trae un sospiro < La sto usando > e poi un borbottio ad indirizzo dei suoi piedi < Vedrai > gli anticipa, rialzando il capo per scoccargli un sorriso carico di promesse. Poi schiude le labbra a mostrare una porzione di denti, bianchissimi in contrasto con la carnagione ambrata, visibilmente sollevata mentre Emma domanda ad Evanna una spaccata. Almeno non dovrà più preoccuparsi di restare in equilibrio < Vado > pronuncia con l`arrivo del suo turno, non riuscendo a ingabbiare del tutto una nota di trionfo nel tono. Dal modo in cui posiziona i piedi, uno più avanti e l`altro indietro, si direbbe che intenda cimentarsi in una spaccata laterale. La schiena è ben alta, supportata da una maggiore sicurezza, e le mani gravitano ai lati del corpo mentre le sue gambe cominciano a scivolare, piano, in una lenta e fluida discesa che sembra incontrare qualche difficoltà sul finire. Trattenendo un gemito di dolore e cercando di non dar mostra del suo travaglio, Faunya imprime la discesa finale, azzerando ogni distanza. E soltanto in ultimo, velocissime, cercando invano di non far notare la mancanza iniziale, andrebbe a stendere le punte con un sorrisetto sofferente e parasedere tutto per David. 22:35 28/4 Eileen_Walker [Allenamenti] Il modo con cui ha fatto la verticale doveva essere fluido, ma, nella foga di farla bene, i suoi movimenti sono un po’ tesi. Vedere il mondo sottosopra riesce sempre a fare rivedere ad Eileen il proprio modo di vedere le cose, ma non questa volta. Emma, molto più severa del solito per colpa della piccola trasgressione sua e di David, non risparmia nessuno e l’accusa di essere tesa. La risposta, non detta, anche perché si è mozzicata la lingua per non dirla, è “ovvio che sono tesa, mi guardi storto come se dovessi uccidermi”. Altro che nervosismo. Emma ce l’ha con il mondo. Ed Eileen non sa se sentirsi peggio, nel sapere che parte di ciò è anche a causa sua, o soffrire in silenzio, come ha fatto per tutto l’allenamento. Meno male che c’è David che viene a salvarla, dicendole che la verticale è perfetta e quindi può tirare un respiro di sollievo. È quasi pronta a scendere quando David le dice di fare la spaccata del ponte e le mette le mani sulla vita. All’inizio Eileen non capisce cosa intendesse, ma dopo ci arriva e ripensa a quella volta sul ponte sospeso e si prepara, mentalemente, a fare l’esercizio. A meno che Emma non li uccida lì seduta stante per aver fatto un esercizio da soli su un luogo non proprio sicuro. Ma ormai si fa l’acrobazia random. Sapendo che David è abbastanza forte da sorreggerla e non farla cadere, come ha potuto vedere la scorsa volta, Eileen inarca la schiena in modo che il ragazzo possa prendere il suo peso, nello stesso momento che continua il suo percorso a mezz’aria slanciando una gamba dalla parte opposta in cui si trova David. Se tutto va bene, David dovrebbe sollevarla in alto mentre lei finisce la spaccata, rimanendo perfettamente immobile. L’esercizio è diverso da quello del ponte solo per una cosa: lei è a testa sottosopra. 23:03 28/4 Aconite_McNiadh (Allenamento, dopo le lezioni)L`occhiataccia di Emma alla sua camminata poco femminile e aggraziate sulle mani non le arriva dato che le sta dando le spalle. Solo quando Evanna inizia a fare la spaccata da cenno di voler ritornare fra i componenti della squadra: puntella maggiormente i palmi sul terreno, le dita che affondano nell`erba bagnata , si da uno slancio con le gambe in modo da portarle in avanti e appoggiare le piante dei piedi a terra, inarcando la schiena. La posizione finale è un ponte abbastanza stabile ed eseguito fluidamente. Da quella posizione può osservare le perfomance di FAUNYA e quella di DAVID e EILEEN,alla quale reagisce con una distensione delle labbra, quasi a d accennare a un sorriso. Dopodichè stacca le mani da terra per balzare in piedi. <Trovata la coereografia per la prossima partita, voi due?> Domanda mentre strofina i palmi sui leggins neri, fino a lasciare due macchie scure e umide sulle coscie, sulle quale si intuiscono alcuni minuscoli grumi di terra. Prima ancora che possano darle una risposta, divarica frontalmente le gambe, facendo scivolare le scarpe da ginnastica sull`erba fino a quando le viene automatico e naturale, ovvero finchè non è abbastanza vicina al terreno da poter puntellare le dita come appoggio. A quel punto tiene tese le gambe, cercando di guadagnare centimentri ( circa sette)spingendo verso il basso. L`unico segno di fatica che mostra è quel mordersi il labbro inferiore, insieme alle nocche ormai infuocate per lo sforzo di non scivolare via e mandare all`aria tutto. 23:21 28/4 David_ArangoVillegas Ha concluso quel breve interscambio di parole con un innalzar delle sopracciglia in direzione di Faunya, una dubbia sfida a dimostrargli cosa sia capace col dileggio del fratello molesto che non vuole mostrarti troppa fiducia. Tanto a lei piacciono le sfide, un po` come a lui. Poi ogni cosa sparisce un po` e la sua concentrazione diviene Eileen e quella sua testolina bionda a cui evitare crollo e schianto contro il pavimento legnoso durante l`inclinazione a rovesciata. Emma si zittisce, osservandoli ancora inferocita e osando correggere in diretta dettagli come punte,tensione delle gambe e posizione delle mani. A quest`ora l`avranno capito tutte: nel cheerlearding la concentrazione dev`essere distribuita su tutto il corpo, non solo quei muscoli protagonisti d`un movimento. E Faunya ha ragione a interpretare Emma, perché allenare la concentrazione servirà loro a integrare anche gli incantesimi nelle sequenze. < WO-OH! > L`ululato sguaiato di David, allo slancio finale di Eileen, la quale viene riportata cautamente a terra dopo qualche secondo di `posa`, giusto per lustrarsi agli occhi di Emma insomma, tiè. < Bravissima > dice lui alla piccola bionda alzando la mancina per scompigliarle un po` i capelli pur raccolti in quello chignon elegante. Rozzo. Non c`è tempo di gioire perché ora viene chiesta loro la spaccata, quella che a lui provoca un po` di inquietudine e attrazione allo stesso tempo. Lo perdoni Aconite se, le palpebre contratte come in analisi, lui fa scivolare lo sguardo sulle sue gambe e fino alla tensione tutta curve che le si crea sul sedere: quella ragazza è uno spettacolo doloroso alla vista mashile, nei suoi tentativi di spingersi giù. Distrazioni ormonali a parte, Faunya risponde bene alla sfida e gli provoca in lui uno stiracchiamento pigro delle labbra, lo sguardo mezzo annoiato soltanto di chi è stato un po` fregato al suo stesso gioco. < Resta lì> Le dice avvicinandosi ora a lei e... porgendole la sua bacchetta, recuperata rapidamente dalle panchine. < Fidati di me. > serio, sostenendo il suo sguardo per trasmetterle anche la fiducia in se stesso. Le spiega brevemente quel che vuol fare, conciso e soprattutto convinto, quasi la stesse invitando a chissà cosa, lì ginocchiato dinanzi e lei ancora in spaccata (ora magari rilassata, non importa). Quel che le chiede, senza spiegare troppo, potrebbe essere fin troppo da parte di uno che soli pochi giorni prima ha cercato di strozzarti - implacabile - s`una delle pareti del castello. < E non perdere le punte >. Dovendo eseguire qualche sorta di esercizio anche lui, è questo il modo in cui si integra. Retrocesso di qualche passo cerca lo sguardo della secondina mezza ispanica come a darle preavviso - si fida? - nel momento in cui decide prendere un ricorsa in sua direzione e inizare una serie di capriole semplici, `elementari`, che man mano caricano la capacità di rimbalzo delle ginocchia. Giunto a un metro da lei, dovrebbe essere in grado di eseguire una capriola a mezz`aria a notevole altezza, in questo modo `attraversando` per aria quell`ostacolo che era la gamba della ragazzina. L`atterraggio è sugli stivali, un tonfo pesante del legno sotto la suola morbida. Tutto, ovviamente, se Faunya ha accettato fidarsi.
23:44 28/4 Faunya_Florent [dopo le lezioni] Forse la performance di Eileen e David sarà stata contemplata con un pizzichino di invidia per le capacità che hanno saputo dimostrare, un attimo di gelosia leggero e passeggero come una nuvola. Sì, perché ben presto lo stesso quartino Corvonero giunge a domandare la sua di collaborazione, in un modo che dapprima la sorprende - poi, nell`ascoltarne le intenzioni, la porta a sorridere con un che di ferino, la fronte contratta nello sforzo di continuare a mantenere la posizione. Alza gli occhi, cercando i suoi per comunicargli silenziosamente, con un deciso cenno del capo, che non ha paura e si fida di lui; poi allunga la mano, riprendendosi la bacchetta, godendo della familiare sensazione di qualcosa di magico fra le dita piuttosto che erba o sudore. Le punte, queste maledette punte - manco a dirlo, le aveva perdute di nuovo. La lingua fa brevemente capolino fra i denti, una giocosa linguaccia nella cornice di un`espressione tesa, e i piedi tornano finalmente ad avere un senso ed un`eleganza effimera. Lancia un`occhiata a David e quando lo vede scattare fa altrettanto, piegandosi in avanti e stendendo avanti a sé, più che può, il braccio destro che si conclude con la bacchetta. Il polso le infligge quell`inclinazione a 45° tipica di certi incantesimi; la mente, nel frattempo, sta componendo l`immagine mentale di ciò che vorrebbe evocare al momento giusto, nell`istante in cui il ragazzo dovrebbe trovarsi sospeso sopra alla sua gamba < Avis! > pronuncia, lasciando defluire da sé la magia, perdendo le punte per un frangente prima di ristenderle con fare stizzito. L`intento sarebbe quello di evocare qualche uccellino impalpabile che andasse a svolazzare attorno alle fattezze di David circa al momento del suo atterraggio. 23:50 28/4 Eileen_Walker [Allenamento] La testa di Eileen in questo momento è piena di pensieri del tipo “siamo ancora vivi”. La fortuna, nonostante la presenza di Faunya, che, secondo la teoria di Eileen, poterebbe sfiga solo se ci fosse un serpeverde a caso –coffSuttoncoff-, sembra essere dalla parte di Eileen, di David e soprattutto della testa di Eileen che non è a terra. Tutto questo solo per farsi belli (al plurale) davanti ad Emma e magari ottenere il suo perdono. Eileen può solo sperare che ne sia valsa la pena. Mentre David le scompiglia i capelli, la bionda non può che non sorridere nell’esercizio ben fatto. Ma non hanno tempo di gioire che tocca fare la spaccata. Anche questo dovrebbe essere un esercizio semplice per Eileen, visto la sua flessibilità, ma questo non significa che non potrebbe commettere errori. Prima di fare la spaccata, Eileen si risistema i capelli in una coda, visto che David le ha scompigliato lo chignon e che ora vuole far fare un esercizio a Faunya. Ovviamente non può fermarsi a guardare cosa il ragazzo ha intenzione di fare che già Emma la guarda male per fare l’esercizio. Si mette in ginocchio, con la schiena dritta, la gamba destra allungata davanti, mentre il ginocchio sinistro è a terra. Distende la gamba sinistra e allunga la gamba destra, in modo tale che entrambe siano a terra e con un angolo piatto. L’esercizio le viene semplice e molto più facile grazie agli allenamenti di Emma, per questo rimane così, in spaccata, giusto per non fare niente ma allo stesso fare qualcosa così da non avere Emma su di sé, a osservare Faunya e David e il loro esercizio. Subito dopo che David salta sopra la gamba di Faunya, dalla bacchetta di lei esce qualche piccolo uccellino che svolazza intorno al ragazzo. Eileen, dalla sua posizione, ancora per terra e con le gambe tese nella spaccata, batte le mani in un mini applauso, e un mega sorriso per l’amica, per dimostrare il suo apprezzamento per l’esercizio.
00:12 29/4 David_ArangoVillegas Lui non ha tempo o testa di occuparsi di nulla che non sia concludere capriola e atterraggio, ma percepisce qualcosa di diverso nell`aria attorno a sé, qualcosa che riesce a inquadrare solo una atterrato pesantemente `oltre` Faunya. Se lui è esaltato da ciò che gli ha permesso di fare, Emma è con puro silenzio che accoglie il risultato di quello spettacolo di acrobazia e magia nel quale la piccola perde controllo della posizione ma esegue un esemplare incantesimo Avis l`esatto momento in cui lo pianifica nella testa. L`invito a ripetersi da parte di Emma dev`essere letto come incoraggiamento positivo riguardo l`idea combinata, anche se lei - ancora piccata - si rivolge solo a Faunya ignorando bellamente David che invece, a braccia conserte, è lì in attesa di complimenti e applausi che non arrivano. In ogni caso, li esercizi e pose continuano con le diverse correzioni del caso fino a che viene richiesto a tutti l`utilizzo della bacchetta ed è lì che David che esita e poi, calmo, semplicemente avvisa: < Se torna quel diavolo di rabbia, non fatevi scrupoli. > La destra impugna con sicurezza il catalizzatore fedele, quello dall`aspetto un po` rozzo e meno elegante delle opere di Olivander, ma è manualmente che va ad aiutare Emma a depositare per terra diversi oggetti random che, come già in passato, loro dovranno tenere sollevato con un Wingardium mentre proseguono con gli esercizi. La novità stavolta è il dividersi l`oggetto: uno lo solleva e, interrotto l`incantesimo, il secondo dovrà riuscire a evitarne il crollo a terra imponendo un secondo Wingardium a mezz`aria, cosa che richiede, oltre a concentrazione, un sacco di mira e/o complicità col compagno. Emma durante l`esecuzione dei movimenti introduce un nuovo argomento, quello dell`espressività, dimostrando come lo stesso movimento possa trasmettere delicatezza o potenza senza perdere mai d`eleganza a seconda di quanto rapidamente e attentamente lo si esegua. < quindi posso far cadere i frisbii zannuti sulla testa di malcapitati giustificandomi che sia d`allenamento per le cheers? > David, al `compito a casa`, si diverte male a scovare licenze sbagliate per il prossimo futuro, quando dovranno allenarsi anche da soli a recuperare in volo l`oggetto in caduta.
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ginevra-malcolm · 8 years ago
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Chapter 73 - Coffee Pet Restaurant
Malcolm
Preso il cane al centro, dopo il lavoro quotidiano che non conosce sabati, domeniche e giorni di festa, va alla libreria. Proprio ora fa il suo ingresso, in compagnia di un cucciolo di cane lupo cecoslovacco, quattro mesi di età e un guinzaglio rosso, che finisce avvolto attorno alla mano del giornalista per una migliore presa. L’uomo indossa un completo scuro, giacca e pantaloni, una camicia blu scuro, degli occhiali da sole RayBan che si affretta a togliere una volta entrato; ha con sé anche la borsa da lavoro, appesa alla sua spalla sinistra. Individua subito Ginevra alle prese con un cliente che non riconosce immediatamente, forse perché presumibilmente di spalle rispetto a lui. Malcolm richiude la porta alle sue spalle, mentre trattiene il cane che si tende in atteggiamento di superiorità fisica per la presenza di Cleo, forse pure con un lieve strattone per ricordargli di non dare in escandescenze. «Buon pomeriggio» saluta in generale,  con composta cortesia, come fosse un cliente qualunque.
Ginevra
Osserva anche lei il libro mentre Mason lo sfoglia e lo controlla, intanto ovviamente lo ascolta e con attenzione «i patteggiamenti li decide la procura che rappresenta lo stato, non la vittima» fa una pausa «e chissà perché il dubbio se è vero o no nasce sempre e solo sullo stupro, non si discute mai di quale sia la percentuale di rapine vere o false» scrolla le spalle «ma come dicevo all'inizio ... lo stupro è un problema sociale» solleva velocemente le sopracciglia. Riprende il libro intanto e lo ripone con cura nella busta trasparente che va a chiudere di nuovo «per l'altro titolo ti faccio sapere quanto prima, se mi lasci un biglietto da visita, ti manderò una email» si china quindi per prendere un bustina del negozio in cui inserisce il libro e un paio di cartoline pro-trishelle, è un gesto fatto quasi meccanicamente, evidentemente le mette in ogni busta. Sposta lo sguardo oltre Mason sentendo il saluto e riconoscendo la voce di Malcolm «Signor Barnes...» lo saluta e quasi sembrerebbe di essere tornati ai vecchi tempi per il tono con cui lo fa, riporta l'attenzione su Mason «comunque sia, ti suggerisco di informarti sul problema degli stupri nel nostro paese, immagino che tu sia nato da una donna come tutti» gli sorride «grazie comunque per il tuo parere» ed è sincera nel sorriso e nel ringraziarlo.
Mason
«Il problema nasce sullo stupro perchè, semplicemente, stiamo parlando di questo, e non di altro. Se si parlasse di rapine, il discorso sarebbe diverso, ovviamente» un leggero sorriso «E il patteggiamento viene deciso dallo stato, certo, ma la vittima decide se accettarlo o andare in tribunale e fare tutto il processo. Quindi anche in questo caso spetta alla vittima la decisione finale. La maggior parte dei casi, parlando in generale non dello stupro, non va oltre al plea bargaining» sarebbe il 90%, ma lui non ne ha idea «non penso che sia tanto diverso per lo stupro, in ogni caso» una nuova pausa «E come ho detto all'inizio, concordo con la definizione data al problema, la sua dimensione sociale, anche se ho detto civica» e con la conclusione del discorso, si toglie i guanti. Porta una mano alla tasca ed estrae il portafoglio, e da esse il suo biglietto da visita, con nome cognome email numero di telefono e pure sede dell'azienda dove lavora «A lei, ne faccia buon uso» con un tono leggermente ironico. Delle cartoline pro trishelle non se ne rende nemmeno conto, anche perchè lo sguardo si è messo a vagare in giro una volta che è stato dato il bigliettino, e il suo vagare fa sì che si fermi su di Malcolm, il neoarrivato «Mister Barnes» saluta a sua volta l'uomo, con un leggero cenno del capo «Carino» sottintendendo il cane, anche se non lo dice. Sposta lo sguardo su di Ginevra «Cercherò di informarmi, ma non penso che andrò mai ad avere una cultura relativa a ciò al suo livello»
Malcolm
Nell’entrare, ricambiando il saluto di Ginevra con un cenno del capo di impeccabile austerità, si guarda intorno, individua Korinne a cui rivolge pure un saluto, e nel frattempo sente le ultime parole rivolte dalla compagna a Mason . Questo gli serve a capire di cosa stanno conversando in linea di massima, anche se arriva tardi per farsi un’idea dei contenuti.  «Signor LeBauve, dico bene?» cerca di ricordarsi il suo cognome, benché l’abbia incontrato una sola volta. Abbassa lo sguardo sul cane: «Grazie» replica soltanto, con la consueta fredda gentilezza, al complimento. Si avvicina quindi al bancone, per avvicinarsi ai due, su cui alterna lo sguardo.
Ginevra
Corruga la fronte «veramente no, la vittima non decide proprio nulla, la procura agisce in proprio, d'ufficio, e la vittima del reato non viene nemmeno interpellata se non come testimone. Chi può decidere se accettare o meno è l'imputato.» osserva Mason qualche secondo «non siamo in Europa», Prende il suo biglietto da visita «lo aggiungerò alla collezione» lo ripone quindi in uno dei cassetti sotto la cassa. Sospira poi alle ultime parole di Mason e dischiude le labbra per dire qualcosa che però infine decide di tacere, si sposta per uscire dal bancone e una volta fattolo si accovaccia sulle ginocchia e allarga le braccia «Buck! Sei stato a scuola? Cosa ti hanno insegnato oggi?» nemmeno fosse un figlio che torna a casa; Restando in quella posizione alza lo sguardo su Malcolm «lascialo venire...» invitandolo a lasciar andare il cane dalla presa stretta del guinzaglio.
Mason
Alle prime non replica, essendo in torto preferisce di non andare avanti con il discorso, limitandosi ad un «Mai seguito troppo le lezioni di diritto» con un tentativo di mandarla allegramente a vacche, ma quantomeno riconosce un errore dato da volere non suo ma del plè. Verso di Malcolm annuisce «Quasi, è LaBauve, non Le. Ma non è andata male, per essere un secondo incontro» che lui sa solamente grazie a Ginevra che continua a dire i nomi, altrimenti col cavolo che se lo ricorderebbe. Osserva brevemente la scena affettuosa tra donna e cane e quindi «Lascio un assegno, se va bene» tirando fuori il libretto senza scriver ancora niente. Si rivolge a Malcolm adesso «Come sta?» per mera curiosità personale
Malcolm
Il cane nel frattempo è sull’attenti, osserva tutto e tutti con i suoi occhi vispi. Anche su questo somiglia al padrone. Quando Malcolm si avvicina al bancone insieme al lupetto, lui cerca di annusare Mason per primo, visto che è l’estraneo per lui; il giornalista tiene il guinzaglio alla lunghezza giusta perché il cane possa muoversi con una certa libertà ma il controllo è comunque costante. Per il resto assiste, taciturno come sempre, agli ultimi scambi tra Ginevra e l’uomo in questione, percependo nell’aria una certa discrepanza di opinioni sul caso Trigard di cui quasi tutta New Orleans ha detto. «Ah, LaBauve. Mi scusi.» replica con tono formale, appuntandosi mentalmente il cognome corretto. Da parte sua neanche questa volta cerca dialoghi amichevoli, si limita ad osservare la persona che ha davanti e non interferire nei discorsi fra lui e Ginevra. Il cane invece pare sdegnare Mason dopo una sniffatina alle scarpe e un’occhiata comicamente valutativa dal basso, preferendo avvicinarsi con sicurezza a Ginevra, conosciuta, che lo invita a farsi coccolare. Nonostante anche Malcolm lo coccoli – non si direbbe – il cane percepisce la differenza caratteriale.  Annuisce all’invito della donna, dopo uno sguardo titubante e vagamente ansioso, della serie “ne sei sicura?”. Poi però si avvicina al cane e stacca il guinzaglio dalla pettorina, accarezzandolo brevemente con una presa vigorosa, come a ricordargli il buon comportamento da tenere. Nel frattempo torna su Mason a cui risponde un prevedibilissimo e formalissimo: «Bene, grazie. E lei?» una risposta meramente da copione, per quanto ammantata di cortesia.
Ginevra
«nemmeno io» replica a Mason «ma le puntate di Law&Order all'università le ho viste tutte!» e intanto sta raggiungendo quello spazio in cui poi accogliere il cucciolo, il tono che usa è tranquillo, lei non è una che trascina rancori, sono rari i casi in cui un diverbio, una discussione, punti di vista differenti, possono portarla a mantenere aperte le ostilità con qualcuno. Mentre è ormai accovacciata per ricevere Buck, risponde a Mason «ah si, certo, va benissimo, puoi intestarlo alla libreria ... Coffee Pet Restaurant» gli ricorda anche il nome che non si sa mai. E quando il cane arriva tra le sue braccia lo circonda in un abbraccio per prima cosa «Lo sai che ora Cleo è gelosa, eh? Lo sai?» si fa indietro quanto basta a star con la faccia davanti al muso del lupetto, gli accarezza energicamente il collo cercando di evitare che le salti addosso e, vista la posizione, la sbatta per terra.
Mason
Sorride, leggermente divertito alla citazione a Law&Order senza commentare, perchè preso a soffocare internamente una risatina. Che il cane lo eviti è cosa bella, visto che lui, quando se lo vede venire vicino, si pietrifica totalmente, non a suo agio, nemmeno un po', in una situazione del genere, ma come detto, fortunatamente, il cane lo scansa e tira un sospiro di sollievo «Non si preoccupi» si rivolge a Malcolm «Non tutti hanno la fortuna di avere la sua fama» un leggero sorriso «Ah, ho letto il suo articolo, quello relativo all'incidente» e si gira, a compilare sul bancone il suo assegno, inserendo i dati detti dalla donna. E restando girato torna a parlare «Caso interessante, pare, da come lo scrive, si vede che effettivamente non è da sport» sorride «É così davvero?» interessante, intende. E dopo aver compilato il tutto, si volta su di Ginevra «Lascio sul bancone» ad informarla e quindi Malcolm «Oh, sto bene, direi, grazie» sorride «Anche perchè c'è bel tempo» sì, le solite cose, insomma, anche lui estremamente da copione «Ad ogni modo, è tempo che vada» prendendosi la propria borsa «Mi faccia sapere per La rivolta di Atlante, che ci tengo particolarmente»
Malcolm
E mentre il cane non aspettava altro che giocare con Ginevra, per quanto abbia sfogato la sua iperattività al centro come un bambino all’asilo, Malcolm osserva la scena di Buck che si strofina tutto contro la padrona e cerca di leccarla, cosa che non prova a fare col giornalista avendo capito che non gli piace quell’esternazione. Malcolm osserva Mason, tra l’altro avendo notato la sua avversione per i cani su cui non commenta nulla. Si dedica alla conversazione che l’uomo d’affari intavola e riguardo alla fama, replica: «E’ solo un nome in fondo ad un articolo» come a significare che non c’è poi tutta questa fama a livello comune, di gente che ti riconosce per strada. Sentendo dell’articolo annuisce col solito atteggiamento imperturbabile: «Bene. Spero sia stato di suo gradimento.» risponde in tono serio e come farebbe un qualunque giornalista, a cui in fondo interessa anche avere l’apprezzamento dei lettori. A Malcolm però non sembra fregare molto e il fare glaciale comunque rende difficile capirci qualcosa. Lo ascolta e aggrotta un momento la fronte alla domanda dell’uomo: «Che intende?» perché ha capito sinceramente cosa voglia chiedere. Se si riferisce alla vicenda da classificare come incidente o come omicidio, o a cos’altro. Poi annuisce al sapere come sta l’altro con in mezzo la menzione del tempo.
Ginevra
Malcolm sa che Ginevra non ha la tv, ma che all'università nella stanza del college ci fosse quella della coinquilina è facilmente immaginabile. Ascolta i due mentre parlano dell'articolo sui Jackson e per qualche istante si fa pensierosa, senza per altro smettere di coccolare Buck. Infine si alza, lasciando il cane a se stesso, si limita a indicargli uno "stai seduto" che è ben lungi dall'avere il tono di un ordine. «Ma certo» annuendo alle ultime parole di Mason «e grazie ancora per...» si stringe nelle spalle «..tutto» torna verso il bancone intanto e fa scivolare l'assegno, dopo avervi posato la mano sopra, sul piano di legno mentre raggiunge la cassa. Lo sguardo si posa su Malcolm e lì rimane mentre ripone l'assegno dopo aver registrato l'incasso di cui porge la ricevuta a Mason «a te...»
Mason
Alza un sopracciglio alle parole di Malcolm «Come che intendo? Lo ha scritto lei l'articolo, il titolo era sull'incidente che potrebbe essere un omicidio. Ma fino a che non è omicidio, è incidente...» perplesso dalla domanda dell'uomo, in ogni caso scuote il capo, anche perchè è già in procinto di abbandonare i due «Grazie a lei» in replica «E arrivederla, Miss Durand» sguardo verso di Malcolm «Mister Barnes» e quindi, evitando come la peste il cane, si dirige all'uscita, per varcarla poco dopo.
Malcolm
Mugugna alla precisazione di Mason, mantenendo un’espressione granitica: «Be’, se vuole conoscere gli sviluppi, tenga d’occhio il giornale.» risponde con un tono tranquillo ma serio, allargando un po’ le braccia. Successivamente lo saluta educatamente: «Buon proseguimento signor LaBauve.» e quindi lo segue con lo sguardo fino all’uscita. Solo quando Mason sarà fuori dalla libreria, Malcolm cerca la compagna con lo sguardo. Il cane intanto se ne sta sdraiato tranquillo e quasi sonnacchioso. «Era così scontata la domanda?» chiede a Ginevra, pensieroso per un momento, ed aggiunge alzando un sopracciglio: «Starò invecchiando.» se c’è ironia nella frase, proprio non si sente. Cerca di avvicinarsi un po’ a lei ora, per un abbraccio.
Ginevra
Segue anche lei Mason con lo sguardo mentre esce, porta poi l'attenzione su Malcolm «mh?» domanda perplessa, evidentemente assorta in qualche pensiero mentre osservava Mason, non ha sentito la domanda di Malcolm, scuote appena il capo quindi «scusa...» a scusarsi proprio di quella distrazione e del mancato ascolto, si sposta poi per uscire dal bancone e avvicinare Malcolm che fa lo stesso verso di lei. Non lo abbraccia, ma si lascia abbracciare, appoggiando le mani al suo petto, in modo da essere circondata dalle braccia di lui, chiudendosi in una specie di posizione per nascondersi.
Malcolm
Osserva Ginevra che era distratta e ci legge qualcosa di strano, non tanto nella distrazione, quanto nel suo comportamento generale. Così non risponde ma la abbraccia, la circonda in modo molto protettivo e rassicurante perché sembra capire questo bisogno dal suo atteggiamento. La stringe a sé con affetto, un braccio si solleva fino a far arrivare la mano sulla sua testa, delicatamente. Le dà un bacio rapido sui capelli, posandoci giusto le labbra, col capo chino. «Che succede?» le domanda quindi, solo adesso, solo quando Ginevra si sarà sentita al sicuro se vuole.
Ginevra
Si lascia abbracciare, col viso nascosto sul suo petto, restando così, immobile nei primi momenti, si stringe nelle spalle, restando però circondata dalle braccia di Malcolm, come fossero una gabbia di protezione in cui restar nascosta «è stata una brutta giornata» gli risponde con tono un po' imbronciato, come fosse il capriccio di una bambina. Non lo è di certo, solo un capriccio. Nonostante il non aver rancori o strascichi verso le persone con cui ha parlato, molte delle cose che ha ascoltato l'hanno colpita e turbata.
Malcolm
La tiene raccolta fra le sue braccia e la ascolta nella breve ma significativa risposta. «Vuoi parlarne?» chiede con molta semplicità, accarezzandola un po’ sulla schiena. «Vieni, andiamo a sederci sul divano mh?» le domanda retoricamente, cercando di condurla lì senza però lasciarla. Buck se ne sta comunque tranquillo, sdraiato lì dov’è, probabilmente è stanco anche lui di tutto il tempo passato a fare attività.
Ginevra
Sospira e si sposta con lui verso il divano, lo sguardo le va verso la porta della libreria, aperta sull'esterno, ma c'è Korinne a occuparsi di tutto, si siede quindi e passa le mani sul viso premendo con forza «non c'è un granché da dire» quasi sbuffa «non credo di voler fare quell'articolo» abbassa lo sguardo nel dirlo, come se fosse un'ammissione di cui si vergogna.
Malcolm
La accompagna fino al divano, mette da parte la borsa e il guinzaglio, cerca di tenere un braccio dietro la sua schiena. La ascolta e la osserva, dedicandole tutta l’attenzione, e dopo un momento di silenzio alle sue parole replica: «Ci sono passato da quella espressione.» e indica rapidamente e vagamente il suo viso, riferendosi chiaramente alla volontà di abbandonare l’articolo e alla vergogna nell’ammetterlo. E’ un po’ come per ricordarle che qualunque cosa sia avvenuta, lui la capisce e Ginevra non è sola. Quindi aggiunge: «Perché? Cosa è cambiato oggi?» domanda, sapendo che deve essere scattato qualcosa nella testa di Ginevra tale da farle cambiare idea. Il tono di voce è pacato e gentile, quanto mai attento ed affettuoso.
Ginevra
Si gira a guardarlo quando le dice di esser passato per quell'espressione, lo guarda con aria incredula, non che sia un'espressione accentuata, ma da come lo sguarda si comprende che non crede che Malcolm possa aver mai pensato di abbandonare un articolo. Resta voltata verso di lui, ma abbassa lo sguardo alle sue domande, in silenzio come se non le avesse sentite o come se non volesse rispondere «è che non lo voglio sapere» scuote appena il capo, è un movimento appena accennato «non voglio guardarli in faccia e sapere cosa pensano e rendermi conto che...» si stringe nelle spalle «è colpa loro. Succede, può succedere e continuare a succedere perché loro sono così» corruga la fronte e torna al silenzio, prima di alzare lo sguardo su Malcolm «tu» fa una pausa in cui decide se proseguire o meno «tu, cosa pensi di questa storia?» riferendosi a Trishelle e a tutto l'accaduto sul suo caso.
Malcolm
Nota l’espressione di Ginevra e ne intuisce più o meno il pensiero: «Cosa? Lo sai che ho rifiutato questo caso.» spiega stringendosi nelle spalle, pur con una certa amarezza a riguardo. A questo si riferisce: sebbene i suoi siano stati motivi diversi, il risultato è stato lo stesso, la volontà di non scrivere. Comunque tace, perché questo non ha importanza, e la ascolta, comprendendo almeno in parte il problema. «Cosa ti hanno risposto le persone a cui hai chiesto pareri?» domanda quindi, per approfondire la questione. La domanda sembra prenderlo un attimo alla sprovvista, non si aspettava che Ginevra chiedesse anche a lui. «Lo sai cosa penso. Ti ho invogliata a mettere nero su bianco quelle statistiche, evidentemente è perché ci credo.» spiega rapidamente, stringendola meglio a sé dato che fino a prova contraria la sta ancora abbracciando. Dopo qualche istante però prosegue, anche se il suo commento in merito sembrava finito: «Io non sono in grado di verificare cosa effettivamente abbia fatto la polizia o la procura, al di là delle informazioni contrastanti che vengono riportate. Ma non è questo il punto. Trishelle è, purtroppo, solo un caso come tanti, è un bias sociale prima di ogni cavillo legale contingente. E a quanto pare tu lo stai verificando. La giustizia troppo spesso va dietro a fantasmi inesistenti e si perde tutto il resto.» commenta, cercando ora di alzarsi per andare a prendere due tazze di caffè così da portarne una anche a Ginevra.
Ginevra
Lo ascolta e lascia che si alzi restando in silenzio e pensierosa, lo sguardo va su Buck, addormentato a terra e ignaro di Cleo che gli gira attorno annusandolo con cautela. Corruga appena la fronte a guardare quella scena. Non la trova particolarmente insolita, le storie di profondo amore tra cani e gatti sono tantissime. Compresa quella tra lei e Malcolm. Quando il giornalista torna con i caffè «Grazie» prende la tazza con entrambe le mani, ne osserva il contenuto «la giustizia è solo l'ultimo anello della catena» sospira e corruga la fronte, avvicina lentamente la tazza alle labbra e beve un piccolo sorso di caffè «Henry Taggart non mi ha risposto nulla per paura di essere mandato a letto senza cena» scuote il capo «è nella categoria di quelli che si preoccupano solo del proprio orticello, quindi "se può crearmi un problema, non prendo posizione"» piega le labbra ed espira dal naso «Mason invece» beve ancora un sorso di caffè «assoluta e completa ignoranza sull'argomento, non sa, e forse non gli importa, cosa succede durante uno stupro e» alza le spalle «se così tanti sono fuori è perché sono innocenti, no?» sbuffa «gli studenti universitari si dividono principalmente tra le ragazze che sostengono l'inutilità dell'esporsi con delle denunce e i ragazzi che ridono come dei cretini ebeti come se avessero undici anni e avessero trovato il primo Play Boy della loro vita» scuote il capo «in linea di massima eh, poi ci sono piccole punte discordanti da questi due filoni principali tra gli universitari» Avvicina il busto al tavolo e posa la tazza «e ci chiediamo perché le statistiche dicono quello che dicono?»
Joyce
Oggi è giornata di spaccio. La mise è quella: felpone grigio con il cappuccio e i laccetti dondolanti, leggings neri e scarpette da ginnastica bianche. E il modo spiritato in cui si presenta davanti alle vetrine della libreria ricorda un po’ la sua visita post “inaugurazione con delitto”. Anche in questo caso si fa il doppio giro, avanti e indietro, non si capisce se per cercare di intercettare la figura di Ginevra, con cui eventualmente contrattare la possibilità di entrare, o per semplice indecisione che la spinge a prendere tempo, come a capire se rimanere o proseguire per la sua strada.
Malcolm
Le porge la tazza e torna a sedersi a fianco alla compagna, dando uno sguardo al cane. Non si era reso conto che stava dormendo. «Esattamente.» dice riguardo alla giustizia come ultimo anello, proprio per questo ha parlato di “bias sociale” prima dei cavilli legali. La ascolta poi in quello sfogo sugli intervistati, di Henry certamente non si sorprende, conosce bene il tipo ormai, Mason non sa chi sia (per lui è il signor LaBauve) ma non ha importanza, conta quello che pensa. O meglio quello che non pensa. Annuisce al discorso di Ginevra, nulla da eccepire insomma, è stato all’università anche lui, benché fosse tutto tranne che uno studente pseudo-undicenne con la metaforica rivista spinta. «Vuoi sapere chi è il presunto colpevole di cui non hanno fatto nome?» domanda a Ginevra, osservandola, ma attende la sua risposta prima di dare l’identità della persona accusata.
Ginevra
Si gira quasi di scatto verso di lui, la fronte corrugata «tu sai chi è?» decisamente sorpresa dall'apprenderlo. Resta a labbra dischiuse nel rimandare la risposta, sta riflettendo sulle implicazioni del conoscere quel nome. Porta lo sguardo sulla porta aperta e vede passare la nostra spacciatrice preferita, ma non sembra farci caso, è solo dopo che è passata la prima volta sparendo alla vista che commenta «ma quella era Joyce» perplessa, le verrà mal di testa con tutte queste perplessità che si affollano «si, voglio saperlo. Joyce!» risponde a Malcolm e poi ecco che ripassa Joyce e quindi la chiama.
Joyce
Che decida di voler entrare o meno passa in secondo piano, tanto è Ginevra a deciderlo. Quando viene rintracciata dalla proprietaria, infatti, fa capolino all’interno abbastanza in fretta, sarà anche che non vuole essere scambiata davvero per una spacciatrice e così aumentare la fama spettrale della povera libreria innocente. «Ehi» la saluta frettolosamente, con quell’aria vagamente frenetica, di chi ha bevuto un’ottantina di caffè appena ed è già pronto a dire trilioni di cose. Ma Malcolm lo intercetta istantaneamente, quindi dopo essersi infiltrata dentro a scatti si ferma ufficialmente per qualche secondo, sul posto. Ora indubbiamente sarà strano, per lei, essersi faticosamente abituata al barbone e poi ritrovarselo di nuovo con un tetto sopra la testa, quello di Ginevra, poi. «Ehi» parte seconda. Forse ora si riferisce a Malcolm, o forse si è inceppata. «Passavo qua, più o meno, ma non volevo rompere, mi fermo solo un attimo» li avvisa, come se il solo fatto che ci sia anche Malcolm la renda improvvisamente sicura che *sta* disturbando.
Malcolm
Annuisce seriamente, anche se con una lieve aria da “secondo te non lo so?”, manco dovesse sempre sapere tutto lui. «Me lo ha detto l’avvocato Moreau quando mi ha parlato del caso.» le chiarisce. Perché l’abbia taciuto non lo spiega, ma è facilmente comprensibile che non si mette a divulgare informazioni che non si vogliono neanche far conoscere, per giunta quando lui è fuori dal caso. Per Ginevra chiaramente fa un’eccezione, perché ripone fiducia della sua discrezione. Nel sentire di Joyce, scatta in piedi quasi automaticamente. Rilassarsi, mai… «Victor Alexander Spencer, unico erede della famiglia Spencer, ed Assistente CEO della catena di alberghi Chateau Louis Resort» questa l’identità dell’accusato, non trapelata dalla stampa. Intanto lo sguardo va a Joyce, mentre sta lì in piedi, rigido e più teso, ad aspettare che entri, diviso tra il restare accanto a Ginevra ripetendosi che non c’è nulla di male se Joyce li vede insieme, che tanto sa della loro relazione, e dall’altra parte le sue infinite paranoie e in più l’ultimo incontro con la “spacciatrice”. Il risultato è che resta lì, bloccato, a picchiettare un po’ le dita sulla gamba. «Buonasera Miss Mathison.» saluta, nel massimo dell’imbarazzo, quando Joyce entra e “saluta”. E magari lo guarda pure con aria un po’ stranita, chi lo sa. Lui continua a non sapere cosa fare, quindi a meno di intervento provvidenziale di Ginevra, resta quasi immobile a sprofondare un po’ nell’ansia. Porta lo sguardo su Buck, un cucciolo di lupo cecoslovacco di quattro mesi, che prima dormiva e ora ovviamente si è ridestato alla grande e si avvicina a Joyce per annusarla e conoscerla.
Ginevra
Serra le labbra sentendo il nome e lo sguardo dalla porta torna su Malcolm che è scattato in piedi, lo guarda perplessa e poi osserva quel modo strano di Joyce e di nuovo corruga la fronte e ci vorrebbe qualcosa di forte, perché altre perplessità potrebbe non reggerle e mettersi a piangere battendo i piedi a terra. «Non dire sciocchezze, vieni che prendo il Rum... anzi no, vado a prendere il Whisky di sopra, mh?» si alza quindi, come se niente fosse, non si direbbe che Malcolm è appena stato punto dal divano. Appoggia una mano sul suo braccio nell'aggiungere «torno subito, sedetevi pure intanto» e si sposta senza attendere per raggiungere la scala che porta al piano di sopra che sale passando una mano sulla fronte e chiedendosi se può farcela ad arrivare a fine giornata, scompare quindi oltre la porta dell'appartamento al piano di sopra. Cleo si infila in casa con lei, il risveglio del lupo non è stato gradito dalla micina.
Joyce
Beh, se il caro Malcolm non voleva essere guardato, indubbiamente non doveva farsi trovare sull’attenti al suo ingresso. La sua attenzione cade su di lui per infiniti motivi. Per l’ultimo incontro senza dubbio, perché fondamentalmente ormai credeva di dovergli portare ogni tanto del cibo e qualche foglio di giornale per coprirlo sulla panca. Ma anche per il modo in cui Mirtillo si presenta in tutto il suo splendore, con quella specie di imbarazzo che lei chissà come interpreta. Non ci è dato saperlo, perché l’espressione di Joyce è accigliata a livelli avanzati, quindi difficile leggere in mezzo a tutte quelle fronde. Ginevra capisce sempre tutto e va sopra a prendere le scorte d’alcol, lei annuisce appena quando li invita a sedere perché è distratta dal cucciolo che improvvisamente sbuca dal nulla – per lei, perché non lo aveva notato – e lo osserva sbattendo le palpebre con aria confusa. Un «Ehi» anche a Buck, detto con lo stesso tono, non può mancare, e dopo qualche lungo istante di staticità totale, in cui il povero cucciolotto non ha potuto che annusarne le ginocchia, gli concede la sua attenzione chinandosi su di lui, per lasciargli qualche pacca delicata sul pelo morbido. «Di chi è?» domanda tornando ad alzare gli occhi su Malcolm, ora con espressione più distesa. Non le è passata la frenesia, però, perché un altro paio di secondi e si raddrizza di nuovo, puntando a una sedia che trascinerebbe accanto al divano – così siamo vicini vicini, Mal! «Allora» inizia con tono pratico, come se in realtà sia venuta su appuntamento per discutere di affari importanti con l’uomo. «Ho letto l’articolo. Sappiamo come l’ha presa il nostro amichetto in comune?» domanda con un ghigno obliquo che ha poco del sorriso.
Malcolm
Lo “splendore” di Malcolm, per gli assenti all’inizio, è un completo di giacca e pantaloni scuro e una camicia blu scuro. Semplice semplice. Ci sono poi quei segni di insonnia e di stanchezza più o meno evidenti sul volto, ma che passano anche un po’ in sordina considerando l’aria granitica e austera del giornalista. La compagna parla, rompendo la pesantezza di quel silenzio fra i due, ma l’uomo non realizza proprio subito quel cambio gradito da rum a whiskey, perché è proprio in quell’impasse profonda da cui Ginevra sembra un po’ riscuoterlo toccandogli il braccio. Infatti la smette quasi immediatamente di battere le dita sulla gamba e si volta verso la compagna, annuisce e si risiede un po’ titubante sul divano. Osserva Joyce alle prese col cucciolo. Oltre alla borsa da lavoro, sul divano, accanto a Malcolm stesso c’è un guinzaglio rosso, per cui la risposta alla domanda dell’artista pare semplice. «Nostro. Di Ginevra e mio.» specifica serio e un po’ a disagio, come se ce ne fosse bisogno del chiarimento sul “nostro”. «L’abbiamo preso al canile. Cioè.. io l’ho preso al canile.» si corregge, ma riflettendo trova ancora qualcosa di sbagliato o inesatto, quindi aggrotta la fronte e per un bisogno compulsivo di precisione aggiunge: «E’ stata una sorpresa.» ancora non corretto «Non il cane in sé, ma il giorno e l’esemplare…» nel frattempo Joyce dovrebbe essere già posizionata sulla sedia, il che non diminuisce il disagio di Malcolm, che continua a stare dritto e rigido sul divano in una postura quasi stereotipata. Meglio cambiare discorso, sì. Guarda Joyce quando gli pone quella domanda: «No.» replica senza alcun tono particolare. «Per ora attendiamo qualche novità, qualche increspatura nello stagno.» metafora per indicare qualcosa che si smuove nel silenzio generale. Spesso occhieggia verso la scala desideroso di ritrovare la presenza della compagna.
Ginevra
Torna dal piano di sopra con la bottiglia e quattro bicchieri, uno anche per Korinne che sta lavorando, ma ormai si va verso la chiusura, quindi che importa. Joyce può aver notato sui vari tavoli le cartoline pro-Trishelle che sono appese anche sulle vetrine. Certo non immagina che i due siano passati dal cane a Margos di cui Ginevra ha raccontato a Malcolm solo l'essenziale e quindi lui si augura che lo stagno di increspi, mentre Ginevra spera l'esatto contrario. In qualsiasi caso torna verso il divano e posa il vassoio sul tavolinetto e si risiede. Espira profondamente e va ad aprire la bottiglia «Come stai Joyce?» le domanda iniziando a riempire i bicchieri.
Joyce
Mentre fa amicizia col cucciolotto, Malcolm le dà una risposta iniziale che le fa alzare lo sguardo brevemente. La sua reazione era già pronta, ma poiché il giornalista non sembra soddisfatto e continua a elargire informazioni a più riprese, lei attende pazientemente che l’operazione si concluda, mentre pacatamente si prende una sedia, si accomoda con moooooolta più disinvoltura e comodità rispetto alla posa del fu barbone, ormai di nuovo rigida e composta – perché, perché non l’ha fotografato? Ora non ci crederà più nemmeno lei quando ripenserà a quel giorno di (mancata) gloria. Alla fine, quando Malcolm si ferma, elargisce con molta, moooolta indolenza – probabilmente voluta – un sorriso che va allargandosi. Non uno dei suoi ghigni brutti e paurosi, ma un sorriso di quelli definibili tali. È tutto quello che gli concede, senza commenti. Ora, si potrebbe dire che questa sia una cosa bella e carina da parte sua. Ma in fondo Malcolm è capacissimo di sentirsi a disagio anche per quella sua esternazione, quindi magari può essere tacciata di crudeltà anche in questo caso. Umpf. «Come si chiama?» domanda con un’altra occhiata al cucciolo, che osserva con un leggero cipiglio da ‘ti sto studiando, però penso che mi piaci’. Quando sente delle novità che stanno attendendo, la sua espressione torna a somigliare molto di più a quei ghigni per niente sorridenti, ma quasi ostili. «Ah. E sotto quale forma le stiamo aspettando, queste increspature?» cerca di non domandarlo in maniera ironica, ma di conseguenza il tono viene fuori un po’ rozzo. Incrocia pure le braccia. «Cioè vorrei farmi un’idea» spiega, ma in realtà non si spiega proprio apertamente. Intanto torna Ginevra con le scorte, e lei la osserva silenziosamente per qualche secondo, prima di sentirsi porre la domanda di routine. Sembra quasi scoccarle un’occhiataccia di tutta risposta, ma forse è un’impressione. Con Joyce non si può mai dire, no? «Mah tutto ok» risponde tutto attaccato, in un solo sospiro che esce fuori con lentezza, alzando le braccia conserte e facendole ricadere sull’addome. «Voi?» domanda al plurale guardando entrambi, ché lei è una personcina educata (?!).
Malcolm
«Buck» risponde riguardo al nome del cane. «E’ un cane lupo cecoslovacco di quattro mesi.» specifica, per onor di completezza. A proposito invece delle novità da attendere riguardo al caso, spiega senza curarsi minimamente dei ghigni ostili di Joyce, almeno non in apparenza: «Risposte dalla polizia, fondamentalmente. Hanno tutti gli elementi della nostra indagine» sì perché mica l’ha fatta la polizia, l’hanno portata avanti lui e Ginevra, con la partecipazione speciale di Joyce e Aleksander. «Per ora, dalla polizia e dalla procura c’è silenzio radio.» precisa. Poi, se attende altre forme di novità, non è dato sapersi, bisogna limitarsi a quello che dice. Segue Ginevra in tutto il percorso che la porta dal retrobancone al divano e da quel punto tace, lasciando parlare le due donnine. Fa la sua parte nel dire come stanno, ma prima dà giustamente un’occhiata alla compagna, pure per sincerarsi. Annuisce: «Bene.» lapidario come sempre, ma il tono è pacato. Si prenderà il bicchiere di whiskey destinato a lui e aspetta Ginevra e Joyce prima di bere.
Ginevra
Fa cenno a Korinne che dopo qualche minuto passa a prendere il bicchiere e se lo porta alla cassa. Ha riempito tutti i bicchieri, riposa la bottiglia «Su cosa vuoi farti un'idea?» alza lo sguardo su di lei e sembra non voler soffermarsi sulla sua risposta che tutto è ok. A lei non sembra tutto ok, ma non commenta. Attende che ognuno prenda il proprio bicchiere con lo sguardo che va verso Malcolm, a controllare che stia bene. Prende poi anche lei il bicchiere e ne beve subito un sorso «una giornata da schifo» risponde a Joyce, in evidente contrasto con quanto appena espresso da Malcolm. Prende un profondo respiro «tu che ne pensi del caso di Trishelle Tigard?» chiede a Joyce, praticamente a bruciapelo.
Joyce
«Buck» ripete passivamente mentre osserva il cucciolo con concentrazione, forse per testare personalmente l’appellativo e vedere se “funziona”. Non sembra volersi lamentare, quindi forse la cosa funziona, per lei. Schiude la bocca per fare un commento ma poi la richiude quando Malcolm aggiunge la specifica del “silenzio radio” di polizia e procura. «Promettente» lo sbuffa più con l’aria di volerlo ringhiare, invece cerca di mantenersi sul sarcastico latente. «Speriamo che non devono aspettare che le increspature arrivano dagli altri per intervenire» rimarca, ma poi cambia modo di approcciarsi alla cosa quando Ginevra si unisce e le fa una domanda in proposito. «Su quello che possiamo aspettarci da quel nostro caro amico che conosce il nostro amicone Homer, prima che la polizia decida di farselo amico» ai posteri decidere se le sia venuta meglio la metafora illegittima – e sgrammaticata – con le increspature o con la sfilza di ‘amiconi’. Si sofferma rapidamente su Malcolm con una leggera occhiata scettica, non tanto perché in questo caso non gli creda, ma perché tanto la risposta del Mirtillo è sempre quella, quindi inutile che si scomodi. Ginevra invece dà un’altra versione, e la osserva senza espressioni di simpatia o compassione. «Che hai passato?» la invita semplicemente a spiegare, sistemando le braccia conserte come a prepararsi a un appassionato resoconto. Poi le arriva una domanda contro a bruciapelo, ma non strabuzza gli occhi né la guarda come fosse impazzita. D’altronde non può non aver notato i manifesti fuori né magari le cartoline dentro. «Che devo pensare. Che posso pensare» risponde all’inizio con fare molto riduttivo. Poi aggiunge «Certo che è una bella novità che adesso si mettono a giocare allo scaricabarile nelle interviste, che manco le mie compagne di liceo quando dovevano giustificare perché avevano linciato una che voleva entrare nel loro club di stocazzo». Che dire, indubbiamente la musicista ha il suo modo ‘colorato’ di esporre idee (?).
Malcolm
Si stringe nelle spalle all’ipotesi del comportamento della polizia, a dire che non ci può fare niente, avendo fatto più del suo dovere. Poi ricambia l’occhiata di Ginevra con una più tranquilla di prima sicuramente, anche se c’è sempre un po’ di tensione di fondo, evidente per gli occhi allenati già dal comportamento, lo stare sempre all’erta. Alla domanda di Gineva su Trishelle, volge lo sguardo a Joyce nuovamente, in attesa di ascoltare la sua risposta. Poco dopo comunque Buck torna dritto da Malcolm, cercando attenzioni, guaisce allungandosi nelle sue dimensioni da quattro mesi per cercare di posare la testolina sulla gamba del giornalista. «Credo abbia fame.» conclude rivolgendosi principalmente a Ginevra verso cui occhieggia. Il tono comunque è sicuro, in realtà sa quasi con certezza che ha fame perché si impara presto a riconoscere i segnali. «Vado a dargli da mangiare» commenta e questo significa che tornerà alla casa sul lago. Per questo rivolge ancora uno sguardo d’intesa alla compagna, mentre attacca il guinzaglio all’aggancio sulla pettorina del cane. Si riprende la borsa dal lavoro e fa per alzarsi: «Buona continuazione ad entrambe. Arrivederci Miss Mathison.» si congeda pacificamente, sgusciando poi via preceduto dal cane che, capita l’antifona, è ben felice di avviarsi, trotterellando a fianco al giornalista.
Ginevra
Piega le labbra sentendo l'argomento trattato dai due «se si muovono come per l'arciere, siamo fregati» beve ancora un sorso di Whisky, abbastanza lungo, scuote poi il capo alla domanda che vuole approfondire il come sta e perché, la lascia cadere lì, ascoltando la risposta di Joyce su Trishelle. Porta lo sguardo su Malcolm prima di tornare sulla donna «Quindi il tuo parere è che non avrebbero dovuto parlarne?» chiede a chiarimento e sintesi. Guarda il cane quindi che si avvicina, resta con lo sguardo sulla bestiola (?) e annuisce poi a Malcolm «a dopo» lo saluta laconicamente per riportare l'attenzione su Joyce.
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wwffb · 7 years ago
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Lezioni di Succurro Feram
22:06 7/9 Rebekha_Grimes (pomeriggio estivo | salone edificio w.w.f.f.b.) Nel mezzo di quel riparo magico che è Diagon Alley a aria (e soprattutto di ossigeno) ci pensa il palazzo del W.W.F.F.B. grazie al giardino verticale che ne ricopre la facciata, cosa che lo rende davvero facile da individuare. Sulla soglia a dare il benvenuto come sempre c’è il cavalletto animato - che saltella in giro come un Crup entusiasta della gente - lui che invita le persone a rifugiarsi all`interno per una tazza di tè, o una bevanda fresca o anche solo per fare la scoperta della natura stupenda che la circonda. Superato l’ingresso, quello con l’enorme bancone informativo dove gli addetti sono felici di fare la loro parte sopratutto perché ci sono gli studenti in tirocinio che ancora smaniano per quelle ultime giornate di pseudo lavoro. Il posta dà fin dal principio una percezione di freschezza e leggerezza, dovuta alla quantità un tantino esagerata di flora sparsa tutt`attorno nella stanza. Si accede cosi` all’enorme salone del WWFFB: con finestre e soffitto altissimo, tanto per aumentare l’idea di arioso e leggero –le travi poi sono decorate di rampicanti su cui svolazzano già un paio di fatine -, qui nel salone si trovano diverse tavolate di vendita e informazione; dall’angolo “Utopia", alla pubblicità di "Do The Hippogriff", dei "Wands on Fire”… che aiutano quel cicaleccio di volontari e visitatori che scambiano informazioni. Ovviamente lo stand che attira di più l’attenzione è la tavolata “adozioni”, con le sfere incantate in bella mostra e tutti i “gadgets”. Ma sono le riproduzioni di oasi del WWFFB in miniatura, una meraviglia di meccanica magica, che catalizzano lo sguardo di ogni persona che entra. Sulle pareti si trovano enormi cartelloni dedicati a diverse creature magiche, alle campagne in corso e agli appuntamenti previsti nei giorni a seguire. Ci sono i “civili” che vi passeggiano rapiti e poi ci sono gli schiavetti, molto entusiasti e felici di rendersi utili per carità, ma pur sempre schiavetti. Bekha è una di loro. Ha raccolto i capelli, probabilmente sperando che si nota di meno se prende a mutare come una pazza sotto acidi. Li ha raccolti in un nodo, una crocchia intrecciata insomma, alla base della nuca. I colori per adesso sono il biondo naturale, quello color grano, quello raggio di sole estivo. Solo un paio di ciuffi sfuggono, quelli più cortina anche se arrivano a toccare quasi le spalle. Ciuffi appena mossi che incorniciano il volto. Nonostante i quasi quindici anni va mostrando un viso che presenta ancora qualche tratto infantile, principali colpevoli il nasino da principessina e quelle guanciotte da criceto, che vanno in contrapposizione con un altezza che cerca di svettare, che aumenta sempre di più ad ogni giorno che passa. Unito a ciò c`è un fisico che al momento non solo è longilineo, ma presenta curve, in via di sviluppo, ma che già si vedono. Zero trucco ovviamente -ma non sembra servirle per sua troppa fortuna- le lascia il volto pulito e più giovanile dove gli occhi dal taglio da gatta sono i protagonisti. Occhi che oggi sembrano restare di quel colore indefinito chiaro sul verde azzurro. Indossa la maglietta del w.w.f.f.b.. Quindi maglietta bianca, marchio sul petto, petto che tira forse troppo la stoffa. La maglia, dopo aver creato uno sbuffo in vita, finisce infilata in un paio di shorts a vita bassa, ma non troppo color giallo pallido, un completo che decisamente fascia bene il fisico della ragazza e che lascia scoperte le lunghe gambe lunghe. Indossa un giacchetto sulla maglietta, di quelli di jeans tagli corto in vita e maniche a tre quarti, sbiadito nel denim e rovinato. Tutto il suo outfit mostra e si sposa con la pelle che è sempre con pesca chiaro, appena appena più ambrato per il tempo passato all’aperto. Ai piedi un paio di converse, modello alto alla caviglia, verde menta. Ha con se la sua bacchetta, il legno di biancospino è visibile dalla tasca posteriore dei pantaloni -a lei Malocchio non glielo ha detto che c’è gente che così ci ha perso una chiappa… e anche lo avesse fatto probabilmente avrebbe risposto come Tonks, forse è una cosa da metamorphmagus- e lei che sta in piedi alle spalle degli habitat attendendo ci poter iniziare la sua lezione. Nervosa come sempre ogni tanto le sue iridi paiono cambiare colore, prendendo toni azzurri più pallidi e scivolando in grigi metallici, non è che pare è che è metamorfa e gestisce male l’ansia. Deglutisce mentre guarda i ragazzi poco più piccoli presenti e pronti per la loro prima lezione. Sospira «buon pomeriggio ragazzi» il tono è calmo, non ha voce squillante lei per natura e l’unica cosa è l’intercalare tipico di Bristol che le segna la voce.
22:22 7/9 Evanna_Winchell ( Pomeriggio | Salone wwffb ) Sarà il fatto che non passa molto tempo all`interno della sede del WWFFB o che interni del genere non li ha mai visti da nessun`altra parte, ma ogni volta che si ritrova a mettere piede all`interno dell`edificio o anche solo dopo aver dato una breve occhiata dalle vetrine, la sua espressione è sempre la stessa: totalmente meravigliata. La sede dell`associazione è un piccolo paradiso terrestre, sia per ciò che contiene all`interno sia per le molteplici persone che lo occupano quasi sempre e che danno, anche loro, vita al posto. Evanna non è lì per caso, affatto, è venuta nello specifico per seguire una piccola lezioncina fornita dall`associazione che, da quanto ha capito, svolgerà proprio una delle sue compagne di casata. Non che abbia scambiato poi così tante parole con la Grimes, ma è pur sempre una Corvonero. Per l`occasione - diciamo così - ha indossato una gonna scura a quadri ed una camicetta bianca non troppo pesante infilata all`interno della gonna stessa, un abbinamento che ricorda un po` l`uniforme scolastica - forse sentiva la mancanza di scuola, in qualche modo. Ai piedi un paio di ballerine nere, mentre i capelli questa volta sono sciolti sulle spalle, con le ciocche davanti infilate appositamente dietro le orecchie per lasciare il viso scoperto. Sulla spalla destra pende una piccola tracolla nera mentre la bacchetta è infilata all`interno della gonna - con il rischio di cadere - sul fianco destro. Il salone è pieno di gente, come al solito, ma non le risulta difficile notare la figura un po` agitata di Bekha fra la gente. Si avvicina con passo lento e un sorriso leggero sulle labbra, le rivolge anche un piccolo cenno del capo - per educazione - nel caso la ragazza si girasse nella sua direzione. E` curiosa di scopire cosa la quintina ha in serbo per loro e nel mentre, si gira intorno alla ricerca di qualche faccia conosciuta che, però, non sembra scorgere da nessuna parte.
22:38 7/9 Gwen_Clover (Salone W.W.F.F.B – pomeriggio estivo) Manca davvero poco alle fine delle vacanze e, poter girare liberamente per Diagon Alley a visitare negozi magici o mangiare qualche boccone in giro, saranno alcune delle cose che le mancheranno moltissimo da Settembre. Quel pomeriggio però, Gwen non sta semplicemente facendo una passeggiata senza una meta precisa ma si dirige con sicurezza verso la sede del WWFFB per poter seguire una lezione fornita dall’associazione stessa. Quel pomeriggio, per praticità, la ragazzina indossa una semplice maglia a maniche corte a righe bianche e blu, uno paio di shorts scuri e un paio di sneakers dello stesso colore blu della maglietta; i capelli castani, per quel giorno, sono raccolti in una coda abbastanza alta e sulle spalle ha poggiato uno zainetto bianco. Una volta varcata la soglia della sede, si dirige verso il salone dove verrà tenuta la lezione. Entrata all’interno non può non trattenersi dal restare con gli occhi leggermente spalancati e l’aria meravigliata e di conseguenza non si avvicina immediatamente alla compagna che terrà la lezione, e per un po’ gironzola di qua e di là per guardare tutte le meraviglie che la circondano. Riempitasi finalmente gli occhi da tutto, si avvina alla ragazza che terrà la lezione e con un largo sorriso saluta «Ciao a tutti!» per poi aspettare curiosa l’inizio della lezione.
22:56 7/9 Damian_Grenville { salone edificio w.w.f.f.b. | 31 agosto} Fino al giorno precedente ciò che due iridi chiare riuscivano a captare tutt`intorno erano aree verdi, case fatte di pietre e frasche e nient`altro, invece ora tutto è tornato al proprio posto: la coscienza di Damian nel corpo di Damian e la coscienza di Séimí nel corpo di Séimí, ognuno nel proprio spazio temporale. L`universo ha ripreso a girare nel verso giusto, almeno per lui. I ciuffi che compongono la zazzera di capelli castani, che ricadono morbidi, oscillano ad ogni movimento causato dai vani tentativi di star dietro al cavalletto animato, saltellando a sua volta come un ranocchio, che lo ha portato fino all`ingresso della sede del WWFFB in cui fa il suo ingresso, spinto dall`aria leggera che giunge alle sue narici quando si affaccia sulla soglia dell`edificio, nel suo sfiorato metro e trenta. La punta delle scarpe, un tempo bianche ma ora solo consumate, fa attrito contro il pavimento e mentre gli occhi dalle iridi scure, incorniciati da lunghe ciglia, osservano l`ambiente interno le mani vanno a stringere l`orlo della maglietta giallo senape, di una taglia più grande rispetto a quella standard, quindi a coprire in parte il bermuda che gli fascia le gambe esili, il quale assume una tinta più simile al verde militare che al verde bottiglia. La propria attenzione è catturata dalla quantità di flora presente nella stanza, la quale viene ammirata con occhi radiosi ma è alla vista dei rampicanti - attorno alle travi, nel salone - che questi si velano lievemente. è l`emozione. Appena lo sguardo sarà distolto, si poserà sull` angolo `adozioni` a cui, in un primo momento, si avvicina per ammirare quell`ingegnosa meccanica -le oasi del WWFFB - che lo lascia a bocca aperta; non sa cosa ammirare prima da quanto il salone è pieno zeppo di roba che degna almeno un minimo d`attenzione: dai vari angoli come quello utopia ai cartelloni sparsi in giro. Una voce calma, seguita da altre, lo scuote dalla propria missione d`ammirazione ed è per questo che si avvicina al resto delle figure, poco più grandi di lui ed è per questo che si va ad intrufolare in una delle prime file - è basso, e fa ricadere lo sguardo su bekah «buon pomeriggio»stira le labbra rosee in un dolce sorriso che appare quasi dipinto su un viso olivastro ma dai lineamenti infantili, tanto che le guance sono paffute e leggermente rosate.
23:21 7/9 Rebekha_Grimes (pomeriggio estivo | salone edificio w.w.f.f.b.) Osserva le varie facce che si trovano del salone e continua a giocare con le due dita, grattandosi le pellicine vicino alle unghie come sintomo di stress. Non che quegli occhi mutevoli e cangianti non mostrino quel certo senso di disagio. Sorride in maniera un po’ tesa ad EVIANNA per quel saluto, perché si di vista ovviamente la ricorda, per il resto lascia correre lo sguardo verso i ragazzi che si sistemano lì vicino. Osserva anche GWEN che prende posto con gli altri e sorride anche a lei. Un sorriso a DAMIAN per quel suo saluto ricambiato e poi gli occhi cangianti girano anche sugli altri. Umetta le labbra prima di cominciare, si schiarisce la voce «bene ragazzi dunque…» un altro sospiro ci sta tutto, si sistema una ciocca dietro l’orecchio «qualcuno di voi sa che cos’è un soccorritore?» domanda lei con un sorriso per poi non aspettare realmente una risposta visto che sorride e riprende a parlare «Il soccorritori sono colore che hanno il compito di recuperare le creature e portarle alle sedi del wwffb più vicini nel caso provviste o meno di ambulatorio» umetta le labbra. «Lo fanno assicurandosi che la creatura sia al sicuro e che nessuno si faccia male» spiega le con calma «si tratta di personale autorizzato ed addestrato a gestire ogni tipo di situazione» sospira «a volte noi pensiamo troppo al nostro punto di vista e poco a quello di quella creatura che ci troviamo davanti» li guarda uno a uno o forse d solo uno sguardo generale molto attento «insomma immaginate di non parlare la lingua della persona che vi trovate davanti, di non conoscerla e che magari ha anche un aspetto così differente da quello che conoscete da inquietarvi… che cosa fareste?» cerca di mostrare un altro punto di vista «probabilmente cerchereste di scappare, ma se la minaccia vi sembra troppo grande magari attacchereste in qualche modo… il più facile possibile anche solo per evitare che il vostro “avversario”» fa anche le virgolette con le dita lei «possa inseguirvi» sospira «so che può sembrare difficile, ma metà delle creature che incontriamo in difficoltà di solito sono spaventate e ferite in qualche modo ed �� proprio per questo che risultano pericolose, per difesa» spiega con calma «i soccorritori del w.w.f.f.b. sono addestrati a trattare con questo genere di creature e cercheranno sempre la strada migliore per salvare sia voi che loro… purtroppo questo non viene assicurato dal ministero che in caso di chiamata penserebbe alla vostra salvaguardia e non a quella della creatura che vi trovate davanti» illustra la differenza «per questo il w.w.f.f.b. raccomanda a tutti di imparare un sempre incanto di chiamata, per permettere ai suoi specialisti di fare il loro lavoro» li guarda per un attimo «domande?» chiede lei con un sorriso gentile.
23:34 7/9 Evanna_Winchell ( Pomeriggio | Salone wwffb ) Osserva anche gli altri studenti arrivare nel punto di raccolta per la lezione mantenendo sul viso un sorriso cordiale nonostante non conosca affatto le facce dei - presumibilmente - primini che raggiungono il piccolo gruppo ormai formato. Quando REBEKHA inizia a parlare, è a lei che presta la totale attenzione, osservandola in quelle movenze un po` agitate mentre spiega quella breve ma necessaria introduzione alla lezione. Alla prima domanda della quintina, farebbe pure per alzare la mano per buttare lì un`ipotesi, ma BEKHA non dà modo di rispondere introducendo lei stessa l`argomento, cosa che la neo-terzina accetta con un piccolo sorriso. Segue il filo del discorso completamente assorta senza interrompere la concasata limitandosi ad attendere la fine per piccole delucidazioni. Alza la mano per chiedere la parole e solo nel caso ricevesse un cenno da parte di BEKHA, andrebbe ad esporre la sua domanda. « Mantenere la calma in situazioni del genere può diventare molto difficile, soprattutto con creature grandi che - come hai detto tu - possono spesso essere spaventate. » Inizia annuendo con il capo « Ma cosa consigli di fare per mantenere la mente lucida e non farsi prendere dal panico? » Domanda infine a lei che evidentemente deve saperne più di loro. « Anche perché bisogna essere lucidi e seri per riuscire a chiamare aiuto, non bisogna agitarsi, né farsi prendere dal panico » commenta per motivare la domanda. E questa, nel caso, sarebbe la sua domanda.
23:48 7/9 Gwen_Clover (Salone W.W.F.F.B – pomeriggio estivo) Lo sguardo di Gwen si sposta sul viso dei ragazzi che hanno preso posto accanto a lei ma, non incontrando lo sguardo di qualcuno che conosce, torna a posarlo sulla ragazza che da lì a poco inizierà la lezione. Quando sembra che tutti siano arrivati, la ragazza davanti a loro prende la parola e Gwen, con assoluto interesse, ascolta tutto senza perdersi una singola parola. Ha sempre avuto a cuore la protezione e la salvaguardia delle specie animale, sia magica che non, e questa sembra proprio la lezione giusta per lei. Continua ad ascoltare le parole di Rebekha e ogni tanto, Gwen annuisce impercettibilmente con la testa, trovandosi perfettamente d’accordo con lei. Alla possibilità di fare una domanda, Gwen alza la mano destra, esattamente come fa a scuola prima di prendere la parola. «Hai detto che metà delle creature che incontriamo sono semplicemente spaventate e ferite e per questo motivo attaccano» comincia a dire Gwen «Ma se la creatura fosse una creatura pericolosa, non ferita e quindi avrebbe come solo scopo quello di attaccarci, che si fa?» chiede curiosa, e sperando di essere un po’ più chiara nella sua domanda aggiunge «Il soccorritore va chiamato soltanto se la creatura è ferita o anche in questi casi di “pericolo”?» conclude, aspettando una risposta.
00:02 8/9 Damian_Grenville { salone edificio w.w.f.f.b | 31 agosto } Prima che bekha inizi la lezione, invadendoli con un fiume di parole rese comprensibili anche ai più piccoli o a chi come Damian si lascia distrarre facilmente, la testa viene inclinata all`indietro il giusto necessario per riuscire a visualizzare i rampicanti - ancora una volta. Alla prima domanda di BEKHA in risposta già emette un verso gutturale, segno di chi ha bisogno di pensarci un attimo e che forse lo sa ma probabilmente no, e per fortuna la quintina lo ha preceduto sennò qui finivamo in argomentazioni assurde. Il discorso è chiaro quando giunge al suo termine e niente domande da parte sua, si limita semplicemente a tenere le orecchie ben tese per riuscire ad udire anche gli interventi più lontani, oltre che a puntare le iridi scure su chiunque prendesse la parola. Infatti, in questo momento è EVANNA che guarda e solo quando lei terminerà di spiegare una determinata situazione in cui chiunque potrebbe capitare e avrà ricevuto una risposta, utile a tutti, lui aprirà bocca «tu fai parte dei soccorritori?» rivolto a BEKHA a cui dedica di nuovo la propria attenzione, in particolare alla sua maglietta che gli fa spuntare un sorriso. Si intrufola nel discorso di GWEN collegandosi all`ultima domanda fornita dalla secondina «e in caso si potessero chiamare i soccorritori anche in determinate situazioni, non sarebbe pericoloso per i soccorritori stessi? insomma potrebbe capitare che la creatura, dato che è pericolosa, possa ferire alcuni soccorritori. Ma soprattutto queste creature dove le portate, poi?» E a questo punto non da più fiato alla voce, fermandosi qui.
00:14 8/9 Rebekha_Grimes (pomeriggio estivo | salone edificio w.w.f.f.b.) Umetta le labbra con un sorriso quando tutti sembrano più o meno seguirla in quel giro introduttivo di una lezione facile e basica quanto importante, almeno a suo avviso. Le iridi prendono sfumature più verdi mentre si volta verso EVIANNA che pone quella prima domanda, le sorride «come hai detto tu mantenere la calma è estremamente importante» va a dire annuendo «so bene che ci sono certe situazioni in cui la calma sembra impossibile, ma…» sospira «dovete sempre pensare che voi avete una scelta, voi siete creature sentenzianti e siete in vantaggio» li guarda «so bene che se vi trovate davanti un drago imbestialito che sputa fuoco o un nundu dal fiato corrosivo per voi sono in vantaggio loro, ma… non è realmente così» spiega con un sospiro «voi siete dotati di magia e sopratutto raziocino per usarla» spiega cercando di dare uno sguardo a tutti in generale «loro sono solo istintive paure e comunicazioni limitate…» umetta le labbra piene e smette di giocare con le dita per strofinarsi le mani lungo le cosce nervosa «insomma so bene che sembra poco al contrario di aliti micidiali, ma fidatevi queste “armi”» di nuovo le virgolette «non hanno limiti se sapete usarle» si mordicchia il labbro «comunque per rispondere alla tua domanda la prima cosa che consiglio sarebbe che voi studiaste… so bene quanto può essere noioso per certi versi» sorride nervosa «ma sapere con chi si ha a che fare potrebbe davvero aiutarvi, la conoscenza è la vostra compagna più importante» sposta lo sguardo su GWEN e le iridi si colorano di un blu profondo, quasi triste a dirsi. Una colorazione molto lenta come una pennellata pigra nelle sue iridi «vedi qui sbagli… pensi che una creatura sia pericolosa solo perché è in grado di fare tanto male…» sospira «conoscete tutti immagino, anche se a grandi linee la classificazione del ministero» li guarda per un attimo «quello non indica la cattiveria o l’aggressività dell’animale, ma quanto può fare male di per se… ci sono casi di animali molto pericolosi allevati… come sapere l’ultimo livello è l’ammazzamaghi…» fa una smorfia come se fosse in disaccordo «ma quello poco prima è solo “maneggiare da esperti” il che dovrebbe farvi pensare che forse semplicemente con le giuste conoscenze e il giusto atteggiamento, studio e preparazione nulla è letale» spiega lei chiara «ovvio con questo non vi spingo ad andare ad accarezzare un Quintaped come fosse un cucciolo di crup… ma vi dico che pensare che non sono cattivi solo perché possono farvi del male… perché anche voi ne potete fare davvero molto a loro anche se non lo comprendete bene» spiega sospirando «sapere se un animale è territoriale o protettivo… o semplicemente comprendere che un knarl non è pericoloso solo è leggermente paranoico e se gli offrite del cibo crederà che vogliate avvelenarlo... questo non lo rende cattivo, è solo la sua natura… così come un avvicino non gode o trae piacere a cavarvi gli occhi, ma se voi danneggiate l’albero di cui è guardiano potrebbe vederlo come un aggressione a cui rispondere» spiega cercando di farsi chiara. Li osserva «ogni creatura ha i suoi motivi, se ci sforziamo di comprenderlo, se abbiamo le conoscenze per farlo… beh è tutto più semplice» li osserva di nuovo gli occhi che sono di un verde brillanti intervallato da venature d’argento molto particolari «quindi il mio consiglio è prendere un grosso respiro e calmarsi, cercare di non sembrare una minaccia, non cercare di avvicinarli o fare gesti avventati e chiamare aiuto»spiega lei andando a recuperare la bacchetta dalla sua tasca, lei lo fa con la mancina ovviamente. Sospira «comunque no, chiamare gli specialisti è la scelta migliore non solo in caso di animale ferito, ma anche in caso di attacco o situazione pericolosa…» sospira «non importa se la creatura è ferita, è solo persa o pericolosa oppure in pericolo è sempre consigliabile chiamare i soccorritori quando trovate una creatura fuori dal suo habitat» spiega lei con un sospiro finale mentre estrae la sua bacchetta. Scuote il capo davanti alla domanda di DAMIAN «no, io sono troppo piccola per una cosa del genere… semplicemente sono una tirocinante» ecco un attimo nervosa come se pensasse che questo non la rendessi qualificata, le iridi mutano in un violetta molto acceso, quasi in un battito di ciglia. Le ciglia scure calano con le palpebre e una volta riaperte sono viola. Li guarda «ma penso che noi siamo il futuro e che il problema maggiore delle creature magiche o no è il rapporto che i maghi istituiscono per mala educazione» sospira «per questo sono stata assegnata a questa lezione perché spero che voi rappresentiate un futuro migliore per i nostri amici a multiple zampe» cerca di spiegarsi per poi guardare di nuovo DAMIAN e sorridere «sono persone molto preparate, addestrate e ben consapevoli di quello che fanno… ovviamente è un lavoro coi suoi rischi, ma loro sono le persone migliori per questo e vi assicuro che faranno la differenza» spiega mentre li osserva «ora qualcuno di voi sa come si richiamano i soccorritori?» domanda mentre la bacchetta risiede ancora nella mancina.
00:31 8/9 Gwen_Clover (Salone W.W.F.F.B – pomeriggio estivo) Gwen ascolta le domande poste dagli altri ragazzi e, considerandole tutte domande legittime, ascolta con assoluto interesse le risposte date da Rebekha. Quando la ragazza risponde alla sua domanda, Gwen la fissa dritta negli occhi e nota le sue iridi scurirsi ma, cercando di non stupirsi più di tanto, continua ad ascoltarla e ogni tanto ad annuire con la testa quando si trova d’accordo con lei. La risposta data da Rebekha è stata davvero esaustiva ed estremamente chiara per la ragazzina: solo da un anno ha cominciato ad approcciarsi a quel mondo che prima non pensava potesse esistere. Grazie a Rebekha ha ricevuto delle risposte a domande che si è da sempre posta e adesso, grazie a lei, tutto le è più chiaro. «Grazie!» le dice con un sorriso. «Sei stata chiarissima e adesso tutto mi è decisamente più chiaro!» aggiunge, continuando a sorriderle. Continua ad ascoltare le domande degli altri ragazzi e le risposte che vengono date, fin quando Rebekha chiede loro chi sa già richiamare i soccorritori. Questa volta la testa di Gwen si sposta ripetutamente da destra a sinistra perché no, non sa proprio come si richiamano i soccorritori.
00:44 8/9 Damian_Grenville { salone edificio w.w.f.f.b | 31 agosto } Mettersi nei panni della creatura che si ha davanti senza fare mosse azzardate e mantenere la calma, lo ha capito. E chiamare i soccorritori, lo farebbe se solo sapesse farlo. Adesso torna ad ammutolirsi ma segue comunque i dialoghi che intercorrono, come meglio riesce, tanto che quando BEKHA arriva a quel punto in cui in cui inizia a nominare una marea di creature di cui non comprende i nomi nè riesce ad immaginarseli poiché non ha la minima idea di che forma possano essere, per questo si trova a corrugare le sopracciglia ad ogni riferimento a creature magiche, formando anche delle leggere rughe d`espressione sulla fronte che però saranno nascoste da ciuffi di capelli che ricadono su di essa. A proprio favore scuote la testolina, senza emettere alcun suono, quando lei fa riferimento alla classificazione del ministero. natobabbani mood. Sorvolando su ciò, alla domanda finale di BEKHA risponderebbe con un semplice «con un incanto di chiamata?» lo ha detto lei, si. Altrimenti mica lo avrebbe saputo, che poi qui si parla di conoscere in altri termini.
00:52 8/9 Rebekha_Grimes (pomeriggio estivo | salone edificio w.w.f.f.b.) Lancia un occhio a quei ragazzi che stanno lì ad osservarla, lei che al momento è così nervosa che cerca di usare tutta la sua concentrazione per non mutare come se non ci fosse un domani. Cosa che probabilmente funziona visto che evita di mostrare capelli multicolor, certo per le iridi è un altro paio di maniche. Il suo genere però è qualcosa di raro e anche fra i maghi essere in grado di mutare forma è qualcosa di speciale. Non che sia ben comprensibile, le iridi restano comunque una parte difficile da inquadrare e a volte può sembrare solo la luce. Sospira guardando DAMIAN confuso e sorride «scusate forse mi sono fatta prendere la mano con gli esempi… ma quello è un po’ il mio punto ci sono così tante creature, così tante peculiarità… non si può capire quello che non si conosce e sicuramente non lo si può proteggere» sorride appena «per questo vi dico che lo studio è il vostro miglior amico» sospira e li osserva «ma non preoccupatevi ad Hogwarts avrete grandi insegnati e vi aiuteranno a conoscere tutto quello che più vi sta a cuore» insomma per lei sono solo all’inizio. Sorride a GWEN quando le vede scuotere il capo, non che sia l’unica, ma l’occhio le cade sulla ragazza, sorride però a DAMIAN per poi annuire al suo dire «in realtà è molto semplice» cerca di tenere un tono calmo e tranquillo «vi basta sollevare la bacchetta e concentrarvi sul vostro scopo» li guarda uno per uno o quasi mentre rimette in tasca la bacchetta, per evitare di utilizzarla per sbaglio, solo una presa corretta e nulla di più ha mostrato «che deve essere chiamare soccorso, per la precisione quello del w.w.f.f.b…. non è difficile richiede solo un po’ di forza di volontà» spiega lei con calma «per questo poi va pronunciato chiaramente "succurro feram”» lo dice piano e scandendolo chiara e precisa con quel tono quasi da maestrina «questo vi permetterà di chiamare i soccorritori, se lo farete correttamente la punta delle vostra bacchetta dovrebbe illuminarsi di una luce bianca» spiega guardandoli per un attimo «ovviamente dovrete avere concentrazione e una forte forza di volontà per un tale richiamo» li guarda uno ad uno «per di più questo incanto non è un gioco nel caso di uso scorretto» sembra anche prendere toni più duri «ci saranno penali da pagare» spiega lei come a dire di non scherzare con un simile argomento. Umetta le labbra «ora perché non provate tutti a ripetere la formula? Tanto per vedere se l’avete compresa correttamente» li guarda «niente bacchette per favore, anche se questo incanto è permesso eviterei di attivare la traccia di ognuno di voi» spiega lei con un sorriso piuttosto divertito, tanto che neanche lei lo esegue davvero. Li guarda per un attimo «se lo fate per bene sono sicura che poi potremo dare un occhiata agli habitat alle mie spalle vedere qualcosa di interessante, magari posso farvi capire quello di cui parlavo prima» ovvero le ventimila creature che ha citato.
01:11 8/9 Gwen_Clover (Salone W.W.F.F.B – pomeriggio estivo) Dando un veloce sguardo intorno a sé nota di non essere l’unica ad aver fatto cenno di no con la testa e questo da una parte la conforta: a quanto pare non è l’unica a non sapere come si fa. Ascolta poi con attenzione la spiegazione di Rebekha cercando ti tenere tutto ben in mente nonostante non ci sia niente di difficile: sollevare la bacchetta, concentrarsi il più possibile nel chiamare un soccorritore del WWFFB e pronunciare la formula. Sembra facile, no? Vorrebbe provarla ma, come dice la ragazza, è meglio evitare di combinare pasticci. Allora pronuncia a voce alta soltanto la formula da dire, così da essere sicura di pronunciarla nel modo giusto e allo stesso tempo memorizzarla ben in mente. «Succurro Feram.. giusto?» le chiede sorridendo, per essere sicura. Al sentir nominare poi gli habitat visti poco prima di cominciare la lezione, gli occhi di Gwen si illuminano e non riuscendo a trattenere l’entusiamo aggiunge contenta «Oh sì, ti prego!» e unisce i palmi delle proprie mani quasi in segno di preghiera.
01:22 8/9 Damian_Grenville {salone edificio w.w.f.f.b | 31 agosto} Annuisce di conseguenza nel sentire le scuse di BEKHA, ma nonostante ciò non osa criticare il suo metodo anzi lo ritiene giusto se solo si sentisse parte di quei discorsi. Non fa molto caso al continuo cambiamento del colore dei suoi occhi, un po` perché ha gli occhi puntati sulla bacchetta e un po` perché dà la colpa alla luce naturale, proveniente dalla finestra alle spalle - o circa - di BEKHA. Per memorizzare la formula ci vorrà un pochino, ci vuole un po` prima di assimilare correttamente, così come per ricordare i nomi delle persone che incontra « su..succurra feum, no aspetta, puoi ripeterlo?» il tono di voce è incerto quando tenta di pronunciare la formula corretta, rendendosi conto di averla sbagliata solo quando la sente pronunciare da GWEN «noo, l`ho sbagliata, quindi ora non posso vedere il quinstaped?! uffa» Quintaped, si quello. Un broncio gli incurva le labbra con un`espressione decisamente mesta sul viso, il tutto accompagnato anche dall`allacciarsi delle braccia al petto.
01:28 8/9 Rebekha_Grimes (pomeriggio estivo | salone edificio w.w.f.f.b.) Osserva i vari ragazzi nella stanza, quelli che si muovono e cercano di capire come fare. Qualcuno probabilmente fa anche qualche tentativo di mimare l’incanto, ma quello che sente provenire dai ragazzi sembra la versione corretta dell’incanto e questo la spinge ad annuire a quelle richieste di conferma. Sorride a GWEN «molto bravi tutti» commenta poi passando agli altri e ridacchia per DAMIAN «tranquillo capita è una formula complessa “succubo feram”» ripete lei al ragazzo «c’eri quasi» lei non è tipo da far sentire male qualcuno sugli errori, non quando c’è la buona volontà. Ovviamente la proposta di fargli vedere gli habitat prende un grande successo, dal sorriso che rimanda ai ragazzi doveva aspettarselo forse perché sono la cosa che in assoluto preferisce anche lei. Annuisce a DAMIAN «neanche solo quello, ridacchia anche se il nome corretto è Quintaped» sorride «c’eri quasi» lo incoraggia. Li guarda tutti per un attimo e sorride «beh nel caso chi vuole» li guarda quasi divertita per quel suo dire «può avvicinarsi agli habitat e vi farò vedere cose interessanti» ormai ci sta troppo tempo attaccata, conosce i comandi senza problemi per questo sembra tranquilla mentre guida i ragazzi a disporsi davanti per poter vedere. Dopotutto sa bene che le lezioni devono catturare l’attenzione e sa anche che la sua essendo troppo teorica rischia di non essere propriamente interessante. Diciamo che quello è un ripagare i ragazzi per la loro attenzione. Va quindi a mostrare i primi habitat, diciamo che parte da i più famosi e non è da escludere che dopo aver mostrato i più importanti e aver illustrato almeno un paio delle creature prima citate non si metta a prendere richieste dei ragazzi. Dopotutto imparare divertendosi è sempre il modo migliore, almeno la metamorfa sembra pensarla così. Lì terrà impegnate e lì finché vorranno poi saranno liberi di tornare a casa o girovagare senza problemi, finché rimangono nelle zone addette al pubblico.
01:51 8/9 Damian_Grenville { salone edificio w.w.f.f.b | 31 agosto } È sempre la pecorella che si distingue e come avrete ben capito la memoria gli gioca brutti scherzetti ma gli incoraggiamenti di BEKHA incorniciati da quei dolci sorrisi che lo contagiano, facendo così mutare quel gesto infantile, il broncio, in un sorriso «posso riprovarci, vero?» e senza aspettare una risposta dalla ragazza, mormorerebbe prima tra sè la formula, un paio di volte e solo quando si sente sicuro la ripete scandendo bene ogni lettera «succurro feram, eh?» cerca conferma nel viso della ragazza, magari un sorriso, quelli gli piacciono tanto. Poi si gratta la nuca, lasciandosi sfuggire una leggera risatina che tende ad prendere una piega delineata da un leggero imbarazzo quando sbaglia anche il nome della creatura «eh, ma sono difficili questi nomi» una leggera smorfia con le labbra e non appena Bekha comunica a tutti che chi vuole può seguirla, lui si afftetterebbe a farlo, mettendosi al fianco della ragazza «io voglio stare vicino a te perché sei così brava» devi sopportarlo. E rsterà lì per tutto il giro, ad ammirare, non troppo da vicino - ha imparato qualcosa questo pomeriggio, le varie creature che gli saranno mostrare e chiedendo a Bekha il nome di ogni creatura con cui si troveranno, ripetendola come un pappagallo, subito dopo, per memorizzare meglio tutti i nomi.
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ginevra-malcolm · 8 years ago
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Chapter 50 - Coffee Pet Reastaurant
Alle 6:30 Malcolm invia un SMS a Ginevra "Se è davvero così, se ti senti tra parentesi, permettimi allora di infilarmici dentro, e che tutto il mondo ne rimanga fuori, che sia solo l'esponente al di fuori della parentesi e ci moltiplichi al suo interno." David Grossman - "Che tu sia per me il coltello"
Ginevra
Nonostante sia presto sull'orario di apertura solito, la porta della libreria è spalancata. Ginevra è seduta al divano della libreria, il McBook posato sul tavolinetto di fronte e non distante da esso la caraffa con il caffè, da cui ha appena riempito una tazza che tiene con entrambe le mani non distante dal viso. Ha l'aria un poco assonnata, ma tranquilla; indossa pantaloni a palazzo gialli e una maglietta verde con le maniche corte e lo scollo quadrato. Ai piedi delle scarpe bianche, basse, primaverili. I capelli sono raccolti in uno chignon di fortuna e trattenuti con una matita. Korinne ha messo tutto in ordine, anche i libri nell'angolo dove è morto Phil. Cleo sosta davanti la porta aperta e osserva la strada e quelli che passano. Stacca una mano dalla tazza e avvia il download del video ricevuto.
Malcolm
Prima di recarsi alla sede dell’FBI a continuare il suo lavoro di “analisi e ricerca” – meglio di niente – ha comunicato all’agente di scorta di doversi fermare un po’ alla libreria. L’agente aspetta fuori, attento ai dintorni, mentre Malcolm si palesa all’ingresso. Completo scuro, camicia bianca, una cravatta blu con sottili righe chiare disposte in diagonale: come sempre è l’ordine e la compostezza fatta persona, il che non smentisce il suo solito atteggiamento altero e serissimo, dove spariscono un po’ i segni dell’insonnia e della stanchezza che si porta sempre dietro, visibili a chi lo conosce meglio. Tuttavia, entrando nella libreria, la sua espressione si fa un poco più distesa e serena. Viene accolto dal gatto, presumiamo, visto che avranno fatto un po’ di amicizia ultimamente: verso Cleo infatti si china un poco, cercando di regalarle una carezza sul capino e sul collo. Lo sguardo però va a rintracciare Ginevra, prima al bancone, poi subito verso il divano: «Buongiorno. Scusa per il ritardo.» dice alla volta della donna, avvicinandosi. Porta con sé la sua borsa da lavoro, appesa ad una spalla.
Ginevra
Alza lo sguardo dal mcbook alla porta quando la luce che ne entra viene coperta, mentre porta la tazza alle labbra per bere un sorso di caffè. Osserva Malcolm in silenzio mentre saluta Cleo, oltre lui lo sguardo si posa per un istante verso l'esterno e l'agente che lì si ferma. «Buongiorno signor Barnes» risponde al suo saluto con un sorriso appena accennato, ma spontaneo. Scrolla appena le spalle per il suo ritardo «vieni... ho già scaricato il video» fa una breve pausa «e il direttore vuole sapere a che punto è l'articolo che lo valorizza» aggiunge sollevando appena le sopracciglia «ah... se vuoi del caffè, prendi pure una tazza » indicando con un gesto vago le scaffalature dietro il bancone dove sono le tazze, di colori e forme diverse.
Malcolm
Dopo il suo saluto va verso il divano, col suo passo che sembra sempre circospetto e misurato. «Grazie.» le risponde sull’aver scaricato il video e accenna un sorriso, forse un po’ tirato per via della stanchezza. Posa la borsa a terra e cerca di accomodarsi a fianco a Ginevra, azzerando le distanze dal suo corpo. Prova a cingere la sua schiena con un braccio, mentre sente della richiesta del direttore e, annoiato dalla cosa, risponde: «Sì, oggi mi invento un paio di recensioni e vedo quello che posso fare. Magari scrivine un paio anche tu su qualche sito locale. Così ce lo teniamo buono.» suggerisce senza dare alcuna importanza, ovviamente, al contraccambiare quello che lui ritiene un atto dovuto, visto che si parla delle prove di un omicidio plurimo. «Sì, mi serve un caffè. Decisamente.» commenta, espirando lentamente e a voce bassa. Per cui cerca di alzarsi e andare dove gli  è stato indicato: «Tu intanto fai partire il video, arrivo subito.» la invita. Mentre si allontana verso gli scaffali – benché abbia finora evitato accuratamente di guardare – gli occhi cadono sull’angolo dove è morto Phil e, come gli accade quasi sempre, si inchioda assorto in quel punto per qualche momento. Il viso si fa più cupo ma tutto ciò che prova viene abilmente mascherato, a parte l’andare a sistemare il nodo della cravatta un paio di volte nel giro di pochi secondi; riprende i suoi passi verso gli scaffali e una volta giunto lì, prende una tazza e ordina compulsivamente le altre rimaste, disponendole col manico rivolto verso l’esterno e verso destra, con una precisa angolazione, tutte equidistanti, tutte allineate e simmetriche. Sfogatosi in quel modo, torna verso il divano e si siede nuovamente accanto a Ginevra, facendo finta di nulla. «Allora, cosa abbiamo?» domanda, mentre va a riempire la tazza di caffè dalla caraffa.
Ginevra
Mentre lui si avvicina posa la tazza sul tavolo e apre il video «Mh» non troppo convinta e per niente volenterosa di scrivere qualcosa e si gira a guardarlo quando le cinge la schiena «non hai riposato?» retoricamente, si vede che ha l'aria stanca, lo lascia andare verso il bancone poi mentre apre il video e lo avvia. «Vediamo, otto febbraio ... quattordici e quarantre, parte da qui e ... tutte quelle povere bambine da macello con le mamme...» indica mentre lui torna a sedersi sul divano, osservando il video «non so se siano più sfortunate loro o i fratellini» corrugando appena la fronte.
Malcolm
Si stringe nelle spalle, quando Ginevra gli domanda se non ha riposato, un gesto come per dire che è abituato. «E’ tutto a posto.» commenta soltanto, stemperando una possibile preoccupazione a riguardo, se mai Ginevra pensasse che ci sia un motivo preciso. Tornato vicino a lei si dedica a guardare il video, prendendo gli occhiali dalla tasca interna della giacca e indossandoli con la mano libera dalla tazza. Osserva con attenzione il filmato, mugugnando soltanto a quella considerazione di Ginevra. «Ok.. è possibile mandarlo più velocemente? Altrimenti passeremo tre ore qui a guardare il video.» e chiaramente lui non ha tutto questo tempo, né Ginevra deve affliggersi a riguardo. Come più volte si è visto, nell’ambito di questo specifico caso, il viso di Malcolm assume una vaga aria di disgusto e odio nei confronti di tutto quel mondo nel complesso. Inspira profondamente, affogando quell’indignazione feroce nel caffè che manda giù piuttosto nervosamente. La mano sinistra è sulla gamba corrispondente, le dita picchiettano lentamente su di essa, come se scandissero i secondi. E’ del tutto assorto sul video ed eclissato da tutto il resto, forse persino da Ginevra, quindi è molto probabile che si tratti solo di un rituale di concentrazione. «Ecco» indica una macchina che viene parcheggiata. «E’ la macchina della famiglia Jackson, l’Acura MDX. Ore quattordici e cinquantuno.» annota, posando la tazza sul tavolino e senza distogliersi un momento dal video, prende una moleskina nera – nuova – che ha nella tasca della giacca come sempre e la penna nella tasca interna. Va ad annotare quell’orario e sembra anche abbozzare velocemente uno schemino di dove fosse parcheggiata la macchina rispetto a dei punti di riferimento, come quella specie di traliccio che si vede dietro. «E loro si avviano dentro..» commenta, vedendoli sparire dall'inquadratura.
Ginevra
Osserva i Jackson arrivare «aumento la velocità di riproduzione» si dedica quindi a impostare una velocità maggiore, pronta a fermare il video ogni volta che qualcuno passa nel parcheggio o arrivano nuove automobili. Fermerà quindi il video varie volte per poi farlo ripartire a velocità aumentata verificato che quanto visto non è di loro interesse. Sospira di tanto in tanto, ma resta in silenzio. Non che non abbia nulla da dire, ma non sa cosa può chiedere e non vuole sentirsi rispondere che non può conoscere le risposte, hanno sempre parlato di lavoro e quel discorso ora è escluso- Dopo vari minuti di silenzio, dopo una di quelle pause al video per controllare un passante dietro le macchine parcheggiate «se troviamo qualcosa, lo passerai all'FBI o... alla polizia?» riferendosi al video, ma anche al caso in generale.
Malcolm
Annuisce approvando l’aumento della velocità del video, per poi stare lì a guardare acuendo gli occhi sulle immagini che scorrono. A volte è lui stesso a farle cenno di rallentare quando qualcosa sembra muoversi, salvo verificare che non è ciò che cercano. E’ del tutto concentrato e perciò non dice una parola, salvo alla domanda di Ginevra a cui risponde senza distogliere un attimo lo sguardo dal filmato. «E’ un po’ complicata la situazione al momento, per via della scorta. Vorrei avere qualcosa di inequivocabile in mano, perché altrimenti possono arrivare a negare l’evidenza, l’hanno già fatto come hai visto. D’altro canto, non mi sono dimenticato di quell’appuntamento o trappola.» respira più profondamente a questo punto, forse aggiungerebbe dell’altro ma aggrotta la fronte sul video. «Rallenta!» dice con urgenza, osservando un tipo. «Ecco il nostro uomo. Punta dritto alla loro macchina e ha… un sacchetto in mano.» descrive quanto vede nel video. Non perché ce ne sia bisogno, quanto per dare concretezza agli elementi. «Sembra che abbia fra i 40 e i 50 anni.» constata, con un certo disappunto visto che il volto non è nitido. «Si guarda intorno… vede la telecamera…» aguzza lo sguardo con durezza, osservando come poi vada via. «Non se ne è andato. Sono sicuro che la macchina sia stata manomessa lì. Potrebbe aver aggirato la telecamera, in fondo l’inquadratura non prende del tutto la parte anteriore dell’auto. Potrebbe anche essercisi infilato sotto dalla parte opposta.» borbotta, più nervoso, perché un uomo che si avvicina ad una macchina, per quanto sia assolutamente sospetto, non è per niente una prova risolutiva. Sbuffa, andando avanti nella visione.
Ginevra
Lo ascolta, notando la non risposta, incerta se sia voluta o meno «intendevo...» si interrompe per bloccare il video quando quell'uomo arriva e Malcolm lo indica. Manda indietro e poi avanti di nuovo per rivederlo, mette in pausa nel momento in cui l'uomo guarda verso la telecamera e fa uno screenshot dello schermo che poi manda in stampa «non si vede bene, ma meglio di niente» fa quindi ripartire il video all'inizio mantenendo una velocità normale e poi andando ad aumentarla di nuovo, sempre pronta a bloccarla nel caso succedesse altro. E torna in silenzio mentre osserva, attenta, lo scorrere veloce del video. Quando i Jackson compaiono nell'inquadratura «eccoli» e blocca il video, manda indietro di un paio di minuti e lo fa ripartire a velocità di riproduzione normale «eh si a quanto pare deve aver agito aggirando le telecamere come hai detto» lo sguardo è sul video e sui Jackson che rientrano in auto.
Malcolm
«Già» risponde solo, riguardo al fatto che l’uomo non si veda bene, tanto da poterlo riconoscere. Mentre il video va avanti senza particolari evidenti, Malcolm commenta: «D’altronde, se consideriamo che l’incidente è avvenuto più o meno 24 minuti dopo, anche i tempi di percorrenza coincidono.» ha fatto i compiti a casa Malcolm, anche per quanto concerne le tempistiche. «Quindi dubito che si siano fermati da qualche parte.» conclude, continuando a seguire il video ed annuendo nel vedere i Jackson che ritornano alla loro macchina. Beve un altro sorso di caffè, poggiando la penna e la moleskina temporaneamente sulla coscia.  
Ginevra
Si alza quando il video mostra la macchina dei Jackson avviarsi e va verso la stampante, dietro il bancone, prende l'immagine stampata e torna verso il divano, ma non si siede, resta in piedi di fianco a Malcolm e gli porge il foglio A4. «Domani sera comunque faccio un salto al Lafitte's a vedere se c'è in giro Homer» gli comunica senza particolare partecipazione. Dopo avergli lasciato il foglio, torna al suo posto sul divano e prende la tazza con il caffè lasciata sul tavolinetto. Ne beve un sorso guardando verso il McBook, dove il video è fermo sull'ultima immagine.
Malcolm
Rimane lì a guardare quel video, con aria assorta e pensierosa. Non bada troppo a Ginevra che si alza e va a stampare l’immagine. Anche una volta che il video è ormai fermo sull’ultima immagine lui è lì a guardare lo schermo un po’ a brutto muso e molto intensamente. Annuisce distratto alla comunicazione di Ginevra che forse non realizza esattamente e beve un sorso di caffè anche lui, con lo sguardo fisso e molto cupo sul filmato. O pensa di ottenere qualcosa intimidendo il pc con lo sguardo oppure, più plausibilmente, sta elaborando sfruttando ogni sua dote di osservazione e di memoria. «Ho visto qualcosa…» mugugna dopo un silenzio relativamente lungo. E assottiglia lo sguardo nel dirlo, per poi chiudere gli occhi e concentrarsi per ripercorrere esattamente le sensazioni più profonde del preciso istante in cui ha realizzato inconsciamente quel qualcosa, così da portarlo dal subconscio alla luce. «Shh» sussurra a Ginevra, anche se lei non dovesse dire una sola parola. Poi riapre gli occhi: «Fammi rivedere la parte in cui il signor Jackson sale in macchina.» le chiede, pacatamente ma con estrema serietà. E probabilmente le chiederà di rivedere la scena un’altra volta, prima di indicare un punto sullo schermo: «Ecco, hai visto? Ingrandisci qui!» esclama, e a quel punto dovrebbe essere evidente anche a Ginevra che Jackson, prima di entrare in macchina, passi una mano sul volto, stropicciandoselo. «Perché ha fatto quel gesto? Sappiamo che era vigile al momento dell’incidente.» riflette.
Ginevra
Si gira a guardarlo a quella richiesta di silenzio mentre lei non stava dicendo proprio nulla, lo osserva finché non le chiede di rivedere quel punto, quindi riporta indietro il video e fa scorrere per un paio di volte le stesse immagini dei Jackson che entrano in auto. A richiesta blocca il video sul Signor Jackson e ingrandisce l'immagine finché è possibile senza sgrani troppo «mh... sembrerebbe stanchezza... anche se..» fa una pausa «se fosse stato stanco avrebbe potuto fermarsi in hotel per riposare prima di partire, insomma... da come lo hanno descritto, non sembra certo il tipo che non fa attenzione alla sicurezza della famiglia» si stringe appena nelle spalle.
Malcolm
Ascolta le considerazioni di Ginevra ed annuisce pensieroso. «E’ omicidio, non è stanchezza.» la ragguaglia, perché la stanchezza farebbe cadere tutto l’impianto. «Stampa anche questo particolare e teniamo due o tre copie di questo video, per sicurezza.» suggerisce, a fronte contratta. Intanto apre la borsa e tira fuori la cartellina con il suo personale dossier sul caso, dove tiene tutte le prove e i documenti raccolti, nonché le sue considerazioni scritte a mano e gli appunti. Sulla cartellina c’è un titolo scritto con un pennarello nero: “La banalità del male”. Lui non ci fa caso, perché lo vede sempre quel titolo. Passa a Ginevra una pen drive numerata col 2 scritto sempre con un pennarello nero, e domanda: «Puoi scaricare il video qui? Scaricalo anche tu su una pen drive e tienilo anche sul pc.» è paranoico sul tenere le prove al sicuro. Poi sfoglia il rapporto della polizia sul caso, fino alla fine, fermandosi a puntellare un dito su un paio di righe e sospirando: «Dovrò andare a parlare di nuovo col dottor Taggart, per l’autopsia su Traven Jackson. Sperando che non mi tratti come la scorsa volta.» mugugna non proprio entusiasta, con un tremito di rabbia in volto e negli occhi. Poi ripone tutto quanto nella borsa, in attesa che il video sia possibilmente caricato sulla pen-drive. Si passa stancamente una mano sulla faccia che tiene lì per qualche secondo, neanche consciamente per ripetere il gesto di Jackson. Realizza solo a quel punto, voltandosi con una certa inquietudine verso Ginevra: «Che hai detto prima?» gli occhi un po’ strabuzzati su di lei.
Ginevra
Annuisce alle sue parole e manda in stampa lo screenshot dell'immagine del signor Jackson, prende poi la pen drive e la inserisce per salvare il video anche lì e mentre opera si volta un istante verso di lui quando fa riferimento all'ultimo incontro con Taggart, dischiude le labbra per dire qualcosa, ma poi le richiede restando in silenzio, tanto non avrebbe risposta su cosa è successo durante quell'autopsia o dopo, lo sguardo torna sul McBook «prima quando?» domanda distrattamente, con l'attenzione a quanto sta facendo. La fronte è appena corrugata, non solo per la concentrazione, ma perché nonostante si tratti solo di un paio di giorni, le sembra che le cose che non si possono chiedere e quelle che non si possano sapere, siano lì a cementarsi tra loro due come un bel muro.
Malcolm
Le lascia fare quelle varie cose richieste, anche se percepisce la stranezza del suo silenzio. «Prima hai detto qualcosa sul Lafitte’s e su quel tipo collegato alla sospettata.» specifica passando in rassegna le uniche cose che ha realizzato. «Scusa, non stavo ascoltando.» aggiunge, cercando di circondarle la schiena con un braccio e darle un bacio sulla spalla a lui più vicina. «Mi dici che succede?» domanda poco dopo, a voce più bassa, mantenendo il viso poggiato un po’ sulla spalla di Ginevra, osservandola in attesa, con aria anche abbastanza preoccupata.
Ginevra
«mh-mh» stacca la pen drive dal Mac e la porge a Malcolm «figurati» al suo scusarsi «te lo avevo detto che sarei andata a incontrarlo, poi salverò il video anche su un hard disk esterno» la seconda parte, che pronuncia come fosse diretta conseguenza della prima, non sembra essere un tentativo di cambiare discorso, ma solo il suo solito modo di fornire le informazioni in maniera un po' disordinata e confusa. Passa il braccio più vicino a lui dietro la sua schiena, andando a posare la mano alla base del collo di Malcolm «nulla, perché?» leggermente perplessa.
Malcolm
Deglutisce nervosamente all’idea che Ginevra incontri quel tipo presumibilmente pericoloso. Si fa estremamente serio, annuisce: «Posso venire anche io con te?» le domanda e ricorda perfettamente che gli aveva già detto di no, per cui aggiunge: «Se non posso venire, ti prego, non ci andare da sola, con chiunque ma non da sola. E non prendere niente da mangiare o da bere che ti venga offerto o dopo che aver perso di vista il piatto o il bicchiere.» la avvisa, con evidente preoccupazione. Si lascia toccare ed abbracciare, per poi risponde: «Avevi la faccia che fai quando non ti va a genio qualcosa» perché a quanto pare ha iniziato a studiare le sue facce.
Ginevra
Espira dal naso alla sua richiesta «no, non puoi venire, ora più di prima visto che hai l'angelo custode e io intendo rubare un telefono» gli risponde leggermente imbronciata «comunque andrò a bere qualcosa con Joyce e forse qualcun altro. quindi non sarò da sola» ascolta tutto quell'elenco di raccomandazioni «ti stai preoccupando troppo» sentenzia, d'altra parte non sanno se Homer c'entri davvero qualcosa. «Ah» commenta sentendo la sua risposta e scuote appena il capo mentre allontana la mano dal collo di Malcolm e lo sguardo va verso la porta aperta «non mi va a genio quasi niente, ultimamente» a voler minimizzare quel momento specifico.
Malcolm
Si ricorda – gli era proprio passato di mente – che ha la scorta dietro: «Ah già..» mugugna, con un certo movimento della testa, poi sgrana lo sguardo nel sentirla: «Rubargli il telefono?» e passa nervosamente una mano sulla fronte, ancor più preoccupato di prima. «Fallo ubriacare almeno, oppure prendilo con la scusa di dover fare una telefonata.» suggerisce guardandola in modo piuttosto perso. E non perché lui non abbia fatto di queste mosse, ne ha fatte più di quanto si possa pensare, ma sta mandando comunque una persona che ama, “approvando” questo operato. «Certo che mi preoccupo troppo, dopo quell’invito ambiguo che mi è arrivato. Non te lo scordare.» aggrotta la fronte, osservandola intensamente dopo averne cercato lo sguardo diretto. Abbassa gli occhi lentamente, sentendole dire quelle ultime parole: «E non vuoi dirmi niente a riguardo?» chiede, cautamente.
Ginevra
Scrolla le spalle «sarà solo per il tempo di fotografare eventuali sms o la lista delle chiamate... se ci sono contatti con la Powers, almeno sapremo che è davvero la mandante, oppure come li colleghiamo?» corruga appena la fronte «e poi non è detto che Homer c'entri qualcosa» aggiunge. Sbuffa poi appena alle sue rinnovate esternazioni sulla preoccupazione «starò attenta» mormora in risposta. «Non c'è un granché da dire» risponde poi. La fronte resta appena corrugata in una espressione di vaga insoddisfazione, ma non sembra voler aggiungere altro.
Malcolm
Annuisce cercando di essere positivo su quella strategia. «Certo, lo so. E’ solo che… vorrei saperti al sicuro.» dice sinceramente, prendendo un respiro corposo. Assente ancora, riguardo al fatto che Homer potrebbe anche essere del tutto estraneo.  Poi non insiste oltre anche perché le reazioni di Ginevra parlano chiaro. Aspetta qualche secondo in silenzio a guardarla, di nuovo quell’espressione insoddisfatta che lo amareggia parecchio, ma non dice nulla né lo dimostra. Si risolve a guardare l’orologio al polso: «Devo andare all’FBI o penseranno che li sto evitando.» dice, mentre si alza in piedi, caricandosi la borsa in spalla. Cercherebbe un rapido bacio sulle labbra di lei, su cui si manterrebbe per alcuni secondi, una carezza al viso per poi andare via.
Ginevra
Annuisce appena «Sarò al sicuro» quindi va ad aggiungere subito «sono al sicuro» sottolineando il tempo presente del verbo. Lo osserva guardare l'orologio e la cosa le fa piegare le labbra in una smorfia di disappunto mentre si volta verso il MacBook di cui va a chiudere lo schermo abbassandolo. Si alza a sua volta «certo, ci mancherebbe..» a convenire sul suo dover andare perché non pensino che li eviti, ma il tono non riesce a nascondere una nota sarcastica di una frase che non sarebbe conclusa, ma che viene comunque interrotta. Lascia che la saluti con quel rapido bacio sulle labbra, si china poi per prendere il computer con il quale torna verso il bancone, per mettersi al lavoro. 
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ginevra-malcolm · 8 years ago
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Chapter 26 - Pub, Frenchmen Street
Ginevra
E' vestita piuttosto leggera, è uscita dalla libreria solo per andare a mangiare qualcosa, quindi non si è preoccupata di coprirsi. Indossa un abito con la manica a tre quarti e il collo quadrato. La gonna le arriva appena sopra il ginocchio. LO sfondo del vestito è nero, ma ha stampe geometriche di vari colori. Ai piedi indossa i soliti anfibi e non sembra indossare calze. Entra nel locale quasi di corsa «'seera» saluta in generale con tono allegro e espressione sorridente, guardando verso il bancone; passa spesso lì per la cena, quindi è in qualche modo di casa. Saltella fino al bancone «Che c'è di buono stasera? ...A parte il caffè caldo....»
Malcolm
Si trova al pub vicino la casa e la libreria di Ginevra. Aveva avuto tutta l’intenzione di cercarla, ma poi per vari motivi a desistito: il che spiega perché è seduto ad un tavolo, stavolta senza niente che possa suggerire che stia lavorando. La superficie infatti è quasi del tutto sgombra, ad eccezione del bicchiere di scotch su cui punta lo sguardo, rigirando l’oggetto nella mano destra. Solita postura composta, le braccia ben poggiate sul tavolo e il busto un po’ inclinato in avanti. Indossa un completo scuro, con camicia bianca e cravatta blu, e il soprabito grigio è piegato e deposto accanto a lui, sulla panca. Vede entrare Ginevra e la segue con lo sguardo: aveva messo in conto, naturalmente, la possibilità che passasse di lì. Tuttavia non si fa notare da Ginevra, sarà piuttosto la persona al bancone che le dirà qualcosa tipo “C’è quello che conosci tu” . Quello che è tornato ad essere pensieroso sul proprio alcolico.
Ginevra
Allunga la mano a prendere una patatina da una delle ciotole disposte sul bancone per l'aperitivo, non si è accorta di Malcolm e sta ascoltando le varie proposte per la cena «uh...uh...» saltellando e indicando il cameriere a un certo punto «quello, quello... che hai detto prima» mentre lui rielenca «Club sandwich! e una Weissbier» Quando il cameriere le chiede se mangerà al tavolo con il suo amico, corruga la fronte e, restando con le braccia appoggiate al bancone, gira il capo verso il tavolo indicato e vede Malcolm «ah...» riporta lo sguardo sul cameriere, con espressione distratta «no, vado solo a salutarlo... mangio qui» e si sposta quindi verso il tavolo del giornalista.
Malcolm
L’amico in questione non si distoglie fino a che Ginevra non sarà arrivata al tavolo e fermata lì. «Buonasera Miss Durand» esordisce quindi, alzando per qualche istante lo sguardo su di lei, molto stanco e piuttosto distratto. Sforza anche una mezza smorfia che dovrebbe equivalere ad un sorriso di circostanza. «Come sta?» domanda, non si sa bene se solo per seguire il classico copione o per un reale interesse. Strofina una mano sulla fronte e poi aggiunge: «Se vuole può accomodarsi, anche se non sono di buona compagnia stasera.» come se poi, gli altri giorni, invece loro chiacchierassero amabilmente. Aggiunge un nuovo sorso di scotch a quelli già mandati giù.
Ginevra
«Signor Barnes...» lo saluta non appena raggiunge il tavolo, certamente l'espressione del viso è cambiata, passando dalla spensieratezza di un gesto quotidiano con persone con cui solitamente si scambiano frivolezze, al nervosismo del trovarsi davanti al giornalista, così senza nemmeno averci potuto pensare prima. Ignora la sua domanda sul come sta, che le suona parte di convenevoli di rito, lo sta osservando quindi necessariamente nota che è stanco, ma non ricambia con la domanda, immaginando che non ha certo voglia di condividere le sue cose con lei. «Non si preoccupi, mi sono avvicinata solo per salutarla, non la disturbo...» lo dice con tono neutro, non c'è alcun sarcasmo o intenzione di voler sottolineare qualcosa esternato in passato, insomma non c'è alcuna dietrologia nelle sue parole.
Malcolm
Alla precisazione di Ginevra, risponde da lì ad un momento. «Non mi disturba. La prego, si accomodi.» insiste, indicandole anche il posto di fronte con un cenno della mano. Il tono è un po’ spento, ma tiene quella solita cordialità formale ed educata. «Sempre che le faccia piacere.» aggiunge però in coda, visto che non capisce molto Ginevra da questo punto di vista. Cerca anche di trattenerla, anche se non esplicitamente, con un argomento buttato lì all’improvviso: «Ho letto che inaugura la libreria il primo marzo.» dice, guardandola senza particolare espressione e non a lungo in ogni caso. Forse forse, anche se non vuole ammetterlo, ha bisogno di un po’ di compagnia. Torna a bere un altro poco di scotch, stringendo gli occhi per un momento quando gli arriva nello stomaco.
Ginevra
Abbassa lo sguardo alla sua risposta ed espira dal naso al suo dubbio che possa dipendere da lei il non trascorrere tempo insieme. Si volta verso il bancone a fare un cenno al cameriere perché le porti al tavolo le ordinazioni e lo farà, ma sicuramente appunterà anche che sapeva che sarebbe andata così, Si siede quindi alla sedia indicatale «si, ma non si preoccupi, so che non ama le feste» annota, senza particolari inflessioni, non è chiaro se è in difficoltà o infastidita.
Malcolm
Le lascia tempo di sedersi, per poi cercare una mezza conversazione – forse un dialogo con cui tirarsi fuori da tutt’altri pensieri – e le risponde, dopo un attimo di riflessione, in cui prende atto che è vero, non ama le feste. «Già, è così.» mormora con lo sguardo basso e la mano che va a massaggiare la fronte per qualche secondo. «Ma d’altro canto, una persona a cui tengo inaugura una libreria.» afferma, senza guardarla, come se fosse una frase che comunque non significa nulla di importante. In effetti per lui non lo è. Tace per vari istanti, finendo lo scotch nel bicchiere, per poi dire di nuovo: «Avevo intenzione di passare a trovarla in libreria, ma poi ho pensato che magari non aveva voglia di vedermi, quindi ho ripiegato qui. Bel posto.» afferma, annuendo alla sue stesse parole, che hanno il sapore di una confessione scomoda, tant’è che si smuove un poco sulla panca e alza poi un braccio per richiamare qualcuno dello staff e farsi portare un altro giro di scotch. «Può portarmene un altro per favore?» chiede in un tono inespressivo.
Ginevra
Ringrazia il cameriere che lascia il sandwich e la birra, e afferra il bicchiere tra le mani senza sollevarlo dal tavolo. Tiene lo sguardo basso sulla birra «mi rendo conto che la sua educazione le impone di presenziare, ma davvero non c'è necessità che si sforzi» e adesso sì, una leggera nota piccata è presente, d'altra parte sa che a lui non importa dell'inaugurazione e che il resto è solo frutto delle buone maniere. Alza un momento lo sguardo su di lui, con al fronte corrugata «e perché lo ha pensato?» fa una breve pausa «che non avessi voglia di vederla» specifica dopo qualche istante.
Malcolm
Lascia passare in sordina, almeno per il momento, quel commento più piccato. Non dice nulla a riguardo, ma il discorso viene fuori ugualmente, quando Ginevra gli chiede perché ha fatto quel pensiero. Malcolm si stringe nelle spalle e dopo qualche secondo di silenzio, risponde: «Perché lei non crede nella mia educazione, pensa che a me non importi proprio nulla di lei. Ecco tutto.» commenta, freddo e senza grande partecipazione al discorso. Riceve il suo secondo giro di scotch dalle mani della persona a cui l’ha ordinato: «Grazie» brevemente verso la persona in questione, e tracanna stancamente un dito di alcolico. «Comunque sarei venuto per dirle che faccio parte dell’Advocate ora. Domani andrò a formalizzare l’assunzione.» e non sembra parlare con entusiasmo, glielo dice come se le comunicasse che domani pioverà o farà freddo.
Ginevra
«Con ottime motivazioni» annota alle sue parole, lo sguardo sulla birra che ancora non solleva, nemmeno il sandwich è stato toccato «e comunque potrebbe essere un motivo per lei di non avere voglia di vedere me e non il contrario» alza lo sguardo dalla birra al cameriere e mentre lo riporta verso il basso si sofferma ad osservare lui, non vorrebbe farlo, ma ... così è. Annuisce «Mi fa piacere» riferendosi all'Advocate, ma non direttamente all'assunzione, ma quanto al fatto che abbia ritenuto di fare quel passo «evidentemente sta meglio»
Malcolm
Mugugna un verso riguardo alle motivazioni e poi, alla frase successiva: «Non è affatto vero. Non rigiri frasi e concetti con me.» la invita, il tono è secco ma niente affatto minaccioso nel dirlo. Dopo pochi secondi di silenzio, continua: «E il fatto che io continui» a cercarla, si intende «non le dice proprio niente, hm?» domanda con una certa delusione. «”Be’ certo” pensa lei “gli servo solo per i suoi scopi”» dice, ipotizzandone un pensiero: la voce comunica quanto sia stanco di questo tira e molla con Ginevra. Poi le dice dell’Advocate e senza alcuna remora le dice: «In realtà no, ma va bene lo stesso. In fondo, che importanza ha?» domanda, forse a se stesso o forse a Ginevra, mentre torna a bere il proprio scotch.
Ginevra
Corruga appena la fronte «Signor Barnes...» fa una pausa, ora lo sta guardando «...ci siamo incontrati per caso, lei non continua a fare niente e quando mi si porta dietro poi fa anche conto che io non esista» non c'è alcuna accusa nel tono, solo molta perplessità che lei debba sottolineare cose che le appaiono assolutamente evidenti. Lo sguardo torna sul contenuto del bicchiere «non lo so, che importanza aveva fino a qualche giorno fa?» domanda in merito all'Advocate e alla sua scelta di accettare il lavoro in maniera stabile, scuote poi appena il capo «lasci stare, non deve rispondere ...» solleva una mano passarla sugli occhi, una specie di massaggio veloce.
Malcolm
Sgrana un poco lo sguardo nel sentire Ginevra far riferimento alla scorsa sera. Sbuffa di gola un verso nervoso, una specie di fulminea risata che però non è affatto una risata. «Lei ha insistito nel voler venire. Lei!» esclama, puntando ora un indice sul tavolo. Prende un respiro, perché ha bisogno di mantenere la calma, e insieme al respiro se ne va anche un sorso di scotch. «Non le è bastato rischiare la vita tre volte in poche settimane? Vuole che le appenda un fottuto bersaglio sul petto e sulla schiena, così finirà freddata su un marciapiede o salterà in aria insieme alla sua casa e alla sua libreria?» di nuovo quel verso di prima, un tono severo ma se non è palese ora il fatto che stia cercando solo di proteggerla! «Sul serio..» gesticola con una mano, quasi come a dire che non riesce a credere a quello che sente, a come Ginevra non abbia ancora capito assolutamente nulla «lei non ha capito neanche lontanamente quanto è rischioso questo lavoro. Crede che sia come giocare a cluedo? Crede che sia divertente, o che sia un romanzo alla Sherlock Holmes? Sa quante volte hanno cercato o architettato di farmi fuori?» incalza con le domande, che sono veloci e nervose e la sua tensione è palpabile, gli tremano le mani e gesticola ancora. Scuote il capo. «E’ che non mi va di rispondere.  Non se lei pensa di me quello che pensa.» le dice senza mezzi termini.
Ginevra
Si indica il petto «io? Io non ho insistito, mi sembra che sull'arciere era implicito dall'inizio che sarebbe andata così e poi...» allarga le braccia «mi sembra che era stato chiarito, di già, che sono una persona adulta, in grado di decidere per me stessa» scuote il capo, mentre le braccia ricadono sul tavolo «ma no, ovviamente no, lei deve per forza porsi in questa assurda posizione di quello che deve mettermi in guardia, proteggermi, e che so io!, anche se non è necessario e non le è richiesto» Scuote il capo «Io...» abbassa lo sguardo «niente, non fa niente» si alza, lasciando sul tavolo birra e sandwich «...Qualche giorno fa, agli archivi...» sembra non voler proprio affrontare l'argomento, espira e guarda verso il bancone.
Malcolm
«Certo che lo devo fare, maledizione!» esclama nel sentire quelle argomentazioni da parte di Ginevra. «Faccio questo lavoro da trent’anni, lei non ha neanche iniziato: questo lo rende necessario a prescindere dal suo parere. E’ il mio dovere, la mia etica: lo capisce? La sua invece non è una decisione da persona adulta, questo mettere in discussione qualsiasi suggerimento le venga dato.» afferma con convinzione. «E’ lei quella che pensa, senza alcun senso logico, di “proteggermi” venendo con me sul campo. E quando le permetto di venire, se la prende anche, perché cerco di non esporla più di quanto non sia già. Ma certo, sono io l’inopportuno e arrogante despota.» conclude, con una frase del tutto retorica e un annuire, come a prendere atto di questo parere che sembra si sia formato. La osserva alzarsi e non la ferma, ma la osserva con una certa durezza, accogliendo infine quell’accenno agli archivi  e alla conversazione drastica che hanno avuto. «Cosa?» le domanda, cercando di capire cosa voglia dire, senza però che abbia in effetti un tono severo in questa domanda.
Ginevra
«No, che non deve!» spazientita «non mi interessa da quanto tempo fa il giornalista, perché non mi sembra che fossi più al sicuro prima di conoscerla o accettare di aiutarla, e ecco!» è davvero spazientita «è stato lei a chiedermi di collaborare con lei, ora ci ha ripensato e... e... e non so nemmeno perché» corruga la fronte come se una riflessione velocissima le avesse portato la soluzione «o forse lo so...» solleva le mani e le passa con forza sul viso, sospira poi abbassandole, la punta delle dita resta sulla bocca; sembra piuttosto provata in questo momento, gli occhi sono lucidi, li socchiude un momento mentre le mani si allontanano definitivamente dal viso «io voglio essere con lei sul campo perché mi interessa il risultato e perchè mi interessa lei» solleva entrambe le mani abbassando appena il capo, come a fermarlo in un eventuale intervento «non c'è bisogno che mi ripeta quanto è perfetta in grazia, gentilezza, eccetera, eccetera, sua moglie, l'ho capito benissimo, ma...» allarga le braccia «non posso farci nulla, non cambia il fatto che mi interessa lei» si stringe appena nelle spalle, non è un gesto di noncuranza, sembra un gesto di autoprotezione «mi dispiace» si scosta dal tavolo di qualche passo «faccio del mio meglio per cercare di non crearle imbarazzo» abbassa lo sguardo di nuovo «mi dispiace» ripete a voce più bassa, prima di tornarsene verso il bancone dove prende posto e ordina un Rum...
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ginevra-malcolm · 8 years ago
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Chapter 18 - Pat O'Brien's Bar
Ginevra
Ha passato tutta la giornata a lavorare per sistemare la libreria e quindi, ora, dopo una lunga doccia calda ed essersi cambiata, è proprio il momento di svagarsi. Cammina con calma lungo la strada diretta al Pat O'Brien's, indossa dei pantaloni a palazzo a righe verticali in varie sfumature di giallo e di arancione, ai piedi le lumberjack e un maglioncino aderente e corto, verde chiaro, con la scollatura quadrata. I capelli sono sciolti e non avendo la giacca porta, a tracolla, una borsa di pelle morbida verde che si appoggia sul fianco. Canticchia tra se e se «...Hold you in his armchair you can feel his disease, come together right now over me ...» , l'espressione del viso è tranquilla, anche se non sorride, sembra essere serena. Si ferma qualche istante all'esterno del pub, ad osservare la gente che va e che viene. Estrae le sigarette e lo zippo dalla borsa, prende una sigaretta e la porta alle labbra mentre ripone il pacchetto. Accende la sigaretta con un lunga boccata e anche lo zippo torna nella borsa.
Ray
Accompagna la bicicletta, passeggiandole accanto e tenendo il manubrio con la mano sinistra. Non porta con sé la borsa da lavoro, per evidenze nell’orario attuale. Ha le tasche dei jeans gonfi, pantaloni color marrone chiaro, abbinati a scarpe Clark nere; sopra porta una camicia bianca con una trama a pallini neri e un maglione che sembra più nero che blu scuro. Considerando che è ancora inverno, il cappotto grigio è d’obbligo, ma aperto, perché non si teme mai il clima della città in cui si sceglie di stare. Lo sguardo è serio e gli occhi controllano la zona, le persone che passano, le luci dei lampioni, nei confronti delle quali stringe un po’ le palpebre, per una forma di sensibilità alla luce che, ogni sera, si sorprende di avere. Il passo è calmo e l’atteggiamento vago, quello che si conviene a chi non abbia un appuntamento o un orario da rispettare, ma che si limiti a vivere la zona e le sue atmosfere. In questo fare, che è tipico del buon turista, alterna momenti di apertura a quello che succede, ad altri di totale chiusura, nei confronti dei quali gli occhi si direzionano sulla struttura della mountain bike, finendo tassativamente sulle scarpe e sul modo che ha, in quel momento, di camminare.
Malcolm
La cena: quel pasto frugale nelle sue abitudini che consuma, come quasi tutto il resto del cibo, fuori casa perché non sa cucinare e perché la sola idea lo annoia a morte. Praticamente lui paga l’affitto della casa solo per dormirci, non molto economico. Comunque stasera si ritrova al Pat O’Brien, non ci veniva da parecchio. Quasi vicino all’ingresso del locale, cammina spedito e col suo passo un po’ marziale, sovrappensiero per cui non tiene molto in conto le facce dei passanti e di chi ha vicino. Quasi potrebbe passare a fianco a Ginevra e non vederla neanche se non fosse che lei canticchia e lui riconosce la voce. Al che si volta, la inquadra con una faccia alla “non è possibile” che si incontrano anche senza volerlo. Non che la cosa gli dia fastidio, ma è che si sente di troppo naturalmente, e non dipende neanche dalla sua volontà. Così, prima ancora che Ginevra possa dire qualcosa, la anticipa con un gesto della mano: «No, non la disturbo. Solo.. mangio qualcosa e vado via..» davvero, non vuole starle tra i piedi e questa è la sua dichiarazione dei migliori intenti. A quel punto si guarda un attimo intorno, forse individuando il tipo sconosciuto in bicicletta, e accenna giusto a muoversi verso l’entrata.
Ginevra
Continua a fumare in tutta calma, sorride verso una coppia di turisti in maschera. Lilo e Stitch fanno colpo. Abbassa lo sguardo verso terra terminando la sigaretta, si guarda poi intorno e muove qualche passo per lasciare la cicca in un posacenere esterno al locale. Si guarda ancora attorno, sofferma qualche istante lo sguardo su Ray che passa con la sua bicicletta, cosa non insolita di per sé la bicicletta, ma lui guarda in giro con quell'aria da turista... l'attenzione si posa quindi proprio sulla bicicletta a verificare se è una di quelle prese in affitto o meno. Riporta l'attenzione su Ray, ma poi è la figura di Malcolm che cattura la sua attenzione. Sta per dire qualcosa, ma lui la anticipa e resta quindi a labbra dischiuse ad ascoltarlo. Alza appena le spalle «Nessun disturbo Signor Barnes» corruga la fronte dopo averlo detto come se le sembrasse un po' assurda la situazione, alza di nuovo le spalle «faccia pure con comodo...» un po' stranita dal ritrovarsi a dare quel permesso, come se davvero servisse; si muove poi verso l'ingresso del pub, di cui varca la soglia poco dopo. Compie i primi passi guardandosi attorno alla ricerca di un posto dove sedersi, sospira non vedendone e raggiunge quindi il bancone.
Ray
Il tempo di accorciare le distanze col Pat O’Brien’s Bar, che la densità per metro quadro di persone logicamente cresce. Rallenta, fino al punto di fermarsi, quando si mette a leggere l’insegna e a guardare chi sta fuori. E’ come si fa con le scelte di prodotto comune, quelle non ragionate, impulsive e immediate, cerca uno spazio comodo dove parcheggiare la propria bicicletta verde fosforescente, un palo con relativa certezza. Quindi slega una catena che aveva avvolto attorno al tubo del sellino e si assicura che il suo unico mezzo di trasporto autonomo, non finisca d’esser suo. Essendosi piegato sulle ginocchia, così resta per qualche secondo, dopo aver sistemato il lucchetto, congiungendo le mani tra loro, in un’attesa della quale è chiaro che non se ne possa cavare nulla, ad uno sguardo esterno. Finito con quello, appena prima di tornare in piedi, dà un paio di colpetti affettuosi a mano aperta sulla ruota posteriore, una maniera interpretabile come delle scuse rivolte a tutte quelle creature che si lasciano per strada o a casa. Tira indietro i capelli, dando un ultimo sguardo all’insegna, infelicemente dubbioso d’aver perso il senno e non aver letto bene. Espira dal naso, insacca le labbra, si convince e fa qualche passo verso l’ingresso, aprendosi, all’occorrenza, la strada tra i gruppi di persone che dialogano tra loro. Si defila, scorre, piega il corpo, poi entra nel Bar, accertandosi di cosa vi sia dentro.
Malcolm
Chissà perché si aspettava che Ginevra fosse scocciata di vederlo e invece sembra più stranita di lui: «Oh mm..»  mugugna, mostrandosi del tutto indeciso di fronte a quelle parole, come se valutasse il da farsi. Appare piuttosto stanco dopo tutto il giorno passato, anche lui, a lavorare, stanchezza che al momento sembra togliergli quella stretta osservanza delle formalità di una conversazione. Prima ancora di muoversi, nonostante il “permesso” avuto da Ginevra, come anticipato si guarda un po’ intorno ed è allora che intravede Ray e quei colpetti affettuosi alla bicicletta: è il momento in cui lo individua, e quella scena gli fa distendere vagamente l’espressione severa che si porta stampata in faccia. Comunque poi si volta e, congedata Ginevra con un imbarazzato: «Allora buona serata» entra all’interno del bar, sperando di trovare un tavolo libero che invece non c’è. E allora anche a lui tocca il bancone, proprio lì dove Ginevra lo troverà inevitabilmente pochi momenti dopo, appollaiato come un vecchio rapace, col soprabito accuratamente piegato e posato sulle gambe, in attesa di ordinare. Questa serata li vuole vicini per forza di cose. Quando la vede approssimarsi al bancone - perché sì, la vede, dato che ora non sta per nulla rilassato lui – cerca di chiamarla tenendo la voce bassa il più possibile, il giusto per essere udito da lei: «Miss Durand. Avanti, venga, o si troverà a stare in piedi.» la invita serio ma placido, e si alza in piedi lui per cederle il posto. Vista l’ora e il periodo di piena festa, non è che ci sia molta alternativa.
Ginevra
Quando raggiunge il Bancone si trova inevitabilmente a muoversi verso i pochi sgabelli liberi e si, sono davvero pochi, ma mentre si rende conto che il posto che ha individuato è proprio vicino a Barnes, per qualche motivo, ne sembra imbarazzata; quando lui poi si alza per cederle il posto resta decisamente inebetita qualche istante, proprio in quel momento qualcuno nei pressi si alza proprio lì vicino liberando altri posti. Questo movimento la distrae, mentre riporta lo sguardo su Malcolm intravede Ray, lo aveva notato poco prima all'esterno «le ho detto che voglio prendere un gatto?» dice a Malcolm senza un apparente motivo per poi proseguire come fosse parte dello stesso discorso «non si preoccupi» gli fa cenno con le mani di star seduto «posso sedermi qui» indicando lo sgabello di fianco sul quale effettivamente va a sedersi. Si schiarisce la gola mentre solleva la mano a richiamare l'attenzione del cameriere «forse anche una bicicletta» aggiunge poi, vedere quella di Ray le ha fatto venire in mente questa soluzione per i suoi spostamenti più lunghi.
Ray
Fa qualche passo di lato, perché intorno a sé ci sono altrettante persone che desiderano circolare, una zona di transito a tutti gli effetti, quella della porta d’ingresso. Non sembra sconsolato dalle molte persone che vede all’interno, le approssima ad un unico magma incandescente, i cui zampilli si disperdono. Getta un’occhiata al pavimento del locale, poi si fa strada verso il bancone. Vede più da vicino Barnes e Ginevra, due zampilli vicini, che non coincidono. Prova a ritagliarsi uno spazio, giusto solo per manifestare la sua presenza, rappresentata dalla mano che s’imprime sulla superfice del bancone. Attende, non fa assolutamente niente, nemmeno un gesto o un cenno con la testa al barman. Si limita a guardare quello che c’è, ad ascoltare quello che si dice, a processare tutte le informazioni emotive che sono la superfice delle interazioni verbali. La sua faccia si direbbe compressa, quella che hanno le persone che stanno dando del lei ad una sala di sconosciuti, ma negli occhi non c’è la superficialità di chi porti poco rispetto o manchi d’interesse, anzi è negli occhi che risiede il suo momento di studio, la sua distrazione più straziante e consolatoria, al contempo. Strizza un istante gli occhi, come se del fumo fosse entrato nella patina d’acqua che protegge la palla. E’ un gesto che dura un istante e, nella stessa frazione di tempo, la bocca s’apre, perché è così che il suo istinto gli impone di fare.
Malcolm
«Tutto bene?» domanda di sfuggita a Ginevra quando la vede inebetita per quell’intenzione di cederle il posto, cosa per lui assolutamente normale. Questione di educazione. Ma lei preferisce tirare in ballo il gatto: «Sì, me lo ha detto. Non ho capito cosa c’entrasse nel discorso ma lo ha detto.» come sempre c’è quel problema per cui Ginevra non è molto lineare quando parla, a differenza del più razionale giornalista. Annuisce poi quando la donna decide di sedersi allo sgabello accanto grazie ai posti appena liberatisi, così torna ad appollaiarsi lì, piuttosto a disagio in realtà. «Bene» commenta soltanto a proposito della bicicletta, non ha molto da dire visto che non ha capito neanche il motivo di quelle parole, a parte l’essere informazioni del tutto casuali che permettono di conoscere dettagli della persona con cui si ha a che fare. Si fa vicino proprio Ray, e a lui Malcolm riserva un’occhiata di studio più lunga, discreta, che nulla tolga all’attenzione destinata comunque a Ginevra. Un tipo curioso Ray agli occhi dell’uomo. Anche Ginevra potrà forse notare come Malcolm affili lo sguardo sullo sconosciuto, senza però dire nulla, non è uno che attacca bottone il nostro giornalista.
Ginevra
Sorride al barman quando si avvicina, spontaneamente, sulla guancia sinistra compare una fossetta «Per me un Rum» fa una pausa, l'ordinazione sembrerebbe conclusa, ma poi guarda verso Malcolm e di nuovo verso il barman «doppio. Mentre per il signore...» indica Malcolm e lo sguarda lasciando la parola a lui su quello che vuole, coglie così lo sguardo del giornalista su Ray che guarda a sua volta «scusa! Scusa!» verso Ray con una tonalità di voce abbastanza alta da essere sentita, alza anche la mano verso di lui, nel caso si giri, saprà che si, sta proprio chiamando lui. Un momento di attenzione verso Malcolm «si, tutto bene» come se la domanda fosse stata appena posta.
Ray
Il lungo raggio d’osservazione ha le sue poste in cui la mente sosta, chiedendo all’occhio lo stesso da farsi. Una di queste sono i due conoscenti, che parlottano ad un paio di metri da lui. Ci si guarda, si sfugge, poi si torna e si cerca ancora altro. Il barman lo distoglie da tutte le matrici e i calcoli che hanno iniziato a spiovergli davanti: «Ah, sì. Una… una super media, alla spina. Grazie.», abbozzando qualcosa di simile ad un sorriso, che scappa sul bordo sinistro della bocca e, come la goccia della livella, poi ricuce ogni asimmetria. Si volta verso Ginevra, perché è convinto ch’ella si stia rivolgendo a lui, anche se, proprio davanti, ci sono almeno due persone, che trafficano. Si sporge ora avanti e ora indietro con la testa, facendo forza sul bancone con entrambe le mani aggrappate. Fa solo una faccia confusa e dubbiosa, niente di comico; inclina la testa, stravolge gli equilibri della faccia quanto basta perché sembri voler dire “Non ho capito bene, vuoi me?”, che è poi quello che bisbiglia molto piano.
Malcolm
Ginevra ordina un rum doppio e Malcolm le dà un’occhiata quasi sorpresa, quasi che non si aspettare quella scelta da una persona come lei. Ma non è preoccupato, comunque, anche perché lui stesso poi ordina: «Per me un sandwich, a sua libera scelta, e uno scotch» e poi ci si chiede perché abbia una corporatura così asciutta. Ginevra non spiega nulla del gatto e della bicicletta e così Malcolm rimane nell’ignoranza su cosa possano significare entrambe le cose, a parte quello che letteralmente vogliono dire. Sospira e la guarda mentre richiama l’attenzione di Ray ed invece il giornalista resta pensieroso con lo sguardo puntato a mezz’aria. «Lo avevo chiesto due minuti fa, Miss Durand» le fa notare serio quando lei risponde che sì, sta bene. Vuole proprio andare a vedere quello che farà con lo sconosciuto, a cui intanto riserva qualche sguardo più acuto.
Ginevra
Dopo quel momento di attenzione a Malcolm lo lascia ordinare e riporta lo sguardo verso Ray, anche lei deve spostarsi ora per mantenerlo nel campo visivo, annuisce e lo indica sollevando le sopracciglia, con chi altro potrebbe avercela se non con lui? Certo che il locale sia pieno di gente non sembra colpire qualche parte del cervello di Ginevra. «Per caso...» inizia a dire verso Ray, ma poi deve spostarsi di nuovo per via della gente che tra loro si muove «per caso...» ricomincia e di nuovo, sospira, quasi uno sbuffo, questa gente che fa come se altri non tentassero di parlare a distanza, non la capisce «proprio no» conclude il suo pensiero ad alta voce, a beneficio di Malcolm che è vicino. Poi lo guarda, Malcolm, reclinando la testa di lato «il sandwich?» domanda perplessa per aggiungere subito dopo «come mai Joyce le ha detto che siamo amiche? Ha usato proprio il termine amiche?» curiosa.
Ray
Si discosta dalla propria posizione, facendo il necessario per avvicinarsi ai due. Il passo è dichiaratamente cauto, ma lineare, non trattandosi di alcuna rapina o problema di cui possa avere consapevolezza. Li guarda con particolare attenzione, al punto che è certo che stia stringendo le palpebre, come fanno quelli che ce l’hanno a portata di mano la risposta, soluzione che, poi, chissà dov’è. «Dovete scusarmi ma non ho davvero capito cosa lei stesse dicendo.» Ora che la distanza è decisamente ridotta, il suo volume e il modo di parlare possono lasciare trasparire una certa stanchezza. «Siete dei genitori, per caso?» indicandoli alla buona e meglio, nemmeno alzando davvero l’avambraccio, ma solo con la mano aperta in un’indicazione approssimativa e una faccia che sembra contrariata, senza che questo si traduca in mancanza di rispetto. Viene poi chiamato anche dal barman, verso il quale prontamente si rivolge, allungandosi per afferrare il bicchiere di birra, che ovviamente cade sul bancone, frantumandosi. Fa qualche passo indietro, aprendosi come le aquile reali, in un movimento d’animale che teme il pericolo e, nel caso specifico, d’essere inzuppato. Non ha ancora modo di chiedere scusa.
Malcolm
Osserva Ginevra in difficoltà nel comunicare con Ray e le suggerisce a bassa voce: «Non può avvicinarsi?» gli sembra piuttosto ridicolo che continui a provarci quando è evidente che non riesce. Mentre alla perplessità della donna sul sandwich a sua volta aggrotta la fronte in un fare interrogativo: «Perché? Che ha di male?» un modo per chiederle cosa ci trovi di strano, ma il discorso finisce su Joyce e a Malcolm sta venendo mal di testa, a saltare di palo in frasca in continuazione. «Ci siamo trovati a parlare, non ricordo neanche come.» dice, massaggiandosi la fronte quasi come se il gesto potesse dare sollievo alla sua emicrania latente. Ci pensa, al termine “amiche” e alla fine conclude «No, in realtà no. Ha parlato di una conoscenza, ma io ho pensato che lo foste. Tutto qui.» quasi sbrigativo nel fare quelle affermazioni. Quando Ginevra fa così per Malcolm diventa un calvario seguirla, specie se è stanco. E poi arriva lo sconosciuto a chiedere se siano dei genitori. Fra tutte le domande, fra tutte le cose che si possono dire, pare si vada a toccare sempre l’ambito familiare. Un “ma che cazzo” rimbomba nella mente educata del giornalista. Malcolm, che per la cronaca porta una fede d’oro all’anulare sinistro, da parte sua fa guizzare lo sguardo, in maniera istintiva verso quell’uomo, uno sguardo cupo e triste, dandogli poi una risposta evasiva, laconica: «No» quasi senza espressione, fiondandosi un momento dopo sul bicchiere di scotch appena arrivato. Tempo di voltarsi e la birra viene addosso anche a lui, manco il tempo di realizzare che si è rotto un boccale e a chi. Scatta in piedi, sbottando con un nervosismo persino eccessivo per i suoi standard: «Maledizione!!» e fra i denti parte una breve serie di improperi mentre guarda il completo un po’ bagnato. Assolutamente nulla di costoso, dei vestiti a buon mercato, ma comunque la birra ci è finita di sopra.
Ginevra
«Guardi, viene lui» risponde a Malcolm «che ne so, che ha...» perplessa «è lei che ha detto di averlo chiesto due minuti fa» lo guarda come se lo trovasse strano «sta bene?» poi su Joyce «ah...» annuisce pensierosa «no, infatti non siamo amiche» gli sorride un po' tirata associando quel non essere amici proprio a lui. Sorride poi verso Ray su cui riporta l'attenzione, fa per rispondere ma resta a bocca aperta, poi la chiude corrugando la fronte «Genitori di chi?» reclina la testa di lato perplessa, scuote il capo poi a lasciar cadere la cosa che per lei non ha alcun senso «volevo solo chiederti della bicicl...» si interrompe quando il bicchiere si frantuma sul bancone. Ha chiuso gli occhi nel momento dell'impatto, spostandosi verso Malcolm nel cercare di evitare di essere nel raggio d'azione della birra. Tentativo assolutamente vano. Riapre gli occhi per guardarsi gli abiti, solleva le sopracciglia poi guarda Ray, poi la birra sul bancone verso la quale allunga indice e medio, uniti, per bagnare la punta delle dita che poi passa dietro l'orecchio destro, come stesse mettendo un profumo, ripete l'operzione per l'orecchio sinistro. «beh» col tono di chi cerchi qualcosa di positivo nel tutto «per fortuna il mio rum non era ancora arrivato» e sorride verso il barman che lo porta proprio ora e che poi si mette ad aiutare il collega a pulire. Porta il bicchiere alle labbra, con lo sguardo su Malcolm, per via della sua reazione, beve un sorso abbastanza corposo per poi indicare il vestito del giornalista «è solo un vestito, signor Barnes»
Ray
Il suo movimento è senz’altro più lesto di quello degli sconosciuti, essendo egli stesso l’attore del dramma. Nonostante ciò, però, la calca di persone che s’è fatta alle sue spalle e nei dintorni, non gli consente una facile via d’uscita e, per quanto c’abbia provato, parte della birra finisce anche sul suo cappotto e sui pantaloni. Ci prova almeno un paio di volte a iniziare un discorso, se non col barman che, ad occhio, è già alle prese con i tamponamenti, merito della sua professionalità e della sua esperienza, almeno con chi gli sta accanto, accennando, proprio alla fine di ogni ragionamento silenzioso, ad un: «Non so…davvero cosa dire.» Scuotendo piano la testa, guardandoli uno ad uno, i danni della propria stanchezza. Si porta entrambe le mani alla faccia e le fa scivolare fino a quando non si toccano, scostandosi dalla punta del naso. Le rassicurazioni del barman non fanno breccia «Se posso aiutarla. Mi… sembra il minimo.», indicando tutto all’uomo affaccendato. Quello che si direbbe che sta provando non è tanto mortificazione quanto amarezza. Sembra più preoccupato di non esserne stato capace, che delle conseguenze del proprio agire per gli altri, sebbene l’educazione lo abbia lestamente obbligato alle scuse di rito. I vestiti sono l’ultimo dei suoi pensieri, tanto che non ha dato alcuna occhiata a quanta birra porti con sé. Le mani sono rivolte verso il bancone, ma la sua attenzione, infine, è ancora sui due, in particolar modo su Barnes, quello che sembra averla accusata di più «Se mi indica una lavanderia, posso cercare di rimediare all’accaduto.», guardandolo con serietà e concentrazione.
Malcolm
Quel modo di fare di Ginevra lo manda davvero fuori di testa: «Dio! Può seguire un dannato filo logico nella conversazione?» chiede, ora più seccato, perché non riescono a parlare di niente. Lei risponde due minuti dopo a una domanda di Malcolm e si perplime di lui che invece parla del sandwich che lei ha chiesto. Malcolm è già di per sé un tipo da manicomio per i suoi motivi. «No, ho mal di testa» risponde sullo stare bene, come a precisare che è stata lei a farglielo venire, e riguardo a Joyce si limita ad annuire. Ad ogni modo quando gli cade la birra sui vestiti e lui reagisce più nervosamente del normale. «Sì lo so che è solo un vestito.» risponde freddo, cercando di mantenere una calma che non ha affatto, a giudicare da come sta torturando le proprie mani – le chiude a pugno e le riapre in modo compulsivo - prima di infilarsi il cappotto e lasciare rapidamente dieci dollari sul bancone per l’ordinazione neanche lontanamente toccata. «No, lasci stare. E’ meglio se vado via.» risponde risoluto a Ray, si muove in maniera nervosa e sfuggente e cerca di evitare lo sguardo di tutti. Da lì ad un attimo si fionda fuori dal locale, il viso contratto in un’espressione tetra.
Ginevra
Sta per rispondere a Malcolm alla sua prima domanda, anche se ha colto che è retorica, ma rinuncia abbassando lo sguardo quando le dice del mal di testa, non ne sembra offesa però, è solo un modo per riflettere escludendo il resto dallo sguardo, espira dal naso e torna a voltarsi verso il bancone, senza rialzare lo sguardo su Malcolm, e al bancone appoggia le braccia, la mano destra ancora trattiene il bicchiere. Lo solleva per avvicinarlo alle labbra, beve un sorso abbastanza lungo, sembra aver dimenticato Ray e quanto tentava di dirgli. Appoggia il bicchiere alla tempia, a sostenere il capo ed espira nuovamente dal naso per poi canticchiare «Hey Jude, don't make it bad take a sad song and make it better...» stacca poi il bicchiere dalla tempia piegando le labbra all'ingiù e svuota il bicchiere per poi mostrarlo al barman perché lo riempia di nuovo.
Ray
Osserva il comportamento di Barnes, come risponde, cosa fa, come lo fa, fintanto che gli occhi sembrano aver scorto, nell’inferno, un tic delle sue mani. Ma la verità è che lo sta guardando uscire, quell’uomo brizzolato, di spalle, con l’aria dello stratega, la riflessione del prete e le parole del giocatore di poker. Il barman dice “Signore” ed è certo che, ancora una volta, centri lui, così che si volta immediatamente e osserva un’altra birra che viene, stavolta, posata sul bancone. Non ne fa una questione personale e gli viene da sorridere. Alza le mani, passando vicino ad uno che prima aveva bagnato e si affretta ad afferrare la birra, senza scostarla dalla base, stavolta. Guarda il bicchiere, poi Ginevra, che sembra più interessante del bicchiere o, forse, pensa solo scioccamente di poter fare meno danni «E’ una giornata da dimenticare?», chiede consolatorio, ma con il tono di voce che mal s’accorda con il tentativo di sembrare rincuorante o amichevole. In effetti, ogniqualvolta parla, sembra quasi di stare ascoltando un uomo che gioca a scacchi, talmente preso dalla portata del suo fare, che dimentica troppo spesso di collegare la spina delle emozioni, o meglio il cuore alle parole.
Ginevra
Porta lo sguardo su Ray, ci mette qualche secondo a metterlo a fuoco, non per qualcosa, ma era proprio assorta nel riflettere su quanto Malcolm le ha detto. Appoggia il bicchiere sul bancone mentre il barman lo riempie di nuovo «Perché me lo chiedi se non te ne frega niente?» il tono non è astioso e la domanda non sembra essere retorica, c'è della vera curiosità nella domanda «perché una persona deve essere per forza cortese, educata, anche quando non vuole?» e nella seconda domanda si palesa tutta la perplessità che prova davanti a certe cose, scuote il capo poi «comunque no» riferendosi alla giornata da dimenticare, poi sorride improvvisamente e come sempre è un sorriso spontaneo che le fa comparire una fossetta sulla guancia sinistra «solo gli ultimi minuti» beve un piccolo sorso dal bicchiere «mi spiace di averti distratto e per...» muove il bicchiere per indicare qualcosa di vago verso il bancone «per quella cosa della birra»
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ginevra-malcolm · 8 years ago
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Chapter 11 - Archivio, Redazione TNOA
Malcolm
E’ agli archivi dell’Advocate, all’opera tra un mucchio di giornali e di carte che invadono metà di un tavolo, tutti però ben ordinati benché sparsi qua e là. Moleskina e penna a portata di mano per appuntarsi cose, occhiali sul viso, indumenti eleganti anche se spartani. Come al solito indossa un completo grigio di giacca e pantaloni, camicia azzurra, una cravatta scura con delle strisce diagonali blu. Sta esaminando degli articoli di giornale con aria piuttosto assorta, facilitata dalla calma degli archivi dove di tanto in tanto i giornalisti vanno e vengono, ma non si fermano troppo. La penna viene aperta e chiusa in modo lento e ripetitivo contro il tavolo dalla parte superiore, quasi come un rigido e compulsivo scandire dei secondi.
Ginevra
Indossa un abito blu a collo alto la cui gonna, a trapezio, è abbastanza corta senza essere indecente, una giacca corta rossa, a un solo bottone, che è lasciata aperta e calze coprenti gialle. Ai piedi un paio di anfibi allacciati per metà. I capelli sono raccolti senza troppa cura in un chignon bloccato con una matita. La notte non è stata proprio riposante, il divano di Marie non è concepito per star seduti comodi, figurarsi a dormirci; buona parte della giornata l'ha trascorsa con "i rinforzi", una mandria di bambini del vicinato, a cercare di stanare il ragno che abita nel suo lavandino. Trovatolo , lo hanno chiuso in un barattolo e sono andati insieme al parco a liberarlo. Ginevra ha presenziato tenendosi a debita distanza da chiunque avesse in mano il barattolo. Era già diretta alla redazione quando ha ricevuto l'sms di Malcolm. Accede quindi e guarda per prima cosa verso l'angolo semi buio che il giornalista occupava l'ultima volta, trovandolo vuoto, avanza finchè non individua il tavolo a cui Malcolm è seduto e va nella sua direzione.
Malcolm
Concentratissimo su quello che sta leggendo, non si accorge della presenza di Ginevra forse fino a quando non si sarà accostata al tavolo. Seduto con una compostezza impeccabile continua a ticchettare i secondi aprendo e chiudendo la penna, perfino quando Ginevra sarà ormai lì o, in caso, tenterà di rivolgergli la parola, Malcolm le farà cenno di aspettare senza staccare lo sguardo dal giornale. Una decina di secondi dopo la sua attenzione torna sulla collaboratrice, la osserva dal basso verso l’alto considerando che è seduto: «Buon pomeriggio Miss Durand» la saluta, per prima cosa, col solito atteggiamento serio e distaccato, probabilmente però con un certo imbarazzo. «Sta bene?» domanda subito dopo, forse notandola un po’ stanca. Dopo aver avuto una risposta prosegue: «Prego, si accomodi se vuole» la invita, accennandole ad una sedia lì a fianco. «Per prima cosa, sto attendendo una risposta da un mio contatto nella zona intorno al Café du Monde. Confido che entro domani avremo un responso univoco. Spero positivo, naturalmente. L’incontro con Miss McCallister è slittato alla settimana prossima.» in tutta questa esposizione preliminare, sembra esserci un certo nervosismo, un vago disappunto forse perché le cose stanno andando più lentamente o in maniera più insoddisfacente di quanto Malcolm possa permettersi.
Ginevra
Raggiunge il tavolo e fa per salutare Malcolm, sorride anche, spontaneamente, come sempre; giusto un accenno di sillaba perché al cenno del giornalista si azzittisce con un lento espirare dal naso e attende «Salve Signor Barnes, si... tutto bene» guarda la sedia che le viene indicata e va a sedersi mentre lo ascolta. Resta in silenzio qualche istante ad osservarlo dopo che ha terminato, come a sincerarsi che abbia concluso, quindi si limita a un «bene...» senza troppo entusiasmo, è evidente anche a lei che tutta la faccenda va molto a rilento. «Lei sta bene?» domanda in conclusione.
Malcolm
Annuisce per conferma quando Ginevra dice di stare bene e sembra un attimo valutarla con un’occhiata, ma niente di più. Nota però il suo poco entusiasmo riguardo alla lentezza e sospira lievemente, aggrottando la fronte per un istante. Si alza in piedi e va a poggiarsi al lato del tavolo, dopo aver lasciato al posto di prima penna e moleskina perfettamente disposti rispetto al resto, ricercando una precisa simmetria e allineamento. «Sì, certo» conferma cercando di risultare credibile sullo stare bene, con un tono di scontatezza alla retorica “perché non dovrei stare bene?”. In linea generale è davvero tranquillo, perciò in effetti sta bene sul momento. Continua a guardarla, voltando il capo rispetto a dove si trova lei, mantiene quella postura un po’ obliqua, poggiata al tavolo, le mani ben ancorate ad esso. Riprende a parlare dopo una breve pausa, tamburellando ritmicamente le dita di una mano sotto il bordo del tavolo. «Il lavoro dei giornalisti, e parlo di quelli che fanno sul serio, è complicato Miss Durand.» parla con quella solita calma controllatissima, distaccata. «Ci possiamo limitare a raccogliere le briciole che cadono dalla tavola delle forze dell’ordine e con quelle siamo chiamati a fare un buon pane da dare in pasto ai lettori.» Malcolm e le metafore. «Le autorità hanno ormai perso il senso della collaborazione con la stampa e se c’è da biasimare qualcuno per questo, penso siano gli avidi cacciatori di scoop. Ad ogni modo, non bisogna farsi spaventare. Appena avremo qualcosa di concreto in mano, cercheremo di sondare le acque per una collaborazione con la polizia o l’FBI. Ci sarà da muoversi con cautela.» spiega con quell’atteggiamento da stratega che pianifica, magari senza disdegnare la manipolazione delle altre persone, ma per una giusta causa.
Ginevra
Lo ascolta seguendolo con lo sguardo quando si sposta, resta in perfetto silenzio, poi solleva appena le sopracciglia «Bene...» ripete «si» annuisce «grazie per questa ... » cerca la parola adatta «illuminante spiegazione sul suo lavoro, Signor Barnes, ma... io non sono una giornalista, né intendo diventarlo» e corruga appena la fronte nel dirlo, perché grazie a Wells che ha messo il suo nome sotto un articolo, negli ultimi giorni si è trovata a specificarlo diverse volte. Scuote appena il capo a lasciar cadere questi pensieri e aggiunge «più cauti di così possiamo solo sederci in pantofole davanti al camino a bere un inglesissimo tea»
Malcolm
La ascolta e la osserva con intensità quando lei afferma la sua volontà di non diventare una giornalista. Difficile, quasi impossibile, dire cosa gli passi nella mente, se sia delusione o disappunto o severità. Tuttavia non appunta nulla a riguardo, accantona il discorso per ora. «No quella sarebbe inattività Miss Durand» sentenzia più seccamente sulla definizione di cautela. Passa ad altro, mettendosi bene in piedi e piegando il capo verso la pila di giornali che ha lì di fianco, scomponendola e rimettendo i giornali in un ordine diverso, secondo qualche criterio, con una cura maniacale sia nel riordinarli che nel sistemarne la posizione. Su quel rituale compulsivo focalizza l’attenzione, mentre prendendosi un certo tempo riprende il discorso: «Ricorda quello che le ho detto riguardo all’incidente delle paludi e su Miss McCallister?» domanda praticamente retorica. Le dà il profilo attualmente, anzi quasi i tre quarti, sta a testa bassa e di tanto in tanto si sistema in maniera un po’ nevrotica il nodo della cravatta, che non ha bisogno di essere sistemato, ad intervalli regolari. «Innanzitutto sono stati i Bianchi, di cui come ho già detto Miss McCallister fa parte, a cucire gli occhi e la bocca di Cameron Kingdon, al cui funerale – come ricorderà – c’è stata una manifestazione piuttosto eclatante da parte dei Rossi. Credo che il signor Kingdon fosse un sacerdote voodoo, perché la pratica della cucitura la usano soprattutto su sacerdoti e sacerdotesse, per evitare che coloro che praticano il voodoo per fini negativi – diciamo i Rossi – si prendano l’anima del defunto. Un’altra cosa di cui sono persuaso è che Miss Moreau, il Gran Cerimoniere per intenderci, non sia nuova alla cultura voodoo e che forse sa più di quanto voglia far credere. Ma è una mia sensazione, non vi dia troppo peso. Quello su cui volevo portare la sua attenzione invece è l’omicidio del sindaco.» dice per ora, mentre continua a sfogare quelle sue compulsioni sui giornali.
Ginevra
Scuote il capo sull'inattività, sembra quasi voler protestare perché d'altra parte era solo un'iperbole, ma corruga la fronte seguendolo ancora con lo sguardo e ponendo attenzione a tutto quello spostare e risistemare, al nodo della cravatta... fa per intervenire quando sente di bocche cucite, ma lui prosegue e non lo interrompe «non ero qui quando è stato ucciso il sindaco!» esclama infine velocemente prima che lui possa proseguire. Poi in qualche modo confusa da quell'atteggiamento con le cose «Cosa ho fatto adesso?» non lo chiede a lui, è un pensiero che esprime ad alta voce, insomma se lui parte a sistemare qualsiasi cosa nevroticamente, così all'improvviso, lei pensa d'aver fatto, di nuovo, qualche cosa di sbagliato. Poi aggiunge come se non si fossa resa conto di aver parlato ad alta voce «cosa hanno fatto i Rossi al funerale?» con tutta l'aria di chi davvero non ne ha idea.
Malcolm
«Neanche io ero qui, questo non significa che non me ne sia interessato» replica con estrema serietà e fermezza, a proposito ovviamente dell’omicidio del sindaco. Non risponde invece alla domanda su cosa abbia fatto per indurre quelle compulsioni: intuisce che era un pensiero ad alta voce e tale preferisce farlo restare. Le rivolge un’occhiata un poco perplessa quando invece Ginevra gli chiede cosa sia successo al funerale di Kingdon, una reazione che interrompe finalmente l’accanimento di Malcolm sugli oggetti, portando a voltarsi e tornare seduto al proprio posto. «Non ha sentito o letto che il signor Kingdon è praticamente “resuscitato” dalla morte, tra preghiere dei Rossi rivolte al Baron Samedi da certi Santoni e donne in rosso, e una testa di toro mozzata in sacrificio?» domanda, andando quindi a cercare in un punto preciso degli archivi la copia del giornale del giorno in cui è uscita la notizia, e una volta recuperata la allunga a Ginevra. «E’ successo un sabato mattina. E’ sempre sabato Miss Durand» commenta cupo e pensieroso. Va di nuovo a sedersi e riprende ad esaminare delle carte e degli appunti. Nel frattempo parla. «L’omicidio del sindaco. Di nuovo un sabato e un modus operandi peculiare. Dalle forze dell’ordine non si riesce a sapere nulla: sono ermetici. Si è parlato comunque di macabri rituali voodoo, il sindaco Lawrence li ha menzionati, e questo mi ha colpito. La stampa ha riportato che Cooper è stato trovato con un serpente intorno alla gola, in una posizione da uomo vitruviano e con   delle monetine sugli occhi. Questo a cosa le fa pensare?» le domanda, con la curiosità di sapere se è paranoico lui o se anche Ginevra magari fa i suoi stessi collegamenti.
Ginevra
Dischiude le labbra sentendo della zombificazione (?) del sindaco, è un moto di stupore e paura insieme «n-n-non po-p-possono a-a-verlo f-fa-fatto» si fa indietro col busto quando lui le porge il giornale, che non prende, come se fosse contaminato da qualcosa «l-lo s-sanno» si interrompe e sputa fuori velocemente di improvviso «zombie!» come fosse qualcosa rimasto incastrato che impediva al resto di fluire «sono morti apparenti, sono sempre morti apparenti, usano delle droghe per farlo, nessun morto è stato mai riportato in vita invocando il Baron Samedi!» quasi tutto d'un fiato. Lo afferma, ma sul viso è presente la domanda di conferma. Alza poi la mano a indicare Malcolm, per indicare l'argomento «il serpente... un serpente di che colore? Vendono i ciondoli nei mercatini, per i turisti...» corruga la fronte come cercando di ricordare qualcosa che probabilmente proprio non sa, scuote il capo poi «non lo so, non mi sono mai interessata al voodoo ma ...» annuisce a se stessa «le monete, le monete... in alcune antiche tradizione, si usavano le monete per pagare l'obolo al traghettatore, le mettevano nella tomba, o sulla bocca o sugli occhi» si stringe poi nelle spalle «solo che non ha senso, è stato trovato già composto per la sepoltura?» dubbiosa che chi lo abbia ucciso possa anche aver fatto una cosa simile.
Malcolm
Allarga le braccia a quel “non possono averlo fatto”, mentre quando Ginevra rifiuta di prendere la copia Malcolm non si fa pregare due volte a riprendersela e rimetterla esattamente dove stava. «Certo che era una morte apparente!» esclama, forse un pochino seccato da tutta quella paura a suo giudizio immotivata, con un tocco di creduloneria. «Non so di che colore» replica secco, il che non fa molta differenza, almeno lui crede. Piuttosto sembra prendere maggiormente in considerazione la storia delle monete e mentre continua ad esaminare le sue carte, risponde a riguardo: «Esatto, non ha senso. Non è neanche voodoo, è un’antica tradizione di origine europea. Mentre il serpente è un elemento del voodoo e a sua volta la posizione vitruviana non lo è. Quindi siamo di fronte ad una brutta copia del voodoo? Una sorta di emulazione? O un modo per sviare i sospetti? E ancora, non ho potuto fare a meno di ricollegare l’obolo del traghettatore al tatuaggio di Miss McCallister. Lo ricorda, no?» continua a parlare, suggerendo domande e collegamenti nell’oscurità di tutte queste faccende per cui ancora, ufficialmente, non si sa niente di niente. Ai giornalisti solo le briciole, diceva. Sommerso lui stesso da tutti questi quesiti, respira più a fondo e va a massaggiare nervosamente la fronte con le dita. «E se vogliamo vedere il delitto del sindaco con connotazioni oserei dire medievali, come dovremmo collocare un arciere?» aggiunge, dopo una pausa.
Ginevra
Sembra tranquillizzarsi alla conferma che no, i morti non vengono riportati in vita con il voodoo. Non è superstizione la sua, ma solo paura, quella che nei momenti critici ti fa dubitare di tutte le cose che sai. «Si ricordo...» riferendosi al tatuaggio di Eva. Abbassa lo sguardo per riflettere senza distrazioni «Quindi il sindaco lo hanno trovato come lo hanno trovato» corruga la fronte «e l'altro è stato sottoposto a quella faccenda della cucitura e nonostante ciò i rossi lo avrebbero fatto alzare dalla tomba» resta in silenzio qualche secondo, la fronte ancora corrugata «dovrei iscrivermi ad antropologia culturale, altro che libreria» mormora tra sè. Sospira poi e mentre rialza lo sguardo su Malcolm lui nomina l'arciere. Serra un istante le labbra osservandolo «lo sapremo se e quando riusciremo a confermare che la vittima designata era una sola e il suo nome» espira dal naso quindi aggiunge «immagino» resta quindi in silenzio, lo sguardo sul viso di Malcolm, assorta in qualche suo ragionamento che, almeno dall'espressione, non è sereno.
Malcolm
Ascolta le risposte di Ginevra ed annuisce alla sua ricostruzione, per poi sbuffare un sorriso amaro che comunque non coinvolge minimamente il suo viso: «Già, antropologia culturale sarebbe stata una buona idea» conferma anche se chiaramente non la pensa così, è solo un modo di dire. Prosegue, ribattendo alle parole della donna: «Sì, confido che, se si riesce a sapere chi era quest’uomo e dove viveva, avremo qualche risposta in più.» afferma ugualmente pensieroso, tornando a concentrarsi sulle proprie ricerche, dopo aver dato un’occhiata all’orologio che ha al polso. «Dovremo entrare a casa sua in qualche modo e vedere a cosa servono quei numeri.» sentenzia cupo e pragmatico. Un’altra pausa di silenzio, mentre torna ad aggiustarsi il nodo della cravatta un paio di volte consecutive. Non sta più guardando Ginevra da un po’, in realtà, ma riesce comunque a percepirla. «A cosa sta pensando Miss Durand?» le domanda, con un tono autorevole, gettandole un’occhiata intensa.
Ginevra
«Niente» quasi sobbalzando alla sua domanda finale, come fosse stata colta in castagna e aggiunge subito avendolo visto controllare l'orologio «se ...deve andare, non si preoccupi.. io...» sposta lo sguardo da lui alla scrivania, in cerca di un appiglio «io leggerò i vecchi articoli» annuisce avendo trovato qualcosa di sensato, rialza lo sguardo su Malcolm e resta in silenzio andando ad appoggiare le mani alla sedia, al lati del bacino, afferrando il bordo.
Malcolm
«No, non devo andare, resterò qui ancora per alcune ore» afferma pacato, quindi potrebbe essere facile intuire che sta aspettando impazientemente qualcosa, forse la risposta dal suo contatto. «Sì, una buona idea» quella di leggere i vecchi articoli si intende, il commento è freddo ma tranquillo. Da parte sua resta algido e assorto per un altro po’ di tempo, in silenzio. Forse un minuto. Poi però domanda, in caso Ginevra non abbia già deciso di andare via: «Miss Durand, se non vuole essere una giornalista, perché ha scelto di collaborare da esterna con l’Advocate?» le domanda, interessato a questo aspetto che prima era stato abbandonato.
Ginevra
Dischiude le labbra e le richiude subito. Arriccia le labbra verso destra nel mordicchiare l'interno della guancia sinistra. Si prende così qualche secondo prima di rispondere, le mani restano alla sedia e si stringe appena nelle spalle «per avere qualcosa da fare» risponde semplicemente e ha tutta l'aria di essere la verità «solo che... non volevo un impegno, avendo altri progetti e... e.. niente» resta qualche istante in silenzio, sembra indecisa se proseguire, lo fa parlando con calma, ci mette una certa cautela «e lei... come mai non è parte stabile dell'organico, ma ha scelto di collaborare esternamente?» Resta con lo sguardo su di lui e si direbbe che attenda l'arrivo di una riposta poco piacevole da come lo guarda, tanto se l'aspetta che è come se l'avesse già ricevuta.
Malcolm
Si prende qualche secondo per elaborare e riflettere sulle risposte di Ginevra, mugugnando per due volte in modo quasi distratto. Inspira lentamente ma non esplicita le proprie considerazioni a riguardo, però di certo un pensiero ce l’ha ma come prima lascia cadere la questione. Alla domanda che gli viene rivolta, per prima cosa va ad ordinare ed allineare quei fogli, già di per sé ben messi, su cui sta lavorando, e lo fa coi suoi tempi, per poi ammettere: «Non sono ancora pronto.» la voce è bassa ed evasiva, le mani vanno a toccare di nuovo la cravatta, sistemano il nodo, appianano la superficie. E lui è teso, cosa che rende più evidenti i suoi atteggiamenti compulsivi. Si prende altro tempo, è come se fin dal principio ci fosse qualcosa di sotteso e non detto fra di loro, qualcosa che Malcolm cerca di tenere sotto controllo, di analizzare e tacere, ma a fatica. Dopo alcuni istanti però va a chiedere: «Perché mi ha invitato a cena? Perché io?» il tono molto severo e cupo, le parole srotolate veloci in un crescendo di tensione, tensione che continua a sfogare in un assurdo bisogno di ordine, fosse anche solo di toccare e spostare in modo rapidissimo gli oggetti sul tavolo. E’ sicuro che ci sta pensando da domenica, ossessionandosi.
Ginevra
Sembra perplessa al suo silenzio, al suo limitarsi a mugugnare senza esprimere nulla. Abbassa un istante lo sguardo, quel silenzio sembra suscitarle qualche riflessione, quando risponde alla domanda che gli ha posto rialza lo sguardo sorpresa, una espressione che cerca di mitigare probabilmente senza troppo successo. Quando poi Malcolm va di nuovo a sistemare il nodo della cravatta «è fatto bene» staccando una mano dalla sedia per indicare proprio la cravatta con un gesto veloce. Solleva le sopracciglia sentendo l'ultima domanda, risponde con un certo imbarazzo che trapela nella voce, lo stesso di quando ha risposto la prima volta «le... le ho già detto perché, me lo ha già chiesto» limitandosi in tutta evidenza alla sola prima parte della domanda.
Malcolm
«No, non lo è» obietta nervoso e duro, d’istinto, a Ginevra che gli fa notare come nella cravatta e in tutto il resto sia tutto a posto. Ovviamente  lo è, ma in quel momento non ammette polemiche a riguardo, ha bisogno di aver ragione in un certo senso. Non la guarda mai d’altro canto, neanche quando pone a Ginevra quelle domande così ostiche e alle risposte dategli si alza in piedi molto velocemente, dicendo con un fare un po’ nevrotico e cupo : «Non sono stupido Miss Durand, e neanche lei lo è, quindi non rovini tutto. Le ho chiesto perché io. Perché lo ha chiesto a me e non ad un altro.» specifica, stavolta non sono possibili fraintendimenti, e nel frattempo lui continua con le sue manie accanendosi sulla moleskina, dopo essersela presa coi giornali, coi fogli e con la cravatta.
Ginevra
Si alza per afferrare la Moleskina che Malcolm sta "mettendo in ordine" e togliergliela dalle mani, lo farà con forza se lui proverà a trattenerla; presala la riappoggia, ordinatamente, sul tavolo, ci lascia le mani sopra per qualche secondo quasi dovesse bloccarla al tavolo con quel gesto. Lo fa senza appuntare nulla sulla cosa, nulla in più al riferimento al nodo che già ha portato a una risposta sopra le righe per la compostezza del giornalista. L'attenzione torna sul viso del giornalista, nonostante lui non la guardi «Le ho già chiesto scusa» va a giustificarsi, staccandosi dalla scrivania, come se la domanda di Malcolm fosse una accusa «le ho detto che non sarebbe successo di nuovo» sembra un elenco di difesa, breve, ma pur sempre un elenco «Mi dispiace! Quante altre volte devo dirlo?» Una pausa brevissima «e mi guardi mentre mi parla!» stizzita, che manca solo che batta anche il piede a terra.
Malcolm
Probabilmente è l’effetto sorpresa generato da quel gesto assolutamente inaspettato a permettere a Ginevra di riuscire nel suo intento, cioè prendere quell’agenda. Il che manda in paranoia Malcolm che neanche riesce ad intimarle nulla, ma basta già lo sguardo veloce e furente che le rivolge e poi quello perso che rivolge alla moleskina stessa, mentre respira e chiude gli occhi per cercare una calma che non c’è affatto. A lui sembrano dei momenti eterni, c’è proprio sofferenza nel ritenere quei comportamenti ossessivi: gli occhi saettano da tutte le parti sugli oggetti, con l’impellente necessità di spostare e riassettare, anche se sa che è sbagliato ed assurdo. Piega il capo e nel frattempo si tormenta una mano, chiudendola strettissima a pugno, non potendo sfogarsi diversamente: «Per favore..» mormora, con gli occhi di nuovo sulla mano di lei che trattiene l’agenda per far intendere a cosa si riferisce. Sente le risposte di lei e scuote leggermente la testa: «Non c’era nulla di cui scusarsi. Non ho mai detto che è stato uno sbaglio. Ho bisogno di sapere perché io.» insiste, ma nonostante le polemiche altrui non la guarda. E’ un fascio di nervi teso e quindi non può sostenere anche il contatto visivo. Irrimediabilmente tornerà a cercare di spostare oggetti, anche di poco per poi rimetterli a posto, se Ginevra glielo permetterà.
Ginevra
Lo lascia libero di spostare tutto quello che vuole, allarga appena le braccia, non è un gesto di resa, ma di esasperazione «non lo so perchè!» scuote il capo e, visto che lui insiste a non guardarla, muove qualche passo avanti e indietro per la lunghezza del tavolo mentre prosegue abbastanza concitata, la situazione la rende agitata o è l'agitazione di Malcolm a produrre la sua «mortifica ogni mio slancio costantemente, è sempre in imbarazzo per la mia presenza, prova evidente fastidio» fermandosi per indicarlo con entrambe le mani nei gesti che sta compiendo «quindi, bella domanda!» esclama «perché lei? Non lo so» scandisce la risposta. Inspira profondamente dal naso «perché non mi dice lei cosa ci faccio io qui? Non la aiuto in nulla, di fatto non faccio nulla per la sua inchiesta, perché sono qui? Perché io, quando avrebbe potuto avere chiunque altro?» e se la miglior difesa è l'attacco... rigirare le domande è ancora meglio.
Malcolm
E quando può proseguire nelle sue manie lo inizia a fare con rabbia, a gesti impulsivi e forti sugli oggetti ed un’espressione d’ira sul volto. Questo sfogo più sostanziale gli permette di smetterla poco dopo, e avere più successo nel controllarsi, quando Ginevra risponde. E si vergogna, realmente e profondamente, nel momento in cui la donna ne indica quei gesti. Si prende vari momenti per pensare a quelle parole e intanto sta dritto e immobile, stringendo forte entrambe le mani, tornando un poco a guardarla: «Proporre una collaborazione di lavoro e invitare una persona a cena sono due cose non comparabili.» le risponde soltanto, lasciandole intuire che la tattica di evitare la domanda non può funzionare con lui, perché non è stupido, come ha detto prima. Il tono stavolta è spento ed enigmatico e dopo aver detto queste parole, torna a sedersi poggiando i gomiti sul tavolo e congiungendo entrambe le mani che vanno a sostenere la fronte, in una posa di riflessione o di preghiera, ad essere fantasiosi. Chiude gli occhi nello stesso momento senza dire più nulla.
Ginevra
Segue i suoi gesti, scuote poi il capo piegando le labbra all'ingiù perché, insomma, a lei sembra così evidente il suo fastidio che ovviamente non può che esserne mortificata. Come se non ci si abituasse mai, la colpisce ogni volta alla stessa maniera. Alla risposta di Malcolm «Beh, no, infatti!» sbotta «una cena finisce in due ore a voler essere lunghi, una collaborazione no!» serra le labbra «e la sua non è una risposta alla domanda» allarga le braccia «cosa diavolo vuole che faccia?» lo chiede con esasperazione «non lo capisco, non riesco a capirlo!»
Malcolm
La ascolta senza smuoversi da quella postura che sta mantenendo, occhi chiusi e mani congiunte e chiuse, con le dita intrecciate fra loro. Ginevra obietta che quella non è una risposta e Malcolm replica: «Neanche la sua lo è.» a quanto pare l’ha ripagata della stessa moneta per farle capire quanto possa essere snervante. E quando Ginevra chiede cosa deve fare, Malcolm le risponde senza smuoversi ancora di un millimetro: «Le ho fatto una domanda. Vorrei che rispondesse a quella. E se non è capace di farlo, lo dica sinceramente, senza fingere che io sia un idiota.» parla in modo lento e controllato fino all’eccesso, freddo e distaccato. Per poi alzarsi, andare a raccogliere tutta quella roba mantenendo una faccia glaciale e imperturbabile, lo sguardo basso. Se ne sta andando chiaramente. Recupera la sua borsa che era nascosta sotto il tavolo, dal lato opposto, e ci infila dentro con frustrazione le varie carte e tutto ciò che ha lì. Quindi si avvierebbe verso l’uscita, prendendosi velocemente il cappotto appeso all’attaccapanni, non prima di essersi congedato con uno spento e formale: «Buona serata Miss Durand» giusto un’occhiata veloce a lei.
Ginevra
Allarga le braccia e le lascia ricadere lungo i fianchi, ha risposto quello che poteva «mi dispiace che la risposta non la soddisfi, ma non posso dirle qualcosa che non so» l'espressione palesa ora il senso di impotenza che prova «non la tratto da idiota ...» aggiunge in un mezzo mormorio, puntualizzarlo o meno non ritiene che serva a qualcosa. Lo osserva alzarsi per raccogliere le varie cose «le sta bene questo completo» così, sembrerebbe solo un modo per cambiare argomento, parlare del tempo, dei vestiti, dell'estetista, delle gare tra draghi volanti e aquile giganti. Serra poi le labbra perché a sentirsi la cosa le è sembrata abbastanza stonata. Resta comunque a guardare il modo in cui infila in borsa le sue cose, in silenzio ora, con la fronte appena corrugata e solo quando lui la saluta risponde «mi ha chiesto di non rovinare tutto» e basta, non aggiunge un saluto, non lo segue con lo sguardo mentre esce. Resta lì in piedi qualche minuto ancora, probabilmente per lasciarlo andare avanti, senza doversi ritrovare in ascensore. Quando sarà passato un tempo adeguato, anche lei abbandonerà l'archivio
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