#e allora che registro a fare mi chiedo
Explore tagged Tumblr posts
Text
la tristezza che mi viene quando registro audio che poi cancello senza inviare perché so che risulterei inopportuna e noiosa 👤z.
#e allora che registro a fare mi chiedo#mi sfogo senza pesare sugli altri però dai#apprezziamo questo#frammentidicuore#frasi#frasi di vita#riflessioni#frasi profonde#parole#amore#pensieri#vita#cit#audio#messaggi#solitudine#tristezza#amicizia#bah
7 notes
·
View notes
Text
Deus sive Natura
(il Dio secondo Spinoza)
“Smetti di pregare e di batterti il petto!
Quello che voglio che tu faccia è uscire nel mondo per goderti la vita.
Voglio che ti diverta, che canti, che ti diverta e goda di tutto ciò che ho fatto per te.
Smetti di andare in quei templi cupi, bui e freddi che ti sei costruito e che dici che sono la mia casa!
La mia casa è la montagna, è nei boschi, nei fiumi, nei laghi, nelle spiagge. È lì che vivo ed è lì che esprimo il mio amore per te.
Smetti di incolparmi per la tua miserabile vita; non ti ho mai detto che ci fosse niente di sbagliato in te o che eri un peccatore, o che la tua sessualità era una cosa cattiva!
Il sesso è un dono che ti ho fatto e con cui puoi esprimere il tuo amore, la tua estasi, la tua gioia. Quindi non incolparmi per tutto ciò per cui sei stato portato a credere.
Smetti di leggere supposte scritture che non hanno nulla a che fare con me.
Se non riesci a leggermi all'alba, in un paesaggio, negli occhi dei tuoi amici, negli occhi di tuo figlio ...
Non mi troverai in nessun libro!
Fidati di me e smetti di chiedermelo. Mi dirai forse, come fare il mio lavoro?
Smetti di aver paura di me. Non ti giudico, non ti critico, non mi arrabbio, non ti disturbo, non ti punisco. Sono puro amore
Smetti di chiedermi perdono, non c'è niente da perdonare. Se ti ho creato ... ti ho riempito di passioni, limitazioni, piaceri, sentimenti, bisogni, incongruenze ... del libero arbitrio. Come posso biasimarti se rispondi a qualcosa che ti ho messo? Come posso punirti per essere come sei, se sono io quello che ti ha fatto? Pensi che potrei creare un posto per bruciare tutti i miei figli che si comportano male, per il resto dell'eternità?
Che tipo di Dio può farlo?
Dimentica qualsiasi tipo di comandamento, qualsiasi tipo di legge; quelli sono trucchi per manipolarti, per controllarti, che creano solo colpa in te.
Rispetta i tuoi coetanei e non fare ciò che non vuoi per te stesso. Tutto ciò che chiedo è che presti attenzione alla tua vita, che la tua attenzione sia la tua guida.
Mia amata, amato, questa vita non è una prova, né una scala, né un passo nel cammino, né un saggio da mostrare, né un preludio al paradiso. Questa vita è l'unica cosa qui e ora, e l'unica cosa di cui hai bisogno.
Ti ho reso assolutamente libero, non ci sono premi o punizioni, né peccati o virtù, nessuno porta un distintivo, nessuno porta un registro dei buoni e dei cattivi.
Sei assolutamente libero di creare un paradiso o un inferno nella tua vita.
Non potrei dirti se c'è qualcosa dopo questa vita, ma posso darti qualche consiglio. Vivi come se non ci fosse. Come se questa fosse la tua unica possibilità di godere, di amare, di esistere.
Quindi, se non c'è nulla, allora ti sarà piaciuta l'opportunità che ti ho dato. E se sì, assicurati che non ti chiederò se ti sei comportato bene o male, invece ti chiederò: “Ti è piaciuto? Ti sei divertito Cosa ti è piaciuto di più? Che cosa hai imparato?”
Smetti di credere in me; Credere è opinare, indovinare, immaginare. Non voglio che tu creda in me, voglio che tu mi senta. Voglio che tu mi senta quando baci la tua amata, quando vesti la tua piccola figlia, quando accarezzi il tuo cane, quando fai il bagno in mare.
Smetti di lodarmi, che tipo di Dio egoista pensi che io sia?
Sono annoiato dal fatto che mi lodino, sono stanco di essere ringraziato. Ti senti grato? Dimostralo prendendoti cura di te, della tua salute, delle tue relazioni, del mondo. Ti senti osservato? sopraffatto? ... Esprimi la tua gioia! Questo è il modo di lodarmi.
Smetti di complicare le cose e di ripetere come un pappagallo ciò che ti è stato insegnato su di me.
L'unica cosa certa è che sei qui, che sei vivo, che questo mondo è pieno di meraviglie.
Perché hai bisogno di ancor più miracoli? Perché così tante spiegazioni?
Non cercarmi fuori, non mi troverai. Cercami dentro ...è lì che sono, battendo in te.”
Baruch Spinoza
#Dio#tumblr#spinoza#religione#filosofia#filosofi#per riflettere#riflettiamo#riflessione#riflessioni#baruch spinoza
10 notes
·
View notes
Text
🌿🌸 Sapete cosa rispondeva Einstein quando gli veniva chiesto “Crede in Dio?” Egli rispondeva sempre: “Credo nel Dio di Spinoza.” Ma chi era Spinoza? Chi o cosa era il “Dio di Spinoza”? Da leggere
Baruch de Spinoza era un grande filosofo razionalista olandese del diciassettesimo secolo che espresse il suo concetto di Dio con le seguenti parole:"Dio avrebbe detto: Smetti di pregare e di batterti il petto!Quello che voglio che tu faccia è uscire nel mondo per goderti la vita.
Voglio che ti diverta, che canti, che ti diverta e goda di tutto ciò che ho fatto per te. Smetti di andare in quei templi cupi, bui e freddi che ti sei costruito e che dici che sono la mia casa!
La mia casa è la montagna, è nei boschi, nei fiumi, nei laghi, nelle spiagge. È lì che vivo ed è lì che esprimo il mio amore per te. Smetti di incolparmi per la tua miserabile vita; non ti ho mai detto che ci fosse niente di sbagliato in te o che eri un peccatore, o che la tua sessualità era una cosa cattiva!
Il sesso è un dono che ti ho fatto e con cui puoi esprimere il tuo amore, la tua estasi, la tua gioia. Quindi non incolparmi per tutto ciò per cui sei stato portato a credere.
Smetti di leggere supposte scritture che non hanno nulla a che fare con me. Se non riesci a leggermi all'alba, in un paesaggio, negli occhi dei tuoi amici, negli occhi di tuo figlio. Non mi troverai in nessun libro!
Fidati di me e smetti di chiedermelo. Mi dirai forse, come fare il mio lavoro? Smetti di aver paura di me. Non ti giudico, non ti critico, non mi arrabbio, non ti disturbo, non ti punisco. Sono puro amore
Smetti di chiedermi perdono, non c'è niente da perdonare. Se ti ho creato ... ti ho riempito di passioni, limitazioni, piaceri, sentimenti, bisogni, incongruenze ... del libero arbitrio. Come posso biasimarti se rispondi a qualcosa che ti ho messo? Come posso punirti per essere come sei, se sono io quello che ti ha fatto? Pensi che potrei creare un posto per bruciare tutti i miei figli che si comportano male, per il resto dell'eternità? Che tipo di Dio può farlo?Dimentica qualsiasi tipo di comandamento, qualsiasi tipo di legge; quelli sono trucchi per manipolarti, per controllarti, che creano solo colpa in te.
Rispetta i tuoi coetanei e non fare ciò che non vuoi per te stesso. Tutto ciò che chiedo è che presti attenzione alla tua vita, che la tua attenzione sia la tua guida.
Mia amata, amato, questa vita non è una prova, né una scala, né un passo nel cammino, né un saggio da mostrare, né un preludio al paradiso. Questa vita è l'unica cosa qui e ora, e l'unica cosa di cui hai bisogno.
Ti ho reso assolutamente libero, non ci sono premi o punizioni, né peccati o virtù, nessuno porta un distintivo, nessuno porta un registro dei buoni e dei cattivi. Sei assolutamente libero di creare un paradiso o un inferno nella tua vita.
Non potrei dirti se c'è qualcosa dopo questa vita, ma posso darti qualche consiglio. Vivi come se non ci fosse. Come se questa fosse la tua unica possibilità di godere, di amare, di esistere. Quindi, se non c'è nulla, allora ti sarà piaciuta l'opportunità che ti ho dato. E se sì, assicurati che non ti chiederò se ti sei comportato bene o male, invece ti chiederò: “Ti è piaciuto? Ti sei divertito Cosa ti è piaciuto di più? Che cosa hai imparato?”
Smetti di credere in me; Credere è opinare, indovinare, immaginare. Non voglio che tu creda in me, voglio che tu mi senta. Voglio che tu mi senta quando baci la tua amata, quando vesti la tua piccola figlia, quando accarezzi il tuo cane, quando fai il bagno in mare. Smetti di lodarmi, che tipo di Dio egoista pensi che io sia?
Sono annoiato dal fatto che mi lodino, sono stanco di essere ringraziato. Ti senti grato? Dimostralo prendendoti cura di te, della tua salute, delle tue relazioni, del mondo. Ti senti osservato? sopraffatto?. Esprimi la tua gioia! Questo è il modo di lodarmi. Smetti di complicare le cose e di ripetere come un pappagallo ciò che ti è stato insegnato su di me.
L'unica cosa certa è che sei qui, che sei vivo, che questo mondo è pieno di meraviglie. Perché hai bisogno di ancor più miracoli? Perché così tante spiegazioni? Non cercarmi fuori, non mi troverai. Cercami dentro, è lì che sono, battendo in te.”... 🤍 💜 🤍
Bellissima lettura
7 notes
·
View notes
Note
Si lo vedo che hai da fare ma come dici tu stai sul letto su Tumblr anche. Ecco proprio questo fa capire quanto possa definirsi una forma di escapismo e "temporeggiamento" dalla realtà. Non è necessariamente un male...anzi fa esprimere più lati di sé stessi che non si esprimerebbero del tutto con amici, colleghi, conoscenti, amanti o coniugi...è come una sorta di diario segreto con appunti ed asterischi all'ultima pagina (riferendosi ai repost di altri blog).
Tutto sommato il mezzo è notevolmente benefico ma tutto sta nel come usarlo. Si intende il mondo social di tutti i tipi, instagram, Facebook ecc...
Perciò la mia riflessione non da sperma in faccia e in bocca (seppur mi piaccia farlo con una donna essendo uomo ed umano) è che bisogna essere se stessi sia in questo mondo che in quello esterno senza esagerare allo stesso tempo. Il progresso va sempre più avanti ed è giusto sfruttarlo ed accettarlo ma sempre con criterio.
Perdonami l'anonimato ma ho appena scoperto che avevo Tumblr da anni e non me lo ricordavo, sono incappato per gioco su tuo profilo o blog che sia e ovviamente oltre alle tue foto che "smuovono" ho notato che sei sia appunto giocosa che riflessiva.
Me ne sto sul letto come te col cell in mano e rifletto su queste cose e chiedo altri pareri:)
Ps: ero lo stesso del succhi senza specificare, volevo vedere se e come avresti risposto e mi è piaciuta la risposta quindi ho cambiato registro. Il mondo è pirandelliano, ci si adegua al contesto, uno, nessuno, centomila.
Buone cose da fare:)
beh se decidi di rimanere qui allora buona permanenza!
vero, pirandello un genio, lui e svevo gli unici autori interessanti che ho studiato a scuola con piacere
0 notes
Text
Sapevate che quando Einstein teneva una conferenza, in molte università degli Stati Uniti, la domanda ricorrente fatta dagli studenti era:
-Credi in Dio?
Ed egli ha sempre risposto:
-Credo nel Dio di Spinoza!
Colui che non aveva letto Spinoza restava con il dubbio che adesso vi riveleremo...:
Baruch de Spinoza era un filosofo olandese considerato uno dei tre grandi razionalisti della filosofia del diciassettesimo secolo, insieme al francese Cartesio.
Ecco alcuni esempi del suo pensiero:
“Questo è il Dio o la natura di Spinoza:
Dio avrebbe detto:
Smetti di pregare e di batterti il petto!
Quello che voglio che tu faccia è uscire nel mondo per goderti la vita.
Voglio che ti diverta, che canti, che ti diverta e goda di tutto ciò che ho fatto per te.
Smetti di andare in quei templi cupi, bui e freddi che ti sei costruito e che dici che sono la mia casa!
La mia casa è la montagna, è nei boschi, nei fiumi, nei laghi, nelle spiagge. È lì che vivo ed è lì che esprimo il mio amore per te.
Smetti di incolparmi per la tua miserabile vita; non ti ho mai detto che ci fosse niente di sbagliato in te o che eri un peccatore, o che la tua sessualità era una cosa cattiva!
Il sesso è un dono che ti ho fatto e con cui puoi esprimere il tuo amore, la tua estasi, la tua gioia. Quindi non incolparmi per tutto ciò per cui sei stato portato a credere.
Smetti di leggere supposte scritture che non hanno nulla a che fare con me.
Se non riesci a leggermi all'alba, in un paesaggio, negli occhi dei tuoi amici, negli occhi di tuo figlio ...
Non mi troverai in nessun libro!
Fidati di me e smetti di chiedermelo. Mi dirai forse, come fare il mio lavoro?
Smetti di aver paura di me. Non ti giudico, non ti critico, non mi arrabbio, non ti disturbo, non ti punisco. Sono puro amore
Smetti di chiedermi perdono, non c'è niente da perdonare. Se ti ho creato ... ti ho riempito di passioni, limitazioni, piaceri, sentimenti, bisogni, incongruenze ... del libero arbitrio. Come posso biasimarti se rispondi a qualcosa che ti ho messo? Come posso punirti per essere come sei, se sono io quello che ti ha fatto? Pensi che potrei creare un posto per bruciare tutti i miei figli che si comportano male, per il resto dell'eternità?
Che tipo di Dio può farlo?
Dimentica qualsiasi tipo di comandamento, qualsiasi tipo di legge; quelli sono trucchi per manipolarti, per controllarti, che creano solo colpa in te.
Rispetta i tuoi coetanei e non fare ciò che non vuoi per te stesso. Tutto ciò che chiedo è che presti attenzione alla tua vita, che la tua attenzione sia la tua guida.
Mia amata, amato, questa vita non è una prova, né una scala, né un passo nel cammino, né un saggio da mostrare, né un preludio al paradiso. Questa vita è l'unica cosa qui e ora, e l'unica cosa di cui hai bisogno.
Ti ho reso assolutamente libero, non ci sono premi o punizioni, né peccati o virtù, nessuno porta un distintivo, nessuno porta un registro dei buoni e dei cattivi.
Sei assolutamente libero di creare un paradiso o un inferno nella tua vita.
Non potrei dirti se c'è qualcosa dopo questa vita, ma posso darti qualche consiglio. Vivi come se non ci fosse. Come se questa fosse la tua unica possibilità di godere, di amare, di esistere.
Quindi, se non c'è nulla, allora ti sarà piaciuta l'opportunità che ti ho dato. E se sì, assicurati che non ti chiederò se ti sei comportato bene o male, invece ti chiederò: “Ti è piaciuto? Ti sei divertito Cosa ti è piaciuto di più? Che cosa hai imparato?”
Smetti di credere in me; Credere è opinare, indovinare, immaginare. Non voglio che tu creda in me, voglio che tu mi senta. Voglio che tu mi senta quando baci la tua amata, quando vesti la tua piccola figlia, quando accarezzi il tuo cane, quando fai il bagno in mare.
Smetti di lodarmi, che tipo di Dio egoista pensi che io sia?
Sono annoiato dal fatto che mi lodino, sono stanco di essere ringraziato. Ti senti grato? Dimostralo prendendoti cura di te, della tua salute, delle tue relazioni, del mondo. Ti senti osservato? sopraffatto? ... Esprimi la tua gioia! Questo è il modo di lodarmi.
Smetti di complicare le cose e di ripetere come un pappagallo ciò che ti è stato insegnato su di me.
L'unica cosa certa è che sei qui, che sei vivo, che questo mondo è pieno di meraviglie.
Perché hai bisogno di ancor più miracoli? Perché così tante spiegazioni?
Non cercarmi fuori, non mi troverai. Cercami dentro ... è lì che sono, battendo in te.”
- Spinoza
Post di PETRA
Pubblicato su:
@infonesh
Italian telegram channel
🙏 grazie!
0 notes
Text
Sapevate che quando Einstein teneva una conferenza, in molte università degli Stati Uniti, la domanda ricorrente fatta dagli studenti era: -Credi in Dio?
Ed egli ha sempre risposto:
-Credo nel Dio di Spinoza!
Colui che non aveva letto Spinoza restava con il dubbio che adesso vi riveleremo...:
Baruch de Spinoza era un filosofo olandese considerato uno dei tre grandi razionalisti della filosofia del diciassettesimo secolo, insieme al francese Cartesio. Ecco alcuni esempi del suo pensiero:
“Questo è il Dio o la natura di Spinoza:
Dio avrebbe detto:
Smetti di pregare e di batterti il petto!
Quello che voglio che tu faccia è uscire nel mondo per goderti la vita.
Voglio che ti diverta, che canti, che ti diverta e goda di tutto ciò che ho fatto per te.
Smetti di andare in quei templi cupi, bui e freddi che ti sei costruito e che dici che sono la mia casa!
La mia casa è la montagna, è nei boschi, nei fiumi, nei laghi, nelle spiagge. È lì che vivo ed è lì che esprimo il mio amore per te.
Smetti di incolparmi per la tua miserabile vita; non ti ho mai detto che ci fosse niente di sbagliato in te o che eri un peccatore, o che la tua sessualità era una cosa cattiva!
Il sesso è un dono che ti ho fatto e con cui puoi esprimere il tuo amore, la tua estasi, la tua gioia. Quindi non incolparmi per tutto ciò per cui sei stato portato a credere.
Smetti di leggere supposte scritture che non hanno nulla a che fare con me.
Se non riesci a leggermi all'alba, in un paesaggio, negli occhi dei tuoi amici, negli occhi di tuo figlio ...
Non mi troverai in nessun libro!
Fidati di me e smetti di chiedermelo. Mi dirai forse, come fare il mio lavoro?
Smetti di aver paura di me. Non ti giudico, non ti critico, non mi arrabbio, non ti disturbo, non ti punisco. Sono puro amore
Smetti di chiedermi perdono, non c'è niente da perdonare. Se ti ho creato ... ti ho riempito di passioni, limitazioni, piaceri, sentimenti, bisogni, incongruenze ... del libero arbitrio. Come posso biasimarti se rispondi a qualcosa che ti ho messo? Come posso punirti per essere come sei, se sono io quello che ti ha fatto? Pensi che potrei creare un posto per bruciare tutti i miei figli che si comportano male, per il resto dell'eternità?
Che tipo di Dio può farlo?
Dimentica qualsiasi tipo di comandamento, qualsiasi tipo di legge; quelli sono trucchi per manipolarti, per controllarti, che creano solo colpa in te.
Rispetta i tuoi coetanei e non fare ciò che non vuoi per te stesso. Tutto ciò che chiedo è che presti attenzione alla tua vita, che la tua attenzione sia la tua guida.
Mia amata, amato, questa vita non è una prova, né una scala, né un passo nel cammino, né un saggio da mostrare, né un preludio al paradiso. Questa vita è l'unica cosa qui e ora, e l'unica cosa di cui hai bisogno.
Ti ho reso assolutamente libero, non ci sono premi o punizioni, né peccati o virtù, nessuno porta un distintivo, nessuno porta un registro dei buoni e dei cattivi.
Sei assolutamente libero di creare un paradiso o un inferno nella tua vita.
Non potrei dirti se c'è qualcosa dopo questa vita, ma posso darti qualche consiglio. Vivi come se non ci fosse. Come se questa fosse la tua unica possibilità di godere, di amare, di esistere.
Quindi, se non c'è nulla, allora ti sarà piaciuta l'opportunità che ti ho dato. E se sì, assicurati che non ti chiederò se ti sei comportato bene o male, invece ti chiederò: “Ti è piaciuto? Ti sei divertito Cosa ti è piaciuto di più? Che cosa hai imparato?”
Smetti di credere in me; Credere è opinare, indovinare, immaginare. Non voglio che tu creda in me, voglio che tu mi senta. Voglio che tu mi senta quando baci la tua amata, quando vesti la tua piccola figlia, quando accarezzi il tuo cane, quando fai il bagno in mare.
Smetti di lodarmi, che tipo di Dio egoista pensi che io sia?
Sono annoiato dal fatto che mi lodino, sono stanco di essere ringraziato. Ti senti grato? Dimostralo prendendoti cura di te, della tua salute, delle tue relazioni, del mondo. Ti senti osservato? sopraffatto? ... Esprimi la tua gioia! Questo è il modo di lodarmi.
Smetti di complicare le cose e di ripetere come un pappagallo ciò che ti è stato insegnato su di me.
L'unica cosa certa è che sei qui, che sei vivo, che questo mondo è pieno di meraviglie.
Perché hai bisogno di ancor più miracoli? Perché così tante spiegazioni?
Non cercarmi fuori, non mi troverai. Cercami dentro ... è lì che sono, battendo in te.”
- Spinoza
12 notes
·
View notes
Quote
Sapevate che quando Einstein teneva una conferenza, in molte università degli Stati Uniti, la domanda ricorrente fatta dagli studenti era: -Credi in Dio? Ed egli ha sempre risposto: -Credo nel Dio di Spinoza! Colui che non aveva letto Spinoza restava con il dubbio che adesso vi riveleremo...: Baruch de Spinoza era un filosofo olandese considerato uno dei tre grandi razionalisti della filosofia del diciassettesimo secolo, insieme al francese Cartesio. Ecco alcuni esempi del suo pensiero: “Questo è il Dio o la natura di Spinoza: Dio avrebbe detto: Smetti di pregare e di batterti il petto! Quello che voglio che tu faccia è uscire nel mondo per goderti la vita. Voglio che ti diverta, che canti, che ti diverta e goda di tutto ciò che ho fatto per te. Smetti di andare in quei templi cupi, bui e freddi che ti sei costruito e che dici che sono la mia casa! La mia casa è la montagna, è nei boschi, nei fiumi, nei laghi, nelle spiagge. È lì che vivo ed è lì che esprimo il mio amore per te. Smetti di incolparmi per la tua miserabile vita; non ti ho mai detto che ci fosse niente di sbagliato in te o che eri un peccatore, o che la tua sessualità era una cosa cattiva! Il sesso è un dono che ti ho fatto e con cui puoi esprimere il tuo amore, la tua estasi, la tua gioia. Quindi non incolparmi per tutto ciò per cui sei stato portato a credere. Smetti di leggere supposte scritture che non hanno nulla a che fare con me. Se non riesci a leggermi all'alba, in un paesaggio, negli occhi dei tuoi amici, negli occhi di tuo figlio ... Non mi troverai in nessun libro! Fidati di me e smetti di chiedermelo. Mi dirai forse, come fare il mio lavoro? Smetti di aver paura di me. Non ti giudico, non ti critico, non mi arrabbio, non ti disturbo, non ti punisco. Sono puro amore Smetti di chiedermi perdono, non c'è niente da perdonare. Se ti ho creato ... ti ho riempito di passioni, limitazioni, piaceri, sentimenti, bisogni, incongruenze ... del libero arbitrio. Come posso biasimarti se rispondi a qualcosa che ti ho messo? Come posso punirti per essere come sei, se sono io quello che ti ha fatto? Pensi che potrei creare un posto per bruciare tutti i miei figli che si comportano male, per il resto dell'eternità? Che tipo di Dio può farlo? Dimentica qualsiasi tipo di comandamento, qualsiasi tipo di legge; quelli sono trucchi per manipolarti, per controllarti, che creano solo colpa in te. Rispetta i tuoi coetanei e non fare ciò che non vuoi per te stesso. Tutto ciò che chiedo è che presti attenzione alla tua vita, che la tua attenzione sia la tua guida. Mia amata, amato, questa vita non è una prova, né una scala, né un passo nel cammino, né un saggio da mostrare, né un preludio al paradiso. Questa vita è l'unica cosa qui e ora, e l'unica cosa di cui hai bisogno. Ti ho reso assolutamente libero, non ci sono premi o punizioni, né peccati o virtù, nessuno porta un distintivo, nessuno porta un registro dei buoni e dei cattivi. Sei assolutamente libero di creare un paradiso o un inferno nella tua vita. Non potrei dirti se c'è qualcosa dopo questa vita, ma posso darti qualche consiglio. Vivi come se non ci fosse. Come se questa fosse la tua unica possibilità di godere, di amare, di esistere. Quindi, se non c'è nulla, allora ti sarà piaciuta l'opportunità che ti ho dato. E se sì, assicurati che non ti chiederò se ti sei comportato bene o male, invece ti chiederò: “Ti è piaciuto? Ti sei divertito Cosa ti è piaciuto di più? Che cosa hai imparato?” Smetti di credere in me; Credere è opinare, indovinare, immaginare. Non voglio che tu creda in me, voglio che tu mi senta. Voglio che tu mi senta quando baci la tua amata, quando vesti la tua piccola figlia, quando accarezzi il tuo cane, quando fai il bagno in mare. Smetti di lodarmi, che tipo di Dio egoista pensi che io sia? Sono annoiato dal fatto che mi lodino, sono stanco di essere ringraziato. Ti senti grato? Dimostralo prendendoti cura di te, della tua salute, delle tue relazioni, del mondo. Ti senti osservato? sopraffatto? ... Esprimi la tua gioia! Questo è il modo di lodarmi. Smetti di complicare le cose e di ripetere come un pappagallo ciò che ti è stato insegnato su di me. L'unica cosa certa è che sei qui, che sei vivo, che questo mondo è pieno di meraviglie. Perché hai bisogno di ancor più miracoli? Perché così tante spiegazioni? Non cercarmi fuori, non mi troverai. Cercami dentro ... è lì che sono, battendo in te.”
@Alan Ford
16 notes
·
View notes
Text
Sapevate che quando Einstein teneva una conferenza, in molte università degli Stati Uniti, la domanda ricorrente fatta dagli studenti era:
-Credi in Dio?
Ed egli ha sempre risposto:
-Credo nel Dio di Spinoza!
Colui che non aveva letto Spinoza restava con il dubbio che adesso vi riveleremo...:
Baruch de Spinoza era un filosofo olandese considerato uno dei tre grandi razionalisti della filosofia del diciassettesimo secolo, insieme al francese Cartesio.
Ecco alcuni esempi del suo pensiero:
“Questo è il Dio o la natura di Spinoza:
Dio avrebbe detto:
Smetti di pregare e di batterti il petto!
Quello che voglio che tu faccia è uscire nel mondo per goderti la vita.
Voglio che ti diverta, che canti, che ti diverta e goda di tutto ciò che ho fatto per te.
Smetti di andare in quei templi cupi, bui e freddi che ti sei costruito e che dici che sono la mia casa!
La mia casa è la montagna, è nei boschi, nei fiumi, nei laghi, nelle spiagge. È lì che vivo ed è lì che esprimo il mio amore per te.
Smetti di incolparmi per la tua miserabile vita; non ti ho mai detto che ci fosse niente di sbagliato in te o che eri un peccatore, o che la tua sessualità era una cosa cattiva!
Il sesso è un dono che ti ho fatto e con cui puoi esprimere il tuo amore, la tua estasi, la tua gioia. Quindi non incolparmi per tutto ciò per cui sei stato portato a credere.
Smetti di leggere supposte scritture che non hanno nulla a che fare con me.
Se non riesci a leggermi all'alba, in un paesaggio, negli occhi dei tuoi amici, negli occhi di tuo figlio ...
Non mi troverai in nessun libro!
Fidati di me e smetti di chiedermelo. Mi dirai forse, come fare il mio lavoro?
Smetti di aver paura di me. Non ti giudico, non ti critico, non mi arrabbio, non ti disturbo, non ti punisco. Sono puro amore
Smetti di chiedermi perdono, non c'è niente da perdonare. Se ti ho creato ... ti ho riempito di passioni, limitazioni, piaceri, sentimenti, bisogni, incongruenze ... del libero arbitrio. Come posso biasimarti se rispondi a qualcosa che ti ho messo? Come posso punirti per essere come sei, se sono io quello che ti ha fatto? Pensi che potrei creare un posto per bruciare tutti i miei figli che si comportano male, per il resto dell'eternità?
Che tipo di Dio può farlo?
Dimentica qualsiasi tipo di comandamento, qualsiasi tipo di legge; quelli sono trucchi per manipolarti, per controllarti, che creano solo colpa in te.
Rispetta i tuoi coetanei e non fare ciò che non vuoi per te stesso. Tutto ciò che chiedo è che presti attenzione alla tua vita, che la tua attenzione sia la tua guida.
Mia amata, amato, questa vita non è una prova, né una scala, né un passo nel cammino, né un saggio da mostrare, né un preludio al paradiso. Questa vita è l'unica cosa qui e ora, e l'unica cosa di cui hai bisogno.
Ti ho reso assolutamente libero, non ci sono premi o punizioni, né peccati o virtù, nessuno porta un distintivo, nessuno porta un registro dei buoni e dei cattivi.
Sei assolutamente libero di creare un paradiso o un inferno nella tua vita.
Non potrei dirti se c'è qualcosa dopo questa vita, ma posso darti qualche consiglio. Vivi come se non ci fosse. Come se questa fosse la tua unica possibilità di godere, di amare, di esistere.
Quindi, se non c'è nulla, allora ti sarà piaciuta l'opportunità che ti ho dato. E se sì, assicurati che non ti chiederò se ti sei comportato bene o male, invece ti chiederò: “Ti è piaciuto? Ti sei divertito Cosa ti è piaciuto di più? Che cosa hai imparato?”
Smetti di credere in me; Credere è opinare, indovinare, immaginare. Non voglio che tu creda in me, voglio che tu mi senta. Voglio che tu mi senta quando baci la tua amata, quando vesti la tua piccola figlia, quando accarezzi il tuo cane, quando fai il bagno in mare.
Smetti di lodarmi, che tipo di Dio egoista pensi che io sia?
Sono annoiato dal fatto che mi lodino, sono stanco di essere ringraziato. Ti senti grato? Dimostralo prendendoti cura di te, della tua salute, delle tue relazioni, del mondo. Ti senti osservato? sopraffatto? ... Esprimi la tua gioia! Questo è il modo di lodarmi.
Smetti di complicare le cose e di ripetere come un pappagallo ciò che ti è stato insegnato su di me.
L'unica cosa certa è che sei qui, che sei vivo, che questo mondo è pieno di meraviglie.
Perché hai bisogno di ancor più miracoli? Perché così tante spiegazioni?
Non cercarmi fuori, non mi troverai. Cercami dentro ... è lì che sono, battendo in te.”
- Spinoza
2 notes
·
View notes
Text
Felice C.: «Diciamo che non ho menomazioni fisiche visibili ma il mio cuore e la mia testa, per come sono ormai conformati, non mi consentono di vivere alla pari con gli altri. Signor Cocuzza io chiedo di ricevere la pensione di invalidità civile perché è fallito il comunismo»
Cocuzza: «Che è fallito?»
Felice C.: «Il comunismo, signor Cocuzza»
Cocuzza: «…»
Felice C.: «Non capisce? Lei è cattolico?»
Cocuzza: «Sì»
Felice C.: «Crede nel Paradiso?»
Cocuzza: «Sì»
Felice C. «E spera di andarci?»
Cocuzza: «Certo…sì»
Felice C. «E per andare in Paradiso, signor Cocuzza, lei si comporta in un certo modo, da bravo cattolico, seguendo cioè le regole che la Chiesa le ha insegnato. Non so, rispetta i Dieci Comandamenti, va in Chiesa, fa le sue buone azioni, fa la carità, è giusto. Ora, dopo tanti anni che lei segue queste regole, esse stesse sono diventate un comportamento meccanico. Signor Cocuzza è corretto dire che lei ormai si comporta da buon cattolico senza nemmeno più pensarci? Per riflesso condizionato?»
Cocuzza: «Cioè, che vuole dire? Che sono abituato?»
Felice C.: «Bravo»
Cocuzza: «Sì»
Felice C.: «Allora, facciamo un’ipotesi. Mettiamo il caso che lei potesse morire e ritornare indietro vivo»
Cocuzza: «Morire?»
Felice C.:«Eh…»
Cocuzza: «Lo sa che è impossibile attualmente?»
Felice C.: «E’ un’ipotesi, signor Cocuzza. Allora, lei muore, va nell’aldilà e scopre che il Paradiso non esiste. Si accorge che tutti i sacrifici che ha fatto sulla terra da vivo, non servono a nulla perché il premio non c’è. Non solo non c’è il premio, non c’è nemmeno la punizione per i cattivi, per quelli che delle regole se ne sono ampiamente fregati, a differenza sua. Quindi né premio né punizione, né Paradiso né inferno. Ora, abbiamo detto che lei può tornare vivo sulla terra. Però, sapendo a questo punto che nell’Aldilà non c’è niente, signor Cocuzza, lei continuerà a comportarsi come prima? Seguendo le buone regole del bravo cattolico?»
Cocuzza: «E chi me lo fa fare?»
Felice C.: «Bravo, “io faccio quello che mi pare”, ma è un’illusione purtroppo signor Cocuzza perché per lei comportarsi da cattolico è un riflesso con-di-zio-nato, non può farne a meno, continuerà contro la sua volontà a comportarsi come prima. Ora, immagini che tutto questo le capiti non con delle regole che servono a guadagnarsi il Paradiso ma con delle regole che servono a vivere meglio su questa terra. Signor Cocuzza, questa è la mia condizione: gli ideali che sostenevano la mia etica sono falliti ma io non posso vivere altrimenti che seguendo meccanicamente quegli stessi ideali. E allora io uso un codice di comportamento che questa società non ritiene valido. Sono inadatto a vivere in questa società. Ma se sono inadatto a vivere lei, tecnicamente, come mi definisce? Un…»
Nonno: «Invalido!»
Cocuzza: «Invalido?»
Felice C.: «Ed essendo un invalido, che mi spetta?»
Nonno: «La pensione!»
Cocuzza: «La pensione!»
Felice C.: «Ci è arrivato, sono felice!»
Cocuzza: «Complimenti, bravissimo!»
Felice C.: «Quindi lei è d’accordo con me, signor Cocuzza?»
Cocuzza: «No, che d’accordo. Ho capito»
Felice C.: «Io le sto dando l’occasione per aprire un varco nell’ordinamento giuridico, c’è un nuovo handicap da mettere agli atti, è l’handicap morale, signor Cocuzza, lei ne può essere l’artefice»
Cocuzza: «Ma che handicap morale, lei ha semplicemente creduto negli ideali sbagliati»
Felice C.: «No, no, no non mi tratti con sufficienza, non me lo merito. E’ un caso, solo un caso che siano cadute le mie regole e non le sue, non faccia lo sbruffone con me signor Cocuzza»
Cocuzza: «Ah sì? Scusi ma perché non lo va a dire alle persone di quei paesi le cose che sta dicendo a me?»
Felice C.: «Ma quali paesi?»
Cocuzza: «I paesi…senta ma lei è un comunista o no?»
Nonno: «Sfegatato!»
Felice C.: «Ma che c’entra? Zitto, sta’ zitto, non è il comunismo signor Cocuzza, non è il comunismo che mi manca. Non sono uno stupido! A me manca il sogno comunista. Ogni uomo ha diritto ad un sogno. Io sono stato ingannato. Voglio essere risarcito. Io per vent’anni ho creduto veramente che un miliardo di cinesi fossero tutti educati, felici e sorridenti solo perché erano comunisti. Poi ho scoperto che facevano le esecuzioni in piazza. Pigliavano dei ragazzi di quindici, sedici anni solo perché avevano rubato una bicicletta, un pugno di riso, li facevano inginocchiare per terra e gli sparavano un colpo in testa. E la gente applaudiva. Io ero comunista perché sono contro la pena di morte signor Cocuzza, sono stato ingannato e voglio essere risarcito. Mi spetta!»
Cocuzza: «Ho capito, ma la legge non prevede un caso come il suo. Io che scrivo nel registro? “E’ incapace di vivere perché è fallito il comunismo”?»
Felice C.: «Esatto, io sono malato signor Cocuzza, la mia è una forma di malattia di cui lo Stato deve tenere conto. Io sono un tossicomane ideologico, sono in crisi di astinenza, posso fare di tutto signor Cocuzza e lo farò!»
Cocuzza: «Che vuole dire?»
Felice C.: «Che mi lascerò finalmente andare. Che non avrò più scrupoli, che diventerò un delinquente»
Cocuzza: «E faccia quello che le pare…»
Felice C.: «E sarà anche colpa sua!»
Cocuzza: «Mia? E io che c’entro?»
Felice C.: «Lei non mi prende nella giusta considerazione!»
Cocuzza: «No, io faccio solo quello che è nelle mie possibilità…»
Felice C.: «Ma la smetta con la storia delle possibilità! Faccia quello che è nelle sue responsabilità!»
Cocuzza: «Lei per me sta benissimo! Se ha bisogno, vada a lavorare!»
Felice C.: «E come faccio a lavorare signor Cocuzza? Io sono mesi che non esco di casa, non ce la faccio ad andare per strada, guardare negli occhi le persone che per vivere devono schiacciare la propria dignità!»
Cocuzza: «Tutti dobbiamo fare i conti con la realtà…»
Felice C.: «Ma questa è la vostra realtà, non la mia!»
Cocuzza: «E allora combatta con la sua di realtà…»
Felice C.: «E come faccio? Dove va? Che cosa devo fare signor Cocuzza? Devo denunciare tutti quelli che andavano in giro con i capelli lunghi e con l’eskimo? Erano milioni! Sono scomparsi? Con chi me la prendo? Con quelli che mi impedivano di comprare i dischi di Lucio Battisti perché si era sparsa la voce che forse era fascista? E io l’amavo e mi vergognavo a dirlo! Per lei è facile, signor Cocuzza, insegnare ai suoi figli che l’essere umano è di natura cattiva, che la gente parla, parla ma poi ognuno pensa ai fatti suoi, io non potrei mai insegnare queste cose a mio figlio, non gli potrei mai insegnare che sul lavoro non deve guardare in faccia a nessuno se vuole andare avanti, che votare non serve a nessuno, solo ai politici che devono rubare, per voi è facile dire queste cose, perché secondo voi adesso la gente sta bene, nessuno muore più di fame. E allora che cosa gli dovete insegnare ai vostri figli? Solo stronzate! Che il fumo fa male, che mangiamo troppa carne rossa, che ogni anno a Natale vengono distrutti troppi abeti…e chi se ne fotte, Cocuzza? Voi non mi volete aiutare? Allora insegnatemi a vivere come voi, senza scrupoli e senza sensi di colpa, altrimenti mettemi in un mondo dove non esistono zingari, negri, poveri, disperati, un mondo dove non si sappia quanti bambini muoiono di fame ogni giorno mentre noi mangiamo le primizie, abbiamo sei televisori per famiglia, due macchine a testa… mandatemi qualcuno che mi dimostri che vivere in questa società è giusto altrimenti diventerò un delinquente. E si ricordi, signor Cocuzza, che è un caso, solo un caso che siano cadute le mie regole e non le sue!»
8 notes
·
View notes
Text
Pensiero
L'odio sicuramente, e' uno dei piu' abietti sentimenti, che l'essere umano puo' coltivare in se stesso,specialmente quando, non esistono i presupposti, affinche' questo ti venga vomitato addosso.Badate, posso anche condividere, che qualcuno/a possa odiarti, se gli hai fatto del male o un torto, perche' e' (possiamo dire? ) umanamente naturale, che possa nascere in noi, del risentimento, verso chi commette una cattiva azione.Credo che in una persona "normale", l'odio, ma giusto per usare un aggettivo di massima espressione, dovrebbe essere, direttamente proporzionale, al torto subito.Anche se, non escludo che, possano esistere persone immuni, da questo feroce sentimento. Questo, non e' uno studio psicologico sull'odio, perche' sicuramente, non sarei in grado di svilupparlo, ma e' il domandarsi, e di questo chiedo a voi conferma, se si puo' odiare qualcuno/a prescindere.L'odio e' presente dentro ognuno di noi,ma in alcuni rimane allo stato embrionale, mentre registro, con grande disagio, che in tanti, si trasforma in esseri mostruosi, che dimorano nella loro anima, e come le metastasi di un cancro,distruggono in loro, qualsiasi parvenza di umanita', e di pieta' cristiana.Entro nel merito: mi riferisco a quelle persone che ti sono nemiche, e ti odiano, senza che tu gli abbia mai fatto niente. Individui subdoli, che se ti incontrano, ti salutano, ti sorridono, e ti chiedono come stai tu, e i tuo cari. Persone che non penseresti mai, che possano nutrire verso di te un sentimento cosi' odioso.Che godono se hai una malattia, se se tuo figlio e' stato bocciato a scuola, se attraversi difficolta' economiche.Se potessero, in quel momento stapperebbero una bottiglia di Champagne, per festeggiare.E tu invece, in buona fede, pensi positivamente di loro,parenti o amici, o addirittura solo conoscenti, e continui ad avere rapporto leale con questa gente, ignaro che, se potessero, ti distruggerebbero.Il piu' delle volte, queste persone, sono difficilmente identificabili, perche' sanno camuffare molto bene, la loro ipocrisia, ma quando qualche volta, su una frase, o un comportamento si tradiscono, e' li che nasce il vero problema, perche' tu in quel momento, fai lo scanner della tua anima per capire in cosa hai eventualmente sbagliato nei suoi confronti, ma non trovi nulla, e allora, lo rifai di nuovo, pensando semmai che qualcosa, la prima volta ti sia sfuggita. Ed e' li, dopo quell'ulteriore esame, che ti senti sgomento, quando ti rendi conto di aver avuto sempre a che fare con un personaggio infimo, del cui odio, non te ne sei mai reso conto, e cerchi in te, le ragioni di quella cattiveria, a cui non sai dare una spiegazione, perche' hai sempre pensato che i mostri esistessero solo, nella mente dei bambini.
2 notes
·
View notes
Text
Prosegue la sezione di questo sito dedicata ai compagni uccisi durante azioni armate, tutti quelli che normalmente vengono rimossi dalla memoria collettiva, tutti gli “scomodi”.
Molti in questo ultimo periodo li ho saltati. Per problemi di tempo, ma non per dimenticanza, quindi il danno verrà riparato al più presto e tutti coloro che sembravano essere stati dimenticati dalle pagine di questo blog verranno ricordati.
Non ci si dimentica del proprio sangue.
Il tutto è tratto dal Progetto Memoria, Edizioni Sensibili alle Foglie
WALTER ALASIA, “LUCA”
– Nasce a Milano il 16 settembre 1956
– Frequenta le scuole medie all’Ernesto Breda a Sesto San Giovanni, poi un anno di corso per grafici pubblicitari presso una scuola dell’Enalc di Milano e poi due anni all’Itis di Sesto San Giovanni
– continua gli studi frequentando le serali
– milita nel movimento studentesco e operaio
– lavora per un periodo come operaio nel reparto meccanico della Farem, alla periferia di Sesto, poi si licenzia
– lavora per un po’ presso un’officina per l’istallazione di apparecchi telefonici
– lavora per tre mesi a scaricare pacchi alle poste, alla stazione centrale di Milano
– milita nelle Brigate Rosse
– viene ucciso dalla polizia a Milano, il 15 dicembre 1976, mentre tenta la fuga dopo aver ucciso due agenti.
-Comitato Operaio Magneti Marelli, Volantino –frammento-, Milano ’76:
“Il terrorismo l’ha fatto la polizia nei confronti di tutti noi. Walter ha risposto col fuoco. Possiamo essere d’accordo o no con lui, ma il terrorismo contro gli operai non è stato il suo ma quello dei padroni dello Stato e dei suoi uomini armati”
Testimonianze al Progetto Memoria: Renato Curcio, carcere, Roma 1995
“Ero a Pisa, Walter, quel 15 dicembre 1976. Isolamento duro e prolungato. Pensa, di fronte alla mia cella, stazionava 24 ore su 24, un agente. Si sedeva lì, e, quando non ne poteva più dormiva. Dormiva anche quando la Tv passò la notizia. Io facevo “le righe”, Walter, su e giù, su e giù per la cella. Diceva il mezzobusto che a Sesto era successo un casino. Un terrorista aveva ucciso due poliziotti e, altri poliziotti, lo avevano ammazzato. Eri tu l’ammazzato e, appena fecero il tuo nome, mi fermai. Bloccato. Dissero molte parole in quel telegiornale ma io non riuscii più ad ascoltarle. Ero lì, in piedi, immobile, come lo eri tu nelle braccia della morte. Ascoltavo il mio cuore che mentre mi ripeteva il tuo nome mandava immagini del tuo volto sorridente.
Quel primo nostro incontro –ti ricordi?- in zona Ticinese. Io che mi presentavo come ex operaio della Fiat e tu che te la ridevi sotto i baffi. E poi gli addestramenti nelle grotte di qualche valle bergamasca. Tu che mi scherzavi per via dell’età: “Lascia a me questa Luger, è troppo grossa per un vecchietto come te!” E io che ti sfidavo mentre risalivamo il fiume: “Ne hai da fare di strada ragazzo prima di tener dietro al mio passo”. Ridevamo. Ma la Luger, che Feltrinelli mi aveva lasciato, io te la affidavo volentieri. Pur se di generazioni diverse eravamo entrambi in quel gioco d’armi pieno e vero e tu, per me, rappresentavi il futuro. Soprattutto mi piaceva quel tuo disincanto, quel tuo guardare Milano con gli occhi di un ragazzo smagato.
“Vieni ti porto a San Donato, a San Giuliano, così vedrai coi tuoi occhi le ronde dei carabinieri su e giù per le strade del paese col mitra in spalla due a due a piedi, pronti a sparare. Vedrai la rabbia sul volto dei ragazzi che già per il solo fatto di esistere vengono sospettati … Vieni ti presento qualche amico che vive come può, un giorno operaio all’Autobianchi, un giorno disoccupato incazzato, un giorno a portar via motorini di fronte all’autodromo di Monza … Molti di questi ragazzi che ti ho fatto conoscere –mi dicevi- non sanno più cosa inventare per resistere alle ferite della vita”.
L’idea delle “calate” sula grassa Milano stava appena incubando. Cominciava a circolare l’eroina. Ci capitò di esplorare insieme i primi luoghi dello spaccio. Brutti presagi, vero? Non ci piacevano affatto.
Io venivo da un’esperienza al tramonto e tu da un futuro che era appena annunciato. Per noi, davanti, ci sarebbero stati solo pochi mesi. L’idea che il carcere o la morte stessero già aspettando, in quei giorni non ci sfiorava neppure. E comunque non ci impedì di andare a “recuperare” insieme armi e documenti in una casa “insicura”. Fu quella l’occasione in cui mi presentasti tua madre.
“Ci aiuterà una compagna di Sesto, una operaia della Pirelli – mi dicesti – puoi fidarti, è mia madre”.
Andammo insieme tutti e tre, in un pomeriggio di pioggia. Missione riuscita.
Ridevano i tuoi occhi al ritorno, mentre io non finivo di “scoprirti”. Era felice tua madre di aver partecipato insieme a te a quell’azione.
“Mia madre è la migliore confidente. Ci battiamo per le stesse cose. E ci vogliamo bene”. Era bello sentirtelo dire, bella la voce del tuo cuore.
Non mi stupì perciò che proprio a casa sua ti rifugiasti la sera del tuo appuntamento con la morte. Qualunque amarezza ti abbia spinto, qualunque ambascia vi siate confidati, so che per te fu certo buona cosa. E che se sfidasti le regole della clandestinità non fu per superficialità ma per qualche profondo buon motivo.
Molti mi hanno chiesto di te, dopo la tua morte. Le mie risposte sono state spesso inadeguate. Come se il registro politico fosse davvero l’unico rilevante nel definire il senso della tua rapida esistenza. Di ciò ti chiedo scusa, Walter, perché so che tu per primo, di fronte alle mie parole seriose, avresti preso la chitarra e suonato una canzone. Mi avresti canzonato, proprio come facevi nelle valli del bergamasco quando ci andavamo ad addestrare.”
Ivana Cucco, Intervento processuale, Milano 1984:
“Allora l’accusa si reggeva sostanzialmente sul mio rapporto con Walter, rapporto che è stato per me un’esperienza ricchissima e importante e che è stato ridotto a capo di imputazione e a una specie di marchio negativo.
Un rapporto criminalizzato, forse perché è inconcepibile amare un brigatista.
Il brigatista doveva essere presentato come una specie di nostro, un individuo senza radici e senza ragioni, senza legami e senza valori positivi. Chi l’ha conosciuto sa invece che Walter era una persona meravigliosa: due occhi azzurri come il cielo sereno e una gioia di vivere che gli sprizzava da tutti i pori. Dopo la sua morte si sono sprecati fiumi di inchiostro sul suo conto. E’ stata persino scritta una biografia che faceva scempio della sua identità e della sua storia. Ogni pezzettino della sua vita è stato radiografato e vivisezionato al fine di scoprire l’origine della sua malattia, per trovare una spiegazione plausibile alle sue scelte di vita e di lotta; una motivazione razionale al fatto che un ragazzo di vent’anni possa essere ucciso sotto casa mentre cerca di sottrarsi all’arresto in una mattina di dicembre. Tutte cose da mass media e da sociologia da strapazzo. Walter non era figlio di nessuna variabile impazzita. Era figlio del suo tempo e di Sesto San Giovanni, la rossa Sesto, la grossa cittadella operaia impregnata fino in fondo e in ogni ambito della vita sociale della cultura operaia comunista.
Walter è nato e cresciuto dentro a questa cultura e questo sistema di valori. Ha respirato da sempre quest’atmosfera. La sua vita si è snodata tutta dentro il clima di tensione di quegli anni e di quell’ambiente. Sono gli anni delle grandi lotte operaie, delle stragi di stato, delle rivolte studentesche, del Cile, del Portogallo, dell’antifascismo militante, dei gruppi extraparlamentari, delle occupazioni di case. Tutte esperienze che Walter ha attraversato fino alla scelta e alla militanza nella lotta armata, che era comunque una scelta di vita, non di morte. Una scelta e un bisogno di liberazione tanto forte e irrinunciabile da arrivare anche a giocarsi la vita. Walter non era diverso da molti altri perché quelle stesse tensioni di esperienze sono appartenute a migliaia di persone sono state lo scenario dentro cui si è affermata ed espressa un’intera generazione di soggetti che aspiravano a un cambiamento radicale di questa società.
[…] Walter fu il più bello degli incontri, quello che ancora oggi mi porto dentro. Non solo i suoi compagni hanno pianto la sua morte. C’era Sesto San Giovanni. Dai ragazzi di vent’anni come lui ai vecchi operai cinquantenni. Non è stato sepolto né come un mostro né come un orfano.
Anche allora, anche il suo funerale, è stato oggetto di criminalizzazione. Ci fu, in particolare, una martellante campagna condotta da Leo Valiani sulle pagine del Corriere della Sera, in cui sosteneva che si sarebbero dovuti schedare e arrestare tutti i presenti in quell’occasione, tutti quelli che avevano sfidato il clima di terrore e la militarizzazione a tappeto, per andare a urlare il loro amore e il loro dolore per la sua morte.
Il 15 dicembre 1976, il giorno della morte di Walter, sono stata arrestata.
1 note
·
View note
Text
EDS4
20) L'amore è un lusso
È stata la nostra ultima volta, pensavo che avrei avvertito un velo di tristezza ma quello che provo è più simile ad un senso di liberazione.
Mi alzo dal letto sfatto dove il suo corpo addormentato giace in una posa rilassata, l’unico momento in cui può permettersi di abbassare la guardia. Raccolgo l’abito da terra e mi rivesto, lasciando per ultimi i ganci della giarrettiera che tengono le calze. Sono l’unica in paese a portare ancora calze di nylon, sono introvabili, troppo costose per la povertà che ci ha messo in ginocchio e certe frivolezze non sono più in cima alle nostre priorità. La verità è che nemmeno io me lo posso permettere, si tratta di un regalo, che insieme agli altri ricevuti, sta facendo insospettire. Sono sempre stata molto attenta a non farmi scoprire, per venire qui, entro dalla strada parallela passando per la cucina della trattoria dove lavoro, attraverso il locale ed esco dalla porta principale collegata alle camere in affitto. Qui, l’odore è sgradevole, sa di muffa e stantio, nessuno si prodiga nella pulizia di queste stanze che vengono occupate dai nazisti. Gli squadroni arrivano una volta alla settimana, piombano nelle strade con arroganza e violenza, in cerca di tracce dei partigiani che si nascondono sulle montagne. Dappertutto c'è solo fame, freddo e tanta disperazione. Dicono che la guerra la stiamo perdendo e che finirà male, ma io cerco di scacciare il pensiero perché nascosto tra quelle montagne c'è anche mio padre e con lui, i miei amici, quei ragazzini che con appena un filo di barba sono stati catapultati con scarponi buchi e divise con le toppe, a salvare una patria che non volevano nemmeno difendere. Papà è un disertore, così vengono chiamati quelli che hanno deciso di andare contro il duce, quelli che hanno scelto di salvare il popolo italiano combattendo contro questi maledetti nazisti; uomini che lottano per tenere salda la loro dignità.
Sono passate più di tre settimane ormai dall’ultima lettera di papà e iniziamo a temere il peggio, la mamma piange tutte le notti e all’alba consuma il rosario in cerca di un segno. Finge, perché io lo so che ha smesso di credere in Dio molto tempo e molto dolore fa.
Lui, è arrivato in paese un giorno insieme ai suoi sottoposti, avrebbe dovuto fermarsi il tempo di una ronda ma un focolaio di polmonite l’ha costretto a letto e a una lunga degenza. Io, come tutti in paese, ho desiderato che morisse, sarebbe stato un orrore in meno che camminava su questa terra, ma Hans sapeva come curarsi, in Germania aveva studiato medicina. Su ordine del comandante, la trattoria mi mandava ogni giorno a portargli i pasti caldi e ad accertarmi che stesse recuperando le forze, io andavo controvoglia e qualche volta ho sputato dentro il piatto prima di portarglielo, versando così il disprezzo che provavo per lui e per tutta la sua nazione.
Hans parlava un poco di Italiano e mi trattava in modo gentile, ringraziava e sorrideva quando entravo nella sua camera buia. Io lo odiavo ancora di più per questo, non rispondevo nemmeno ai suoi saluti pronunciati con quel forte accento tedesco. Finché un giorno, entrando nella stanza, l’ho trovato addormentato. Era una giornata estiva di quelle torride in cui il sudore ti si appiccica addosso e il torpore avvolge tutte le cose, il suo corpo nudo era sdraiato di traverso sul piccolo letto. Non avevo mai visto un uomo completamente nudo, le mie esperienze fino ad allora, si erano limitate a toccare senza guardare, così come il pudore ci aveva insegnato. Ma anche il pudore, con l’arrivo della guerra, è diventato un vezzo che non ci si poteva più permettere. Quella vista ha riportato in vita istinti sopiti da molto tempo, è stato come se le mie cellule venissero risvegliate da un sonno profondo. Mi sono avvicinata, come attratta da una forza magnetica e mi sono soffermata a guardare la schiena muscolosa e la curva dei glutei, sembravano duri, sicuramente allenati dalle lunghe marce. La mia attenzione è stata catturata da una serie di striature sulla pelle, segni di cicatrici da frustate e di quelle, ne avevo già viste fin troppe. Mi sono chiesta cosa avesse fatto per esser stato punito in quel modo e la mia testa ha iniziato a fantasticare trasformandolo da carceriere in vittima del sistema.
Accade così, basta un attimo, un dettaglio e i sentimenti si fanno strada bucando anche la corazza più dura. Accade così, che si abbassa la guardia.
La mia mano si è mossa da sola, volendo andare a tastare i solchi lasciati dalla tortura, con tocco leggero ho percorse le righe fino a che la sua mano mi ha afferrato il polso con forza facendomi trasalire, poi mi ha guardato dritto in faccia, prima di baciarmi. Mi aspettavo un assalto rude e invece mi ha sorpreso cercandomi con una certa dolcezza, con gesti misurati, come se volesse chiedere il permesso. La sua bocca è scesa lentamente lungo il mio collo mentre le mani mi stringevano i fianchi. Ho avvertito il calore tra le mie cosce e ho riconosciuto la fame di contatto, quel bisogno ancestrale di sentirsi vivi quando tutto il mondo intorno sta marcendo. Ho lasciato che la sua bocca scendesse sul mio seno, esposto dopo che l’unico bottone del mio vestito liso si è aperto, mentre le sue mani erano scivolate sotto la gonna e stavano già sfilando l’intimo. Con calma mi ha invitato a sedermi sopra di lui, sdraiandosi sulla schiena e offrendomi, nella sua totale nudità, la vista del suo sesso eretto e duro. La mia testa era ovattata, persa in una trance di emozioni, a differenza del mio corpo che sembrava sapere esattamente come comportarsi. L’ingresso è stato doloroso ma non tanto come immaginavo, la voglia stava facendo il suo dovere lubrificando la mia intimità. Hans aveva atteso il momento, penetrandomi poco alla volta, fino a che aveva capito di poter spingere un po’ di più. È venuto poco dopo, uscendo da me. Il suo orgasmo mi ha risvegliato dal sogno lucido che stavo vivendo, con velocità sorprendente mi sono infilata le mie mutande e sono fuggita via, il volto paonazzo e la mia voglia ancora pulsante in mezzo alle gambe. Sono corsa fino a casa e mi sono rifugiata nella stalla, dove ho lasciato che le mie mani finissero il lavoro rimasto in sospeso, esplodendo in un pianto disperato e colpevole.
Il giorno dopo sono tornata per portargli il pranzo, un po’ intimidita e decisa a non farmi toccare mai più. L’ho trovato seduto alla piccola scrivania intento a scrivere una lettera, non ha nemmeno alzato lo sguardo su di me quando sono entrata nella stanza. Me ne stavo andando, piena di rabbia e di vergogna, quando mi ha richiamato e attirandomi a sé, mi ha baciato con una passione che avevo visto solo al cinema.
È così che è iniziata la nostra storia. Mi ha istruita ai piaceri del sesso, con lui ho imparato a godere e a farlo godere.
Qualche volta mi fermo un po’ di più e parliamo, nel suo Italiano stentato mi racconta cose che con il tempo ho capito quanto potessero essere utili a tutti. Con un po’ di astuzia ho imparato a fare le domande giuste e sono riuscita a farmi dire come sono organizzati i turni di guardia, le squadre, gli addestramenti e anche gli spostamenti. A volte, con la scusa di insegnargli la nostra lingua, gli chiedo di tradurre le lettere che scrive e registro tutte le informazioni importanti. Sono diventata una spia e sono fiera di me. Quando torno a casa, riporto tutto in lettere che partono verso le montagne, passano di mano in mano con la speranza che arrivino ai partigiani e soprattutto a mio padre.
Hans dice di amarmi e io gli rispondo che lo amo anch’io ma non esiste l’amore per chi sa di poter morire da un momento all’altro, l’amore è un lusso che, chi soffre la fame e vive di paura, non si può permettere. Da quando è guarito gli capita di andare e tornare dalla città e porta con sé sempre qualche regalo: cioccolato, calze di nylon, sigarette e a volte medicine. Le porto a casa e le nascondo, so che mia madre non le accetterebbe mai, ma so che, se un giorno dovesse averne bisogno, non si farebbe troppe domande sulla loro provenienza.
Domani Hans partirà per una missione che lo porterà lontano, dice che tornerà presto ma non sa che quando lo farà non mi troverà più, anche io sono in partenza, vado sulle montagne, voglio avere notizie di mio padre prima che mia madre muoia di crepacuore.
Mi aggiusto il grembiule e mi piego per dare un ultimo bacio a quest’uomo che, a suo modo, è stato importante per me, ma il tonfo della porta che viene spalancata di colpo me lo impedisce, facendomi trasalire. I miei occhi sono sbarrati dallo stupore, davanti a me distinguo la canna di un fucile carico. Lo sparo rimbomba nell’aria, improvviso e fulmineo, seguito da un filo di fumo. Nel tempo di un attimo, il mio amante giace riverso e senza con vita, con una pallottola in fronte e la bocca aperta per il terrore. Io sono atterrita, così scossa da non riuscire a reagire né a proteggermi dal secondo colpo che mi colpisce dritta al petto. Il rumore mi esplode nelle orecchie, un ultimo barlume di lucidità mi aiuta a vedere in faccia l’uomo che, con gelida freddezza, ha messo fine alla mia giovane vita. La vista si annebbia, mi rimane solo un fiato per esalare le mie ultime parole: “Bentornato papà…”.
0 notes
Photo
“Non ricordo un presidente dell'Inps massacrato quanto l'attuale. L'ultima fake news è firmata Repubblica ed è subito smentita. Tanto per cominciare Tridico non ha preso nessuno stipendio da 150 mila euro lordi e non prenderà alcun arretrato come confermato dal Ministero del Lavoro. L'adeguamento stipendiale era già previsto da un decreto del Governo Conte I (Lega - M5S) e vale sia per l'Inps, sia per l'Inail di cui chissà per quale ragione non parla nessuno... Anzi dall'inizio del mandato Tridico ha percepito 90 mila euro in meno rispetto al suo predecessore Tito Boeri, il quale aveva diritto a ulteriori generosi rimborsi spese a differenza dell'attuale Presidente Inps. Per fare un solo esempio su tanti, ad oggi il presidente Istat guadagna 4 volte tanto e di certo non gestisce il bilancio più grande d'Europa. A Tridico quotidianamente dai media nazionali e quasi a reti unificate gli viene aizzata contro la peggiore rabbia sociale. Gli fanno appostamenti sotto casa inquadrando abitazione e indirizzo esponendo lui e la sua famiglia a enormi rischi. Viaggia con un'utilitaria e nonostante le ingiurie e minacce quotidiane non ha mezza scorta, a differenza di molti altri che per molto meno si spostano su auto blindate. La verità è che Tridico dà fastidio e deve essere eliminato per metter qualcun altro al suo posto. Ma io mi chiedo, ce li ricordiamo i suoi predecessori? I disastri che hanno combinato? So che non è semplice difendere un uomo che è sotto attacco di tutti, ma sono abituato ad agire con testa e cuore, non per convenienza e per questa ragione mi sento di esprimere tutta la mia solidarietà. Il vero problema è un altro. Molte persone hanno la memoria corta e coloro i quali vorrebbero le dimissioni di Tridico, sono gli stessi che hanno permesso a un certo Antonio Mastrapasqua di presiedere per anni questo importantissimo istituto. Ve lo ricordate questo nome? "Mastrapasqua nel 2008, passò dal cda alla presidenza, con nomina da parte del governo Berlusconi - Lega. Mastrapasqua fu inoltre il solo a ottenere, nelle Commissioni lavoro di Camera e Senato, il parere di competenza unanime quindi anche da parte del Pd che, allora, era all’opposizione."Ma andiamo ancora un pochino più a fondo... Mentre Pasquale Tridico lavora a tempo pieno per l'Inps, mettendo anima e corpo nella complessa gestione dell'Istituto; il "buon" Mastrapasqua gestiva una rete di potere impressionante: Presidente – istituto Nazionale per la Previdenza Sociale Presidente – Equitalia Sud s.p.a. Presidente – IDeA FIMIT SGR s.p.a. Vice Presidente – Equitalia s.p.a. Vice Presidente – Equitalia Nord s.p.a. Vice Presidente – Equitalia Centro s.p.a. Amministratore Delegato – Italia Previdenza s.p.a. Direttore Generale – Ospedale Israelitico Presidente del Collegio Sindacale – Aeroporti di Roma Engineering s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale – Aquadrome s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale – Cons. Cert. Qualita’ Impianti Presidente del Collegio Sindacale – EMSA Servizi s.p.a. (in liquidazione) Presidente del Collegio Sindacale – Eur Congressi Roma s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale – Eur Power s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale – Eur Tel s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale – Fondetir Fondo Pensione Complementare Dirigenti Presidente del Collegio Sindacale – Groma s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale – Italia Evolution s.p.a. (in liquidazione) Presidente del Collegio Sindacale – Mediterranean Nautilus Italy s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale – Quadrifoglio Immobiliare s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale – Rete Autostrade Mediterranee s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale – Telecontact Center s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale – Telenergia s.r.l. Sindaco Effettivo – Autostrade per l’Italia s.p.a. Sindaco Effettivo – Autostar Holdeing s.p.a. Sindaco Effettivo – CONI Servizi s.p.a. Sindaco Effettivo – Fandango s.r.l. Sindaco Effettivo – Loquenda s.p.a. Sindaco Effettivo – Pa.th.net s.p.a. Sindaco Effettivo – Terotec Sindaco Effettivo – Spiral Tools s.p.a. Sindaco Effettivo – Pastificio Bettini Zannetto s.p.a. Sindaco Effettivo – Consorzio Elis per la Formazione Professionale Superiore Sindaco Supplente – Telecom Italia Media s.p.a. Revisore – Almaviva s.p.a. Consigliere di Gestione – Centro Sanità s.p.a. Liquidatore – Office Automation Products s.r.l. Introiti per 1.2 milioni di euro all'anno! Ovviamente il curriculum non poteva non annoverare importanti procedimenti giudiziari: - Per aver comprato due esami universitari (Diritto della Navigazione e Diritto Privato) con l'aiuto di un bidello che falsificava le firme dei docenti con cui li avrebbe sostenuti, viene condannato a 2 anni e 10 mesi, pena ridotta a 10 mesi in appello e confermata in cassazione con la laurea che viene annullata. - Nel settembre 2014 viene iscritto nel registro degli indagati dalla Procura della Repubblica di Roma per il reato di concorso in falso e truffa ai danni del Servizio Sanitario Nazionale nell'ambito di un filone d'indagine riguardante prestazioni sanitarie fantasma erogate dall'Ospedale Israelitico di Roma. - Il 21 ottobre 2015 finisce agli arresti domiciliari. Il provvedimento cautelare viene emesso dalla Procura di Roma nell'ambito dell'inchiesta per il reato di falso e truffa ai danni del SSN. L'ordinanza del GIP Maria Paola Tomaselli a carico di dirigenti, medici e operatori dell'Ospedale Israelitico di Roma cita un «collaudato sistema» incardinato su prestazioni sanitarie «illecitamente erogate a danno del SSN» tra il 2012 e il 2014, sottolinendo come Mastrapasqua, in qualità di dirigente generale del nosocomio abbia, in concorso con altri dirigenti, «con artifici e raggiri» messo a carico della sanità regionale «prestazioni che non erano accreditate», provocando così un «danno patrimoniale di rilevante entità» per il servizio pubblico. In conclusione credo che questo Paese, mai come oggi, abbia bisogno di memoria storica e di corretta informazione. Perché un Paese senza memoria è un Paese senza futuro e un Paese senza futuro è un Paese finito”. Claudio Cominardi
0 notes
Quote
Strepitoso monologo di Salemme, riporto il testo....e anche il video, per chi non avesse voglia di leggerlo. Da stampare e imparare a memoria. E' fallito il comunismo - Vincenzo Salemme Sig. Cocuzza: Come mai ha fatto questa domanda? E’ andicappato. Felice: Non nel senso che intende lei Sig. Cocuzza, diciamo che non ho menomazioni fisiche visibili, ma il mio cuore e la mia testa, per come sono ormai conformati non mi consentono di vivere alla pari con gli altri. Sig. Cocuzza, io chiedo di ricevere la pensione d’invalidità civile perché è fallito il comunismo. Sig. Cocuzza: Che è fallito? Felice: Il comunismo Sig. Cocuzza. Non capisce? Lei è cattolico? Crede nel paradiso? E spera di andarci? E per andare in paradiso Sig. Cocuzza lei si comporta in un certo modo, da bravo cattolico, seguendo cioè le regole che la chiesa le ha insegnato. Non so, rispetta i dieci comandamenti, va in chiesa, fa le sue buone azioni, fa la carità è giusto? Ora dopo tanti anni che lei segue queste regole esse stesse sono diventate un comportamento meccanico, Sig. Cocuzza è corretto dire che lei ormai si comporta da buon cattolico senza nemmeno più pensarci, per riflesso incondizionato? Benissimo. Allora facciamo un ipotesi. Mettiamo il caso che lei potesse morire e ritornare indietro vivo. Allora lei muore, va nell’aldilà, e scopre che il paradiso non esiste. Si accorge che tutti i sacrifici che ha fatto sulla terra da vivo non servono a nulla perché il premio non c’è! Non solo non c’è il premio, non c’è nemmeno la punizione per i cattivi, per quelli, che delle regole, se ne sono ampiamente fregati, a differenza sua. Quindi né premio né punizione. Né paradiso né inferno. Ora abbiamo detto che lei può tornare vivo sulla terra, però, sapendo a questo punto che nell’aldilà non c’è niente, Sig. Cocuzza, lei che farà, continuerà a comportarsi come prima seguendo le buone regole del bravo cattolico? Sig. Cocuzza: E chi me lo fa fare? Felice: Bravo mo dice faccio come mi pare. Ma è un’illusione purtroppo, Sig. Cocuzza, perché per lei comportarsi da cattolico è un riflesso incondizionato, non può farne a meno, continuerà contro la sua volontà a comportarsi come prima. Ora, immagini che tutto questo le capiti, non con delle regole che servono a guadagnarsi il paradiso, ma con delle regole che servono a vivere meglio su questa terra. Sig. Cocuzza, questa è la mia condizione. Gli ideali che sostenevano la mia etica sono falliti ma io non posso vivere altrimenti che seguendo meccanicamente quegli stessi ideali. Allora io uso un codice di comportamento che questa società non ritiene valido. Sono inadatto a vivere in questa società! Ma se sono inadatto a vivere, tecnicamente, come mi definisce un … Sig. Cocuzza: Invalido? Felice: Ed essendo un invalido che mi spetta? Sig. Cocuzza: La pensione!? Felice: Quindi lei è d’accordo con me Sig. Cocuzza. Sig. Cocuzza: No! Ma che d’accordo? Ho capito. Felice: Io le sto dando l’occasione di aprire un varco nell’ordinamento giuridico. C’è un nuovo handicap da mettere agli atti, è l’handicap morale, Sig. Cocuzza, lei ne può essere l’artefice. Sig. Cocuzza: Ma che handicap morale. Lei ha semplicemente creduto negli ideali sbagliati. Felice: No, no, non mi tratti con sufficienza, non me lo merito. E’ solo un caso che siano cadute le mie regole e non le sue. Non faccia lo sbruffone con me Sig. Cocuzza. Sig. Cocuzza: Scusi ma perché non lo va a dire alle persone di quei paesi quello che sta dicendo a me? Felice: Ma quali paesi? Sig. Cocuzza: I paesi …. Senta ma lei è un comunista o no? Felice: Ma che centra? Non è il comunismo, Sig. Cocuzza , che mi manca! Non sono uno stupido! A me manca il sogno comunista! Ogni uomo ha diritto ad un sogno. Io sono stato ingannato. Voglio essere risarcito. Io per vent’anni ho creduto veramente che un miliardo di cinesi fossero tutti educati, felici e sorridenti solo perché erano comunisti. Poi ho scoperto che facevano le esecuzioni in piazza. Prendevano dei ragazzi di quindici, sedici anni e solo perché avevano rubato una bicicletta, un pugno di riso … li facevano inginocchiare per terra, e gli sparavano un colpo in testa … e la gente applaudiva. Io ero comunista perché sono contro la pena di morte Sig. Cocuzza, sono stato ingannato, e voglio essere risarcito. Mi spetta. Sig. Cocuzza: Ho capito, ma la legge non prevede un caso come il suo. Io che scrivo nel registro? E’ incapace di vivere perché è fallito il comunismo? Felice: Esatto. Sono malato Sig. Cocuzza. La mia è una forma di malattia di cui lo stato deve tenere conto. Io sono un tossicomane ideologico, sono in crisi di astinenza, posso fare di tutto Sig. Cocuzza e lo farò! Sig. Cocuzza: Che vuole dire? Felice: Che mi lascerò finalmente andare. Che non avrò più scrupoli. Che diventerò un delinquente. E sarà anche colpa sua. Lei non mi prende nella giusta considerazione. Sig. Cocuzza: No, io faccio solo quello che è nelle mie possibilità. Felice: Ma la smetta con la storia delle possibilità. Faccia ciò che è nelle sue responsabilità. Sig. Cocuzza: Lei per me sta benissimo, se ha bisogno, vada a lavorare. Felice: E come faccio a lavorare Sig. Cocuzza? Io sono mesi che non esco di casa. Non c’è la faccio ad andare per strada, guardare negli occhi le persone che per vivere devono schiacciare la propria dignità. Sig. Cocuzza: Tutti dobbiamo fare i conti con la realtà. Felice: Ma questa è la vostra realtà non la mia! Sig. Cocuzza: Allora combatta con la sua di realtà. Ma mi vuole … Felice: Ma come faccio!? Che cosa devo fare Sig. Cocuzza. Devo denunciare tutti quelli che andavano in giro con i capelli lunghi e con l’eskimo? Erano milioni. Sono scomparsi. Con chi me la prendo? Con quelli che mi impedivano di comprare i dischi di Lucio battisti perché si era sparsa la voce che forse era fascista? E io lo amavo e mi vergognavo a dirlo. Per lei è facile Sig. Cocuzza insegnare ai suoi figli che l’essere umano è di natura cattiva, che la gente parla ma che poi ognuno pensa ai fatti suoi. Io non potrei mai insegnare queste cose a mio figlio, non gli potrei mai insegnare che sul lavoro non deve guardare in faccia a nessuno se vuole andare avanti. Che votare non serve a nessuno, solo ai politici che devono rubare. Per voi è facile dire queste cose, perché secondo voi adesso la gente sta bene, nessuno si muore più di fame. Allora che cosa gli dovete insegnare ai vostri figli? Solo stronzate! Che il fumo fa male. Che mangiamo troppa carne rossa. Che ogni anno, a papà, vengono distrutti troppi abeti. E chi se ne fotte Cocù! Voi non mi volete aiutare ed allora insegnatemi a vivere come voi, senza scrupoli e senza sensi di colpa. Altrimenti mettetemi in un mondo dove non esistono zingari, negri, poveri, disperati, un mondo dove non si sappia quanti bambini muoiono di fame ogni giorno mentre noi mangiamo le primizie, abbiamo sei televisori per famiglia e due macchine a testa. Mandatemi qualcuno che mi dimostri che vivere in questa società è giusto, altrimenti diventerò un delinquente. E si ricordi Sig. Cocuzza che è un caso, solo un caso, che siano cadute le mie regole e non e sue!
Vincenzo Salemme
3 notes
·
View notes
Photo
Scenate di gelosia sotto copertura
C’è una certa tensione nell’aria e non ti fai problemi a puntare il dito contro Taehyung per questo. Nonostante sia in corso una videochiamata e non vi troviate fisicamente insieme nella stessa stanza, capisci dal modo in cui incupisce le sopracciglia che qualcosa lo disturba. “Sei nervoso per il concerto di domani?” lanci la prima vaga ipotesi mentre finisci di sistemare il maglioncino nella gonna. “Le prove sono andate bene” dice comprimendo risposta diretta e spiegazione in una manciata di parole. “D’accordo, allora cosa c’è?” Vai dritta al punto fermando i tuoi preparativi e mettendoti seduta sul letto d’albergo in cui alloggi. Siete entrambi in Giappone, ad Osaka; V è nel bel mezzo di un tour e tu l’hai seguito ben volentieri, approfittando del suo fantastico lavoro per coronare il sogno di visitare la terra del Sol levante, patria del sake, degli anime e di Godzilla. Ma la compagnia aveva messo in chiaro fin da subito quali fossero le condizioni: avreste dovuto prendere voli separati ed alloggiare in hotel diversi per non destare sospetti, trascorrendo quindi del tempo insieme unicamente dietro le quinte del palco. Ed è allora che ti si accende la lampadina sulla testa. “Non sarà mica per-” “È stupido” borbotta a confermare la tua teoria che non ha nemmeno bisogno di ascoltare fino alla fine. Anche solo il sentire quella sciocchezza, seppur dalle tue labbra, gli fa ribollire il sangue. “È una questione di sicurezza” lo correggi con fare materno. Pagheresti tutto l’oro del mondo per potergli accarezzare la testa e modellargli a forza con le dita un sorriso sulle labbra come fai di solito quando vuoi tirarlo su di morale. “Lo sai che qui in Giappone vi conoscono anche i muri; siete più esposti. Dovresti essere contento anche solo per il semplice motivo che vi lascino andare in giro, seppur sotto scorta.” “Ma è la tua prima volta in Giappone e speravo di… ah, lascia perdere” scuote la testa e ruota gli occhi al cielo. Se avessi il potere di vedere il livello di scocciatura riempire le sagome dei tuoi interlocutori come se fossero dei recipienti, adesso quello di Taehyung sarebbe all’altezza delle tempie. Da lontano c’è poco che tu possa fare se non limitare i danni. Perciò prendi in considerazione le sue ultime parole e sorvoli sull’argomento. “Quindi dov’è che andrai questa sera?” cambi tema sfoggiando un bel sorriso incoraggiante e, speri, anche contagioso. “Così bello, poi! Devo preoccuparmi?” scherzi stuzzicandolo. Perché chiaramente scherzi. Stai scherzando. Da brava burlona quale sei. Scherzi? Sì, scherzi. Devi tornare in te, non sei quel tipo di fidanzata. Ma devi anche essere sincera con te stessa e non comportarti da ingenuotta: sai benissimo che il tuo ragazzo attiri occhiate furtive ovunque vada come se fosse una calamita vivente per la malizia. Con ragione, non puoi certo biasimare nessuno. Ma se si mette anche in tiro è finita. Il collo della camicia che conduce lo sguardo sul pomo d’Adamo, i capelli scuri tenuti lunghi che gli solleticano la nuca, il viso pulito, la pelle che brilla di una perfezione disumana. Faranno meglio a mettere l’ambulanza tra le chiamate rapide, pensi ingoiando bile a vuoto. “Farò un giro per Sakurabaschi, credo” alza le spalle e recupera un copricapo da un angolo fuori dall’inquadratura. Di bene in meglio. “Tu hai deciso dove andare?” ti rigira la domanda fissando un punto preciso nello schermo ossia le tue gambe scoperte. “Dotonbori!” esclami eccitata solo al pensiero. “Bancarelle, luci al neon, street food. Mi conosci; ci vado a nozze con luoghi del genere!” “Se succede qualcosa, qualsiasi cosa, ch-” “ ‘Chiamami’. Lo so” lo rassicuri come se stessi avendo quella conversazione con i tuoi genitori apprensivi. “Se ti perdi-” “ ’Chiamami’ ” ripeti cantilenante trovando la scena estremamente divertente. “Se qualcuno di sospetto ti si avvicina, tu cosa fai?” Quiz dei quiz, Signore e Signori. “Gli chiedo se ha da accendere?” ti fai beffa di lui improvvisando la più seria delle espressioni. Esci però immediatamente dal ruolo sghignazzando per la sua smorfia esilarante. “Ti chiamo.” dici tra le risate. “Tae, davvero, non è la prima volta che viaggio o esco da sola. Posso farcela. Adesso devo andare. Ci sentiamo più tardi, va bene?” E con la promessa di un riscontro notturno di bilancio, terminate la videochiamata e ti accingi ad afferrare le tue cose ed uscire: direzione quartiere di Dotonbori.
La tua serata procede divinamente: hai gustato il delizioso okonomiyaki, hai comprato braccialetti coloratissimi ed altri oggetti caratteristici lungo la via ed ora sei in una sala giochi tentando di chiedere una grazia alla dea bendata e farti vincere a quanti più giochi possibili. Hai puntato un peluche a forma di fragola dagli occhioni super ‘kawaii’ che pensi sarebbe perfetto da abbracciare di notte, in mancanza della tua calda e coccolosa scelta numero uno, e per farlo tuo hai bisogno di accumulare punti. Passi dagli sparatutto agli arcade, dalle slot Pachinko -tipici ‘flipper verticali‘ giapponesi- ai simulatori di guida; tutto. Riesci finalmente ad accumulare il numero di punti che ti serve per portare a casa il meritato morbido compagno. Ti avvicini dunque al bancone della zona premi sul quale vi è appoggiato coi gomiti un dipendente del posto. Gli mostri lo scontrino con su riassunto il numero di quanto accumulato con tanta fatica e, cordiale, gli sorridi, non sapendo spiccicare una parola di giapponese. Sei sicura sappia almeno un minimo d’inglese; tutti i dipendenti nelle zone turistiche solitamente lo conoscono. Ma tu non sei una che dà per scontato nulla e, per ciò che serve in quel momento, la comunicazione verbale non è essenziale. Dopotutto devi semplicemente indicare il premio che pende proprio sulla tua testa; non è difficile. Ed è esattamente ciò che fai un secondo dopo. Il ragazzo gentilmente annuisce e lascia la propria postazione per raggiungerti dall’altro lato. Sei sicura che l’abbiano scelto così alto e carismatico per attirare più clienti e raggiungere i peluche senza l’ausilio di scalette o altri utensili. Ottima strategia di marketing, ne convieni. Quello che non ti aspetti però è che cominci a fare il finto tonto. Il giovane infatti si posiziona esattamente dietro di te, ignorando qualsiasi forma di spazio personale, ed alza il braccio per afferrare il pupazzo sbagliato, appena accanto alla tua bramata fragola. A disagio ma senza abbandonare la tua educazione, tenti di stirare ulteriormente il tuo, di braccio, per indicare quello corretto ma imperterrito continua a ‘sbagliarsi‘, questa volta puntando quello immediatamente sulla sinistra. Data la differenza d’altezza di una certa rilevanza, senti il suo respiro sulla fronte, a riprova della sua inopportuna vicinanza. Per non parlare di ciò che accade alle tue spalle. Deve essere un patito delle flessioni, ti viene da pensare in automatico. Ora: non sei un’esperta della millenaria tecnica del flirt ma non ci vuole certo Sherlock Holmes per capire che è esattamente questa la sua intenzione. Quello che nessuno dei due sa -e si aspetta- però è che qualcuno abbia deciso assolutamente in maniera casuale di cambiare destinazione, quella sera. Sta passeggiando tranquillo per le luminosissime vie di Dotonbori, chiacchierando di tanto in tanto con i suoi bodyguard in borghese, quando di punto in bianco è costretto a fermare i suoi passi, mettendo sull’attenti la propria compagnia. Fissa la scena fin dall’inizio; è quasi sicuro di poter sentire il sangue ribollirgli nelle vene. Mette le mani in tasca con un autocontrollo che dimostra grande classe. Al suo fianco la scorta, al corrente della vostra relazione, suda freddo. Qualcuno lo incoraggia addirittura a proseguire, premendo sul tasto del ‘se attira troppo l’attenzione rischia di essere scoperto’. Ed assalito. Ma questo non lo palesa. L’unica voce che riesce ad udire in quel momento Taehyung è quella del mostriciattolo verde che gli suggerisce in un infido sussurro di prendere a pugni il marpione. Quando si decide ad intervenire per le guardie non c’è nulla da fare. Si muove troppo in fretta e lo stanno ormai guardando tutti: restare impalato nel bel mezzo di una strada trafficata e sempre in movimento porta a questo. La gente è incuriosita da ciò che spinge il bizzarro ragazzo dalla bellezza fuori dalla norma ad immobilizzarsi di colpo. Dal nulla spunta così alle tue spalle una terza mano, afferrando la fragola di stoffa e sganciandola dal piccolo rampino lentamente, quasi a rallentatore, a sottolinearne la facilità del gesto. Riconosceresti quelle dita lunghe anche al buio. Per questo il tuo cuore salta più di un paio di battiti. Lo scambio di espressioni che avviene tra i due esseri elfici capaci di guardarsi negli occhi fa gelare l’aria. “Le piace la fragola” dice in un giapponese impeccabile Taehyung passandoti l’oggetto ma senza interrompere la seconda conversazione, quella visiva e decisamente più eloquente, con il nativo. Il registro basso e la totale piattezza nell’intonazione rendono la frase di una gentilezza gelida ed intimidatoria: solo lui può conciliare due cose diametralmente opposte come quelle così bene. Tu, nella tua ignoranza linguistica e nello shock generale, non cogli il significato di quelle parole. Ti limiti ad accogliere tra le tue mani il premio, sfiorando di proposito le dita di V con massima discrezione e disinvoltura. Speri che basti a placare il suo animo già tormentato dalle contrattuali restrizioni da parte dell’agenzia. Tra i due avviene un ultimo scambio di battute e dopo un appena abbozzato inchino, il dipendente ritorna dietro al bancone, salutandoti con un amaro e forzato sorriso. Non riesci a metabolizzare come -o meglio ancora cosa- sia successo; sei ancora lì a dividere il peluche con Taehyung, impegnata a ricevere dai suoi lineamenti tutti i segnali possibili per intercettare qualsiasi stato d’animo. Ma la maggior parte dei dati che ti sopraggiungono sono quelli relativi alla sua dannatissima potenza attrattiva. Perché dev’essere ancora più bello quando cela i suoi sentimenti? “Davvero molto carina” esordisce ora calmo fissandoti dritto negli occhi per tre solidi secondi; secondi che bastano a farti tremare dentro. Ripone ancora una volta le mani nelle tasche dei pantaloni e poi indica con un cenno della testa la fragola. Ma tu sai benissimo che quel complimento è riferito a te e che sta solo cercando di arginare le conseguenze che comunque appariranno sui tabloid la mattina seguente, sottintendendo un falso soggetto. Se questo è il modo in cui dobbiamo comunicare quando siamo in pubblico, tra le righe e vie per traverse, allora così sia, ti dici. “Grazie. È un regalo per una persona speciale.” “Sono sicuro che lo adorerà” si sbilancia con un amaro sorrisetto, consapevole del fatto che dovrà aspettare l’indomani per averlo, quando vi incontrerete dopo il concerto. E l’interazione sta durando troppo per sembrare ancora casuale, ne sei ben cosciente. Devi porre fine a quella scena subito. “Devo... andare” annunci a malincuore. “Ho una chiamata urgente da fare” lo avverti velatamente. “Grazie mille per l’aiuto” concludi infiocchettando la farsa con un riverente inchino al quale lui ricambia titubante, a disagio. È triste pensare a quanta differenza intercorra tra le vostre effusioni d’affetto nell’intimità della vostra vita privata e quella pubblica. E leggi lo stesso identico pensiero anche nei suoi occhi non appena li rincontri fugacemente dopo il saluto, prima di voltarti ed incamminarti verso l’hotel.
“Sei un uomo morto, Kim Taehyung.” “Ah, non me lo ricordare! Sono spuntati già i primi video in rete.” “Cosa?! Di già? Sei serio?!” “Serissimo. Ma pare l’abbiano presa come un ‘è così gentile da aiutare una straniera in palese difficoltà con la lingua’, quindi penso mi daranno solo qualche decina di ergastoli.” “Mi dispiace averti causato questi problemi.” “Non è colpa tua.” “Giusto, giusto... è colpa tua.” “COSA?! Come sarebbe a dire che è colpa mia?!” “Non dovevi andare dalle parti di Sakurabaschi?” “Ho... cambiato idea.” “Mmh. Così. All’improvviso.” “Certamente! E poi, ferma lì, non eri tu quella che doveva chiamarmi se qualcuno di sospetto ti si avvicinava?” “Non ne ho avuto il tempo! E poi… non l’avrei definito ‘sospetto’.” “...” “Sto scherzando, TaeTae. Ti amo tanto!” “Io sarò anche un uomo morto, ma stai pur certa che verrai giù all’inferno con me!” “Che fai, io ti dico che ti amo e tu mi rispondi che trascinerai il mio corpo negli inferi? Dov’è finita la galanteria?” “L’ho lasciata appesa al gancio di quella sala giochi.” “Aaah, che scenata memorabile! ‘Le piace la fragola’. Boom! Wow. Da togliere il fiato!” “Prendermi pure in giro, avanti!” “Guarda che dico sul serio! Credo di aver rischiato l’infarto.” “Questo è quello che succede quanto ti fai troppo carina e te ne vai in giro da sola.” “Disse la celebrità internazionale, visual, cantante e ballerino del gruppo di idol più famoso del mondo, modello ed all’occorrenza anche attore. E che per altro mette su le camice come quelle per ‘fare un giro in città’. Certo.” “A proposito, sarebbe ora che mi togliessi tutto e mi infilassi finalmente il pigiama per and-” “Non farti problemi.” “In che senso?” “Fai pure. Spogliati.” “Q-Qui? Adesso?” “Che c’è, ti vergogni?” “No! Tzè, che razza di domande. No! Certo che no. Sei la mia fidanzata, pensi che mi vergogni a-- a-” “... Sei l’uomo con più sfaccettature che io abbia mai incontrato nella mia vita.” “E le ami tutte, vero?” “Assolutamente. Adesso va’ a dormire però. Hai un concerto ed un’infinita ramanzina da affrontare domani: avrai bisogno di energie. Buonanotte, honey bear.” “Buonanotte. Abbracciati quel pupazzo finché puoi perché conto di spodestarlo molto presto!”
0 notes
Text
“Gli slam poetry non sono poesia, ma intrattenimento… dobbiamo ripartire dallo studio, mi preoccupano ignoranza e arroganza”: Matteo Fantuzzi, neo direttore di “Atelier”, dialoga con Matteo Fais
A quanto pare, si torna sempre all’annosa questione del cosa sia poesia. Ciò accade perché il panorama generale muta, soprattutto in questi tempi così social nei quali la lirica, o presunta tale, circola senza argini tra i vari profili e gruppi di lettura. Nuove forme si presentano all’attenzione del pubblico: Instagram e Slam Poetry, tanto per fare qualche esempio. Come a suo tempo per il cantautorato, è lecito interrogarsi in merito alla possibilità di assimilarli all’ambito poetico in sé. Tra le posizioni in tal senso meno “aperte” – meno accondiscendenti –, si segnala quella di Matteo Fantuzzi, poeta e Direttore della versione cartacea di “Atelier”. Nell’ultimo numero della rivista ha voluto ribadire il concetto con un editoriale perentorio e inequivocabile, intitolato Contro un possibile dadaismo. Nell’ottica di dare spazio a tutte le possibili voci, non potevamo fare a meno di approfondire il suo punto di vista, partendo da vari passaggi del testo e chiedendogli di sviscerarli per noi.
Caro Matteo, nel tuo ultimo editoriale su “Atelier”, parli, in merito alla poesia attuale, di “un’evoluzione che senza le giuste attenzioni, contrariamente a quanto di solito accade in natura, potrebbe davvero non produrre miglioramenti”. A quale involuzione – se non comprendo male – ti riferisci? E, soprattutto, qual è lo stato della poesia attuale?
Credo che, con molto apporto collettivo, gli ultimi anni abbiano indicato con precisione il rischio che la poesia smettesse di parlare alla collettività: non avremmo un racconto della Prima Guerra Mondiale senza Ungaretti, non avremmo le contraddizioni del conflitto irlandese senza Seamus Heaney, o forse tutto questo accadrebbe in maniera diversa. Certo questi sono i tempi dell’Io, ma non dell’Io montaliano dalle Occasioni a la Bufera: è piuttosto una estensione del solipsismo che a partire dagli anni Ottanta ha fatto coincidere l’esperienza privata con l’esperienza poetica, quella tendenza che dopo i fatti quasi mitologici di Castelporziano oggi in molti vivono nella profonda solitudine ingigantita dai social: una nuova forma di esponenziale distacco, distacco dalla realtà e soprattutto dal dialogo, ed è questa mancanza di dialogo che mi preoccupa nella attuale poesia perché al di là della quantità enorme di informazioni manca troppo spesso una capacità di entrare nelle cose. La liquidità della società trova nella poesia (da sempre antropologicamente “dell’uomo”) il proprio specchio, uno specchio convesso per dirla alla Ashbery.
Mi sembra di capire che tu contesti tutte le presunte novità, ovvero la visione “di chi nella pratica considera in qualche modo tutto lecito e tutto poesia. Dagli slam fino al meticciato del rap, tutte queste forme sembrano voler ricadere ed essere contemporaneamente accolte nella comunità della poesia, una poesia tout court senza alcun tipo di distinguo né formale né soprattutto sostanziale”. Ma, dunque, scusami, cosa è poesia e perché il resto non lo è?
Proprio oggi rileggevo un passo di Andrea Afribo, che insegna Storia della lingua italiana presso la facoltà di Lettere dell’Università di Padova, che sottolineava come «lo stesso programma di tabula rasa dell’istituzione poetico-letteraria, che nei testi di questi nuovi poeti si realizza principalmente in forma di parodia e straniamento finisce di fatto per accentuare i caratteri secolari della nostra storia linguistica: ovvero iperletterarietà, formalismo e ipercultura, aristocraticismo corporativo, distacco della lingua dalla (loro) poesia dalla lingua di tutti». È chiaro che tutto questo avviene nel momento in cui non viene dato peso a quelli che altrove definiremmo controller e questo spaesamento si deve a mio avviso soprattutto al disinteresse dimostrato verso la crescita di una classe critica che sia in grado in scienza e coscienza di filtrare tutta la mole di materiale prodotto, come avveniva per le grandi riviste, o per i comitati di redazione delle collane di poesia. L’impoverimento di quel mondo, o la delimitazione in luoghi sempre meno comuni, popolari, ha permesso come in altri settori (penso alla politica) l’esplosione di quel qualunquismo da “questo lo dice lei” (frase rivolta, in un noto programma televisivo italiano, a un accademico che stava cercando di confutare alcune traballanti tesi economiche di una sedicente esperta del settore) che anche in poesia porta a una sorta di autodeterminazione che non ha più i confini dei percorsi validi di crescita autoriale, quanto piuttosto una sorta di raggi di esplosione popolare/emozionale che con il plot del testo non hanno quasi mai nulla a che vedere.
Tu esprimi per la lirica la necessità di “raccontare il presente”, intesa come la “grande sfida di non relegare la poesia italiana a protagonista minore dell’esperienza internazionale”. Concretamente, cosa la poesia non fa, ma dovrebbe fare, per raccontare il nostro tempo? E, ancora, quando questa è stata protagonista della scena internazionale e perché non lo è più?
Credo che in Italia esistano testi virtuosi, e credo che l’unica cosa da fare sia parlare di questi testi: per esempio in questi giorni è uscito un libro molto potente di Antonio Lanza, che si chiama Suite Etnapolis (editore Interlinea) e racconta lo spaesamento di uno dei più grandi centri commerciali d’Europa alle pendici dell’Etna. Un libro che affronta quello stesso spaesamento e che racconta la nostra incapacità di reagire ai radicali cambiamenti imposti da una società oramai disumanizzante è Gli enervati di Jumièges di Roberta Bertozzi, è uscito alcuni anni fa per Pequod; d’altronde credo anche sia impossibile non comprendere la centralità di un libro come Fabrica di Fabio Franzin in un’ottica di poesia come racconto delle pulsioni collettive, dei disamori e delle esperienze quotidiane: le fabbriche che si svuotano, i comparti industriali in crisi, il lavoro che dove c’è diventa sempre più disumano. In Italia (e questo andiamo ricordando da alcuni tempi in “Atelier”, la rivista che dirigo) nel silenzio quasi collettivo sono venute alla luce molte opere importanti, opere in grado di portare agli eventuali lettori qualcosa, un segno, un momento di riflessione anche al proprio interno. Ma vanno raccontate, vanno conosciute perché sono opere spesso di autori di case editrici medio piccole, di autori che vivono le nostre periferie e le nostre provincie, autori che stanno facendo tanto e che trovo sia giusto vengano conosciuti da tanti. Probabilmente con il giusto numero di testi importanti l’impatto della nostra poesia sarebbe diverso così come attenzione viene data a Durs Grünbein o Simon Armitage.
“Il compito primario della rivista non consiste nel trovare sempre e necessariamente il nuovo, quanto piuttosto delineare pienamente i margini della militanza anche andando a tracciare la rotta piana e sensata per chi oggi alla poesia si affaccia”. Premesso che non ho ben capito cosa tu voglia indicare con la formula “margini della militanza”, mi chiedo perché ci sia la necessità di tracciare una via per chi si avvicina alla poesia? Non è possibile costruirsi un personale percorso in autonomia?
L’autonomia deriva dalla conoscenza, se una persona ha la possibilità di conoscere è in grado anche di decidere e formare un proprio gusto. Mi preoccupano piuttosto l’ignoranza (nel senso latino del termine) e l’arroganza (nel senso proprio del termine): ed è il combinato disposto tra queste due entità a impoverire la percezione della nostra scrittura o quantomeno a creare dei dislivelli di percezione; non è un discorso di tattica letteraria – il nodo, a mio avviso, è dato dai centri della diffusione della produzione poetica i quali, se in partenza si rivelano virtuosi, consentono una definizione corretta dei parametri finanche del gusto e delle tendenze, ma se tutto questo è gestito in maniera mendace allora anche le tendenze risentiranno di questo restringimento del registro di interesse.
Contro il dadaismo imperante, “Atelier” si pone “in una posizione non retorica di serietà e intransigenza”. Perdonami la provocazione, ma non sarai mica un reazionario della rima?
L’innovazione come in qualsiasi altra materia è necessaria, il caso italiano è un poco strano perché si cerca di proporre come poesia quello che poesia non è e che appartiene ad altre categorie, né migliori né peggiori, semplicemente altre. Per quale motivo dovremmo definire poesia gli slam poetry? Sono una forma spettacolare di testi che hanno magari una buona dose poetica, ma non collimano con la poesia. Sono un’ottima forma di intrattenimento, non per nulla sono stati accolti recentemente da Zelig dove giustamente c’è gente che va lì per ridere, per divertirsi, per assistere a degli spettacoli in cui tra un “Chi è Tatiana !?” e un “Amici ahrarara” giustamente trovano la loro corretta collocazione, e lo dico senza polemica né volontà provocatoria. Sarebbe sufficiente che ogni categoria si mantenesse nei propri ambiti: il rap non è poesia e viceversa, il trap non è poesia e viceversa, le pesche non sono poesia e viceversa. Io credo che ogni innovazione debba necessariamente essere una evoluzione positiva di ciò che è stato in precedenza – che in Italia significa ad esempio leggere e conoscere il Novecento, magari per rivoltarlo come un calzino (e, in fondo, non lo ha fatto anche Sereni ne Gli strumenti umani o Bertolucci ne La camera da letto?) ma sempre all’interno del percorso che da Dante in poi ci ha permesso di essere un esempio virtuoso all’interno della letteratura internazionale.
Anche in questo tuo editoriale, come in altri contesti in cui ti sei espresso, si respira un malcelato odio per i social. Eppure, “Atelier” ha persino una pagina Instagram. Mi spiegheresti che danno reale arrecherebbero questi alla poesia?
Porre l’ipotesi dell’odio credo sia anche quello specchio dei tempi: io credo che esprimere una posizione non sia né fonte di odio né fonte di astio; è la mancanza di dialogo – questa sì – che mi preoccupa dell’ultima società, questa violenza nei confronti delle idee altrui. I social, come qualsiasi altro strumento tecnologico vanno vissuti bene. Prendiamo ad esempio “La setta dei poeti estinti” su Instagram, ad oggi 67mila e oltre followers che ogni giorno propone autori importanti e spesso non banali, da Giorgio Orelli a Salvatore Toma per dire alcuni degli ultimi post, quindi autori ancora una volta non di facile reperimento proposti a un pubblico sterminato per la nostra poesia. Anche i numeri di “Atelier” sono tali perché esistono i social: l’importante però è ancora una volta cercare di alzare l’asticella, quando si scrive e quando si racconta poesia. Credo e ribadisco ancora una volta che si debbano utilizzare bene gli strumenti che si hanno a disposizione e coinvolgere chi ha il compito di formare le future generazioni, dalle Università fino agli insegnanti di ogni ordine e grado, dai giornalisti a tutto il mondo editoriale e di settore. Meccanismi virtuosi pongono le basi per dare credito all’ottima poesia che ancora grazie al cielo a noi non manca. Basta trovarla e proporre quella, non altro.
In chiusura del tuo pezzo, marchi ulteriormente il punto: non vuoi che si confonda la mediocrità con l’eccellenza. Vedi, per caso, tante mediocrità brillare immeritatamente?
Il merito è una conquista che dipende dal metodo. Io credo che dovremmo ripartire da quello: lettura della poesia, amore per la poesia, sostegno della critica e metodo, tantissimo metodo. Col metodo saremo in grado di comprendere quello che è mediocre e gioire viceversa per quello che non lo è e che magari avrà la giusta attenzione letteraria.
Matteo Fais
L'articolo “Gli slam poetry non sono poesia, ma intrattenimento… dobbiamo ripartire dallo studio, mi preoccupano ignoranza e arroganza”: Matteo Fantuzzi, neo direttore di “Atelier”, dialoga con Matteo Fais proviene da Pangea.
from pangea.news http://bit.ly/2WCmiOz
0 notes