#duplicità
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Mattia Caroli & I Fiori del Male: "Duplicità" è il nuovo singolo
Esce in radio, sulle piattaforme digitali e digital store Duplicità (Sputnik Music Group, Universal/Ingrooves), il nuovo singolo di Mattia Caroli & I Fiori del Male. Questo brano rappresenta un’importante evoluzione nel percorso musicale della band, frutto di una collaborazione creativa con il co-produttore Stefano Barone. Duplicità racconta la storia di due amanti che si ritrovano dopo molto…
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#duplicità#emergenti#genere musicale#mattia caroli & i fiori del male#musica indipendente#singolo#spotify#streaming
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Un giorno, durante un incontro a Gmünd, Milena domandò a Kafka se a Praga le fosse stato infedele. “Era una domanda possibile? - le scrive Kafka. - Ma io, non contento, resi la cosa ancora più impossibile. Dissi che, in effetti, ti ero stato fedele”. Nello stesso modo assurdo, Isotta potrebbe interrogare Tristano. E l’episodio dell’altra Isotta non è che un’allusione a questa fedeltà senza fede, nel regno della fascinazione dove gli esseri hanno la duplicità dell’immagine. Mondo del sogno privo di sonno, dove si va e si torna senza nulla stringere, che nello stesso tempo è l’abisso dove chi decide è la rapidità, come quando Tristano, con un balzo meraviglioso che manca alla storia di Don Giovanni, salta dal suo giaciglio al giaciglio inaccessibile di Isotta.
Maurice Blanchot
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Oggi comunque parlavo con delle amiche di quanto mi pesi l’essere sola in una società che ci impone la coppia e in cui tutte le persone che frequento sono in coppia e di quanto però la cosa mi interessi relativamente poco nel frequentare la gente in quanto la percepisco come entità singola e non come personalità della duplicità. Questo razionalmente mi è stato di estremo aiuto come pensiero ma allo stesso tempo che dolore
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TOKYO MEW MEW - EP 37
Frame degno di nota per l'epica espressione di Masaya - nonché per una delle poche volte in cui il suo doppiatore si sforzi di mettere un po' di vita nella sua interpretazione.
Il ritorno in pompa magna dei dubbi nell'adattamento: qui Moe e Miwa si gasano tutte alla prospettiva che Masaya e Ichigo si bacino, secondo i sottotitoli si stavano invece domandando... come dire ... se i due avrebbero portato la propria conoscenza reciproca a un livello biblico.
Di nuovo, censure di Mediaset o un fansub troppo spinto?
Marò che disagio la scena tra quei due. New avrà i suoi difetti, ma ha migliorato di tanto la chimica tra Masaya e Ichigo. Qui sembrano due che non sanno che fare col fatto che si siano messi insieme, e ci provano a condividere i propri interessi, ma sembra proprio che non siano a proprio agio l'uno con l'altra.
Comunque tra Ichigo felice e contenta per la sua bella storia romantica e Zakuro che le dà consigli, mi sa che Minto si è rosa dall'invidia per tutto il tempo.
E dire che Zakuro ha pure detto "Se avete problemi sentimentali, confidatevi e sarò buona anche con voi 😇😇😇"
Che occasione ti sei persa Minto!
Finalmente! Dopo mesi passati a servire ai tavoli e salvare il mondo con pochissimo riconoscimento per il primo (che è quasi più difficile), il karma per le ragazze si abbatte su Ryou!
- Ichigo è già sul posto e gli alieni si stanno dirigendo su di lei a gran velocità.
Mi sembrerebbe proprio il contrario! Non è che si sono sbagliati nell'adattamento?
Ci sono momenti in cui lo stress di paladina dell'umanità pesa chiaramente su Ichigo ... e ce ne sono altri in cui invece dice semplicemente ai nemici di iniziare a combattere e poi levarsi dalle balle che ha di meglio da fare.
Il discorso di Kisshu su come loro siano in realtà troppo diverse dall'umanità e dunque da essa isolate mi lascia molto ambivalente.
Di per sè, è un gran bel discorso, che funziona sia per illustrare la duplicità di Kisshu - che da una parte spera che Ichigo si arrabbi e reagisca come da piano, ma dall'altra vuoledavvero che lei passi dalla sua parte - sia per mostrare la tempra morale dell'eroina che rifiuta senza manco starci a pensare.
Il problema è che non c'è nessun buildup. In questo episodio si collega, nell'immediato, a Ichigo che si sente frustrata per non poter rivelare tutta sè stessa a Masaya, in un piccolo arco che prende il posto del picnic della rivelazione di manga e New.
Peccato che negli episodi filler abbiamo visto le Mew Mew trasformarsi senza problemi davanti a letteralmente chiunque, senza che la cosa venisse commentata. E in generale non ci sono mai state nel pubblico reazioni negative alle Mew Mew, la gente le considera delle supereroine, è felice di vederle.
Quindi ... gran bel discorso, gran bel momento, peccato che si fondi sul nulla.
Resta sempre bella intensa la scena in cui Ichigo rifiuta, giura di difendere sempre l'umanità, e si prepara al contrattacco.
Si vede che in questo episodio abbiano fatto un tentativo onesto di sviluppare il rapporto Ichisaya, il problema è che ... non ce n'è per nessuno, a quelli del vecchio anime davvero non fregava nulla di questa coppia. Anche la loro breve conversazione sull'ambiente sembra una cosa messa così a caso, invece che con New dove è un interesse in comune, una fonte di attività da fare insieme e di discussioni aul proprio futuro.
E poi anche la crisi sul mentire a Masaya, ripresa dopo essere stata accantonata per tanto tempo ... succede anche in New, mi sembra, ma nel nuovo anime le tempistiche sono più brevi, si può accettare che Ichigo abbia messo da parte la sua crisi per qualche settimana, ma qui abbiamo una timeline precisa, l'episodio dei ciliegi avviene a maggio e adesso sono a Natale. Sette mesi senza che Ichigo si ponesse il minimo problema a mentire al suo ragazzo, per poi piombare di colpo in questa crisi profonda. Okay.
Questo episodio ha tanti momenti emozionanti, il suo problema è che avrebbero avuto bisogno di essere meglio costruiti nei precedenti. Cosa gli impediva di farlo, visto che erano filler pure quelli?
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Moon Knight: Una folle corsa tra mistero e avventura
Non posso nascondere l'entusiasmo nello scrivere le prime righe di questa recensione di Moon Knight. La serie che ha per protagonisti Oscar Isaac e Ethan Hawke è infatti un'operazione ben costruita su un personaggio molto intrigante e che permette ai Marvel Studios di andare in una nuova direzione e aggiungere un ulteriore e importante tassello al mosaico che sta componendo sulla piattaforma streaming Disney+.
La nuova serie Marvel adatta un affascinante personaggio a fumetti creato da Doug Moench e Don Perlin nel 1975. La costruzione dei primi episodi della serie è tale da conquistare e spiazzare lo spettatore, soprattutto se a digiuno del materiale di partenza. Lo fa sin da un incipit suggestivo, che ci fa fare la conoscenza del protagonista Steven Grant e la sua monotona vita da impiegato del negozio di souvenir del British Museum, ma fatta anche di qualcosa di dissonante, tra comportamenti spiazzanti che gli vediamo compiere sin dalle prime battute e una frammentarietà di azioni e ricordi che ci fanno capire fin da subito che sotto l'apparenza di ordinario impiegato giace qualcosa di diverso. Un qualcosa di cui lui stesso è all'oscuro.
Il montaggio e la costruzione del primo episodio sono perfetti per farci entrare fin da subito nel mondo del protagonista, sia dal punto di vista della routine in cui appare impantanato e dalla quale è completamente oppresso, sia sul versante opposto in quel qualcosa di fuori dal comune che viene evocato prima e mostrato poi. Oscar Isaac è il perfetto interprete di questa duplicità, nell'incarnare lo schivo Steven ed evocare, con sempre maggior spazio e convinzione, Marc Spector, il mercenario che condivide il suo corpo: l'attore si rivela in perfetto equilibrio tra i due, così come tra i diversi toni che compongono la serie, che non rinuncia a stemperare la cupezza di fondo con sprazzi di quella leggerezza a cui i Marvel Studios hanno abituato i loro spettatori.
Non è però l'unica nota positiva di un cast che si fregia della presenza di un altro grande interprete, un Ethan Hawk altrettanto in parte e altrettanto efficace nel ruolo di un antagonista tutto da scoprire. Intrigante anche il grande lavoro fatto sulle canzoni che accompagnano l'azione, sullo sfondo di un'ambientazione e un contesto narrativo che attinge a piene mani dalla mitologia dall'antico Egitto, le sue divinità e il suo suggestivo e iconico immaginario.
Un immaginario che ben si sposa con lo stile dinamico alla Indiana Jones, che Moon Knight sviluppa con gusto, e che prendono il sopravvento in alcuni degli episodi. Ma sarebbe inesatto definire Moon Knight come una serie d'avventura, così come lo è considerarla una serie di stampo superoistico classico o un thriller a base di tensione e toni dark: la nuova produzione Marvel, sviluppata da Jeremy Slater, attinge a toni e generi diversi per proporre al suo pubblico qualcosa che possa stuzzicarlo, intrattenerlo e sorprenderlo, così di catturare lo spettatore in una sorta di attrazione da parco a tema, capace di cambiare le carte in tavola e spiazzare ulteriormente una volta che si pensa di averla inquadrata.
Come già detto Moon Knight è una serie che mescola toni e generi diversi, divertendosi a spiazzare lo spettatore nel presentarci il nuovo personaggio interpretato da Oscar Isaac, un'ottima aggiunta al corposo cast dell'Universo Marvel. Non è da meno Ethan Hawke, che completa il quadro con un antagonista da indagare, sullo sfondo del suggestivo immaginario mitologico dell'antico Egitto e con un interessante lavoro sulla selezione di canzoni.
👍
- Oscar Isaac, ottima aggiunta al già corposo cast dell'MCU.
- Ethan Hawke, antagonista all'altezza della situazione.
- L'immaginario dell'antico Egitto che aggiunge fascino e suggestioni interessanti.
- La miscela di generi, dal thriller all'avventura, per proporre qualcosa che possa intrattenere e spiazzare.
👎
- La componente più leggera può deludere chi avrebbe preferito una storia del tutto cupa e matura.
#disney plus#disney+#moon knight#marvel#marvel cinematic universe#oscar isaac#ethan hawke#may calamawy
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Israele tra David e Golia
Una delle narrazioni in cui affonda l’origine di Israele, la sfida tra David e Golia, vinta da chi è apparentemente più debole, cioè il pastorello che diverrà re, definisce la singolare duplicità delle percezioni che nel tempo si è avuta di Israele: a seconda dei casi debole o forte, vittima o carnefice. E’ uno degli elementi che complica ulteriormente la comprensione di una vicenda complessa…
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Sotto il Segno Dei Gemelli
Due anime: razionalità e emozione, cambiamento e stabilità, petali e spine.
I mutevoli e duplici Gemelli sono tutto questo e molto di più. Segno d’aria, legato all’influsso del pianeta Mercurio (l’unico che combina insieme qualità maschili e femminili), il segno dei Gemelli è legato al pensiero, all’intelletto e alla conoscenza. La caratteristica principale dei nati sotto queste stelle è la duplicità, intesa come una doppia anima. I Gemelli infatti sanno essere razionali e emotivi allo stesso tempo, e riuniscono in loro luci e ombre. Grandi comunicatori, mutevoli nell’atteggiamento ma saldi nelle proprie opinioni, creativi e “quadrati”, i Gemelli cercano stabilità e serenità negli altri, forse per compensare il proprio “sobbuglio” interiore. Capaci di affascinare con le proprie capacità intellettuali, i Gemelli riescono a essere grandi leader ma a volte possono confondere le idee di chi sta loro vicino. Secondo l’oroscopo dei fiori, le portafortuna dei Gemelli sono il fiordaliso, simbolo di quiete e serenità, il giglio – che simboleggia l’eleganza e la forza, ma anche la freddezza, attenzione! -, il mirto, e il garofano. Tra le erbe aromatiche, la menta è cara ai Gemelli e può portare loro fortuna coltivarne un po’ in un piccolo orto in vaso sul davanzale.
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"Prima delle Prime - Balletto": Il lago dei cigni alla Scala di Milano
"Prima delle Prime - Balletto": Il lago dei cigni alla Scala di Milano. Con il Lago dei cigni di Čajkovskij nella versione coreografica di Rudolf Nureyev l’attività della Compagnia riprende dopo la pausa estiva: a nove anni dalle precedenti rappresentazioni, il balletto torna in scena dal 15 al 27 settembre, nel prezioso e storico allestimento firmato da Ezio Frigerio e Franca Squarciapino, secondo momento di omaggio a Rudolf Nureyev, dopo Lo schiaccianoci, nell’anno che segna il trentesimo anniversario della sua scomparsa. Questo stesso balletto sarà anche protagonista, il 27 settembre, della prima diretta streaming dopo l’estate sulla piattaforma LaScalaTV. L’incontro intende ripercorrere la storia artistica e personale che legò Rudolf Nureyev al balletto Il Lago dei cigni. “Specchio privilegiato - come sottolinea Valentinam Bonelli, che curerà l’incontro - della sua personalità, di interprete e coreografo. Un incontro premonitore, ancora bambino, nella sua Ufa, con un balletto che nelle figure delle fanciulle gru protagoniste di una leggenda tartara rievocava i cigni bianchi del più celebre titolo. A Leningrado Il Lago dei cigni del Teatro Kirov è spettacolo ammirato infinite volte dall'allievo degli ultimi corsi dell’Accademia Vaganova. La versione di Konstantin Sergeev, evoluzione sovietica del balletto imperiale di Petipa-Ivanov, servirà da base al Nureyev coreografo quando in Occidente riallestirà il balletto, innumerevoli volte invitato dalle compagnie europee a danzare nel balletto che meglio rivela le sue doti tecniche e di temperamento. Anche al Teatro alla Scala, la prima volta del 1973, dove trionfa nel Lago dei cigni accanto a Carla Fracci e poi a Liliana Cosi. Nel 1964 Nureyev aveva già allestito per il Teatro dell’Opera di Vienna il suo primo Lago dei cigni, con la figura ora centrale del principe Siegfried modellata sulla sua personalità. Insieme a memorie autobiografiche, echi freudiani e citazioni leonardesche attraversano la definitiva produzione di un ventennio dopo, creata per l’Opéra di Parigi che all’epoca Nureyev dirigeva, che entra nel repertorio del Teatro alla Scala nel 1990. Sul palcoscenico scaligero il coreografo vi appare anche in veste di interprete, nel doppio ruolo del precettore Wolfgang e del mago Rothbart, in una drammaturgia in cui la duplicità dei protagonisti ha valenza simbolica. Da allora alla Scala la produzione è sempre rimasta in repertorio, amata anche dai danzatori per la sensibilità contemporanea dei personaggi e per la tecnica complessa che ad ogni ripresa li sfida”. Nel corso dell’incontro, corredato da immagini d'epoca e brani video, un’analisi coreografica dei due atti e dei quattro quadri che scandiscono la produzione aiuterà a comprendere le peculiarità della tecnica e dello stile di Nureyev coreografo, nonché le differenze con la versione sovietica con la quale si era formato come ballerino. Critico di danza e storico di balletto, Valentina Bonelli scrive per Vogue Italia ed è corrispondente per le riviste Dance Europe (UK), Dance Magazine (Giappone), Dans (Svezia). Ha tradotto e curato le Memorie di Marius Petipa (Gremese 2010) e i suoi Diari (DNZ Media 2018) e firmato numerose pubblicazioni sui legami tra balletto italiano e russo nella seconda metà dell’Ottocento. Ingresso libero fino ad esaurimento posti.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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OGGI 25 GIUGNO, ITALIANO RICORDA…
1984
FESTA DEI LAGUNARI
ANNIVERSARIO DEL RICONOSCIMENTO UFFICIALE
DELLA SPECIALITÀ DELL’ARMA DI FANTERIA
FIN DAL 1951
"COME LO SCOGLIO INFRANGO, COME L'ONDA TRAVOLGO"
Moderna specialità meccanizzata - anfibia dell'Arma di Fanteria, istituita nel 1951, cui sono state affidate le tradizioni marinare della fanteria di marina della Serenissima Repubblica di VENEZIA (Fanti da mar).
Inizialmente formati da personale dell'Esercito e della Marina, dal 1957 persa ogni componente della Marina, danno vita al Raggruppamento Lagunare, che sarà trasformato in Reggimento nel 1964.
I Lagunari, recentemente potenziati, sono dotati di ordinamento ed armamento analoghi a quelli delle unità meccanizzate, pur disponendo in gran parte di mezzi anfibi.
Idoneo ad agire anche in altri tipi di terreni, il 1° Reggimento Lagunari "Serenissima" è particolarmente addestrato alla difesa del settore della LAGUNA VENETO FRIULANA.
Il Reggimento è intervenuto in numerosi turni di servizio nell’ambito delle missioni all’estero (BOSNIA, KOSOVO, LIBANO, IRAQ, AFGHANISTAN).
Il Reggimento Lagunari "Serenissima", con sede a VENEZIA, è l'unica unità di fanteria leggera dell'Esercito Italiano con capacità anfibie.
Il motto dell'unità, "Come lo scoglio infrango, come l'onda travolgo" ben esemplifica la duplicità dell'ambiente operativo in cui è chiamata ad operare.
Sebbene sia la più giovane specialità dell'Arma di Fanteria, i Lagunari sono i moderni custodi delle gloriose memorie dei "Fanti da Mar" della "Serenissima" Repubblica di VENEZIA, dei quali hanno ereditato i vessilli, il grido di battaglia, lo spirito ed il temperamento.
I Lagunari, specializzati nel combattimento terrestre e nella condotta di operazioni anfibie, sono in grado di operare in contesti particolari ed esigenti quali l'ambiente terrestre, marino, lagunare e fluviale.
La Bandiera di Guerra è decorata di una Medaglia d'Oro al Valore dell'Esercito, una Medaglia d'Argento al Valore dell'Esercito e una Croce d'Argento al Merito dell'Esercito.
Il grido di battaglia è "SAN MARCO!"
Insieme alla Brigata Marina "San Marco" della Marina Militare, forma la Forza di Proiezione dal Mare, componente anfibia delle Forze Armate Italiane.
I Lagunari sono l'unico reparto d'assalto anfibio dell'Esercito Italiano, mentre i Fucilieri di Marina – detti anche Marò – dell'attuale Reggimento San Marco fanno parte della Marina Militare.
Tra i due reparti vi è però sia una comunanza di impiego (sono unità anfibie), sia la comunanza dei simboli (i simboli di Venezia).
Nel dopoguerra, il 15 gennaio 1951, fu costituita un'unità interforze: il "Settore Forze Lagunari" comprendente personale dell'Esercito e della Marina Militare, con comando affidato ad un Contrammiraglio.
Nel periodo della guerra fredda la funzione dei Lagunari era principalmente quella di proteggere le COSTE LAGUNARI e PALUDOSE delle VENEZIE e dell'ALTO ADRIATICO dalle eventuali minacce anfibie provenienti dai vicini paesi del PATTO di VARSAVIA nonché di effettuare l'aggiramento anfibio sul fianco del settore italiano lungo l'ADRIATICO. Per questo motivo le unità lagunari sono state dotate fin dal 1951 di veicoli di assalto anfibio (i primi veicoli di assalto anfibio sono stati gli Mk4 "Buffalo" americani utilizzati dai Marines americani nel PACIFICO durante la seconda guerra mondiale).
Il 1 settembre 1957, persa ogni componente della Marina Militare, il "Settore Forze Lagunari" assunse la denominazione di "Raggruppamento Lagunare" e i suoi due Battaglioni costieri lagunari rispettivamente quella di Battaglione Anfibio "Marghera" e Battaglione Anfibio "Piave".
Il 25 ottobre 1959, in Piazza San Marco a VENEZIA, al Raggruppamento Lagunare venne consegnata in forma solenne la Bandiera di Guerra.
Il 25 ottobre 1964 viene costituito il Reggimento Lagunari "Serenissima" composto da Comando Reggimento, compagnia Reggimentale e compagnia Trasmissioni, compagnia Trasporti Anfibi; Battaglioni Anfibi "Marghera", "Piave" e "Isonzo" e, infine, il XXII° Battaglione carri "Serenissima".
I Lagunari dell'Esercito ricevono dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano, il Generale di Corpo d'Armata Aloia, la denominazione di Reggimento Lagunari "Serenissima" unitamente al compito di custodire e perseverare le tradizioni delle milizie imbarcate della Serenissima Repubblica: i "Fanti da Mar". Il simbolo dei Lagunari è il leone di Venezia che impugna la spada e tiene una zampa sul Vangelo chiuso.
Il 20 ottobre 1975, a seguito della ristrutturazione dell'Esercito, i Lagunari vengono ordinati in "Comando Truppe Anfibie", compagnia Lagunari "Truppe Anfibie", 1° Battaglione Lagunari "Serenissima", Battaglione Anfibio "Sile".
Il 25 giugno 1984, con D.P.R. a firma del Ministro della Difesa, venne sancito il riconoscimento della Specialità "Lagunari" a partire dal 9 gennaio 1951.
Il 26 agosto 1984 l'Ordinario Militare per l'Italia dichiara San Marco patrono delle "Truppe Anfibie".
Nel 1992, sempre nell'ambito di provvedimenti ordinativi riguardanti l'Esercito, vengono soppressi il Battaglione Lagunari "Serenissima", e il Battaglione mezzi Anfibi "Sile" e costituito il Reggimento Lagunari "Serenissima" articolato su: Comando di Reggimento e Compagnia Comando e Servizi, Comando I Battaglione lagunari, tre Compagnie fucilieri e una Compagnia mortai pesanti, Compagnia mezzi nautici.
Dal dicembre 1997 il Reggimento, dopo aver ricevuto, fra i primi reparti dell'Esercito, personale volontario in sostituzione di quello di leva, è passato alle dipendenze del Comando delle Forze di Proiezione.
Il 1 settembre 2000 viene costituita la Compagnia controcarro.
Dal 1 dicembre 2000 il Reggimento Lagunari è inquadrato nella Brigata di Cavalleria “Pozzuolo del Friuli”.
Dal 2007 è parte della grande unità interforze Forza di proiezione dal mare con la Brigata marina "San Marco".
Oggi il Reggimento è composto interamente da personale Volontario. Il Comando del Primo Battaglione, la 1ª, la 2ª e la 3ª compagnia (Compagnie da assalto anfibio) sono collocate nella Caserma "Bafile" di MALCONTENTA; la Compagnia Supporti Tattici Anfibi è collocata presso la base anfibia di S. ANDREA in VENEZIA sull'ISOLA delle VIGNOLE. Il Comando di Reggimento, la Compagnia Supporto alla manovra e la Compagnia Comando e Supporto Logistico sono collocate presso la Caserma "Matter" di MESTRE.
Come unità di fanteria, il Reggimento è ancora equipaggiato con cingolati VCC2 ed è capace di condurre tutti i ruoli tipici di un'unità di fanteria meccanizzata.
Comunque, dato il recente programma di riorganizzazione, il Reggimento si sta trasformando in un'Unità di fanteria leggera equipaggiato con veicoli ruotati VTLM.
Come unità anfibia il Reggimento è dotato di AAV7 (un particolare veicolo cingolato da trasporto truppe con piena capacità anfibia e con la possibilità di trasportare fino a 21 soldati), natanti da sbarco, motoscafi rigidi, battelli pneumatici (Zodiac Marine and Pool) e kayak impiegati per operazioni anfibie.
Tali operazioni si estrinsecano attraverso operazioni di sbarco su spiagge ostili o in alternativa raid anfibi e altre operazioni condotte da elementi specializzati. Per soddisfare questi compiti i soldati di ogni grado assegnati al Reggimento devono superare uno specifico corso di qualificazione allo scopo di ottenere l'abilità necessaria per fronteggiare le sfide tipiche delle operazioni anfibie.
Il Reggimento, essendo per l'impiego di natura bivalente, ha cooperato con quasi tutte le unità dell'Esercito Italiano e con la componente anfibia della Marina.
Il Reggimento ha anche preso parte a esercitazioni combinate in territorio nazionale o all'estero, dove i Lagunari hanno operato in quasi tutti gli ambienti, dalle VALLI EUROPEE, alle FORESTE CANADESI, alle spiagge del MEDITERRANEO, al DESERTO EGIZIANO e dalle paludi dell'ESTONIA alle ALPI INNEVATE.
Come unità di leva, il Reggimento è stato coinvolto in quasi tutte le calamità naturali come terremoti, alluvioni, operazioni in supporto alle Forze dell’Ordine per la lotta alla criminalità organizzata. Divenuta un'unità di professionisti, il Reggimento ha cominciato a proiettarsi in operazioni fuori dal territorio nazionale.
Dal giugno al dicembre 1998 la 3ª Compagnia Anfibia ha preso parte all'operazione in BOSNIA ed ERZEGOVINA a SARAJEVO come parte del contingente italiano nell'operazione NATO/SFOR (Constant Forge).
Dall'ottobre 1999 al febbraio 2000 l'intero reggimento è stato ridislocato a Đakovica, in Kosovo per la operazione NATO/KFOR (Joint Guardian). Da febbraio a giugno 2001 impiegato a Peć e Klina, in Kosovo (Consistent Effort).
Dal novembre 2002 il reggimento è nuovamente schierato in area kosovara nelle municipalità di Peć, Klina e Goraždevac per l'operazione "Decisive Endavour".
Dal giugno 2003 al maggio 2005 unità del Reggimento a livello plotone o compagnia hanno preso parte all'operazione "Antica Babilonia", nella città di Nassiriya, in Iraq.
L'intero reggimento è stato impiegato nel periodo maggio-settembre 2004 nel governatorato di Dhi Qar nel sud dell'Iraq; è in quest'ultima operazione hanno perso la vita il capitano Massimo Ficucello ed il 1º caporale maggiore Matteo Vanzan.
In data 21 giugno 2006 è stata concessa al Reggimento Lagunari "Serenissima" la Medaglia d'Argento al Valore dell'Esercito per le attività svolte nel periodo 1951-2003.
Da settembre 2006 ad aprile 2007 il Reggimento è stato impegnato nell'ambito dell'Operazione "Leonte", nel Libano del Sud, per garantire le condizioni di sicurezza e stabilità necessarie per l'applicazione e il rispetto della risoluzione 1701 delle Nazioni Unite.
Il 25 giugno 2008, con una solenne cerimonia in Piazza San Marco a Venezia, è stata conferita alla Bandiera di Guerra del Reggimento la Medaglia d'Oro al Valore dell'Esercito per i fatti dell'agosto 2004 in Iraq.
Dal 2008 al 2009 il Reggimento è stato ancora impegnato nell'ambito dell'Operazione "Leonte", nel Libano del Sud.
Nel 2011-2012 è stato impiegato nell'Operazione ISAF in Afghanistan nella provincia di Farah dove ha operato per sei mesi.
Nel 2013 il Reggimento ha operato ancora nell'ambito dell'Operazione "Leonte", nel Libano meridionale.
È impiegato con piccole unità a Venezia nell'Operazione Strade Sicure in supporto alle Forze dell'Ordine.
Il 7 marzo 2011, con una solenne cerimonia in teatro operativo afghano, il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano, il Generale di Corpo d'Armata Giuseppe Valotto ha consegnato il nuovo basco color “verde laguna” quale ulteriore simbolo distintivo della specialità dei Lagunari.
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A volte ci sembra di essere quasi onnipotenti, eterni, invulnerabili.
A volte invece sprofondiamo nei nostri terrori, e ci sentiamo perduti nella nostra povertà di bimbi mortali.
A volte lo splendore dell'oro, a volte l'orrore più cupo.
Chi sono io?
Quel baldo cantore della vita che scivola sull'onda dei tempi come un esperto surfista beato? oppure quel fragilissimo bambino che trema ad ogni fremito del cuore?
Nell'estate del 1944 Dietrich Bonhoeffer si faceva domande simili, mentre era imprigionato nel carcere giudiziario della Wehrmacht a Tegel:
"Chi sono? Spesso mi dicono
che esco dalla mia cella
disteso, lieto e risoluto
come un signore dal suo castello. (...)
Chi sono? Anche mi dicono
che sopporto i giorni del dolore
imperturbabile, sorridente e fiero
come chi è avvezzo alla vittoria.
Sono veramente ciò che gli altri dicono di me?
O sono soltanto quale io mi conosco?
Inquieto, pieno di nostalgia, malato come un uccello in gabbia,
bramoso di aria come se mi strangolassero alla gola?"
Già chi siamo?
Siamo in realtà e questo e quello, noi infatti oscilliamo:
a volte viviamo nello stato spirituale dell'unità e della pace, e a volte precipitiamo nello stato della nostra separazione, nell'angoscia mortale dell'isolamento.
Questa è la nostra condizione umana.
E da qui dovremmo trarre tutta la spinta ad aiutarci vicendevolmente, dalla consapevolezza della sofferenza e della duplicità sconcertante che ognuno di noi porta nel proprio cuore.
Dobbiamo sapere che tutti siamo così: oscillanti, precari, dubbiosi, ma anche coraggiosi, e pieni di fiducia nella vita.
E dobbiamo aiutarci in ogni istante a tornare a credere, a sperare, e ad amare, nonostante tutto, e dentro tutte le più aspre difficoltà.
Così siamo davvero umani.
Bonhoeffer concludeva la sua poesia con questo verso:
"Chiunque io sia, tu mi conosci, io sono tuo, o Dio!"
Sì, è nell'Aperto di un Cielo al di là di tutto ciò che sappiamo di noi, che dobbiamo volgere sempre lo sguardo per trovare quel compimento e quella integrità che a volte già qui ci sorprende, e ci ricolma di gioia.
Marco Guzzi
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Vorrei trovare un'espressione per la duplicità del mondo, vorrei scrivere capitoli e frasi in cui melodia e antimelodia apparissero contemporaneamente, in cui al molteplice si affiancasse sempre l'unitario, al faceto il serio. Per me, infatti, la vita consiste soltanto nel fluttuare tra due poli, nell'andare e venire tra i due pilastri-base del mondo. Vorrei continuamente indicare, estasiato, la beata e multicolore varietà dell'universo, e insieme ricordare che alla base di questa varietà c'è un'unità; vorrei fare continuamente vedere che bello e brutto, chiaro e scuro, peccato e santità non sono che antitesi momentanee, le quali trapassano poi sempre l'una nell'altra. Le più alte parole dell'umanità, per me, sono quelle in cui tale duplicità viene magicamente espressa, quei pochi misteriosi detti e parabole in cui le grandi antitesi del cosmo vengono riconosciute, insieme, come necessità e come illusione.
Hermann Hesse, La cura
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Troppa follia mi appartiene,
non mi vedo, in mezzo agli altri,
vado oltre, sempre oltre,
disperatamente, fermamente,
per cercare il mio cammino di liberazione.
Quaranta passi, la mia quaresima,
davanti agli specchi vedrò ogni angolo di me.
In me una duplicità di aspetti,
non posso recitare la natura,
se mi provoca dolore,
nella mia patetica musica.
Iris G.
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E’ ovvio che non ho raccontato Napoli com’è o come dovrebbe essere. La città ha un diretto rapporto con gli Inferi, metafora di quell’eterna lotta tra Vita e Morte che in realtà è la dichiarazione di una convivenza: quella tra Razionalità e Irrazionalità. Napoli è la messa in scena di questa duplicità, del rapporto quasi sessuato tra Logos e Caos. E mi sembra che anche le reazioni di parte del pubblico riflettano questa duplicità: chi cerca la chiusura del cerchio razionale di tutto e chi invece si abbandona al flusso delle suggestioni. Spero di essere riuscito ad accogliere Napoli dentro di me tanto quanto Napoli stessa è stata generosa a prendermi. Ma per lei è stato facile: mai terra è stata così curiosa dell’altro da sé, così pronta a fare sue le storie degli altri, anche quelle più nascoste e segrete.
Ferzan Ozpetek sul film Napoli Velata, 2017
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《L’esistenzialismo ateo, che io rappresento, è più coerente. Se Dio non esiste, esso afferma, c’è almeno un essere in cui l’esistenza precede l’essenza, un essere che esiste prima di poter essere definito da alcun concetto: quest’essere è l’uomo, o, come dice Heidegger, la realtà umana. Che significa in questo caso che l’esistenza precede l’essenza? Significa che l’uomo esiste innanzi tutto, si trova, sorge nel mondo, e che si definisce dopo. L’uomo, secondo la concezione esistenzialistica, non è definibile in quanto all’inizio non è niente. Sarà solo in seguito, e sarà quale si sarà fatto. Così non c’è una natura umana, poiché non c’è un Dio che la concepisca. L’uomo è soltanto, non solo quale si concepisce, ma quale si vuole, e precisamente quale si concepisce dopo l’esistenza e quale si vuole dopo questo slancio verso l’esistere: l’uomo non è altro che ciò che si fa. [...]
L’uomo è, dapprima, un progetto che vive se stesso soggettivamente, [...] l’uomo sarà anzitutto quello che avrà progettato di essere. Non quello che vorrà essere. Poiché quello che intendiamo di solito con il verbo “volere” è una decisione cosciente, posteriore, per la maggior parte di noi, a ciò che noi stessi ci siamo fatti. Io posso voler aderire a un partito, scrivere un libro, sposarmi: tutto questo non è che la manifestazione di una scelta più originaria, più spontanea di ciò che si chiama volontà. Ma, se veramente l’esistenza precede l’essenza, l’uomo è responsabile di quello che è. Così il primo passo dell’esistenzialismo è di mettere ogni uomo in possesso di quello che egli è e di far cadere su di lui la responsabilità totale della sua esistenza. E, quando diciamo che l’uomo è responsabile di se stesso, non intendiamo che l’uomo sia responsabile della sua stretta individualità, ma che egli è responsabile di tutti gli uomini. [...]
La parola “soggettivismo” ha due significati e su questa duplicità giocano i nostri avversari. Soggettivismo vuol dire, da una parte, scelta del soggetto individuale per se stesso e, dall’altra, impossibilità per l’uomo di oltrepassare la soggettività umana. Questo secondo è il senso profondo dell’esistenzialismo. Quando diciamo che l’uomo si sceglie, intendiamo che ciascuno di noi si sceglie, ma, con questo, vogliamo anche dire che ciascuno di noi, scegliendosi, sceglie per tutti gli uomini. Infatti, non c’è uno solo dei nostri atti che, creando l’uomo che vogliamo essere, non crei nello stesso tempo una immagine dell’uomo quale noi giudichiamo debba essere. Scegliere d’essere questo piuttosto che quello è affermare, nello stesso tempo, il valore della nostra scelta, giacché non possiamo mai scegliere il male; ciò che scegliamo è sempre il bene e nulla può essere bene per noi senza esserlo per tutti. Se l’esistenza, d’altra parte, precede l’essenza e noi vogliamo esistere nello stesso tempo in cui formiamo la nostra immagine, questa immagine è valida per tutti e per tutta intera la nostra epoca. Così la nostra responsabilità è molto più grande di quello che potremmo supporre, poiché essa coinvolge l’umanità intera. Se io sono operaio e scelgo di far parte di un sindacato cristiano piuttosto che essere comunista; se, con questa mia scelta, voglio mostrare che la rassegnazione è, in fondo, la soluzione che conviene all’uomo, che il regno dell’uomo non è su questa terra, io non metto in causa solo il mio caso personale: io voglio essere rassegnato per tutti e, di conseguenza, il mio atto ha coinvolto l’intera umanità. E se voglio – fatto ancor più individuale – sposarmi, avere dei figli, anche se questo matrimonio dipende unicamente dalla mia situazione, o dalla mia passione, o dal mio desiderio, in questo modo io impegno non solo me stesso, ma l’umanità intera sulla via della monogamia. Così sono responsabile per me stesso e per tutti e creo una certa immagine dell’uomo che scelgo. Scegliendomi, io scelgo l’uomo.》
— Jean-Paul Sartre L'esistenzialismo è un umanismo
#nella stanza della noia#letture#stralci#sartre#esistenzialismo#collezioni#collezionamenti#uomo#responsabilità
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Silvio Orlando ciarlatano in gioco a Spoleto
”La vita è un naufragio continuo” è un’affermazione del famoso regista Eusebio Velasco, citazione da un suo film, in un gioco che sin dall’inizio mostra la sua duplicità, la labilità di confini tra realtà e finzione, che è della vita come del teatro. Una vita in cui si è ”perseguitati dalla notte” e solo quando si uscirà dalla recita, alla fine, confessando finalmente di star male si potrà…
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La vita è fragile come il nostro corpo, e no, non è un punto di forza pensare che è questo che la rende unica e bella, perchè non lo è, non lo è nemmeno credere che la sensibilità ce la faccia apprezzare di più. La vita è caos, è soffrire ogni giorno o gioire ogni giorno che tu sia più sensibile o meno, lo facciamo tutti. Il caos è un punto di forza come di svantaggio, in tutto della vita come in noi stessi c è duplicità! Quest'ultima ci ricongiunge tutti, ci fa credere che io capisca te, che tu capisca me e via dicendo...perchè siamo duplici pur vivendo singolarmente nella nostra mente riusciamo a interconnetterci con tutto e avvertiamo di essere vuoti per via di tutto questo, facendoci capire che in realtà non siamo niente, è come quando uno non avverte niente di suo. La mente è in un'orchestra e tu come gli altri riconosci ogni strumento ma senti che nessuno fa per te. Allo stesso modo puoi capire 1001 vissuti, ma poi non riuscire a interpretare, definire, o consigliare il tuo stesso. La sensibilità non è un punto di forza, la vita è in grado di ridurla in briciole pure se tu fossi una persona dal cuore immenso. La vita è imprevedibile ed è proprio questa il suo stesso punto di forza. Si lo so che sono pazzO AHAHAH
Perché pazzo? Io vivrei solo per sapere cosa hanno da dire gli altri, quindi questo tuo pensiero è per me un input per riflettere e cercare di darmi (o meglio, DARCI) delle risposte, insieme. Sicuramente il confronto via messaggio non è il massimo, però posso dirti che quello che scrivi mi fa pensare anche al tipo di contesto a cui viene associata la fragilità. Quando te dici che puoi capire i vissuti degli altri sì, ci sta, ma allora (sempre in riferimento a ciò che hai proposto) io credo che sia possibile apprendere anche tramite le esperienze degli altri, cioè, reinterpretare costruttivamente ciò che ne è stato della tua esperienza attraverso la riflessione, quindi capire se stessi attraverso gli altri (ipotesi)
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