#dono e speranza
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I tifosi dell’Alessandria portano il Natale all’Ospedale Infantile "Cesare Arrigo". Un gesto di solidarietà e generosità che regala sorrisi ai piccoli pazienti
Un Natale speciale grazie agli Ultras Grigi 1974. Martedì 10 dicembre, l’Ospedale Infantile "Cesare Arrigo" di Alessandria si è riempito di allegria e dolcezza grazie alla visita di una rappresentanza degli Ultras Grigi 1974, il gruppo di tifosi dell’Ales
Un Natale speciale grazie agli Ultras Grigi 1974.Martedì 10 dicembre, l’Ospedale Infantile “Cesare Arrigo” di Alessandria si è riempito di allegria e dolcezza grazie alla visita di una rappresentanza degli Ultras Grigi 1974, il gruppo di tifosi dell’Alessandria. In occasione delle festività natalizie, i tifosi hanno donato giocattoli, peluche e dolci ai giovani pazienti, portando un momento di…
#Alessandria calcio Natale#Alessandria today#beneficenza ospedale#braccialetti Alessandria calcio#calcio e solidarietà#calore umano Natale#Cesare Arrigo#comunità e sport#donazioni Natale#donazioni pediatriche.#doni natalizi Alessandria#dono e speranza#eventi solidarietà Natale#giocattoli Natale#giocattoli Plush & Company#Google News#Iniziative natalizie Alessandria#iniziative pediatriche Natale#italianewsmedia.com#Natale 2024#Natale 2024 Alessandria#Natale bambini ospedale#Natale in ospedale#Ospedale Infantile Alessandria#ospedale pediatrico Alessandria#panettoni e cioccolatini#Pier Carlo Lava#Plush & Company Novi Ligure#regali per bambini#solidarietà Alessandria
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♥︎ Dedicato a chi… ♥︎ cammina nell'ombra, portando il peso di un cuore ferito, a chi sorride nonostante il dolore, a chi trova forza in ogni respiro. Dedicato a chi… consola senza parole, asciugando lacrime con un abbraccio, a chi vive ogni giorno come un dono, anche quando la vita sembra un miraggio. Dedicato a te,… che leggi queste righe, con occhi che vedono oltre l'apparenza, che trovi bellezza anche nel dolore, e trasformi ogni lacrima in speranza. ♥︎ Numa
Dedicato a me 🖤
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Sei bella. E non per quel filo di trucco. Sei bella per quanta vita ti è passata addosso, per i sogni che hai dentro e che non conosco. Bella per tutte le volte che toccava a te, ma avanti il prossimo. Per le parole spese invano e per quelle cercate lontano. Per ogni lacrima scesa e per quelle nascoste di notte al chiaro di luna complice. Per il sorriso che provi, le attenzioni che non trovi, per le emozioni che senti e la speranza che inventi. Sei bella semplicemente, come un fiore raccolto in fretta, come un dono inaspettato, come uno sguardo rubato o un abbraccio sentito. Sei bella e non importa che il mondo sappia, sei bella davvero, ma solo per chi ti sa guardare.
Alda Merini
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Il dono
Gli anglofoni in genere, per indicare che la donna sta dando piacere all’uomo con la bocca dicono che “she’s givin’ head” cioè "lei sta offrendo la testa”. Ed è per questo che ti apprezzo, amore mio: amo il tuo dono quotidiano per me. Cascasse il mondo, non lo hai mai fatto a tuo marito e mai glielo farai. Ma non esiti a venire a casa mia e a metterti in ginocchio tra le mie gambe, per darmi il privilegio di entrarti in gola come e quanto più mi piace. Ci staresti le ore, così. Ormai l'ho capito.
E con il mio uccello in bocca, pian piano sei diventata una vera maestra, di quest'arte nobile e delicatissima. Amo il fatto che tu sia una donna di cultura altissima e l'insospettabile, fedelissima moglie del famoso architetto del quarto piano. Ci siamo conosciuti qualche settimana fa in ascensore, appena sono arrivato in questo condominio, conseguenza del mio nuovo lavoro in questa città. Pochi convenevoli e c'è stata da subito un'incredibile chimica, tra noi.
Il tuo sorriso, il tuo odore e i tuoi occhi di fuoco mi hanno catturato immediatamente. Non sai neppure tu come sia potuto accadere. Ma comunque, eccoci qui: io e te. Siamo due amanti segreti. Pieni di sensi di colpa per un amore che forse non ha alcun futuro, ma solo un presente pieno di sesso e passione travolgente. Ci incontriamo con gran circospezione attorno alle tre. Tu sei appena tornata da scuola e hai sbrigato le faccende di casa. Tutto avviene mentre dopo pranzo i tuoi figli riposano in camera o fanno i compiti.
Ci amiamo rigorosamente solo dopo che lui è uscito nuovamente da casa e tornato al suo studio. Con la scusa del bucato da stendere o di dover prendere qualcosa in cantina, vieni da me e immediatamente mi regali la tua bocca. Ormai mi faccio trovare da te direttamente nudo dalla cinta in giù. Ogni giorno mi bevi avida. Solo al pomeriggio del sabato, giorno in cui nel pomeriggio tuo marito va a giocare a biliardo al circolo, ci permettiamo di unire le nostre anime, di sovrapporre la pelle e quindi mi ti concedi tutta.
Io ricambio il tuo dono, leccandoti e facendoti godere tantissimo: fino a farti dire basta. Poi, per un po’ adoro e onoro i tuoi seni. Che sono sodi, gonfi di puro piacere e di una bellezza che mi stordisce. E i tuoi capezzoli turgidi hanno il profumo e il sapore del puro peccato. Sei una meravigliosa creatura erotica. Infine, t’accarezzo e t'avvolgo col mio amore dalla testa ai piedi. Tutta ti devo amare. È il modo più bello e giusto tra noi, per possederci reciprocamente ed entrare in una comunione profondissima, mai provata prima da entrambi.
Ti godo sempre stando in un concentrato e rispettoso silenzio. Solo dopo che siamo sazi di noi e abbiamo finito le energie, esaurito lo scambio emotivo, ti guardo arrossire di vergogna e di rimorso. Mentre sorridi comunque soddisfatta e piena del mio seme ovunque. T’aiuto a ricomporti e infine ti do delle sonore pacche sul culo. Che ti piacciono da morire, perché ti fanno tornare ragazzina. Non riesci proprio a pentirtene: neppure io.
La tua bocca e i tuoi seni io me li sogno la notte. Mi confessi davanti a Dio che Il mio corpo ti fa impazzire. L'amore proibito è sempre quello più saporito e gradito al cuore. E al corpo. Questa, che piaccia al cielo o no, è la nostra comune, vera, assolutamente deprecabile, illegale droga. Necessaria a entrambi per far continuare a vivere le nostre anime reciprocamente innamorate. Fuoco rovente di due cuori senza alcuna speranza di un futuro.
RDA
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La leggenda dell’albero della vita
Un bel giorno, un giovane ragazzo, mentre camminava, vide un albero, completamente isolato. Ripensò allora a ciò che aveva appreso lungo il suo cammino, ovvero che esisteva una connessione tra lui e il resto del mondo, e che per questo doveva essere in grado di comunicare anche con gli alberi.
Decise allora di rivolgersi proprio a quell’albero che se ne stava solitario su quel campo. Gli si avvicinò, e cominciò a parlargli, chiedendogli il permesso di avvicinarsi ancor di più, per condividere con lui il proprio campo di energia.
L’albero acconsentì con gioia. “Sono venuto a condividere le mie esperienze con te”, gli disse. “Vuoi vedere quello che ho visto nella mia vita?” “Certo, sono felice di questo dono.”
Il corpo del ragazzo si avvicinò e abbracciò l’albero. Non appena a suo agio, il ragazzo iniziò a portare alla sua mente tutte le immagini più amate nella sua vita. Il mare e le onde, le montagne e la neve, gli estesi campi che attraversano i paesi, le grandi città affollate da persone che corrono frettolose verso nessun luogo, gli animali liberi e quelli in cattività, i libri, la televisione. Il giovane mostrò all’albero i suoi percorsi di vita ed esperienze, accompagnate da intensi sentimenti, come amore, odio, paura, speranza, amicizia, condivisione e solitudine.
Improvvisamente il ragazzo si sentì in colpa: stava mostrando all’albero tutto ciò che è in grado di muoversi, di poter vedere altri paesaggi, altre parti del pianeta, mentre invece l’albero non poteva spostarsi da quel punto della terra, costretto a rimanere nel mezzo di un campo vuoto.
“Oh, mi dispiace albero, non volevo renderti triste!” “Triste? Oh, piccolo uomo, l’unico modo che ho di sperimentare la tristezza è attraverso i vostri sentimenti. Tutto ciò che hai condiviso con me, quello che hai visto e sentito con il cuore, non era affatto nuovo per me. Le mie radici sono nella terra e i miei rami nel cielo, il mondo non è un mistero, né lo sono i suoi mari e monti, le sue valli e i suoi cieli.
Le persone hanno pensieri e pensano molto. E grazie a questi pensieri, noi riusciamo a sentire. Noi sentiamo tutto ciò che viene da un uomo o un animale, da un vegetale o dal cielo. Piccolo uomo, tu hai bisogno di viaggiare per vedere il mondo, noi abbiamo bisogno di toccare solo la brezza. Quello che non si vede, in realtà esiste Tutto ciò che esiste, esiste ovunque. Non abbiamo bisogno di andare da nessuna parte per essere ovunque. Noi alberi siamo benedetti. Vai in pace giovane uomo e vieni da noi, se ti senti solo di nuovo”.
Il ragazzo, in soggezione, si scostò di qualche metro dall’albero. Quello che avrebbe dovuto rattristare l’albero in verità aveva reso triste lui. Quello che non conosceva prima, il bisogno di poter credere, la necessità di toccare, annusare, parlare, sentire … improvvisamente si rese conto che tutto quello che pensava di aver raggiunto, di fatto già esisteva nella natura di tutte le cose. Essere connessi non è un obiettivo da raggiungere, è sufficiente ricordare la natura di ognuno. L’albero della vita è uno dei simboli cabalistici più antichi ed importanti.
L’albero stabilisce la comunicazione fra i tre livelli dell’universo: la terra, tramite le sueradici; la superficie, tramite il tronco, ed il cielo, attraverso i propri rami. L’albero è quindi l’epicentro del mondo, che stabilisce la relazione tra terra e cielo. L’albero della vita sorge da un insieme che simboleggia la madre terra, dalla quale nasce la vita
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Sei bella.
E non per quel filo di trucco.
Sei bella per quanta vita ti è passata addosso,
per i sogni che hai dentro
e che non conosco.
Bella per tutte le volte che toccava a te,
ma avanti il prossimo.
Per le parole spese invano
e per quelle cercate lontano.
Per ogni lacrima scesa
e per quelle nascoste di notte
al chiaro di luna complice.
Per il sorriso che provi,
le attenzioni che non trovi,
per le emozioni che senti
e la speranza che inventi.
Sei bella semplicemente,
come un fiore raccolto in fretta,
come un dono inaspettato,
come uno sguardo rubato
o un abbraccio sentito.
Sei bella
e non importa che il mondo sappia,
sei bella davvero,
ma solo per chi ti sa guardare.
Angelo De Pascalis
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25 Novembre
Giornata contro la violenza alle Donne..
Non dovrebbe esserci, non dovrebbe esistere, non dovrebbe esserci violenza di ogni genere..
SEI BELLA.
E non per quel filo di trucco.
Sei bella per quanta vita ti è passata addosso, per i sogni che hai dentro e non conosco.
Bella per tutte le volte che toccava a te, ma avanti il prossimo.
Per le parole spese invano e per quelle cercate lontano.
Per ogni lacrima scesa e per quelle nascoste di notte al chiaro di luna complice.
Per il sorriso che provi, l' attenzione che non trovi, per le emozioni che senti e la speranza che inventi.
Sei bella semplicemente, come un fiore raccolto in fretta, come un dono inaspettato come uno sguardo rubato o un abbraccio sentito.
Sei bella e non importa che il mondo sappia, sei bella davvero, ma solo per chi ti sa guardare.
Angelo De Pascalis 🖋
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C'era una ragazza sdraiata sul letto, soffriva di una grave malattia rara..
Un giorno chiese alla sorella maggiore, guardando l'albero vicino alla finestra:
Quante foglie sono rimaste sull'albero??
La sorella rispose, con gli occhi pieni di lacrime:
Perché me lo chiedi, amore mio?
La ragazza malata rispose:
Perché so che i miei giorni finiranno quando cadrà l'ultima foglia
La sorella rispose con un sorriso:
Quindi fino ad allora ci godremo la vita e vivremo giorni bellissimi..
Passarono i giorni e le foglie caddero, ma una foglia rimase su l'albero fissa.
La bambina malata continuava a guardarla, pensando che il giorno in cui questa foglia fosse caduta, la malattia avrebbe posto fine alla sua vita.
È passato l'autunno, e poi l'inverno, poi l'estate e la foglia non è caduta, sempre appesa sull'albero.
La ragazza era molto felice con sua sorella e sta ricominciando a riprendersi
Finché non fu completamente guarita, la prima cosa che fece la ragazza, fu quella di andare a vedere il miracolo della foglia che non cadeva mai.
Ha trovato una foglia di plastica colorata che sua sorella aveva fissato sull'albero!
La speranza è un'altra anima,
Se la perdi, almeno non cercare di privare gli altri di questo grande dono ..
KARIM NASIR , AMBASCIATORE DELLA PACE
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"Ti dono anche l’avara mia speranza..
A’ nuovi giorni,stanca e avvilita..." 🖤
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Grande Anima ❤
"Ho perso molto, il mio lavoro, ho perso i miei capelli, le mie certezze, ma non la speranza e la voglia di immaginare. Era come se la malattia mi porgesse, assieme al dolore, degli inaspettati doni. Quali? Vi faccio un esempio… Non molto tempo fa, prima che accadesse tutto questo, durante un concerto in un teatro pieno, ho notato una poltrona vuota. Come una poltrona vuota?! Mi sono sentito mancare! Eppure, quando ero agli inizi, per molto tempo ho fatto concerti davanti ad un pubblico di quindici, venti persone ed ero felicissimo! Oggi… dopo la malattia, non so cosa darei per suonare davanti a quindici persone. I numeri… non contano! Sembra paradossale detto da qui. Perché ogni individuo, ognuno di noi, ognuno di voi, è unico, irripetibile e a suo modo infinito.
Un altro dono! La gratitudine nei confronti della bellezza del Creato. Non si contano le albe e i tramonti che ho ammirato da quelle stanze d'ospedale.
Un altro dono. La riconoscenza per il talento dei medici, degli infermieri, di tutto il personale ospedaliero. Per la ricerca scientifica, senza la quale non sarei qui a parlarvi. La riconoscenza per l'affetto, la forza, l'esempio che ricevo dagli altri pazienti, i guerrieri, così li chiamo. E lo sono anche i loro familiari, e lo sono anche i genitori dei piccoli guerrieri. Quando tutto crolla e resta in piedi solo l'essenziale, il giudizio che riceviamo dall'esterno non conta più. Io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo. E come intuisce Kant alla fine della Critica della Ragion Pratica, il cielo stellato può continuare a volteggiare nelle sue orbite perfette, io posso essere immerso in una condizione di continuo mutamento, eppure sento che in me c'è qualcosa che permane! Ed è ragionevole pensare che permarrà in eterno. Io sono quel che sono. Voglio andare fino in fondo con questo pensiero. Se le cose stanno davvero così, cosa mai sarà un giudizio dall'esterno? Voglio accettare il nuovo Giovanni. Come dissi in quell'ultimo concerto a Vienna, non potendo più contare sul mio corpo, suonerò con tutta l'anima.
E Ancora: «Ho due vertebre fratturate, e tremore e formicolio alle dita. Nome tecnico: neuropatia. Proprio io che devo suonare il pianoforte. Ma non potendo più contare sul mio corpo, suonerò con tutta l'anima».
E così fa, Giovanni Allevi. Dopo due anni, rimette le mani sul pianoforte. Ed emoziona l'Ariston. Il brano si intitola Tomorrow. Perché, dice, «domani, per tutti noi, ci sia sempre ad attenderci un giorno più bello. più bello.
Giovanni Allevi🌻
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"Bruna cara,
sono precisamente le sette secondo l’ora italiana, ma a San Paolo devono essere le sei e trenta appena. Devi dormire ancora, e Ti ha disturbato il sonno il mio pensare a Te così mattutino? Se il mio pensare a Te dovesse disturbarTi, non avresti un minuto di pace.
Sento sempre la Tua voce, quella Tua di quella mattina al telefono, mentre stavo per partire. E cerco con gli occhi il Tuo viso, e a volte non riescono a rivederlo com’è, e allora mi stringo con le due mani il viso, e l’accarezzo, e nel mio viso mi rinasce il Tuo nelle mie mani, la più cara cosa, la sola che amo su tutte, l’anima della mia anima, sei l’anima della mia anima, l’ultima forza che mi resta, l’ultima mia poesia, la vera, l’unica vera.
Sono qui al mio scrittoio, in una cabina grande come una piazza. Era per due persone, ma pensano che sono un personaggio tale da meritare d’occupare da solo due letti. Tutto invece, credo, per ricordarmi piuttosto che alla mia età ho il dovere d’essere solo, e anche per rinfacciarmi, forse, con la necessaria ironia, questo mio assurdo atto di scriverTi.
Come hai fatto a entrare così a fondo nella mia vita? Sei d’una sicurezza in quello che fai incredibile, e sei venuta con quella poesia. A dirti la verità, quando sei andata via e l’ho letta, m’è parsa inutile. C’era un’enfasi, c’era un metro in disuso, non so cosa c’era che mi urtava. L’ho ripresa poi a leggere, e vi ho scoperto una grazia, un’onestà, il modo raro d’indovinare il peso, la qualità, la novità, qui e là dei vocaboli, e mi ha toccato, d’improvviso mi ha toccato il sentimento, il dono vero che offre solo la buona poesia, quel dono che illuminava l’ingenuità di quelle strofe un po’ antiquate, che illumina tutto quello che fai. […]
Non sono che un piccolo poeta di questo secolo, nel quale anche i maggiori non possono essere che piccoli poeti; ma anche oggi, nel trambusto, nell’inferno d’oggi, – anche oggi la poesia ha bisogno di essere una persona che si scopre tra la gente – che infonde tanta carità, tanta fede, tanta speranza […]
Io sono ormai troppo vecchio, oltre misura vecchio, quasi un antenato, e non occorre che io sia ancora felice, e non mi pare che sia successo un giorno ch’io fossi felice. Ma l’augurio che Tu abbia lunghi anni felici si avvererà. Nessuno ha mai desiderato con più violenza, con più disperazione che sia felice una persona, e non è mai accaduto, se il desiderio era fortissimo, che non fosse esaudito."
- Giuseppe Ungaretti a Bruna Bianco, 15 settembre 1966
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Potente il canto: un inno alla vita e all'amore. La forza della preghiera e il calore della speranza nella poesia di Miranda Ranalli. Recensione di Alessandria today
La poesia "Potente il Canto" di Miranda Ranalli è un viaggio emozionale che intreccia le sensazioni di una città ancora assonnata con i richiami di una fede che invita a sperare e amare.
La poesia “Potente il Canto” di Miranda Ranalli è un viaggio emozionale che intreccia le sensazioni di una città ancora assonnata con i richiami di una fede che invita a sperare e amare. Un’opera che, con parole vibranti e sincere, celebra la vita e il suo valore inestimabile, in un canto libero che emerge con forza dal cuore dell’autrice. Una lettura profonda e ispirata Nella sua composizione,…
#Alessandria today#Amore#Avvento#bellezza della vita#bellezza di Roma#bellezza nella semplicità#canto libero#celebrazione della vita#Cuppolone#donare#Emozioni#Fede#forza del sole#forza dell’amore#Google News#Inno alla Vita#invito alla riflessione#italianewsmedia.com#messaggio di speranza#Miranda Ranalli#Natale#Natale a Roma#Pier Carlo Lava#Poesia#poesia d’Avvento#poesia e fede#poesia italiana#poesia religiosa#Poesia spirituale#poesia sul dono
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“è sera d’acqua benedetta”.
Si conferma l’andirivieni di speranza e disperazione, perdita e dono
Anna Ruotolo
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Sei bella.
E non per quel filo di trucco.
Sei bella per quanta vita ti è passata addosso,
per i sogni che hai dentro
e che non conosco.
Bella per tutte le volte che toccava a te,
ma avanti il prossimo.
Per le parole spese invano
e per quelle cercate lontano.
Per ogni lacrima scesa
e per quelle nascoste di notte
al chiaro di luna complice.
Per il sorriso che provi,
le attenzioni che non trovi,
per le emozioni che senti
e la speranza che inventi.
Sei bella semplicemente,
come un fiore raccolto in fretta,
come un dono inaspettato,
come uno sguardo rubato
o un abbraccio sentito.
Sei bella
e non importa che il mondo sappia,
sei bella davvero,
ma solo per chi ti sa guardare.
Angelo De Pascalis
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Si può provare orrore per una data?
No. Altrimenti dovremmo provare orrore per l'intero calendario.
Oggi è un anno da quella che i nazisti islamici di Gaza hanno chiamato عملية طوفان الأقصى, Operazione Alluvione di AlAqsa.
Operazione: considerano "operazione militare" stuprare donne e uomini, sventrare donne incinte, estrarre il nascituro e metterlo nel forno, massacrare a mani nude bambini terrorizzati, riempire di chiodi il pube di ragazzine facendole morire dissanguate, portare in trionfo corpi di donne seminude insanguinati, per offrirli agli sputi del pubblico in un gran festeggiamento popolare. E tutto il resto dell'orrore che piano piano sta venendo a galla.
L'orrore non è la data del 7 ottobre. L'orrore è quella gente, la loro ideologia religiosa che mette al primo posto dei suoi "valori" l'uccisione degli ebrei, come prescritto dal Corano, "farli vivere nel terrore".
L'orrore è la massa disumana di Gaza che ha avuto 18 anni di tempo per potersi riscattare da quell'ossessione.
Il 22 agosto del 2005 furono deportati dalla striscia di Gaza gli ultimi degli 8600 ebrei presenti, nell'ennesima illusione che ciò potesse servire a costruire una convivenza di pacifica separazione.
Ma questi 18 anni sono stati un incubo continuo per l'intero sud di Israele. E nessuno dei vari governi che si sono succeduti ha preso atto dell'unica cosa che era fin troppo chiara già dall'agosto 2005, quando i selvaggi di quella regione distrussero le serre e tutte le strutture agricole che Israele gli aveva lasciato in dono, per trasformare quell'area in un poligono di lancio per missili.
Chiedete agli abitanti di Sderot, di Ashkelon, di Ashdod, di Be'er Sheva, di Netivot ecc.
Quante tonnellate di missili si sono accumulati! Per non parlare degli oggetti incendiari che sono stati inviati, dei danni al patrimonio boschivo, agli allevamenti e alla fauna selvatica. Per non parlare della vita da incubo scandita da continui allarmi e corse al rifugio! Per non parlare dei morti.
Il 7 ottobre 2023 era nell'aria già il 22 agosto 2005.
Oggi circa 1.500 israeliani insieme alle famiglie dei rapiti e degli atleti olimpici hanno percorso in bicicletta il tratto dal parcheggio bruciato di Takuma fino al sito del festival Nova.
Un'iniziativa che definirei sinistramente petalosa.
Oggi la gente di Gaza dovrebbe essere bombardata di musica tekno assordante a tutto volume e senza sosta, intervallata solo dagli urli di orrore delle vittime, estratti dai video che loro stessi hanno postato su internet per vantarsi, dagli urli di gioia delle loro mamme, dalle loro benedizioni di risposta all'annuncio vittorioso dei loro figli urlanti: "MAMMA, HO UCCISO UN SACCO DI EBREI!" "ALLAH TI BENEDICA, FIGLIOLO!"
La gente di Gaza meriterebbe questo, senza sosta, notte e giorno, sempre più forte, da far tremare la terra. Per disperazione dovrebbe desiderare la sordità, la morte.
Ma non accadrà nulla di tutto ciò. Israele continuerà a farsi colpire, dal nemico, continuerà a farsi bacchettare in coro dal mondo che odia gli ebrei, con l'Europa in prima fila, grande esperta in campi di sterminio per ebrei e oggi guidata dalla figlia di un nazista.
Sembra che qualcuno sia in attesa dell'esito delle elezioni americane di novembre, nella speranza che quelle pongano fine al supporto di zio Sam al terrorismo islamico, agli infiniti doni al suo sponsor principale dell'area, il regime degli ayatollah.
Inoltre, a Washington stanno facendo di tutto per incrinare quell'equilibrio fragilissimo di rapporti Israele-Russia, che vede la Russia, legata dall'alleanza con Damasco ereditata dall'URSS, e legata ai numerosi cittadini israeliani di origine russa.
Ma nessuno ci assicura che a novembre l'Asse del Male di stampo DEM verrà sconfitto. Nessuno ci assicura che Trump non venga ucciso, una volta eletto, né che sia messo in condizioni di poter tenere fede alla proprie promesse.
L'ebreo che non conta solo sulle proprie forze è un ebreo morto. Israele questo non lo dimentica.
Fulvio Del Deo, 7 ottobre 2024
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Chi trascura l'ascolto,
trascura l'amore.
Nel dedalo delle relazioni umane, esiste una violenza silente, impercettibile ai radar convenzionali, ma devastante nella sua essenza: L'arte simulata dell'ascolto, dove le parole sono udite ma non accolte.
Rivela una mancanza di generosità nell'attenzione, un deserto emotivo che supera la semplice avarizia di tempo o risorse materiali.
Non c'è crudeltà superiore a quella di far sentire gli altri trasparenti, ignorati da chi sembra presente, ma in realtà, ha la mente altrove, impaziente di fuggire verso altri impegni.
Il dolore di essere trascurati, di dover mendicare frammenti di presenza autentica, è un'umiliazione che rafforza il senso di solitudine e inadeguatezza.
Questo tipo di disattenzione, quando si è costretti a supplicare per quell'interesse che dovrebbe essere offerto liberamente e con piacere, cristallizza la violenza in un solo attimo.
È spesso l’ultimo segnale di allarme, l’indicatore finale che qualcosa nel tessuto di quella particolare relazione si è irrimediabilmente strappato.
La dinamica della non-curante superiorità, travestita da normale distrazione, è una danza macabra attorno al fuoco dell'egoismo assoluto, dove la fiamma dell'autoconservazione brucia ogni speranza di connessione autentica.
Eppure, in questo scenario di apparente desolazione, emerge un sentiero di resistenza, non pavimentato di inutile rancore, ma di autostima.
All’ennesima e ultima richiesta di attenzione non concessa la consapevolezza di sé come entità indipendente, la cui stima non dipende più dall'ascolto altrui, diventa un bastione contro l'indifferenza.
Inizia allora un percorso di autoaffermazione che porta a spezzare le catene dell'elemosina emotiva, insegnandoci che la vera unione di sentimenti nasce dall'equità, non dalla supplica.
Tutte le vere crudeltà più spesso risiedono non in gesti manifesti ma in angoli dell'indifferenza.
Riconoscere questo è il primo passo per costruire un'esistenza dove l'attenzione indivisa diventa il dono più prezioso, una dimostrazione d'amore che trascende parole e persino molti altri fatti, riaffermando la sacralità dell'essere visti e sentiti, ovvero del bisogno assolutamente umano di connetterci gli uni con gli altri.
Chi trascura l'ascolto, trascura l'amore.
(Luca Pani - da "Prove di Volo: Manuale di Psiconautica Elementare")
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