#dominazioni
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viviween · 29 days ago
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Il regno d'Israele non è mai esistito: è solo una leggenda (gli scritti religiosi non sono, mai, attendibili); gli ebrei erano un popolo nomade, senza fissa dimora, spesso e volentieri dominato da altre popolazioni - popolo pure fratricida (si ammazzavano, fra di loro, per motivi religiosi).
Il mito di gesù nasce durante la sottomissione romana: gli apostoli e il cristo sono zeloti: un gruppo di ebrei ribelli, sicari, che aggrediva i soldati romani.
I Sicarii erano una fazione estremista del partito ebraico degli Zeloti: ricorrevano, sistematicamente, all'omicidio terroristico come principale strategia politica; durante la prima guerra giudaica, i Sicarii ordirono una congiura contro quelli che erano disposti a sottomettersi ai Romani (dopo la devastazione che aveva provocato l'assedio di Gerusalemme), combattendoli e depredandoli dei loro averi e appiccando il fuoco alle loro case; si unirono ai Giudei nella ribellione, prendendo parte attiva nella guerra contro i Romani, usando atrocità terribili contro chi denunciava le loro malefatte.
«Furono i sicarii che per primi calpestarono la legge e furono crudeli contro la loro stessa gente, senza astenersi dall'offendere con insulti le loro vittime, o dal rovinarle con qualunque atto.»
(Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, VII, 8.1.262.)
Gli zeloti erano un gruppo politico-religioso giudaico, apparso all'inizio del I secolo, autoproclamatosi difensore dell'ortodossia e dell'integralismo ebraico; lo zelotismo, impadronitosi delle masse urbane e rurali, le porta al fanatismo: le conduce alla violenza di predoni e sicarii, che porteranno alla catastrofe finale della prima guerra giudaica. Per i romani, gli zeloti erano terroristi e criminali comuni, che si ribellavano con le armi alla dominazione romana. Gli zeloti svolsero un ruolo importante nella grande rivolta del 66-70; la maggior parte di essi perirono durante la presa di Gerusalemme da parte di Tito Flavio Vespasiano.
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falcemartello · 2 months ago
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E’ tempo di analizzare la velenosa ideologia woke come elemento centrale del Nuovo Ordine Mondiale globalista, liberista, americano centrico. I sedicenti risvegliati esprimono al massimo grado l’intersezione teorizzata da Kimberle Crenshaw, femminista radicale nera, tra le varie anime della cultura del vittimismo o- come preferiscono dire i suoi araldi- la “scoperta” della sovrapposizione di diverse identità sociali e delle relative discriminazioni, oppressioni, dominazioni poste in atto dal criminale collettivo trans generazionale, il Maschio Bianco Eterosessuale “eteronormativo”.
(continua)
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fridagentileschi · 9 months ago
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“Se c'è un Paese che, dalla caduta dell'Impero Romano ad oggi, è stato invaso, occupato, dominato, spartito, quello è il nostro
Con la differenza che da noi sono nati, i Comuni, le Signorie, le Repubbliche marinare. Si sono costruite Cattedrali, strade, ponti, borghi, i più belli del mondo, ferrovie. È nata l'arte, musica, pittura, letteratura, architettura. È nato il pensiero, scoperte, invenzioni. È nato l'artigianato, il commercio, le banche. L'Umanesimo, il Rinascimento, il Risorgimento.
Tutto questo sotto dominazione straniera e non sto qui ad elencare quanta e quale.
Quello che gli africani hanno lo hanno costruito gli europei: strade, ponti, dighe, ferrovie, città. Tutto. Loro più in là delle capanne di fango e sterco non sono stati in grado di andare.
Pensiero? Le dominazioni non ti bloccano il pensiero. Non mi risulta che ne sia venuto (Ida Magli docet).
Il problema dell'Africa, che fra l'altro è il Continente più ricco del pianeta, non è l'Africa o chi ne sfrutta le materie prime, ma gli africani stessi. Quando si saranno insediati in numero considerevole in Europa, la ridurranno peggio dell'Africa.
L'Ambiente lo fanno le persone. Se l'Italia è considerato un posto fortunato lo dobbiamo a uomini come i nostri avi, geniali, arguti, coraggiosi. Hanno versato sangue e sudore per consegnarci questo paradiso .
Peccato che alcuni non se ne rendano conto e preferiscano consegnare questo Paese a chi nulla ha fatto per il proprio e nulla farà per il nostro. Se non distruggerlo.”
Commento di Ivana Ingrosso
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libriaco · 7 months ago
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La creazione del cane
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(La scena si apre sul Paradiso Terrestre. Ci sono piante lussureggianti, cascatelle d’acqua, ninfee, leoni, elefanti, caimani e zanzare. Sulla scena, in piedi, vicini l’una all’altro, Eva e Adamo.)
EVA: Adamo, hai portato fuori il cane? ADAMO (la guarda interrogativo): Cane, quale cane? EVA (comincia ad irritarsi): Il nostro cane! ADAMO (didascalico): Ma noi non abbiamo un cane! EVA (irritata): Tutti hanno un cane! ADAMO (come sopra): Ma se qui ci siamo solo tu ed io! EVA (come sopra): Ecco, sempre pronto a contraddirmi. Vuoi che litighiamo di nuovo? ADAMO (conciliante): Ma no, cara, non è per contraddirti, ma qui non c’è nessun cane. EVA (come sopra): Oh, ma va’ al diavolo! SERPENTE (scende serpeggiando giù dall'albero): Mi ha chiamato? EVA: Fila via, tu: entri solo al prossimo atto! SERPENTE: Ah, scusate (serpeggia sull'albero, mogio, mogio) EVA (ad Adamo): Hai visto? Hai messo scompiglio nel Giardino. Quello ha pure fatto l’entrata sbagliata, ora lo senti il Regista! DIO (svegliandosi): Eh? ADAMO: Cosa? EVA: Che dice? DIO: Meditavo e mi è parso di sentire invocare il mio nome ADAMO ed EVA (all’unisono): No, no. Continui pure a meditare. EVA (ad Adamo): Senti… ADAMO: Cosa c’è? EVA: Ma… e il cane? ADAMO: Ancora il cane? Quando ti metti in testa una cosa…. Sei proprio cocciuta: non abbiamo cani qui! EVA: Io lo voglio ADAMO (sconsolato): Già EVA (fa una bizza): Lo voglio, lo voglio, lo voglio! ADAMO (fa spallucce): Non ci posso fare niente, è colpa del Regista. DIO (si sveglia di nuovo): Eh? Che c’è? Mi si nomina ancora invano laggiù? EVA (sommessamente): No, è per il cane… DIO (che sa tutto): Quale cane? Non ci sono cani costì. ADAMO (gongolando, rivolto a Eva): Ecco, vedi, che ti dicevo! EVA (a bassa voce, rivolta ad Adamo): Sta invecchiando, allora: si è dimenticato di crearlo… DIO (che sente tutto): Mi sono dimenticato? EVA (umile): Ehm … sembrerebbe… DIO: Mah, ho perso la lista delle cose da fare, può darsi…. Non sono più attento come un tempo. (Rivolto a se stesso) Forse ho fatto male a crearlo, il Tempo, ma qui devo fare sempre tutto da solo, e qualche volta… ADAMO ed EVA (si guardano, scuotendo la testa, senza parlare) DIO (tuonando): Eccovi il cane! CANE (compare tra Adamo ed Eva, fa qualche passo, si avvicina all’Albero del Bene e del Male e fa pipì) SERPENTE: Attento, mi hai schizzato tutto! CANE: (sorride, compiaciuto)*. EVA: Adamo, questo cane non mi piace. ADAMO (rivolgendo lo sguardo in alto): Oh Santo Cielo! DIO, SERAFINI, CHERUBINI, TRONI, DOMINAZIONI, VIRTÙ, POTENZE, PRINCIPATI, ARCANGELI e ANGELI (in coro): Eh? Che c’è? ADAMO (fa un passo avanti sul proscenio): Qui non ne usciamo più. Vogliamo chiudere il sipario e passare al secondo atto?
(Cala il sipario)
[*] I cani sorridevano, nel Paradiso Terrestre. È da quando ne sono usciti che hanno smesso.
Ispirato ad Achille Campanile.
Immagine: Luca Cranach, particolare da: Paradiso Terrestre (1530)
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diceriadelluntore · 2 years ago
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Agrumato*
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Questa foto è un particolare magnifico di una statua, l’Ercole Farnese, conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Capolavoro di ogni tempo, è copia in marmo di un originale in bronzo di Lisippo, del III secolo a.C., copiato da Glicone di Atene nel II secolo a.C., il quale firma l’opera sulla base della statua. L’opera racconta un momento di pausa dell’eroe dopo l’ultima delle sue 12 fatiche, la raccolta dei Pomi del Giardino delle Esperidi. Appoggiato alla sua clava d’ulivo, con la leontè tolta, nella sua mano gigantesca, nascosta dietro la schiena, tiene i tre pomi del mitico Giardino.
In greco antico melon indicava un frutto sferico. Per assonanza con malum, da cui effettivamente deriverà la parola mela, si è sempre pensato che i Pomi del Giardino delle Esperidi fossero delle mele, ma la descrizione di questi frutti dorati, che sembravano figli del sole, porta ad una direzione che questi leggendari frutti fossero degli agrumi. Tant’è vero che sin dal Rinascimento, sinonimo di agrume è la parola esperidio, che indicava questi meravigliosi frutti.
Questa storia è una delle tante che Giuseppe Barbera, professore emerito di Arboricoltura all’Università di Palermo e uno dei massimi esperti di agrumicoltura in Europa, analizza in questo libro
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una storia del mondo inedita, che passa attraverso la storia, la conoscenza, la coltivazioni di queste piante meravigliose, che probabilmente come nessun altra ha formato, attraverso l’intreccio tra natura, scienza, arte umana, paesaggi culturali complessi che raggiungono livelli di armonia e e di concentrazione di valori estetici, ecologici ed economici, sconosciuti alle altre specie. Dice Barbera: “La storia li ha tratti dal selvatico, li ha modificati e selezionati per piantarli in un vaso, lungo strade o piazze, in un giardino ornamentale, una campagna produttiva. I loro frutti arrivano ai mercati, alle tavole, alle industrie alimentari.  Accompagnano la nostra vita, anche trovando posto in memorie e sentimenti sollecitati da apparenze, profumi e sapori che nessun altro genere fruttifero presenta così numerosi e differenziati. Li Incontriamo nei romanzi, nelle poesie e nelle canzoni, nelle pitture, nella fotografia d’autore, nel teatro e nei film, anche nella musica” (pag. 17).
Questo è un libro che racchiude il paesaggio agrumicolo in ogni senso: dalla storia botanica delle piante e delle varietà, al loro uso in cucina, nell’arte profumiera, ma soprattutto al valore simbolico ed estetico che queste piante meravigliose (una delle poche varietà legnose che può avere i fiori, i frutti acerbi e quelli maturi contemporaneamente sulle piante) hanno avuto come status symbol, presenti in tutti i giardini delle residenze nobiliari d’Europa (e il concetto stesso di coltivazione in serra nasce per conservare gli agrumi nei rigidi climi dell‘Europa centrale) e poi negli ultimi centocinquanta anni come immensa industria agricola, essendo gli agrumi la specie arborea fruttifera più coltivata al mondo.
Barbera ha il meraviglioso dono di affrontare con maestria il racconto, che spiega bene tante cose: come una peculiarità del nostro paese, “il paese dove nascono i limoni” nella famosa e fortunata descrizione goethiana, sia frutto di una serie di intrecci di dominazioni, di scambi culturali, anche di puro caso (gli agrumi non nascono nel mediterraneo, ma hanno trovato qui un habitat che conferisce loro caratteristiche uniche). È anche una storia, ben poco conosciuta, di colonialismo: le più grandi piantagioni moderne di agrumi sono tutte nelle Americhe, il frutto fu portato lì sin dai tempi di Cristoforo Colombo. Ma è soprattutto la storia di profumi, luoghi, sapori indimenticabili, alcuni dei quali modificati per coltivare questi frutti magnifici, che continueranno ad affascinare sempre. Vi lascio un quadro che non conoscevo, che ritengo bellissimo:
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opera di Francisco De Zurbaran, Natura morta con limoni, arance e una rosa, del 1663, conservato al Norton Simon Museum di Pasadena, che nasce dalla filantropia di Norton Simon, uno dei più ricchi uomini della California, che deve la sua fortuna al commercio del succo di arance.
*Agrumato è un aggettivo recentissimo, che deriva dall’uso che i sommelier  propongono di un vino che ha sentori di agrumi. Non esisteva ai tempi di Ercole, che probabilmente aveva un sentore agrumato sulle sue gigantesche mani.
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canesenzafissadimora · 9 months ago
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Innanzitutto Geolier ha cantato una canzone non semplice. Se qualcuno ha capito il testo, lì si tratta di “ognuno va per la sua strada perchè pur amandoci non ci capiamo”, e non è un tema proprio facile, è un tema importante, sono cose notevoli.
Un po’ di avversità verso il sud e verso Napoli c’è. Secondo me c’è dell’invidia, perchè Napoli è un regno dal 1200, quando altrove si pascolavano le capre. Napoli è una delle città più immense del mondo, lì hanno inventato la musica. Napoli è una città provvisoria, è sotto un vulcano, ogni giorno è una vita perchè può succedere di tutto, ha avuto tutte le dominazioni possibili e immaginabili, potevano morire da un giorno all’altro. Invece, sono diventati fortissimi, eccezionali, fantasiosi, meravigliosi e in più fanno conoscere l’Italia. Io amo Napoli. Io sono figlio di napoletani, ma anche se non lo fossi direi le stesse cose. Tutti conoscono l’arte di Roma, ma andate a vedere cose c’è a Napoli e nelle sue chiese.
Roberto Vecchioni
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morelin · 2 years ago
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Sciacca
Che ne dite di fare una breve sosta a Sciacca (Agrigento), cittadina resa famosa dalle acque termali? Qui potete visitare il Duomo fondato nel 1100 circa ma poi rimodulato nel seicento il cui soffitto è interamente affrescato con scene tratte dall’Apocalisse e dalla vita di Maria Maddalena. 
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Prima di uscire ammirate il tabernacolo marmoreo del 1538 raffigurante i Santi Apostoli Pietro e Paolo e le storie della Passione di Gesù. 
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Nel tempo la città ha subito diverse dominazioni di cui esistono ancora delle testimonianze come le mura difensive e le porte, le torri, i castelli ed il fortino. Passeggiando vedrete anche palazzi aristocratici come Palazzo Steripinto, uno dei rari esempi di bugnato in Sicilia, ma vale la pena anche affacciarsi sul bel chiostro del Palazzo Comunale. 
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Come tante altre città, Sciacca ha attivato iniziative di valorizzazione del territorio: per esempio nel quartiere San Leonardo potete fare uno street art tour. 
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Oltre a questo non dobbiamo dimenticare le importanti risorse economiche della città: la pesca e l’artigianato artistico. Purtroppo non ho avuto modo di scendere al porto per ammirare il pittoresco borgo marinaro, tuttavia, ho trovato un punto panoramico da cui apprezzare le stupende sfumature dei colori del mare.
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Per quanto riguarda l’artigianato artistico, Sciacca è nota per la produzione di ceramiche che potete vedere sparse per la città e per la lavorazione del prezioso corallo. Proprio il corallo sarà il tema del prossimo post.
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marcoleopa · 2 years ago
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《sostituzione etnica》
Lollo&Brigida alias il cognato, non si smentisce. Il suo miserrimo linguaggio affonda le radici nel tragico passato, con il quale e, dal quale, l'italietta non ha mai fatto i conti.
La difesa della razza (agosto 1938) e la legge sul meticciato (13/5/40), ritorna alla ribalta con il vomitevole intervento presso l'assemblea sindacale.
Citare la sostituzione etnica, non è casuale, segue un preciso canovaccio, identico a quello dell'eponimo fuggito dopo Salò, travestito da milite germanico.
Non è nemneno un caso che la cognata, in contemporanea, parla di maternità italica, mentre il Lollo parli di sostituzione e agricoltura. Niente di più, niente di meno, del programma autarchico dei figli della patria e dell'agricoltura del ventennio.
Donna=riproduttrice di riproduttori
Uomo=grano per la patria
Dal 1938 ad oggi, la propaganda fascista utilizza simboli e tecniche pubblicitarie per sostenere la campagna di discriminazione razziale: la creazione del concetto di “razza italica”, la storiella dell'identità culturale/etica italico-romana/identità biologica fondata sulla ereditarietà dei caratteri genetici/stereotipi fisionomici, la creazione del nemico interno/capro espiatorio che danneggia l'identità e la cultura italica nazionalpopolare, la discriminazione dei "neri/ebrei/non ariani" e dei figli nati in Italia da non italici romani biologicamente puri.
Francamente, vivo in una terra che da millenni è un crogiolo di etnie, indigeni provenienti dal nord Europa e medio oriente, indoeuropei, sicani, elimi, siculi, fenici, morgeti, ausoni, cartaginesi, greci, romani, vandali, ostrogoti, bizantini, arabi, normanni, angioini, aragonesi, spagnoli, sabaudi, austriaci, Borboni, etc...cioè popoli, etnie, dominazioni che si sono sostituite l'uno all'altro, portando, importando, lasciando, un mix di tradizioni e culture, che si sono stratificate e mescolate ad ogni passaggio.
Pertanto sono orgogliosamente METICCIO e non mi riconosco nell'artifizio dell'identità culturale etica romanoitalica/identità biologica/caratteri genetici/stereotipi.
La mia terra, è dove poggio i piedi.
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fashionbooksmilano · 2 years ago
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Il Mobile Napoletano
nella storia e nell’arredamento
Giusy Baffi
Edizioni Fioranna, Napoli 2011, 195 pagine, 21 x 30 cm, Illustrazioni: a colori e b/n, ISBN  9788890349195
euro 50,00
email if you want to buy [email protected]
Napoli da sempre è stata un crocevia dal moto perpetuo, merci, navi, anime: ghiotta terra di conquista. Napoli che si adatta ad ogni dominazione senza perdere la propria più intima essenza, la propria napoletanità, della quale troviamo importante conferma anche nell'arte. Nelle arti maggiori, certamente, ma anche nelle arti decorative, che sono più spesso meno opera del singolo genio e più spesso espressione di un sentire anche corale, soprattutto in quelle creazioni destinate ad accompagnare le persone in tutti gli attimi della vita quotidiana, come nel caso dell’arredamento. In una terra così intensa non potevano nascere mobili banali: accostandosi al loro studio, si scopre fin da subito come Napoli seppe essere terra di eccellenza anche in questo. Il libro è un excursus storico e stilistico, alla scoperta del mobile napoletano nel periodo che spazia approssimativamente dal 1730 al 1830, periodo altamente rappresentativo dell’evoluzione dello stile dei mobili partenopei. Sono stati presi in considerazione non tanto gli arredi sommi presenti in regge e musei, bensì tutti quei mobili che sono presenti nelle case, nelle mostre di antiquariato, nelle botteghe antiquarie: arredi più semplici, ma non per questo di minore interesse storico e stilistico. Obiettivo del lavoro è la realizzazione di una piccola guida di facile e immediata interpretazione al fine di rendere riconoscibili i mobili napoletani rispetto agli altri, contemporanei, delle diverse regioni italiane. Il lettore verrà accompagnato, attraverso note storiche e tecniche, con l’aiuto dell’apparato iconografico, in gran parte inedito, a prendere in considerazione come i periodi storici e le dominazioni, abbiano portato a mutare significativamente lo stile, modificando ed elaborando proporzioni, linee, forme e particolari, pur conferendogli caratteristiche inconfondibili per lo sguardo dell’esperto. Dove possibile, sono stati segnalati anche alcuni artefici, ebanisti, pittori, intagliatori o decoratori, attivi in città nel periodo preso in considerazione. Si è cercato, inoltre, di offrire una rassegna dei marmi e dei legni più utilizzati a Napoli nel periodo in esame: il lettore la troverà nell'approfondimento.
11/04/23
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pastrufazio · 2 years ago
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Ho partecipato ieri alle esequie di Cesare Cavalleri. È stato persona importante per la cultura di questa città. Se ci fossero cultura e città. O una loro idea, per quanto sbiadita. È solo un mio malinconico pensiero, beninteso.
Cesare faceva quello che riteneva giusto fare maneggiando i libri e la penna, la lirica e la prosa, credo senza porsi il problema di quanto quegli stessi libri e penne, poesie e prose fossero coerenti o confliggenti con questa o quell’idea. Caso mai il conflitto che rivelavano, e sul quale Cesare esercitava il suo acume critico, era con la sostanza dell’umano, con la sua pervicace esigenza di esserci e mostrarsi per quella che è e scoprirsi, alla fin fine, dipendente da Dio.
In questo senso per Cesare credo fosse difficile accettare l'idea di adattare il cattolicesimo ai tempi moderni, di mendicare a una qualche dottrina sociale la giustificazione del proprio agire “nella città rumorosa e vana” con una filosofia “bien apprise où le petit faisceau des choses visible se noie et disparaît dans la cohorte des Trônes et des Dominations”, come si esprimeva in uno dei suoi quaderni il grande storico Henri Irénée Marrou. E Milano sa bene quanta parte del cattolicesimo abbia giocato con i Troni e le Dominazioni.
Per lui la cultura c’era, la sua idea pure e la città anche. E questo basta e avanza per comporne il racconto e la testimonianza, magari partecipando a questo racconto alla pari di ben altre presenze e poteri, sempre molto attenti a definire le pertinenze altrui eppure altrettanto, e più, distratti nella custodia degli edifici, non solo materiali, da cui si traggono i diritti che esercitano. Gli edifici nelle cui pertinenze sostano i cattolici sono le chiese, le basiliche ma si estendono ben oltre e se in quella di Sant’Ambrogio si sono affollate persone alle quali non è stato chiesto se e quanto credevano, come avviene del resto in ogni celebrazione eucaristica, è proprio in virtù di quell’attività di custodia dei “palazzi celesti”, li chiama Anselm Kiefer e la tradizione ebraica nella permanente agli Hangar Pirelli, alla quale persone come Cesare hanno consegnato il proprio tempo e il proprio talento.
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fotografoinviaggio · 2 months ago
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Braga: la gemma nascosta del Portogallo
Braga, conosciuta come la "Roma del Portogallo", è una città che riesce a incantare chiunque la visiti. Fondata dai Romani, Braga è una delle più antiche città del Paese, e ogni angolo racconta storie di un passato ricco e affascinante. Mentre passeggi per le sue strade acciottolate, ti ritroverai avvolto da un'atmosfera di meraviglia e bellezza. Le chiese maestose e i palazzi seculari si ergono come guardiani di una storia millenaria, ogni struttura un capitolo scritto nel libro della vita di questa città straordinaria.
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Un viaggio tra storia e architettura
Braga non è semplicemente una città; è un museo a cielo aperto. Tra le sue strade si trovano meraviglie architettoniche che spaziano dallo stile romanico al barocco, rendendo ogni visita un'esperienza visiva affascinante. La maestosa Sé de Braga, la cattedrale principale della città, è un esempio chiave di questo ricco patrimonio. Costruita nel XII secolo, la cattedrale non è solo un luogo di culto, ma anche un simbolo della storicità di Braga. Camminando al suo interno, rimarrai stupito dalla delicatezza dei lavori in legno e dalle decorazioni artistiche che adornano gli altari.
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Ma la bellezza di Braga non si limita alla cattedrale. Ogni via e ogni piazza raccontano una storia. Una tappa imperdibile è il Santuario do Bom Jesus do Monte, un luogo di pellegrinaggio situato su una collina. La sua scalinata monumentale, costellata di fontane e statue, offre una vista panoramica mozzafiato sulla città. Salire i numerosi gradini è un'esperienza che unisce spiritualità e avventura. Concludendo questa ascensione, ti sentirai non solo fisicamente soddisfatto, ma anche in armonia con l'energia storica di Braga.
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Un patto con il passato La storia di Braga è anche intrecciata con gli eventi che l'hanno plasmata nel corso dei secoli. Fondativa nell'epoca romana, la città ha visto passare diverse culture e dominazioni. Ogni periodo ha lasciato un'impronta unica, creando un mosaico di influenze che si riflettono negli edifici e nelle tradizioni locali. Passeggiando per il centro, scoprirai edifici medievali che raccontano storie di battaglie, di trionfi e di conquiste.
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Non dimentichiamo che Braga è anche un importante centro religioso. La città ospita diverse festività, tra cui quella della Settimana Santa, caratterizzata da processioni che ridestano l'entusiasmo dei locali. I visitatori vengono attratti non solo dalla bellezza architettonica, ma anche dall'eco delle tradizioni che si tramandano di generazione in generazione. Qui, dentro i confini di Braga, il tempo sembra essersi fermato, permettendo a chi la visita di immergersi completamente in un'altra epoca.
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I sapori di Braga Non si può parlare di Braga senza menzionare la sua incredibile gastronomia. La cucina portoghese, ricca di sapori e tradizioni, raggiunge un apice a Braga, dove ogni piatto è una celebrazione della terra e della cultura. I ristoranti offrono una varietà di piatti tipici, dai freschi frutti di mare alle carni succulente, ognuno preparato con la massima cura e passione. Dirigiti verso un ristorante tradizionale e lasciati tentare da una porzione di "Francesinha", un panino farcito con carne e salsiccia, ricoperto da una salsa di pomodoro e birra.
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Oltre alla Francesinha, non puoi perderti il "Caldo Verde", una zuppa deliziosa a base di cavolo verde, patate e salsiccia, perfetta per riscaldarti nelle fresche serate portoghesi. La serenità della gastronomia di Braga risiede nella freschezza degli ingredienti e nell'arte della tradizione culinaria. Ogni piatto è un invito a scoprire le ricchezze agricole e marine che registrano la grande varietà del territorio portoghese.
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La magia della Cattedrale di Braga
La Cattedrale di Braga, con la sua straordinaria architettura e il suo profondo legame con la storia di Portugal, è senza dubbio uno dei luoghi più affascinanti da visitare nel quartiere di Braga. Immagina di camminare tra le strade acciottolate di questa antica città, dove il profumo del pane fresco e il suono delle campane che risuonano nell'aria ti accolgono come un abbraccio caloroso. Questo meraviglioso monumento, noto anche come Sé de Braga, è un ponte che collega il passato con il presente, e ogni angolo racconta una storia affascinante.
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Braga, una delle più antiche città del Portogallo, è spesso considerata la capitale spirituale del paese. Camminando verso la cattedrale, ti ritrovi immerso in un’atmosfera dove la sacralità si intreccia con la vita quotidiana. Le piazze animate, i caffè all'aperto e i mercatini offrono un contrasto vibrante con la solennità dell'edificio sacro che si erge fieramente contro il cielo blu. E così, il nostro viaggio alla scoperta della Cattedrale di Braga ha inizio.
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Il fascino dell'architettura
Già dalla prima vista, la Cattedrale di Braga cattura l’attenzione con la sua maestosa facciata romana, ornata da dettagli barocchi che raccontano di un'epoca passata. Costruita nel 1066, la cattedrale è un perfetto esempio di architettura che fonde diversi stili nel corso dei secoli. Avvicinandoti, puoi notare le intricate sculture che adornano le porte, raccontando storie bibliche e leggende locali. Ogni dettaglio è una piccola poesia visiva che si svela davanti ai tuoi occhi.
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Ma non è solo l'esterno a sorprendere. Entrando nella cattedrale, ti avvolge immediatamente un’atmosfera di tranquillità e sacralità. Il soffitto a volta, alto e imponente, sembra sfidare le leggi della gravità mentre riesci a scorgere i meravigliosi affreschi che decorano le pareti. Il gioco di luce proveniente dalle vetrate colorate crea un’atmosfera mistica, trasformando la cattedrale in un luogo di meditazione e riflessione. Senza dubbio, ogni visitatore resta colpito dalla bellezza di questo luogo, un rifugio spirituale nel cuore di Braga.
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Una storia intrigante
La cattedrale non è solo un capolavoro architettonico; è anche un custode della storia portoghese. Nel corso dei secoli, ha vissuto eventi cruciali, dall’incoronazione dei re alle cerimonie religiose più importanti. Ad esempio, è stato qui che il re Alfonso I, noto anche come Alfonso Henriques, ricevette la benedizione e il supporto della Chiesa nel 1140, un momento determinante per la fondazione del Portogallo come nazione indipendente.
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Inoltre, la Cattedrale di Braga è testimone di trasformazioni culturali e sociali. Durante il periodo della Reconquista, la cattedrale ha rappresentato la resilienza e la determinazione del popolo portoghese. Le sue mura hanno assistito a battaglie, celebrazioni e cambiamenti, mantenendo intatto il suo spirito. Visitare la cattedrale significa quindi immergersi in secoli di storia e passioni, in un luogo che ha visto la nascita e la caduta di imperi.
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Riti e tradizioni che ispirano
La Cattedrale di Braga non è soltanto un luogo di visita turistica; è anche un importante centro di vita religiosa e celebrazioni tradizionali. Ogni anno, migliaia di pellegrini si radunano qui per partecipare alle feste religiose, che sono elementi fondamentali della vita collettiva della città. Tra queste, spiccano le celebrazioni per il Santissimo Sacramento, un festival che si tiene in occasione della festa della Sacra Eucaristia. Durante questo evento, la città di Braga si riempie di colori, musica e fede.
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Le tradizioni locali si intrecciano così con la spiritualità della cattedrale, creando un'atmosfera unica che affascina i visitatori. Non è raro vedere famiglie locali recarsi in cattedrale per le celebrazioni, vestiti con costumi tradizionali e portando offerte ai loro santi. Questo senso di comunità è palpabile, e chiunque visiti la cattedrale potrà percepire l’amore e il rispetto che gli abitanti di Braga nutrono per questo luogo sacro.
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fattidifavole · 2 months ago
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Il porco e il dio nettuno
"Silenzio!" Disse la volpe al grillo che soffiava nel clarinetto." Vuoi farci scoprire?"
Erano chiusi in un container dell'Evergreen diretto al porto di Grottaglie, ormai inondata dal mare dopo la seconda invasione dei Sonniti, abitanti del sole piccoli e sudati.
Questi alieni invasori sudavano così tanto che il Tara straripò e le secche terre della puglia erano ormai paludi stagnanti dove si svolgevano i più loschi commerci.
La volpe era una volpe di Francoforte, ultimo luogo della terra in cui furono organizzati gli antichi riti dei rave illegali. Il grillo era indigeno del posto, precisamente di Cerignola.
Il grillo amava cantare ed esibirsi ed il suo sogno era un giorno suonare al Berghain con il suo flauto egizio. Entrambi erano discendenti da generazioni di ballerini e musicisti, dj e psiconauti.
Quella notte i due viaggiavano in una cassa di dischi techno rave anni 90 inviata segretamente dalla banca mondiale del Tresor agli alieni sudati, in cambio di tregua e liberazione del Pianeta. L' unica valuta accettata nel mondo era il vinile e quel carico valeva davvero tutto l'oro del mondo.
La volpe, Saverio, ed il Grillo, Antongiulio avevano un piano: sostituire ai 28 dischi originali, 27 dischi di tech-house/ edm ed un mixer della beringher (a sfregio), portando in questo modo in salvo il tesoro del mondo... a bordo di un porco gonfiabile! Era un piano a dir poco geniale, se consideri che in quel lontano futuro il quoziente intellettivo medio degli abitanti del pianeta era sceso sotto i minimi storici per via delle dominazioni dell'era degli Awecchienings.
Ma il grillo era su di giri e iniziò a ballare dimendandosi a 145: "Savè, non ce la faccio!"
Così, poco prima dell'arrivo al porto di Monopoli, base aliena principale dei sudati, i due intrusi vennero miseramente sgamati e condannati, insieme al porco gonfiabile, a vivere in fondo al mare in una scatola di cartone, insieme ad una colonia di conchiglie - in after dal Miocene-, che tentarono la stessa azione secoli prima.
Il grillo andò in depressione ed il porco gonfiabile si mise a scrivere libri per bambini.
I due riuscirono poi a scappare, ma di loro non si seppe più niente, ma oggi é questo che resta in mente: la leggenda di qualcuno che per la musica e per ballare, arriva anche in fondo al mare, come fa Nettuno.
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sinapsimagazine · 3 months ago
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cinquecolonnemagazine · 4 months ago
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Avellino, capoluogo dell'omonima provincia in Campania, è una città ricca di storia, cultura e bellezze naturali. Situata alle pendici del Monte Terminio, offre ai visitatori un affascinante mix di paesaggi incontaminati, borghi antichi e tradizioni gastronomiche autentiche. Un tuffo nella storia di Avellino Le origini di Avellino risalgono all'epoca romana, quando la città era conosciuta come Abellinum. Nel corso dei secoli, Avellino ha subito diverse dominazioni, dai Longobardi agli Angioini, dagli Aragonesi agli Spagnoli, lasciando tracce indelebili nel suo patrimonio storico e architettonico. Il centro storico, in particolare, custodisce numerosi tesori, tra cui il Duomo, risalente al XII secolo, e il Castello Normanno, eretto nel XI secolo. Natura incontaminata Avellino è circondata da un ambiente naturale di grande bellezza. Il Monte Terminio, con i suoi sentieri escursionistici e le sue vette innevate, offre agli amanti del trekking e degli sport invernali un vero paradiso. L'Oasi Faunistica di Pianura, invece, è un'area protetta dove è possibile ammirare diverse specie animali, tra cui daini, cinghiali e lupi. Tradizioni e sapori La gastronomia avellinese è ricca di sapori e profumi autentici. Tra i prodotti tipici più rinomati troviamo il Taurasi, un vino rosso DOCG dal gusto intenso e corposo, e la Falanghina del Sannio, un vino bianco DOCG dal profumo fruttato e dal sapore minerale. Da non perdere anche i formaggi tipici, come il Caciocavallo di Paduliano e il Provolone del Monaco, e i piatti della tradizione, come la minestra maritata e i fiadoncini di San Giuseppe. Avellino oltre la città La provincia di Avellino offre ai visitatori anche un itinerario ricco di borghi pittoreschi e siti archeologici di grande interesse. Tra i borghi da non perdere troviamo Sant'Agata dei Goti, con il suo centro storico medievale e il Castello Aragonese, e Frigento, adagiato su un colle panoramico e famoso per la sua produzione di fichi. Gli amanti dell'archeologia, invece, potranno immergersi nella storia visitando i siti di Aeclanum, l'antica città romana che sorgeva nei pressi di Mirabella Eclano, e di Compulteria, un insediamento romano situato nel comune di Frigento. Un luogo da scoprire Avellino è una città che sa conquistare i suoi visitatori con il suo fascino discreto, la sua atmosfera accogliente e la sua ricca offerta di bellezze naturali, storia, cultura e tradizioni. Che siate amanti dell'arte, della natura, della gastronomia o semplicemente alla ricerca di un luogo dove trascorrere un soggiorno rilassante, Avellino ha qualcosa da offrire a tutti. Foto d copertina: DepositPhotos Read the full article
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campadailyblog · 4 months ago
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brunopino · 5 months ago
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