#dieci lasagne
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gondlir · 3 months ago
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Dieci lasagne per me
Posson bastare
Dieci lasagne per me
Voglio dimenticare
Besciamella da accarezzare
E ragù rosso sul quale morire
Dieci lasagne per me
Solo per me
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@ig_italia 🇮🇹 italia
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#italia #pasta
#Buongiorno ragazzi, dove e quando nasce la pasta?
Per rispondere a questa domanda bisogna partire dal fatto che per lungo tempo il modello alimentare della penisola si basava sul binomio carne–verdura, fino a quando nel 1630 a Napoli, sotto gli Spagnoli durante la grave crisi economica e sociale di quel periodo, vi fu lo svuotamento delle campagne e la concentrazione demografica in città, aumentando la grande carestia e portando la popolazione alla fame. Negli angoli delle strade spuntarono i primi cosiddetti “food track” ovvero i cucina spaghetti, dove la gente poteva sfamarsi.
Sempre all'ombra del Vesuvio, nel 1800, inizia il matrimonio tra spaghetti (o vermicelli) e la salsa al pomodoro, prima infatti la pasta veniva condita con grasso di maiale e formaggio.
Ma forme di pasta le ritroviamo anche nei secoli precedenti, dalle lagane prime sfoglie di pasta lavorate in epoca greco-romana simili a lasagne che venivano farcite con carne e cotte al forno, alla vera rivoluzione della pasta secca nel Medioevo, intorno al 1100, grazie alla tecnica di essiccazione introdotta dagli arabi in Sicilia per poter commercializzare i primi “spaghetti legati” in Liguria e Campania.
Possiamo dire che la pasta secca industriale, nasce in Sicilia grazie agli arabi nel Medioevo, ma piano piano risale la penisola, diventando pietanza di massa a Napoli, per poi essere esportata in tutto il mondo.
Noi ve ne proponiamo dieci a voi la scelta.
1. @angy.r_ a Bari Vecchia
2. @gabriellapozzi a Boccadasse
3. @osteria_da_fortunata_official a Roma
4. @elenamonteleone a Riomaggiore
5. @sciuralella nel Salento (amore passa
6. @ilmiopiattoacolori a Milano
7. @priiscillaguerra a Moncalieri video
8. @midivertoacucinare nel Salento
9. @thegingerwanderlust a Roma
10. @angi_polkadot in Puglia
#ig_italia #mediterraneo
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delectablywaywardbeard-blog · 10 months ago
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Alla Berlinale Orso d'Oro alla carriera a Martin Scorsese... tra Gesù, lasagne materne e crisi di identità
Tgcom24 Scorsese, il regista della violenza istintiva e della colpa fin dentro la religione, è stato preceduto nel ricevere l’Orso d’oro alla carriera da Steven Spielberg, Wim Wenders, Ken Loach, Isabelle Huppert e Helen Mirren. Il regista, il cui ultimo film è “Killers of the Flower Moon” che corre agli Oscar con dieci candidature, ha una lunga storia con la Berlinale, a cominciare da “Toro…
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riquinhoj · 2 years ago
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aprire un conto corrente
fare un versamento = soldi contanti = asegno
fare operacione in banca
farci accreditare lo stipendio o la pensione
fare operacione in banca
prelevare dei soldi = fare un prelievo
fare operacione in banca
bancomat = carta di credito = sportello automatico = carta prepagata
fare operacione in banca
assegno
fare complice potesi
condizione = conseguenza =
fare complice potesi
se chiudi gli occhi = vedrai luce capoverdiana
fare complice potesi
se ne siete capaci = scrivetelo
posta banca
denaro
in contanti = dal conto corrente
conto corrente
versiamo
contoo corrente
preleviamo
conto corrente
prelievi = versamenti
libretto di assegni = carta di credito = carte di credito prepagate
centinaia = cento duecento = trecento = quattrocento = cinquecento = seicento
settecento = ottocento = novecento
centinaia numeri de 1 a 99
vorrei spedire = volevo spedire = devo spedire
lettera = francoboli = tabaccaio = cassetta postale
ufficio postale = raccomandata = ricevuta
raccomandata con ricevuta di ritorno
pacco = modulo
telegramma = postacelere = paccocelere
celere
veloce = rapido = che corre
fila
primo = secondo = terzo
numeri
uno = due = tre
nemeri
quante persone o cose
numeri
in che ordine = numeri ordinali
primo = secondo = terzo = quarto = quinto = sesto = settimo = ottavo
nono = decimo
numeri ordinali
dopo decimo = essimo
numeri ordinali
dodicesimo = dodici = dodic, essimo
numeri ordinali
centesimo = cento = cent, esimo = cliente
numeri ordinali
lettera = centesimo = centesima
numeri ordinali
la centesima lettera
numeri ordinali
tre = sei
numeri ordinali
ventitreesimo = ventiseiesimo = cinquantatreesima = cinquantaseisesima
perche
ordinare al ristorante
primo
ordinare al ristorante
secondo
ordinare al ristorante
contorno
ordinare al ristorante
vorrei = volevo
ordinare al ristorante
antipasto = dolce = frutta
ordinare al ristorante
il conto, por favore = per favore, vorrei il conto
scusi posso avere il conto
altri numerali ordinali
sesto = sei
settimo = sette
ottavo = otto
nono = nove
decimo = dieci
comparativo di maggioranza
piu = di
pompei era piu grande di ercolano
comparativo di minoranza
meno = di
ercolano era meno grandi di pompei
che
comparativo di uguagitanza
come
comparativo di uguagitanza
il castello é magico come tutta la citta
si impersonali
a napoli si vive in allegria
vorrei = volevo
per me = nome del piatto
antipasto = pasto = pranzo = cena
primo = primo piatto
secondo = secondo piatto
contorno = patate = pomodori = peperoni
che cos"e il merluzzo alla livornese
come sono fatti i canederli
conto
fare il conto = portare il conto
pronomi ne = di lui = di lei = di loro = di questa cosa = di queste cose
non ne voglio parlare = non voglio parlare di loro
ne voglio un bel piatto = voglio un bel piatto di pasta
non ne perliamo = non perliamo dei problemi di coppia
ne prendono due piatti =  prendono due piatti di lasagne
pronomi ci
noi = a noi
ci sta guardando = sta guardando noi
ci sta parlando = sta palando a noi
c"e ci sono
qui in questo posto = li in quel posto
ci vengono = vengono qui
ci vado = vado a casa
le parole per congratularsi
congratulazioni = rallegramenti = complimenti = felicitazioni = mi congratulo con te = mi congratulo con lei
le parole fare le condoglianze
condoglianze = mi dispiace molto = ti sono vicino = le sono vicino
passare per mismo del verbi cominciare e finire
ho dominciato a cercare lavoro la tua carriera é cominciata
passato per momenti del verbi cominciare e finire
ho finito tutto il programma
il lavoro non é finite
passato per momenti del verbi cominciare e finire
il film é comindato = il film é finito = carlo ha finito di lavorare
passato per momenti del verbi cominciare e finire
il film é cominciato = il film é finito
passato pressime del verbi cominciare e finire
carlo ha cominciato il lavoro = carlo ha finito di lavorare
passato pressime del verbi iniciare e terminare
lucia ha iniciate una guerra = la guerra á iniciata
punti cardinali
nord = sud = est = ovest
punti cardinali
settentrione = meridione = occidente = oriente
aggettive
settentrionale = meridionale = orientale = occidentale
parlare di geografia
confine
parlare di geografia
confinare
parlare di geografia
province
parlare di geografia
capoluogo = cittadina
parlare di geografia
arcipélago
avverbi di modo
attentamente = seriamente = dolcemente
avverbi di modo
attenta = attenta - mente
dolce
dolce - mente
avverbi di modo
facil - mente = incredibil - mente = particolar - mente
per usare l"italiano tanti angure
angure - festa = festa personale - compleanno - onomastico
festa religiosa
natale - pasqua - capodanno
buon - buona - buone
buon compleanno - buon onomastico - buon natale - buona pasqua
buone feste - buon anniversario
buon anno - felice anno nuovo
congratulazione - rallegramenti - ci - ne
ci torno - torno qui - non ci viene - non viene da me
ci - a questo - a questa cosa - in questo - in questa cosa
ci spero - spero nel suo amore
ne - di questo - di questa cosa
ne - inventano - uno nuovo
ne parla poco - non ne ho voglia
benvenuti in casa ba - la comunicazione
spedire
lettera - francobolli
spedire
raccomandata - ricevuta -
spedire
raccomandata con ricevuta di ritorno - destinatario
spedire
vaglia
spedire
pacco - telegramma
pagare
bollette - bollettine postali
gia - ancora
ancora - giá - appena - quasi
passato prossimo - presente del verbo
avere - essere
participio passato
per fare - l"unita d"italia - la lingua - é stata piu importante della politica e delle guerre
aitri mond di dire si
cento - centamente - altroché - sicuro - di sicuro - sicuramente - senza dubbio
altri mold di dire no
niénte - niénte affatto - per niente - propio per niénte - nadié persegue - pronome per sogno
il passato prossinto del verbi con ausiliare
ho lasciato - hai dimenticato - ha preso
presente indicativo di avere
ho - hai - ha - abbiamo - avete - hanno
participio passato dei verbi
in - are - in - ire telefonato - colpito
participio passato dei verbi in - ere
decidere - deciso - vendere - venduto - leggere - letto
passato prosanto di lavorare
ho lavorato - hai lavorato - ha lavorato - abbiamo lavorato - avete lavorato - hanno lavorato
apedire
lettera - francobolli -
apedire
raccomandata - ricevuta
spedire
raccomandata con ricevuta di ritorno - destinatario
spedire
vaglia -
spedire
pacco - telegramma
pagare
bollette - bollettini postali -
gia - ancora - appena - quasi
ieri ho parlato
ieri - l"atroieri - stamattina
una settimana fa - un mese fa - un anno fa -
fa passato - il mese scorso - la settimana scorsa
ho spostato - hai fatto - ha telefonato - abbiamo litigato - avete parlato - hanno portato
passato prossimo
presente del verbi avere - participio passato
verbo avere presente
io ho - tu hai - lui,lei ha - noi abbiamo - voi avete - loro hanno
participio passato
verbi in - are - ire - a - i - a = to = ato = i = to = ito
participio passato
rispettare - rispettato
participio passato
parlare - parlato
participio passato
dormire - dormito
participio passato
finire - finito
participio passato
rispondere - risposto
participio passato
mettere - messo
participio passato
vedere - visto
participio passato
perdere - perso - perduto
verbo parlare passato prossimo
io ho parlato - tu hai parlato - lui,lei ha parlato - noi abbiamo parlato - voi avete parlato - loro honno parlato
rispettare - superari - litigare
verbi sentire passato prossimo
io ho sentito - tu hai sentito - lui,lei ha sentito - noi abbiamo sentito - voi avete sentito - loro hanno sentito
capire - investire
verbo avere passato prossimo
io ho avuto - tu hai avuto - lui,lei ha avuto noi abbiamo avuto - voi avete avuto - loro hanno avuto
il passato presentedel verbi con ausiliare essere
sono arrivato/a - sei arrivato/a - é arrivato/a - siamo arrivati/e
siati arrivati/e - sono arrivati/e
aggettivi possessivi
mio - tuo - suo - nostro - vostro - loro
aggettivi possessivi
il mio compagno - la mia compagna - i miei compagni - le mie compagne
aggettivi possessivi
il tuo compagno - la tua compagna - i tuoi compagni - le tue compagne
aggettivi possessivi
il nostro compagno - la nostra compagna - i nostri compagni - le nostre compagne
aggettivi possessivi
il loro compagno - la loro compagna - i loro compagni - le loro compagne
esprimere i propi gusti
mi piace - mi piacciono - non mi piace - non mi piacciono
esprimere i propi gusti
mi piace - mi é piaciuto
esprimere i propi gusti
piaciuto - piaciuta - piaciuti - piaciute
esprimere i propi gusti
vado pazzo - l"adoro
esprimere la quantitá
moltissimo - molto - abbastanza - cosi cosi - poco - pochissimo - per niente
esprimere la quantitá
troppo
un mese fa sono andato
ieri - la settimana scorsa - un mese fa - l"altr"anno
ho capito - abbiamo sbagliato - avete finito
un mese fa sono andato
sono andato - sei stata - siamo andati
passato prossimo
presente verbo essere - participio passato
verbo arrivare passato prossimo
io sono arrivato - io sono arrivata - tu sei arrivato - tu sei arrivata - lui é arrivato - lui é arrivata
verbo arrivare passato prossimo
noi siamo arrivati - noi siamo arrivate - voi siete arrivati - voi siete arrivate -  loro sono arrivati - loro sono arrivate
verbo arrivare passato prossimo
uomo - io sono arrivato
verbo arrivare passato prossimo
donna - io sono arrivata
verbo arrivare passato prossimo
uomini - voi sieti arrivati
verbo arrivare passato prossimo
donne - loro sono arrivate
Imperfectti di essere
io ero - tu eri - lui,lei era - noi eravamo - voi eravate - loro erano
imperfetto imperativo in parlare
parlavo - parlavi - parlava - parlavame - parlavate - parlavano
imperfeto imfinito di prentere
prendevo - prendevi - prendeva - prendevame - prendevate - prendevano
imperfeto imfinito di senntire
sentivo - sentivi - sentiva - sentivamo - sentivate - sentivano
asi dell"imperfecto
aveva
imperfetto e passato pressime
avevo - ho avuto
imperfetto e passato pressimo
ha avuto
usi dell"imperfette
era una bella giornata - faceva caido - la gente passegiava
descrivere l"aspetto fisico
alto - basso - di media statura - magro - grasso - di media corporatura
descrivere l"aspetto fisico di una persona
occhi scuri - occhi chiari - cappeli biondi - cappeli neri - cappeli castani - cappeli rossi
descrivere l"aspetto fisico di una persona
grigi - brizzolati - bianchi
descrivere l"aspetto fisico di una persona
lunghi - corti - lisci - ricci - ondulati - calvo
futuro
studiéro - sentirai - regalerá
futuro
ci fermeremo - rivedrete - metteranno
futuro verbi del primo gruppo
studiare - studi
studiéro - studierai - studierá - studieremo - studierete - studieranno
futuro verbi del secondo gruppo
mettere - sentire
futuro verbi del secondo gruppo
metteró - metterai - metterá - metterente - metterete - metteranno
futuro verbi del secondo gruppo
sentiró - sentirai - sentirá - sentirente - sentirete - sentiranno
espressioni dell tempo futuro
dopo - poi - domani - la settimana - prossima - il mese prossimo - l"anno prossimo
espressioni dell tempo futuro
ira un"ora - ira due giorni - ira cinque anni
futuro di essere
saró - sarai - sará - saremo - sarete - saranno
altri use del futuro
avrá - stará
altri use del futuro
che orá sará - saranno le quindice
altri use del futuro
sará
benvinuti in casa ba
frigorifero
elettrodomestici
lavatrice - lavastoviglie - aspirapolvere - televisore - computer
instruzioni per l"uso
avviare - accendere - apparecchio - cavo di alimentazione
fonti di calore
fuoco - sole - termosifoni - stufe
cinfinito nelle instrucioni per l"uso
evitare - non sovraccaricare - non mettere - pulire delicatamente
numeri di cento a mille
duecento - trecento - quattrocento - cinquecento - seicento - settecento - oittocento - novecento
numeri di cento a mille
centouno - centodue - centotré -
numeri di cento a mille
duecentocinquantasei - duecento  cinquantassei
numeri di cento a mille
mille
l mille lavouri che possiamo fare
duemila - diecimila - ventiquattromila - trentacinquemila
pronome raramente che
che programma
pronome raramente che
che due stranieri
elettrodomestici
lavatrice - lavastoviglie - aspirapolvere - televisore - computer
struzioni per l"uso
avviare - accendere - apparecchio - cavo di alimentazione
fonti di calori
fuoco - sole - termosifoni - stufe
l"infinito nelle istruzione per l"uso
evitare - non sovraccaricare - non mettere - pulire delicatamente
formare aggettivi di senso contrario
scontento - disordinato - inutile
formare aggettivi di senso contrario
condito - scondito - corretto - scorretto - cortese - scortese
formare aggettivi di senso contrario
armato - disarmato - attento - disattento - continuo - discontinuo
formare aggettivi di senso contrario
adatto - inadatto - certo - incerto - visibile - invisibile
formare aggettivi di senso contrario
possibile - impossibile - bevibile - imbevibile
formare aggettivi di senso contrario
reale - inreale - legale - inlegale
formare aggettivi di senso contrario
quindi - dunque - percio
formare aggettivi di senso contrario
sicche
descrivere il carattere di una persona
ragionevole - seria - attidabile
descrivere il carattere di una persona
essere allegra - avere un carattere aperto - essere estante
descrivere il carattere di una persona
essere senza grilli per la testa -
descrivere il carattere di una persona
gelosa
descrivere il carattere di una persona
presuntuoso - antipatipatico - egoista - testardo
descrivere il carattere di una persona
testardo - buone come il pane
descrivere il carattere di una persona
lento come una iumaca - una iumaca
descrivere il carattere di una persona
furbe come una volpe - una volpe
descrivere il carattere di una persona
curioso o dispettoso come una scimmia
descrivere il carattere di una persona
che s"infuria come un toro -
descrivere il carattere di una persona
bel - bello
descrivere il carattere di una persona
un bel ragazzo -
descrivere il carattere di una persona
un bello spettacolo
descrivere il carattere di una persona
un bello amico
descrivere il carattere di una persona
dei bei libri
descrivere il carattere di una persona
begli amici
plurale del nomi in con e in go
cuoco - fuoco - buco - banco - tacco -
plurale del nomi in con e in go
cuochi - fuochi - buchi - banchi - tacchi
plurale del nomi in con e in go
amico - nemico - attico - medico - manico
plurale del nomi in con e in go
amici - nemici - attici - medici - manici
plurale del nomi in con e in go
ago - fungo - obbligo - profugo
plurale del nomi in con e in go
aghi - funghi - oblighi - profughi
plurale del nomi in con e in go
psicologo - psicologi
sostenere un colloquio di lavoro
etá - occupazione attuale
sostenere un colloquio di lavoro
esperienze lavorative precedenti - permesso di soggiorno
sostenere un colloquio di lavoro
titolo di studio
sostenere un colloquio di lavoro
lingue straniere - computer
sostenere un colloquio di lavoro
contratto - a tempo determinato - a tempo inderteminato
sostenere un colloquio di lavoro
contratto - a tempo pleno- a tempo parziale
sostenere un colloquio di lavoro
orario di lavoro
sostenere un colloquio di lavoro
retribuzione mensile - contributi
disaprovare un opinione
hai ragione - ma no - non sono d"accordo - secondo me non é vero
disaprovare un opinione
é vero - propio cosi - non lo metto in dubbio - io penso anch"io - ne sono certo
disaprovare un opinione
io la penso diversamente - non credo - non mi sembra - non é cosi
superlativo relativo
la cuoca piu brava della famiglia
superlativo relativo
fela é il piu grande dei fratelli - mansour é il piu birichio dell"asilo
superlativo relativo
la giraffa é la piu alta e la piu bella - la meno modesta della giungla
disaprovare un opinione
hai ragione - ma no - non sono d"accordo - secondo me non é vero
disaprovare un opinione
é vero - propio cosi - non lo metto in dubbio - io penso anch"io - ne sono certo
disaprovare un opinione
io la penso diversamente - non credo - non mi sembra - non é cosi
superlativo relativo
la cuoca piu brava della famiglia
superlativo relativo
fela é il piu grande dei fratelli - mansour é il piu birichio dell"asilo
superlativo relativo
la giraffa é la piu alta e la piu bella - la meno modesta della giungla
plurarle di nome in co in go
cuoco - fuoco - buco - banco - tacco
plurarle di nome in co in go
cuochi - fuochi - buchi - banchi - tacchi
plurarle di nome in co in go
amico - nemico - attico - medico - manico
plurarle di nome in co in go
amici - nemici - attici - medici - manici
plurarle di nome in co in go
ago - fungo - obliggo - profugo
plurarle di nome in co in go
anghi -  funghi - oblighi - profughi
plurarle di nome in co in go
psicologo - psicologi
sostenere un colloquio di lavoro
eta - occupazione attuale -
sostenere un colloquio di lavoro
esperienze lavorative precedenti - permesso di soggiorno
sostenere un colloquio di lavoro
titolo di studio
sostenere un colloquio di lavoro
lingue straniere - computer
sostenere un colloquio di lavoro
contratto - a tempo determinato - a tempo indeterminato
sostenere un colloquio di lavoro
contratto - a tempo pieno - a tempo parziale
sostenere un colloquio di lavoro
orario di lavoro
sostenere un colloquio di lavoro
retribuzione mensile - contributi
esprimere un contrasto usere i diminutivi
mentre - invece
esprimere un contrasto usere i diminutivi
má - pero - mentre - invece - al contrario
sufissi diminutivi
ino o - ina - etto o - etta - ello o - ella
sufissi diminutivi
piccolo tavolo - tavolino - piccola agenda - agendina - piccolo zaino - zainetto
sufissi diminutivi
borsa piccola - borsetta - albero piccolo - alberello
sufissi diminutivi
pezzo - pezzo - elle - me - pezettino
sufissi diminutivi
basso e bassa - bassino - bassina - cattivo e cattiva - cativella - cativello
sufissi diminutivi
piccolo e piccola - piccoline - piccolina - piccolette - piccoletta
sufissi diminutivi
casetta - casina
tanti futiri diversi
avere - dovere - potere - vedere
futuro di avere
avro - avrai - avra - avreme - avrete - avranno
futuro di dovere
dovro - dovrai - dovra - dovremo - dovrete - dovranno
futuro di potere
potro - potrai - potra - potremo - protrele - potranno
futuro di vedere
vedro - vedrai - vedra - vedremo - vedrete - vedranno
futuro di venire
verro - verrai - verra - verremo - verrete - verranno
futuro di volere
vorro - vorrai - vorra - vorremo - vorrete - vorranno
pariate di azione imminenti
sto per - sto per arrivare
pariate di azione imminenti
sto per mostraiti - sto per laurearti - sto per iniziare
pariate di azione imminenti
adramo per - stato per - stanno per arrivare
pariate di azione imminenti
stavo per farlo - stavo per dimenticarlo
pariate di azione imminenti
sono li li per partire sono sul punto di partire - sono un procinto di partire
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melancomine · 2 years ago
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BREATHE | peter parker x lettrice
trama: sei ad un'importante cena di famiglia quando peter parker, il tuo amico d'infanzia, si siede vicino a te e la cena passa in secondo piano.
pairing: peter parker x lettrice y/n (mi riferisco a tasm ma può essere qualsiasi peter se lo desideri)
avvertenze: smut esplicito, sesso non protetto, cose in luogo pubblico
word count: 2,3k
masterlist | wattpad
"È il compleanno di Tim, devi venire. Sai quanto ci tiene." ti rimprovera tua mamma mentre si mette il rossetto, un banalissimo color rubino che svanirà al primo boccone di cibo. "Ci saranno tutti."
Le cene in famiglia. Sempre così caotiche, ti ritrovi ogni volta a dover mangiare con un falsissimo sorriso sul volto e a rispondere a domande scomode. Tim è un lontano cugino che vedi pochissimo, infatti non ricordi neanche quanti anni compie.
Sbuffi e ti dirigi in camera tua. Hai aspettato fino all'ultimo per prepararti nella speranza che potessi rimanere a casa. Il vestito nero delle occasioni lo trovi in fondo all'armadio e ci abbini dei semplici collant. Ai piedi un paio di anfibi.
Dopo il sollecito di tua madre, prendi la borsa e scendi rapidamente le scale. Siete in ritardo, la cosa non ti sorprende.
Arrivate al ristorante e al tavolo sono già tutti seduti, vi stavano aspettando. Scruti attentamente l'intera sala, riservata a voi solo per l'occasione, per trovare il posto vuoto che occuperai. Le luci sono soffuse per regalare a chi mangia l'idea confortevole di casa. Il lungo tavolo occupa un'intera parete e visto che siete in molti, continua e fa angolo con l'altro muro. Il tuo corpo si congela improvvisamente quando scopri che ti siederai vicino a Peter Parker. Lui sembra avere la stessa reazione appena ti vede.
Sorridi e vedi che il gesto è ricambiato. Peter è il tuo amico d'infanzia, purtroppo lo vedi solamente una volta ogni paio di anni perché abita lontano. Ricordi che sua zia, May, è una cara amica di tuo zio, il padre del festeggiato. 
Ringrazi il cielo, insieme sapete sempre come divertirvi. Come quella volta che a dieci anni siete saliti in cima ad una pila di balle di fieno. Il povero Tim vi urlava dal basso di scendere ma voi non gli davate ascolto. Vi sentivate come Jack e Rose, i re del mondo. Oppure come quella volta in cui, a sedici anni, siete spariti per un paio di giorni. Avevate semplicemente trovato una casa abbandonata e deciso di rimanerci.
Ti accomodi, "Sono felice che ci sia anche tu." Le uniche occasioni che avete per vedervi sono appunto queste riunioni di famiglia.
Peter ti appoggia una mano sulla spalla. "Anche io. Sei stupenda, comunque."
Arrossisci e lo ringrazi. L'ultima volta che hai visto Peter, aveva gli occhiali e un corpo esile. Non sai cosa sia successo in due anni, ma ora non solo non porta più gli occhiali, ma sembra persino più alto. Il suo fisico è decisamente cambiato. La sua camicia verde scuro risulta più stretta sulle braccia evidenziando i suoi muscoli.
Di certo non ti aspetti che un ragno radioattivo lo abbia morso donandogli i super poteri.
Anche tu sei cambiata, sei cresciuta, e Peter non riesce a toglierti gli occhi di dosso. Le tue spalle sono scoperte e lo scollo del vestito è profondo il giusto da non risultare volgare. Le tue gambe armoniose sono coperte dal leggero strato dei collant, accavallate per comodità mentre aspetti la prima portata.
Durante l'antipasto avete parlato di tutte le novità della vostra vita, riso e scherzato. Tutti sono occupati con il proprio vicino oppure con il festeggiato e come previsto tu e Peter vi siete completamente isolati. C'è solo lui, tutto il resto è scomparso.
All'arrivo del primo, batti le mani contenta, un piatto fumante di lasagne ti sta fissando. Lo stesso per Peter, che in un batter d'occhio divora e finisce, mentre tu stai gustando ogni boccone. Sei troppo concentrata ad assaporare la buonissima lasagna quando all'improvviso senti qualcosa che ti tocca il ginocchio, ti spaventi e il pezzo di cibo cade dalla forchetta. Tiri su la tovaglia per vedere che Peter ti aveva appoggiato una mano proprio lì. Lui sembra far finta di nulla quando ti giri per vederlo e sorridergli. Lo trovi un gesto dolce, quasi a ricordarti che il tuo amico è lì e di non preoccuparti.
Sussulti quando la sua mano inizia ad accarezzarti la coscia, dopo averti spostato leggermente la gonna. Trovi conforto in quel tocco ma la mano si sta alzando, dirigendosi sempre più vicino alla tua zona proibita. Il tuo respiro è diventato più pesante e il cuore sta battendo come non ha mai fatto prima. Ti piace, non riesci a fermarlo. Peter si attacca all'interno coscia e te lo stringe. Il dolore muta in piacere. Hai capito le sue intenzioni e allarghi le gambe per facilitargli l’arrivo alle mutande, coperte dai collant. Riesce a sentire il calore che emani, sei bagnata, tanto da inumidire entrambe i tessuti. Peter ammicca un sorriso alzando solo un lato della bocca e continua a non rivolgerti lo sguardo.
Hai la forchetta in pugno, ma non riesci a mangiare. Ti guardi intorno, tutti i parenti sono impegnati in chiacchiere e nessuno si accorge del tuo cuore che sta per uscire dal petto. Le tue guance sono arrossate e con la mano libera strizzi il tovagliolo sul tavolo.
Lasci scappare un gemito silenzioso appena il ragazzo seduto affianco a te inizia a muoversi sotto la gonna. Sta creando movimenti circolari sul tuo clitoride e stai facendo di tutto per mantenere un’espressione seria.
“Peter...” sussurri. Quello che state facendo è sbagliato sotto ogni punto di vista ma è proprio questo che rende la cosa ancora più eccitante di quanto non lo sia già. 
Peter avvicina il suo volto a te, le sue labbra sfiorano il tuo orecchio, “Respira.” bisbiglia e ti lascia un bacio veloce sul collo. Torna seduto composto e i movimenti circolari mutano in su e giù. Quelle maledette calze velate stanno impedendo il diretto contatto con la tua intimità. 
Non resisti un minuto di più. Afferri il suo polso, fermandolo. Ti alzi dalla sedia e i parenti che sono seduti nelle vicinanze si accorgono di questa improvvisa azione. “Qualcosa non va?” qualcuno chiede.
E ora cosa ti inventi?
Guardi Peter in cerca di aiuto. Per fortuna il ragazzo è bravissimo ad improvvisare. “Y/N mi stava dicendo che non si sente tanto bene. L’accompagno al bagno.” afferma e si alza anche lui. Tu stai al gioco, ti accarezzi la pancia e assumi un’espressione sofferente. 
“Infatti ti vedo un po’ sconvolta. Andate, andate.” dice un tuo zio.
Vi allontanate entrambi dalla tavolata vagando in cerca di non sapete bene cosa, ma che sia privata. Camminando, Peter si sistema il cavallo dei pantaloni che nel frattempo erano diventati stretti. Te ne accorgi e nascondi un ghigno divertito.
Una porta con scritto “Solo Personale” e con le chiavi attaccate alla serratura vi sembra il luogo perfetto. Entrate e chiudete a chiave. Si tratta di un piccolissimo sgabuzzino con un armadio aperto contenente le divise dei camerieri e dei cuochi.
Non fai in tempo a dire qualcosa che Peter ha già le sue labbra sulle tue, un bacio pieno di foga e passione, eccitazione repressa. Le tue mani finiscono tra i suoi capelli mentre le sue sono avvinghiate sui tuoi fianchi. Peter si stacca dal tuo viso per concentrarsi sul tuo collo, poi sul seno che, abbassandoti le spalline del vestito libera ed espone all’aria. Si inginocchia e ti sfila gli stivali. Abbassa insieme alle mutandine i collant, fino a sfilarteli completamente. Le sue dita stanno tracciando linee invisibili sulle tue gambe nude. La sua testa finisce sotto la gonna del vestito e la sua lingua trova dimora in mezzo al tuo sesso. Assaporandoti dolcemente, spalanchi la bocca e abbassi le sopracciglia. È così bravo.
Peter si alza e ricomincia a baciarti. Lo aiuti a sbottonarsi la camicia che lascia aperta ma non toglie. Ti piace accarezzare il suo torso scoperto, è liscio e muscoloso. Gli abbassi la zip dei jeans ed esibisci la sua possente erezione pulsante. Un gemito esce dalla sua bocca: la stava tenendo prigioniera da troppo tempo.
Senza alcuna fatica, Peter Parker ti solleva e ti sbatte contro la parete libera dagli scaffali. Ti stupisci della sua forza e avvinghi le gambe intorno a lui. Peter avvicina la punta del suo pene sulla tua entrata bagnata e lentamente lo inserisce. Lo guardi negli occhi e, gemendo per il piacere e per la sensazione di riempimento che stai provando, ti accorgi di quanto sia bello e attraente. I suoi capelli sono sempre arruffati e senza una forma precisa ma adesso hanno motivo di esserlo e quel motivo siete voi due, dentro lo sgabuzzino, uniti dalla stessa eccitazione che invade i vostri corpi accaldati. Le sue gonfie labbra sono umide e rosee, non si toccano, sono leggermente aperte per far uscire i silenziosi sospiri che si mischiano ai tuoi quasi all’unisono.
“Non faccio altro che- che pensare a te. Esci dalla mia testa.” afferma appoggiando la sua fronte alla tua.
Le spinte sono violente e piene zeppe di passione. Ognuno cerca l’altro disperatamente come se non vi aveste già in pugno. Peter stringe talmente forte il tuo culo che sta lasciando dei segni violacei a forma delle sue dita. 
Peter si ferma un attimo e in un batter d’occhio ti gira. Con il suo aiuto sollevi una gamba che poi mantiene da sotto il ginocchio, ti pieghi leggermente e ricomincia a scoparti in quella nuova posizione. Volti la testa quel tanto che serve per guardarlo con la coda dell’occhio, non esiste che tu perda quella celestiale visione che è Peter Parker mentre ti fotte. Il lato destro del tuo viso è incollato al muro e rischi di sfondarlo per via della foga che il ragazzo dietro di te ci sta mettendo. La tua schiena è coperta dal vestito ma la gonna è alzata per mettere il tuo culo tondo in bella vista. 
Usi tutte le forze che possiedi per non urlare, Peter porta una mano al tuo collo e stringe leggermente, soffocando i gemiti che minacciano di uscire rumorosamente. I tuoi occhi ruotano all’indietro.
Il tessuto dei suoi jeans, che non aveva abbassato, sfrega contro la tua pelle nuda mentre gli scaffali che vi circondano colmi di divise piegate tremano, come il tuo corpo per colpa dell’orgasmo che, piano piano, è sempre più vicino. Lo senti nella pancia, farfalle in preda ad un attacco epilettico si rivoltano nel tuo stomaco. Lo senti nei palmi delle mani, nelle punte delle dita dei piedi, nudi e che toccano il pavimento. Lo senti persino nei capelli e Peter sembra rendersene conto perché li afferra dalla base della nuca e ti tira verso di sé. Ora la tua schiena è a contatto col suo petto e riesci perfettamente a sentire il suo battito accelerato. Le vostre figure sono legate in una sola e vi sentite entrambi al settimo cielo.
Qui non serve il senso sviluppato da ragno per sapere che sei nel bel mezzo dell’orgasmo più potente della tua vita.
“Cazzo, io sto per-” Peter ti avverte e fa per allontanarsi ma tu glielo impedisci, avvolgendo un braccio intorno alla sua schiena e obbligandolo a rimanere dov’è. 
“Non provare a fermarti.” ti imponi e Peter obbedisce. 
l suo caldo respiro contro il tuo orecchio, il suo naso sfrega sulla tuo zigomo colorato di rosso. Peter ti riempie di baci sul collo, talmente tanti che è impossibile contarli. Mordicchia e lecca un punto particolare sotto al lobo, ma è bravo e non ti lascia il segno. Per tenerlo più vicino, appoggi una mano sulla sua guancia e provi a baciarlo nonostante la posizione a sfavore.
I suoi movimenti diventano sempre più veloci, i suoi fianchi sbattono contro i tuoi rumorosamente e armoniosamente con un ritmo accelerato e con un’ultima spinta raggiunge il suo apice dentro di te. Le tue umide pareti si imbrattano del suo liquido seminale e riesci a sentire che cola lentamente lungo le gambe non appena si toglie da te. 
Siete sfiniti, la parte del tuo corpo sotto la gonna è ricoperta di segni vivaci. Il mascara è sfumato intorno ai tuoi occhi dopo che qualche lacrima era scesa tanto era la lussuria che hai provato. Non ti aspettavi tutta questa potenza da parte del tuo amico. A dire il vero, non ti aspettavi neanche di finirci in intimità dentro lo sgabuzzino di un ristorante. Non c’è tempo per riposare, i vostri parenti saranno in pensiero per voi. La vostra assenza sta durando anche troppo. Peter prende una delle divise nell’armadio e si pulisce, poi te la passa per far sì che tu possa fare lo stesso.
I vostri fiati si stanno regolarizzando. Vi guardate e sorridete. Peter si avvicina per baciarti di nuovo mentre ti rivesti dei collant e degli anfibi. Ti stringe più vicino a sé in un abbraccio diverso da prima e privo di foga, ma ami questo tipo ti contatto e ti accorgi che la cosa che più ti piace è che lo stai ricevendo da Peter Parker. Questa cosa ti fa aprire gli occhi su tutto quello che avete passato, da quando vi siete conosciuti fino ad oggi. C’è sempre stata questa connessione fra voi due e finalmente avete scoperto cos’è.
Lui si riabbottona la camicia e si sistema i pantaloni.
“Secondo te è già arrivata la torta? Ne ho una voglia matta.” domandi a Peter e gli sorridi calorosamente. Con un po’ di fretta ti sistemi, per quel che puoi, i capelli.
“A chi lo dici.” Peter ridacchia mentre apre la porta. Vi fermate di colpo quando “E voi cosa state facendo lì?” vi chiede un cameriere che proprio in quel momento sta passando con un vassoio vuoto in mano. Vi guarda un po’ perplesso, squadrandovi dalla testa ai piedi.
“Ehm... Noi-” provi a dire, ma “Stavamo cercando un bagno. Possibile che tutte le porte siano uguali?!” ti interrompe Peter, salvandovi dall’imbarazzante momento.
“È proprio là.” vi indica il cameriere.
“Grazie!” risponde facendo il finto offeso. Prendendoti la mano, Peter ti porta via di lì. Trattenete una fragorosa risata e tornate nella sala privata che ospita i vostri parenti.
Con un tempismo perfetto, tornate ai vostri posti, come se non fosse successo nulla.
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marquise-justine-de-sade · 3 years ago
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Nell’aria bruciata d’agosto, si è alzata una nuvola di polvere sottile, ha invaso il piazzale, sul quale mi sono affacciato tante volte. Bastava la voce dell’altoparlante, con quegli inconfondibili accenti, per farmi sentire che ero arrivato a casa.
Adesso la telecamera scopre l’orologio, con le lancette ferme sui numeri romani: le dieci e venticinque. Un attimo, e molti destini si sono compiuti. Ascolto le frasi che sembrano monotone, ma sono sgomente, di Filippini, il cronista della TV, costretto a raccontare qualcosa che si vede, a spiegare ragioni, motivi che non si sanno: lo conosco da tanti anni, e immagino la sua pena. Dice: «Tra le vittime, c’è il corpo di una bambina».
Mi vengono in mente le pagine di una lettura giovanile, un romanzo di Thornton Wilder, «Il ponte di San Louis Rey», c’era una diligenza che passava su un viadotto, e qualcosa cedeva, precipitavano tutti nel fiume, e Wilder immaginava le loro storie, chi erano, che cosa furono.
Quell’atrio, quelle pensiline, il sottopassaggio, il caffè, le sale d’aspetto che odorano di segatura, e nei mesi invernali di bucce d’arancio, mi sono consuete da sempre: con la cassiera gentile, il ferroviere che ha la striscia azzurra sulla manica, che assegna i posti, e mentre attendiamo mi racconta le sue faccende, quelle del suocero tedesco che vuol bere e di sua moglie che dice di no, e la giornalaia, che scherza: «Ma come fa a leggere tutta questa roba?», e vorrei sapere qualcosa, che ne è stato di loro, e li penso, ma non so pregare.
Si mescolano i ricordi: le partenze dell’infanzia per le colonie marine dell’Adriatico, i primi distacchi, e c’erano ancora le locomotive che sbuffavano, i viaggi verso Porretta per andare dai nonni, e le gallerie si riempivano di faville, e bisognava chiudere i finestrini, e una mattina, incolonnato, mi avviai da qui al battaglione universitario, perché c’era la guerra.
Ritornano, con le mie, le vicende della stazione: quando, praticante al «Carlino», passavo di notte al Commissariato per sapere che cos’era capitato, perché è come stare al Grand Hotel, ma molto, molto più vasto, gente che va, gente che viene, e qualcuno su quei marciapiedi ha vissuto la sua più forte avventura: incontri con l’amore, incontri con la morte.
Passavano i treni oscurati che portavano i prigionieri dall’Africa, che gambe magre avevano gli inglesi, scendevano le tradotte di Hitler che andavano a prendere posizione nelle coste del Sud, e conobbi una Fraulein bionda in divisa da infermiera alla fontanella, riempiva borracce, ci mettemmo a parlare, chissà più come si chiamava, com’è andata a finire. Venne l’8 settembre, e davanti all’ingresso, dove in queste ore parcheggiano le autoambulanze, si piazzò un carro armato di Wehrmacht; catturavano i nostri soldati, e li portavano verso lo stadio, che allora si chiamava Littoriale. Un bersagliere cercò di scappare, ma una raffica lo fulminò; c’era una bimbetta che aveva in mano la bottiglia del latte, le scivolò via, e sull’asfalto rimase, con quell’uomo dalle braccia spalancate, una chiazza biancastra. Cominciarono le incursioni dei «liberators», e volevano sganciare su quei binari lucidi che univano ancora in qualche modo l’Italia, ma colpirono gli alberghi di fronte, qualche scambio, i palazzi attorno, le bombe caddero dappertutto, e vidi una signora con gli occhialetti d’oro, immobile, composta, seduta su un taxi, teneva accanto una bambola, pareva che dormisse, e l’autista aveva la testa abbandonata sul volante.
«Stazione di Bologna», dice una voce che sa di Lambrusco e di nebbia, di calure e di stoppie, di passione per la libertà e per la vita, quando un convoglio frena, quando un locomotore si avvia. Per i viaggiatori è un riferimento, per me un’emozione. Ecco perché mi pesa scrivere queste righe, non è vero che il mestiere ti libera dalla tristezza e dalla collera, in quella facciata devastata dallo scoppio io ritrovo tanti capitoli dell’esistenza dei mici.
«Stazione di Bologna»: quante trame sono cominciate e si sono chiuse sotto queste arcate di ferro. Quanti sono stati uccisi dallo scoppio, o travolti dalle macerie: cinquanta, sessanta, chissà? Credere al destino, una caldaia che esplode, un controllo che non funziona, una macchina che impazzisce, qualcuno che ha sbagliato, Dio che si vendica della nostra miseria, e anche l’innocente paga? Anche quei ragazzi nati in Germania che erano passati di qui per una vacanza felice, ed attesa, il premio ai buoni studi o al lavoro, una promessa mantenuta, un sogno poetico realizzato: «Kennst Du das Land, wo die Zitronen bluhen?», lo conosci questo bellissimo e tremendo Paese dove fioriscono i limoni e gli aranci, i rapimenti e gli attentati, la cortesia e il delitto, dovevano pagare anche loro? Forse era meglio vagheggiarlo nella fantasia. Ci sono genitori che cercano i figli; dov’erano diretti? Perché si sono fermati qui? Da quanto tempo favoleggiavano questa trasferta? E le signorine del telefono, già, che cosa è successo alle ragazze dal grembiule nero che stavano dietro il banco dell’interurbana: chi era in servizio? Qualcuna aveva saltato il turno? Che cosa gioca il caso?
Poi, l’altra ipotesi, quella dello sconosciuto che deposita la scatola di latta, che lascia tra le valigie o abbandonata in un angolo, magari per celebrare un anniversario che ha un nome tetro, «Italicus», perché vuol dire strage e un tempo «Italicus» significava il duomo di Bolsena, le sirene dei mari siciliani, i pini di Roma, il sorriso delle donne, l’ospitalità, il gusto di vivere di un popolo. Non mi pare possibile, perché sarebbe scattato l’inizio di un incubo, la fine di un’illusione, perché fin lì, pensavamo, non sarebbero mai arrivati.
«Stazione di Bologna», come un appuntamento con la distruzione, non come una tappa per una vacanza felice, per un incontro atteso, per una ragione quotidiana: gli affari, i commerci, le visite, lo svago. Come si fa ad ammazzare quelle turiste straniere, grosse e lentigginose, che vedono in ognuno di noi un discendente di Romeo, un cugino di Caruso, un eroe del melodramma e della leggenda, che si inebriano di cattivi moscati e di sole, di brutte canzoni? Come si fa ad ammazzare quei compaesani piccoli e neri, che emigrano per il pane e si fermano per comperare un piatto di lasagne, che consumano seduti sulle borse di plastica? Come si fa ad ammazzare quei bambini in sandali e in canottiera che aspettano impazienti, nella calura devastante, la coca cola e il panino e non sanno che nel sotterraneo, non lo sa nessuno, c’è un orologio che scandisce in quei minuti la loro sorte?
Vorrei vedere che cosa contengono quei portafogli abbandonati su un tavolo all’istituto di medicina legale: non tanto i soldi, di sicuro, patenti, anche dei santini, una lettera ripiegata e consumata, delle fotografie di facce qualunque, di quelle che si vedono esposte nelle vetrine degli «studi» di provincia: facce anonime, facce umane, facce da tutti i giorni. Dicono i versi di un vero poeta, che è nato da queste parti e si chiama Tonino Guerra: «A me la morte / mi fa morire di paura / perché morendo si lasciano troppe cose che poi non si vedranno mai più: / gli amici, quelli della famiglia, i fiori / dei viali che hanno quell’odore / e tutta la gente che ho incontrato / anche una volta sola». Sono facce che testimoniano questa angoscia, ma nessuno ha potuto salvarle.
«Stazione di Bologna». D’ora in poi non ascolteremo più l’annuncio con i sentimenti di una volta; evocava qualcosa di allegro e di epicureo, tetti rossi e mura antiche, civiltà dei libri, senso di giustizia, ironia, rispetto degli altri, massi, anche la tavola e il letto, il culto del Cielo e il culto per le buone cose della Terra.
Ora, ha sapore di agguato e di tritolo. Perché il mondo è cambiato e in peggio: i figli degli anarchici emiliani li battezzavano Fiero e Ordigno, quelli dei repubblicani Ellero e Mentana, quelli dei socialisti Oriente e Vindice, quelli dei fascisti Ardito e Dalmazia, una gli insegnavano a discutere a mensa imbandita. Si picchiavano anche, si sparavano, talvolta, ma il loro ideale era pulito e non contemplava l’agguato: Caino ed Erode non figuravano tra i loro maestri.
«Stazione di Bologna»: si può anche partire, per un viaggio senza ritorno.
“Enzo Biagi scrisse il 2 agosto 1980 sulla strage alla stazione di Bologna sul Corriere della Sera.”
#stragedibologna #2agosto1980 #pernondimenticare #diariodiunferroviere
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difensoredelfocolare · 5 years ago
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On air: "La nostra ultima canzone" Motta
La maestra del ragù fatto con il macinato in casa mia è stata sempre mia zia, anzi la zia di mia mamma, cioè la mia prozia. Lei è toscana, livornese per la precisione, e tutto il cibo che passa per le sue mani viene trasformato in oro ma la cosa che tutti si ricordano in casa mia è il suo ragù.
Mai troppo unto e sempre saporito al punto giusto aspettiamo ogni volta le feste con la speranza di riassaporarlo.
È da quando ho iniziato a cucinare che provo a imitarlo e con il tempo e i suoi numerosi consigli sono giunto a un risultato più che ottimale. Bilanciare i sapori, la giusta quantità di carne rispetto alle verdure e la tipologia di carne da usare sembrano piccoli dettagli ma fanno la differenza nell'armonia di sapori che vive ormai nei miei ricordi. C'era però un dettaglio che non riuscivo a correggere: il colore.
Il ragù di mia zia è infatti molto scuro di un rosso quasi cupo, di una sfumatura più tendente al marrone. Per molto tempo ho cercato di cogliere questa sfumatura, ma ho fallito per molto tempo.
Poi d'un tratto la soluzione è arrivata ed è stata il concentrato di pomodoro e non la semplice passata o i pelati che non danno quel colore caratteristico al ragù alla fine della sua cottura.
Per renderlo ancora più scuro ho preso poi spunto da una ricetta tutta laziale: la coda alla vaccinara, che prevede a fine cottura l'aggiunta del cacao amaro donandogli tra l'altro un sapore tutto particolare.
Ingredienti:
500 g di carne trita di manzo (preferibilmente tagli poveri come il muscolo)
2 salsicce toscane
1 carota
1 cipolla piccola
1 costa di sedano
1 spicchio d'aglio
1 ciuffo di prezzemolo
100 g di concentrato di pomodoro
1/2 cucchiaio di cacao amaro
noce moscata
alloro, salvia e rosmarino
sale e pepe q.b.
olio e.v.o.
1 bicchiere di vino rosso
1/2 bicchiere di latte
brodo vegetale o acqua
Tritate finemente carota, sedano, aglio e cipolla e fateli soffriggere in quattro cucchiai d’olio a fiamma bassissima, per almeno 10/12 minuti. Aggiungete la salsiccia sbriciolandola con l’aiuto di un cucchiaio di legno; quando sarà ben cotta unite la carne trita poco alla volta, facendola rosolare molto bene; quando tutto sarà ben asciutto sfumate con il vino rosso e ad alcool evaporato unite il concentrato, l’alloro, la salvia, il rosmarino, una grattata di noce moscata, il pepe e un pizzico di sale. Poi allungate con del brodo vegetale caldo, portate a ebollizione, abbassate la fiamma e fate sobbollire per almeno tre ore, aggiungendo altro brodo nel caso dovesse asciugarsi troppo. Prelevate dunque un paio di cucchiai di ragù e stemperatevi il cacao amaro e unite il tutto al sugo insieme anche al bicchiere di latte. Fate cuocere altri dieci minuti sempre a fiamma bassissima. Alla fine dovrà risultare dall'aspetto scuro, asciutto e parecchio untuoso. Aggiustate di sale se necessario, fatelo riposare almeno un paio d'ore e conditeci lasagne, maccheroni o tagliatelle.
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gregor-samsung · 5 years ago
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(Giovedì 7 ottobre 1993) Cara Mimmy, in questi ultimi giorni tutto è trascorso in modo tranquillo. Niente bombardamenti. Grazie a Dio vado a scuola, leggo, suono il piano... L'inverno si sta avvicinando, ma non abbiamo più nulla con cui scaldarci. Ho guardato il calendario, e ho l'impressione che tutto il 1993 finirà per essere segnato dalla guerra. Dio mio... due anni persi ad ascoltare i bombardamenti, due anni di sofferenza perché mancano acqua, luce e gas, due anni trascorsi in attesa della pace. Osservo la mamma e il papà. In due anni sono invecchiati di dieci. E io? Io non sono invecchiata, ma sono cresciuta, sebbene, a essere onesta, non so come. Non mangio né frutta né verdura, non bevo succhi di frutta, non mangio carne... Sono figlia del riso, dei piselli e degli spaghetti. Uffa! Mi sono messa un'altra volta a parlare di cibo. Spesso mi sorprendo a pensare a un pollo, a una buona cotoletta, a una pizza, alle lasagne... Sarà meglio cambiare discorso! Zlata
Zlata Filipović, Diario di Zlata (traduzione di Raffaella Cardillo e Maria Teresa Cattaneo), Rizzoli, 1994¹; pp. 161-62.
[Ed.ne or.le: Le journal de Zlata, Fixot et éditions Robert Laffont, S.A., Paris, 1993]
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barbaraincucina · 6 years ago
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Domenica 12 Maggio 2019 ho avuto l’onore di cucinare per la grande famiglia di Bagnolo Viva, la Lista Civica in lizza per le prossime elezioni comunali del 26 Maggio a Bagnolo in Piano (RE). Erano presenti il candidato sindaco Gianluca Paoli, i futuri assessori e canditati consiglieri con tutte le loro famiglie, una squadra forte e unita di persone giovani, libere e competenti. Grazie al perfetto lavoro di squadra abbiamo allestito un impeccabile buffet al Maki Pub di Bagnolo, con tanto di spazio giochi per i bambini i quali hanno potuto divertirsi nell’angolo del disegno ma addirittura con i palloncini modellabili e il truccabimbi. Ovviamente a nostra disposizione anche una fornita cantina di vini importanti, grazie alla collaborazione dell’Associazione Prosit e di un loro esperto.
Ecco il menù completo:
Salame nostrano, Parmigiano Reggiano e Ciccioli
Salatini misti di pasta sfoglia con tonno, formaggio, spinaci o prosciutto cotto
Torta salata
Lasagne di pan carasau al pesto genovese con patate, fagiolini e pinoli*
Bomba di riso nero Venere con cuore di stracchino e salsiccia*
Cous cous con peperoni, ceci e curry*
Insalata di polpo con pomodorini e rucola*
Roast beef di manzo cotto a bassa temperatura col suo sughetto*
Lonza di maiale cotta a bassa temperatura con salsa tonnata*
Patate arrosto rosmarinate*
Melanzane e Zucchine grigliate ‘in carpione’ leggero al pepe rosa*
Torte e crostate fatte in casa
Bicchierini con mousse di mascarpone e salsa speziata a i frutti di bosco
* tutte le ricette alla fine del post
Vini in abbinamento:
Per gli antipasti e il polpo: Dal Veneto-Friuli Venezia Giulia Prosecco 2017 di Marsura
Per le lasagne: Dalla Sicilia Chardonnay 2015 di Firriato
Per il riso e il cous cous: Dall'Emilia Romagna Rosso 2016 di Monte delle Vigne
Per la carne: Dal Piemonte Ruchè di Tenuta Montemagno
Per i dolci: Dal Veneto-Friuli Venezia Giulia Valpolicella Recioto di Domini Veneti
E per chi volesse mettersi a cucinare, ecco tutte le ricette:
Lasagne di pan carasau al pesto genovese con patate, fagiolini e pinoli
Preparare il pesto frullando foglie di basilico fresco, pinoli, aglio, parmigiano reggiano e olio evo. Preparare una normale besciamella piuttosto fluida e unirvi il pesto. A parte cuocere a vapore dei cubetti piccoli e omogenei di patate e fagiolini. Ammollare velocemente il pan carasau nel latte. Preparare delle lasagne usando al posto della sfoglia il pan carasau e intervallare gli strati con la besciamella al pesto. Cospargere in ogni strato una manciata di patate, una di fagiolini e una spolverata di mozzarella tritata nel mixer. Sull'ultimo strato aggiungere una manciata di pinoli e parmigiano grattugiato. Infornare per 15-20 min a 180°.
Bomba di riso nero Venere con cuore di stracchino e salsiccia
Lessare il riso venere in acqua salata. Scolarlo (senza sciacquarlo) e condirlo con poco olio e burro, parmigiano grattugiato, pepe ed erba cipollina sminuzzata. Rosolare in padella la salsiccia sgranata. Imburrare lo stampo da ciambella, riempirlo per metà di riso, metterci sopra uno strato di stracchino e uno di salsiccia e infine coprire col riso rimasto schiacciando bene per compattare il tutto. Infornare per 15-20 min a 180° coperto con la carta stagnola. Servire con la salsiccia rimasta.
Cous cous con peperoni, ceci e curry
Versare il cous cous in una ciotola capiente e coprirlo con acqua bollente (due bicchieri di acqua ogni bicchiere di cous cous), aggiungere sale e curry, mescolare, coprire la ciotola per far rinvenire il cous cous. Nel frattempo tagliare a piccoli cubetti regolari i peperoni rossi, gialli e verdi nella medesima proporzione, il sedano, la carota e la cipolla. Saltare le verdure in olio di semi profumando con abbondante curry e aggiustando di sale e pepe. Aggiungere poco concentrato di pomodoro. Sgranare e mescolare il cous cous poi condirlo con tutte le verdure aggiungendo i ceci lessati e sgocciolati. Aggiungere infine una manciata di prezzemolo tritato.
Insalata di polpo con pomodorini e rucola
Sciacquare il polpo sotto acqua corrente e cuocerlo in pentola a pressione senza aggiungere altro (nemmeno l’acqua) per ½ ora ogni kg. Farlo raffreddare nella sua acqua. Separare i tentacoli e tagliarli a tocchetti. Unire polpo, cipollotti affettati sottili, pomodorini tagliati in due e rucola fresca. Condire con olio evo, sale, pepe e volendo poche gocce di aceto balsamico tradizionale.
Roast beef di manzo cotto a bassa temperatura col suo sughetto
Insaporire il pezzo di carne (girello di manzo) con sale e pepe e legare con un giro di spago. Scaldare una casseruola alta di misura con olio evo, una noce di burro (chiarificato), aglio in camicia e le erbe aromatiche (rosmarino, salvia, alloro) e rosolare bene la carne (solo sull’esterno e mai sul taglio). Continuare la cottura in forno (o in casseruola col coperchio abbassando il fuoco se il pezzo di carne è piuttosto piccolo) fino a raggiungere la temperatura di 54/55° al cuore. Chiudere la carne nella stagnola e farla riposare e raffreddare prima di tagliarla sottile con un coltello affilato o l’affettatrice. Filtrare il fondo di cottura e servirlo caldo sulla carne.. In alternativa cuocerlo sottovuoto a 54/55° per 4-5 ore aggiungendo nel sacchetto sale, pepe, aglio e aromi e rosolarlo dopo la cottura.
Lonza di maiale cotta a bassa temperatura con salsa tonnata
Riempire una casseruola di acqua e portarla a bollore aggiungendo un bicchiere di vino bianco, uno spicchio di aglio, un mazzo di erbe aromatiche (rosmarino, salvia, alloro, timo etc), bacche di ginepro, pepe e chiodi garofano, sale grosso. Lessare il trancio di lonza nell'acqua. Poi farlo raffreddare e tagliarlo a fette sottili con l’affettatrice. Nel frattempo preparare la salsa tonnata frullando tonno sgocciolato e formaggio tipo philadelphia in parti circa uguali, capperi e acciughe. Per ottenere la consistenza desiderata aggiungere eventualmente poca acqua di cottura filtrata. Condire la carne con la salsa ottenuta. In alternativa cuocere il trancio di carne sottovuoto a 64° per 4-5 ore aggiungendo nel sacchetto sale, pepe, aglio e aromi.
Patate arrosto rosmarinate
Lavare le patate, pelarle, lavarle nuovamente sotto l’acqua corrente fino a che non abbiano rilasciato l’amido e tagliarle a cubotti regolari. Sbollentarle in acqua bollente con due cucchiai di aceto bianco per circa due minuti. Scolarle e condirle con aglio e rosmarino tritati, olio, sale, pepe. Cuocerle in forno (già caldo) a 180° ventilato per 40 minuti.
Zucchine e melanzane 'in carpione' leggero con pepe rosa
Affettare e grigliare le verdure. Nel frattempo mettere in un pentolino olio evo e aceto bianco (due parti di olio e una di aceto), un cucchiaino di zucchero, sale e pepe, un mazzetto di erbe aromatiche fresche e uno spicchio di aglio. Insaporire il tutto a fuoco dolce per dieci minuti. Versare l'intingolo filtrato sulle zucchine grigliate, aggiungere le bacche di pepe rosa e lasciare riposare.
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virginiamanda · 6 years ago
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I post che non ho scritto nel 2018 non sono finiti nel dimenticatoio, come i presentimenti brutti che poi non si sono realizzati dovrebbero naturalmente fare, bensì, come un rigurgito o un’acidità di stomaco dei primi giorni dell’anno vengono riproposti qui.
Ho pensato a lungo (ah ah ah, ” a lungo”, ma non diciamo fesserie, sarebbe più corretto dire “a intermittenza”, come le lucine dell’alberello di Natale – uno dei quattro che mia madre ha addobbato quest’anno – che incuranti del sole fuori si alternano nell’accensione al piano di sotto) se fosse il caso di terminare l’anno con un post sulla bellezza e malinconia del tempo che fugge (ma in realtà non mi sono sentita malinconica a fine anno, forse, addirittura, per la prima volta in vita mia!?), o sulle conquiste e bei momenti dell’anno appena passato (ma erano troppi, non li ricordavo nitidamente, e ho iniziato almeno cinque volte per iscritto e dieci nella mia testa il post, ma ogni volta mi sembrava incompleto), o sulle grandi benedizioni ricevute quest’anno (papà che sta bene dopo uno spavento inaudito, ma è troppo personale per sbandierarlo ai quattro venti, e per quattro venti intendo che forse una mia ex compagna del liceo potrebbe ancora avere la mail associata a questo account ed essere risalita al fatto che quella che scrive qui sia proprio io); ma ho ritenuto che nessuna di queste idee fosse forte abbastanza da tenermi attaccata al computer, mentre in tavola arrivavano: baccalà alla vicentina, trota al forno, lasagne della mamma, rotolo di vitello, genovese della mammà dell’Orso, struffoli e ogni ben di Dio che in Australia posso solo provare a replicare (eccezion fatta per la genovese di mammà: non c’è gara per cui dichiaro la sconfitta prima di provarci), ma soprattutto mentre a tavola c’erano i miei adorati nipotini sotto i due anni da tenere a bada (e da educare! Qualcuno in questa famiglia dovrà pur assumersene l’onere…).
Quindi niente post con lista di cose belle del 2018 (ho visitato posti nuovi fantastici: New York, Shangai, Vanuatu, Bali, Esperance e Perth, sono riuscita ad essere in Italia – e a Londra- abbastanza per spupazzarmi i nipotini, sono riuscita a licenziarmi e a iscrivermi a un master che mi sta facendo imparare tantissime cose, oltre ad aver -ci pare, ma chissà- superato la prima vera grande crisi di coppia e l’operazione di papi, oltre ad essere sopravvissuta alla visita della combo genitori più suoceri in terra australe per un mese) né post di buoni propositi del 2019 (non ne ho, e forse pure questo è la prima volta che succede).
Ma farò cosa gradita (a me stessa soprattutto) se riuscirò a mettere un punto a vari post che avrei voluto scrivere nel 2018 e che poi non ho concluso, spesso per mancanza di tempo (non ricordo un periodo così denso di attività negli ultimi, boh, sei anni) ma anche per mancanza di coraggio, per paura di non essere capita, e di non essere abbastanza brava a spiegarmi.
  I cancelli
Durante la vacanza in Argentina di quattro anni fa (ormai quasi cinque), facemmo un’escursione guidata che partiva da Salta e andava alle saline (Las Salinas Grandes), attraversando il deserto di Atacama.
Ecco le saline. Le foto, come è evidente essendo sfocate e banali: le ho fatte io.
Ecco le saline. Le foto, come è evidente essendo sfocate e banali: le ho fatte io.
Paesaggi stupendi, ma strade impervie che richiedevano un mezzo appropriato. Un signore simpaticissimo ci venne a prendere sul suo fuoristrada al mattino presto (foto irripetibili della mia faccia svegliata alle quattro di mattina, con un’improbabile maglione rosa dalla fantasia andina e un’espressione spaccacuore di chi pensa al sonno perduto come al primo amore mentre abbraccio il thermos del caffé dovrebbero corredare questo post, ma preferisco che sia l’immaginazione a lavorare, per ovvi motivi).
All’andata ero addormentata e non avevo osservato la periferia della città. Al ritorno però avevo notato qualcosa di strano. Procedendo verso Salta, le poche case iniziavano a intensificarsi e a un certo punto in cima alla collina noto qualcosa di strano.
Un cancello.
Lunghissimo, che fa il giro della collina (o perlomeno, va fino a dove si perde lo sguardo).
Chiedo di cosa si tratta, magari è un insediamento militare.
“Il quartiere dei ricchi”, mi risponde sornione la nostra guida.
Mi spiega che le famiglie più abbienti hanno iniziato a temere i furti e così si sono organizzate creando quartieri con villette completamente recintati e piantonati, in cui si entra tramite un unico accesso sorvegliato.
E così mi era venuta in mente La Moraleja, quartiere periferico di Madrid, dove parecchi anni prima ero stata invitata ad una festa privata.
Uno dei vantaggi dell’essere straniera è essere estranea al classismo e alle convenzioni sociali, per cui ignoravo l’esistenza non solo del quartiere ma pure la sua composizione. Abitando poi in campagna, ero abituata a vedere terra sempre utilizzata, o coltivata o come giardino di qualche villa.
E invece questo quartiere era molto distante dalla città (non dal centro della città, proprio distante anche dall’ultima periferia) e prima di arrivarci avevamo attraversato tantissima terra arida e incolta. Senza abitazioni, senza un minimo di irrigazione, senza niente di niente.
Nella mia testa, per abitare in un posto del genere bisognava aver fatto una scelta ascetica, di vita lontana dalla città e spirituale.
Niente di più falso, mi ritrovai davanti ad un quartiere che non era un quartiere (non c’era un bar che fosse uno, una pompa di benzina, un supermercato, non c’era niente che portasse qualcuno ad avere voglia di farsi una passeggiata, perché non c’era nessun punto di interesse dove andare) composto da ville (così mi dissero, io dalla strada non avrei potuto vederle), una dopo l’altra, circondate da cancelli altissimi ed impenetrabili.
Entrammo in una di queste fortezze e la padrona di casa venne ad accoglierci, dopo aver disattivato tutti gli allarmi, vantandosi del fatto che nella zona abitassero anche Victoria e David Beckham.
Per come ero abituata io, era un enorme controsenso.
Nella provincia in cui sono nata ci sono alcune cittadine (più che altro paesotti gonfi e tronfi) dove si vocifera che chi ha fatto fortuna non abbia sempre seguito modi del tutto legittimi, ma chi l’ha fatta non ha esitato a costruirsi o comprarsi una casa grande, opulenta, con decori, ma soprattutto con cancelli a inferriate. Per la serie: la devi vedere da fuori questa casa, devi schiattare d’invidia. (Ma sapere che è impenetrabile).
Il cancello alto, cieco, massiccio, chiuso, stile bunker, nero, senza nessun pertugio da cui spiare la villona… che cancello è? Qual è la soddisfazione di avere la casa più bella del paese, se non la può vedere nessuno?
Questo pensavo, e questo in un certo modo è quello che mi viene subito da pensare.
Oltre a sembrarmi un’idiozia, anche come ragionamento: tutti i più ricchi della città, spaventati dai possibili furti, si uniscono e se ne vanno a vivere dove? Nel centro della città? In modo da essere più vicini alle forze dell’ordine? No, isolati. Su una collina separati dal resto della vita civica.
Ha continuato a sembrarmi un’idiozia anche quando a Miami un amico che abitava lì ci ha portato a veder un’isoletta “privata” in cui abitavano solo famiglie abbienti, a cui si accedeva oltrepassando una sbarra.
Questa divisione tra ricchi e poveri mi è sempre sembrata ridicola, non perché non esista, ci mancherebbe, non sono così ingenua da pensarlo, ma perché la realtà sociale non è divisa, è fatta da continue interconnessioni e scambi tra strati diversi della società.
Mettersi tutti i ricchi da un lato, costruire un muro e dire “Voi state fuori” mi perplime. Mi sembra una scelta dettata dalla paura. Io, ricco, non voglio aiutare te povero, a crescere, a migliorare, a imparare, dandoti magari anche un lavoro, frequentandoti.
No, ti voglio togliere dalla vista.
La tua presenza è per me un pericolo.
Il povero, non potendo più aspirare alla protezione del potente, cosa fa? Lo invidia.
E quando può, farà di tutto per impossessarsi di quello che ha il ricco.
La classe sociale più elevata dovrebbe essere anche quella che pensa: che è intellettualmente più motivata a trovare soluzioni e migliorare il benessere sociale collettivo.
Chiudersi a riccio dice soltanto: “Ho paura di perdere quello che ho”.
E queste piccole cittadine chiuse da cancellate alte, nere, sorvegliate, siamo diventati tutti noi con la nostra vecchia Europa. Abbiamo alzato i ponti levatoi, ci apprestiamo a difendere con i denti i nostri averi. Perché una massa di straccioni potrebbe invaderci.
E noi non siamo più in grado di pensare ad un futuro migliore per tutti. Vogliamo solo difendere i nostri soldi.
E la stessa cosa succede nelle città, nella politica. Lo straccione non punta a istruirsi, a migliorare la sua condizione con un titolo di studio: punta ad avere soldi. I soldi si fanno con la politica? Con il malaffare? Chissenefrega, basta che arrivino. Basta passare dall’altra parte del cancello, del bunker. Basta essere ricchi.
E gli straccioni? Chi se ne frega.
Alzeremo il volume della radio, chiederemo alle guardie di non far passare nessuno.
    Le guide
Mesi fa ho letto un articolo molto interessante sull’ascesa e manutenzione del successo di Gwynet Paltrow come guru del web.
Uno di quegli articoli che salvo nel Pocket, che poi leggo quando ho tempo (quindi appunto, mesi fa), che spesso non hanno niente a che vedere con il motivo per cui li ho salvati ma che alla fine suscitano interesse per vari motivi: mi fanno riflettere.
Tempo fa chiacchieravo con una mia amica su come certe persone che seguiamo su Twitter non siano un granché, una volta chiuso il loro profilo e messo insieme i pezzi della loro vita tramite quello che fanno trasparire.
Ammesso che una può raccontare quello che le pare e pure mentire, a ben guardare si tratta in generale di persone della nostra età (dai 30 ai 40, direi), donne, che non lavorano o comunque non hanno un’entrata fissa, dalle foto si evince come abitino con un compagno/marito che non c’è (cioè: lui lavora) o ancora a casa dei genitori. Dai tipi di vacanze che fanno (corte, in posti economici) si deduce che le entrate siano basse, o che viaggino solo per sponsorizzare un prodotto o un servizio.
Come mai questa gente è così seguita?
Una persona normale, con un lavoro e uno stipendio, si fa impressionare da una foto in un albergo a cinque stelle?
E mi sono spesso chiesta perché siano così seguite, quando la vita che fanno è normale.
E leggendo questo articolo ho capito perché: la gente ha bisogno di guide.
Non credendo più a niente, vivendo in un’epoca in cui tutto è vero e pure il contrario di tutto è vero, facendosi governare da un movimento politico che punta sulla costruzione del consenso molto di più che sulla costruzione di un programma politico (il nome stesso lo dice: movimento, vuol dire che ci si muove un po’ di qua, un po’ di là, a seconda di dove fa comodo e di dove tira il vento), non avendo più dei riti collettivi religiosi che facciano sentire parte di una comunità né che diano indicazioni sui progetti di vita da seguire, la gente ha bisogno di guru.
Anni fa rimasi almeno 5 minuti buoni a ridere quando lessi la notizia che Simona Ventura (che all’epoca era all’apice del successo) aveva ingaggiato per una cifra da capogiro un “opinion maker“.
Mi era sempre sembrata una persona intelligente, com’era possibile che dovesse pagare qualcuno perché le dicesse cosa pensare.
E nel futuro che stiamo vivendo, tutti stiamo pagando degli “opinion maker“: li seguiamo, li leggiamo, compriamo i prodotti che pubblicizzano, mettiamo i cuoricini sulle frasi che scrivono e condividiamo i loro tweet. Ci stanno facendo il favore di dirci come schierarci, quale opinione avere, con quale battuta rispondere.
E poi, dopo aver letto l’articolo, ho capito che la maggioranza dei seguaci (sarebbe meglio dire delle seguaci) sono piccoli.
La trentenne (di scarse o medie entrate mensili) che posta la foto dall’Hilton non si sta rivolgendo ad un’altra trentenne (probabilmente di medie o alte entrate) per invogliarla ad andare all’Hilton. La trentenne con più potere acquisitivo ci va già, anzi, c’è già andata, ed è già passata ad un’altra catena alberghiera più al passo con i tempi.
Si sta rivolgendo ad una dodicenne.
Una dodicenne che magari non è mai uscita dal paesino della provincia e l’Hilton le sembra chissà cosa.
Anni fa lessi che è proprio su questa fascia d’età che si basano tantissime campagne di vendita di abbigliamento.
Perché è la fascia più debole, che ha bisogno di costruirsi un’identità. E lo fa anche seguendo qualcuno di più grande, sperando un giorno di diventare così.
  Il vittimismo
Aver subito una violenza o un abuso rende una persona una vittima.
Usare questo abuso o questa violenza per ottenere dei vantaggi personali è “vittimismo“.
Mettersi in piazza a chiedere maggiori diritti è sacrosanto, per esempio: a parità di ore di lavoro dovrebbe corrispondere parità di retribuzione.
Mettersi in piazza a piagnucolare perché Tizio (che è un potente) ti ha toccato il di dietro e per questo motivo hai diritto ad una parte nel prossimo film holliwoodiano è vittimismo.
Aver subito abusi o traumi è soprattutto una grandissima sfiga.
Ognuno la supera come può, e chi sono io, che ho una vita tutto sommato felice, in cui nessuno si è mai permesso di andare contro la mia volontà o manipolarmi in una situazione di debolezza (sul lavoro), per dire quale sia la via giusta per risolverli?
Nessuno.
Però siamo nel mio blog e qui posso dire la mia:
Si può aver subito un trauma e voler tornare ad essere una persona normale, senza che quello intralci la propria vita. E’ possibile. Prevede un lungo percorso di terapia, un valido sostegno familiare o di amici, e presentarsi alla società come una persona che quel trauma non l’ha mai subito. Non dimenticarsene, immagino sia difficile, ma provare a non menzionarlo con gli sconosciuti. Insomma: vivere, andare avanti.
Oppure si può farsi carico di quel trauma ed usarlo per ottenere qualcosa. Pietà, lavoro, attenzioni… chi più ne ha più ne metta. E’ possibile? Certo. C’è un sacco di gente che lo fa.  E il classico “chiagn’ e fott'” che in Italia conosciamo bene. Ma scegliere questa via ne preclude tante altre. La prima è: guardarsi allo specchio alla mattina.
Ho finito.
Tumblr media
Per smorzare la tensione, ecco una foto del tramonto del giorno del mio matrimonio.
  Raccontarsela (un post di maggio)
In questi tempi di autoscatti (ebbene sì, esisteva una parola italiana prima che diventassimo tutti così ignoranti da usare solo quelle inglesi), passiamo il tempo a dirci quanto siamo belli e bravi. A giustificarci. Siamo tutti concentrati sul nostro ombelico, e qualsiasi commento esterno non positivo viene subito bollato come ostile: invidioso, geloso, rosicone, perfido, meschino, sputasentenze, criticone.
Passiamo la vita a raccontare le nostre vite on line, e da quando è diventato troppo difficile narrarle a parole siamo passati alle figure (una volta quelli stupidi come il fondo di un secchio li indicavamo proprio così: di un libro guarda solo le figure; ora sono chiamati “utenti”, “seguaci”, “bimbe” e via rotolando verso il basso, e siccome sono tanti li confondiamo con la massa critica) o alle foto. Sono tempi felici per gli illustratori, i fotografi e i cuochi (cioè quelli che sono passati dall’alberghiera e dall’artistico, che noi “delle scuole alte” una volta criticavamo con sdegno).
E così le vite degli altri sono diventate magnifiche, e le nostre un po’ più banali, grigie e spente.
Mamma mia Virgh, che pesantezza, fattela una risata ogni tanto, staccati dal computer e dai social! Vivi!
Ma certo, è quello che faccio, anzi, passo più tempo a parlare di social con le persone de visu che non a scriverci o a leggerli.
Ma non scrivo più sul blog come vorrei e come facevo, perché non voglio raccontarla e non voglio darla a bere a nessuno.
Gli Expat Blog sono spesso pieni di post fotografici, in cui si raccontano i viaggi e le bellezze della vita dall’altra parte del mondo.
Io non li pubblico, ma non è che non abbia fatto ultimamente dei bei viaggi o delle belle scoperte. Semplicemente non ho più voglia di condividerle e usare toni esaltanti per la mia vita all’estero, per un solo motivo: voglio tornare a casa.
Ma cosa intendi per “tornare a casa”? Mi chiedono gli amici qui e quelli in Italia. Dopo dodici anni all’estero cosa è veramente “casa” per te?
Lorenzo Jovanotti cantava “La casa dov’è? La casa è dove posso stare in pace con te” e diceva una falsa verità, perchè si infilava nella vulgata dei “due cuori e una capanna”.
Ho fatto poche promesse in questi otto anni all’Orso, (vabbè, escludendo quelle di fedeltà davanti all’altare, ma faceva parte di un pacchetto ampiamente metabolizzato) ma una delle prime è stata: “Promettimi che non mi tirerai mai fuori la storia dei due cuori e una capanna”. E l’ho sempre mantenuta. E non perché non creda che l’amore serva e ci voglia nella vita, ma perché credo che se si ha una tranquillità economica si viva meglio anche l’amore. Vivere senza l’acqua alla gola fa una bella differenza, senza voler essere ricchi sfondati e senza scadere nell’avidità che porta ad essere aridi e a non sapersi godere niente, perché ti permette di fare scelte più consapevoli e di mantenere intatta la propria dignità. Credo che l’indipendenza economica di ogni membro della coppia sia fondamentale. Se tu non mi mantieni, io scelgo di stare con te. Se tu mi mantieni, io devo stare con te.
Quando parlo con i miei amici e conoscenti in Italia la prima risposta che mi danno è: “Ma perché vuoi tornare? Qui non c’è lavoro/ qui gli stipendi non sono alti come lì”.
Voglio tornare perché sono stanca di trovare scuse. Vivere in Paesi diversi e mai per troppo tempo mi ha deresponsabilizzata. Quello che le travel blogger non dicono è che non comprano mai un’opera d’arte da appendere al muro. Perchè non sanno dove appenderla. E anche perché spesso sono in affitto e il proprietario di casa difficilmente lascia mettere dei chiodi alle pareti. Un’altra cosa che non dicono le expat blogger è che spesso passano il tempo da sole, perché il marito è l’unico che ha uno stipendio fisso e quindi deve lavorare molto e spesso in trasferta. Quelle che lo dicono, lo fanno passare come un privilegio (e senza dubbio per molte è vissuto come tale) perché permette di avere tanto tempo libero da usare per le proprie passioni.
Io, che adoro avere del tempo libero, e che mi sono costruita un orario lavorativo che mi permetta di avere due giorni liberi a settimana (oltre al sabato e alla domenica, naturalmente, credo che una cosa simile sia il part-time verticale, ma io lavoro a partita iva, per cui non credo sia completamente assimilabile) e che ho sempre amato dipingere, non dipingo più.
Eppure, basterebbe andare sulla baia, o al parco, o allo zoo.
Io, che ho sempre amato circondarmi di persone diverse, parlare tante lingue, provare nuovi posti e sentire musica, non ho più voglia di uscire. Un po’ è l’età, sicuramente a 33 anni non si ha lo stesso entusiasmo che si ha a 21, ma molto è dovuto al fatto che mi mancano le persone. Mi manca la condivisione della stessa cultura, i punti fondamentali di riferimento che mi fanno essere quella che sono.
“Ma tu sei questa: sei quella che sta in Australia, che non dipinge, che sta con l’Orso, che rimugina, che legge, che evita le occasioni sociali, che passa i giorni liberi a pensare di dipingere e non lo fa, che passa le serate a scrutare Skyscanner e non prenota, che clicca sulle opere d’arte che le piacciono e non le compra, che salva le pagine di selezione del personale e non manda il curriculum, che vive lontana dalla propria famiglia e dai propri amici, e che non vuole costruirsi nuove relazioni sociali”.
Stare all’estero non è più sinonimo di libertà per me. Non è più l’occasione per scoprire una nuova parte di me stessa e mettermi alla prova.
Ho voglia di non scappare più, e finché starò all’estero non mi sentirò mai abbastanza “stabile” per fare una vera vita da grande. Pensavo di morire a 32 anni.
La settimana scorsa mamma mi ha detto “Mettitea via, me sa che non te capita mina setto”.
E quindi è ora che la smetta di stare in bilico, in questa precarietà giustificata dal fatto di essere all’estero. E’ ora che accetti che l’unico luogo dove fare il nido per me rimane l’Italia.
Lo so che è difficile, lo so che non è un buon periodo, ma nel mio Paese sarà pur sempre più facile che altrove, no?
Lo so che dovrei sfruttare i pixel di questo blog per mandare messaggi positivi alle nuove generazioni, o per scatenare invidia a quelli che sono rimasti.
Dovrei raccontarmela. Cantarmela e suonarmela. Ma io voglio tornare a casa.
E per me, casa è l’Italia.
  Zan – zan. Come non cogliere l’occasione per ripubblicare una foto del 2015, una delle poche che mi sia mai venuta bene?
  “The greatest hits of Pooh” (un post di agosto)
Quando frequentavo il liceo era uscito questo album, dal titolo per noi ridicolo quanto impronunciabile: The greatest hits of Pooh.
Studiavamo inglese quattro, forse cinque ore alla settimana, eppure nessuna di noi riusciva a dire “the greatest hits” senza attorcigliarsi la lingua, scoppiare a ridere o fare una pernacchia con la bocca. Tra l’altro, non eravamo neanche troppo sicure del significato. “Ma non potevano chiamarlo The best? E’ pure più facile da pronunciare!”.
Dovevo ancora diventare quella cruschista pedante e trombona che tutti conoscono fin troppo bene e non mi ero messa a rimarcare che si potesse anche chiamarlo: i migliori successi, o il meglio di.
Ma a parte questo era l’insieme ridicolo di parole inglesi incomprensibili e impronunciabili e un gruppo musicale che per noi era collocato nel passato e nel folclore popolare da balera.
Per la nostra conoscenza (e saccenza) del mondo i Pooh stavano appena un gradino più in su nella scala dell’accettabile tra Raul Casadei e i Cugini di Campagna.
Io naturalmente un po’ mi vergognavo di dover avere pubblicamente quelle opinioni, perché io ai Pooh ho sempre voluto bene, è l’unico gruppo musicale mia madre abbia mai adorato (e chi conosce mia madre sa che la sua massima espressione di entusiasmo è un sorrisetto leggermente tirato agli angoli della bocca) e rappresentano anche la prova d’amore più grande di mio padre: accompagnarla ad un loro concerto quando aveva diciott’anni.
Nonostante la mia storia personale e familiare con i Pooh, non si poteva non trovare francamente comico il risultato del nome di un gruppo italianissimo, formato da veneti e lombardi che per autocelebrarsi sceglieva un titolo inglese (scioglilingua, peraltro!).
(Se non dovesse esistere questo titolo, o questo album, per favore non fatemelo notare, i ricordi stanno bene dove sono, li spolvero ogni tanto e poi li metto via piegati per bene).
Questo ampio cappello introduttivo ha due funzioni: scacciare i malintenzionati (“vabbè capirai chemmefregaammé dei Pooh“) e presentare il tema di questo post: il meglio.
Sarà perché non sono mai uscita veramente da un edificio scolastico da quando avevo un bellissimo grembiulino nero, la coda alta di lato, i denti davanti storti ed entravo spavalda in prima elementare, ma per me settembre è sempre stato un mese di inizi.
Tantissime cose belle della mia vita sono cominciate a settembre, e la cosa è anche abbastanza ovvia, visto che spesso si è trattato di nuove avventure professionali.
Sono stata combattuta qualche giorno su cosa scrivere come post di agosto (visto che ormai mi dedico al blog mensilmente… ma và, ma non è vero, ma chi voglio ingannare! Vengo qua tutti i giorni, scrivo, cancello, riscrivo, ci ripenso, poi dico: ma a chi vuoi che interessi? E lascio fiorire la gramigna tra i post): ma ecco il meglio.
Mi sono iscritta al master che volevo fare da sei anni.
E non potrei esserne più felice. (Chiusa aggiunta naturalmente ora)
  Un’altra foto a cui sono molto affezionata: la scattai il primo novembre 2015. Il giorno del mio ritorno dopo otto anni a Barcellona per studiare. Un’altra Spagna, un altro licenziamento. Sollievo e sensazione di fare la cosa giusta: gli stessi.
  I miei imperdibili consigli: cosa fare se non sai cosa fare (nello studio e nel lavoro). Un post di marzo.
Ampio cappello introduttivo
Mi chiedo cosa studiate a fare, perché passate anni sui libri, a fare esami all’università se poi il vostro sogno è venire in Australia a fare caffè? O vendere magliette in un negozio?
Quando mi pongo queste domande, arriva sempre l’espertone di turno a ribattermi: “Eh, ma è perché a diciott’anni uno non sa cosa vuole, è troppo presto per decidere cosa fare della propria vita. E allora uno si iscrive ad una facoltà così, un po’ a caso”.
Ammesso e non concesso che uno veramente si iscriva ad una facoltà “un po’ così, a caso”, e concesso che l’immaturità dei 18 anni (che invece dovrebbe essere l’età sancita dall’ordinamento vigente per considerarci responsabili delle nostre azioni, ma vabbé, vedendo come votate non credo siate del tutto responsabili delle vostre azioni neanche a 67, di anni) porti a fare scelte avventate, il mio vero cruccio è:
“Perché non conoscete abbastanza voi stessi?”
Vi fate mai delle domande? Vi chiedere mai cosa volete fare nella vita?
E con questo non parlo solo (ma anche, naturalmente) del lavoro, ma anche delle vostre qualità, dei vostri talenti, delle cose che vi vengono bene.
Vi fermate mai a chiedervi cosa potete fare? In cosa siete bravi?
Mi è capitato da quando sono qui di avere a che fare con molte persone, e siccome mi occupo di formazione, spesso si tratta di gente all’inizio della propria carriera. O meglio, ad essere precisi, è quello che mi aspettavo quando ho iniziato ad occuparmene. Di avere a che fare con giovani ancora acerbi che non sapevano bene come sarebbe stato il mondo del lavoro, e in che modo si sarebbe differenziato da quello della scuola.
E invece mi sono trovata davanti adulti fatti e finiti, con quattro decenni di vita alle spalle che mi guardavano con gli occhi spalancati e si auto-giustificavano: “Eh, sai, quando ho scelto Biologia non sapevo ancora cosa volevo veramente…“, “Eh sai, quando mi sono iscritta a Psicologia, e mi sono abilitata, ancora non avevo capito che poi avrei avuto veramente a che fare con i malati…“, “Eh sai, quando mi sono immatricolata a Lingue non sapevo che il mondo della traduzione pagasse così poco“.
Ma porca vacca, mi sembrate tutti usciti da una sessione di fumo con dei quindicenni molto ben riforniti.
Fine ampio cappello introduttivo
Quindi vorrei farvi capire il mio pensiero, se passate di qui, avete vent’anni e vorreste sbattere la testa contro un muro, (anche se per fare questo correrò il rischio di passare per la signora Palomar della situazione) e vi darò (così, a gratis! Ricordatevi che c’è gente che paga fior di quattrini per la mia presenza per poche ore nella propria vita, e voi vi potete stampare questo post al solo costo di pochi centesimi della carta che inserirete – e del commento grato che apporrete in calce-) delle mie imperdibili perle:
– L’università non è obbligatoria
(Caso 1: Non ti piace studiare, arrancavi al liceo, ti sembra tutto una grandissima perdita di tempo. Benissimo, non immatricolarti. Cerca un lavoro, anche di basso livello, anche come aiutante in un campo che ti piace. Fatti le ossa, metti da parte dei soldi. Magari tra qualche anno avrai scoperto un’abilità e ti verrà voglia di approfondirla a livello formale con una laurea, magari invece gli anni passati a fare pratica ti avranno dato accesso a certi lavori prima di altri. L’università non è obbligatoria.
Caso 2: Ti piace studiare, ma ti piacciono troppe cose. Vorresti approfondirle tutte. Bene, non immatricolarti. Durante l’estate lavora il più possibile (in bar, in villaggio vacanze, alla raccolta frutta, ripetizioni, baby sitter, quello che c’è) e metti da parte dei soldi. Parti. Fa’ un bel viaggio, dormi in posti impensabili, parla con le persone, fatti nuovi amici. Ti aiuterà a capire in cosa sei bravo e in cosa ti piacerebbe specializzarti. E’ molto meglio di iscriversi ad una facoltà che non ti convince e passare venti ore a rileggere la stessa pagina e un pensiero fisso in testa: “E se invece avessi fatto…?”)
– Conosci te stesso.
(Possibilità 1: Tortura i tuoi insegnanti, i tuoi amici, i tuoi genitori. Chiedi a tutti cosa pensano di te, in cosa eccelli secondo loro. Non chiedere “In quale lavoro mi vedresti bene?” perché difficilmente i tuoi genitori ti diranno qualcosa di diverso da: stesso lavoro che fanno loro o professione prestigiosa nelle loro teste – medico o avvocato, in genere-. Chiedi proprio: in cosa sono bravo? Per cosa i miei amici mi chiamano? “Dai vieni tu, che sei bravo a rompere il ghiaccio” potrebbe nascondere un talento da PR, chissà.
Possibilità 2: Fermati un momento, spegni il cellulare – si, ok, volevo dire: silenzia le notifiche – e domandati “In cosa sono bravo?”. Attenzione, la domanda è insidiosa, e bisogna distinguerla nettamente da altre due ancora più insidiose che sono “cosa mi piace?” e “che lavoro voglio fare?”. Perché si possono avere tante passioni, ma non è detto che queste possano garantire da vivere. Ad esempio a me piace molto parlare – infatti scrivere post di 457 righe non l’aveva svelato, ancora – ma non ho ancora trovato nessuno che mi paghi per farlo, e conosco uno che scrive delle bellissime poesie, ma prima di trovare un editore è campato sulle spalle di mamma e papà per circa quindici anni oltre l’età in cui era socialmente accettabile farlo. Anche “Che lavoro voglio fare?” è una domanda rischiosa, perché spesso la nostra opinione delle professioni è distorta dalla rappresentazione che ne danno i media, o che abbiamo visto nei film. Abbiamo una conoscenza solo parziale dei lavori che ci sono là fuori. Per dire, mia sorella voleva fare la psicologa perché Taylor di Beautiful era psicologa. E credo che molte delle sua generazione volessero fare le stiliste per la stessa ragione. Insomma, confrontati con te stesso, senza filtri.)
– Basta così.
Concludiamo con il consiglio di uno dei miei guru di quest’anno: il nipotino.
  Siate tutti a little wild in questo fantastico 2019!
(Anche se, quando finirete di leggere tutti i post sarà ormai il 2020…)
Auguri!
I post che non ho scritto nel 2018 I post che non ho scritto nel 2018 non sono finiti nel dimenticatoio, come i presentimenti brutti che poi non si sono realizzati dovrebbero naturalmente fare, bensì, come un rigurgito o un'acidità di stomaco dei primi giorni dell'anno vengono riproposti qui.
5 notes · View notes
filmowakrytyka · 2 years ago
Text
Czym jest surowa dieta
„Spożywanie przede wszystkim surowej żywności to łagodny, smaczny, zorientowany na naturę i stopniowy sposób na przywrócenie zdrowia” – Gabriel Cousins ​​M.D. Fragment książki Świadome odżywianie
„Aby być naprawdę zdrowym i zapewnić odpowiednią ochronę przed zagrożeniami środowiskowymi i zanieczyszczeniami, ważne jest, aby otrzymywać obfitość niezbędnych składników odżywczych z żywej, niegotowanej żywności i świeżych soków”. -Ann Wigmore zaczerpnięte z diety Hipokratesa
Raw Food Diet to czysta dieta wegetariańska składająca się głównie z surowych organicznych owoców, warzyw, orzechów i nasion. Żywność jest spożywana w jej naturalnym stanie i nie jest podgrzewana powyżej 118º F.
Dlaczego surowa żywność?
Kiedy jesz żywność w jej naturalnym stanie, wszystkie witaminy, minerały, enzymy, aminokwasy, niezbędne tłuszcze, składniki odżywcze, bioflawonoidy i hormony roślinne pozostają nienaruszone i gotowe do przyswojenia przez organizm.
Lekarze zalecają co najmniej 9 porcji owoców i warzyw dziennie dla optymalnego zdrowia; surowa dieta idzie o krok dalej, zwiększając spożycie niesamowitych substancji promujących zdrowie, które znajdują się w świeżych produktach.
Oto tylko kilka substancji leczniczych występujących w świeżych produktach, a naukowcy cały czas odkrywają nowe.
Bioflawanoidy- naturalnie występujące związki roślinne, które działają: przeciwutleniająco, antymutagennie, przeciwnowotworowo, przeciwstarzeniowo oraz promują strukturę i funkcje w układzie krążenia.
Fitoskładniki - skoncentrowane w skórce wielu owoców i warzyw. Silne przeciwutleniacze, które mogą neutralizować uszkodzenia spowodowane przez wolne rodniki. Wolne rodniki to wysoce reaktywne substancje chemiczne, które mogą prowadzić do przedwczesnego starzenia się i chorób.
Dlaczego nie gotować jedzenia?
Różnorodne badania wykazały, że gotowanie żywności w temperaturze powyżej 118º F i wyższej:
Niszczy dobry procent wrażliwych na ciepło składników odżywczych
Niszczy wartość odżywczą tłuszczu, a gotowany tłuszcz zawiera substancje rakotwórcze i wolne rodniki
Zmienia białka w substancje, które zakłócają funkcje komórkowe i przyspieszają chorobę i proces starzenia
Tworzy formację akryloamidu, który, jak wykazano, powoduje raka w testach na zwierzętach i jest toksyczny dla układu nerwowego zarówno ludzi, jak i zwierząt
Akrylamid jest szczególnie obecny w gotowanych produktach skrobiowych, takich jak zboża i ziemniaki.
Jakie są zalety diety surowej żywności?
Wiele osób odkryło, że na diecie składającej się głównie z surowej żywności:*
Zwiększa się ich poziom energii i mają większą wytrzymałość
W naturalny sposób normalizują się do idealnej masy ciała
Ich skóra staje się jaśniejsza i często zaczynają wyglądać młodziej
Wzrasta ich czujność umysłowa
Zmniejszają zapotrzebowanie na sen o co najmniej godzinę
Poprawia się ich trawienie i stają się „regularne”
Dostają mniej przeziębień i grypy niż ogół populacji
Wiele osób zauważyło również poprawę w przewlekłych schorzeniach, takich jak astma, chroniczne zmęczenie, fibromialgia, toczeń i inne zaburzenia autoimmunologiczne. Nawet jeśli zdecydujesz się nie jeść całkowicie surowej diety, zauważysz pozytywne zmiany po prostu dodając do swojej diety więcej surowych organicznych owoców i warzyw.
* Te stwierdzenia pochodzą z niepotwierdzonych dowodów i nie zostały ocenione przez FDA. Zanim rozpoczniesz nową dietę, skonsultuj się z lekarzem.
Co jesz?
Zazwyczaj większość osób na diecie surowej żywności spożywa na śniadanie świeże organiczne owoce, koktajle owocowe lub soki warzywne. Na lunch mogą zjeść więcej owoców lub danie warzywne, takie jak sałatka lub zupa mieszana. Na obiad mogą zjeść dużą sałatkę z kremowym dressingiem na bazie orzechów lub nasion albo awokado. Kiedy już nauczysz się przygotowywać surowe jedzenie, możesz przyrządzać surowe potrawy, takie jak surowa pizza, surowa lasagne, surowe spaghetti, surowe krakersy, surowe pasztety z orzechami lub nasionami, surowe tacos, mieszane surowe zupy... (itd.) Przy odrobinie kreatywności i odpowiednich narzędzi kuchennych możliwości są nieograniczone. Aby zacząć od razu, po prostu zacznij dodawać więcej świeżych owoców i warzyw do swojej rutyny. Dodaj koktajl lub kawałek owocu do śniadania i dużą sałatkę do obiadu i kolacji. Przekąski na świeże organiczne owoce, paluszki warzywne, suszone owoce w niskiej temperaturze lub garść surowych organicznych orzechów i nasion.
Sprawdź więcej na https://www.green-seeds.pl/
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Pensavo che oggi fosse l'ultima domenica d'estate, invece è la prima di autunno. Siamo avanti di dieci giorni, la spiaggia era deserta di mattina, i turisti sono quasi tutti partiti durante la scorsa settimana, si sente occasionalmente un accento del Nord. Siamo rimasti solo gli oriundi, i vecchietti che giocano a briscola e le famiglie. Nessuno ha portato da mangiare le lasagne e lo "zipangolo". Cala pesante un senso di tristezza. La coperta è gelata e l'estate è finita. L'anello resterà sulla spiaggia. #lestateèfinita https://www.instagram.com/p/CTJqJiDopwB/?utm_medium=tumblr
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@ig_italia 🇮🇹🤌 italia
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#italia #pasta
#Buongiorno ragazzi, dove e quando nasce la pasta?
Per rispondere a questa domanda bisogna partire dal fatto che per lungo tempo il modello alimentare della penisola si basava sul binomio carne–verdura, fino a quando nel 1630 a Napoli, sotto gli Spagnoli durante la grave crisi economica e sociale di quel periodo, vi fu lo svuotamento delle campagne e la concentrazione demografica in città, aumentando la grande carestia e portando la popolazione alla fame. Negli angoli delle strade spuntarono i primi cosiddetti “food track” ovvero i cucina spaghetti, dove la gente poteva sfamarsi.
Sempre all'ombra del Vesuvio, nel 1800, inizia il matrimonio tra spaghetti (o vermicelli) e la salsa al pomodoro, prima infatti la pasta veniva condita con grasso di maiale e formaggio.
Ma forme di pasta le ritroviamo anche nei secoli precedenti, dalle lagane prime sfoglie di pasta lavorate in epoca greco-romana simili a lasagne che venivano farcite con carne e cotte al forno, alla vera rivoluzione della pasta secca nel Medioevo, intorno al 1100, grazie alla tecnica di essiccazione introdotta dagli arabi in Sicilia per poter commercializzare i primi “spaghetti legati” in Liguria e Campania.
Possiamo dire che la pasta secca industriale, nasce in Sicilia grazie agli arabi nel Medioevo, ma piano piano risale la penisola, diventando pietanza di massa a Napoli, per poi essere esportata in tutto il mondo.
Noi ve ne proponiamo dieci a voi la scelta.
1. @angy.r_ a Bari Vecchia
2. @gabriellapozzi a Boccadasse
3. @osteria_da_fortunata_official a Roma
4. @elenamonteleone a Riomaggiore
5. @sciuralella nel Salento (amore passa
6. @ilmiopiattoacolori a Milano
7. @priiscillaguerra a Moncalieri video
8. @midivertoacucinare nel Salento
9. @thegingerwanderlust a Roma
10. @angi_polkadot in Puglia
#ig_italia #mediterraneo
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cuoco-celestino · 5 years ago
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Buongiorno a tutti e buona domenica amici!!! Sì lo so, vi starete chiedendo cosa ci stó facendo con un piatto di lasagne in mano alle dieci di mattina 😅 ma, a parte che come diceva il mio grande Babbo "bisogna avviarsi in tempo per mangiare quando è ora!", trattasi di ennesimo mio esperimento culinario! L'ho fatto, lo assaggio con la mia famiglia, e se supera l'esame lo propongo nel nostro #ristorante e vi dico la ricetta e il nome! Continuate a seguirmi mi raccomando! 😉👍🏻👋🏻 . #cuococelestino #ristorantelapineta #lapinetahotel #cucina #cucinare #primopiatto #novità #lasagne #lasagnealforno #esperimentiincucina #cibo #food #foodblogger #amocucinare #amoilmiolavoro #quantoamoilmiolavoro #statepronti #staytuned #vamos #avantitutta (presso La Pineta Hotel Ristorante) https://www.instagram.com/p/B2bLRsUl5Mt/?igshid=ot2xib8boj59
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OBIADY NA SZYBKO Z MAKARONU
Często brakuje nam pomysłów na szybki obiad. W takich sytuacjach przeważnie zamawiamy pizzę, lub inne fast foody. One mogą nas nasycić ale najczęściej tylko na chwilę i oczywiście nie zastąpią nam pełnowartościowego posiłku. Jeżeli nie mamy czasu na gotowanie wykwintnych dań a musimy coś przygotować dla siebie do pracy lub dzieci, które wyjątkowo szybko wróciły ze szkoły i pytają, kiedy będzie obiad mamy na to doskonałe rozwiązanie! Znane i uwielbiane na całym świecie makarony doskonale się sprawdzą w w każdej sytuacji.
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MAKARON NIE TYLKO PYSZNY, ALE I ZDROWY
Świderki, spaghetti, kokardki, lasagne - cała gama makaronów, zdrowe, pyszne i jak wiele można z nich przyrządzić. Tradycyjny sos pomidorowy możemy zastąpić serkami homogenizowanymi, które można rozpuścić i przyprawić. W taki sposób mamy pyszny dodatek do naszego makaronu. Grzyby, zioła, mięsa - je również możemy dodać do naszych potraw. Makarony będą również doskonałym składnikiem sałatek, zapiekanek, zup, itd. Osoby na diecie często wmawiają nam, że są one bardzo kaloryczne i tuczą. Lecz popatrzmy, ile posiadają zdrowych węglowodanów. To one dostarczają naszemu organizmowi energię. Sprawiają, że nasze mięśnie i mózg prawidłowo działają. Makaron jest  źródłem witamin B1 i B6, PP,  kwas foliowego, żelaza, cynku i magnezu - pierwiastka  chroniącego  nas przed negatywnymi skutkami stresu a także zmniejszającego chęć na słodycze. Przyrządzenie makaronu zajmuje krótką chwilę, a niesie ze sobą wiele pozytywnych korzyści. Obecnie na rynku występuje aż 16 rodzajów tego smakołyku, więc z pewnością każdy znajdzie odpowiedni dla siebie.
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DZIECI
Jeżeli myślisz o wprowadzeniu do diety twojego dziecka makaronu nie wahaj się. Wbrew powszechnym przekonaniom większość dzieci go uwielbia i zjada ze smakiem każde danie przygotowane przez mamę. Różne kształty np. literki czy wzroki zachęcają nasze pociechy do spróbowania tego przysmaku. Możemy również go zabarwić, dekorować nim potrawy czy też nadziewać. Zachęćmy nasze maluchy do pomocy i zabawy przez wspólne gotowanie. Szczęśliwe dziecko to najczęściej niestety ubrudzone dziecko, o czym większość rodziców się zapewne nie raz przekonało.
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goodbearblind · 7 years ago
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Finalmente Veggy - Olmo E' di questi giorni l'uscita a livello internazionale del nuovo cornetto vegano dell'Algida (azienda della Unilever). Finalmente dopo tante attese esce il gelato succoso anche per i vegani. Un passo avanti per le multinazionali dello sfruttamento, dieci passi indietro per l'umanità. Visto che sto già leggendo apprezzamenti orgasmici sul nuovo gelatoveg, alcune informazioni sul colosso che lo fabbrica e lo distribuisce. La lotta per la liberazione totale parte combattendo proprio coloro che la vogliono privare della spinta rivoluzionaria, riducendola a insulto dietetico, modaiolo e etichettandola come conforme a una società che ci annienta sempre di più. L'antispecismo non si riconosce e mai si riconoscerà nelle istanze fasciste di colossi che non solo sfruttano ma manipolano e lobotomizzano. Non crediate che un gelato per definizione sia un prodotto innocente, anzi, come tutti i prodotti della grande distribuzione esso gronda sangue di esseri viventi. La mercificazione va combattuta sempre, di qualsiasi colore, rossa, blu o verdeveg che sia. Una sola lotta: liberazione animale, umana e della terra, il resto è oppressione. STORIA DI UNILEVER "Unilever nasce nel 1930 dalla fusione di due società, l'inglese Lever Brothers e l'olandese Margarin Unie. Gli anni trascorsi tra il 1930 e i giorni nostri hanno visto questa azienda protagonista di un'ascesa ed un'espansione che l'hanno resa una tra le multinazionali più potenti sul mercato. Oggi Unilever può contare su un ventaglio di marche (nel campo dell'alimentazione, bevande, prodotti per l'igiene e per la casa) in tutto il mondo, molte delle quali dominanti nei loro settori di vendita. È presente in 90 paesi con 200 filiali e si presenta come il gruppo più importante nel settore dei beni di largo consumo. Oggi la multinazionale alimentare e chimica è presente in 75 paesi. Fattura 100.000 miliardi di dollari e impiega 300.000 persone. PRODOTTI La Unilever Italia occupa il primo posto tra le imprese alimentari italiane (opera attraverso cinque società "autonome" che fanno capo a Unilever Italia s.p.a. e sono Sagit, Lever Fabergè, Van Den Berg, Calvin Klein Cosmetics, Diversey), è azienda leader nel mercato degli oli d'oliva, dei surgelati, del tè, delle margarine e dei gelati. Inoltre, è il più grande commerciante al mondo di the di cui è anche un grande produttore attraverso la propria filiale Brooke Bond. Oggi è presente nei mercati di tutto il mondo con i seguenti prodotti: • DETERSIVI: Coccolino, Omo, Bio Presto, Svelto, Vim, Cif, Lysoform, Surf • SAPONETTE: Lux, Dove, Rexona • SPAZZOLINI: Gibbs • DENTIFRICI: Durban's, Benefit, lose-up Pepsodent, Mentadent • CREME: Leocrema, Cutex • SHAMPOO: Clear, Elidor, Axe, Denim, Dimension, Dove, Timotei • COSMETICI: Atkinson • PROFUMI: Fabergè, Brut 33 • ALIMENTARI: Milkana, Gradina, Rama, Maya • MARMELLATA: Althea • GELATI: Algida (Toh, il cornetto vegan!), Carte d'Or, Eldorado, Magnum, Solero, Sorbetteria di Ranieri • SURGELATI: Findus, Genepesca, Igloo • OLIO: Bertolli, Dante, Friol, Maya • MAIONESE: Calve', Mayo', Top down • TE' : Lipton, TE' ati PARADISI FISCALI Secondo il Rapporto annuale 2009 Unilever, la società ha filiali nei seguenti paesi: Andorra, Antigua, Bahamas, Barbados, Belize, Bahrain, Brunei, Costa Rica, Cipro, Dominica, Grenada, Guatemala, Hong Kong, Irlanda, Liberia, Lussemburgo, Malta, Isole Marshall, Mauritius, Monaco, Antille Olandesi, Panama, Filippine, Samoa, San Marino, Seychelles, Singapore, St Lucia, St Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Tonga, Uruguay e Vanuatu. In questi paesi compra letteralmente il silenzio dei funzionari amministrativi. PRODOTTI GENETICAMENTE MODIFICATI E GELATI La multinazionale Unilever, che controlla oltre il 60% del mercato italiano del gelato confezionato, vuole lanciare in Italia il “gelato al merluzzo” o meglio alla proteina artificiale copiata con la bioingegneria dal ´macrozoarces americanus´, una specie di merluzzo che vive nelle acque atlantiche più fredde. L’intento di Unilever è quello di abbassare così la temperatura a cui si formano i cristalli di ghiaccio e realizzare gelati con forme più complicate e più “gradevoli” alla vista, soprattutto dei bambini. Unilever ha affermato che una miscela solida potrebbe essere creata e usata, che mantiene la forma delineata senza l'uso eccessivo di grassi e crema. La richiesta di utilizzare la tecnologia era stata presentata alla Food Standards Agency, e Unilever ha detto che la tecnologia è stata già precedentemente messa in atto negli Stati Uniti come in altre parti del mondo. Nell'ottobre 2015 Ethical Consumer ha scritto ai vertici Unilever allegando un questionario che comprendeva una domanda sull’uso o meno di una politica di modificazione genetica. L'azienda ha risposto che "Riconosciamo che l'opinione pubblica sulle biotecnologie, come ad esempio l'uso di ingredienti geneticamente modificati negli alimenti, è ancora in evoluzione e che il dibattito e il consenso dell'opinione pubblica stessa è in fasi diverse in differenti regioni del mondo. Le nostre aziende sono libere di usare ingredienti derivati da semi geneticamente modificati, che sono stati approvati dalle autorità di regolamentazione e che soddisfano i nostri standard di qualità e accettabilità’’. Secondo le guide che si occupano di boicottare le multinazionali che devastano l'ambiente i seguenti prodotti sono stati classificati con il rating negativo applicato a "prodotti alimentari che contengono ingredienti geneticamente modificati o essere derivati da animali nutriti con colture geneticamente modificate": Pepperami, ragù bianco sugo lasagne, Ben & Jerry gelato, Magnum, Solero, algida (Toh, il cornetto vegan!) Pollo Salse Stasera reamy, Minimilk, Bovril, Elmlea, maionese Hellman, e brodo di pollo Knorr, prosciutto salsa cremosa salsa olandese salsa, e il prezzemolo. IL THE Unilever, con la consociata Brooke Bond (proprio quella che si occupa del marchio Lipton) coltiva tè in paesi come l'India, il Kenya, la Tanzania, Malawi e lo Zaire per una superficie globale di circa 17'000 ettari. Le critiche vanno alle condizioni più che misere dei lavoratori come pure ai salari da fame che percepiscono, nessuna possibilità di sindacati e continue vessazioni e intimidazioni alle famiglie dei lavoratori. La produzione di tè nello Sri Lanka è cominciata verso la fine del secolo scorso, quando Lipton comperò 10'000 ettari di terra. La popolazione locale si rifiutò di lavorare in quelle piantagioni così Lipton assunse lavoratori Tamil dal sud dell'India. Ma le popolazioni Tamil non sono viste di buon occhio da quelle cingalesi. Cominciarono così tutta una serie di guerre civili tra forze governative e le cosiddette " tigri di liberazione Tamil ". Sono circa mezzo milione i Tamil che lavorano oggi nelle piantagioni della Unilever, senza diritti politici, senza patria, al limite della soglia di povertà, emarginati dal governo cingalese, come ogni minoranza etnica e non del resto. La tragica situazione dello Sri Lanka affonda le sue radici nel periodo coloniale, in cui la coltivazione del tè ha creato ingiustizie strutturali che permangono tutt'ora : il tè Lipton rimane la memoria e il simbolo di queste ingiustizie. RITORSIONE SUI LAVORATORI Unilever ha filiali in paesi con regimi oppressivi come il Brasile, la Colombia, l'Egitto, l'El Salvador, il Guatemala, Honduras, l'India, l'Indonesia, il Kenya, il Messico, il Marocco, il Perù, le Filippine, il Senegal, lo Sri Lanka, la Turchia e l 'Uganda. Unilever è uno dei massimi responsabili delle gravi condizioni in cui versano milioni di contadini del sud del mondo (milioni non centinaia!) perchè i suoi metodi commerciali, totalmente ispirati ad una logica di profitto terrificante, non garantiscono guadagni dignitosi. La violenza dell'Unilever è ormai nota a livello mondiale. Secondo il sindacato internazionale dei lavoratori, la controllata Brooke Bond continua a strappare ingenti profitti dalla sua piantagione keniota Sulmac, la più grande del mondo, ove impiega oltre 5000 lavoratori a tempo pieno. Le condizioni di lavoro sono state definite "da manuale del colonialismo". Secondo il rapporto 2005 di ActionAid 'Power Hungry’ i vertici Unilever sono stati complici di lavoro minorile in Andhra Pradesh, in India. La pubblicazione ha dichiarato che ci sono stati 82.875 i bambini impiegati in aziende agricole di semi di cotone nello stato Indiano meridionale nel 2003-2004 - e che 12.375 dei bambini ha lavorato in aziende multinazionali come la fornitura di Unilever. Il rapporto sostiene che molti erano bambini lavoratori sotto i 10 anni, l'85% erano ragazze, e avevano un salario medio giornaliero di 14-25 rupie. Molti sono stati gli immigrati che sono stati venduti in schiavitù per debiti. I bambini erano soliti subire l’impollinazione incrociata di fiori di cotone a mano per un massimo di 13 ore al giorno, e nel processo sono stati esposti a effetti di pesticidi tossici. Dormitori comuni allocati in piccole capanne erano l’alloggio più usuale, ove si lamentava mal di testa, nausea e convulsioni dovuti alle sostanze chimiche inalate. Unilever (la mamma di Algida), in Indonesia, Malawi e Kenya, è stato accusato di assumere personale con un contratto temporaneo il che comporta un peggioramento della paga e una diminuzione dei diritti fondamentali, per esempio accesso alle cure mediche. Unilever è responsabile del 70% delle esportazioni di tè indonesiano, ed è stato dichiarato "altamente probabile" che l'azienda influenzi i prezzi nella regione in stile militarista. INQUINAMENTO La compagnia è stata multata innumerevoli volte a causa del rilascio di 50 tonnellate di acido solforico concentrato dalla sua fabbrica Crossfield Chemicals a Warrington (Gran Bretagna). Secondo il Registro dell'Autorità Nazionale dei Fiumi, nel periodo Gennaio-Marzo 1991 la compagnia ha superato gli scarichi consentiti tre o più volte. Inoltre, tra l'1-9-1989 e il 31-8-1991 la compagnia fu dichiarata colpevole di inquinamento delle acque in superficie e delle falde acquifere. Unilever è stata accusata nel 2008 da varie associazioni ambientaliste per avere contribuito alla deforestazione della foresta pluviale indonesiana acquistando olio di palma da fornitori che devastavano l'ambiente. L'azienda ha risposto rivelando i suoi obiettivi di acquisto di olio di palma da fornitori certificati entro il 2017 (certo vi crediamo fiduciosi). In India la filiale di Unilever Hindustan Lever è stata accusata di inquinamento ambientale in una zona protetta del sud del paese per avere abusivamente scaricato scarti tossici di mercurio derivanti dalla produzione di termometri. TEST ANIMALI Quasi tutti i cosmetici della Unilever sono testati sugli animali (dico quasi tutti perchè parliamo di più del 90 per cento). Unilever era su una lista di aziende che testano i propri prodotti sugli animali come, per esempio, prodotti di igiene intima e prodotti per la casa che sono stati testati su cavie anche se non richiesto dalla legge. L'edizione 2014 del Bollettino ‘’Uncaged Campagne’’ dichiarava che vivisettori da Unilever siano stati coinvolti nel 'sacrificio' di centinaia di topi in un ripetersi di test d’avvelenamento utilizzando ingredienti chimici quali butilparaben e metilparaben. Le sostanze chimiche coinvolte vengono somministrate agli animali come '’cibo di tutti i giorni’’, effettuando il prelievo di campioni di sangue con un metodo chiamato '’emorragia retro-orbitale’'. Si tratta di una procedura estrema che coinvolge la puntura della cavità oculare. Secondo l'articolo, non vi è stata applicata condanna alcuna per questo metodo d’esaminazione, avvallando dunque l'estrema brutalità di questo test. Nel Febbraio 1992 Earth First lanciò il boicottaggio della Unilever e dei suoi prodotti dietetici integrali, alla luce dei test sugli animali e del comportamento globale verso l'ambiente. Secondo un comunicato stampa della Humane Society degli Stati Uniti, del 23 agosto 2009, una campagna era stata lanciata per chiedere a 'Ben & Jerry', di proprieta’ Unilever, di smettere l’uso di uova provenienti da allevamenti di pollame in batteria per produrre il proprio gelato. La società assicurò di effettuare tale modifica e passare a uova di galline ruspanti (la barzelletta nella tragedia)." Per concludere in maniera faticosamente leggera (quando si affrontano argomenti dove si parla di aziende che disintegrano l'ecosistema, uccidono e utilizzano la tortura per aumentare i loro profitti, è difficile chiudere con leggerezza) fare il gelato (senza latte e uova) in casa richiede circa trenta minuti. Ma se utilizzate la domenica per fare il gelato, privandovi per una volta della gita all'outlet, allora in 3 ore riempite il frigorifero di gelati per un mese. Fate felici voi, i vostri figli, la vostra nonna, la bisnonna, la vostra o vostro o altro compagn* e evitate così di foraggiare la guerra (perchè di questo si tratta, guerra). Il gelataio pazzo
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