#detti romani
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Mi dissero che avevo inventato una "mitologia di me". Ne inventerò ancora, ma non so come dislocare dai miei miti l'attesa dei "trapizzini" romani. Il mio passaggio nei luoghi è fatto di incolmabili lacune, di non detti che appaiono come scherzi. Se mi specchio nella pozzanghera, la pioggia in essa fa il percorso inverso. È così che tornano in cielo tutte le anime, quando Dio guarda il mondo.
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Il settembre degli antichi Romani
Il mese di settembre nell’antica Roma era importante per due ragioni, la fine della raccolta dell’uva e i ludi romani o Magni, anche se in questo mese si festeggiavano i Ludi Fatali e i Ludi Trionfali. I Ludi Magni, detti anche Ludi Romani, erano i giochi pubblici dedicati a Giove che si svolgevano dal 4 al 19 settembre,la loro location era il Circo Massimo ed in occasione di questo evento erano inscenate delle tragedie teatrali ispirate a quelle greche. Questa festa era molto sentita dalla cittadinanza al punto che, come avveniva in Grecia, la presenza del popolo era fondamentale. La festività iniziava il 4 settembre con i Ludi Scenici, spettacoli teatrali portati a Roma soltanto nel 300 a.C. introdotti per la prima volta per rendere omaggio agli dei e placare la loro ira che era stata ritenuta la causa di una pestilenza che aveva colpito la città. Dall’Etruria provenivano i ballerini che si esibivano accompagnati da un flauto e duravano fino al 13 settembre, quando veniva festeggiato l’anniversario del tempio Ottimo Massimo sul Campidoglio insieme all’Epulum Iovis, un banchetto cui erano invitati anche gli dei a partecipare, le cui statue erano disposte su dei letti accanto ai tavoli dei presenti. Il momento più atteso dei giochi erano i Ludi Circenses del 15 settembre che si aprivano con una processione che attraversava il foro per raggiungere il tempio di Giove del Circo Massimo dove si svolgevano poi i giochi e li venivano svolti dei sacrifici in onore degli dei, con buoi uccisi e offerti a Giove. Secondo Eutropio, i Ludi furono istituiti da Tarquinio Prisco e, per Tito Livio, dopo la conquista di una cittadina presso Albano laziale, ma Dionigi di Alicarnasso e Cicerone indicano la loro istituzione dopo la vittoria dei Romani sui Latini presso il Lago Regillo nel V secolo a.C. Dal 347 a.C. i Ludi vennero organizzati dagli aediles curules, cioè dai magistrati patrizi, con giochi come pancrazio, corsa, pugilato, lancio del giavellotto, lancio del peso, lancio del disco, corse equestri. I ludi hanno avuti differenti significati, a seconda di ogni celebrazione, per esempio c’erano ludi trionfali e ludi funerari, ma anche per la celebrazione di un tempio dedicato ad una divinità, oltre ai ludi gladiatorii, le venationes (caccia e uccisione di animali selvatici nell’arena) e i ludi scaenici (commedie, tragedie e musica). Il 20 settembre era la festa del giorno della nascita di Romolo, il cui tempio venne costruito come vestibolo di accesso al Tempio della Pace, considerando il fondatore della città come colui che portò gloria e pace a Roma e per questo venne divinizzato sin dai tempi della monarchia. Poi il 23 settembre si celebrava la nascita di Augusto imperatore al Tempio dedicato ad Apollo in Campo Marzio, risalente al 431 a.C. e costruito per ringraziare il dio di aver posto fina ad una epidemia che aveva colpito la città. Read the full article
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In giro per Roma e per Instagram con Marco D'Eusebi / @azzykky, divulgatore e creator digitale.
Curiosità in movimento!
Ad aprile ce ne andiamo metaforicamente in giro per la città con Gian Marco D'Eusebi, il divulgatore e creator digitale conosciuto sui social come @azzykky che ci racconterà delle vere chicche sulla storia, i luoghi, i detti popolari, i personaggi e le leggende di Roma.
Il 21 aprile (sì, il giorno del Natale di Roma!) a colazione apriamo gli occhi sugli angoli nascosti della capitale. Molto meglio di una lezione di storia alla prima ora.
La cultura può passare dai social media? Con azzykky succede. Il suo format semplice e immediato è un successo proprio per la sua portata informativa: Gian Marco riesce a svelare i segreti della città eterna mentre si muove con smartphone alla mano e, letteralmente, fa della strada il suo campo di ricerca. Si pone domande e cerca risposte, scavando nei secoli: “Chi sono i romani più famosi? Tizio, Caio e Sempronio.” o ancora “Perché si dice i sorci verdi?”, e “Quali sono i monti di Monti?”.
Venite a guardare la città da una nuova prospettiva!
Prenotate subito il vostro biglietto gratuito qui https://creativemornings.com/talks/azzykky
CI VEDIAMO IL 21 APRILE A COLAZIONE!
DOVE - ★ That's Hall Via dei Reti, 23 - San Lorenzo
QUANDO - Venerdì 21 aprile dalle 08:30 alle 10:00
MAIN PARTNER - ★ Media Tools
LOCAL PARTNER - ★ Zolle ★ That's Hall ★ Made in Tomorrow srl ★ Istituto Dell'Intrattenimento
★ Elleci pubblicità e comunicazione
GLOBAL PARTNERS - ★ Intuit Mailchimp
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Ricordo di Foucault, un irregolare oltre la contestazione
Conobbi Michel Foucault a Parigi nel 1978. Scrissi di lui su l'Unità. Dopo di che ci fu tra di noi un lungo e approfondito colloquio da cui venne fuori un libro ('Colloqui con Foucault', prima edizione ed. 10/17, nel 1982 e successivamente, nel 1998, editore Castelvecchi) che ancora oggi fa testo come sua autobiografia intellettuale. Di Foucault, in seguito, non mi sono più occupato. Una decina di anni fa (4. 08. 2006) commentai così sul 'Giornale' una antologia di saggi a lui dedicati:
"...Un lucido avversario della tradizione filosofica occidentale - col primato della «coscienza» e della «ragione»: da Socrate, per intenderci, fino a Kant ed Hegel - quale fu Michel Foucault (1926-1988) non poteva non incontrare e privilegiare nella sua accanita riflessione il tema misterioso e sempre attuale della «follìa», come alter ego di ogni sistema di pensiero e suo indicibile «al di là».
A quasi ventanni dalla scomparsa prematura di questo singolare esponente del cosiddetto «strutturalismo francese» (altri esponenti furono Louis Althusser e Jacques Lacan) due studiosi italiani ripropongono ancora oggi con evidente simpatia gli argomenti e gli scritti che portarono il pensatore dopo il 68 ad affiancare con le sue tesi la convulsa contestazione delle istituzioni psichiatriche (ma anche cliniche, carcerarie, ed altro) e lo fecero applaudire come indiscusso guru ideologico della sinistra radicale (Michel Foucault, Follia e Psichiatria. Detti e scritti 1957-1984, prefazione di Mauro Bertani e Pier Aldo Rovatti, Cortina, pagg. 280, euro 25,50).
Eppure Foucault non si riconobbe mai in pieno nella veste dellintellettuale impegnato «a sinistra», per quanto la sua posizione di pensiero lo facesse apparire come il mentore di un libertarismo senza confini tanto sul piano dei costumi (la morale sessuale, eccetera) che su quello degli ordinamenti (lo Stato, i sistemi di governo).
La raccolta di testi e interviste rilasciate nellarco di un trentennio (dalle riflessioni sui limiti di Freud e sull«analitica esistenziale» di Binswanger alle ricognizioni sulle strutture del «sapere-potere» nel governo delle società moderne) ci restituiscono piuttosto limmagine di un irregolare della cultura che nellEuropa della Guerra fredda ebbe tra laltro il merito di mettere in questione proprio un luogo comune principe della ideologia «di sinistra» (riguardo alla concezione marxista e classista come «verità interna» della storia umana).
La storica e irrisolta questione della malattia mentale (da sempre una vera e propria bestia nera per la scienza moderna nella sua pretesa di rispondere integralmente alla domanda di conoscenza) diventava però per Foucault il grimaldello critico onde rilanciare la nota idea irrazionalista (ripresa pari pari da Nietzsche) secondo cui non si dà nel mondo altra «verità» oltre gli effetti di potere che una forma di cultura (pensiero e linguaggio) storicamente realizza.
Di qui a considerare la istituzione psichiatrica (il manicomio) come metafora del funzionamento di un intero sistema sociale (e del «sapere-potere» che lo informa) il passo era brevissimo. Michel Foucault lo percorse fino in fondo, in una sorta di «contro-sociologia» della cultura occidentale (dai Greci e i Romani fino ai tempi nostri) considerata più o meno come la maschera dei rapporti effettuali di potere che distinguono gli uomini, i gruppi sociali, le differenze sessuali, i «folli» e i «normali», eccetera.
Foucault si mosse così sulla strada irrazionalista già aperta dai principali «filosofi del sospetto» (Marx, Nietzsche e Freud) allo scopo di mettere in soffitta oltre alla metafisica di un Dio-creatore anche quella dellUomo-creatura e per ciò titolare della «coscienza» e del soggetto pensante.
In questa forzatura radicale del pensiero che «pensa contro la coscienza» (sottraendosi al suo stesso fondamento: fine del principio di realtà) Foucault perveniva per ciò a considerare il malato di mente come «ribelle del reale» ed utile cartina di tornasole per la comprensione autentica del mondo storico e della «cultura». Della follia come problema clinico, cioè come male da curare, al nostro filosofo «contro - ragione» (epigono tanto di Nietzsche quanto di Heidegger e del libertinismo surrealista francese) importava di conseguenza poco o nulla.
Diversamente da come la pensano gli autori dellantologia dei suoi scritti, secondo cui il pensatore sarebbe invece entrato in relazione addirittura «compassionevole» e di «amicizia» col mondo dei folli. Ma pretendere di individuare le tracce di una simile pietas è patente fin troppo lusinghiera per il disperato positivismo antiumanista di chi come Foucault sosteneva di pensare «nel vuoto dellUomo scomparso» considerando questultimo nientaltro che un «prodotto del potere» piuttosto che il «soggetto» di valori universali, innati e più o meno trascendenti.
Tutte le reazioni:
2Lorenza Foschini e Raffaele G. Gorgoni
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Aforismi Romani
~ screen miei
#Roma#aforismi#aforisticamente#amor#cittaeterna#eternity#detti#aforismiromani#romani#dialetto#pasta#food#80s#aestehtic#mood#my thinking#mine#photo#frasi roma#me#anime#young#art
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La solitudine t'ammazza lentamente e non permette a nessuno di salvarti
bellodastarmale
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“ Sant'Agostino è un santo che fu letto molto, ma, come per tutti i grandi scrittori, ci rimane sempre qualche cosa di non letto bene o interamente. Nella Città di Dio (Libro I, cc. 30-32) egli svolge un pensiero molto curioso per un cristiano: la giustificazione della guerra come stimolo morale. Un pensiero che sarebbe assai strano oggi per un «obiettore di coscienza». Tutti sanno che sant'Agostino scrisse questo suo magnum opus sotto l'impressione della caduta di Roma per mano dei barbari e con l'intenzione di dimostrare che questa caduta non era dovuta alla propagazione del cristianesimo, come sostenevano i residui pagani, bensì alla intrinseca immoralità della vita pagana che conduceva ad una vita di dissolutezza. Ma in questa polemica ecco sant'Agostino far causa comune con un grande pagano, Publio Scipione Nasica. In parte è un errore storico che egli commette, perché attribuisce ad un solo personaggio di questo nome le azioni e i detti di due membri della stessa famiglia. Questo mitico Nasica, secondo sant'Agostino, fu considerato dai pagani come il loro miglior uomo (per decreto del Senato) e chiamato a dare consiglio ai Romani nell'ora della grande decisione di distruggere o di lasciar sopravvivere Cartagine, la nemica mortale di Roma (quello che sarebbe Mosca per gli Stati Uniti, se gli Stati Uniti riuscissero a vincere la Russia). Premesse queste brevi spiegazioni, qual è il pensiero di sant'Agostino? Che Nasica aveva ragione di non voler distrutta Cartagine, perché, una volta tolto il nemico, il popolo di Roma non avrebbe domandato altro che di godersi la vita; ossia la pace avrebbe snervato e portato alla rovina quel grande popolo. Leggiamolo insieme (con parole mie di spiegazione fra parentesi): «E questo popolo [di Roma] divenne avaro e libertino appunto in causa della prospera fortuna [Welfare State, traduco io] dalla quale quel Nasica con molta previdenza credeva bene che dovesse guardarsi, quando non voleva che si distruggesse la più grande, la più forte e ricca città dei nemici [Cartagine], affinché il timore ponesse freno alla licenza, la licenza frenata impedisse che i cittadini si dessero ad una vita troppo comoda [la dolce vita!]; e così, chiusa a questi vizi la strada, potesse fiorire e crescere la virtù utile alla città [allo Stato], e vi potesse durare una libertà [indipendenza] adatta a questa virtù». [...] È un concetto che si potrebbe, senza nessuna esagerazione, chiamare hegeliano: la funzione del nemico nella dialettica politica; è la guerra, con le sue distruzioni, che mantiene virtuosi i cittadini, ed è la pace che li abbassa, soddisfacendo più facilmente allo sfogo delle loro tendenze inferiori. È il concetto di quei pochi americani che salutarono lo sputnik che la Russia inviò sopra il cielo dell'America come un provvidenziale avvertimento per modificare la scuola e per costringere il governo a impegnarsi in una produzione di mezzi offensivi più numerosi e più potenti di quelli russi. Sant'Agostino si accorda con il moralista Nasica nel ritenere la presenza di Cartagine utile alla virtù romana; finché ci sarà pericolo, Roma non si darà agli spettacoli del Circo (che in quel tempo rappresentavano il più comune mezzo di divertimento popolare, qualche cosa come il nostro gioco del Calcio). Per ciò il santo diceva: «Quel celebre Scipione temeva per voi questa dannosa corruzione degli spiriti e questo pervertimento della probità e della onestà, quando impediva che si costruissero teatri… Quel Scipione voleva che voi aveste un nemico da temere affinché non diventaste lussuriosi e dissoluti…» (De Civ. Dei, c. 33). Non è un'idea nuova tra i moralisti antichi e moderni che il benessere corrompe e le privazioni rafforzano l'uomo. Machiavelli espresse in modo energico questo modo di vedere quando osservò che gli uomini compiono le loro gesta più grandi in stato di necessità. Il ravvicinamento fra sant'Agostino e Machiavelli fu fatto per la prima volta dal Meinecke nella sua Storia della ragion di Stato, ma il Meinecke non vi ricorda i passi da me citati. “
Giuseppe Prezzolini, Cristo e/o Machiavelli. Assaggi sopra il pessimismo cristiano di sant'Agostino e il pessimismo naturalistico di Machiavelli, introduzione di Quirino Principe, Rusconi Editore, 1971¹; pp. 82-84 e 86-87.
#Giuseppe Prezzolini#Cristo e/o Machiavelli#Quirino Principe#intellettuali del '900#letture#leggere#citazioni#saggistica#Agostino d'Ippona#Sant'Agostino#ragion di Stato#realismo#Niccolò Machiavelli#libri#saggi#guerra#moralità#costumi#Storia dell'antica Roma#basso impero#guerra giusta#Russia#Roma vs Cartagine#La città di Dio#Cristianesimo#Meinecke#padri della Chiesa#civiltà romana#Storia del XX secolo#guerra fredda
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Lottatori
(in foto, Lottatori di Pancrazio, statua romana del I secolo d.C, Galleria degli Uffizi, Firenze)
Cruciverba di ieri. Definizione: antica lotta greca. 9 lettere. Una “z” alla terzultima casella accende un ricordo mentale: il pancrazio.
E subito se ne accende un’altra: proprio mettendo a posto la libreria in questi giorni di quarantena, è uscito fuori un piccolo volume sull’antica Kroton, patria di leggendari atleti. Nell’omaggio a chi sta lottando, anche perchè si iniziano a vedere primi segnali incoraggianti, è una bella storia da raccontare.
Pancrazio deriva dal greco pankrátion, composto da πᾶς pâs (in combinazione πᾶν pân) ‘tutto’ e κράτος krátos ‘potere, forza’, ed ha significato etimologico di “onnipotente”; definiva una pratica di lotta sportiva molto amata e diffusa presso gli antichi. Fu disciplina olimpica dal 648 a.C. quindi spesso si riferisce ad essa come un agone atletico; agone designa una manifestazione pubblica di gare e giochi atletici in onore di divinità o quantomeno di carattere religioso i cui vincitori avevano premi e onori, che si chiamavano Athlon, da cui le parole atleta e atletica.
La disciplina consisteva in una lotta cruenta basata sulla forza pura il cui scopo era di sottomettere l’avversario usando qualsiasi tecnica della lotta a mani nude tranne i colpi agli occhi e ai genitali (azioni per le quali l’arbitro era autorizzato a frustare chi le avesse commesse, i greci combattevano nudi, i romani che odiavano quest’uso introdussero dei piccoli gonnellini di pelle detti Zoma). Gli incontri avvenivano in una specie di arena coperta di sabbia, all’aperto (detta Skamma) e spesso sotto il sole cocente: per proteggersi dal sole e dalle abrasioni per il contatto gli atleti utilizzavano una speciale lozione a base di olio di oliva e altri unguenti profumati, detta Gloios: ogni atleta aveva uno strumento, simile ad un falcetto arrotondato senza filo tagliente che utilizzava per toglierlo dopo ogni combattimento, lo strigile. Non esistevano limiti temporali, nè di categorie di peso (si combatteva contro avversari per estrazione). La vittoria veniva sancita dalla resa di uno degli avversari, che poteva dichiarare la sconfitta con un gesto delle mani: in casi particolari uno degli atleti poteva rifiutarsi di combattere per manifesta inferiorità, senza sporcarsi di sabbia (si parla di vittoria per Akoniti, e di una famosa di questo tipo ne scriverò tra poco).
Che c’entra Kroton, l’antica Crotone? C’entra eccome, per molti motivi. Innanzitutto, come ho accennato nella storia delle dodici fatiche di Eracle, una delle leggende sulla nascita della città ne fa del grande eroe il fondatore: il pancrazio era proprio una disciplina che faceva della forza atletica il massimo aspetto. Poi, l’antica Kroton fu la capitale del pitagorismo: Pitagora e i suoi discepoli furono, tra le altre cose, anche attenti studiosi delle pratiche ginniche, di quelle dietetiche e amavano gli agoni, tanto che il Gymnasion di Kroton (Gymnasion deriva da Gymnos, nudo, proprio perchè si combatteva nudi) fu la fucina di grandissimi campioni, tanto che Strabone, storico e geografo greco, nel suo Gheographiká dice: l’ultimo dei crotoniati, il primo dei greci, per dire di quanto fossero favolosi gli atleti della colonia della Magna Grecia. Alcuni nomi erano così famosi che in una meravigliosa opera del periodo “tardo”, La Periegesi della Grecia di Pausania il Periegeta (una sorta di guida, in 10 volumi, delle tradizioni storiche e culturali della penisola ellenica), ve ne sono riportati alcuni: Astilo, grandissimo corridore; Filippo detto il Bello, sia atleta che condottiero, Iscomaco, superbo corridore; Eratostene, colui che vinse la gara di stadion (una corsa in rettilineo di circa 200 metri) in una finale di 7 crotonesi, da cui si dice Strabone fece derivare il proverbio.
Il più grande atleta crotoniate fu però il leggendario Milone: dalla forza immensa (capace di tenere sulle spalle un vitello di quattro anni), e dall’immenso appetito (si racconta che in un giorno mangiò un vitello intero arrosto, nell’antichità l’appetito era sinonimo di forza) era specialista però di un altro tipo di lotta, l’orthopale (=lotta a corpo ritto, in cui gli atleti si servivano di colpi particolarmente spettacolari e vigeva la regola della vittoria dopo tre atterramenti). A lui è legato il più famoso esempio di Akoniti, con co-protagonista un altro atleta crotonese, Timosteo: cresciuto nel mito e anche con gli insegnamenti del grande Milone, arrivato in finale contro il suo maestro, Timosteo non volle combattere: per l’unica volta nella storia dei Giochi Antichi, non si conobbe il nome del solo vincitore, ma anche del secondo. Milone fu inoltre grande condottiero e guidò l’esercito crotoniano alla conquista della vicina Sibari (nel 510 a.C.).
Il più famoso pancraziaste fu invece un altro atleta leggendario, Polidamante di Scotussa. Dalla forza sovrumana, alto oltre due metri, vinse il pancrazio della 93.ma Olimpiade (408 a.C.): la sua fama era che la sua forza rivaleggiasse con quella di Eracle, tanto che Dario II, imperatore di Persia, lo invitò nel suo Regno per delle gare. Polidamante richiese solo un cachet (Pausania sostiene immenso, Diodoro Siculo, che ne parla nella Bibliotheca Historica, dice ��un carro di tetradracme”) e nella città di Susa si narra che combatté, in serie, contro i tre migliori Immortali dell’Esercito Persiano, uccidendone due e facendo scappare dalla paura il terzo.
Nei giorni di grande tensione emotiva di questo periodo pandemico, c’era un meme che metteva in contrapposizione lo stipendio di un medico e quello di Messi o Cristiano Ronaldo: come si può evincere dalle storie che ho brevemente raccontato non è cambiato poi molto da 2500 anni a questa parte, se sono chiari i ritrovamenti di culto quasi divino (anfore, scritti, vasi) ai grandi atleti dell’Antichità, a cui furono dedicati persino statue e piccoli templi.
Che cosa sarebbe il mondo se non ci fosse la lotta? Un orrendo e solitario luogo di morte
Eraclito
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Detti Romani: Stai a fa a' colla!
- Si, un sacco intero. 😂
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i detti.. così come i proverbi.. non sbagliano mai...quelli romani poi essendo molto forti nell'accento quasi al limite della volgarità sono esaustivi e coerenti al punto giusto e per ogni occasione...quando qualcuno è convinto di farvi fesso con bugie studiate a tavolino ..la perfezione del detto in questione è...(mica piscio dar ginocchio).....racchiude un mondo..quasi come quando dicono de volevve bene e voi fate finte de credece.
@radiosciampli
Buongiorno Tumblr
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Voja de lavora' saltame addosso.
Detti romani.
Pentesilea
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Si annidano tra gli spalti e portano avanti indisturbati retaggi del ventennio: cori, striscioni con insulti razzisti e alleanze con le tifoserie neonazi. Mappa dei gruppi di estrema destra della penisola, per capire dove si alimenta l’odio xenofobo costato la vita a Emmanuel Chidi Namdi 11 luglio 2016 Alcuni riecheggiano il fascismo con i modi di dire dell’epoca. Quell’espressione romana "me ne frego", che durante il ventennio ebbe tanto successo, è un motto della Nord laziale: "Me ne frego, di morire, me ne frego di Togliatti e del sol dell'avvenire. [...] Ce ne freghiamo della galera, camicia nera trionferà". Altri portano la bandiera dei "fratelli" di Budapest, quelli che si rivoltarono contro il regime comunista nell’ottobre del 1956: "I ragazzi di Buda". E poi gli striscioni, le croci celtiche e le svastiche, i cori razzisti, lo schieramento a falange quando si scende dal pullman. E’ la tifoseria nera italiana, quella da cui proviene anche Amedeo Mancini accusato dell'omicidio di Emmanuel Chidi Namdi, il nigeriano massacrato di botte per aver difeso la moglie dagli insulti razzisti. Amedeo, travestito da ultras, è cresciuto a ideologia fascista, violento e per questo allontanato dagli stadi. Nell’ambiente, molti tifosi hanno invitato a distinguere tra un "fascista" e un "ultras". "Emmanuel è morto per un odio xenofobo, il calcio non c’entra". Vero, ed è certo che molti non vogliono essere associati a episodi di questo tipo. Ma non è sempre così. Esistono delle frange neofasciste e neonaziste tra gli spalti. Alimentate dalla cosiddetta "differenza fra "noi" e "loro", fra ciò che è umano, e umano non è, fra il bene e il male", come ha scritto Ivan Colovic nel 1999 in "Campo di calcio. Campo di battaglia", per spiegare le dispute tra tifoserie jugoslave. I capi ultras spesso hanno bisogno di questi estremismi per tenere la curva unita e giustificano loro stessi grazie al colore di una maglia. Le multe della Commissione Disciplinare della Figc alle società per i cori razzisti, i Daspo e i divieti di esporre striscioni, non sono bastati a fermare il fenomeno. Sono molte le tifoserie che si dichiarano apertamente fasciste, non solo nella prima serie, ma anche e soprattutto in quelle minori, serie B e lega Pro: ambienti piccoli, ma proprio per questo i valori si insinuano meglio. Come per la tifoseria di Mancini, sostenitrice della Fermana che milita in serie D. Generalmente di destra, la "Curva Duomo" dopo quando accaduto ha definito Mancini "uno di loro" e si è detta addolorata, ma apolitica, rigettando ogni tipo di accusa. Dall’ultimo censimento delle tifoserie delle serie professionistiche, presente nel rapporto dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive del ministero dell’Interno, emerge che per la stagione 2014-2015 sono attivi 382 gruppi, composti da circa 39.600 supporter. Circa 151 hanno manifestato un orientamento politico: 45 hanno una connotazione generica di destra, mentre 40 di estrema destra: si parla di circa 8.000 tifosi. I restanti viaggiano tra idee di sinistra (33) o sinistra più radicale (21). Persino la Nazionale è stata sostenuta per qualche anno dagli "Ultras Italia", nati nei primi duemila volevano essere l’unione dei gruppi locali di estrema destra detti "Viking". Il fascismo nelle curve si infiltra durante il Ventennio: lo sport fa presa sulla gente e l’interesse popolare verso il calcio aumenta alimentato dai successi della nazionale con le due vittorie ai mondiali nel ‘34 e ‘38, e la medaglia d’oro alle Olimpiadi nel ‘36. Tutto ad aumentare il senso d’identità nazionale. "Ogni domenica gli stadi sono pieni di potenziali fascisti, tanto lo spettacolo si basa sull’odio verso l’altro. Assistere a una grande partita significa offrirsi due ore di fascismo ordinario e legale", ha scritto ancora Colovic. Fascismo inteso come spazio libero in cui manifestare contro l’autorità, "per i piccoli nazisti che sognano spazi più ampi". Quelli di destra sono gruppi attivi, almeno politicamente, più delle tifoserie di sinistra: fanno comunicazione online, puntano sull’immagine, gli slogan, organizzano incontri su temi di attualità e si considerano impegnati. Per politicizzati però s’intende non solo l’esposizione di uno striscione o il canto di qualche coro. In alcune terre calcio e politica si intrecciano, capi curva e membri importanti della tifoseria hanno stretti legami o fanno parte delle file di partiti e movimenti. A destra i gruppi sono noti: Forza Nuova, Casa Pound, Skinheads, ma anche la Lega Nord. Posizioni che oggi sembrano trovare nuova linfa nella crisi, mai risolta, dei migranti: la difesa del territorio anche e soprattutto nei piccoli centri dove la presenza dello straniero fa più rumore. Il punto caldo del tifo nero è il nord-est italiano trainato dai supporter dell'Hellas Verona, storica tifoseria di destra che si è fatta conoscere negli anni per episodi fascisti e apertamente xenofobi. Fa parte delle cosiddette tifoserie del Triveneto, da sempre tenute d’occhio dalla Digos: Treviso, Padova, Triestina e Vicenza. Quella del Verona è una delle tifoserie anticamente organizzate grazie alle "Brigate Gialloblu", fondate nel 1971 e che fanno il verso a quelle nere di Benito Mussolini. O la "Banda Loma" di Alberto Lomastro, indagato, e poi assolto, insieme a Yari Chiavenato (prima Forza Nuova, poi nelle liste di Lega Nord) per una storia datata 1996 quando dalla curva fu fatto pendere a mo’ di impiccagione un manichino nero come protesta nei confronti della società che voleva acquistare un giocatore africano. Nel 2015 i veronesi sono protagonisti di una sentenza che fa discutere. Quattro anni prima contro il Livorno i tifosi animano lo stadio con uno show tutto fascista: cori, striscioni, saluti romani e insulti di ogni tipo partono dal settore ospiti. L’accusa è di aver violato la legge Mancino sulla discriminazione e violenza razziale. Tutti assolti, il fatto non è reato. La motivazione fu che lo stadio non è luogo dove viene fatta propaganda politica. Eppure a seguire i veronesi non si direbbe. Lo stesso Flavio Tosi fu accusato dai collettivi antifascisti di cercare voti con la sua presenza in curva durante la campagna elettorale nel 2012 per la fascia di primo cittadino della città veneta. Non era andata invece meglio a due tifosi della Juventus condannati a due mesi di reclusione sempre nel 2015 per un saluto romano in occasione di una partita con il Bari giocata il 25 aprile, giornata della Liberazione dal nazifascismo. Ma non tutto è così netto come sembra. L’Hellas è legato alla tifoseria della Fiorentina, storicamente di sinistra anche se oggi meno politicizzata, e con quella sampdoriana dal 1973, dichiaratamente antifascista. Da tempo alcuni gruppi chiedono l’allontanamento dalla squadra veronese per le sue ideologie. I "Rude Boys" blucerchiati sono infatti vicini alla tifoseria tedesca del St. Pauli, attiva sul fronte antinazista. Per questo anche all’interno dei gruppi esistono posizioni che sconfinano. Nell’elenco stilato dal ministero dell’Interno si legge anche che 12 sodalizi hanno manifestato un’ideologia "mista" caratterizzata dalla presenza di esponenti sia di destra che di sinistra. Come per Cesena, Bologna, Milan tra gli altri. Accanto al Verona c’è la tifoseria della Lazio. Storicamente curva nera. Arrivata a farsi conoscere anche a livello europeo con un turno a porte chiuse nel 2013 per insulti razzisti contro il Tottenham. Nello specifico "cori scimmieschi" contro tre giocatori della squadra londinese. Pena poi sospesa. Ma la curva laziale è da sempre sotto la lente della Commissione Disciplinare. Fecero parlare gli striscioni contro il Livorno nel 2005, una tifoseria storicamente di sinistra: "Pentito e partigiano con i laziali sei sempre scappato". Ma anche "Foibe: Togliatti criminale di guerra". Dall’altra parte con falce e martello si cantava "Bandiera rossa". La Lazio è anche un delle tifoserie che mantiene legami oltre confine proprio per le sue idee politiche. Il filo nero lega da est ad ovest l’Europa, spalleggiano i laziali gli Ultras Sur un gruppo di tifosi del Real Madrid, i polacchi del Wisla Cracovia e gli ungheresi del Levski Sofia, con cui i romani sono gemellati. Il sostegno reciproco viaggia su internet, basta un invito e i tifosi vengono a tenere alto l’onore della squadra in partite delicate come il derby della Capitale. Storica alleanza in Italia invece con Inter e sintonia con i tifosi dell’Hellas, Ascoli e Chieti. E non è raro che anche i calciatori si rendano protagonisti di saluti romani, il più noto è certamente Paolo di Canio, ex bandiera della Lazio e orgoglio della curva. "Sono un fascista, non un razzista" si era giustificato dopo la squalifica e la multa di 10.000 euro per il gesto durante Lazio-Juventus nel 2005. e accusato di aver violato la legge Scelba sull’apologia al fascismo. Parole poi smentite dal suo avvocato: "E’ un saluto alla curva, non ha valenza politica, ma sportiva". Insomma per condividere i valori dell’Urbe. Difficile però per Di Canio giustificare quel "DVX" tatuato sul braccio destro. Anche la tifoseria della Juventus ha alcuni scheletri nell’armadio. Come i gemelleggi con il Legia Varsavia, e il Den Haag, quest’ultima dichiaratamente antisemita: i suoi tifosi si contrappongono a quelli dell’Ajax, le cui file sono composte da un folto gruppo ebraico. Spesso l’ideologia supera anche le lontananze politiche come nel caso della Roma. Dove l’estrema destra legata a Casa Pound punta a conquistare la Sud, in testa ci sono i "Padroni di casa" di Gianluca Iannone spuntato nelle intercettazioni di Mafia Capitale. Alla corte di Massimo Carminati ci sarebbe anche il gruppo nazi "Opposta Fazione". E’ infatti di recente che alcuni gruppi si sono avvicinati a quelli laziali partendo dalle ideologie per creare sodalizi. Altri come il "Fedayn" hanno cercato di contrastare la deriva fascista. Queste alleanze possono anche sfociare nella politica: nel 2003 con l’uscita di Alessandra Mussolini da Alleanza Nazionale, Paolo Zappavigna, il capo dei "Boys" di Roma, le aveva annunciato sostegno promettendole 1.000 voti della curva se avesse fondato un nuovo partito. Da lì iniziarono gli attacchi contro Gianfranco Fini che aveva usato dure parole contro la Mussolini. Durante una partita contro il Lecce all’Olimpico era spuntato lo striscione: "Fini come Badoglio" per la sua visita in Israele da ministro degli Affari Esteri. A Torino dagli spalti bianconeri uscì un "Fini traditore d’Italia". E dalla lupa era nato anche Daniele De Santis, l’ultras che uccise a colpi di pistola Ciro Esposito tifoso del Napoli, poi condannato a 26 anni di carcere. I giornali pubblicarono una serie di foto del suo covo tappezzato di bandiere fasciste e murales a tema. "Lo sport è compenetrato di fascismo" ha scritto Michel Caillat, esperto di sociologia dello sport, in "L’ideologia dello sport in Francia". Un mix di eroismo, glorificazione, assetti simili a quelli militari e come apice la competizione fra uomini. Come se non ci fosse una via di scampo. http://m.espresso.repubblica.it/inchieste/2016/07/11/news/calcio-la-piaga-nera-del-tifo-fascista-1.276905?fbclid=IwAR000Jn-tOfDhYEO7oW1Z_Y8qwQFeDIMHRkWIJP9d43ynMnu95gHaKoZH8U
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I depositi di calcare stratificato offrono una visione unica degli acquedotti romani
I depositi di calcare stratificato offrono una visione unica degli acquedotti romani
Acquedotto dell’Anio Novus dell’antica Roma. Le acque ricche di minerali provenienti dagli Appennini italiani scorrevano attraverso l’acquedotto Anio Novus dell’antica Roma e hanno lasciato dietro di sé, secondo i ricercatori, una dettagliata documentazione rocciosa delle condizioni idrauliche del passato. Due studi che hanno caratterizzato i depositi stratificati di calcare, detti travertini,…
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"Gli Oschi (detti anche Osci o Opici), erano una popolazione indoeuropea di origine sannitica, appartenenti al gruppo osco-umbro. Con gli Osci, si identificano storicamente una pluralitá di popoli dell'Italia meridionale, popoli dediti all'agricoltura, alla pastorizia e all'artigianato, i quali, anche se non avevano un'organizzazione politica e militare, erano ritenuti molto evoluti per quei tempi. La loro forza era rappresentata dall'omogeneitá culturale, visto che comuni erano le tradizioni e la lingua parlata che era quella osca. Gli Oschi non si opposero alle successive invasioni, disinteressandosi degli eventi bellici, ma non poterono evitare un graduale processo di integrazione ed assimilazione. Dal V secolo a.C. questa popolazione fu inglobata dai Sanniti, i due gruppi si fusero per divenire una sola cosa insieme, formarono un gruppo di guerrieri temibili che dettero filo da torcere ai Romani, basta ricordare la battaglia delle Forche Caudine, importante evento della seconda guerra sannitica, in cui i Sanniti sconfissero i Romani imponendo loro l'umiliazione di passare sotto i gioghi."
Who are the Oscans ?
"The Oschi (also called Osci or Opici) were an Indo-European population of Samnite origin belonging to the Osco-Umbrian group. Historically, the Osci are a plurality of people of southern Italy devoted to agriculture, pastoralism and crafts, and, even if they did not have political and military organization, they were considered very advanced for those times. Their strength was represented by the cultural homogeneity, since the traditions and the spoken language (Oscan) were common. The Oschi did not oppose the subsequent invasions, disinterested in war events, but they could not avoid a gradual process of integration and assimilation. This population was incorporated by the Samnites from the 5th century BC; the two groups merged to become one thing together; they formed a group of fearsome warriors who gave the Romans a hard time - just remembering the Forche Caudine battle, that was an important event of the second Samnite war, in which the Samnites defeated the Romans imposing on them the humiliation of going under the yokes".
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La mitica Veronica De Romanis, entusiasta tifosa del governo Monti e censore delle teorie economiche di Bagnai, famosa per gli strafacioni detti durante note trasmissioni televisive..................
.......................è felicemente(?) sposata col banchiere Bini-Smaghi..................
..........e vive in questa modesta casettina..........................
........e vuole restare nell’Euro..............ma voi siete poveri e non capite un cazzo!...............
https://www.rischiocalcolato.it/2018/06/e-la-moglie-di-bini-smaghi-bce-societe-generale-ecc-ed-altre-rivelazioni.html
#veronica de romanis#lorenzo bini smaghi#Governo XVIII Legislatura#tragedia Italia#tragedia Europa#coglioni#NO UE#NO EU#NO EURO#alberto bagnai#sò comunisti#sò comunisti cosa ci vuoi fare#compagniucci della parrocchietta#sono tutti euristi col culo degli altri
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