#del mio essere piuttosto strana..
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kon-igi · 1 year ago
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VITTIMA DEL MATRIARCATO
Dovevano essere i primi anni ottanta e credo di essere stato in quinta elementare o al massimo in prima media, quando un pomeriggio di Agosto in spiaggia a Viareggio mentre tra amici guardavamo una partita di calcetto tra nuvole di sabbia, qualcuno vicino a me indicò una ragazza in bikini bianco, di uno o due anni più grande di noi e mi chiese a bruciapelo 'Quella lì te la tromberesti?'.
Io rimasi un po' spiazzato dalla domanda ma visto che si trattava di una risposta per forza dicotomica e comunque dell'argomento sapevo giusto giusto le basi teoriche, ovviamente risposi di sì.
Il tipo (che non era proprio un amico ma piuttosto una di quelle conoscenze estive estemporanee) sghignazzò e in men che non si dica si avvicinò alla suddetta ragazzina e indicandomi le disse qualcosa a bassa voce.
Dobbiamo dire che allora (come ora) io per le cose mondane non ero certo il più sveglio della cucciolata e quindi non riuscii a collegare quanto avevo detto al tipo poco prima con l'espressione furiosa e sconvolta della ragazza, che con le lacrime agli occhi corse verso il gruppo dei genitori sotto gli ombrelloni, tra cui c'era anche mia madre.
Dovevano essere le tre del pomeriggio ma io posso ancora ricordare che a un certo punto era sera (c'era la mezza luna in cielo) e mia madre non smetteva ancora di urlarmi contro PER LA COSA SCHIFOSA CHE AVEVO DETTO A QUELLA RAGAZZA E CHE MI DOVEVO VERGOGNARE PERCHÉ LEI DI SICURO DI VERGOGNAVA DI AVERE UN FIGLIO COSÌ.
Quando mio padre rientrò a casa ricominciò tutto da capo ma in stereo, con lui a braccia conserte che scuoteva la testa e mi diceva che ERO STATO UNA GROSSA DELUSIONE E CHE QUELLA RAGAZZA AVREBBE SOFFERTO MENO SE LE AVESSI DATO UN PUGNO NELLO STOMACO.
La cosa strana è che non provai nemmeno a difendermi spiegando che in realtà non le avevo detto proprio nulla... ho accettato il fatto di essere stato beccato mentre ballavo il tip tap in un campo minato e il giorno dopo continuai a fare quello che facevo fino al giorno prima ma diffidando di più della gente che faceva le domande stupide.
Vedete, il fatto è che io sono stato cresciuto in un ambiente familiare davvero molto aperto e inclusivo, dove c'era poco spazio per il giudizio frettoloso verso il diverso, il fragile e l'emarginato, quindi quell'episodio più che ingiusto mi parve strano... davvero c'era gente che andava in giro a dire alle donne che le voleva trombare? Ma dov'erano i genitori di queste persone?
E più tardi capii che erano proprio loro a dire queste cose e i figli semplicemente imparavano.
E ne ho conosciuto davvero tanti di figli così (che, per inciso, sono i genitori di oggi da cui altri figli imparano) e a volte non c'è nemmeno stata una responsabilità genitoriale diretta nell'aver insegnato loro certi comportamenti... a volte basta non dare peso, sorridere a certe battute e derubricare certi comportamenti a scherzi presi troppo sul serio.
Perché poi, alla fine, è sempre questione di saper stare allo scherzo, no?
E fatevela 'na bella risata invece di stare sempre a pensare a cose macabre tipo che una donna viene uccisa ogni quattro giorni!
No?
No.
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elenascrive · 1 year ago
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In questa Notte delle Streghe confesso apertamente di essere una di Loro. Non sono Strega da quando sono venuta al Mondo ma da molto più tempo. Dai tempi dei tempi quando erano considerate vere e proprie minacce e per questo venivano messe al rogo. Anch’io sono stata messa al rogo e uso questa Vita per trovare il Mio sacrosanto diritto di riscatto.
Sono una Strega che sta ancora imparando i trucchi del mestiere per resistere alle intemperie di quest’Esistenza di certo non facile, data la complessità che la rappresenta, affinando le proprie armi come la sensitività per tenere testa al Mistero che l’avvolge.
Sentire tutto e prima di tutti è una condanna, insieme alla sensibilità che mai abbandona. Eppure alle volte è capace di donare gioie inaspettate capaci di farmi rinascere. Sono poteri forti per i quali bisogna fare molta attenzione, perché se lasciati andare possono recare danni imponenti a Me Stessa e non solo. A causa di questa condizione, non è facile farmi accettare dagli altri. Nonostante la modernità dell’epoca moderna nella quale si vive, le poche Streghe rimaste come Me fanno tantissima fatica a farsi comprendere.
Mi chiamano strana ed Io ne vado fiera! Ad alcuni poi dò veramente un sacco di fastidio, forse a causa dell’invidia che involontariamente innesco per questo Mio modo d’essere unico e quindi diverso, fatto sta che alle volte purtroppo finisco per sentirmi piuttosto perseguitata. Sto pagando a caro prezzo colpe che non ho giacché addossate da altri. Mi è stato fatto moltissimo male per il quale sto pagando ancora il conto insomma. Ho fatto un mucchio di errori certo, non li rinnego e di questi me ne assumo le responsabilità.
Fortuna che non sono sola, posso contare infatti sulla forza straordinaria di Madre Natura e dell’Amata Luna, da sempre la Mia alleata più importante insieme alla Notte. E poi con Me vi è anche Il Prezioso Fedele Corvo, che è come un Fratello, condividendo qualsiasi sacrilegio.
Tutto quello che chiedo è un buon antidoto di tranquillità unita a qualche buona dose di conquista che credo di meritarmi, per lo scotto che sto continuando tutt’ora a pagare solo e soltanto per essere la Strega che sono.
@elenascrive
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a-dreamer95 · 4 years ago
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Continuo a stupirmi del comportamento delle persone come se le delusioni non mi avessero ancora insegnato abbastanza.
Oggi mi sono svegliata con una nuova consapevolezza che mi ha dato una certa serenità. Mi rendo conto di non essere come le altre persone: i miei ritmi, i miei modi di pensare e i miei gusti sono differenti. A causa della timidezza e dell'insicurezza, mi trovo spesso in difficoltà a fare cose che agli altri sembrano semplici o normali, e questo mi ha portato a essere etichettata come incapace, pigra o addirittura poco intelligente. La mia sensibilità è profonda e unica, diversa da qualsiasi persona che io abbia mai incontrato, e situazioni che agli altri sembrano insignificanti per me possono rappresentare fonte di disagio o dolore, mentre dettagli che passano inosservati per loro, per me possono avere un grande valore. Ho sempre faticato a integrarmi e a stringere amicizie, perché non ho mai trovato persone affini e mi sono spesso sentita fuori posto in quasi ogni contesto. Di conseguenza, ho condotto una vita solitaria e non ho vissuto le stesse esperienze degli altri nei loro stessi tempi, venendo spesso giudicata come strana o diversa, soffrendo molto a causa di tutto questo. Ora, però, riesco finalmente ad accettare la mia diversità senza considerarla una colpa o una vergogna, come mi è stato fatto credere per tanto tempo. Sono diversa, e va bene così. Ho compreso che gran parte del mio disagio deriva dal confronto con gli altri, dal tentativo di conformarmi alle aspettative sociali, dal cercare di adattarmi a persone e ambienti che non mi appartengono. È come quando si prova un sintomo fisico e lo si descrive al medico per trovare una cura, piuttosto che ignorarlo. Allo stesso modo, dovremmo imparare ad ascoltare i segnali che il nostro corpo e la nostra mente ci mandano. Se qualcosa ci fa star male, dobbiamo smettere di farla. Non dovremmo forzarci a stare in luoghi o con persone che non ci fanno bene. Il benessere mentale è una delle cose più preziose. 💖
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scienza-magia · 4 days ago
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L’evoluzione della Wicca gardneriana
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Il primo coven wiccan fu fondato da Gardner il quale lo diresse personalmente sin dal 1964. Grazie ad una serie di reportage sulle origini della New Age in Gran Bretagna realizzati dal canale televisivo britannico Channel Four conosciamo piuttosto bene il suo funzionamento. Riguardo tale funzionamento riportiamo le parole di Doreen Valiente a tale televisione inglese: "Nel coven celebravamo i Sabbat in segreto intorno a un fuoco cantando e danzando. Gerard possedeva alcuni brani tratti da vecchie canzoni di un coven della New Forest e io le completavo per costituire dei rituali.A quel tempo lavoravo da un tipografo e facevo molta attenzione a non indossare monili che evocassero la stregoneria o qualcosa del genere. La mia iniziazione ebbe luogo in un appartamento ……”. A sua volta un altro importante esponente del coven diretto da Gardner Fred Lamond riferisce così la sua esperienza: "Scoprii il libro di Gerard Gardner La stregoneria oggi e mi suggestionò profondamente. Chiesi di incontrarlo mi interrogò a proposito delle mie motivazioni poi mi presentò ai membri del coven. Li vidi una volta al mese per discutere sino a quando mi proposero di essere iniziato. Gardner era un uomo molto gentile. Credeva nella reincarnazione e pensava di essere stato uno stregone in una vita precedente. Il coven era costituito da persone ordinarie di tutte le età. Per fare un esempio c’era un banchiere un colonnello della Compagnia delle Indie in pensione delle casalinghe e un certo numero di giovani tra i quali io. Ci riunivamo nei locali di un club di nudisti. Riportiamo infine le parole di che fu una sacerdotessa wiccan di primo piano in Gran Bretagna scrisse diversi libri a riguardo: "Mio marito mi presentò Gerard Gardner. Era un uomo stupefacente pieno di conoscenze con un meraviglioso senso dell’humor. Egli mi propose di essere iniziata. Avvenne in una stanza di casa sua …resi pubblica questa iniziazione non la nascondevo perché ritenevo fosse meraviglioso essere membro del coven. Quando ebbi superato le tre iniziazioni potei aprire il mio coven. Un giornalista di un quotidiano locale ne parlò ed ebbi molti candidati che desideravano essere iniziati venivano da ogni ambiente , celebravamo gli otto sabbat ci riunivamo per meditare o per pratiche magiche. Avevamo anche un tempio a casa mia”. Gerard Gardner dibatteva con numerosi ricercatori in scienza delle religioni etnologi e scrittori. Morì per una crisi cardiaca il 12 febbraio 1964 durante una crociera nel Mediterraneo e fu sepolto a Tunisi. Dopo la sua morte si crearono varie correnti all’interno della Wicca. Per fare degli esempi si costituirono le wiccan familiari tradizionaliste ed eclettiche. La nascita di tali coven fu resa possibile dal fatto che furono pubblicati alcuni libri che permisero di far conoscere i riti che si svolgevano nei coven wiccan anche a quelle persone che non facevano parte di nessun coven. Di conseguenza numerosi coven poterono costituirsi disponendo del materiale teorico per praticare senza nessun problema. Essi costituirono quella che si definisce la Wicca eclettica. Il gruppo più importante di questa corrente fu il “Circle"le cui credenze sono una strana miscela di tesi teosofiche wiccan e riferimenti a Jung. Tale gruppo ha sviluppato una concezione originale della Wicca che dimostra come l’eclettismo possa arrivare molto lontano. Riportiamo ora le principali credenze di tale gruppo wiccan. - In primo luogo nessun accento particolare è posto sul femminile. - In secondo luogo è presente una concezione molto strutturata dell’astrale. - In terzo luogo esiste una credenza di una reincarnazione progressiva. Gli adepti di questo gruppo credono che la sovrappopolazione sia causata dalla reincarnazione sul piano terrestre di "anime inferiori”. Infine in tale gruppo è presente una netta opposizione al concetto di matriarcato. Poi alcuni coven per non ammettere che il gruppo si era formato unicamente sulla base della lettura di libri preferivano arricchire il racconto di questa fondazione con varie legende. Esse facevano risalire tali coven a un affiliazione familiare spesso caratterizzata da una specificità regionale.Tali coven si devono collocare allora all’interno della Wicca tradizionalista. All’indomani della seconda guerra mondiale due personaggi della scena occultista una in Australia l’altra negli Stati Uniti si richiamarono chiaramente alla Wicca senza dipendere in nessun modo da Gerard Gardner. Essi non creeranno una particolare organizzazione e non avranno eredi spirituali. Tuttavia la ricchezza della loro personalità e della loro opera rende indispensabile menzionarli. Rosaleen Norton nacque in Nuova Zelanda nel 1917 e giunse in Australia con la sua famiglia nel 1925. Affermava di essersi interessata di stregoneria sin dall’età di 3 anni e a 13 anni avrebbe fatto voto di obbedienza a Pan creando in quell’occasione un rituale. Nel 1940 cominciò esperimenti di auto ipnosi stati alterati di coscienza nonché scrittura automatica e assunzione di droghe con l’obbiettivo di entrare in una trance che l’avrebbe condotta a dipingere ciò che allora vedeva. Utilizzava anche dei sigilli per concentrarsi e ottenere lo stato di trance. Rosaleen Norton era una donna molto intelligente intrattenne relazioni con diverse personalità del mondo intellettuale australiano. Giunse anche a lavorare sulla trance con un noto psichiatra di Melbourne. Secondo Rosaleen Norton la stregoneria era giunta in Australia con i primi prigionieri che vi erano stati deportati. La sua famiglia era di origine gallese e ella sosteneva di possedere una figliazione ereditaria. Tuttavia era in contatto con Gardner e utilizzò i suoi rituali li conduceva nuda o spesso usava maschere animali ed adorava sull’altare del suo coven Pan e Ecate. Rosaleen Norton morii il 1979 ma non ebbe nessuna influenza sulla Wicca anglosassone neppure in Australia. Un'altra personalità altrettanto interessante fu Jack Pearson. nato nel 1914 fu uno scienziato specializzato nel carburante utilizzato dei razzi interplanetari. Egli morì accidentalmente nell’esplosione di un laboratorio di ricerca. La comunità scientifica gli manifestò la sua riconoscenza per il ruolo svolto nella conquista spaziale chiamando col suo nome un cratere lunare. Ma Jack Pearson conduceva una doppia vita ovvero scienziato di giorno e mago di sera. Egli cominciò ad interessarsi alla stregoneria nel 1950 redigendo il “Manifesto of the Witchcraft” dal quale è possibile ricavare le linee generali che riassumono il suo pensiero: “noi siamo gli stregoni. Apparteniamo alla più ambita organizzazione del mondo. Quando l’uomo apparve noi eravamo lì. Abbiamo curato le prime ferite. Abbiamo calmato le prime paure. Eravamo coloro che vegliavano nella penombra. Le grotte graffite dei Pirenei si ricordano di noi così come le statuette d’argilla che abbiamo modellato all’origine del mondo… Merlino era dei nostri e numerosi altri maghi poeti martiri noti e sconosciuti che hanno portato la nostra bandiera contro il nemico multiforme e onnipresente la Chiesa e lo Stato”. Fino alla sua morte jack Pearson fu un praticante solitario e non costituì nessun coven. Nulla permette di sostenere che in un momento o in un altro fu in contatto con Gardner ma ciò non è impossibile poiché entrambi frequentarono la corrente thelenita. Egli non ha lasciato alcuna affiliazione che fa riferimento a lui. Prof. Giovanni Pellegrino Read the full article
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lessism0r3 · 2 months ago
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Cielo Azzurro d'Inverno
Trovo ci sia una certa malinconia nel cielo azzurro d'inverno, soprattutto la domenica.
La domenica per me ha sempre una luce diversa rispetto agli altri giorni...come nei film americani che vedi quella luce strana perché il sole dall'altra parte del mondo illumina in modo diverso. C'è una luce diversa anche rispetto al sabato...che lui pure ci ha un'atmosfera tutta sua nei giorni di sole. Sono pure piuttosto d'accordo con Leopardi per quella storia che il sabato è molto "yeeeee" e la domenica invece è molto "buuuuuhhhh" (la mia prof. di Italiano mi perdonerà per la sinossi).
L'aria è fredda oggi e contrasta con il cielo azzurro del pomeriggio.
Domani è ancora vacanza, cerco di riordinare un po' il casino in laboratorio e mi accorgo di tutti gli scampoli di legno che mi sono serviti per il mio ennesimo esperimento...perché ho quel simpatico vizietto di essere attratto dalle cose complesse, sarà che mi danno più soddisfazione.
Mi guardo le mani e penso che mi salvano spesso. Sono una specie di rifugio, danno senso e forma a ciò che penso. Le guardo da fuori a volte e mi fanno compagnia. Non le avevo mai guardate con distanza finché non mi hanno detto che ci racconto storie. Mi ricorda quando da bambino osservavo le mani di mio nonno che cuciva i canestri di giunco con la rafia.
Mi salvano, dicevo, perché quando sono in imbarazzo inizio a fare qualcosa con le mani. In quel qualcosa mi rifugio e va subito meglio o quasi, come quella volta che ho iniziato a stappare bottiglie una dietro l'altra, manco stessi servendo al campionato mondiale degli AANP (alcolisti anonimi non pentiti).
Guardo il cielo poi, c'è la scia di un aereo che sembra dividerlo in due di netto. Ne ho vista una pure stamattina. Mi viene da pensare che ci sono degli imbecilli trinariciuti che credono che siano scie chimiche capaci di influenzare il clima che non cielodicono la terra e piatta e tutta un'altra serie di cosettine buone per condirci insalate di ignoranza.
Poi penso a quanto sono imbecille io che quando le guardo sorrido perché credo a quell'altra storia che se vedi la scia di un aereo in cielo vuol dire che qualcuno ti ama e ti pensa.
Guardo di nuovo le mie mani, mi viene da scrivere.
Dice che ci si dorme bene con le mie parole.
Sapessi come si dorme bene con me.
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jobin-speedking · 3 months ago
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Cap. Precedente: Cap. 3-1
#3-2_takatomo_miyuki/ le voci irragionevoli che ho raccolto
"Cos'è successo oggi?" mi chiede mia madre. Prima era mio padre a chiedermelo ogni giorno. È stata un’abitudine fin da quando ero piccola. Da così tanto tempo che non riesco a ricordare. Da quando sono diventata una studentessa delle scuole medie, “Normale” ho iniziato a rispondere così.
“Normale, quindi” dice la mamma, insoddisfatta. “C’è stato qualcosa di buono o che ti ha dato fastidio?”
A volte va bene, a volte va male, ma, incluso questo, è tutto normale?
La mia vita di tutti i giorni di solito è così.
“Allora, oggi è stata una bella giornata per te, Miyu?” cerca di confermare mia madre.
È una seccatura, ma “È stata una bella giornata” rispondo.
Però, da quando?
Ogni volta che dalla mia bocca esce la frase ‘È stata una bella giornata’, mi sento il petto pesante e non riesco a respirare correttamente.
Perché non è stata affatto una bella giornata.
Da quando è diventato così?
La prima volta che ho sentito che qualcosa non andava—
Giusto.
“Hey, stai per caso tenendo in mano per sbaglio la mia matita meccanica?” e quando Nagisa lo disse, eh, ricordo di aver pensato questo. Frequentavo la stessa classe di Murahama Nagisa durante il nostro primo anno e siamo rimaste buone amiche dal secondo anno. Ho controllato il banco, l’astuccio e da altre parti, ma non sono riuscita a trovare la matita meccanica di Nagisa. “Quella, mi piaceva pure……” mentre Nagisa diceva qualcosa del genere, provai un senso di disagio e non sembrava essere convinta.
Dopo, noi abbiamo iniziato a diventare un po’ distaccate.
Stavo spesso insieme a Nagisa, Shimomaeda Yoriko e Kon Chiami. A essere sinceri, stavamo insieme abbastanza spesso. Non sono brava nelle attività di gruppo. Cos’è questa atmosfera in cui ti senti sempre come se dovessi stare in un certo gruppo? Mi sento soffocare. Se ci sono persone esterne al gruppo con cui vado d’accordo o che trovo interessanti, voglio poter parlare normalmente con loro. Lo facevo parecchio.
Dall’incidente della matita meccanica, Nagisa è diventata nervosa. Non era quel tipo di ragazza. Sentiva uno strano formicolio e non si sentiva bene la mattina. Andava in infermeria. Yoriko e Chiami erano piuttosto preoccupate per Nagisa. Anche io, certo, di essere preoccupata ero preoccupata. Ma non volevo dirlo troppo. Tutti abbiamo brutte giornate o brutti momenti. Non sarebbe meglio lasciar perdere invece di essere eccessivamente preoccupati o cercare di imporre la propria gentilezza a qualcuno?
Infatti, dopo un po’ Nagisa tornò ad essere la solita Nagisa. Nagisa.
Successivamente, fu Yoriko a iniziare a irritarsi.
Conosco Yoriko dal secondo anno e non abbiamo un gran rapporto. A quanto pare Yoriko è Nagisa sono andate insieme all’asilo e alle elementari. Nagisa scherzosamente “Migliori amiche, possiamo definirci migliori amiche?” disse. Però, non vado molto d’accordo con Yoriko. Non è che la odi, ma non mi piace poi così tanto. Qualcosa del genere, no? Yoriko può essere dura con le sue parole. A volte mi fa paura.
“Hey, sul serio, non c’è. Miii sono dimenticata di nuovo. Sta roba è strana, eeeh. Me lo dimentico così spesso? Non lo dimentico troppo spesso, vero?” e molte volte ho visto Yoriko frugare nel suo banco facendo schioccare la lingua. “Aspe, sul serio, mica mi è stato fottuto? Qualcuno me l’ha fottuto. Potrei non averlo manco a casa. Sul serio non riesco a ridere. Beh, effettivamente, perdo spesso le cose a casa. Anche questo è vero. Ma non è divertente. La mamma si arrabbierà di nuovo con me. Che shock……”
Nagisa e Chiami stavano ridendo e calmando Yoriko, ma non volevo avvicinarmi troppo a lei. Yoriko è una persona disordinata, e spesso dimentica le cose. Dire che qualcuno lo aveva rubato, o qualcosa del genere. Anche se era solo un impulso del momento, ci sono cose buone e cose cattive da dire. Non è uno scherzo.
Però, che qualcosa fosse strano……lo pensavo anche io. Yoriko era pallida. Anche la sua pelle era molto ruvida. Gli faceva male lo stomaco e non usciva dal bagno. A volte lasciava prima scuola.
Era strano……non trovate?
In un qualche modo. Ma lo sapevo. Era strano.
Perché, qualunque cosa accadesse, Chiami rimaneva quella di sempre.
Chiami era allegra ogni giorno, sia di mattina, sia durante le pause, sia durante il pranzo e sia dopo la scuola, chiama sempre Nagisa e Yoriko e parla di qualcosa—Beh, c’ero anche io—ride copiosamente, ci messaggia spesso, e se non rispondiamo, il giorno dopo “Eeeh, perché non mi hai rispostooo?” o qualcosa del genere, e non è che si arrabbi, ma è un po’ pressante.
Odiarla……non è così. Non penso sia una cattiva ragazza. È un po’ difficile quando siamo insieme. Chiami è una buona amica di Nagisa, quindi andavamo d’accordo. Nagisa e io eravamo amiche già da prima. Se così non fosse stato non sarei diventata amica di Chiami.
Non penso che Chiami sia una cattiva ragazza.
Che si tratti di Nagisa, di Yoriko o di me, quando succede qualcosa, Chiami è la prima ad accorgersene. Direi che ha occhio. O meglio, è gentile, pensavo.
“Puoi dirmi qualsiasi cosa” era la frase preferita di Chiami. Tuttavia, per me, dire questo genere di cose, è un po’ pesante. Lo dirò se vorrò dirlo. Se non lo dico significa che non voglio dirlo, quindi vorrei che mi lasciassi in pace.
Sia Nagisa che Yoriko sono costantemente esposte agli attacchi “Puoi dirmi qualsiasi cosa” di Chiami……Non è fastidioso?
Però, dopotutto loro due avrebbero anche “potuto dire qualsiasi cosa” a Chiami. A differenza mia.
Ero io quella che non riusciva a dire nulla.
Il mio smartphone non c’è più. Me lo aveva passato la mamma. Un vecchio iPhone. Stamattina a scuola, una volta, ho controllato le previsioni del tempo e i messaggi. Poi lo avevo messo nella borsa. Ho provato a guardarlo durante la pausa pranzo, ma non c’era. Ero nervosa. Non è possibile non sia qui. Mentre lo cercavo, “Che succede?” Chiami mi ha chiamata. “Ah, non è niente” ho risposto. “Sì?” Chiami non sembrava convinta, come se lo sapesse. Che il mio iPhone non c’è più.
Poi Chiami ha detto la sua solita frase.
“Puoi dirmi qualsiasi cosa”
Non sono riuscita a trovare il mio iPhone. Quando l’ho detto a mia madre, lei mi ha detto che l’iPhone ha una funzione che tiene traccia delle informazioni sulla posizione, quindi abbiamo provato a trovarlo usando quella. Tuttavia, non siamo riuscite a trovarlo perché non era acceso.
La mamma ha provato a contattare la scuola. Non volevo diventasse un grosso problema, quindi l’ho fermata.
“Starai senza smartphone per un po’. Ti va bene così?” mi ha detto la mamma.
Ho fatto la dura. “Va tutto bene”
L’iPhone è stato l’inizio.
Ogni pochi giorni, le cose intorno a me sparivano.
La gomma da cancellare, il notebook—la matita meccanica.
Non riuscivo a dirlo a nessuno. Né a Nagisa, né a Yoriko, né tantomeno a Chiami.
Ho anche altri buoni amici. A volte parlo con Kihomi, che è molto bella e simpatica, Kuze-san, che è intelligente, molto informata e mi insegna molte cose, e Rindou Takaya, che dice di voler diventare un comico, è davvero interessante. Masamune, che è una persona dal buon carattere, si era dichiarato a me, dato che aveva mal interpretato il fatto che al primo anno parlavamo molto. L’ho rifiutato con un nodo alla gola, ma adesso, anche se mi si avvicina, rispondo normalmente. Anche Shiratama-san frequentava la mia stessa classe dal primo anno, solo guardarla è una gioia per gli occhi, e a volte mi parla anche se non ha niente da fare. Ci sono molte persone con cui parlare.
Però, non riuscivo a dirlo.
Quando il mio sacchetto è scomparso, ho quasi fatto storie. Quel sacchetto conteneva cose per quel periodo del mese*. Sono nei guai senza. Non solo nei guai. Cosa dovrei fare? Dovrei chiedere a qualcuna di prestarmeli? È impossibile. Non ho altra scelta che andare in infermeria.
*Espresso con un modo di dire che si può tradurre letteralmente come "Per gli occhi della ragazza"
Il giorno in cui ho perso il sacchetto per la seconda volta, improvvisamente ci ho pensato. Forse anche per Yoriko era lo stesso. Yoriko era su tutte le furie*. È spaventoso rimanere senza prodotti sanitari. Chiedo a Yoriko? O è troppo tardi adesso? Inoltre, Yoriko sicuramente “dirà qualsiasi cosa” a Chiami. Sarebbe brutto se lo raccontasse a Chiami.
*Espresso con un modo di dire che si può tradurre letteralmente come "Aveva l'aspetto di un demone"
Avevo dei dubbi. Non è mica Chiami? Non è mica Chiami quella che ruba? Ha rubato le mie cose e le ha furtivamente nascoste da qualche parte. —Per quale ragione?
Voglio dire, come potrebbe mai farlo? Anche se potrebbe non essere impossibile quando si tratta di aule mobili. Io sto anche attenta. Ho iniziato ad allontanarmi da Chiami più di prima. Tuttavia, Nagisa, Yoriko, Chiami ed io, siamo spesso solo noi quattro. Sto controllando Chiami.
Chiami, probabilmente, non rubava. Non era opera di Chiami. Non c'è motivo di farlo. Chiami non è una cattiva ragazza. Sono sospettosa di una mia amica, di Chiami……Sono io quella strana?
Tuttavia, è vero che mancano le cose.
Quando Masamune mi ha chiesto “Cosa c'è che non va?”, mi sono arrabbiata. “Eh? Che cosa?”
È stato dopo. Stavo camminando da sola nel corridoio della scuola, quando ho sentito una voce.
(È strana, eh?)
Chi?
Ero da sola. Non c'era nessuno in giro. Sentivo le voci*? O è solo colpa della mia immaginazione?
*Espresso con un modo di dire che si può tradurre letteralmente come "Orecchie vuote"
(È strana)
L'ho sentito con le mie orecchie. Una lieve voce. Era un sussurro. Non ho potuto fare a meno “Chi è?” di chiederlo. Mi chiedevo se ci fosse qualcuno in giro. Alla fine non c'era nessuno. Nessuno nelle vicinanze.
Qualcuno ride in lontananza. Masamune stava facendo ridere i nostri compagni di classe davanti alla terza classe del secondo anno.
“……Chi?”
Chi lo aveva detto?
(Sei tu)
Anche se mi copro le orecchie, (Tu sei strana) una voce dice questo. Cos'è, questa voce? Chi è? Non voglio sentirla. Anche se non c'è nessuno qui. Anche se sono da sola.
“Chi sta parlando? Chi? Tu? Io? Chi? Cos'è, questa……”
Sto correndo per il corridoio. Sono corsa in bagno e sono entrata in una stanza privata. Ho chiuso la porta a chiave e ho fatto scorrere l'acqua anche se non lo avevo usato. Non la sento. Non dovrei riuscire a sentirla. Non riesco a sentire nessuna voce. Guarda. Non la sento. Non riesco a sentire niente. In quel momento non riuscivo più a sentirla.
In quel momento.
Quando ho provato a cambiarmi le scarpe nell'armadietto delle scarpe, solo una delle mie scarpe mancava. Ancora una volta, pensai. (Non è strano?) disse la voce. È strano? Lo pensai anche io. Forse sono impazzita. (È proprio così) disse la voce.
(Sei strana)
Nessuno era colpevole. È solo colpa mia. Io ero la colpevole. Perché sento una voce che non dovrebbe sentirsi. (Sei strana) disse la voce. Questo è strano. Io sono strana. Ero diventata strana. Sono strana? Mi sbaglio?
Non è una bugia. Scomparivano davvero. Stavo perdendo la mia roba. Qualcuno lo stava facendo. Chi lo stava facendo? Non so chi, ma qualcuno. (Non sarà perché sei diventata strana?) disse la voce.
(Perché sei strana) “Strana” (È colpa tua) “Colpa mia?”
Chi stava parlando?
Questa voce?
Chi?
(La cattiva qui—)
Mi sussurrò all'orecchio.
“Sono io?”
Era mia, quella voce?
“—Sono io”
“È colpa mia……?”
Sono stanca. Però non riesco a dirlo a nessuno. Quando abbasso la guarda, Chiami "Puoi dirmi qualsiasi cosa" mi chiama e mi dice questo. Non posso assolutamente dirlo. Io dico “Grazie” o “Sì” o “Certo”, a seconda dei casi. Per colpa sua sono ancora più stanca.
Non ce la faccio.
Sono già al limite.
Quando mi succede qualcosa di brutto vado sempre in un posto alto. Il mio posto preferito era il tetto dell'appartamento in cui vivevo prima di trasferirmi. Oppure il tetto del department store davanti alla stazione. Mi piace anche la ruota panoramica. La ruota panoramica del parco divertimenti dove andavo durante le vacanze estive quando ero alle elementari. Quando ne ho parlato a scuola, Masamune ha detto "Eeh, io ho paura delle altezze" tutto spaventato. Di cosa abbia paura, io non lo so. Quante volte sarò stata da sola sul tetto del department store? Anche se guardo attraverso le fessure del recinto, non ho affatto paura. Eppure non riesco a trovare il coraggio di scavalcare la recinzione. Quando qualcuno mi vede, deve pensare io sia strana. Forse mi vorrebbero fermare. Tacete. Tacete. Tacete. Voglio solo sentirmi a mio agio.
Ero nel mezzo della lezione. Non sentivo la voce. Ero tranquilla. Era tutto tranquillo. L’insegnante stava dicendo qualcosa. Però, era tutto tranquillo. Era così tranquillo che mi sentivo a disagio. Ho frugato nella scrivania. Era solo in momenti come questo che perdevo le cose. Qualcosa ha toccato la punta delle mie dita. Era duro. L’ho afferrato. Delle chiavi? Quando l’ho preso dalla scrivania, infatti, erano delle chiavi. Sulla targhetta della chiave, tetto, c’era scritto.
Cosa sono, queste? Le chiavi del tetto? Perché c’è qualcosa del genere, qui? All'interno del mio banco?
Il tetto. A me piacciono i posti alti. Chiavi. Il tetto è chiuso. Lo sapevo. Una volta ho detto a un amico che sarei voluta salire sul tetto. Una volta provai a salire. Tuttavia, l’ingresso del tetto era chiuso a chiave. Chiavi. Le chiavi del detto sono qui.
Mi sono alzata. Giusto, ho pensato.
“Hm? Che succede, Takatomo? —Takatomo……?”
L’insegnante sta dicendo qualcosa. Non importa. Posso andare. Mi stava dicendo di andare. Devo andare.
“Takatomo-san”
Un’altra voce mi chiama. Mi chiedo di chi sia quella voce. Shiratama-san. Shiratama-san si sta avvicinando. Mi sento come se stessi per vacillare.
“Non-Non venire!”
Non appena ho urlato, si sono sentite molte voci. Tacete. Smettetela. Mi sono tenuta la testa tra le mani. Le voci non smettevano di parlare.
“Non ce la faccio più……!”
Devo scappare. Se non scappo da qui, crollerò. Forse sono già crollata. Forse sono crollata molto tempo fa. Non voglio sentirmi come se stessi crollando. Sono scappata via. La verità è che sto scappando da molto tempo.
Ho preso le chiavi del tetto e mi sono recata ovunque. Quando stavo per essere trovata, sono corsa via. Mi sono nascosta nel bagno o anche nel ripostiglio degli attrezzi sotto le scale. Ero irrequieta. Sapevo cosa fare. Se è così, lo farò e basta.
Quindi l’ho fatto.
Ho salito le scale, ho inserito la chiave del tetto nella serratura e l’ho girata. La porta si è aperta, finalmente sono dove dovrei essere. Il vento mi dà una bella sensazione. Sono molto felice di poterlo sentire, una bella sensazione. Mi viene da piangere.
Ho fatto un respiro profondo e ho camminato da un angolo all’altro del tetto. C’è un basso muro rialzato sul bordo. Ci sono salita sopra e, una volta, mi sono affacciata.
“Cos’è successo oggi?” è come se mia madre me lo stesse chiedendo. Non posso rispondere. Poi la mamma chiede: “Oggi è stata una bella giornata per te, Miyu?”
“Per niente”
Ho scosso la testa
“Non è stata una bella giornata. Scusa, mamma”
Scusami se ho detto così tante bugie. Non sono una brava ragazza, scusami. Devo chiedere scusa anche a papà. Voglio scusarmi anche con Shiratama-san. Ha provato a fermarmi. Scusa.
Quando ho guardato il giardino sottostante, c’erano delle persone. Sono Otogiri-kun, della mia stessa classe, e il custode Haizaki-san.
Di qualunque cosa. Non ne posso più.
Mi sono sporta in avanti. Non era spaventoso. Però è una bugia. Ho chiuso gli occhi, perché in realtà avevo un po’ paura. Si sentì subito un forte rumore.
Cap. Successivo: Cap. 3-3
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2003-vi · 8 months ago
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Sai, non avevo mai amato nessuno come te, non che non lo desiderassi, ma non ne ero mai stata in grado. Io, al contrario di tante mie coetanee, vivevo anche e soprattutto bene da sola. Non avevo bisogno del ‘Buongiorno’ o della 'Buonanotte’ per iniziare e concludere al meglio le mie giornate, non davo loro un senso grazie ad un'altra persona e da nessuno dipendeva il mio umore. Si, a volte fantasticavo sulle tipiche cose da innamorati: i baci, le carezze, i brividi, i sussurri, e non nego di aver tentato di ottenerle da un ragazzo. Eppure ad ogni tentativo, sentivo subito le catene addosso ed il desiderio di scappare e di riavere la mia libertà prevaleva sui sentimenti che nutrivo per il ragazzo in questione. In altre parole, non ne valeva la pena. Così ho cominciato a pensare che la colpa fosse mia, che il mio cuore fosse troppo freddo ed egoista per ospitare qualcuno, che non avrei mai sperimentato l’amore perché nessuno avrebbe mai fatto breccia nella mia apatia. Me ne feci una ragione e mi disinteressai completamente, preferii l'inverno senza nessuno con me sotto il piumone e l'estate senza nessuno da baciare sott'acqua, piuttosto che essere causa di sofferenza altrui, non era giusto essere amata senza amare a mia volta. Mi proclamai parte di coloro che non credevano l'amore esistesse e fu proprio in quel periodo che inaspettatamente tu mi travolgesti e, ripensandoci ora, non credo che ci sia cosa più vera del dire che quando smetti di cercare qualcosa, quel qualcosa trova te. Non vorrei cadere nella banalità con una serie di frasi fatte, ma quel qualcuno ce l'avevo proprio sotto il naso. Forse proprio perché fino a quel momento non ti avevo mai guardato con occhi diversi da quelli dell'amicizia, ma eri sempre stato parte della mia vita e spettatore dei miei trascorsi, eri il solo a conoscere il modo in cui trattare con me. Sei consapevole io non sia una tipetta facile e spesso io stessa mi accorgo di essere insopportabile, ma tu resti. Dopo ogni litigata, ogni offesa, tu resti. Persino quando ti mando a al diavolo, all'inferno e nei peggiori posti si possano immaginare, ti urlo di andartene, tu resti. Con te è stato diverso, non mi ero mai sentita così, ti volevo a tal punto che tutto il tempo che passavamo insieme non bastava mai e mi sentivo affamata di te ogni giorno, a tutte le ore mi riempivi i pensieri. Il tuo sorriso, i tuoi gesti, i tuoi modi di fare, il tuo profumo, erano ovunque. Quando durante un bacio ti scansavi per guardarmi e sorridere un attimo dopo, pensavo che intorno a noi il mondo sarebbe potuto sparire e non mi sarebbe importato. Solo tu, al centro di tutto. Le dita, le lingue, i cuori intrecciati. La prima volta che mi hai detto che mi amavi, gli occhi mi si sono gonfiati di lacrime ed ho avuto un buco nella pancia: fu la sensazione più bella e strana della mia vita, non scherzo! Mentre le labbra mi tremavano, nella mia testa ti dissi “Anche io ti amo!” Non mentivo, sapevo già che ti avrei amato , quando mi insegnasti a ripronunciare bene perché tutte le volte che ci provavo, mi si annodava la lingua. Pian piano i miei difetti sono saltati fuori, più brutti che mai, contemporaneamente ai tuoi, che non erano (e non sono!) da meno. Ti ho odiato tante di quelle volte che oramai, ho perso il conto … ma amore ed odio vanno a braccetto ed alla fine di ogni casino, fare la pace è magico. Siamo due caratteri forti l'uno contro l'altro, due testardi, che ogni due per te si scannano. Ma quando si ama non si può fare a meno dell'altro, io non posso fare a meno di te ed ogni volta torno tra le tue braccia, l'incavo tra il tuo collo e la spalla è diventata la mia casa. Mi hai fatta soffrire, arrabbiare, piangere, da te ho sopportato atteggiamenti che con tutti gli altri mi avrebbero portata a chiudere ed andarmene in fretta e furia. Ma a differenza di tutti gli altri, per te ne è sempre valsa la pena.
Insieme abbiamo imparato sulla nostra pelle che l'amore non è sempre rose e fiori, ma finché dopo ogni tempesta riusciremo a ritrovarci in un abbraccio, non avrò paura. Finché ti amo, finché mi ami, io non ho paura. So di essere fortunata ad averti, ad aver trovato il mio degno avversario, colui capace di tenermi testa, di non lasciarmi dopo tutti i miei sbalzi d'umore, di capirmi e consolarmi ogni volta ne abbia bisogno. In te è concentrato tutto quello che più amo e più odio e per questo sei la persona giusta per me.
Ancora oggi quando mi accarezzi i capelli sento i brividi lungo la schiena, arrossisco se mi dici “Sei bellissima.” Dopo tutto questo tempo, nonostante tutto, sono ancora perdutamente innamorata di te e capisco che per noi i primi mesi non sono mai finiti. Certo, penso di poter vivere anche da sola, ma tu sei il mio ossigeno, la mia ragione di vita, senza il tuo profumo ad impregnare l'aria e te ad impregnarmi il cuore, tutto avrebbe il gusto del niente. Prima vivevo nel mio mondo, lasciando fuori gli altri, credevo che mi sarei innamorata solo quando avessi lasciato entrare qualcuno, invece è successo quando sei stato tu a spalancare tutte le porte senza chiedere il permesso, piombando con il tuo mondo a capofitto sulla mia vita. Sono felice che tu mi sia capitato e che ogni giorno continui a scegliermi, come io scelgo te.
Ti amo e ti amerò sempre come la prima volta..♥️tu sei la mia casa…♥️🏡
Con affetto
La tua V.♥️
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luigifurone · 1 year ago
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11. (La rovina della casa dei Pappher)
È così strana l’eco degli odori sul mio spirito. Sono così strane le parole … sensazioni, spirito? ma che vogliono dire in realtà? Questo è un odore. Direi l’odore di una stoffa. Forse un tappeto. Un tappeto di una certa età, che avrà ricevuto trattamenti, il tocco delle mani, ma tanto, troppo tempo fa. Eppure è strano come questo odore ecciti i miei nervi. Ecco. Immagini. Sono un bambino, ed anche un ragazzo. Di fronte ad una qualche somma prova. Sono un uomo. Impaurito, teso, come stessi per trovarmi di fronte al patibolo. Gli occhi della gente su di me, la lama, il tempo che si stacca dal resto e si fa imponente. Forse è l’odore del tappeto, della sua decrepitezza; delle sue stagioni passate, lunghe per gli uomini, ma strette alfine anche per loro.
“Ti ringrazio per l’invito. Temo di doverlo rifiutare. Sono così lontano dalla comunanza con gli uomini da non meritarne la grazia. Ma, visto che hai manifestato l’intenzione, trovandoti così vicino, di venirmi a trovare, sarei lieto di poterti ospitare. Non credo di poter essere un compagno di un qualche interesse. Pure, tale è la forza del ricordo della tua gentilezza, che mi sarebbe insopportabile non poterla onorare. Lean Pappher.”
Lean era stato un ottimo compagno di scuola, per me. Un aristocratico. Persino nella scelta di frequentare una scuola normale, quale era quella che frequentavo io, invece di quelle affatto esclusive a cui lo destinava la sua posizione. Scelta tra l’altro da lui imposta, chissà come, data la sua giovane età, ai propri genitori. Già da allora non si vedeva in lui alcuno snobismo, alcuna affettazione. C’era piuttosto un certo rigore, un semplice, potente rigore. Ed io … come ero io, allora? Di certo non uno che ambisse ad essere ricordato per qualche superiorità e neppure per qualche prepotenza. L’unica cosa che potevo vantare era la mia modestia, alimentata, almeno così mi consolavo, dalla miseria e dai sacrifici della mia famiglia. Sacrifici che parevano essere un tutt’uno con l’origine dei miei avi. Forse per questo Lean m’aveva preso a benvolere. Indifferente allo scherno che l’aveva via via circondato, condivideva con me i sorrisi che offriva al gran palco del mondo.
“Certo. Abita sulla collina. Da qualche mese ha mandato via la servitù, due sole persone, in verità, e c’è solo un fattore che gli lascia la roba fuori del cancello. E sì, certo … strano lo è sempre stato … neppure i suoi genitori erano così contenti di lui, ma si sa … una persona così è una di quelle persone di cui alla gente piace parlare, anche se … insomma, pare che ora stia proprio uscendo di senno. Mah … se sta bene a lui … finché non tira un colpo a qualcuno …”
 Mi sarebbe piaciuto rivedere i miei compagni. Ecco: più che “piaciuto” direi meglio che  m’avrebbe incuriosito. Tanti anni passati lontano, una posizione fortunatamente molto più solida di quella che m’aveva regalato la nascita, il desiderio di risentire quell’aria di casa, di feste, di quegli affetti, quelle emozioni che nessun’altro posto al mondo avrebbe potuto ricreare. Quelle di cui profumano gli anni dello stupore e della meraviglia, gli anni di prima che si diventi uomini. Con Lean, poi, era diverso. Lui non era solo una maschera, un ritratto. Con lui c’era anche il piacere, la voglia sincera di ritrovare l’amico e l’uomo.
“Eccola. La vedi? Ma certo che la vedi, sciocco che sono. Questo ritratto le fu fatto all’età di ventotto anni. Sullo sfondo si nota il profilo di questa villa, ma non mi è dato sapere se la villa stessa fosse solo un dettaglio casuale del paesaggio o magari un particolare più significativo. Forse che tra lei e questa casa ci siano mai stati dei legami? Quasi le fosse stata assegnata dal destino, oltre che dalla tela? Mi resta poi di lei una incisione, in un volumetto dell’epoca, edito più di cent’anni fa. Ho ritrovato alcune sue lettere, di quand’era ancora più giovane. E poi c’è il grande ritratto nel salone, quello che mi tiene compagnia nelle serate più fredde.”
M’aveva accolto con un sorriso stanco. Maturo, più che invecchiato. Sempre elegante nei gesti, nei movimenti pacati. Gli interni della casa si restringevano sulla poca luce che veniva dalle lampade. Intorno c’era l’ombra che pareva pronta ad assorbire il tutto, lentamente, inesorabilmente. E c’era anche l’odore. Non un odore sgradevole. Piuttosto un odore pieno di nostalgia, di vita che scompariva assieme alla luce. Come quello del tappeto. O dei muri freddi, non più scaldati a dovere, belle prede di muffe e infiorescenze ghiotte d’umido. Il sorriso di Lean sembrava non temere il buio.
“Lo so, lo so. Non posso dirlo. Forse il mio desiderio è tale - a volte è così intenso - che mi pare di poterla raggiungere. Così dolorosamente intenso. Non so di preciso quando sia nato. Quando si sia messo nella mia carne. Era come una musica. Guardare i suoi lineamenti, leggere le sue parole … è stato quello il seme? O è stato un pretesto? Era lei che mi aspettava?”
Lean non mi sembrava pazzo. Avevo dei pazzi una immagine più furiosa, o più malvagia. Forse era triste. Sembrava fosse tanto disincantato da subire, più forte che mai, la malia di quel supremo incanto. Tra l’altro, questo suo racconto così delicato mi faceva quasi dimenticare che stesse in effetti parlando di un fantasma. Fatto non trascurabile. Non avevo alcun problema ad ammettere l’esistenza dei fantasmi. Non me ne sarei fatto condizionare, certo, ma perché negarne la possibilità? Perché negare che il peso dei secoli e di tanti racconti non potesse avere una qualche realtà? Mi era successo di pensare che persino le fiabe avessero una verità superiore a quella contenuta, ad esempio, nella sentenza di un medico. Forse si trattava soltanto di due storie diverse. E la fiaba era, se non altro, meno arrogante.
“Sono sceso dalla corsa del mondo. Non mi ha mai attratto, in verità, né per passione e neppure per convinzione. Non chiedo che di poter occupare il mio posto. Lo conosco il tuo sorriso. È un sorriso buono, è quello che hai sempre avuto. Ti stai chiedendo se il mio posto non sia fuori di qui, da queste mura. Ma te l’ho detto, io non chiedo nulla. Lei è una scia luminosa, una munifica lucciola: è più reale lei e quello che mi offre delle onde che il mondo crede di inseguire e che invece lo prendono per offrirlo alla clemenza degli dei degli abissi.”
Quella sera non potei fare a meno di pensare a quei due amanti, di tanti anni nati separati. Ma chissà che non si fossero davvero incontrati. Immaginavo Lean seguire di notte la figura di lei che s’aggirava per le stanze della villa, avvolta da un’aura leggera di luce, con piccole faci che se ne staccavano, gocce di vita che la morte non sarebbe mai riuscita a trattenere.
M’ero steso da qualche minuto quando sentii un rumore, dal corridoio. M’alzai nel letto di soprassalto. Appena dopo un attimo, risi del mio spavento. Troppi pensieri e sullo stesso tema, evidentemente. Ma il rumore, inequivocabilmente, continuava: pareva trascinarsi, là fuori, oltre la soglia. Mi alzai del tutto, fu più forte di me. Corsi alla porta, la aprii, girai il capo da una parte e dall’altra.
Sulla mia sinistra, nell’oscurità, a circa dieci passi di distanza, s’allontanava la sagoma di Lean, lenta, tranquilla. Spostai subito l’occhio davanti a lui, e ancora più avanti, ma … nulla, nulla fino a dove il corridoio svoltava ancora. Lì colsi un bagliore che subito svanì … o forse era un chiarore che la finestra aveva lanciato sul muro. Avrei voluto mettermi sulle tracce di Lean, inseguire nel corridoio i due amanti, o le loro ombre: o l’ombra della verità. Ma mi prese un insondabile pudore, come se, seguendo quella scia, stessi commettendo un atto riprovevole, indiscreto fino ad essermi intollerabile. Così mi ritirai nella stanza, chiusi la porta nel maggior silenzio possibile e m’addormentai molto dopo, rigirandomi tra i dubbi e le poche smarrite certezze.
Al mattino Lean non c’era. M’aveva lasciato un biglietto, scusandosi di doversi allontanare senza preavviso, e del resto io dovevo ripartire, non avrei potuto aspettarlo. Meglio. Mi ripromisi che al nostro prossimo incontro avremmo parlato di quella strana notte: ne avremmo riso, magari, oppure il tempo avrebbe reso ragione dei nostri sogni, come il giorno fa con le suggestioni del buio.
Epperò non ho più rivisto Lean. La crescente fortuna degli affari mi portò ancora lontano, per altri anni. Lean morì prima del mio ritorno, senza che si riuscisse a stabilire per quale causa. Lo trovarono seduto su una poltrona del salone, come si fosse addormentato. La bella lo guardava dal ritratto. La casa andò venduta e finì distrutta in un incendio, poco prima che i nuovi proprietari ci andassero ad abitare.
Il bagliore che quella notte mi parve d’aver intravisto mi tornò sempre in mente, negli anni a venire. Così pure sempre tornai a chiedermi se Lean non avesse trovato, in ogni modo, una specie di … felicità, una felicità più grande, più vera, di quella che a volte ci sembra di toccare.
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theladyorlando · 1 year ago
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La spiaggia - Cesare Pavese
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Io non amo le spiagge. La nudità parziale dei corpi al mare mi offende. Il mio stesso corpo mi offende, tanto che lo percepisco per la maggior parte del tempo come completamente nudo, altro che seminudo. Mi sembra un' imperdonabile leggerezza di fronte alle cose vere della vita, concentrare le aspettative e le speranze di un intero anno solare in una sola settimana di carni denudate, troppo spesso indecentemente. Provo in una parola vergogna, per me e per gli altri: per le trippe flaccide come per i culi sodi. Provo vergogna per le intenzioni che restano troppo in superficie, che mancano di immergersi oltre le apparenze. Ma con Pavese ci sarei andata eccome al mare. Anzi, ci sono proprio stata, e mi è piaciuto: è stato facile, un aggettivo che considero l'esatto contrario della parola spiaggia nella vita reale. Secondo lui invece "la spiaggia" non è che un esercizio, una franca ricerca di stile. Se ne vergognerebbe, se valesse la pena, dice. Scopro forse che anche Pavese prova vergogna al mare? La vergogna de "la spiaggia" per lui deriva da quel suo non essere "scheggia del monolito": un romanzetto, definibile solo in base a ciò che non è: non è proletario, non è brutale, non è americano. Io ci sono arrivata per caso subito dopo "la bella estate": nel romanzo che ha assicurato la vittoria dello Strega al "giovane scrittore piemontese" ho faticato a trovare la voce di Pavese; ho faticato a sentirla dietro alle parole di Ginia, la sua insolita protagonista, donna e, neanche a dirlo, stupida. Io e mio padre abbiamo letto il libro insieme, dividendoci i capitoli equamente, e nel gesto di chiuderlo sull'ultima pagina ci siamo scambiati lo sguardo muto e imbarazzato del "che avrà voluto dire?". È rimasta nell'aria, quella domanda, appesa durante settimane di digiuno da Pavese, quando finalmente, dopo il primo ineluttabile giro in piscina che ha sancito l'avvio della stagione estiva, ho deciso che valeva la pena di ritentare. Spezzare il digiuno. Senza impegno, visto il panorama, tanto me la aveva già presentata Lajolo nella sua biografia di Pavese come uno svago umano, "la spiaggia". E allora, siccome la stagione delle distrazioni è ufficialmente inaugurata, andiamo a vederla, questa spiaggia. Apro il romanzetto e mi viene subito da sorridere: lo sento di nuovo, lo scontroso Pavese. Sento chiara la sua voce e stavolta, anche se nelle primissime pagine ci prova a portarmi in collina, mi porta al mare, e no, non è la Calabria del confino. Stiamo proprio andando in villeggiatura, a casa del suo amico Doro e della sua giovane moglie Clelia. Doro è l'amico di Pavese, l'amico che quando lo senti parlare quasi ti si fa carne sotto agli occhi: fascinoso, basso, piacente. E inquieto, infatti non è un Nuto, eppure lo vedo così bene, Pavese lo disegna magistralmente con poche pennellate. È un amico di cui essere gelosi, un amico che vorresti sapere tuo quando lo leggi sulla pagina, per esserne un po' geloso anche tu. E Clelia è una donna che si comporta bene, che addirittura si merita la stima di Pavese: è Doro quello donnesco su questa spiaggia, lui quello sfuggente, lui che sorride ambiguo, prima come un adolescente e poi come un uomo fatto, amareggiato da chissà quale realizzazione sopraggiunta con l'età adulta. È lui che al primo appuntamento si presenta abbronzato.
Com'è che si comporta Pavese in villeggiatura invece? È una goduria vederlo sulla spiaggia, non offeso dalla vergogna della parziale nudità, piuttosto incuriosito da come quella sappia provocare nei bagnanti una strana cautela, esigere da loro parole di una certa ambiguità. Pavese non prova vergogna verso la nudità dei corpi. Il suo riserbo sta tutto nella quotidiana dose di solitudine che reclama come suo inalienabile diritto, anche quando sta in vacanza con gli amici. Ogni sera infatti il narratore si ritira nella sua camera d'albergo, e lì, affacciato alla finestra, perde i suoi pensieri dietro al fumo della pipa. Pavese al mare è come l'albero di ulivo che si vede salendo le scale di quella stanza di villeggiatura: è un mistero come riesca a trovare acqua buona così vicino alla spiaggia, ma tant'è, eccolo lì, "un blocco argenteo di foglioline secche accartocciate". E difatti si comporta bene in vacanza perché in cambio di questa giornaliera pipata di solitudine, Pavese accetta quasi di buon grado la compagnia leggera e intermittente dei villeggianti. Si scambiano parole veloci, che sembrano di circostanza, forse superficiali, giusto quelle poche che il caldo insopportabile permette loro di tirar fuori dalla bocca. E invece, dietro la maschera distratta dei villeggianti, Pavese e i suoi amici si parlano "col cuore in mano". La voce di Pavese si sente distinta, facile, mi è sembrato davvero di sentirlo parlare tutto il tempo: il timbro di Pavese. Ed è una voce che si camuffa bene da chiacchiera sotto l'ombrellone, quando invece non lo è affatto. Sono i trent'anni suonati, suoi e dei suoi amici, il matrimonio degli altri, i figli che verrano, le amanti improbabili, gli alunni difficili: l'ultima estate da ragazza di Clelia. È meglio far finta che siano soltanto chiacchiere sotto l'ombrellone, queste, che sia un romanzetto, che non sia americano, che non sia brutale, e che non sia proletario. E invece è un po' proletario anche se in Riviera; è brutale, anche se non ci muore nessuno tra le pagine; e forse è anche un po' Americano: la coppia di sposi, la curiosità del narratore intruso, c'è persino la macchina, e invece di scapparci il morto qui è Mara che si storce una caviglia e torna in città in automobile. Questo insomma è il piccolo Gatsby di Varigotti. Questa è l'ultima costa italiana prima della East Coast Americana, Pavese lo sa bene: è non c'è un porto qui, non siamo mica a Genova. Questa spiaggia non è un trampolino, è solo un confine: forse un confino. Qui non c'è un gran che da fare, a parte cuocersi al sole, ballare nei localetti, e parlarsi col cuore in mano facendo finta che siano solo chiacchiere. Ma quella invece è la voce di Pavese e non vale la pena che se ne vergogni, secondo me.
Mi sembra significativo che tra le foto di Pavese ce ne sia una di lui al mare, adagiato su una sdraio proprio sotto all'ombrellone. Ha un'aria insolitamente compiaciuta: si vede che non prova vergogna per le nudità parziali che lo circondano e sulle labbra si affaccia quasi un sorriso condiscendente, come a perdonare a sé stesso, il villeggiante, la superficiale intermittenza dei bagnanti, delle loro intenzioni, delle loro vanità, delle loro trippe e dei loro culi. Del loro mancato immergersi, o della sua stessa paura di risalire. La paura del monolito. Forse Pavese avrebbe dovuto portarsi un po' di quel suo sorriso condiscendente fuori dalla spiaggia, come io dovrei portarmene un pochino sotto al mio ombrellone.
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Io non sono abbonata RAI
Il regime dittatoriale RAI, Radio Televisione Italiana (mah, l’acronimo avrà preso dai nonni!...) 
https://www.adnkronos.com/economia/canone-rai-le-ipotesi-sulla-riforma-una-riguarda-le-utenze-telefoniche_3DbtJI3uEJS603kcfUezul
Insomma, alla RAI non interessa se hai una antenna per poter vedere la televisione, ancor meno le interessa se sei o vuoi essere un abbonato RAI, l’unica cosa che le interessa é di non farsi soffiare il ruolo di informatore (disinformatore piuttosto) unico del gregge italiano Eppure c’è tanta di quella censura che l’informazione supplementare o alternativa é davvero necessaria La RAI sta sbagliando ad impormi, a me Olga Longo non abbonata RAI e non vaccinata contro il coronavirus, il pagamento di un abbonamento non dovuto, non sarà così che mi imporrà la sua immondizia né gli ultrasuoni intossicanti che accompagnano la maggior parte delle sue trasmissioni  (trent’anni fa era impossibile guardare la RAI anche solo per qualche minuto perché assorbivi una strana radiazione sonora violacea, fu anche per questo che lasciai la casa in cui sono nata e andai a vivere in una casa senza televisore, anche se poi mio fratello Agostino me ne regalò uno, che non utilizzai praticamente mai) Essere abbonati é una scelta e non può diventare una imposizione, l’Italia dovrebbe essere multata dall’UE per quel che sta facendo, ma l’UE é il nuovo cupolone che protegge tutte le mafie nazionali, quindi la dittatura é libera di insinuarsi ogni giorno di più
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alessandrovilla1982 · 2 years ago
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Ricordo ancora la prima volta che ho sentito parlare di Sasha Luca Donatelli...
Premettendo il fatto che ormai è da tanto che non guardo più la televisione, era una sera come tante, una sera anche piuttosto anonima nella quale, davanti al PC, spulciando su YouTube, l'algoritmo mi suggerì uno spezzone del programma di @mtvitalia , "EX ON THE BEACH" e non so per quale strana ragione decisi di aprirlo...
Non sapevo di cosa trattasse il programma ma rimasi molto colpito da un ragazzo che, tra gli altri si distingueva per la strana aura che lo avvolgeva...
Era matto, rideva, scherzava e tirava fuori perle di stravaganza degne del trash più puro che ci si poteva mai aspettare ma, a far breccia nel mio cuore fu quel frame video nel quale lo vidi piangere e ne rimasi intenerito al punto da farmi saltare i freni della ragione e, da quel momento, nella mia mente scatto quel raptus che mi impose di mettermi ad ogni costo sulle sue tracce per parlargli perché sentivo che aveva qualcosa che apparteneva anche a me per quel lato introverso che non sono mai riuscito ad esprimere appieno.
È nato tutto così e non so quale buona stella ha fatto in modo che i nostri cammini si incrociassero in qualche modo.
Poi l'ho sentito cantare e da quel momento sono uscito dalla divina grazia: volevo ad ogni costo che intraprendesse una carriera nel mondo della musica perché, secondo me, aveva (ed ha ancora) molto da fare nel mondo delle 7 note.
È iniziato tutto così, per caso mi ha fatto piacere fargli leggere alcuni dei miei testi quando erano ancora lontani i tempi nei quali, in una sera di pioggia in centro paese avrei scritto il mio testo più bello, più vero e più struggente della mia storia nel mondo della musica: un testo che ha bussato a tante porta e colpito tante persone.
Sapevo fin dall'inizio che, per la disarmante sincerità, quel brano, se non meritava di essere presentato a Festival di l @sanremorai , non sarebbe dovuto andare troppo distante da quegli orizzonti e, così, stasera ho pensato di proporglielo in modo tale che, qualunque possa esserne il suo destino, so di averlo affidato alla persona più giusta.
Poi, se @amadeusonoio vuol farci un pensierino...✨
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postocosamipare · 3 years ago
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Lettera d’amore
Sai, non avevo mai amato nessuno come te, non che non lo desiderassi, ma non ne ero mai stata in grado. Io, al contrario di tante mie coetanee, vivevo anche e soprattutto bene da sola. Non avevo bisogno del 'Buongiorno' o della 'Buonanotte' per iniziare e concludere al meglio le mie giornate, non davo loro un senso grazie ad un'altra persona e da nessuno dipendeva il mio umore. Si, a volte fantasticavo sulle tipiche cose da innamorati: i baci, le carezze, i brividi, i sussurri, e non nego di aver tentato di ottenerle da un ragazzo. Eppure ad ogni tentativo, sentivo subito le catene addosso ed il desiderio di scappare e di riavere la mia libertà prevaleva sugli scarsi sentimenti che nutrivo per il ragazzo in questione. In altre parole, non ne valeva la pena. Così ho cominciato a pensare che la colpa fosse mia, che il mio cuore fosse troppo freddo ed egoista per ospitare qualcuno, che non avrei mai sperimentato l’amore perché nessuno avrebbe mai fatto breccia nella mia apatia. Me ne feci una ragione e mi disinteressai completamente, preferii l'inverno senza nessuno con me sotto il piumone e l'estate senza nessuno da baciare sott'acqua, piuttosto che essere causa di sofferenza altrui, non era giusto essere amata senza amare a mia volta. Mi proclamai parte di coloro che non credevano l'amore esistesse e fu proprio in quel periodo che inaspettatamente tu mi travolgesti e, ripensandoci ora, non credo che ci sia cosa più vera del dire che quando smetti di cercare qualcosa, quel qualcosa trova te. Non vorrei cadere nella banalità con una serie di frasi fatte, ma quel qualcuno ce l'avevo proprio sotto il naso. Forse proprio perché fino a quel momento non ti avevo mai guardato con occhi diversi da quelli dell'amicizia, ma eri sempre stato parte della mia vita e spettatore dei miei trascorsi, eri il solo a conoscere il modo in cui trattare con me. Ricordo di aver detto “Non starei mai con uno come lui!” Sei consapevole io non sia una tipetta facile e spesso io stessa mi accorgo di essere insopportabile, ma tu resti. Dopo ogni litigata, ogni offesa, tu resti. Persino quando ti mando a al diavolo, all'inferno e nei peggiori posti si possano immaginare, ti urlo di andartene, tu resti. Con te è stato diverso, non mi ero mai sentita così, ti volevo a tal punto che tutto il tempo che passavamo insieme non bastava mai e mi sentivo affamata di te ogni giorno, a tutte le ore mi riempivi i pensieri. Il tuo sorriso, i tuoi gesti, i tuoi modi di fare, il tuo profumo, erano ovunque. Quando durante un bacio ti scansavi per guardarmi e sorridere un attimo dopo, pensavo che intorno a noi il mondo sarebbe potuto sparire e non mi sarebbe importato. Solo tu, al centro di tutto. Le dita, le lingue, i cuori intrecciati. La prima volta che mi hai detto che mi amavi, gli occhi mi si sono gonfiati di lacrime ed ho avuto un buco nella pancia: fu la sensazione più bella e strana della mia vita, non scherzo! Mentre le labbra mi tremavano, nella mia testa ti dissi “Anche io ti amo!” Non mentivo, sapevo già che ti avrei amato , quando mi insegnasti a ripronunciare bene perché tutte le volte che ci provavo, mi si annodava la lingua. Pian piano i miei difetti sono saltati fuori, più brutti che mai, contemporaneamente ai tuoi, che non erano (e non sono!) da meno. Ti ho odiato tante di quelle volte che oramai, ho perso il conto … ma amore ed odio vanno a braccetto ed alla fine di ogni casino, fare la pace è magico. Siamo due caratteri forti l'uno contro l'altro, due testardi, che ogni due per te si scannano. Ma quando si ama non si può fare a meno dell'altro, io non posso fare a meno di te ed ogni volta torno tra le tue braccia, l'incavo tra il tuo collo e la spalla è diventata la mia casa. Mi hai fatta soffrire, arrabbiare, piangere, da te ho sopportato atteggiamenti che con tutti gli altri mi avrebbero portata a chiudere ed andarmene in fretta e furia. Ma a differenza di tutti gli altri, per te ne è sempre valsa la pena.
Insieme abbiamo imparato sulla nostra pelle che l'amore non è sempre rose e fiori, ma finché dopo ogni tempesta riusciremo a ritrovarci in un abbraccio, non avrò paura. Finché ti amo, finché mi ami, io non ho paura. So di essere fortunata ad averti, ad aver trovato il mio degno avversario, colui capace di tenermi testa, di non lasciarmi dopo tutti i miei sbalzi d'umore, di capirmi e consolarmi ogni volta ne abbia bisogno. In te è concentrato tutto quello che più amo e più odio e per questo sei la persona giusta per me.
Ancora oggi quando mi accarezzi i capelli sento i brividi lungo la schiena, arrossisco se mi dici “Sei bellissima.” Dopo tutto questo tempo, nonostante tutto, sono ancora perdutamente innamorata di te e capisco che per noi i primi mesi non sono mai finiti. Certo, penso di poter vivere anche da sola, non sei il mio ossigeno o la mia ragione di vita, ma senza il tuo profumo ad impregnare l'aria e te ad impregnarmi il cuore, tutto avrebbe il gusto del niente. Prima vivevo nel mio mondo, lasciando fuori gli altri, credevo che mi sarei innamorata solo quando avessi lasciato entrare qualcuno, invece è successo quando sei stato tu a spalancare tutte le porte senza chiedere il permesso, piombando con il tuo mondo a capofitto sulla mia vita. Sono felice che tu mi sia capitato e che ogni giorno continui a scegliermi, come io scelgo te.
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la-ragazza-turbata · 3 years ago
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Oggi mi sento confusa, esattamente come gli altri giorni.
Il mio percorso in comunità non finirà a breve e so che dovrò avere tanta pazienza.
Ho paura di non farcela e di perdere mio figlio.
Mi hanno fatto un test psicologico, e sono venute fuori parecchie cose.
Ho una personalità evitante.
Non avrei mai immaginato di avere questo tipo di personalità.
Per tanto tempo ho pensato di essere borderline, perché mi riconoscevo in quasi tutti i sintomi, ma mi sbagliavo.
Mi è stato detto che non ho un vero e proprio disturbo e che sono solo dei tratti della mia personalità.
Le altre cose che sono venute fuori sono: disturbo ossessivo compulsivo, disturbo evitante, disturbo schizoide, disturbo schizotipico, disturbo paranoide, depressione maggiore, disturbo da stress post traumatico, ansia, dipendenza affettiva, abuso di sostanze, masochismo e negativismo.
Le cose che spiccano di più sono il disturbo evitante e il disturbo ossessivo compulsivo.
So di essere una persona strana, ma non mi aspettavo di avere una personalità così complessa.
In effetti mi ritrovo in alcune cose.
Per quanto riguarda il disturbo ossessivo compulsivo, mi rendo conto di avere sempre avuto delle strane manie, fin da bambina.
Avevo la fissazione di ripetere le parole per otto volte, e sentivo il bisogno di unire alcune di queste parole ad altre, ad esempio "stronzo" e "coglione" le dicevo sempre insieme, e anche "stupido" e "scemo".
Mi ritrovavo a ripetere le stesse cose per otto volte, nonostante mi rendessi conto che fosse una cosa strana.
Con il tempo questa fissazione è sparita, ma ora ho altre manie.
Sento il bisogno di mettere gli oggetti sempre verso sinistra, ed esempio i pettini, i coltelli.
Lo faccio con tutti gli oggetti.
Ho una paura tremenda del buco della vasca.
Prima amavo fare il bagno, invece ora mi viene l'ansia solo a pensarci.
Non sopporto l'idea di avvicinare i miei piedi a quel buco, infatti faccio solo la doccia e sto dalla parte opposta della vasca, in modo tale da stare il più lontano possibile.
Ho la fissazione di mettere bene i piatti nella lavastoviglie, infatti devono essere sempre messi nello stesso modo, ben allineati.
Non so perché ho queste fissazioni.
Ci sarebbero anche altre cose da dire ma non mi vengono in mente.
Per quanto riguarda il disturbo evitante, mi sto rendendo conto che ultimamente sto allontanando le persone perché le vedo come ostili e sono convinta che mi faranno del male.
Non ho più nessuno, sono completamente isolata dal resto del mondo, se non per qualche familiare o qualche persona che mi cerca ogni tanto, e che scarto dopo pochi messaggi.
Credo di essere diventata così a causa delle persone che mi hanno fatto del male.
Ho sprecato così tanto tempo con persone inutili che ora non mi aspetto altro che pugnalate alle spalle, ed è per questo che mi allontano quando mi rendo conto che mi sto affezionando a qualcuno.
Credo che questo sia collegato anche alla dipendenza affettiva.
Io mi affeziono subito alle persone, e questo mi spaventa terribilmente.
Tutto questo mi sta facendo capire che forse la cosa migliore è stare sola.
Anche la solitudine fa male, ma credo sia meglio soffrire perché si è soli, piuttosto che dover sopportare il rifiuto o l'abbandono di qualcuno.
Mi sento sempre più persa, ma non voglio arrendermi.
Voglio sperare che un giorno, prima o poi, riuscirò a stare bene e a lasciarmi alle spalle tutta questa situazione.
Ho un disperato bisogno di compagnia e di amici, ma credo che continuerò a percorrere questo percorso da sola ancora per un bel po'.
Voglio ricominciare.
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elenascrive · 4 years ago
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Oggi è il Tuo Compleanno. Sono trascorsi 24 anni dall’ultima volta che ci siamo visti eppure come vedi non mi sono per niente dimenticata di Te. Sarebbe stato impossibile il contrario, Tu che sei stato il Primo a farmi trepidare d’amore e ancora adesso se penso a Te il cuore torna a battere all’impazzata. Mi hai regalato delle emozioni indelebili, quelle che Il Mio animo romantico ha sempre sognato di vivere e Tu con semplicità e naturalezza hai trasformato in una dolce Realtà. Chissà come sta andando ora la Tua vita? Se vivi ancora qui o Ti sei trasferito altrove... Sei Ti sei sposato oppure convivi... Se sei diventato Papà oppure hai un cane... Quante domande che non troveranno mai risposte e forse da una parte credo che sia meglio così, sai? Perché rovinare il ricordo struggente che ho di Te? Voglio continuare a ricordarti com’eri, quel ragazzo biondo come il sole caldo e gli occhi azzurri come il cielo d’estate, a cui tante ragazze andavano dietro ma che per qualche strana ragione aveva scelto Me! Ebbene a distanza di anni non me lo so ancora spiegare, so soltanto che anche adesso non mi sembra vero di essere riuscita a fare breccia nel Tuo cuore, nonostante le Mie insicurezze e paure. Come un Principe azzurro mi hai presa per mano facendomi vivere la più bella delle fiabe. Io ero innamorata da Te da sempre, sin dal Nostro primo incontro quando pensavo di odiarti perché mi stavi antipatico e la cosa lo so era del tutto reciproca. Ci amavamo già senza saperlo. Poi un giorno ci siamo avvicinati senza più distaccarci. Dapprima amici e poi via via sempre più complici sino a scoprirci innamorati l’uno dell’altra ma con tanta paura di ammetterlo per timore di rovinare tutto. Ma L’Amore può ogni cosa e ha fatto si di realizzare per Noi Il Nostro Sogno! La vita poi è stata piuttosto bastarda dividendo di colpo le Nostre strade. Eravamo troppo giovani per insistere e così abbiamo finito con il disperderci, frantumando di colpo quello stesso sogno. È stata dura raccogliere i cocci e ricominciare da capo. Una ferita che ci ha messo un bel po’ prima di cicatrizzarsi e quando la tocco fa male tutt’ora ma sono ugualmente felice di portarla, perché mi ricorda di Te e del Grandissimo Amore provato che ai Miei occhi Ti rende meravigliosamente unico! ‬Quest’oggi nel Giorno del Tuo compleanno che non ho dimenticato proprio come Te, Ti ringrazio di cuore per essere stato in grado di amarmi in modo del tutto sconvolgente!
Tanti Auguri Uomo Splendido, sperando che Tu sia rimasto il ragazzo di allora, ricco d’animo e speciale come pochi... qualcosa mi dice di sì!
@elenascrive
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0diostopostofint0 · 3 years ago
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Il problema è che è difficile, ma se diventi importate per me ti scriverei ogni sencondo della mia fottuta vita perché ho bisogno di sentire che ci sei e di concentrarmi sulla tua vita per non dover gestire la mia, diventerà un inferno perché non mi staccherò più. Ma il problema vero è quando capirai il mio carattere fino in fondo: un giorno ti odio quello dopo ti amo, quello prima ti scrivo tutto il cazzo di giorno e mi preoccupo per te in modo ossessivo e quello dopo non me ne frega un cazzo e nemmeno ho voglia di sentirti presa da chissà che cosa (probabilmente una presa a male tanto per cambiare, di cui non ti parlerò per paura di annoiarti). Se litighassimo potrei mettermi a piangere e non dormirci per una settimana ma piuttosto di darti una soddisfazione tipo chiedere scusa mi taglierei un braccio. Quando sono vicino a te magari sto pensando a come togliermi la vita in venti modi diversi e tu potresti offenderti perché non sto seguendo il filo del tuo discorso e allora ti dirò “hai ragione mi ero distratta un attimo”, il discorso dopo lo potrei ascoltare con un attenzione maniacale ripentendo ogni singola parola che pronunci in testa per venti volte. Stando con me ti accorgerai di tutte le mie fisse dalla più normale alla più strana ma non subito, sarà una cosa graduale tanto che se smetterò di essere presente nella tua vita le cercherai nelle persone dopo di me per quanto ti sei abituato. Se mi chiamassi alle tre di notte potrei rispondere e piangere al telefono solo perché sto sentendo la tua voce. Ma la cosa peggiore che possa succedere è il fatto che io non riesca a dimostrarti quanto sei importante, succede spesso, anzi sempre ora che ci penso, non riesco mai, nonostante ci provi, a far capire alle persone intorno a me quanto lo sono, ogni frase che provo a pensare mi sembra non rispecchi a pieno quello che voglio esprimere. Cercherò di fartelo capire con i modi meno giusti e senza mai riuscirci davvero. Alle volte mi odierai -capiterà non puoi farci nulla- per quanto sono insicura, a volte arrivo a dubitare addirittura dei miei stessi pensieri, ma nonostante questo cercherò di non fartelo capire -inutilmente-. Ti chiederò continuamente quanto sono importante per te, se mi vuoi bene, se qualcosa non va, perché sono paranoica e ho bisogno di continue conferme o la mia testa fa viaggi da sola. Imparerai che non so prendermi cura di me stessa, che faccio fatica ad apprezzarmi, che mi butto via giorno dopo giorno, ti farà male ma lo accetterai. La cosa peggiore succederà quando ci stancheremo, perché vuoi o non vuoi succederà, succede sempre io sono solo una povera persona malata che farà parte della tua vita per un tot e poi basta, non te lo aspetteresti ma succederà, forse sarò addirittura io ad andarmene. Ma vedi poi dimmi se non mi cerchi in ogni cosa che fai, se non mi pensi nel tragitto verso casa, se non cercherei qualche mia fissa o qualche mia teoria negli altri, senza mai trovarle davvero.
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chisonoiosenonchiara · 2 years ago
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Sai, non avevo mai amato nessuno come te, non che non lo desiderassi, ma non ne ero mai stata in grado. Io, al contrario di tante mie coetanee, vivevo anche e soprattutto bene da sola. Non avevo bisogno del 'Buongiorno' o della 'Buonanotte' per iniziare e concludere al meglio le mie giornate, non davo loro un senso grazie ad un'altra persona e da nessuno dipendeva il mio umore. Si, a volte fantasticavo sulle tipiche cose da innamorati: i baci, le carezze, i brividi, i sussurri, e non nego di aver tentato di ottenerle da un ragazzo. Eppure ad ogni tentativo, sentivo subito le catene addosso ed il desiderio di scappare e di riavere la mia libertà prevaleva sugli scarsi sentimenti che nutrivo per il ragazzo in questione. In altre parole, non ne valeva la pena. Così ho cominciato a pensare che la colpa fosse mia, che il mio cuore fosse troppo freddo ed egoista per ospitare qualcuno, che non avrei mai sperimentato l’amore perché nessuno avrebbe mai fatto breccia nella mia apatia. Me ne feci una ragione e mi disinteressai completamente, preferii l'inverno senza nessuno con me sotto il piumone e l'estate senza nessuno da baciare sott'acqua, piuttosto che essere causa di sofferenza altrui, non era giusto essere amata senza amare a mia volta. Mi proclamai parte di coloro che non credevano l'amore esistesse e fu proprio in quel periodo che inaspettatamente tu mi travolgesti e, ripensandoci ora, non credo che ci sia cosa più vera del dire che quando smetti di cercare qualcosa, quel qualcosa trova te. Non vorrei cadere nella banalità con una serie di frasi fatte, ma quel qualcuno ce l'avevo proprio sotto il naso. Forse proprio perché fino a quel momento non ti avevo mai guardato con occhi diversi da quelli dell'amicizia, ma eri sempre stato parte della mia vita e spettatore dei miei trascorsi, eri il solo a conoscere il modo in cui trattare con me. Ricordo di aver detto “Non starei mai con uno come lui!” Sei consapevole io non sia una tipetta facile e spesso io stessa mi accorgo di essere insopportabile, ma tu resti. Dopo ogni litigata, ogni offesa, tu resti. Persino quando ti mando a al diavolo, all'inferno e nei peggiori posti si possano immaginare, ti urlo di andartene, tu resti. Con te è stato diverso, non mi ero mai sentita così, ti volevo a tal punto che tutto il tempo che passavamo insieme non bastava mai e mi sentivo affamata di te ogni giorno, a tutte le ore mi riempivi i pensieri. Il tuo sorriso, i tuoi gesti, i tuoi modi di fare, il tuo profumo, erano ovunque. Quando durante un bacio ti scansavi per guardarmi e sorridere un attimo dopo, pensavo che intorno a noi il mondo sarebbe potuto sparire e non mi sarebbe importato. Solo tu, al centro di tutto. Le dita, le lingue, i cuori intrecciati. La prima volta che mi hai detto che mi amavi, gli occhi mi si sono gonfiati di lacrime ed ho avuto un buco nella pancia: fu la sensazione più bella e strana della mia vita, non scherzo! Mentre le labbra mi tremavano, nella mia testa ti dissi “Anche io ti amo!” Non mentivo, sapevo già che ti avrei amato , quando mi insegnasti a ripronunciare bene perché tutte le volte che ci provavo, mi si annodava la lingua. Pian piano i miei difetti sono saltati fuori, più brutti che mai, contemporaneamente ai tuoi, che non erano (e non sono!) da meno. Ti ho odiato tante di quelle volte che oramai, ho perso il conto … ma amore ed odio vanno a braccetto ed alla fine di ogni casino, fare la pace è magico. Siamo due caratteri forti l'uno contro l'altro, due testardi, che ogni due per te si scannano. Ma quando si ama non si può fare a meno dell'altro, io non posso fare a meno di te ed ogni volta torno tra le tue braccia, l'incavo tra il tuo collo e la spalla è diventata la mia casa. Mi hai fatta soffrire, arrabbiare, piangere, da te ho sopportato atteggiamenti che con tutti gli altri mi avrebbero portata a chiudere ed andarmene in fretta e furia. Ma a differenza di tutti gli altri, per te ne è sempre valsa la pena.
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