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“All’improvviso” di Fernando Pessoa. Uno sguardo fulmineo e devastante sull’essenza dell’esistenza. Recensione di Alessandria today
"All’improvviso", testo tratto dal genio poetico e filosofico di Fernando Pessoa, è un viaggio travolgente nell'introspezione, una riflessione sull’identità, sulla percezione del sé e sull’inganno della realtà.
“All’improvviso”, testo tratto dal genio poetico e filosofico di Fernando Pessoa, è un viaggio travolgente nell’introspezione, una riflessione sull’identità, sulla percezione del sé e sull’inganno della realtà. Con la sua prosa densa e magnetica, Pessoa descrive l’esperienza folgorante di vedere la propria esistenza per ciò che realmente è: un susseguirsi di illusioni e autoinganni, un teatro…
#Alessandria today#All’improvviso#bellezza della scrittura#consapevolezza esistenziale#epifania della vita#esistenza e identità#Fernando Pessoa#Google News#introspezione filosofica#introspezione narrativa#introspezione psicologica#italianewsmedia.com#Letteratura universale.#letture filosofiche#Pessoa e il senso della vita#Pessoa e il simbolismo#Pessoa e l’essere#Pier Carlo Lava#poesia contemporanea#poesia e filosofia#Prosa Poetica#riflessioni sull’esistenza#Significato della Vita#testi filosofici
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Non riesco ad avere figli e mi sembra di aver buttato la mia vita fino ad ora e che oltre non ci sia uno scopo...
Ti racconto una cosa.
Io ho 50 anni e la nostra prima figlia è nata che avevo 25 anni... una giovane coppia per quei tempi (1997) e un'età che adesso sarebbe definita prepubere.
Non ti faccio mistero che per un certo periodo della mia vita ho provato un sentimento molto vicino al disprezzo misto rabbia per tutte quelle persone che proseguivano la loro adolescenza lunga ponendosi al centro del mondo e ignorando la lotta esistenziale che un genitore doveva portare avanti anche solo per riuscire ad andare a letto la sera senza strisciare le ginocchia sul pavimento.
Oggi dico che ognuno cresce con le esperienze che gli sono più congeniali ed essere genitori è solo uno dei tanti modi per conoscere meglio la realtà... non ti rende migliore, ti fornisce solo una buona occasione per ridiscutere la tua centralità nel mondo.
Un figlio non è uno scopo, né una benedizione né una maledizione.
Un figlio non consolida il tuo ruolo nella società né conferma la tua validità di essere umano... se proprio dobbiamo dirla tutta ti provoca un'overdose di inadeguatezza e ti svela ogni giorno una nuova sfumatura del termine 'ansia'.
La domanda che ti devi fare prima di 'Sarò una buona madre?' e un'altra...
'Saprò amare gli altri anche se non sono come me?'
In caso contrario il figlio che sarà potrebbe essere per te solo un riscatto oppure una soddisfazione personale o anche una dimostrazione. O, peggio, un modo per accontentare o legare a te qualcuno.
Un figlio, in realtà, è un atto di amore ma non verso te stessa o verso chi ti sta accanto... è un atto di amore (e di fede) verso ciò che non sei tu, verso quel mondo che, dal giorno della tua scelta, diventerà più ricco e ancora più pieno di amore.
Perchè il bambino non nasce nell'utero ma nella testa e nel cuore.
Sappi essere madre senza figli e quello che tu chiami 'scopo' diventerà una tua consapevolezza profonda con la quale potrai aprirti all'altro anche senza legami di sangue e scoprire che la famiglia non ha nulla a che vedere con la biologia o la parentela.
Io sono figlio unico ma ho mille fratelli e sorelle... e ho ben più che due figlie, credimi.
Saprai amare gli altri anche se non sono come te?
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Quattro di Coppe.
"La Bellezza del Dono Originale".
Ci avviamo a chiusura di una "maratona esistenziale" piuttosto impegnativa.
Da giorni siamo impegnati in una revisione potente di temi emozionali legati all'"Amare".
Ci siamo avventurati nelle profondità di noi stessi ed abbiamo scoperto di aver confuso più e più volte i piani del legame di Relazione con gli "schemi" di cui essi erano rappresentanti.
E' crollata "l'identificazione con il Trauma" ed è riapparsa chiara e limpida la nostra immagine, priva di maschere e trucco, riflessa allo specchio. Nitida. A tratti impietosa.
Ed essa ci ha ricordato chi siamo veramente.
Ci piaccia o no, l'Essenza di chi siamo è un Dono.
E se anche avessimo distorto questo prezioso "Talento Originale", l'avessimo svenduto, umiliato, ridicolizzato, sottostimato o addirittura rifiutato, esso oggi torna per definire i prossimi passi nella Materia e per accompagnarci nel nostro imminente ingresso al Varco.
Forse avremmo voluto una Vita diversa, un Destino "normale": la Mente si era immaginata un cofanetto pre-confezionato, pieno zeppo di "illusioni" e "identificazioni".
Ed invece è crollato tutto. Tutto ciò che inseguivamo, ma non ci apparteneva nel profondo, si è allontanato da noi. O noi lo abbiamo respinto con forza e rabbia.
Molti, ancora oggi, non conoscono o ri-conoscono il linguaggio del loro Dono.
Non lo valorizzano.
Pretendendo di "essere altro".
Combattendo magari per appropriarsi del Dono "del vicino".
Perché sembra essere "più speciale" del nostro, perché attira più Amore, più Attenzione, più Visibilità. Perché è prestigioso agli occhi della società.
O solamente perché non si ha la piena consapevolezza di essere portatori di una potenza ancora più grande, seppur nascosta tra le pieghe della poca autostima.
All'oggi, ri-conoscere il proprio Dono ed espanderlo, è sintomo di Guarigione profonda. Sentirsi liberi di manifestare "chi siamo veramente" è un privilegio assoluto. Accordarsi con le note del proprio Strumento Interiore è Risoluzione.
I Doni degli Altri appartengono alla loro Struttura. Ed insieme al nostro possono creare un'Orchestra sinfonica.
Neppure il Direttore dell'Orchestra è "migliore" del musicista. Senza di esso, senza la presenza di tutti gli strumenti, non può esprimere pienamente la sua capacità innata di coordinamento del suono.
Accettare di vibrare secondo una particolare frequenza ed impegnarsi per esprimere un suono intonato è la nostra Missione.
In ogni istante, manifestare l'Armonia e la Precisione di vibrato, è pura poesia per noi stessi e per l'Universo.
E non è "sbagliato" aver creduto di voler essere qualcun altro, aver anelato la sua stessa vita, aver invidiato i successi altrui.
Faceva parte della nostra "gabbia di disfunzione emozionale". Il nostro Schema interiorizzato non conosceva altro modo per attirare gli sguardi di Affetto ed Amore dei nostri Genitori, Fratelli, Sorelle, Compagni, Figli.
Magari abbiamo pensato che, se ci fossimo "traditi" e fossimo divenuti "più attraenti e attrattivi", sodisfando i bisogni, le preferenze, i desideri dell'Altro, avremmo avuto una possibilità in più di "essere visti" e "riconosciuti".
Ed in molti hanno tradito loro stessi per anni, indossando una squallida maschera da "giullare", o da "bravo bambino", o da "campione dello sport", o da "futuro genio della fisica quantistica".
In pochi sono riusciti a rimanere fedeli al loro Sentito più profondo. E spesso, quei pochi, hanno pagato un prezzo altissimo.
Oggi è diverso.
Possiamo entrare nel nostro Autentico e Naturale Movimento d'Anima e di Struttura. Senza pagare dazi, senza ribellione, senza dover offrire spiegazioni e senza bisogno di Benedizione e Riconoscimento da parte del "genitore di turno".
Siamo liberi di Essere.
E presto, questo "restare nel Dono", ci porterà a trasformare tutta la Materia che ci circonda, ponendo definitivamente fine alla "prigionia di Schema".
Ovunque saremo, "saremo noi".
Nessun altro.
E intanto lo slittino ci trascina a Valle. Dove troveremo ristoro, una cioccolata calda e tanti sorrisi vecchi e nuovi.
Buona scivolata! Dritti dritti verso il Nuovo entusiasmante Anno...
Mirtilla Esmeralda
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comunque, di questa situazione con l'auto quello che mi impensierisce non è l'ostacolo in sé dato dall'imprevisto
ho imparato ad accettare il bello e il brutto che l'universo mi offre, specialmente quando ciò che mi accade non dipende da me
quindi ho accolto il problema causato dalla rottura dell'auto e l'ho superato
ciò che incancrenisce la mia ferita esistenziale è la consapevolezza che non posso acquistare un'auto nuova senza grossi sacrifici
è l'ineluttabilità della mia condizione che mi martella la mente
la presa di coscienza che sono quasi al fondo della piramide sociale, che a stento riesco a non annegare nel mondo dei grandi
e da un lato gioisco perché ho partorito questa epifania nella mia gioventù, dall'altro tremo di paura all'idea di dover affrontare una vita a cui sono impreparato
mi ripeto che dalla rabbia e dalla frustrazione nascano le grandi idee, i maggiori cambiamenti, le più radicate rivoluzioni, ma tutto ciò che mi si para davanti mi sembra immobile, incrollabile, cemento al sole
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"I FIORI DEL MALE" (Les Fleurs du mal) di CHARLES BAUDELAIRE è una delle opere più celebri e influenti della letteratura francese, pubblicata per la prima volta nel 1857. Questa raccolta di poesie rappresenta un viaggio profondo e oscuro nell'animo umano, esplorando temi come la bellezza, la decadenza, l'amore, la morte e la ribellione.
Baudelaire utilizza un linguaggio ricco e simbolico per descrivere la sua visione del mondo, spesso caratterizzata da un senso di spleen, un termine che indica una profonda malinconia e noia esistenziale. Le poesie sono suddivise in sei sezioni principali: Spleen e Ideale, Quadri Parigini, Il Vino, I Fiori del Male, La Rivolta e La Morte.
Ogni sezione rappresenta una fase del percorso esistenziale del poeta, dalla consapevolezza della propria diversità rispetto al mondo esterno, alle esperienze nella vita degradata della metropoli, fino al desiderio di fuga nell'alcol e nelle droghe, e infine alla ribellione contro Dio e al rifiuto totale del mondo attraverso la morte.
Baudelaire riesce a trasformare la corruzione e la volgarità della società contemporanea in arte, creando una bellezza che solo la poesia può realizzare. La sua capacità di vedere oltre le apparenze e di rivelare una realtà più profonda e autentica è uno degli aspetti più affascinanti della sua opera.
Charles Pierre Baudelaire nacque il 9 aprile 1821 a Parigi, figlio di Joseph-François Baudelaire, un funzionario pubblico e artista dilettante, e Caroline Dufaÿs. La morte precoce del padre e il successivo matrimonio della madre con il tenente colonnello Jacques Aupick influenzarono profondamente la sua vita e la sua opera.
Baudelaire fu educato al Lycée Louis-le-Grand di Parigi, dove iniziò a mostrare un interesse precoce per la letteratura. Tuttavia, la sua vita scolastica fu irregolare, caratterizzata da periodi di grande diligenza alternati a momenti di indolenza. Durante la sua giovinezza, Baudelaire iniziò a frequentare i circoli bohémien di Parigi, sviluppando un gusto per la vita dissoluta e per le esperienze estreme, che avrebbero poi influenzato profondamente la sua poesia.
Nel 1841, su pressione della famiglia, intraprese un viaggio in India, ma tornò a Parigi dopo pochi mesi. Questo viaggio, sebbene breve, lasciò un'impronta duratura sulla sua immaginazione e sulla sua opera. Al suo ritorno, Baudelaire iniziò a scrivere e a pubblicare poesie, guadagnandosi una reputazione come uno dei poeti più promettenti della sua generazione.
La pubblicazione de "I fiori del male" nel 1857 fu accolta con scandalo e controversie. L'opera fu accusata di oscenità e sei delle poesie furono censurate. Nonostante ciò, "I fiori del male" consolidò la reputazione di Baudelaire come uno dei più grandi poeti del suo tempo. La sua capacità di esplorare i lati più oscuri dell'esperienza umana con una bellezza lirica senza pari lo rese una figura centrale nel movimento simbolista e un precursore del modernismo.
Baudelaire trascorse gli ultimi anni della sua vita in condizioni di salute precarie, afflitto da problemi finanziari e da una dipendenza crescente dall'oppio e dall'alcol. Morì il 31 agosto 1867 a Parigi.
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qui dentro sta diventando una noia mortale..
...donne sessantenni che si spogliano come delle ventenni pensando di avere lo stesso fascino di un tempo....
Uomini in crisi esistenziale per gli anni che passano...
Io mi chiedo...occupare il tempo in modo più furbo non sarebbe il primo passo verso una consapevolezza del tempo che passa???
Caro annoiato anonimo,
saprai perdonare la concisione della mia risposta: rifletti sul fatto che anche evitare di giudicare ciò che gli altr* fanno, mostrano, scrivono, sentono (senza costringerti ad usufruirne) è un ottimo modo di occupare il tempo in modo furbo.
E mi verrebbe da chiederti se tu, a differenza di tanti qui (tra cui io, senza dubbio), sei davvero privo di ansie, angosce, dubbi, demoni con cui ballare qualche valzer...e se lo sei, perché scrivi in anonimo?
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Secondo me è inutile spiegare cosa accade biologicamente durante le mestruazioni agli uomini, è più efficace questa narrazione (che è valida per quasi tutte le donne eccetto quelle baciate dal Dio delle mestruazioni silenziose e pacifiche):
Un giorno una donna si sveglia di soprassalto verso le quattro del mattino e scopre di avere il ciclo perché è trafitta da dolori lancinanti e il letto è diventato il set di un film splatter; al che si alza tutta rincoglionita e dolorante per recarsi in cucina col fine di assumere l’antidolorifico salva-vita prima che il dolore raggiunga livelli estremi. Solo allora viene colta da un dubbio esistenziale: ma se assumo l’antidolorifico a stomaco vuoto poi starò mica male? Quindi mangiati due biscotti di merda mentre vorresti solo sboccare per prenderti quella cazzo di pastiglia. Effettuato questo processo corre in bagno per lavarsi e mettersi l’assorbente e da qui si aprono due possibili strade altrettanto fastidiose:
- Nel caso di assorbente interno, ci si impiegherà cinque minuti solo per scartare quella cazzo di supposta mentre il sangue scorrerà noncurante sulle cosce macchiandoti i pantaloni, quel cazzo di filo non si srotolerà dal tampone e nella migliore delle ipotesi sentirai di essere stata nuovamente deflorata
- Nel caso di assorbente standard sicuramente le ali si attaccheranno male alle mutande e dovrai rimetterlo una seconda volta e poi una terza perché il primo sarà irrimediabilmente rovinato e non si attaccherà più e avrai rovinato per sempre un assorbente inutilmente
A questo punto la donna procederà a lavarsi e durante tutti questi processi capirà che l’antidolorifico inizia finalmente a fare effetto fino a quando, tuttavia, si alzerà dal bidet e si accorgerà che tutto questo trambusto le avrà di nuovo fatto venire i dolori (voi che dite di fare sport durante le mestruazioni: morite).
Se il buon dio vuole ti rimetterai a letto quando sarà ormai appena mattina e ti ci metterai con la consapevolezza di aver già perso in partenza mezza giornata. Al tuo risveglio avrai probabilmente altri dolori a cui si sarà aggiunta l’irrefrenabile voglia di cacare anche il pranzo del 2015. Puzzerai, avrai i capelli unti, i brufoli, non riuscirai a fare un passo senza sentire quel bagnaticcio fra le gambre e le cascate del Niagara aprirsi ogni qualvolta deciderai di sederti, ma bisogna pur sempre lavorare, quindi uscirai di casa cercando di mantenere una parvenza umana e piacevole per evitare l’ennesimo stronzo sul tuo cammino che commenterà: sei nervosa perché hai il ciclo?
[sto espellendo sangue dalla fica mentre mi si ritorcono le interiora, veda un po’ lei]
Naturalmente il presupposto del racconto è che tu quella cazzo di mattina, mentre dormi e all’improvviso capirai di non essere incinta, dovrai avere in casa gli assorbenti e gli antidolorifici altrimenti cazzi tuoi, il racconto non si dà nemmeno, fine.
In assenza di contraccettivi ormonali ripetere questo processo 12 volte l’anno per circa 35 anni di vita e otterrete una vita di merda.
Ora, fermi tutti. Se gli uomini spesso usano la retorica della biologia per giustificare gli atti meschini che compiono, allora io posso usare la mia, di biologia, che mi fa sanguinare ogni mese e che oggettivamente crea scompensi ormonali e biochimici nel mio cervello oltre che grandissime rotture di cazzo? No, perché se lo faccio sono una stronza acida mestruata volubile del cazzo.
Bene, alla prossima.
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Vincenzo Merola FLAWS curated by Gabriele Salvaterra Egna (BZ), Kunstforum Unterland 1st - 15th June 2024
Vincenzo Merola si innesta con il suo lavoro su una doppia tradizione, quella dell’arte concreta e delle sperimentazioni verbovisive. Linguaggi apparentemente molto diversi ma che condividono tra loro l’ambizione a utilizzare il piano bidimensionale del supporto come campo per investigazioni di natura rigorosa e concettuale che, però, riescano ad avere anche un aggancio di natura estetica. Ciò che però costituisce la peculiarità e la freschezza nella ricerca di Merola è la capacità di servirsi di questi esempi ormai storicizzati per deviarli ai suoi scopi. In questa maniera, all’interno di forme nate da una certa rigidità e chiusura, cominciano a fare capolino aspetti che riguardano la casualità, la comunicazione, la cronaca, il corpo e la propria quotidianità. Si possono così incontrare diagrammi che traspongono e analizzano drammatici fatti di cronaca, simbolismi geometrici che mappano il proprio orizzonte esistenziale giornaliero oppure quadri astratto-concreti formati applicando sistemi compositivi aleatori. È forse in questo che si inserisce l’eresia e la deviazione più sensibile nel lavoro dell’artista: realizzare opere compositivamente ineccepibili, riferimento a una storia molto attenta agli equilibri del dipinto, che per assurdo vengono portate a termine senza investimento intimo ed emozionale. In questo affidamento al caso c’è in realtà una profonda consapevolezza della relatività di tutte le cose, come anche della piccolezza dell’umano nei confronti della realtà nella sua interezza. Per Merola questa operatività è un modo per uscire da se stesso e vedere in maniera più spersonalizzata. Per l’osservatore è un invito a riconsiderare la propria posizione nel mondo, apprezzando anche equilibri cromatici che stimolano l’attenzione per la loro delicatezza e leggerezza.
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La scorsa settimana una delle mie clienti, insegnante di Pilates bravissima sul tappetino ma con l'abilità comunicativa di una bavosa, mi ha detto che in call che le sarebbe piaciuto riallocare il budget per il mio lavoro di copywriter social e community manager nella scrittura di articoli per il suo blog.
Peccato che le sue scarse abilità di linguaggio, probabilmente sterminate dalla lettura di troppi libri di autoaiuto e poesie di Gio Evan, non le facciano capire che riallocare è un sinonimo di spostare e che spostare significa destinare a uno spazio nuovo qualcosa nella sua interezza.
Ecco, il risicato patrimonio lessicale della Maestra di Pilates voleva tradurre un effettivo dimezzamento del mio onorario. Quindi da €300 euro mensili prenderò la bellezza di €160.
E questo incide sul mio bilancio mensile, visto che a malapena riesco a superare la soglia della povertà assoluta quando metto insieme tutte le commissioni corrisposte dagli altri clienti.
Sto cercando di prenderla con filosofia, almeno per dare un senso esistenziale alla mia laurea, convincendomi che il tempo che risparmierò dalla gestione dei post di questa persona egoriferita e deficiente potrò riallocarlo nella creazione di un mio sito web, nell'arricchimento della pagina IG che ho creato per parlare di libri, nella formazione.
Ma nonostante i miei titoli da filosofa davvero non riesco a scendere a patti con questa cosa, nonostante non si tratti di un fallimento.
Perché non è un fallimento: io so scrivere e questa idiota funzionale se n'è accorta. Perché i miei testi hanno un senso, un'armonia di lettura, sono privi di ripetizioni e tautologie, intrattengono e informano occupando meno di 2200 caratteri - spazi inclusi.
La mia rabbia deriva dal discorso pretenzioso e supponente che questa persona mi ha propinato durante la famosa call. Un discorso fatto di questo è il mio lavoro, la gente mi deve pagare in risposta al mio consiglio di non chiedermi di inserire marchette del cazzo dentro degli articoli blog perché rovinano l'esperienza utente.
Non so, forse se avessi avuto una laurea alla IULM o al San Raffaele, forse se avessi fatto la gavetta con stage sottopagati sull'asse Roma-Milano potendo contare sulla borsetta di mammà, forse se avessi preso un Master con l'ennesima realtà chs propina corsi di formazione inutili a prezzi modici, ecco forse la Maestra di Pilates mi avrebbe dato ascolto e io mi sarei risparmiata la geremiade sul valore monetario dei suoi esercizi del cazzo.
Invece ho sgobbato 4 anni in un pub del cazzo per pagarmi gli studi e un letto, il cibo e la luce e il riscaldamento. Quindi posso solo vantare la mia laurea in Filosofia nel classico Ateneo dimenticato da Cristo nel Sud Italia.
E forse sarà un limite mio, ma a 27 anni l'idea di spendere soldi per un master mi fa salire il vomito.
Quindi il senso di fallimento non è dovuto a questa deficiente illitterata, ma alle scelte che non ho avuto la libertà di compiere.
Per questo, forse, in queste ultime settimane ho riaperto il cassetto del mio Piano Infallibile In Caso Di Fallimento Totale e Conto In Rosso.
In questo cassetto ci sono due blister di pillole sublinguali, circa 20 pasticche in tutto.
Quanto vorrei poter rivelare alla Maestra di Pilates che la persona che traduce in post i suoi deliri sulla consapevolezza e sul vivere il presente ha pronte 20 pillole per farla finita.
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Considerazioni post conferenza
La speranza rappresenta l’anticipazione del non-ancora-dato, oltre a un atto politico, un dovere etico. Ed è un compito naturale, nonché dovere dell’educatore, avere un atteggiamento ottimistico-esistenziale prefigurando futuri possibili nell’esperienza educativa arrivando, nel più roseo dei casi ad un’educazione trasformativa tramite un nuovo contratto sociale per l’educazione.
Ma io, educatore non sono.
E presa consapevolezza della cronofrenia moderna (che ci spinge come cieche mosche a sbattere ancora più ciecamente verso una luce che arriverà a fracassarci l’esoscheletro), ecco che noi viviamo entro un movimento di frenesia senza meta, perseguendo produttività, innovazione e la volontà (cieca, come per altro la volontà stessa ma questo è schopenhauer e forse ne parlo un’altra volta) di moltiplicare.
Mi pare evidente che produttività e innovazione non corrispondano a una maggiore uguaglianza sociale ma soprattutto, ancor più evidente che maggiori informazioni e cultura non determinino una maggiore umanità. Solo un giovane su 5 ritiene che il futuro possa essere migliore del presente, io personalmente, rientro nei 4 pessimisti.
#pessimismo#ottimismo#cronofrenia#modernitá#decadenza#educazione#pedagogia#filosofia#bologna#conferenza
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Strage Paderno Dugnano, il 17enne in carcere: «Voglio vedere mio nonno, so che non posso tornare indietro» Ha trascorso la sua seconda notte nel carcere minorile Beccaria. Provato e stanco, si è contraddeto più volte il 17enne che nella notte tra sabato e domenica ha ucciso padre, madre e fratello di 12 anni a Paderno Dugnano, nel Milanese. Questa mattina ha ricevuto la visita del suo legale di fiducia, l'avvocato Amedeo Rizza. «E' provato, sta prendendo consapevolezza di ciò che ha fatto, anche se non riesce a darsi una spiegazione», ha detto l'avvocato. Paderno Dugnano, la ricostruzione della strage: papà Fabio vede i corpi in camera, urla al figlio di chiamare aiuto e lui lo accoltella alle spalle Le ultime parole «Voglio vedere il nonno. Mai avrei pensato di poter arrivare a uccidere, so che non posso tornare indietro». Sono le parole con cui il 17enne di Paderno Dugnano, accusato di aver sterminato la sua famiglia, si è rivolto al suo difensore, l'avvocato Amedeo Rizza. «Abbiamo fatto un primo colloquio dove ha ripercorso quello che ha detto a carabinieri e pm - spiega il legale all'Adnkronos -. Il perché rimane un punto di domanda, parla di un suo disagio generico». In attesa dell'interrogatorio davanti al gip, il minore, che si trova nel centro di prima accoglienza del Beccaria, ha già incontrato alcuni psicologi della struttura che accoglie i minori. «Si è reso conto di quello che ha fatto, è consapevole, ma non è corretto dire che era lucido in quel momento. Davanti al gip cercheremo di spiegare meglio quello che è successo e che non si può sostenere la premeditazione».«Vivevo questo disagio, un'angoscia esistenziale, ma non pensavo di arrivare a uccidere, non mi so spiegare cosa mi sia scattato quella sera, purtroppo è successo», ripete a chi lo sta incontrando in queste ore nel centro di prima accoglienza del carcere minorile Beccaria. Il malessere Un «malessere personale», la sensazione di sentirsi «estraneo rispetto al mondo», la stessa musica triste ascoltata per ore, poi «il pensiero di uccidere» che si era fatto strada «da qualche giorno» diventa azione. Chi cerca la logica o un solido movente deve restare lontano dalla villetta di Paderno Dugnano (Milano) dove, domenica 1 settembre, un 17enne ha ucciso a coltellate il fratello di 12 anni, poi ha infierito sulla madre Daniela, 48 anni, e infine ha colpito a morte il padre Fabio Chiarioni che poche ore prima aveva spento 51 candeline. Un triplico omicidio premeditato, aggravato dal vincolo della parentela, compiuto con «lucidità" ma senza possibili vie di fuga. La confessione Era seduto sul muretto fuori dalla casa, con il coltello vicino e ancora sporco di sangue quando sono arrivati i carabinieri della Stazione, allertati dallo stesso studente che aveva chiamato aiuto. A loro, a cui è parso «pacato e sereno», ha raccontato di aver ucciso il padre colpevole di aver ammazzato il resto della famiglia. Una bugia durata poco. Davanti ai magistrati la verità è risuonata come «una liberazione da un peso» spiegano gli inquirenti. «L'interrogatorio è iniziato con la sua confessione, ha immediatamente ritrattato la versione iniziale. Era provato, abbiamo avuto la sensazione che iniziasse a rendersi conto della gravità del suo gesto. C'è sembrato molto lucido, ha capito che non può tornare indietro da quello che ha fatto» spiega la pm del tribunale per i minorenni di Milano Sabrina Ditaranto. «Lui ha parlato di un malessere, di un pensiero di uccidere che aveva da qualche giorno» e che non ha confidato a nessuno. «Il perché è la grande domanda» di questa strage familiare, «ma è anche la risposta più difficile da raggiungere. Dal punto di vista giudiziario non abbiamo un movente tecnicamente inteso, dal punto di vista sociologico sono aperte più strade. Anche lui non si dà una spiegazione logica». Il debito a scuola Se il movente non serve per condannare in un'aula di un tribunale, le risposte le cerca chi descrive il 17enne come un bravo studente, con un solo debito in matematica che avrebbe recuperato questa settimana subito prima di iniziare l'ultimo anno di liceo, appassionato di pallavolo, tranquillo, taciturno. Nessun sospetto, nessuna avvisaglia, nessuna 'anomalia' neanche poche ore prima del massacro quando ha festeggiato con i parenti il compleanno del papà.
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"Disattenzione": La meraviglia quotidiana nelle parole di Wisława Szymborska. Recensione di Alessandria today
Una riflessione poetica sulla distrazione dell’anima e la bellezza nascosta del quotidiano
Una riflessione poetica sulla distrazione dell’anima e la bellezza nascosta del quotidiano. “Disattenzione”, di Wisława Szymborska, è una poesia che invita il lettore a riflettere sulla propria capacità di stupirsi di fronte all’esistenza. Con il suo stile inconfondibile, la poetessa polacca dipinge un quadro di vita vissuta meccanicamente, senza domande, senza meraviglia, e con un silenzioso…
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Bisogna trovare uno stato di amore e _libertà_ immensa per dirsi le cose, accettarle e pensare che degli altri frega un cazzo. Chi è onesto con sé stesso è libero dentro e al di là delle cose spirituali Bisogna connettersi alla parte più profonda di sé. E questo può portarti a due strade: o ti sfoghi e basta, o migliori la tua persona prendendo consapevolezza del tuo dolore personale o esistenziale intraprendendo un percorso sia/o di crescita personale o spirituale. Tu sei onesto con te stesso? E se si quanto da 1 a 10?
MIAAAAO
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NON PIÙ NUMERO
Una delle più grandi benedizioni di questo lavoro è come riporta online i SENTIMENTI.
Per gran parte della mia prima vita sono stato gravemente represso emotivamente. Ero profondamente disconnesso dalla mia rabbia, dalla mia tristezza, dalla paura e dalla gioia. Non riuscivo proprio a sentire niente. Ero così... Intorpidito.
Una delle più grandi benedizioni di questo lavoro è come ti porta fuori dalla repressione emotiva.
In questi giorni, sento la vita molto profondamente. Piango così facilmente. Sono più che disposto a sentire la mia tristezza, esprimere la mia rabbia, porre limiti chiari, dire la mia scomoda o scomoda verità. Sono in contatto con la più profonda gioia di vivere. Amo ridere, giocare, essere serio e sciocco e tutto quello che c'è in mezzo.
Sì, sono Consapevolezza - ma sono anche intimo con tutto ciò che nasce nella Consapevolezza. In altre parole, sono innamorato di questo mondo, della mia umanità, dei miei difetti, imperfezioni e vulnerabilità, e delle vulnerabilità dei miei simili. Non mi vergogno più della mia umanità, dei miei difetti o del mio potere. Non voglio più nascondermi dietro un ego "illuminato", o qualsiasi altro ego.
Mi interessa solo una calda verità vivente, non fredda, astratta, concetti di seconda mano di "verità".
Non mi interessa più avere ragione.
Ho un piede nello spirito e un piede nel mondo. Vivo nel presente ma anche nel tempo. Sono indistruttibile eppure sono profondamente commosso e commosso dal mondo ogni giorno. Sono fuoco e acqua, terra e cielo, notte e giorno.
Sono distrutto e intero, vivo e morto, potente e morbido, umano e divino, proprio come te.
Non abbiate paura di sentire profondamente, amici, e di esprimere quei sentimenti, anche se mette gli altri a disagio o addirittura arrabbiati. (Dai anche agli altri il diritto di sentire. ) I tuoi sentimenti autentici sono un portale sacro per la pace oltre la comprensione. Sì, quando sei innamorato dell'intero spettro dell'esperienza umana, conosci Dio. Questo è il paradosso esistenziale più profondo, e stai vivendo questo paradosso, in ogni momento, in ogni respiro, attraverso ogni momento di gioia o dolore, chiarezza o dubbio, noia o beatitudine.
Che miracolo, non essere più insensibili, scatenare e celebrare il mio bambino interiore ogni giorno, ridere e piangere e ballare e cantare... nel Mistero!
- Jeff Foster
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In fondo non ho mai creduto al concetto di "persona giusta" - inteso come essere umano destinato ad amarti in eterno, quasi sotto influsso di un incantatore - , o, almeno, la fine della relazione con Z. mi ha insegnato l'opposto: è giusta la persona che ti spinge ad impegnarti per averla nella tua esistenza, a prescindere dalla configurazione relazionale e dalle vicende che possono portarla altrove e accanto ad altre persone. È giusta la persona la cui felicità conta quanto la tua (non un grammo di meno, non un grammo di più), anche quando essa derivi dall'abbraccio in un luogo che tu non abiti più.
Da Il. sto apprendendo la gioia di accompagnare una persona amata ad una consapevolezza di sé superiore e perciò ad una gioia radicalmente pura, anche se al centro della stessa non sono io il Sole. La persona giusta non è un satellite, ha una sua precisa, autonoma orbita esistenziale e credere che essa debba sovrapporsi alla propria è nocivo; la maggior parte delle volte arriviamo tardi nella vita altrui, e ciononostante ci arroghiamo il diritto di volerci situare nel suo nucleo.
Se ora i miei occhi divengono luminosi - come effetto del riflesso dei tuoi, splendidi - quando ti guardo, Id., è in nome di questo convincimento: amare ed essere amati non conoscono forme, gerarchie, imperativi, almanacchi. Tanto basta, per essere felici, ricordarsi che l'incontro con l'altrə è un dono irripetibile di cui fare tesoro, qualunque sia l'isola in cui si faccia approdo e in cui ci sia concesso scavare.
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"I fiori del male" (Les Fleurs du mal) è una delle opere più celebri e influenti della letteratura francese, pubblicata per la prima volta nel 1857. Questa raccolta di poesie rappresenta un viaggio profondo e oscuro nell'animo umano, esplorando temi come la bellezza, la decadenza, l'amore, la morte e la ribellione.
Baudelaire utilizza un linguaggio ricco e simbolico per descrivere la sua visione del mondo, spesso caratterizzata da un senso di spleen, un termine che indica una profonda malinconia e noia esistenziale. Le poesie sono suddivise in sei sezioni principali: Spleen e Ideale, Quadri Parigini, Il Vino, I Fiori del Male, La Rivolta e La Morte.
Ogni sezione rappresenta una fase del percorso esistenziale del poeta, dalla consapevolezza della propria diversità rispetto al mondo esterno, alle esperienze nella vita degradata della metropoli, fino al desiderio di fuga nell'alcol e nelle droghe, e infine alla ribellione contro Dio e al rifiuto totale del mondo attraverso la morte.
Baudelaire riesce a trasformare la corruzione e la volgarità della società contemporanea in arte, creando una bellezza che solo la poesia può realizzare. La sua capacità di vedere oltre le apparenze e di rivelare una realtà più profonda e autentica è uno degli aspetti più affascinanti della sua opera.
Charles Pierre Baudelaire nacque il 9 aprile 1821 a Parigi, figlio di Joseph-François Baudelaire, un funzionario pubblico e artista dilettante, e Caroline Dufaÿs. La morte precoce del padre e il successivo matrimonio della madre con il tenente colonnello Jacques Aupick influenzarono profondamente la sua vita e la sua opera.
Baudelaire fu educato al Lycée Louis-le-Grand di Parigi, dove iniziò a mostrare un interesse precoce per la letteratura. Tuttavia, la sua vita scolastica fu irregolare, caratterizzata da periodi di grande diligenza alternati a momenti di indolenza. Durante la sua giovinezza, Baudelaire iniziò a frequentare i circoli bohémien di Parigi, sviluppando un gusto per la vita dissoluta e per le esperienze estreme, che avrebbero poi influenzato profondamente la sua poesia.
Nel 1841, su pressione della famiglia, intraprese un viaggio in India, ma tornò a Parigi dopo pochi mesi. Questo viaggio, sebbene breve, lasciò un'impronta duratura sulla sua immaginazione e sulla sua opera. Al suo ritorno, Baudelaire iniziò a scrivere e a pubblicare poesie, guadagnandosi una reputazione come uno dei poeti più promettenti della sua generazione.
La pubblicazione de "I fiori del male" nel 1857 fu accolta con scandalo e controversie. L'opera fu accusata di oscenità e sei delle poesie furono censurate. Nonostante ciò, "I fiori del male" consolidò la reputazione di Baudelaire come uno dei più grandi poeti del suo tempo. La sua capacità di esplorare i lati più oscuri dell'esperienza umana con una bellezza lirica senza pari lo rese una figura centrale nel movimento simbolista e un precursore del modernismo.
Baudelaire trascorse gli ultimi anni della sua vita in condizioni di salute precarie, afflitto da problemi finanziari e da una dipendenza crescente dall'oppio e dall'alcol. Morì il 31 agosto 1867 a Parigi.
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